Due album in 17 anni. Lo status di cult metal band

Adramelch
Martedì 03 Marzo 2009 19:23 - Ultimo aggiornamento Domenica 07 Aprile 2013 17:37
Due album in 17 anni. Lo status di cult metal band in Italia e all'estero. Esperienza, autorità,
perizia tecnica, coerenza, e la voglia di tornare nella mischia con ancora tante cose da dire.
STEREO INVADERS ha avuto l'opportunità di ospitare una delle più importanti realtà storiche
del metal tricolore, gli Adramelch, pronti a contendere lo scettro ai grandi nomi internazionali. I
cortesissimi Gianluca e Vittorio hanno risposto alle nostre domande.
- Ciao! Innanzitutto benvenuti su queste pagine e grazie di aver accettato di rispondere
alle domande di questa intervista.
- Gianluca e Vittorio: Grazie a te, è un piacere. Qui Gianluca e Vittorio.
- Vi va di cominciare presentando brevemente la band ai lettori che malauguratamente
non dovessero conoscervi?
- G.: Gli Adramelch nascono a Milano nel 1987 con una line-up differente da quella attuale:
Gianluca Corona – guitar
Franco Avalli – bass
Sandro Fremiot – guitar
Luca Moretti – drums
Vittorio Ballerio – vocals.
- V.: Poco dopo la registrazione del primo demo tape, nell'88, ottengono un contratto con la
Metal Master e pubblicano “Irae Melanox” disco che sulle prime non riceve grande accoglienza
di pubblico, nonostante la stampa specializzata (da H/M fino alla bibbia del metal di quei tempi Kerrang!) gli tributi grandi onori ... La formazione si scioglie quasi subito per riformarsi
definitivamente - dopo diversi tentativi - soltanto verso la fine del 2003. Durante questo lungo
periodo però “Irae Melanox” vive di vita propria! Con nostra grande sorpresa scopriamo, solo in
tempi relativamente recenti, che quello che ritenevamo essere un gran bel disco ma conosciuto
ed apprezzato solo dai suoi autori - o quasi - aveva invece acquisito larghe fasce di pubblico
facendo assurgere gli Adramelch al prestigioso titolo di cult band prima all'estero (Germania in
testa) e poi anche in Italia.
- G.: Della line-up originale siamo rimasti io (compositore e chitarrista) e Vittorio (cantante). Nel
2004, dopo che anche lo storico bassista Franco Avalli aveva abbandonato l'avventura, il
gruppo si ricompone con il batterista Sigfrido Percich, il chitarrista solista Fabio Troiani e il
bassista Maurizio Lietti. L'affiatamento è totale sia musicalmente che umanamente.
- Anche se ancora è decisamente presto per valutazioni e bilanci, che tipo di responsi sta
riscuotendo in giro il vostro nuovo lavoro “Broken History” presso gli addetti ai lavori?
- V.: Noi siamo particolarmente soddisfatti della musica che abbiamo prodotto e dell'intesa
musicale raggiunta e siamo certi che il risultato ottenuto rispecchi tutto ciò ... siamo fiduciosi che
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con il nuovo stato delle cose le possibilità saranno maggiori.
- G.: Gli amici, musicisti e non, appassionati di musica in genere e i redattori delle prime
recensioni si sono dimostrati tutti favorevolmente colpiti dal lavoro. I punteggi sono
particolarmente lusinghieri ...
- Quali ritenete siano le principali differenze tra “Broken History” e “Irae Melanox”, se
secondo voi ve ne sono?
- G.: Ovviamente ve ne sono, sono passati otre 16 anni! Crediamo che ci sia stata
un'evoluzione. Un passo in avanti! Non avremmo potuto trovare le motivazioni per una “reunion”
se non fosse stato così. Pensiamo di avere realmente cose nuove da dire. Siamo convinti che
“Irae Melanox” sia un'opera difficilmente ripetibile ma pensiamo anche che le nuove
composizioni gli tengano testa proprio perché diverse. Non era nostra intenzione fare un clone
ma un'opera nuova. Con “Broken History” si entra un mondo differente, forse meno cupo ma
altrettanto epico ed evocativo. E' la strada che può segnare il futuro della band, che potrà dare
senso a quello che siamo adesso e che faremo dopo. - V.: vi è anche una sostanziale
differenza nelle liriche delle quali questa volta mi sono occupato esclusivamente io.
- Con oltre tre lustri di attività nel music business, come pensate sia cambiata dagli anni
'80 ad oggi l'industria discografica del metal in Italia, ed anche all'estero?
- G.: Mah, non riteniamo di avere mai fatto parte del “music business”. La band già nel '89 si era
sciolta quindi non abbiamo più avuto un'attenta percezione di come si stava trasformando la
scena musicale e discografica. Ognuno di noi, con un proprio gruppo o da solo, ha continuato a
suonare, a scrivere, a coltivare la passione per la musica. Ma lontano dal mercato. Per lo meno
quello metal. Dopo di ché un entusiasmo ritrovato ha fatto si che le nostre strade si
incrociassero di nuovo per la realizzazione di questo progetto. Certo è che le opportunità per
una band italiana di farsi conoscere ed imporsi sulla scena musicale, dai primi anni '90 in poi,
sono state maggiori.
- Ritenete che se Adramelch fosse maturato in un contesto diverso (es. in Germania o in
Scandinavia) avrebbe avuto percorsi ed esiti differenti, ovvero maggior attenzione da
parte dei media e del pubblico?
- G.: E' probabile. Ma lo scioglimento della band è avvenuto soprattutto per ragioni nostre,
interne, personali.
- Pensate che le radici italiane rappresentino tuttora una pesante zavorra per delle metal
bands, come è accaduto per tutti gli anni '80 ed in parte per i primi ‘90?
- G.: Io metto sempre la creatività al primo posto. Penso che se hai qualcosa di originale da dire
alla fine non esistono nazioni penalizzate ma solo il talento (guarda Lacuna Coil o Rhapsody)
ma forse mi sbaglio. Ci vuole anche un po' di fortuna e ... senz'altro dei buoni contatti!
- V.: Il problema del mercato italiano è che vi è molto provincialismo ... vi è la profonda
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convinzione, diffusa anche fra i musicisti che il metal sia patrimonio esclusivo di persone rozze,
ignoranti e appartenenti alla più umile classe sociale ... Mentre, come è naturale che sia, è
assolutamente trasversale (parole sante! – nda). In Italia come in Germania o in Giappone vi
sono appassionati di questo genere di ogni tipo ... pare un'ovvietà ma non lo è.
- Voi due siete gli unici superstiti della formazione originale. Cosa ne è stato degli altri e
quali sono le credenziali dei nuovi musicisti che si sono uniti alla band?
- G: Luca, il batterista della prima formazione, da molti anni vive a Roma e sarebbe stata
impossibile una collaborazione con lui. A Sandro non interessa più il genere musicale. Si dedica
principalmente al rock-blues. Anche Franco, il bassista che ha mollato l'anno scorso, ha altri
interessi musicali: il jazz in primis. I nuovi arrivati, come dicevo, sono fantastici da tutti i punti di
vista.
- V.: Quella che al momento dell'abbandono di Franco e Andrea (il chitarrista che da esterno
aveva lavorato con noi dal momento della reunion) sembrava essere una tragedia si è
dimostrata essere una grande fortuna. Non voglio essere frainteso, con Franco io
personalmente ho condiviso molti e molto diversi progetti musicali, la sintonia è sempre stata
grande ma ora non avrebbe avuto senso accanirsi. Lui non sentiva più suo questo progetto ed è
stato meglio così per tutti!
- G.: E il gruppo ora è davvero come una grande famiglia. C'è una stima e un affetto reciproco
che ci lega e questo aiuta molto il “lavoro” come musicisti. Si è creata una alchimia perfetta. Dal
punto di vista tecnico ovviamente sono tutti a livelli molto alti. Tutti arrivano da esperienze
musicali (live e discografiche) tra le più varie e interessanti.
- Da cosa è scaturita l'idea di scrivere un album su tematiche storico-religiose quali le
crociate e la santa inquisizione?
- V.: Molte delle letture che ho fatto negli ultimi anni giravano intorno a questi temi e quello che
maggiormente mi colpiva non era tanto l'orrore di tanti massacri ai quali purtroppo abbiamo
fatto quasi l'abitudine, quanto il giudizio sotteso dalla cultura dominante verso questo come altri
capitoli bui della nostra storia recente e lontana ... la storia la scrivono i vincitori, questo lo
sappiamo, ma dando questo assioma per conosciuto spesso non ci rendiamo conto di quanta
parte di verità viene occultata ... “Broken History”, la storia è spezzata quando la fede non è più
una questione trascendente ma diviene immanente, secolare, temporale. E' strumento di
controllo e potere e non più possibilità di contatto con una dimensione “altra”... diviene l'arma
nelle mani di chi vuole prendere il controllo delle terre e delle anime ... Dall'altro lato la figura del
cavaliere senza macchia e senza paura è uno dei must del metal soprattutto di quello epico ... e
allora trovarsi in mano da una parte una tematica fortemente legata alla musica che suoniamo e
dall'altra la possibilità di svilupparla ma partendo da ... diciamo da presupposti meno conosciuti,
camminando su sentieri meno battuti è stato per me una specie di illuminazione sulla via di
Damasco! ;o)
- Perdonate la banalità della domanda un po' glamour, ma sarei curioso di sapere se
avete visto l'ultimo film di Ridley Scott sulle crociate? E se si cosa ve ne è parso?
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- G.: Io e Sigfrido l'abbiamo visto. Pensiamo sia un film ben fatto ma che non ha molto pathos.
Un po' troppo hollywodiano. Alla fine però lascia una drammatica e interessante riflessione nello
spettatore in quanto si rivela palese un richiamo a quello che è successo e che sta succedendo
oggi dopo l'11 settembre tra il mondo mediorientale e quello occidentale. Proprio su questa
analogia (pur sapendo che ci sono ragioni profondamente diverse tra gli eventi di 1000 anni fa e
quelli attuali) si basa il concept di Vittorio.
- V.: Il disco esce l'11 settembre: è una data con un forte valore simbolico. La nostra scelta non
ha valenza politica ma storica. E' una data che segna la nostra storia. E nel concept dedicato
alle crociate (ed alla coda dell'inquisizione ... togliamolo questo “santa” per cortesia!) vi è anche
l'11 settembre ...
- Quale è la vostra opinione in merito ai concept album? Beh, favorevole immagino
altrimenti non ne avreste scritto uno, ovvio! Ma intendo, quale è la vostra ricetta
all'interno di un simile progetto per evitare di cadere nel banale, nel già fatto, e per tenere
viva l'attenzione dell'ascoltatore pur in un ambito mediamente più impegnativo del
solito?
- G.: Nessuna ricetta. E' stata una scelta obbligata e naturale in quanto le storie narrate hanno
una cronologia precisa e si sviluppano lungo i capitoli delle songs.
- V.: Non è una domanda semplice ... il concept in sé, in effetti, è un'idea affascinante ma ti dirò
che non ho un'opinione precisa verso il concept ... dipende molto dall'argomento su cui si
struttura ...
- Nutrite un qualche particolare interesse per la letteratura di stampo fantasy?
Rappresenta una fonte di ispirazione per la vostra musica?
- G.: No, direi di no. Pur essendo quasi tutti (chi più, chi meno) appassionati del “ring”
tolkieniano non ci sono richiami, ne', probabilmente, ce ne saranno nella nostra musica.
- Il sound degli Adramelch coniuga influenze tradizionalmente metal, epic e progressive,
il tutto condito da una tecnica strumentale invidiabile. Credete che vi sia davvero un
qualche grado di parentela con le varie storiche bands dell'epic come Manilla Road,
Cirith Ungol, Omen, etc.?
- G.: E' probabile. Ma le nostre iniziali influenze - più o meno evidenti - derivano in particolare
da gruppi come Queensryche, Mercyful Fate, Warlord, Fates Warning, Candlemass, e in
seguito senz'altro Rush, Dream Theater, ma ognuno di noi ha culture musicali vaste e differenti
che non si limitano assolutamente all'ambito metal ...
- Come è nata la collaborazione con Maurizio Chiarello della Underground Symphony, un
vero pioniere della musica metal in Italia?
- G.: Il suo interesse e passione per la musica degli Adramelch lo aveva manifestato fin dagli
inizi. Siamo sempre rimasti in contatto e quando i tempi si sono rivelati maturi, dopo aver
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valutato diverse offerte che erano arrivate anche dall'estero, abbiamo convenuto che la sua
sarebbe stata la più interessante. Che ne sarebbe potuta nascere una fruttuosa collaborazione.
Ha creduto ciecamente nel nuovo progetto e per noi si è dimostrata una persona di assoluta
generosità e serietà.
- Il vostro debut album è ammantato oramai di un alone di mito e leggenda. Quali sono i
vostri sentimenti ripensando a quegli anni e a quei momenti?
- G.: Di totale orgoglio. Non è mai mutato da parte nostra. Come dicevamo prima ... il fatto che,
negli anni che seguirono la pubblicazione del disco, esso sia stato capito e apprezzato in così
tanti paesi e da così tanta gente è davvero un'immensa soddisfazione.
- V.: Fa davvero una certa impressione pensare che il debut album di un gruppo italiano, alla
fine degli anni ‘80, con un'età media di 17/18 anni, totalmente privo di promozione e realizzato
con mezzi scarsissimi abbia avuto la storia ed il seguito che ha avuto ...
- G.: Eravamo consapevoli di aver prodotto qualcosa di speciale. - V.: Ma ... il nostro punto di
vista non poteva certo essere imparziale.
- State pensando a delle date live per supportare adeguatamente “Broken History”?
- G.: Ne stanno venendo fuori alcune interessanti (il 1 ottobre ad esempio saremo al “80's
Italian Metal Legion Festival 2005” ) e le stiamo valutando. Non cercheremo di suonare
ovunque e ad ogni costo ma soltanto di fare quelle date che ci consentiranno di rappresentarci
meglio come band e presentare al meglio il nostro nuovo lavoro.
- Quale è la vostra opinione sulla scena metal italiana attuale? Apprezzate (o detestate) in
particolare qualche band?
- V.: Non detestiamo nessuno, ci mancherebbe.
- G.: Sicuramente ce ne sono di molto interessanti. Mi vengono in mente gli Helreidh che
ritengo siano un ottimo gruppo. Con grande fantasia e tecnica. I Battleram, i Soul Takers, i
Greyswan ... la lista si potrebbe allungare.
- Quali sono le vostre aspettative ed i vostri desideri per l'avvenire degli Adramelch?
- G.: Senz'altro progredire musicalmente. Abbiamo tante idee in cantiere, già un sacco di
materiale per il prossimo lavoro. Dopo la promozione di “Broken History”, i live, ecc. ci
dedicheremo intensamente alle prove, agli arrangiamenti e alla pre-produzione di quello che
sarà il prossimo capitolo della “saga Adramelch”.
- Che musica ascoltate attualmente? Quali sono i vostri artisti preferiti?
- G.: Come ti dicevo spaziano molto. Dal death metal al rock psichedelico alla Muse,
Radiohead, Sigur Ros, Jeff Buckley. E poi prog-rock anni ‘70/'80: Genesis (li adoro!) Yes, Pink
Floyd, King Crimson. Interessanti le “aperture” di gruppi come Anatema, Devin Townsend,
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Porcupine Tree, ma (per ciò che mi riguarda) anche tanta musica classica e barocca: Bach,
Handel, Telemann, Vivaldi.
- V.: Si confermo le parole di Gianluca ... anche io ascolto oramai da molti anni davvero di tutto
e ti prenderei troppo spazio ora se ti raccontassi (anche se una chiacchierata sul tema potrebbe
essere molto interessante!) ma giusto per accenni ti posso lanciare qualche nome del mondo
hard & heavy: Opeth, Porcupine Tree, Kings'x, Flower Kings ... poi gli italianissimi Quintorigo ...
e poi tanto jazz, jazz rock, e poi musica etnica, musica barocca ...
- Gianluca è anche l'autore della pregevole copertina di “Broken History”, suggestiva e
decisamente adatta al cd. Coltiva anche velleità pittoriche oltre a quelle musicali?
- G.: Ehm ... è la mia attività principale: faccio il pittore di professione.
- Concludete pure questa intervista come preferite ...
- G. & V.: Grazie 1000 davvero per lo spazio dedicatoci. Ci auguriamo che “Broken History”,
lavoro in cui crediamo molto, potrà, anche grazie a voi, destare interesse e possa nel tempo
essere apprezzato. Un saluto a tutti da parte degli Adramelch.
- Ok ragazzi, grazie mille del tempo dedicato a STEREO INVADERS e della vostra
cortesia. Speriamo di potervi presto rivedere su queste pagine e di avere ancora
l'occasione di poter scambiare due chiacchiere.
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