RIMANENZE DI MAGAZZINO E LAVORI IN CORSO SU ORDINAZIONE Matteo Pozzoli Premessa: La presente dispensa è specificamente indirizzata agli studenti del corso di “Contabilità e Bilancio” per i percorsi MII e MIT dell’Università degli Studi di Napoli “Parthenope” RIMANENZE DI MAGAZZINO1 Sommario: 1. Inquadramento della problematica; 2. Definizione, individuazione e classificazione; La determinazione del costo; 4. Tecniche di determinazione del valore delle rimanenze; 5. Valore di realizzazione desunto dall’andamento del mercato; 6. Determinazione dei valori fiscali 1. Inquadramento della problematica Le rimanenze sono una posta da seguire con grande attenzione, in ragione del fatto che qualsiasi impresa in condizioni di normale funzionamento – indipendentemente dal settore in cui opera e dall’attività svolta – risulta solitamente in possesso di rimanenze alla data di riferimento del bilancio. Occorre, perciò, considerare adeguatamente le principali prassi concernenti la contabilizzazione di tali voci imprescindibile così da poter redigere un bilancio veritiero e tecnicamente corretto. In sostanza, le rimanenze costituiscono una combinazione di fattori produttivi presenti in cicli economici che, non essendo terminati alla data di chiusura, abbracciano esercizi contigui. Per quanto rileva gli aspetti contabili, occorre evidenziare che la disciplina giuscontabile appare consolidata da tempo, mentre gli orientamenti professionali sono sempre più propensi a recepire l’impostazione della migliore prassi internazionale, identificata solitamente con i principi contabili internazionali emanati dallo IASB. Il presente contributo è finalizzato ad analizzare le principali problematiche analizzate dall’Organismo Italiano della Contabilità (Oic) nell’Oic 13. Rimanenze di magazzino, rivisto a seguito della riforma del diritto societario. 1 La sezione della presente dispensa dedicata alla contabilizzazione delle rimanenze di magazzino è tratta da: M. Pozzoli, Rimanenze di magazzino: OIC 13, Guida alla Contabilità e Bilancio, Milano, Il Sole24Ore-Frizzera, n. 24/2007, pp. 56-61. 1 2. Definizione, individuazione e classificazione Il legislatore civilistico non fornisce una vera e propria definizione di cosa debba intendersi per rimanenze; l’Oic 13 definisce le rimanenze come “beni destinati alla vendita o che concorrono alla loro produzione nella normale attività d’impresa.” (Oic 13, §A). A livello classificatorio, si ricorda che le rimanenze costituiscono la macroclasse C) dell’attivo patrimoniale. Il codice civile fornisce, inoltre, una classificazione delle rimanenze in classi che rappresenta un buon punto di riferimento anche ai fini valutativi. Tabella 1 - Classificazione rimanenze effettuata dal codice civile (Codice civile , art. 2424) 1. 2. 3. 4. 5. Materie prime, sussidiarie e di consumo Prodotti in corso di lavorazione e semilavorati Lavori in corso su ordinazione Prodotti finiti e merci Acconti Brevemente, si evidenzia che le materie prime rappresentano i materiali destinati ad entrare nel ciclo produttivo dell’impresa (il cuoio per la produzione delle scarpe, la calce per la produzione delle case, ecc.). Le materie sussidiarie sono beni che concorrono solo indirettamente al processo produttivo (il colorante per la produzione di abiti, i chiodi per la costruzione delle case, ecc.) Le materie di consumo costituiscono beni che entrano nel processo produttivo per essere consumati con la produzione dello stesso (colla, pezzi di ricambio, energia elettrica, ecc.). I prodotti in corso di lavorazione sono beni che costituiscono parte del processo produttivo e che alla data di chiusura non hanno completato il proprio ciclo. I semilavorati costituiscono beni che si trovano in stadi intermedi di produzione, ma che – a differenza dei prodotti in corso di lavorazione – hanno già una propria identità e, conseguentemente, un mercato di riferimento (i tergicristalli per la fabbricazione di autovetture, i bottoni per la produzione di giacche, ecc.). I prodotti finiti rappresentano beni che hanno concluso il proprio ciclo produttivo e che sono in attesa di essere ceduti. Le merci sono prodotti acquisiti e rivenduti nelle medesime condizioni, senza che l’impresa intervenga per modificarne natura o consistenza. Si deve rilevare che la classificazione di un bene come attività circolante anziché come immobilizzazione varia in relazione alla destinazione attribuita dal management al bene stesso. Un immobile può rappresentare per un’impresa immobiliare o edile una rimanenza, ma per un negozio di abbigliamento una immobilizzazione. 2 Anche se il principio della sostanza sulla forma sembra essere stato formalmente riconosciuto dalla normativa nazionale (seppur sotto le mentite spoglie del principio della “funzione dell’elemento economico dell’attivo e del passivo considerato”), il momento dell’iscrizione in bilancio (o della cancellazione) viene normalmente identificato con il passaggio di proprietà dello stesso. Questo si considera avvenuto: - con la spedizione o la consegna, per i beni mobili; - con le modalità contrattuali dell’acquisto, il passaggio sostanziale dei rischi e la data di compravendita, per i beni immobilizzati. A tale proposito, si ricorda che l’impresa è tenuta a iscrivere in bilancio i beni di proprietà anche se presso terzi e, al contrario, a non iscrivere i beni di terzi mantenuti in conto deposito presso l’impresa. Tali movimentazioni dovranno essere evidenziate e illustrate in base a quanto previsto dai conti d’ordine e dal sistema degli impegni 2. Dovranno essere indicati in bilancio i beni di proprietà non ancora posseduti, perché ancora oggetto di consegna. 3. La determinazione del costo Il sistema contabile nazionale risulta articolato fortemente sul costo storico ed anche le rimanenze sono fondamentalmente valutate, fatta eccezione quando previsto diversamente, su tale principio. Il costo storico è identificato in sede di iniziale iscrizione con il costo di acquisto o di produzione. Tale costo rappresenta l’insieme dei costi necessari per ottenere la proprietà del bene nella sua attuale locazione e condizione. Il costo di acquisto è rappresentato dal prezzo d’acquisto a cui vanno sommati gli oneri accessori, quali i costi di trasporto, di imballaggio, dogana, ecc. Sono solitamente esclusi, a differenza di quanto esplicitamente previsto per le immobilizzazioni, gli oneri finanziari. Il costo di produzione include tutti i costi di fabbricazione; questi sono suddivisi dal Principio contabile in base alla inerenza degli stessi al processo di produzione dei beni e alla conseguente metodologia di imputazione degli stessi in: costi diretti e indiretti. In linea di massima, i costi diretti rappresentano spese attribuibili esclusivamente alla produzione dei beni oggetto di valutazione, mentre i costi indiretti costituiscono spese generali che necessitano di un processo di ripartizione atto ad attribuirli al valore dei beni per la quota ragionevole delle spese riferita alla produzione dei beni medesimi. 2 Si veda: Oic, Oic 22, Conti d’ordine. 3 Tabella 2 - Classificazione costi diretti e indiretti (Oic 13, §D.IIIe) Costi diretti a) Costo materiali utilizzati, ivi inclusi i trasporti su acquisti (materiale diretto). Costi indiretti o spese generali di produzione o industriali a) Stipendi, salari e relativi oneri afferenti la mano d'opera indiretta ed il personale tecnico di b) Costo della mano d'opera diretta, inclusivo stabilimento. degli oneri accessori. c) Semilavorati. b) Ammortamenti economico-tecnici dei cespiti destinati alla produzione. d) Imballaggi. c) Manutenzioni e riparazioni. e) Costi relativi a licenze di produzione. d) Materiali di consumo. e) Altre spese effettivamente sostenute per la lavorazione di prodotti (gas metano, acqua, manutenzione esterna, servizi di vigilanza, ecc.). Non esiste una regola generale o generalmente accettata per quantificare la ripartizione delle spese generali; solitamente, tuttavia, tali oneri sono imputati in base a percentuali prefissate basate su un previsto volume di spese relative ad un normale livello di produzione, inteso come risultato medio del procedo produttivo desunto dalle precedenti serie storiche o determinato in base ai budget. I parametri previsti per la distribuzione delle spese generali variano in relazione al bene in oggetto e può fare riferimento a: - le ore dirette di mano d'opera; - il costo della mano d'opera diretta; - le ore macchina; - le percentuali di assorbimento per reparto o gruppi di reparti. L’Oic 13 si sofferma, poi, su una serie di oneri che sono ritenuti non capitalizzabili nel valore delle rimanenze. Tabella 3 - Costi normalmente esclusi dal valore delle rimanenze Costi anomali o superiori al livello standard di capacità produttiva Spese generali ed amministrative Spese di vendita Spese di ricerca e sviluppo Oneri finanziari (fatta eccezione per il caso in cui tali oneri fanno riferimento a specifiche voci che richiedono un processo produttivo di vari anni) 4 I costi anomali (sprechi, costi dovuti a impianti e macchinari inattivi) o ritenuti superiori al livello standard di capacità produttiva sono imputati al conto economico dell’esercizio in cui hanno avuto la propria manifestazione economica. Le spese generali ed amministrative non possono essere incluse nel valore delle rimanenze, in quanto fanno riferimento a funzioni comuni dell’impresa nella sua interezza e, per questo, dovrebbero essere sostenute indipendentemente dall’acquisizione delle rimanenze medesime. Similmente le spese di vendita si riferiscono all'attività distributiva dell'impresa e pertanto per definizione non sono costi inventariabili ai fini della valutazione delle rimanenze. Le spese di ricerca e sviluppo non sono ritenute imputabili al valore delle rimanenze poiché non sono associabili alle rimanenze presenti in magazzino alla data in cui predette spese sono state sostenute; non vi è in sostanza diretta correlazione tra spese di ricerca e sviluppo sostenute e valore delle rimanenze iscritte. Il Principio contabile prevede che gli oneri finanziari – come precedentemente accennato - siano imputati al conto economico dell’esercizio in cui sono stati sostenuti; tale convinzione è motivata dal Principio contabile nazionale in considerazione che: - gli oneri finanziari sono costi di natura ricorrente ed è difficile individuare gli oneri finanziari specificamente sostenuti per l’acquisizione delle rimanenze; - l’utilizzo dell’indebitamento in luogo dell’utilizzo del capitale proprio potrebbe costituire una scelta del management che comporta maggiori costi (interessi passivi) a fronte di una maggiore disponibilità del capitale. L’unica circostanza in cui risulta sostenibile includere il costo degli oneri finanziari nelle rimanenze si ha nel momento in cui gli oneri sostenuti ineriscono a specifiche voci che richiedono un processo produttivo di vari anni per la commercializzazione delle stesse (per esempio, brandy, vino, ecc). 4. Tecniche di determinazione del valore delle rimanenze Una volta identificato il costo a cui inizialmente iscrivere le rimanenze, è necessario definire la valutazione del magazzino. A tale fine, si ricorda che il Codice Civile dispone che: “Le rimanenze di magazzino devono essere valutate al minore tra il costo storico ed il valore di mercato” (Codice civile, art. 2426). Per quanto concerne la determinazione del costo, occorre da subito distinguere tra: - beni non fungibili (ossia non intercambiabili); e - beni fungibili (ossia intercambiabili). 5 I primi (per esempio, gli immobili per le imprese edili, gli yacht per le imprese di costruzione barche, ecc.) possono essere iscritti in bilancio solo per mezzo di una specifica identificazione del costo, in quanto risultano beni unici non assimilabili ad altre realtà. I secondi – a causa dell’elevato numero delle rimanenze, dell’entità delle stesse e della velocità di rotazione – possono essere iscritti (per singola voce di magazzino) tramite le seguenti tecniche presuntive di determinazione specificamente riconosciuti dal legislatore: - First In, First Out (FIFO), il quale assume che gli acquisti più remoti sono i primi ad essere dismessi, con la conseguenza che il magazzino è composto dai beni più recenti. Tale metodo ha il pregio di rispecchiare in condizioni di normalità il ciclo di funzionamento del processo economico nonché di contrapporre ai costi più recenti i ricavi più recenti. - Last In, First Out (LIFO), il quale assume che gli acquisti più recenti sono i primi ad essere dimessi, con la conseguenza che il magazzino è composto dai beni più remoti. La tecnica in oggetto appare significativa in periodi di prezzi ascendenti, contrapponendo i costi di acquisizione più recenti con i ricavi derivanti dalle vendite di esercizio. Ne origina, tuttavia, che – a livello patrimoniale – il valore del magazzino risulta sottostimato. Per tale motivo, il Principio contabile dispone che, qualora sia utilizzato tale criterio, la nota integrativa riporti il valore delle rimanenze di magazzino al minore tra i costi correnti e il valore di mercato (Oic 13, §D.Iv.d); - Costo medio ponderato, il quale assume che le merci non sono singolarmente identificabili e fanno parte di un insieme di beni egualmente disponibili. Il criterio in parola livella i costi dei singoli beni poiché definisce una media tra il complesso dei valori entrati in magazzino nell’esercizio in corso. I metodi sopra considerati possono essere applicati: a) per movimento, in base alla quale i valori sono determinati con flussi continui subito dopo ogni acquisto; oppure b) per periodo, in base alla quale il costo medio ponderato viene riferito ad un determinato periodo. La scelta della tecnica di valutazione per determinare il costo delle rimanenze deve essere ben ponderata perché le differenze valutative possono essere assai significative. 6 Esempio: Alfa è un’impresa che produce felpe. Si assume di adottare una tecnica di valutazione basata sui flussi avvenuti nei singoli mesi. Nel gennaio 20X7 Alfa acquista 1000 felpe dal grossista Beta per rivenderle al dettaglio, pagandole €50.000. Nel febbraio del medesimo anno Alfa acquista altre 500 felpe per €28.000 e uno stesso quantitativo di felpe viene acquisito a marzo per €27.500. Ad aprile, Alfa vende 800 felpe per un importo di € 50.000 e ne compra 400 per €18.000. A ottobre, Alfa vende altre 800 felpe per €48.000 e ne compra 300 per €15.000. Infine a novembre, sono vendute 500 felpe per €30.000 e comperate altre 200 felpe per €.8000. La situazione è schematizzata dalla seguente tabella. Data acquisto Quantità Prezzo commessa Prezzo unitario di Prezzo acquisto Gennaio 1000 50.000 50 Febbraio 500 28.000 56 Marzo 500 27.500 55 Aprile (800) Aprile 400 18.000 45 Ottobre (800) Ottobre 300 15.000 50 Novembre (500) Novembre 200 8.000 40 unitario di vendita Se viene utilizzato – considerato che tutti i prezzi sono espressi in unità di euro - il metodo FIFO al 31 dicembre avremo che: 50.000 + 28.000 +27.500 – 40.000 + 18.000 – (10.000 + 28.000 + 5.500) + 15.000 – (22.000 + 4.500) + 8.000 = 36.500 valore rimanenze finali calcolato con il metodo FIFO Se viene utilizzato il metodo LIFO avremo che: 50.000 + 28.000 + 27.500 – (27.500 + 16.800) + 18.000 – (18.000 + 11.200 + 10.000) + 15.000 – (15.000 + 10.000) + 8.000 = 38.000 valore rimanenze finali calcolato con il metodo LIFO Se viene utilizzato il metodo del costo medio ponderato: 50.000 + 28.000 + 27.500 + 18.000 + 15.000 + 8.000 = 146.500 costo complessivo delle merci acquistate nel corso dell’esercizio 7 146.500/2.900 = 50,52 prezzo medio di acquisto 2.100 x 50,52 = 106.086 costo complessivo delle merci cedute nel corso dell’esercizio 146.500 – 106.086 = 40.414 valore rimanenze finali calcolato con il metodo del costo medio ponderato 5. Valore di realizzazione desunto dall’andamento del mercato Si deve ricordare che il legislatore dispone che le rimanenze siano iscritte, laddove inferiore, al valore di mercato. A questo fine, l’Oic prevede che in linea generale per valore di mercato debba intendersi: - il costo di sostituzione, inteso come “il costo con il quale in normali condizioni di gestione una determinata voce in magazzino può essere riacquistata o riprodotta”, per le materie prime e sussidiarie e semilavorati (parti o componenti) d'acquisto, che partecipano alla fabbricazione di prodotti finiti. Tale valore si calcola su acquisti di quantità normali effettuate in normali circostanze; - il valore netto di realizzo definito come “il prezzo di vendita nel corso della normale gestione” al netto dei costi di completamento e delle presumibili spese dirette di vendita, per le merci, i prodotti finiti, semilavorati di produzione e prodotti in corso di lavorazione. (Oic 13, D.VI.b). La seguente tabella riporta i riferimenti di carattere generale previste dal Principio contabile per identificare il valore di mercato delle rimanenze. Figura 1 - Valutazione delle rimanenze ai valori di mercato Materie prime, sussidiarie e semilavorati (parti o componenti) d’acquisto che partecipano alla fabbricazione dei prodotti finiti Costo di sostituzione Prodotti finiti, merci ed altre giacenze destinate alla vendita Semilavorati (parti o componenti di produzione), prodotti in corso di lavorazione Valore netto di realizzo 8 Vi possono essere, in aggiunta, talune circostanze in cui è necessario apportare specifiche modifiche alle sopra menzionate disposizioni di carattere generale, quali: - il minor costo di sostituzione delle materie prime e sussidiarie e dei semilavorati (parti o componenti) d'acquisto non può essere recuperato per mezzo del valore netto di realizzo del prodotto finito di cui entrano a far parte. In tali casi si rende necessario utilizzare il valore netto di realizzo anche per questi materiali; - si ha una situazione di prezzi decrescenti. La valutazione delle rimanenze destinate alla vendita effettuata con il metodo LIFO pone una particolare problematica nel definire il valore di mercato. In tali casi deve essere utilizzato il costo di sostituzione per la determinazione del valore di mercato delle merci e dei prodotti finiti. Ancora l’Oic prevede che, qualora il valore netto di realizzo al netto del normale margine di profitto sia superiore al costo di sostituzione, ed entrambi tali valori siano inferiori al valore contabile, in assenza di riduzioni dei prezzi di vendita, è consentito utilizzare il valore netto di realizzo; - il costo di sostituzione è inferiore al costo storico, ma quantità normali di materie prime e sussidiarie e di semilavorati d'acquisto presentano un valore netto di realizzo uguale o superiore al loro costo storico. Qualora la possibilità del loro realizzo sia oggettivamente documentabile e verificabile, tali materiali non devono essere svalutati (fatta eccezione per il caso in cui questi siano determinati con il metodo LIFO in presenza di prezzi decrescenti); - il valore di mercato per le materie prime, sussidiarie e semilavorati (parti o componenti) d'acquisto di lento movimento od obsoleti è rappresentato dal valore netto di realizzo. In linea generale, laddove il valore netto di realizzo dei prodotti finiti o delle merci acquistate per la rivendita sia particolarmente fluttuante, il costo di sostituzione può essere il livello di approssimazione più utile per indicare il valore netto di realizzo. 6. Determinazione dei valori fiscali Il legislatore fiscale ha ritenuto opportuno prevedere una disciplina particolareggiata per la determinazione dei valori riconosciuti ai fini fiscali. Le disposizioni di seguito brevemente commentate – si ricorda – acquisiscono rilevanza ai soli fini fiscali e, se non risultano appropriate per rappresentare fedelmente il valore economico delle rimanenze possedute, non sono applicate per la redazione del bilancio civilistico. L’art. 92 del Testo Unico delle Imposte sul reddito assume che “Le variazioni delle rimanenze finali [...] rispetto alle esistenze iniziali, concorrono a formare il reddito dell'esercizio.”. 9 In questa prospettiva, le rimanenze finali di beni intercambiabili partecipano al reddito per un importo non inferiore a quello che si ottiene raggruppando i beni in categorie omogenee per natura e per valore e attribuendo a ciascun gruppo un valore non inferiore a quello determinato secondo le disposizioni previste dal legislatore medesimo. La norma tributaria distingue, poi, tra: - rimanenze finali iscritte per la prima volta in bilancio, valutate al costo medio ponderato; - rimanenze finali iscritte negli esercizi successivi, valutate al LIFO a scatti annuali. È, poi, specificato che le imprese che valutano in bilancio le rimanenze finali con il metodo della media ponderata o del FIFO, le rimanenze finali sono assunte per il valore che risulta dall'applicazione del metodo adottato. Esempio: L’impresa Alfa di cui all’esempio precedente aveva nell’esercizio X iscritto 800 giubbotti con un costo medio ponderato annuale pari a 120. Il valore complessivo delle rimanenze finali è pari a (800 x €120) €96.000. A fine esercizio successivo (X+1) presenta 1.000 capi in magazzino; Alfa assumerà il valore delle rimanenze iniziali delle felpe come valore fiscale della quantità di felpe corrispondente alla quantità di felpe possedute ad inizio esercizio (800 capi), mentre la quantità eccedente (200) è determinata in base al costo medio ponderato annuale dell’esercizio pari a €130. Le rimanenze finali sono, perciò, pari a [(€96.000 + (200 x €130)] €122.000. Nell’esercizio X+2, Alfa rileva una quantità di rimanenze finali di 700 giubbotti con una diminuzione di 300 capi rispetto ad inizio esercizio. In base alle disposizioni del TUIR, il valore delle rimanenze finali di X+2, sarà dato dall’eliminazione del valore delle rimanenze acquisite nell’esercizio X+1 (pari a 200 giubbotti) e di 100 giubbotti acquisiti nell’esercizio X. Avremo, perciò, che il valore delle rimanenze finali ai fini fiscali sarà pari a [€122.000 – (200 x €130) – (100 x €120)] €84.000. In ultimo, se in un esercizio il valore unitario medio dei beni risulta superiore al valore normale medio di essi nell'ultimo mese dell'esercizio, il valore minimo è determinato moltiplicando l'intera quantità dei beni (indipendentemente dall'esercizio di formazione) per il valore normale. Per valore normale si deve intendere – in conformità a quanto contenuto nell’art. 9, comma 3 del TUIR in base al quale “per valore normale […] si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati 10 acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso". Per le valute estere si assume come valore normale il valore al cambio esistente alla data di chiusura dell'esercizio. 11 LAVORI IN CORSO SU ORDINAZIONE3 Sommario: 1. Premessa e inquadramento della problematica; 2. Elementi definitori; 3. Rilevazione e criteri di contabilizzazione; 4. Il criterio della percentuale di completamento; 5. Il criterio della commessa completata; 6. Ulteriori problematiche; 7. Considerazioni 1. Premessa e inquadramento della problematica La problematica del trattamento contabile dei lavori in corso di ordinazione necessita di alcune preliminari precisazioni sugli aspetti tecnico-contabili di riferimento nonché sul disposto normativo da cui l’Oic 23, Lavori in corso su ordinazione, è stato sviluppato. Per quanto concerne gli aspetti di inquadramento tecnico-contabile, è opportuno rilevare che il principio base su cui si sviluppano parte delle considerazioni del Documento in parola (e prima ancora del testo normativo) trovano la loro ragione di essere nel postulato della competenza economica in base alla quale, come noto, i fatti, gli eventi e le operazioni devono essere rilevati in bilancio alla loro manifestazione economica piuttosto che alla loro manifestazione monetaria. Tale principio ha quale importante corollario (almeno per le imprese) la correlazione dei costi e dei ricavi, il quale dispone che il conto economico deve includere nel bilancio i ricavi correlati ai pertinenti costi. È importante ancora aggiungere che svolge un importante ruolo nella contabilizzazione dei lavori in corso su ordinazione il principio della prevalenza della sostanza sulla forma, introdotto, come già detto, in modo imperfetto e incompleto nella legislazione nazionale per mezzo del già menzionato principio della “funzione economica relativa all’elemento dell’attivo o del passivo considerato” (art. 2423-bis, comma 1). Allo stesso tempo, non si deve dimenticare che un importante ostacolo all’applicazione completa della competenza economica è rappresentato dal principio della prudenza, per il quale in bilancio devono essere iscritti tutti i costi anche potenziali di competenza dell’esercizio, mentre i ricavi non possono essere iscritti se non effettivamente realizzati. Principio della competenza economica (nonché corollario della correlazione tra costi e ricavi) e principio della prudenza trovano nella contabilizzazione dei lavori in corso su ordinazione ampio terreno di scontro! Il problema principale, infatti, consta nel rilevare (soprattutto pluriennali) i ricavi di competenza dell’esercizio delle commesse, in quanto solitamente il pagamento (o la grande parte di esso) avviene alla consegna dell’opera. 3 La sezione della presente dispensa dedicata alla contabilizzazione dei lavori in corso su ordinazione è tratta da: M. Pozzoli, Lavori in corso su ordinazione, Guida alla Contabilità e Bilancio, Milano, Il Sole24Ore-Frizzera, n. 2/2008, pp. 44-51. 12 Per quanto rileva l’incipit legislativo da cui prende corpo il documento stesso, basti, per adesso, ricordare che il punto 11 dell'art. 2426 – introdotto dal Dlgs 127/1991 tramite l’implementazione di una delle più rilevanti novità della IV Direttiva - dispone che “i lavori in corso su ordinazione possono essere iscritti sulla base dei corrispettivi contrattuali maturati con ragionevole certezza”. 2. Elementi definitori Il primo aspetto considerato dall’Oic concerne l’esame di cosa debba intendersi per “lavoro in corso su ordinazione”; esso dovrebbe presentare sostanzialmente le seguenti principali caratteristiche: - Oggetto: esistenza di una commessa, ossia di un contratto tramite cui un soggetto (committente o appaltante) affida a un soggetto terzo (appaltatore) la realizzazione di un progetto; - Durata: normalmente pluriennale; - Finalità: costruzione e realizzazione di un’opera o di una fornitura di beni (o servizi) che nel loro complesso siano parte del medesimo progetto; - Esecuzione: in base all’ordinazione delle richieste del committente e secondo le specifiche tecniche da questo richieste. Si rileva che gli accordi di commessa non sono accordi “tipizzati” ma definiti (secondo e in linea con) le norme del diritto positivo. I lavori in corso su ordinazione sono normalmente suddivisi – in base alla natura del contratto – in: - contratti a prezzi predeterminati, i quali prevedono (fatta eccezione per gli eventuali adeguamenti concordati dalle parti nel corso del lavoro o resisi necessari, come l’adeguamento ex lege di cui all’art. 1664, c.c.) la consegna del lavoro sulla base di un prezzo fisso predeterminato o di prezzi fissi delle singole voci di lavoro predeterminati; - contratti con prezzo basato sul costo consuntivo più il margine, nei quali il committente si impegna a rimborsare l’appaltatore per i costi sostenuti ad aggiungere a tali costi un recupero solitamente fissato sulla base percentuale dei costi medesimi (con le condizioni previste contrattualmente) e di un importo fisso. In ottica comparativa, sembra giusto evidenziare che l’Oic 23 risulta completamente in linea (anche se tale classificazione è squisitamente illustrativa e non prescrittiva) con il contenuto dello IAS 11, Lavori in corso su ordinazione (Costruction contracts). 13 Il principio contabile nazionale si discosta, invece, dall’omologo documento dello Iasb per quanto riguarda l’ambito di applicazione: mentre, infatti, l’Oic distingue nella propria trattazione tra commesse “a lungo termine”, ossia solitamente pluriennali e commesse “a breve termine”, lo Iasb non effettua alcuna distinzione, riferendo le proprie disposizioni indistintamente a tutte le commesse. Tale discrasia origina anche atteggiamenti diversi in ambito di determinazione dei criteri di contabilizzazione adottati 4. 3. Rilevazione e criteri di contabilizzazione La problematica più urgente in materia di rilevazione e contabilizzazione delle commesse consta, come accennato, nel rilevare i ricavi nell’esercizio in cui questi hanno avuto effettiva manifestazione, considerato che spesso tali commesse presentano costi negli anni di “produzione” della commessa e ricavi solo al momento del suo completamento o a partire da tale momento. A tale riguardo, come si avrà modo di rilevare in più circostanze, è indispensabile che l’impresa appaltatrice (e in particolare l’amministrazione di questa) si doti di un sistema di rilevazione analitico dei rispettivi ricavi di commessa, intesi come i corrispettivi riconosciuti per l’esecuzione dell’opera, e costi di commessa, intesi sia come costi sostenuti direttamente (costi diretti), sia come costi riferibili all’attività aziendale ma imputabili ragionevolmente e attendibilmente alla commessa (costi indiretti). L’Oic presenta un’elencazione di cosa solitamente debba essere considerato costo e ricavo di commessa; tale elencazione (di seguito riportata) deve essere evidentemente considerata esemplificativa e non esaustiva, in ragione anche della molteplicità di circostanze che tali situazioni presentano. Tabella 1 - Elencazione esemplificativa ricavi e costi di commessa (Oic 11, §D.II e D.III) Ricavi di commessa Costi di commessa — il prezzo base stabilito contrattualmente; Costi diretti: — le eventuali rettifiche di prezzo pattuite con — i costi dei materiali utilizzati per la atti aggiuntivi; realizzazione dell'opera; — le maggiorazioni per revisione prezzi; — i costi della manodopera (nel caso di opere realizzate in uno specifico cantiere, tali costi — i corrispettivi per opere e prestazioni aggiuntive (es: varianti); includono tutta la manodopera di cantiere, — i corrispettivi aggiuntivi conseguenti ad incluso il personale direttivo e quello addetto ai servizi generali); eventi i cui effetti siano contrattualmente o per legge a carico del committente; — i costi dei subappaltatori; — le spese del trasferimento di impianti e di — gli altri proventi accessori (quali quelli derivanti dalla vendita dei materiali non attrezzature al cantiere; — i costi per l'impianto e lo smobilizzo del impiegati, ecc.). 4 In questo senso, si veda: Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e Ragionieri/Commissione per i principi contabili, Guida all’applicazione dello IAS 11 “Lavori su ordinazione”, p. 6. 14 cantiere; — gli ammortamenti ed i noli dei macchinari impiegati; — le royalties per brevetti utilizzati per l'opera; — i costi per fidejussioni e assicurazioni specifiche; — i costi di progettazione (se riferibili direttamente alla commessa). Costi indiretti: — i costi di progettazione (se tali costi si riferiscono all'intera attività produttiva o sono attribuibili a più commesse); — i costi generali di produzione o industriali, cui si applicano i principi riportati nel paragrafo D.III.g del Principio contabile 13 relativo alle giacenze di magazzino. I due criteri di contabilizzazione ammessi dalla legislazione nazionale sono: - Il criterio della percentuale di completamento o dello stato d'avanzamento; - Il criterio della commessa completata o del contratto completato. Figura 1 - Criteri di contabilizzazione dei lavori in corso su ordinazione previsti dall’Oic 11 Criteri di contabilizzatone ammessi criterio della percentuale di completamento o dello stato d'avanzamento criterio della commessa completata o del contratto completato Entrambi i criteri menzionati sono nei termini di legge ammissibili. Tuttavia, l’Oic esprime la propria preferenza per il criterio della percentuale di completamento, ritenuto in grado di dare una migliore rappresentazione corretta dell’andamento della commessa nonché dei ricavi e dei costi di commessa. Tale preferenza appare più evidente se riferita a commesse ultrannuali; le imprese, infatti, adottando il criterio della commessa completata per contabilizzare queste commesse, rischierebbero di contabilizzare i ricavi delle commesse con ampio ritardo rispetto al sostenimento dei costi che hanno generato i ricavi medesimi (per esempio, nel caso in cui i pagamenti siano effettuati prevalentemente una volta terminata la commessa medesima). 15 A questo riguardo, si evidenzia che l’Oic ritiene in queste circostanze ammissibile adottare il criterio della commessa completata (e non poteva fare altrimenti, considerato che il legislatore nazionale non ne vieta l’adozione), purché in nota integrativa siano prodotti pro forma gli effetti sul conto economico e sul patrimonio che si sarebbero venuti a creare applicando il criterio della percentuale di completamento Il criterio della commessa completata è ritenuto meno fuorviante nel caso in cui sia applicato a commessa a breve termine, poiché, in tale circostanza, il “ritardo” della contabilizzazione dei ricavi rispetto ai pertinenti costi è limitato. 4. Il criterio della percentuale di completamento Affinché, tuttavia, il criterio della percentuale di completamento sia applicabile, occorre che siano soddisfatte talune condizioni (si veda tabella sotto riportata). Tabella 2 - Condizioni che rendono possibile l’adozione del criterio della percentuale di completamento (Oic 23, §C.I) - presenza di un accordo vincolante per le parti che definisca in modo chiaro le obbligazioni, quali il diritto al corrispettivo da parte dell’esecutore dell’opera; - possibilità di stabilire che l’attività svolta sia coerente con le caratteristiche tecniche del progetto; - attendibilità delle stime concernenti i ricavi e i costi di commessa in base allo stato d'avanzamento, in correlazione a stime dei ricavi e dei costi della commessa da sostenere; - possibilità di misurare attendibilmente costi e ricavi riferibili all’esercizio; e - mancanza di aleatorietà sulle condizioni contrattuali/tecniche o sui fattori esterni che risultino in grado di rendere dubbie e inattendibili le stime presentate. Le principali accortezze tecniche che l’impresa deve mantenere concernono la determinazione dei costi e dei ricavi di commessa; questi sono determinati in relazione allo stato di avanzamento dei lavori (SAL), il quale nella sostanza dovrebbe evidenziare il “valore” dei lavori eseguiti sino alla data di riferimento del bilancio. Giova, in aggiunta, evidenziare che, indipendentemente dal metodo specifico prescelto per determinare l’avanzamento dei lavori, esistono elementi comuni da tenere in considerazione, quali: - il costante monitoraggio del SAL, per mezzo soprattutto della coerenza tra percentuali di completamento stimate e consuntivate; qualora gli indicatori prodotti (nel periodo e/o totali) non risultino in linea con le stime iniziali, sarà necessario rivedere le stime e le conseguenti percentuali di completamento; 16 - laddove siano previste modifiche al progetto iniziale, sarà opportuno tenere in considerazione tali rettifiche per aggiornare i dati e le percentuali previste; - la applicabilità del parametro adottato con la situazione presentata. Il principio della coerenza richiede che debbano essere applicati i medesimi principi contabili e metodi applicativi da un esercizio ad un altro. Tale impostazione può essere controvertita nel solo caso (eccezionale) in cui, vi sia evidenza che l’adozione del criterio e del metodo è inadeguata e non adatta a fornire una rappresentazione veritiera e corretta della situazione; - gli eventuali acconti e anticipi potrebbero non fare riferimento all’attività effettivamente svolta nell’esercizio; se così fosse, questi devono essere rilevati fra le passività o portati a diminuzione dell’ammontare complessivo del lavoro. Non esistono previsioni giuridiche atte a definire quale sia la tecnica migliore in assoluto. L’Oic, quindi, in relazione alle prassi prevalenti nel settore distingue tra: - metodi basati sul valore o dati di carico, quali: metodo del costo sostenuto (cost-to-cost); e, metodo delle ore lavorate; - metodi basati sulla misurazione della produzione effettuata, quali: (i) metodo delle unità consegnate; e, (ii) metodo delle misurazioni fisiche. Non esiste un metodo “preferito” in assoluto, anche in ragione del fatto che qualsiasi circostanza dovrebbe essere analizzata separatamente. Tuttavia, l’Oic ritiene che il metodo del costo sostenuto (“cost to cost”) sia, in condizioni normali, quello preferibile e, inoltre, il metodo che dovrebbe essere adottato per verificare l’adeguatezza dei metodi basati sulla misurazione della produzione effettuata, i quali potrebbero portare in condizioni particolari a risultati anche assai difformi. Procediamo adesso ad esaminare in sintesi le caratteristiche principali dei metodi maggiormente adottati con l’ausilio di una breve esemplificazione. 17 Figura 2 - Metodi per la determinazione dello stato avanzamento lavori Metodi per la determinazione del lo SAL Metodi basati sulla misurazione della produzione effettuata Metodi basati sul valore o dati di carico Metodo del costo sostenuto Metodi delle ore lavorate Metodo delle unità consegnate Metodo delle misurazioni fisiche Metodo del cost to cost Il metodo del cost to cost è il più utilizzato nella pratica; esso richiede: (i) l’esistenza di un sistema interno che rilevi – ed anche ribalti nel caso di oneri solo indirettamente imputabili - i costi alle singole commesse; e, (ii) la possibilità di formulare le stime necessarie per determinare il SAL. Il metodo del costo to cost si sostanzia nei seguenti passaggi: - determinazione costi effettivi sostenuti; - raffronto costi effettivi sostenuti con costi totali stimati; - determinazione del valore della produzione realizzata per mezzo dell’applicazione della percentuale desunta ai ricavi totali stimati. Per ottenere una corretta applicazione del metodo in parola, è necessario escludere i costi che possono portare ad una visione distorta dell’operazione, quali i costi sostenuti per attività ancora da eseguire. Per esempio, se l’impresa appaltatrice Alfa acquista 100tonnellate di cemento per avere un particolare sconto, e, al termine dell’esercizio, ha utilizzate solo 40tonnellate, nella determinazione del SAL dovremo tener conto del cemento utilizzato (40 tonnellate) e non di quello acquisito. Per la medesima motivazione, dovranno essere esclusi gli anticipi concessi a subappaltatori riferiti a lavori da eseguire negli esercizi futuri. Esempio L’impresa Beta vince una gara concernente la costruzione di un ponte per 6.000. L’opera deve essere consegnata entro 3 anni. Beta produce un proprio piano tramite cui ha previsto costi complessivi pari a 4.000 nonché la seguente ripartizione dei costi stimati lungo il periodo previsto: 18 Costi X X+1 X+2 2.500 500 1.000 X + X+1 3.000 X + X+1 + X+2 4.000 I costi sostenuti nell’esercizio X sono imputabili in parte all’acquisto di materiali che saranno utilizzati solo nell’esercizio X+1 quantificabili in 500. A fronte di quanto sopra previsto, Beta dovrebbe rilevare il primo anno un avanzamento del 50%, il secondo un avanzamento complessivo del 75% e il terzo il completamento dell’opera (100%). I corrispettivi ricavi saranno: Ricavi X X+1 X+2 3.000 1.500 1.500 X + X+1 4.500 X + X+1 + X+2 6.000 Il margine della commessa maturato nei singoli periodi è dato dalla variazione tra i ricavi della commessa e i corrispondenti costi della commessa dell’esercizio, perciò nel primo anno il margine sarà pari a 1000 (3.000 – 2.000), nel secondo pari a 500 (1.500 – 1.000) e nel terzo pari a 500 (1.500 – 1.000). Ne risulta che il bilancio dell’esercizio X (e stessa cosa avverrà per gli esercizi X+1 e X+2 con i pertinenti valori), una volta presentate le relative scritture d’assestamento, inclusa la capitalizzazione dei lavori in corso su ordinazione (Lavori in corso su ordinazione finali a Conto economico 3.000), presenterà una struttura similare a quella di seguito riportata. Si evidenzia che nell’esempio le rimanenze non utilizzate rappresentative di materie prime (pari a 500) sono state imputate nel corso dell’esercizio tramite le scritture a libro giornale insieme agli altri costi della produzione e, quindi, “sospese” nell’attivo patrimoniale (Materie prime finali a Conto economico 500) 19 Stato patrimoniale Conto economico A) Valore delle produzione … … … C) Attivo circolante 3. Variazione dei lavori in corso 1. materie prime, su ordinazione 3.000 sussidiarie e di consumo 500 … D) Debiti 2.500 3. Lavori in corso su ordinazione 3.000 B) Costi della produzione … B6) Per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci 2.000 Metodo delle ore lavorate L’avanzamento del lavoro è, in questo caso, misurato con riferimento al numero delle ore lavorate rispetto al numero complessivo delle ore totali previste. Il metodo in oggetto può essere rilevante laddove la componente lavoro risulti particolarmente rilevante; il metodo in parola richiede i seguenti calcoli: - la suddivisione dei ricavi totali previsti in: (i) costi previsti dei materiali e altri costi diretti, quali assicurazioni, royalties, esclusa la mano d'opera; e, (ii) valore aggiunto complessivo, per il residuo; - la previsione delle ore dirette di lavorazione necessarie per il completamento delle opere ed il calcolo del valore aggiunto orario (quale quoziente del valore aggiunto complessivo e delle ore totali previste); - la valutazione delle opere in corso di esecuzione ad una certa data, quale somma di: (i) i costi effettivi dei materiali impiegati nelle lavorazioni e degli altri costi diretti sostenuti, esclusa la mano d'opera; e, il valore aggiunto maturato, determinato moltiplicando le ore dirette effettivamente lavorate per il valore aggiunto orario. Considerato l’ambito “normale” di utilizzo del metodo, occorre prestare particolare attenzione all’imputazione delle ore lavorate. L’Oic dispone che anche che i lavori affidati esternamente siano contabilizzati: - come ore interne dell'impresa; o 20 - assimilate ai costi dei materiali ed altri costi diretti; in questa seconda circostanza (ritenuta più praticabile) è necessario poter prevedere attendibilmente sin dal l'inizio della commessa quale parte di lavoro sarà affidata a terzi. Metodo delle unità consegnate Può risultare utile nella determinazione delle commesse focalizzate nella fornitura di serie di prodotti uguali od omogenei con ricavi e costi marginali sostanzialmente identici, quali, per esempio, tappi di bottiglia, agende, ed altri accessori. I prodotti in corso di lavorazione o finiti ma non consegnati sono valutati al costo di produzione e sono quindi classificati come rimanenze di magazzino. Metodo delle misurazioni fisiche Il metodo è, talvolta, adottato dalle imprese di costruzioni, qualora il SAL sia rilevato periodicamente in contraddittorio per la determinazione delle fatturazioni. Questo consta nella rilevazione delle quantità prodotte e presuppone la previsione (o in alternativa la determinabilità) di un prezzo per le singole unità prodotte. 5. Il criterio della commessa completata Se l’impresa opta per l’adozione del criterio della commessa completata, la commessa deve essere valutata come un lavoro in corso ed essere, per questo, iscritta al minore tra costo e mercato 5. Come si evince dalla denominazione stessa, i ricavi sono rilevati solo quando le opere sono effettivamente ultimate e consegnate. Nei lavoro in corso su ordinazione, la consegna è solitamente identificata, a seconda dell’opera e degli accordi contrattuali, dalla spedizione o dall’accettazione del bene da parte del committente 6. 6. Ulteriori problematiche L’Oic analizza le modalità con cui contabilizzare una serie di ulteriori costi ed oneri che si possono verificare nel corso della vita di una commessa e che potrebbero dare luogo ad alcuni dubbi 5 Si veda: Oic, Oic13, Le rimanenze di magazzino. L’Oic dispone che, affinché il lavoro in corso possa essere ritenuto consegnato, occorre che si verifichino le seguenti condizioni: “1.la costruzione del bene sia stata completata ed il bene accettato dal committente6; 2. i collaudi siano stati effettuati con esito positivo; 3. eventuali costi da sostenere dopo il completamento siano di entità non significativa e siano comunque stanziati; 4. gli eventuali effetti relativi a situazioni d'incertezza connessi con tali commesse, ancora presenti nonostante la costruzione sia stata completata, possano essere stimati con ragionevolezza e sia possibile effettuare per essi appropriati ii,alistanziamenti.”. Si veda Oic, Oic 23, cap. E.I.b. 6 21 concernenti la loro imputazione o classificazione; di seguito, forniamo una breve analisi di alcuni significativi casi considerati: - Costi per l'acquisizione della commessa. Fanno riferimento agli studi, ricerche, oneri per partecipazione gare, ed altri costi sostenuti per l’acquisizione della commessa. Questi devono essere imputati al conto economico dell’esercizio in cui gli stessi sono sostenuti, poiché rappresentano costi di natura ricorrente sostenuti nel normale svolgimento dell’attività aziendale. Tuttavia, se sostenuti specificamente per una commessa e l'assegnazione della commessa avviene nello stesso esercizio (od è sostanzialmente certa alla data di chiusura), e il costo è recuperabile dal margine di commessa, tali costi possono essere contabilizzati come costi pre-operativi. - Costi pre-operativi. Sono i costi sostenuti dopo la definizione del contratto, ma prima che sia posta in essere l’attività necessaria per svolgere l’attività di costruzione, quali costi di progettazione, impianto e organizzazione del cantiere, ecc. Se l'impresa adotta il criterio della percentuale di completamento, i costi pre-operativi devono essere contabilizzati tra le immobilizzazioni immateriali (normalmente tra le “B.I.7) Immobilizzazioni Immateriali — Altre”) ed ammortizzati negli esercizi successivi in funzione dell'avanzamento dei lavori determinato con le modalità previste per l'applicazione del criterio della percentuale di completamento. Se l'impresa adotta il criterio della commessa completata, i costi pre-operativi vanno rilevati con gli stessi criteri con cui si rilevano i costi sostenuti per l'esecuzione delle opere. - Oneri sostenuti dopo la chiusura della commessa. Devono essere, tra gli altri, annoverati in questa categoria i costi di smobilizzo del cantiere, i costi per il collaudo delle opere eseguite, gli oneri per penalità contrattuali, gli oneri per la manutenzione successiva delle opere, gli oneri per garanzie contrattuali. I pertinenti stanziamenti devono esser rilevati tra i “Fondi per rischi ed oneri”. Se, quindi, è adottato un criterio basato sul valore di carico, tali costi devono essere inclusi tra quelli della commessa ed i relativi stanziamenti devono incidere sul risultato della stessa. Qualora, invece, sia utilizzato il criterio delle misurazioni fisiche o altri similari, gli stanziamenti devono essere effettuati progressivamente in funzione dell'avanzamento della commessa; - Oneri finanziari. Devono essere imputati, indipendentemente dal criterio adottato, direttamente al conto economico al momento in cui maturano o sono sostenuti, sia che 22 venga adottato il criterio della percentuale di completamento sia che venga applicato il criterio della commessa completata 7. 7. Considerazioni L’Oic 23 è un documento che analizza con analiticità le caratteristiche e le diverse circostanze che si possono verificare nella rappresentazione contabile dei lavori in corso su ordinazione. A questo riguardo, si deve rilevare che il criterio della percentuale ci completamento è sicuramente preferibile (soprattutto per le commesse pluriennali) rispetto alla commessa completata. Tale impostazione è confermata dal fatto che anche lo Iasb nella revisione del menzionato Ias 11 (1994) ha eliminato il criterio della commessa completata, rendendolo applicabile solo in via residuale, ossia nel caso in cui lo SAL non sia quantificabile con attendibilità. La disciplina fiscale medesima, pur prevedendo talune regole ad hoc (per esempio, sui corrispettivi pattuiti e i rischi contrattuali), accettano il criterio della percentuale di completamento, ritenendolo il principio base per la valutazione delle commesse ultrannuali (Tuir, art. 93, comma 2). Non è questa la sede per esaminare i riflessi fiscali derivanti dalla predisposizione di lavori in corso su ordinazione, ma basti considerare che il Tuir richiede di suddividere “le opere, le forniture e i servizi” in base alla loro presunta durata in: - opere, forniture e servizi con tempo di esecuzione non superiore all’anno (365 giorni) e a cavallo di due esercizi; e - opere, forniture e servizi con tempo di esecuzione ultrannuale, laddove i primi sono disciplinati alla stregua delle normali rimanenze (Tuir, art. 92, comma 6), ossia con riferimento al costo sostenuto nell’esercizio, mentre i secondi sono valutati ai fini fiscali sulla base dei corrispettivi pattuiti o al costo. 7 Tuttavia, l’Oic – con specifico riferimento alla contabilizzazione delle commesse col criterio della commessa completata. dispone che” Se viene seguito il criterio della commessa completata, è accettabile imputare ai costi di commessa, includendoli nel valore (al costo) delle rimanenze, gli interessi passivi sui capitali presi a prestito specificatamente per la commessa e per essa effettivamente utilizzati in aggiunta agli anticipi ed acconti ricevuti dal committente, purché sussistano le seguenti condizioni: 1. trattasi di commesse con tempi di realizzazione eccedenti i dodici mesi; 2. l'impresa non riceva anticipi ed acconti di entità tale da evitare squilibri rilevanti nei flussi finanziari e quindi la quota non finanziata dal committente è rilevante; 3. l'impresa disponga di un sistema amministrativo che consenta di seguire i flussi finanziari relativi ad ogni singola commessa; 4. l'impresa sia in grado di effettuare un'attendibile previsione dei capitali che verranno effettivamente presi a prestito specificatamente per l'esecuzione della commessa, tenuto conto degli anticipi e degli acconti ricevuti dal committente; 5. gli interessi su tali capitali siano recuperabili con i ricavi della commessa e ciò sia comprovabile con un preventivo di commessa che ne tenga conto.”. Si veda: Oic, Oic 23, Lavori in corso su ordinazione, cap. L.II. 23 CREDITI, DISPONIBILITA’ LIQUIDE, RATEI E RISCONTI CREDITI Sommario: 1. Inquadramento della tematica e aspetti definitori; 2. Classificazione; 3. Rilevazione; 4: Valutazione; 4.1 Il valore presumibile di realizzazione; 4.2 Attualizzazione. 5 Le operazioni di factoring. 6. I crediti da operazioni di compravendita con obbligo di retrocessione a termine; 7. Informazioni integrative 1. Inquadramento della tematica e aspetti definitori È difficile, se non impossibile, che un’impresa in continuità operativa non presenti alla data di chiusura dell’esercizio crediti. Questi, infatti, originano naturalmente dall’effettuare operazioni commerciali, finanziarie o da eventi ed operazioni di altro tipo. Un bilancio può essere, in via del tutto astratta, privo di crediti quando l’impresa effettua tutte le operazioni in contanti oppure nel caso in cui alla data di riferimento del bilancio tutti i crediti siano stati regolati dai debitori. I crediti costituiscono il diritto acquisito da un’impresa ad esigere ad una scadenza predefinita un determinato ammontare da clienti o da altri. La problematica concernente i crediti sarà esaminata in modo autonomo dalla macro-classe in cui questi sono stati inclusi, poiché i criteri di rilevazione, valutazione e informativa sono i medesimi indipendentemente da dove questi sono imputati. In definitiva, cambia, a secondo della classificazione, la sola modalità di appostamento in bilancio! È bene puntualizzare che non esamineremo in questo contesto, se non per completezza espositiva, la problematica relativa ai “crediti verso soci per versamenti ancora dovuti” già precedentemente considerata (si vedano le dispense “La costituzione d’impresa e le altre operazioni di capitale” e “Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti e Immobilizzazioni materiali”). In aggiunta, non si prenderanno in considerazione i crediti originati da operazioni in valuta estera, per le quali sono previste specifiche disposizioni normative. I riferimenti tecnici essenziali che guideranno la seguente esposizione sono, oltre alle principali impostazioni dottrinali, i Principi contabili nazionali e, in questo specifico caso, il Principio contabile OIC 15, I crediti. 24 2. Classificazione Nella classificazione dei crediti hanno, in linea generale, rilevanza i seguenti fattori : - origine: (i) crediti sorti in relazione a ricavi (per esempio, i crediti verso clienti) derivanti da operazioni di gestione caratteristica; (ii) crediti sorti per prestiti e finanziamenti concessi (questi differiscono dai crediti commerciali per non essere connessi a ricavi, bensì ad operazioni che hanno ad oggetto direttamente somme di denaro); o (iii) crediti sorti per altre motivazioni (per esempio, crediti derivanti da operazioni di gestione non caratteristica, crediti verso dipendenti per anticipi su competenze di futura liquidazione, crediti verso l'erario, crediti verso istituti di assicurazione per gli indennizzi, depositi cauzionali, ecc.). L’indicazione dell’origine economica dei crediti fornisce utili informazioni sulle modalità con cui la società genera crediti e, quindi, si suppone entrate di cassa; - natura del debitore: crediti verso clienti, consociate 8, controllanti, soci, altri. La natura del debitore è funzionale all’esposizione dei crediti medesimi in bilancio. I crediti vantati nei confronti dei clienti sono “normali” crediti operativi, identificano una posizione pendente originata dall’attività commerciale e servono a misurare lo stato di salute dell’attività caratteristica della struttura aziendale. Essi, peraltro, esprimono valori di mercato e, laddove ciò non si verificasse, riescono a spiegare i rapporti di forza dei soggetti coinvolti nell’operazione. I crediti verso altre società del gruppo o parti correlate possono essere, al contrario, “viziati” dai legami tra le parti coinvolte, talvolta non esprimono valori di mercato e, per tali motivi, necessitano di una diversa informativa di bilancio; - scadenza: crediti esigibili entro l’esercizio successivo e oltre l’esercizio successivo. Tale evidenziazione contribuisce a illustrare la posizione finanziaria della società; la presenza di crediti destinati a divenire moneta nel breve termine indica che la società dovrebbe fruire di liquidità in un futuro molto prossimo. La presenza di liquidità evidenzia la capacità della società di far fronte ad impegni di breve periodo o se, al contrario, la società dovrà fare ricorso a “mezzi di terzi” per regolare le obbligazioni contratte. La successiva figura sintetizza i criteri di classificazione che rilevano per la rappresentazione dei crediti. 8 Si consideri che la stesura del Principio contabile OIC 15 è antecedente all’emanazione del d.lgs 173/2008 che ha introdotto l’informativa sulle operazioni con le parti correlate (art. 2427, p.to 22-bis, c.c.), di cui parleremo quando ci imbatteremo nella sezione dedicata alla nota integrativa. Ciò detto, il Principio contabile OIC 15 dispone che “Per consociate si devono intendere, ai fini qui discussi, non solo le imprese controllanti, controllate e collegate ai sensi dell'art. 2359 Cod. Civ., ma anche le imprese che si trovano sotto comune controllo” (PC OIC 15, §A). 25 Figura 1 - Criteri di classificazione Criteri di classificazione dei crediti Origine Natura del debitore Scadenza Lo schema di stato patrimoniale del codice civile prevede che debbano essere evidenziati con riferimento ai crediti i seguenti importi: A - Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti, con separata indicazione della parte già richiamata; B.III - Immobilizzazioni finanziarie, con separata indicazione, per ciascuna voce dei crediti, degli importi esigibili entro l'esercizio successivo: 2) crediti: a) verso imprese controllate; b) verso imprese collegate; c) verso controllanti; d) verso altri. C.II - Attivo circolante. Crediti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l'esercizio successivo: 1) verso clienti; 2) verso imprese controllate; 3) verso imprese collegate; 4) verso controllanti; 4-bis) crediti tributari; 4-ter) imposte anticipate; 5) verso altri. Il legislatore ha previsto, quindi, che i crediti siano classificati, in base alla loro destinazione, in immobilizzazioni e attivo circolante 9. A questo riguardo, rileva che anche i crediti sottendono alla 9 Le modalità di classificazione esposte non son evidentemente le uniche possibili, bensì quelle più adatte e conformi allo sviluppo della pertinente disciplina nazionale. Caratozzolo “propone”, per esempio, anche le seguenti classificazioni: - crediti pecuniari e crediti in natura; - crediti di sicuro esito, crediti di esito dubbio e crediti inesigibili; - crediti certi nell’esistenza e nell’importo, crediti incerti nell’esistenza o nell’importo; - crediti fruttiferi e crediti infruttiferi; - crediti a breve termine, crediti a medio termine e crediti a lungo termine; - crediti cambiari e crediti non cambiari; - crediti assistiti da garanzie reali o da privilegi e crediti non garantiti. Si veda: M. Caratozzolo, Il bilancio d’esercizio, Milano, Giuffré, 2008, p. 440. 26 regola per la quale “gli elementi destinati ad essere utilizzati durevolmente devono essere iscritti tra le immobilizzazioni” (art. 2424-bis, c.c.). Nelle immobilizzazioni sono, perciò, iscritti principalmente i crediti che hanno natura finanziaria (per esempio, crediti derivanti da finanziamenti concessi, depositi cauzionali, acconti per acquisto di immobilizzazioni finanziarie), mentre nell’attivo circolante sono allocati principalmente i crediti originati da operazioni di natura commerciale (per esempio, crediti verso clienti documentati da fatture, cambiali attive, crediti verso società di factoring, crediti per interessi di mora). In termini aziendalistici, nelle immobilizzazioni, troviamo i crediti di finanziamento, mentre nei crediti dell’attivo circolante iscriviamo i crediti di finanziamento (si veda Figura 2). In sostanza se una controllante effettua un prestito in denaro ad una controllata, il pertinente credito sarà rilevato tra le immobilizzazioni finanziarie (più precisamente, sottovoce BIII.2.a) ); se, però, la controllante vende un bene ad una controllata, il pertinente eventuale credito sarà iscritto nell’attivo circolante (più precisamente alla voce CII2). Tale impostazione trova riscontro anche nell’ulteriore indicazione del legislatore, per la quale devono essere separatamente esposti, per ciascuna voce dei crediti iscritti tra le immobilizzazioni finanziarie gli importi esigibili entro l’esercizio successivo, mentre per ciascuna voce dei crediti iscritti nell’attivo circolante, gli importi esigibili oltre l’esercizio successivo. Figura 2 – Imputazione dei crediti in bilancio Crediti di finanziamento Crediti di funzionamento Immobilizzazioni finanziarie Attività circolanti In linea teorica, tuttavia, non è impossibile che un credito commerciale possa essere iscritto tra le immobilizzazioni (ad esempio, un credito derivante dalla vendita di un bene ad un cliente con un 27 pagamento estremamente lungo potrà essere iscritto nella sottovoce BIII.2.d) 10 , così come un credito finanziario verso una collegata potrà essere imputato alla voce C.II3). Il Principio contabile OIC 15 ritiene necessario prevedere per l’esposizione della sottovoce BIII2d) e della voce CII5 “Crediti verso altri” un’ulteriore sotto-classificazione per i crediti verso altre consociate. Ovviamente, in ossequio ai principi generali di bilancio, tale ripartizione – che, si ripete, è prevista dai principi contabili nazionali e non dalla legge – deve essere effettuata nel momento in cui gli importi rappresentativi dei crediti verso consociate sono “rilevanti”. La seguente tabella illustra la pertinente integrazione di bilancio ritenuta necessaria dai principi contabili nazionali. Si consideri, infine, che le voci C4-bis) Crediti tributari;C4-ter, Imposte anticipate sono state introdotte nell’attivo patrimoniale per mezzo della riforma organica del diritto societario. I crediti tributari identificano la specifica tipologia di crediti vantati nei confronti dell’erario; questi, qualora significativi, dovrebbero essere separatamente esposti nella nota integrativa. L’inserimento della voce dedicata alle imposte anticipate rientra nella decisione del legislatore della riforma di riconoscere formalmente la “fiscalità differita”; come avremo meglio modo di considerare in seguito, non rappresentano propriamente crediti, poiché non rappresentano un diritto ad esigere un importo ad una data predeterminata. Essi identificano, più propriamente, un bonus concernente una minore imposizione fiscale futura. Tabella 1 – Esposizione della posta “Crediti verso altri” Classificazione dei “crediti verso altri” Integrazione prevista per i “crediti verso nella normativa civilistica B.III 2) crediti: … d) verso altri. C.II: … 5) verso altri altri” nel Principio contabile OIC 15 B.III 2) crediti: … d) verso altri: verso altre consociate; verso altri debitori C.II: … 5) verso altri verso altre consociate; verso altri debitori 10 In questa specifica fattispecie, tuttavia, è indubbio che l’operazione possa incorporare una componente finanziaria. A questo fine, si rinvia a quanto detto in merito all’attualizzazione dei crediti al paragrafo 4.2. 28 3. Rilevazione I crediti a breve termine che derivano da ricavi sono iscrivibili nel bilancio solo se sono maturati i relativi ricavi, ovvero se: - il processo produttivo dei beni ovvero dei servizi è stato completato; e - lo scambio è avvenuto: - in caso di vendita di beni quando si è verificato il trasferimento del titolo di proprietà, ossia: (i) per i beni mobili: data di spedizione o di consegna, secondo le modalità contrattuali dell’acquisto ed in base al trasferimento dei rischi dal punto di vista sostanziale; e (ii) per i beni immobili e per i beni mobili per i quali è richiesto l’atto pubblico: data di stipula del contratto di compravendita (per i servizi quando la prestazione è effettuata); - in caso di prestazioni di servizi, quando il servizio è reso. Avete già avuto modo di considerare più volte nell’analisi delle scritture contabili che la rilevazione dei crediti derivanti da “normali” operazioni commerciali avviene al momento dell’emissione della fattura. Non ci sono problemi se il periodo in cui avviene l’operazione coincide con il periodo in cui la fattura viene emessa. Qualora per un qualsiasi motivo, però, il periodo in cui il bene è stato ceduto o la prestazione è stata effettuata non coincidesse con il periodo in cui la fattura è stata emessa, in sede di scritture di assestamento - rectius di integrazione – dovremo procedere a movimentare, in ossequio al principio della competenza, il conto “crediti per fatture da emettere”. In queste specifiche circostanze, quindi, la mancanza della fattura non giustifica la non indicazione in bilancio del pertinente credito. I crediti che si manifestano in seguito a ragioni diverse dai ricavi si iscrivono in bilancio solo se sussiste un valido “titolo al credito” (PC OIC 15, par. A). 29 Figura 3 - La rilevazione dei crediti Crediti originati da ricavi Prestazione di servizi Vendita di beni la rilevazione avviene nel caso di vendita di beni Il processo produttivo è completato Il titolo di proprietà è stato trasferito e Lo scambio è avvenuto nel caso di prestazioni di servizi Il servizio è reso, ossia la prestazione è effettuata - per i beni mobili: data di spedizione o di consegna - per i beni immobili (e per i beni mobili che richiedono un atto pubblico per il trasferimento di proprietà): data di stipula del contratto di compravendita Gli importi rilevanti di debiti (e crediti) verso propri debitori devono essere classificati tra le passività di bilancio, salvo non vi sia effettiva possibilità di compensazione da un punto di vista legale (artt. 1241 e segg. e 1253 e segg., c.c.). Sono, pertanto, vietate le compensazioni che eliminano voci per le quali è obbligatoriamente disposta l’esposizione negli schemi di bilancio. (PC OIC 15, §C.II.) 4. Valutazione 4.1 Il valore presumibile di realizzazione I crediti devono essere iscritti in bilancio secondo il valore presumibile di realizzazione (sia per i crediti iscritti nell’attivo circolante che per quelli compresi nelle immobilizzazioni). È necessario rettificare il valore nominale di partenza al fine di considerare il valore di eventuali: - perdite per inesigibilità: il fondo svalutazione crediti deve essere sufficiente per coprire perdite per situazioni di inesigibilità già manifestatesi ovvero non ancora manifestatesi; 30 - resi e rettifiche di fatturazione: resi di merci o prodotti da parte dei clienti o altre cause di rettifiche di fatturazione come merci difettose, eccedenti le ordinazione, ritardi di consegna, ecc.; - sconti e abbuoni: occorre stimare l’importo degli sconti concessi ed effettuare un adeguato stanziamento. Gli sconti finanziari sono rilevati al momento dell’incasso; - interessi non maturati: gli interessi non maturati inclusi nel valore dei crediti non rappresentano ancora un’attività e pertanto vanno riscontati. - altre cause di minor realizzo. La principale causa di svalutazione concerne le perdite per inesigibilità. È, per questo, opportuno soffermarsi ulteriormente su questa problematica. Il valore nominale dei crediti deve, quindi, essere rettificato al fine di fare fronte alle richiamate perdite, tramite un fondo appositamente stanziato, quantificato in base al principio di competenza e capace di coprire: - le perdite per situazioni di inesigibilità già manifestatesi, - le perdite per altre inesigibilità non ancora manifestatesi ma temute o latenti. Applicare, in questo contesto, il principio della competenza significa considerare eventi verificatisi nel corso dell’esercizio che hanno palesato l’inesigibilità (certa o probabile) del credito. Se, per esempio, la società vanta un credito nei confronti di un’altra società fallita nel corso dell’esercizio o che è risultata fortemente insolvente, ci sono buone ragioni per svalutare il pertinente credito. In sostanza, le svalutazioni devono gravare sugli esercizi in cui le perdite si possono ragionevolmente prevedere. L’appostamento del fondo sarà, poi, utilizzato per coprire le perdite nel momento in cui l’inesigibilità sarà ritenuta definitiva, in base a considerazioni legali, fiscali o pratiche. Al fine di definire una misurazione tecnicamente corretta del fondo, il Principio contabile OIC 15 richiede i seguenti passaggi: - analisi dei singoli crediti e determinazione delle perdite presunte per ciascuna situazione di inesigibilità già manifestatasi; - stima, in base all'esperienza ed ad ogni altro elemento utile, delle ulteriori perdite che si presume si dovranno subire sui crediti in essere alla data di bilancio; - valutazione dell'andamento degli indici di anzianità dei crediti scaduti rispetto a quelli degli esercizi precedenti; - condizioni economiche generali, di settore e di rischio paese. 31 La prassi contabile dispone che in aggiunta o – in specifiche circostanze – in sostituzione possa essere adottato un procedimento sintetico di svalutazione, applicando determinate formule (ad esempio, una percentuale delle vendite del periodo o dei crediti). Tale impostazione deve, però, rappresentare l’eccezione e non la regola, vi siano le condizioni e sia possibile raggiungere il risultato che sarebbe stato raggiunto con un procedimento analitico. Si consideri, infine, che una corretta determinazione del valore di realizzo deve considerare contestualmente tutti i diversi fattori che possono portare a una rettifica del valore del credito. Potremmo avere, per esempio, un credito che viene rettificato a fronte di uno sconto e, contestualmente, di un’inesigibilità. 4.2 Attualizzazione I crediti infruttiferi, spesso di natura commerciale, con differimenti di pagamento piuttosto lunghi, sono in molti casi tali, poiché l’interesse previsto è incorporato nella determinazione del credito stesso. Se una società vende ad un’altra società un macchinario per €10.000 con pagamento entro 360gg significa che a fronte di una dilazione di pagamento talmente ampia corrisponderà al momento del pagamento un importo superiore all’effettivo valore del bene. La società che ha venduto, in sostanza, si è resa disponibile a tenere immobilizzato un determinato importo di denaro per ottenere alla data di scadenza del periodo di dilazione una “ricompensa” per il periodo di indisponibilità. Abbiamo, di fatto, un’operazione commerciale che cela anche un’operazione finanziaria. Il Principio contabile OIC 15 richiede, quindi, per dare una rappresentazione corretta dell’operazione che la componente finanziaria sia scorporata dall’importo rappresentativo dell’operazione commerciale. Occorre, a tale fine, determinare i proventi e gli oneri di competenza dell’esercizio, indipendentemente dalla data di incasso (art. 2423-bis, n. 3, c.c.); è necessario, perciò, determinare: - i crediti da attualizzare: si tratta di crediti a medio-lunga scadenza con interessi non espliciti o con interessi espliciti particolarmente bassi. Devono essere esclusi dal processo di attualizzazione i crediti originati nel corso della gestione normale con incasso previsto entro l’esercizio successivo, crediti che hanno un tasso d’interesse basso (per garanzie di terzi, specifiche norme di legge ovvero perché l’interesse attivo non è tassabile), acconti ed in generale gli ammontari che non richiedono restituzione in futuro in quanto vanno a fronte del prezzo di beni acquistati, ammontari che intendono rappresentare garanzie o cauzioni date all’altra parte di un contratto; 32 - il tasso di interesse da utilizzare: riferimento immediato al tasso di interesse di mercato prevalente per il finanziamento di crediti con dilazione ed altri termini e caratteristiche similari (se non è possibile, si deve fare riferimento ad un tasso realistico per l’impresa); il tasso è quello della data dell’operazione, del tempo in cui sorge il credito e l’impresa concede la dilazione di pagamento e non va modificato durante la durata del credito; - il periodo da attualizzare: l’interesse attivo deve essere riconosciuto sulla durata del credito e proporzionalmente al credito in essere. Esempio – Attualizzazione del credito La Società Partita cede un macchinario alla Società Doppia in data 01.01.x per un importo pari a €85.000 con pagamento da effettuare in data 31.12.x+1. Posto che: - il credito risulta da attualizzare; - il tasso di interesse da utilizzare è determinato pari al 2,5%; - il periodo da attualizzare è rappresentato dai 2 anni di dilazione concessi. Considerata la formula di attualizzazione Va = C/(1+i)t laddove: Va = valore attuale C = valore nominale del credito i = tasso di interesse t = tempo di attualizzazione avremo che il valore attuale del credito è pari a €85.000/(1+0,025)2 = €80.904 Perciò, nel bilancio dell’esercizio x dovremo iscrivere interessi finanziari impliciti pari a €80.904 x 2,5% = €2.023 e nel bilancio dell’esercizio x+1 iscriveremo interessi impliciti pari a (€80.904 + €2.023) x 2,5% = €2.073 Le pertinenti scritture contabili saranno al momento della vendita: Clienti a Merci c/vendite 85.000 33 Al momento della redazione del bilancio, dovremo rettificare l’importo dei ricavi “commerciali” per attribuirne una parte all’effetto “finanziario” Merci c/vendite a Interessi attivi 4.106 rinviando la quota parte degli interessi attivi dell’esercizio successivo Interessi attivi a Risconti passivi 2.073 5. Le operazioni di factoring Con il termine factoring solitamente si individuano le operazioni in cui un’impresa “commerciale” cede il credito (cedente) ad un’entità disposta ad acquistare il credito (cessionario o factor) a fronte di un esborso di liquidità. La normativa nazionale riconosce esplicitante le operazioni di cessione dei crediti. Art. 1260 Cedibilità dei crediti Il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito (1198) anche senza il consenso del debitore, purché il credito non abbia carattere strettamente personale o il trasferimento non sia vietato dalla legge (323, 447, 1823). Le parti possono escludere la cedibilità del credito; ma il patto non è opponibile al cessionario, se non si prova che egli lo conosceva al tempo della cessione. In tali operazioni i cedenti possono eventualmente garantire per la solvibilità del debitore 11. Sulla base delle disposizioni normative sopra riportate, la prassi contabile nazionale è solita distinguere tra “cessioni di credito pro soluto” e “cessioni di credito pro solvendo”. Tale classificazione si basa sempre sul passaggio o meno del rischio di insolvenza in capo al cessionario, ed in particolare: - le cessioni di credito pro soluto sono cessioni di credito in cui il rischio di regolamento del credito è ceduto definitivamente al Factor (senza obbligazione di regresso); 11 L’art. 1267 “Garanzia della solvenza del debitore” prevede, al riguardo, che: “Il cedente non risponde della solvenza del debitore, salvo che ne abbia assunto la garanzia (2255). In questo caso egli risponde nei limiti di quanto ha ricevuto, deve inoltre corrispondere gli interessi, rimborsare le spese della cessione e quelle che il cessionario abbia sopportate per escutere il debitore, e risarcire il danno. Ogni patto diretto ad aggravare la responsabilità del cedente è senza effetto (1421 e seguente). Quando il cedente ha garantito la solvenza del debitore, la garanzia cessa, se la mancata realizzazione del credito per insolvenza del debitore è dipesa da negligenza del cessionario nell'iniziare o nel proseguire le istanze contro il debitore stesso (1198). 34 - le cessioni di credito pro solvendo sono cessioni di credito in cui il rischio di regolamento del credito resta in capo al cedente (con obbligazione di regresso). Tale impostazione, pur essendo tipicamente nazionale, trova naturali corrispondenze con la prassi giuridica e contabile internazionale, laddove solitamente si parla di trasferimenti di crediti “with recourse” o “without recourse”. La prassi è solita dedicare un trattamento contabile differenziato alle due casistiche, adottando tecniche differenti a seconda che il rischio di credito resti in campo al cedente (vendor) o al factor. Non ci soffermiamo oltremodo sulla contabilizzazione delle operazioni in oggetto, in quanto già esaminate nella sezione inerente le scritture di contabilità. Ciò detto, è opportuno richiamare alcuni aspetti rilevanti ai fini della redazione del bilancio nonché aggiungere alcuni ulteriori, ma brevi, considerazioni. Con le operazioni di cessione dei crediti pro soluto, i crediti “fattorizzati”sono, in base a quanto previsto dai principi contabili nazionali, eliminati dal bilancio 12. Con le operazioni di cessione pro solvendo, il rischio resta formalmente e sostanzialmente in capo al cedente, il quale, in questa prospettiva, dovrà: - iscrivere gli eventuali rischi nel sistema minore dei rischi dei conti d’ordine; - fornire eventuali informazioni nella nota integrativa e in particolare illustrare i cosiddetti “accordi fuori bilancio”; - iscrivere, nel caso in cui vi siano le condizioni, un eventuale fondo rischi nel passivo patrimoniale13. I crediti ceduti formalmente, ma che mantengono un’obbligazione di regresso devono, anzitutto, essere considerati nella determinazione delle eventuali perdite per inesigibilità. È chiaro che la Società Pari, se ha ceduto alla Società Dispari un credito, ma continua a “rischiare” sull’insolvibilità del credito, deve rendere conto della perdita di competenza dell’esercizio. Il Principio contabile OIC 15 dispone, poi, che le cambiali attive (pagherò diretti, cambiali tratte accettate e non accettate), seppur abbiano una maggior negoziabilità e procedure più snelle, non presentano sostanziali differenze rispetto agli altri crediti e, per tale motivo, presentano un 12 Ciò nonostante, si deve rilevare che nella realtà è assai improbabile che il Factor non assuma anche solo in minima parte il rischio dell’operazione. Solitamente, le operazioni di factoring prevedono, infatti, clausole di mitigazione del rischio che, anche nel caso in cui l’operazione sia tecnicamente pro solvendo, mantengono parte del rischio in capo al cedente. 13 Si consideri che l’iscrizione di un eventuale fondo è alternativo alla movimentazione del pertinente sistema minore dei rischi, in base alla regola per la quale i conti d’ordine sono movimentati per rilevare accadimenti di gestione che non influiscono quantitativamente al momento della redazione del bilancio sul patrimonio e sul risultato economico, ma che potrebbero farlo in periodi futuri. 35 trattamento contabile analogo. Esse hanno normalmente una maggiore negoziabilità e più snelle procedure per il loro recupero. Le cambiali attive scontate o cedute a terzi non ancora incassate alla data di bilancio sono, in sostanza, trattate analogamente alla cessione dei crediti. Approfondimento: 6. I crediti da operazioni di compravendita con obbligo di retrocessione a termine Il trattamento contabile delle operazioni di compravendita con obbligo di retrocessione rappresenta uno dei più chiari esempi di applicazione del principio della prevalenza della sostanza sulla forma 14 . Le operazioni di compravendita con obbligo di retrocessione sono operazioni in cui l’accordo stipulato fra le parti indica: - il riacquisto da parte del venditore del bene venduto: (i) ad una data predeterminato; e, (ii) un prezzo stabilito; e - l’obbligo del riacquisto. In sintesi, quindi, l’art. 2424-bis, comma 5 del codice civile prevede che le attività oggetto di contratti di compravendita con obbligo di retrocessione a termine debbano essere iscritte nell’attivo patrimoniale del venditore “a pronti” 15. Occupiamoci adesso di cosa accade nel bilancio dell’acquirente “a pronti”. A tale proposito, l’OIC distingue tra: - operazioni di compravendita con obbligo di retrocessione che configurano un finanziamento; - operazioni di compravendita con obbligo di retrocessione che configurano un prestito. Nell’ipotesi di finanziamento (la più frequente e l’unica tipologia di operazione che esaminiamo), l’acquirente iscrive un importo pari alla somma corrisposta in sede di acquisto iniziale tra i crediti 14 A tale proposito, l’OIC 1 sostiene che la contabilizzazione richiesta dal codice civile riconosce che “non di vera e propria cessione si è trattato, ma di una temporanea perdita della titolarità del bene da parte del venditore”. Si veda: OIC, OIC 1, I Principali effetti della riforma del diritto societario sulla redazione del bilancio d’esercizio, §4. 15 In questo contesto, la controparte che cede il bene alla data dell’accordo per riacquisirlo ad una data futura è denominato il venditore “a pronti” e, perché, appunto, obbligato a riacquisire il medesimo bene a tale data futura acquirente “a termine”. Contestualmente colui che acquista alla data prevista dall’accordo per cedere il bene alla scadenza dello stesso è acquirente “a pronti” e venditore “a termine”. 36 dell’attivo patrimoniale, poi valutati secondo quanto previsto dal punto 8 dell’art. 2426 del codice civile. A fine esercizio deve essere rilevato un rateo attivo per la quota di competenza dei proventi finanziari pattuiti lungo la durata dell’accordo; di fatto, è inclusa nel computo del rateo la quota parte della remunerazione per il finanziamento concesso (pari alla differenza tra il prezzo di acquisto “a pronti” e il prezzo di vendita “a termine”). Esempio – Operazioni di compravendita con obbligo di retrocessione a termine che configurano un finanziamento A acquista da B un bene il 31 maggio 200X a 200 per rivenderlo a B il 1 giugno 200X+2 a 248. La differenza tra prezzo di acquisto e prezzo di vendita pari a 48 rappresenta la remunerazione per il finanziamento concesso; tale importo deve essere imputato in sede di redazione del bilancio di A per la quota parte come rateo attivo. Alla scadenza del periodo 200X, A rileverà, perciò, un rateo attivo pari a 10. In termini di scritture contabili, avremo quando A acquista il bene: Crediti a Cassa 200 mentre in sede di redazione del bilancio 200X , rileveremo: Ratei attivi a Interessi attivi 14 e in sede di redazione del bilancio 200X+1: Ratei attivi a Interessi attivi 24 Infine, alla termine dell’accordo (1 giugno 200X+2), procederemo a registrare il “rientro” del capitale prestato e completeremo la rilevazione inerente al prestito. Cassa a Diversi Crediti Interessi attivi Ratei attivi 248 200 10 38 37 7. Informazioni integrative La previsione di specifiche disposizioni dedicate alla contabilizzazione dei crediti comporta anche la richiesta di apposite informazioni in sede di nota integrativa, quali: - il principio di valutazione dei crediti ed i criteri di determinazione della rettifica per svalutazione crediti; - i movimenti dei crediti immobilizzati; - le variazioni nella consistenza dei crediti iscritti nell’attivo circolante; - l’entità dei crediti con scadenza oltre i 5 anni; - per i crediti incassabili oltre l'anno, se di ammontare particolarmente rilevante, il tasso d'interesse e le scadenze. Il Principio contabile OIC 15 aggiunge una serie di ulteriori richieste informative tra cui: - l’importo dei crediti verso consociate, soci e altre parti correlate; - per i crediti significativi non attualizzati, i motivi della mancata attualizzazione e l’effetto sul conto economico e sullo stato patrimoniale; - per i crediti per i quali permane un'obbligazione di regresso, se rilevante, l’importo dei crediti ceduti; - i crediti relativi ad operazioni che prevedono l’obbligo per l’acquirente di retrocessione a termine del bene; - eventuali ammontari, se significativi, di crediti in moneta estera; 38 DISPONIBILITÀ LIQUIDE Sommario: 1. Aspetti classificatori; 2. Rilevazione e valutazione; 3. Informazioni integrative 1. Aspetti classificatori Le disponibilità liquide sono composte, per espressa previsione dell'art. 2424 da: - depositi bancari e postali; - assegni; - denaro e valori in cassa. Per quanto concerne le definizioni, consideriamo quanto sostiene in tema il Principio contabile OIC 14, Disponibilità liquide (PC OIC 14, §A.I.a). I depositi bancari e postali sono rappresentati da disponibilità presso il sistema bancario o l'amministrazione postale, aventi il requisito di poter essere incassati a pronti o a breve termine. Gli assegni sono rappresentati da titoli di credito bancari (di conto corrente, circolari e simili) esigibili a vista, nazionali ed esteri. Il denaro e i valori in cassa sono, infine, rappresentati da moneta a corso legale nello Stato e valori bollati (in questi ultimi comprendendosi francobolli, marche da bollo, foglietti bollati, ecc.). Non rientrano in questa categoria le cambiali attive in portafoglio - assimilabili ai crediti - né i titoli di Stato a breve iscrivibili tra i titoli delle attività finanziarie iscrivibili nell’attivo circolante. Non sono considerabili disponibilità liquide né (i) i cosiddetti “fondi liquidi vincolati”, intesi come fondi non disponibili per un certo tempo o utilizzabili solo per specifici scopi (per esempio, i depositi bancari vincolati, i fondi tenuti a garanzia, i prestiti da utilizzare per scopi specifici) né (ii) i fondi non utilizzabili liberamente, in ragione di specifiche norme applicabili nella fattispecie. I fondi in oggetto devono, quindi, essere considerati: - immobilizzazioni finanziarie nel caso in cui il vincolo d’uso superi l’esercizio successivo; - attività circolanti nel caso in cui la disponibilità liquida vincolata può essere negoziata o comunque utilizzata nonostante il vincolo oppure il vincoli cessi nel corso dell’esercizio successivo a quello di riferimento del bilancio. I fondi disponibili all’estero che non possono essere rimpatriati a causa di restrizioni valutarie, ma che si prevede saranno utilizzati dalle filiali estere devono essere indicati nella nota integrativa e, se di importo particolarmente rilevante, in apposita voce dello stato patrimoniale. 39 2. Rilevazione e valutazione Non si ravvedono particolari problematiche concernenti la rilevazione delle disponibilità liquide, le quali rappresentano fondi realmente esistenti. Occorre, tuttavia, sottolineare che, in base a quanto previsto dalle norme generali: - i conti in oggetto devono tenere in considerazione i movimenti avvenuti entro la data di chiusura dell’esercizio; - è vietato effettuare compensazioni tra conti bancari attivi e passivi. Le norme codicistiche non prevedono alcunché in merito agli aspetti di valutazione delle disponibilità liquide; il Principio contabile OIC 14, in linea anche con le disposizioni tecniche contenute negli altri Principio, dispone che: - i depositi bancari, i depositi postali, gli assegni (di conto corrente, circolari e assimilati), costituendo di fatto crediti, sono valutati secondo il principio generale del presumibile valore di realizzo. Tale valore, normalmente coincide col valore nominale, mentre nelle rare situazioni di difficoltà di esigibilità, è esposto lo stimato valore netto di realizzo; - il denaro ed i valori bollati in cassa sono valutati al valore nominale; - le disponibilità in valuta estera sono valutate al cambio in vigore alla data di chiusura dell’esercizio. 3. Informazioni integrative Le principali informazioni da fornire nella nota integrativa sono le seguenti: - natura dei fondi liquidi vincolati e durata del vincolo; - conti cassa o conti bancari attivi all'estero che non possono essere trasferiti o utilizzati a causa di restrizioni valutarie del paese estero o per altre cause; - altre eventuali informazioni la cui conoscenza sia necessaria per la corretta comprensione delle voci riguardanti le disponibilità liquide; - utilizzo di eventuali sistemi di cash pooling e gli altri rapporti con le parti correlate. 40 RATEI E RISCONTI Sommario: 1. Premessa e aspetti definitori; 2. Valutazione; 3. Informazioni integrative 1. Premessa e aspetti definitori Il legislatore dedica la macro-classe D. dell’attivo patrimoniale ai ratei e ai risconti passivi e la macro-classe E) del passivo patrimoniale ai ratei e ai risconti passivi. Abbiamo già analizzato il funzionamento, la tecnica di contabilizzazione nonché le modalità di determinazione quantitativa dei ratei e dei risconti nella sezione del corso concernente la “contabilità”. Considerata poi la corrispondenza nell’esame delle poste attive e passive, esaminiamo contestualmente le poste dell’attivo e del passivo patrimoniale. Ci limitiamo, in sostanza, in questo contesto ad effettuare alcune brevi considerazioni di natura tecnico-contabile. Con riferimento agli aspetti definitori e identificativi, l’art. 2424 bis c.c., co. 6, precisa, in linea con la dottrina e la prassi allora prevalente, che: “Nella voce ratei e risconti attivi devono essere iscritti i proventi di competenza dell’esercizio esigibili in esercizi successivi, e i costi sostenuti entro la chiusura dell’esercizio ma di competenza di esercizi successivi. Nella voce ratei e risconti passivi devono essere iscritti i costi di competenza dell'esercizio esigibili in esercizi successivi e i proventi percepiti entro la chiusura dell'esercizio ma di competenza di esercizi successivi. Possono essere iscritte in tali voci soltanto quote di costi e proventi, comuni a due o più esercizi, l’entità dei quali varia in ragione del tempo”. I ratei e i risconti rappresentano un evidente esempio di applicazione del principio della competenza economica. In sintesi: - i ratei attivi rappresentano quote di proventi di competenza dell’esercizio la cui liquidazione avverrà in un esercizio successivo. In definitiva, i ratei attivi costituiscono crediti in moneta (per esempio, fitti attivi maturati nell’esercizio, che saranno riscossi al termine del periodo di locazione); - i risconti attivi rappresentano quote di costi sostenuti nell’esercizio, ma di competenza economica di uno o più esercizi successivi. In definitiva, i risconti attivi costituiscono crediti di servizi (per esempio, fitti passivi pagati anticipatamente nell’esercizio per l’utilizzo di un bene che avverrà in un esercizio successivo); - i ratei passivi rappresentano quote di costi di competenza dell’esercizio il cui sostenimento avverrà in un esercizio successivo. In definitiva, i ratei passivi costituiscono debiti in moneta 41 (per esempio, fitti passivi maturati nell’esercizio, che saranno regolati al termine del periodo di locazione); - i risconti passivi rappresentano quote di proventi realizzati nell’esercizio, ma di competenza economica di uno o più esercizi successivi. In definitiva, i risconti passivi costituiscono debiti di servizi (per esempio, fitti attivi riscossi anticipatamente nell’esercizio per l’utilizzo di un bene che avverrà in un esercizio successivo). È importante ribadire che la natura dei ratei e dei risconti a livello contabile è differente; infatti: - i ratei, rilevati per mezzo delle scritture di integrazione, sono valori numerari presunti; - i risconti, rilevati per mezzo delle scritture di rettifica, sono valori economici, in quanto rappresentano costi e ricavi sospesi. Si consideri, infine, ai fini espositivi che il legislatore ha sposato l’impostazione comunitaria (e, più precisamente, francese), per la quale è possibile rinvenire risconti e ratei “pluriennali”, mentre per la tradizione contabile nazionale ratei e risconti erano considerabili tali solo se riguardavano esclusivamente due periodi. 2. Valutazione Abbiamo assunto nella parte del corso inerente alla contabilità che ratei e risconti sono determinati su base temporale; in effetti, così è nella gran parte dei casi. Il Principio contabile OIC 18, Ratei e risconti, afferma al riguardo che “il periodo di competenza viene normalmente individuato computando i giorni decorrenti dall’inizio degli effetti economici fino alla data di chiusura dell’esercizio, e da questa data fino al termine degli effetti medesimi. In sostanza, il «tempo» considerato per la determinazione dell'entità del rateo e/o del risconto da iscrivere per competenza è essenzialmente di natura fisico-temporale (c.d. criterio del «tempo fisico»)”. La determinazione di ratei e risconti in base al criterio del tempo fisico può, tuttavia, risultare inadeguata nel caso in cui l’effettivo impiego o lo sfruttamento dei fattori non sia proporzionale e/ costante nel tempo; in tali circostanze la prassi contabile suggerisce di quantificare ratei e risconti in base al criterio del cosiddetto “tempo economico”. Pensate al caso di una società che prende in locazione un macchinario per il periodo 1 luglio 200X - 30 giugno 200X+1 con pagamento di un canone annuo posticipato. Poniamo che la società per problemi tecnici possa utilizzare il bene solo a partire dal 1° novembre 200X. In sede di determinazione del rateo passivo di competenza del periodo 200X, l’applicazione del criterio del tempo fisico comporterebbe l’imputazione di 6/12 del 42 canone all’esercizio 200X, mentre l’adozione del criterio del tempo economico prevedrebbe l’imputazione di una quota pari a 2/8 del canone annuo 16. In effetti, l’adozione del criterio del tempo economico comporta delle complessità aggiuntive, ma nelle circostanze come quella sopra delineata, riesce ad essere maggiormente conforme con il principio della correlazione fra costi e ricavi. Infine, è opportuno ricordare che il legislatore prevede specificamente che nell’esposizione in bilancio dei ratei e dei risconti attivi e passivi debba essere data separata indicazione dei disaggi e degli aggi sui prestiti. I disaggi rappresentano costi finanziari anticipati come gli aggi costituiscono proventi finanziari anticipati. I disaggi e gli aggi sono legati - come abbiamo già visto esaminando le scritture contabili delle obbligazioni - all’emanazione dei titoli di debito sotto o sopra la pari. Una società che emette, per esempio, un titolo di debito sotto la pari dovrà iscrivere il pertinente disaggio (differenza tra valore nominale e denaro incassato) tra i risconti attivi (pluriennali), dandone, come richiesto, separata evidenza. In tale circostanza, il codice civile dispone che “il disaggio sui prestiti deve essere iscritto nell'attivo e ammortizzato in ogni esercizio per il periodo di durata del prestito” (art 2426, comma 1, numero 7). Gli aggi su prestiti sono un provento finanziario anticipato e costituiscono evidentemente, con le specifiche sopra illustrate, risconti passivi pluriennali. 4. Informazioni integrative La nota integrativa deve fornire, con riferimento a ratei e risconti, le seguenti informazioni: - la composizione delle voci, se significative, ratei e risconti attivi e ratei e risconti passivi; - i criteri applicati nella valutazione e nella conversione dei valori non espressi in moneta di conto; - la distinzione dei ratei e risconti aventi durata inferiore o superiore a cinque anni; - le altre informazioni, se pertinenti, richieste dai documenti sui crediti e sui debiti. 16 In sostanza, il costo del canone annuo deve essere ripartito per l’arco temporale per cui il bene viene effettivamente utilizzato, ossia per 8 mesi (novembre 200X – giugno 200X+1). 43