rimanenze di magazzino e lavori in corso su ordinazione rimanenze

RIMANENZE DI MAGAZZINO E LAVORI IN CORSO SU ORDINAZIONE
Matteo Pozzoli
Premessa: La presente dispensa è specificamente indirizzata agli studenti del corso di
“Contabilità e Bilancio” per i percorsi MII e MIT dell’Università degli Studi di Napoli
“Parthenope”
RIMANENZE DI MAGAZZINO1
Sommario: 1. Inquadramento della problematica; 2. Definizione, individuazione e
classificazione; La determinazione del costo; 4. Tecniche di determinazione del valore delle
rimanenze; 5. Valore di realizzazione desunto dall’andamento del mercato; 6. Determinazione
dei valori fiscali
1. Inquadramento della problematica
Le rimanenze sono una posta da seguire con grande attenzione, in ragione del fatto che qualsiasi
impresa in condizioni di normale funzionamento – indipendentemente dal settore in cui opera e
dall’attività svolta – risulta solitamente in possesso di rimanenze alla data di riferimento del
bilancio. Occorre, perciò, considerare adeguatamente le principali prassi concernenti la
contabilizzazione di tali voci imprescindibile così da poter redigere un bilancio veritiero e
tecnicamente corretto.
In sostanza, le rimanenze costituiscono una combinazione di fattori produttivi presenti in cicli
economici che, non essendo terminati alla data di chiusura, abbracciano esercizi contigui.
Per quanto rileva gli aspetti contabili, occorre evidenziare che la disciplina giuscontabile appare
consolidata da tempo, mentre gli orientamenti professionali sono sempre più propensi a recepire
l’impostazione della migliore prassi internazionale, identificata solitamente con i principi contabili
internazionali emanati dallo IASB.
Il presente contributo è finalizzato ad analizzare le principali problematiche analizzate
dall’Organismo Italiano della Contabilità (Oic) nell’Oic 13. Rimanenze di magazzino, rivisto a
seguito della riforma del diritto societario.
1
La sezione della presente dispensa dedicata alla contabilizzazione delle rimanenze di magazzino è tratta da: M.
Pozzoli, Rimanenze di magazzino: OIC 13, Guida alla Contabilità e Bilancio, Milano, Il Sole24Ore-Frizzera, n.
24/2007, pp. 56-61.
1
2. Definizione, individuazione e classificazione
Il legislatore civilistico non fornisce una vera e propria definizione di cosa debba intendersi per
rimanenze; l’Oic 13 definisce le rimanenze come “beni destinati alla vendita o che concorrono alla
loro produzione nella normale attività d’impresa.” (Oic 13, §A).
A livello classificatorio, si ricorda che le rimanenze costituiscono la macroclasse C) dell’attivo
patrimoniale. Il codice civile fornisce, inoltre, una classificazione delle rimanenze in classi che
rappresenta un buon punto di riferimento anche ai fini valutativi.
Tabella 1 - Classificazione rimanenze effettuata dal codice civile (Codice civile , art. 2424)
1.
2.
3.
4.
5.
Materie prime, sussidiarie e di consumo
Prodotti in corso di lavorazione e semilavorati
Lavori in corso su ordinazione
Prodotti finiti e merci
Acconti
Brevemente, si evidenzia che le materie prime rappresentano i materiali destinati ad entrare nel
ciclo produttivo dell’impresa (il cuoio per la produzione delle scarpe, la calce per la produzione
delle case, ecc.).
Le materie sussidiarie sono beni che concorrono solo indirettamente al processo produttivo (il
colorante per la produzione di abiti, i chiodi per la costruzione delle case, ecc.)
Le materie di consumo costituiscono beni che entrano nel processo produttivo per essere consumati
con la produzione dello stesso (colla, pezzi di ricambio, energia elettrica, ecc.).
I prodotti in corso di lavorazione sono beni che costituiscono parte del processo produttivo e che
alla data di chiusura non hanno completato il proprio ciclo.
I semilavorati costituiscono beni che si trovano in stadi intermedi di produzione, ma che – a
differenza dei prodotti in corso di lavorazione – hanno già una propria identità e, conseguentemente,
un mercato di riferimento (i tergicristalli per la fabbricazione di autovetture, i bottoni per la
produzione di giacche, ecc.).
I prodotti finiti rappresentano beni che hanno concluso il proprio ciclo produttivo e che sono in
attesa di essere ceduti.
Le merci sono prodotti acquisiti e rivenduti nelle medesime condizioni, senza che l’impresa
intervenga per modificarne natura o consistenza.
Si deve rilevare che la classificazione di un bene come attività circolante anziché come
immobilizzazione varia in relazione alla destinazione attribuita dal management al bene stesso. Un
immobile può rappresentare per un’impresa immobiliare o edile una rimanenza, ma per un negozio
di abbigliamento una immobilizzazione.
2
Anche se il principio della sostanza sulla forma sembra essere stato formalmente riconosciuto dalla
normativa nazionale (seppur sotto le mentite spoglie del principio della “funzione dell’elemento
economico dell’attivo e del passivo considerato”), il momento dell’iscrizione in bilancio (o della
cancellazione) viene normalmente identificato con il passaggio di proprietà dello stesso. Questo si
considera avvenuto:
-
con la spedizione o la consegna, per i beni mobili;
-
con le modalità contrattuali dell’acquisto, il passaggio sostanziale dei rischi e la data di
compravendita, per i beni immobilizzati.
A tale proposito, si ricorda che l’impresa è tenuta a iscrivere in bilancio i beni di proprietà anche se
presso terzi e, al contrario, a non iscrivere i beni di terzi mantenuti in conto deposito presso
l’impresa. Tali movimentazioni dovranno essere evidenziate e illustrate in base a quanto previsto
dai conti d’ordine e dal sistema degli impegni 2.
Dovranno essere indicati in bilancio i beni di proprietà non ancora posseduti, perché ancora oggetto
di consegna.
3. La determinazione del costo
Il sistema contabile nazionale risulta articolato fortemente sul costo storico ed anche le rimanenze
sono fondamentalmente valutate, fatta eccezione quando previsto diversamente, su tale principio.
Il costo storico è identificato in sede di iniziale iscrizione con il costo di acquisto o di produzione.
Tale costo rappresenta l’insieme dei costi necessari per ottenere la proprietà del bene nella sua
attuale locazione e condizione.
Il costo di acquisto è rappresentato dal prezzo d’acquisto a cui vanno sommati gli oneri accessori,
quali i costi di trasporto, di imballaggio, dogana, ecc. Sono solitamente esclusi, a differenza di
quanto esplicitamente previsto per le immobilizzazioni, gli oneri finanziari.
Il costo di produzione include tutti i costi di fabbricazione; questi sono suddivisi dal Principio
contabile in base alla inerenza degli stessi al processo di produzione dei beni e alla conseguente
metodologia di imputazione degli stessi in: costi diretti e indiretti.
In linea di massima, i costi diretti rappresentano spese attribuibili esclusivamente alla produzione
dei beni oggetto di valutazione, mentre i costi indiretti costituiscono spese generali che necessitano
di un processo di ripartizione atto ad attribuirli al valore dei beni per la quota ragionevole delle
spese riferita alla produzione dei beni medesimi.
2
Si veda: Oic, Oic 22, Conti d’ordine.
3
Tabella 2 - Classificazione costi diretti e indiretti (Oic 13, §D.IIIe)
Costi diretti
a) Costo materiali utilizzati, ivi inclusi i trasporti
su acquisti (materiale diretto).
Costi indiretti o spese generali di produzione o
industriali
a) Stipendi, salari e relativi oneri afferenti la
mano d'opera indiretta ed il personale tecnico di
b) Costo della mano d'opera diretta, inclusivo stabilimento.
degli oneri accessori.
c) Semilavorati.
b) Ammortamenti economico-tecnici dei cespiti
destinati alla produzione.
d) Imballaggi.
c) Manutenzioni e riparazioni.
e) Costi relativi a licenze di produzione.
d) Materiali di consumo.
e) Altre spese effettivamente sostenute per la
lavorazione
di
prodotti
(gas
metano,
acqua,
manutenzione esterna, servizi di vigilanza, ecc.).
Non esiste una regola generale o generalmente accettata per quantificare la ripartizione delle spese
generali; solitamente, tuttavia, tali oneri sono imputati in base a percentuali prefissate basate su un
previsto volume di spese relative ad un normale livello di produzione, inteso come risultato medio
del procedo produttivo desunto dalle precedenti serie storiche o determinato in base ai budget.
I parametri previsti per la distribuzione delle spese generali variano in relazione al bene in oggetto e
può fare riferimento a:
-
le ore dirette di mano d'opera;
-
il costo della mano d'opera diretta;
-
le ore macchina;
-
le percentuali di assorbimento per reparto o gruppi di reparti.
L’Oic 13 si sofferma, poi, su una serie di oneri che sono ritenuti non capitalizzabili nel valore delle
rimanenze.
Tabella 3 - Costi normalmente esclusi dal valore delle rimanenze
Costi anomali o superiori al livello standard di capacità produttiva
Spese generali ed amministrative
Spese di vendita
Spese di ricerca e sviluppo
Oneri finanziari (fatta eccezione per il caso in cui tali oneri fanno riferimento a specifiche voci che
richiedono un processo produttivo di vari anni)
4
I costi anomali (sprechi, costi dovuti a impianti e macchinari inattivi) o ritenuti superiori al livello
standard di capacità produttiva sono imputati al conto economico dell’esercizio in cui hanno avuto
la propria manifestazione economica.
Le spese generali ed amministrative non possono essere incluse nel valore delle rimanenze, in
quanto fanno riferimento a funzioni comuni dell’impresa nella sua interezza e, per questo,
dovrebbero essere sostenute indipendentemente dall’acquisizione delle rimanenze medesime.
Similmente le spese di vendita si riferiscono all'attività distributiva dell'impresa e pertanto per
definizione non sono costi inventariabili ai fini della valutazione delle rimanenze.
Le spese di ricerca e sviluppo non sono ritenute imputabili al valore delle rimanenze poiché non
sono associabili alle rimanenze presenti in magazzino alla data in cui predette spese sono state
sostenute; non vi è in sostanza diretta correlazione tra spese di ricerca e sviluppo sostenute e valore
delle rimanenze iscritte.
Il Principio contabile prevede che gli oneri finanziari – come precedentemente accennato - siano
imputati al conto economico dell’esercizio in cui sono stati sostenuti; tale convinzione è motivata
dal Principio contabile nazionale in considerazione che:
-
gli oneri finanziari sono costi di natura ricorrente ed è difficile individuare gli oneri
finanziari specificamente sostenuti per l’acquisizione delle rimanenze;
-
l’utilizzo dell’indebitamento in luogo dell’utilizzo del capitale proprio potrebbe costituire
una scelta del management che comporta maggiori costi (interessi passivi) a fronte di una
maggiore disponibilità del capitale.
L’unica circostanza in cui risulta sostenibile includere il costo degli oneri finanziari nelle rimanenze
si ha nel momento in cui gli oneri sostenuti ineriscono a specifiche voci che richiedono un processo
produttivo di vari anni per la commercializzazione delle stesse (per esempio, brandy, vino, ecc).
4. Tecniche di determinazione del valore delle rimanenze
Una volta identificato il costo a cui inizialmente iscrivere le rimanenze, è necessario definire la
valutazione del magazzino.
A tale fine, si ricorda che il Codice Civile dispone che: “Le rimanenze di magazzino devono essere
valutate al minore tra il costo storico ed il valore di mercato” (Codice civile, art. 2426).
Per quanto concerne la determinazione del costo, occorre da subito distinguere tra:
-
beni non fungibili (ossia non intercambiabili); e
-
beni fungibili (ossia intercambiabili).
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I primi (per esempio, gli immobili per le imprese edili, gli yacht per le imprese di costruzione
barche, ecc.) possono essere iscritti in bilancio solo per mezzo di una specifica identificazione del
costo, in quanto risultano beni unici non assimilabili ad altre realtà.
I secondi – a causa dell’elevato numero delle rimanenze, dell’entità delle stesse e della velocità di
rotazione – possono essere iscritti (per singola voce di magazzino) tramite le seguenti tecniche
presuntive di determinazione specificamente riconosciuti dal legislatore:
-
First In, First Out (FIFO), il quale assume che gli acquisti più remoti sono i primi ad essere
dismessi, con la conseguenza che il magazzino è composto dai beni più recenti. Tale metodo
ha il pregio di rispecchiare in condizioni di normalità il ciclo di funzionamento del processo
economico nonché di contrapporre ai costi più recenti i ricavi più recenti.
-
Last In, First Out (LIFO), il quale assume che gli acquisti più recenti sono i primi ad essere
dimessi, con la conseguenza che il magazzino è composto dai beni più remoti. La tecnica in
oggetto appare significativa in periodi di prezzi ascendenti, contrapponendo i costi di
acquisizione più recenti con i ricavi derivanti dalle vendite di esercizio. Ne origina, tuttavia,
che – a livello patrimoniale – il valore del magazzino risulta sottostimato. Per tale motivo, il
Principio contabile dispone che, qualora sia utilizzato tale criterio, la nota integrativa riporti
il valore delle rimanenze di magazzino al minore tra i costi correnti e il valore di mercato
(Oic 13, §D.Iv.d);
-
Costo medio ponderato, il quale assume che le merci non sono singolarmente identificabili e
fanno parte di un insieme di beni egualmente disponibili. Il criterio in parola livella i costi
dei singoli beni poiché definisce una media tra il complesso dei valori entrati in magazzino
nell’esercizio in corso.
I metodi sopra considerati possono essere applicati:
a) per movimento, in base alla quale i valori sono determinati con flussi continui subito
dopo ogni acquisto; oppure
b) per periodo, in base alla quale il costo medio ponderato viene riferito ad un
determinato periodo.
La scelta della tecnica di valutazione per determinare il costo delle rimanenze deve essere ben
ponderata perché le differenze valutative possono essere assai significative.
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Esempio: Alfa è un’impresa che produce felpe.
Si assume di adottare una tecnica di valutazione basata sui flussi avvenuti nei singoli mesi.
Nel gennaio 20X7 Alfa acquista 1000 felpe dal grossista Beta per rivenderle al dettaglio, pagandole
€50.000.
Nel febbraio del medesimo anno Alfa acquista altre 500 felpe per €28.000 e uno stesso quantitativo
di felpe viene acquisito a marzo per €27.500.
Ad aprile, Alfa vende 800 felpe per un importo di € 50.000 e ne compra 400 per €18.000.
A ottobre, Alfa vende altre 800 felpe per €48.000 e ne compra 300 per €15.000.
Infine a novembre, sono vendute 500 felpe per €30.000 e comperate altre 200 felpe per €.8000.
La situazione è schematizzata dalla seguente tabella.
Data acquisto
Quantità
Prezzo commessa
Prezzo unitario di Prezzo
acquisto
Gennaio
1000
50.000
50
Febbraio
500
28.000
56
Marzo
500
27.500
55
Aprile
(800)
Aprile
400
18.000
45
Ottobre
(800)
Ottobre
300
15.000
50
Novembre
(500)
Novembre
200
8.000
40
unitario
di vendita
Se viene utilizzato – considerato che tutti i prezzi sono espressi in unità di euro - il metodo FIFO al
31 dicembre avremo che:
50.000 + 28.000 +27.500 – 40.000 + 18.000 – (10.000 + 28.000 + 5.500) + 15.000 – (22.000 +
4.500) + 8.000 = 36.500 valore rimanenze finali calcolato con il metodo FIFO
Se viene utilizzato il metodo LIFO avremo che:
50.000 + 28.000 + 27.500 – (27.500 + 16.800) + 18.000 – (18.000 + 11.200 + 10.000) + 15.000 –
(15.000 + 10.000) + 8.000 = 38.000 valore rimanenze finali calcolato con il metodo LIFO
Se viene utilizzato il metodo del costo medio ponderato:
50.000 + 28.000 + 27.500 + 18.000 + 15.000 + 8.000 = 146.500 costo complessivo delle merci
acquistate nel corso dell’esercizio
7
146.500/2.900 = 50,52 prezzo medio di acquisto
2.100 x 50,52 = 106.086 costo complessivo delle merci cedute nel corso dell’esercizio
146.500 – 106.086 = 40.414 valore rimanenze finali calcolato con il metodo del costo medio
ponderato
5. Valore di realizzazione desunto dall’andamento del mercato
Si deve ricordare che il legislatore dispone che le rimanenze siano iscritte, laddove inferiore, al
valore di mercato.
A questo fine, l’Oic prevede che in linea generale per valore di mercato debba intendersi:
-
il costo di sostituzione, inteso come “il costo con il quale in normali condizioni di gestione
una determinata voce in magazzino può essere riacquistata o riprodotta”, per le materie
prime e sussidiarie e semilavorati (parti o componenti) d'acquisto, che partecipano alla
fabbricazione di prodotti finiti. Tale valore si calcola su acquisti di quantità normali
effettuate in normali circostanze;
-
il valore netto di realizzo definito come “il prezzo di vendita nel corso della normale
gestione” al netto dei costi di completamento e delle presumibili spese dirette di vendita, per
le merci, i prodotti finiti, semilavorati di produzione e prodotti in corso di lavorazione. (Oic
13, D.VI.b).
La seguente tabella riporta i riferimenti di carattere generale previste dal Principio contabile per
identificare il valore di mercato delle rimanenze.
Figura 1 - Valutazione delle rimanenze ai valori di mercato
Materie prime, sussidiarie e
semilavorati (parti o componenti)
d’acquisto che partecipano alla
fabbricazione dei prodotti finiti
Costo di
sostituzione
Prodotti finiti, merci ed altre
giacenze destinate alla vendita
Semilavorati (parti o componenti di
produzione), prodotti in corso di
lavorazione
Valore netto
di realizzo
8
Vi possono essere, in aggiunta, talune circostanze in cui è necessario apportare specifiche modifiche
alle sopra menzionate disposizioni di carattere generale, quali:
-
il minor costo di sostituzione delle materie prime e sussidiarie e dei semilavorati (parti o
componenti) d'acquisto non può essere recuperato per mezzo del valore netto di realizzo del
prodotto finito di cui entrano a far parte. In tali casi si rende necessario utilizzare il valore
netto di realizzo anche per questi materiali;
-
si ha una situazione di prezzi decrescenti. La valutazione delle rimanenze destinate alla
vendita effettuata con il metodo LIFO pone una particolare problematica nel definire il
valore di mercato. In tali casi deve essere utilizzato il costo di sostituzione per la
determinazione del valore di mercato delle merci e dei prodotti finiti. Ancora l’Oic prevede
che, qualora il valore netto di realizzo al netto del normale margine di profitto sia superiore
al costo di sostituzione, ed entrambi tali valori siano inferiori al valore contabile, in assenza
di riduzioni dei prezzi di vendita, è consentito utilizzare il valore netto di realizzo;
-
il costo di sostituzione è inferiore al costo storico, ma quantità normali di materie prime e
sussidiarie e di semilavorati d'acquisto presentano un valore netto di realizzo uguale o
superiore al loro costo storico. Qualora la possibilità del loro realizzo sia oggettivamente
documentabile e verificabile, tali materiali non devono essere svalutati (fatta eccezione per il
caso in cui questi siano determinati con il metodo LIFO in presenza di prezzi decrescenti);
-
il valore di mercato per le materie prime, sussidiarie e semilavorati (parti o componenti)
d'acquisto di lento movimento od obsoleti è rappresentato dal valore netto di realizzo.
In linea generale, laddove il valore netto di realizzo dei prodotti finiti o delle merci acquistate per la
rivendita sia particolarmente fluttuante, il costo di sostituzione può essere il livello di
approssimazione più utile per indicare il valore netto di realizzo.
6. Determinazione dei valori fiscali
Il legislatore fiscale ha ritenuto opportuno prevedere una disciplina particolareggiata per la
determinazione dei valori riconosciuti ai fini fiscali.
Le disposizioni di seguito brevemente commentate – si ricorda – acquisiscono rilevanza ai soli fini
fiscali e, se non risultano appropriate per rappresentare fedelmente il valore economico delle
rimanenze possedute, non sono applicate per la redazione del bilancio civilistico.
L’art. 92 del Testo Unico delle Imposte sul reddito assume che “Le variazioni delle rimanenze finali
[...] rispetto alle esistenze iniziali, concorrono a formare il reddito dell'esercizio.”.
9
In questa prospettiva, le rimanenze finali di beni intercambiabili partecipano al reddito per un
importo non inferiore a quello che si ottiene raggruppando i beni in categorie omogenee per natura e
per valore e attribuendo a ciascun gruppo un valore non inferiore a quello determinato secondo le
disposizioni previste dal legislatore medesimo.
La norma tributaria distingue, poi, tra:
-
rimanenze finali iscritte per la prima volta in bilancio, valutate al costo medio ponderato;
-
rimanenze finali iscritte negli esercizi successivi, valutate al LIFO a scatti annuali.
È, poi, specificato che le imprese che valutano in bilancio le rimanenze finali con il metodo della
media ponderata o del FIFO, le rimanenze finali sono assunte per il valore che risulta
dall'applicazione del metodo adottato.
Esempio: L’impresa Alfa di cui all’esempio precedente aveva nell’esercizio X iscritto 800 giubbotti
con un costo medio ponderato annuale pari a 120. Il valore complessivo delle rimanenze finali è
pari a (800 x €120) €96.000.
A fine esercizio successivo (X+1) presenta 1.000 capi in magazzino; Alfa assumerà il valore delle
rimanenze iniziali delle felpe come valore fiscale della quantità di felpe corrispondente alla quantità
di felpe possedute ad inizio esercizio (800 capi), mentre la quantità eccedente (200) è determinata in
base al costo medio ponderato annuale dell’esercizio pari a €130. Le rimanenze finali sono, perciò,
pari a [(€96.000 + (200 x €130)] €122.000.
Nell’esercizio X+2, Alfa rileva una quantità di rimanenze finali di 700 giubbotti con una
diminuzione di 300 capi rispetto ad inizio esercizio.
In base alle disposizioni del TUIR, il valore delle rimanenze finali di X+2, sarà dato
dall’eliminazione del valore delle rimanenze acquisite nell’esercizio X+1 (pari a 200 giubbotti) e di
100 giubbotti acquisiti nell’esercizio X. Avremo, perciò, che il valore delle rimanenze finali ai fini
fiscali sarà pari a [€122.000 – (200 x €130) – (100 x €120)] €84.000.
In ultimo, se in un esercizio il valore unitario medio dei beni risulta superiore al valore normale
medio di essi nell'ultimo mese dell'esercizio, il valore minimo è determinato moltiplicando l'intera
quantità dei beni (indipendentemente dall'esercizio di formazione) per il valore normale.
Per valore normale si deve intendere – in conformità a quanto contenuto nell’art. 9, comma 3 del
TUIR in base al quale “per valore normale […] si intende il prezzo o corrispettivo mediamente
praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al
medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati
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acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o
prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. Per la determinazione del valore
normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i
beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe
professionali, tenendo conto degli sconti d’uso".
Per le valute estere si assume come valore normale il valore al cambio esistente alla data di chiusura
dell'esercizio.
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LAVORI IN CORSO SU ORDINAZIONE3
Sommario: 1. Premessa e inquadramento della problematica; 2. Elementi definitori; 3.
Rilevazione e criteri di contabilizzazione; 4. Il criterio della percentuale di completamento; 5.
Il criterio della commessa completata; 6. Ulteriori problematiche; 7. Considerazioni
1. Premessa e inquadramento della problematica
La problematica del trattamento contabile dei lavori in corso di ordinazione necessita di alcune
preliminari precisazioni sugli aspetti tecnico-contabili di riferimento nonché sul disposto normativo
da cui l’Oic 23, Lavori in corso su ordinazione, è stato sviluppato.
Per quanto concerne gli aspetti di inquadramento tecnico-contabile, è opportuno rilevare che il
principio base su cui si sviluppano parte delle considerazioni del Documento in parola (e prima
ancora del testo normativo) trovano la loro ragione di essere nel postulato della competenza
economica in base alla quale, come noto, i fatti, gli eventi e le operazioni devono essere rilevati in
bilancio alla loro manifestazione economica piuttosto che alla loro manifestazione monetaria. Tale
principio ha quale importante corollario (almeno per le imprese) la correlazione dei costi e dei
ricavi, il quale dispone che il conto economico deve includere nel bilancio i ricavi correlati ai
pertinenti costi. È importante ancora aggiungere che svolge un importante ruolo nella
contabilizzazione dei lavori in corso su ordinazione il principio della prevalenza della sostanza sulla
forma, introdotto, come già detto, in modo imperfetto e incompleto nella legislazione nazionale per
mezzo del già menzionato principio della “funzione economica relativa all’elemento dell’attivo o
del passivo considerato” (art. 2423-bis, comma 1).
Allo stesso tempo, non si deve dimenticare che un importante ostacolo all’applicazione completa
della competenza economica è rappresentato dal principio della prudenza, per il quale in bilancio
devono essere iscritti tutti i costi anche potenziali di competenza dell’esercizio, mentre i ricavi non
possono essere iscritti se non effettivamente realizzati.
Principio della competenza economica (nonché corollario della correlazione tra costi e ricavi) e
principio della prudenza trovano nella contabilizzazione dei lavori in corso su ordinazione ampio
terreno di scontro! Il problema principale, infatti, consta nel rilevare (soprattutto pluriennali) i ricavi
di competenza dell’esercizio delle commesse, in quanto solitamente il pagamento (o la grande parte
di esso) avviene alla consegna dell’opera.
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La sezione della presente dispensa dedicata alla contabilizzazione dei lavori in corso su ordinazione è tratta da: M.
Pozzoli, Lavori in corso su ordinazione, Guida alla Contabilità e Bilancio, Milano, Il Sole24Ore-Frizzera, n. 2/2008, pp.
44-51.
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Per quanto rileva l’incipit legislativo da cui prende corpo il documento stesso, basti, per adesso,
ricordare che il punto 11 dell'art. 2426 – introdotto dal Dlgs 127/1991 tramite l’implementazione di
una delle più rilevanti novità della IV Direttiva - dispone che “i lavori in corso su ordinazione
possono essere iscritti sulla base dei corrispettivi contrattuali maturati con ragionevole certezza”.
2. Elementi definitori
Il primo aspetto considerato dall’Oic concerne l’esame di cosa debba intendersi per “lavoro in corso
su ordinazione”; esso dovrebbe presentare sostanzialmente le seguenti principali caratteristiche:
-
Oggetto: esistenza di una commessa, ossia di un contratto tramite cui un soggetto
(committente o appaltante) affida a un soggetto terzo (appaltatore) la realizzazione di un
progetto;
-
Durata: normalmente pluriennale;
-
Finalità: costruzione e realizzazione di un’opera o di una fornitura di beni (o servizi) che nel
loro complesso siano parte del medesimo progetto;
-
Esecuzione: in base all’ordinazione delle richieste del committente e secondo le specifiche
tecniche da questo richieste.
Si rileva che gli accordi di commessa non sono accordi “tipizzati” ma definiti (secondo e in linea
con) le norme del diritto positivo.
I lavori in corso su ordinazione sono normalmente suddivisi – in base alla natura del contratto – in:
-
contratti a prezzi predeterminati, i quali prevedono (fatta eccezione per gli eventuali
adeguamenti concordati dalle parti nel corso del lavoro o resisi necessari, come
l’adeguamento ex lege di cui all’art. 1664, c.c.) la consegna del lavoro sulla base di un
prezzo fisso predeterminato o di prezzi fissi delle singole voci di lavoro predeterminati;
-
contratti con prezzo basato sul costo consuntivo più il margine, nei quali il committente si
impegna a rimborsare l’appaltatore per i costi sostenuti ad aggiungere a tali costi un
recupero solitamente fissato sulla base percentuale dei costi medesimi (con le condizioni
previste contrattualmente) e di un importo fisso.
In ottica comparativa, sembra giusto evidenziare che l’Oic 23 risulta completamente in linea (anche
se tale classificazione è squisitamente illustrativa e non prescrittiva) con il contenuto dello IAS 11,
Lavori in corso su ordinazione (Costruction contracts).
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Il principio contabile nazionale si discosta, invece, dall’omologo documento dello Iasb per quanto
riguarda l’ambito di applicazione: mentre, infatti, l’Oic distingue nella propria trattazione tra
commesse “a lungo termine”, ossia solitamente pluriennali e commesse “a breve termine”, lo Iasb
non effettua alcuna distinzione, riferendo le proprie disposizioni indistintamente a tutte le
commesse. Tale discrasia origina anche atteggiamenti diversi in ambito di determinazione dei criteri
di contabilizzazione adottati 4.
3. Rilevazione e criteri di contabilizzazione
La problematica più urgente in materia di rilevazione e contabilizzazione delle commesse consta,
come accennato, nel rilevare i ricavi nell’esercizio in cui questi hanno avuto effettiva
manifestazione, considerato che spesso tali commesse presentano costi negli anni di “produzione”
della commessa e ricavi solo al momento del suo completamento o a partire da tale momento.
A tale riguardo, come si avrà modo di rilevare in più circostanze, è indispensabile che l’impresa
appaltatrice (e in particolare l’amministrazione di questa) si doti di un sistema di rilevazione
analitico dei rispettivi ricavi di commessa, intesi come i corrispettivi riconosciuti per l’esecuzione
dell’opera, e costi di commessa, intesi sia come costi sostenuti direttamente (costi diretti), sia come
costi riferibili all’attività aziendale ma imputabili ragionevolmente e attendibilmente alla commessa
(costi indiretti).
L’Oic presenta un’elencazione di cosa solitamente debba essere considerato costo e ricavo di
commessa; tale elencazione (di seguito riportata) deve essere evidentemente considerata
esemplificativa e non esaustiva, in ragione anche della molteplicità di circostanze che tali situazioni
presentano.
Tabella 1 - Elencazione esemplificativa ricavi e costi di commessa (Oic 11, §D.II e D.III)
Ricavi di commessa
Costi di commessa
— il prezzo base stabilito contrattualmente;
Costi diretti:
— le eventuali rettifiche di prezzo pattuite con
— i costi dei materiali utilizzati per la
atti aggiuntivi;
realizzazione dell'opera;
— le maggiorazioni per revisione prezzi;
— i costi della manodopera (nel caso di opere
realizzate in uno specifico cantiere, tali costi
— i corrispettivi per opere e prestazioni
aggiuntive (es: varianti);
includono tutta la manodopera di cantiere,
— i corrispettivi aggiuntivi conseguenti ad
incluso il personale direttivo e quello
addetto ai servizi generali);
eventi i cui effetti siano contrattualmente o
per legge a carico del committente;
— i costi dei subappaltatori;
— le spese del trasferimento di impianti e di
— gli altri proventi accessori (quali quelli
derivanti dalla vendita dei materiali non
attrezzature al cantiere;
— i costi per l'impianto e lo smobilizzo del
impiegati, ecc.).
4
In questo senso, si veda: Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e Ragionieri/Commissione per i principi
contabili, Guida all’applicazione dello IAS 11 “Lavori su ordinazione”, p. 6.
14
cantiere;
— gli ammortamenti ed i noli dei macchinari
impiegati;
— le royalties per brevetti utilizzati per l'opera;
— i costi per fidejussioni e assicurazioni
specifiche;
— i costi di progettazione (se riferibili
direttamente alla commessa).
Costi indiretti:
— i costi di progettazione (se tali costi si
riferiscono all'intera attività produttiva o
sono attribuibili a più commesse);
— i costi generali di produzione o industriali,
cui si applicano i principi riportati nel
paragrafo D.III.g del Principio contabile 13
relativo alle giacenze di magazzino.
I due criteri di contabilizzazione ammessi dalla legislazione nazionale sono:
-
Il criterio della percentuale di completamento o dello stato d'avanzamento;
-
Il criterio della commessa completata o del contratto completato.
Figura 1 - Criteri di contabilizzazione dei lavori in corso su ordinazione previsti dall’Oic 11
Criteri di contabilizzatone
ammessi
criterio della percentuale di
completamento o dello stato
d'avanzamento
criterio della commessa
completata o del contratto
completato
Entrambi i criteri menzionati sono nei termini di legge ammissibili.
Tuttavia, l’Oic esprime la propria preferenza per il criterio della percentuale di completamento,
ritenuto in grado di dare una migliore rappresentazione corretta dell’andamento della commessa
nonché dei ricavi e dei costi di commessa.
Tale preferenza appare più evidente se riferita a commesse ultrannuali; le imprese, infatti, adottando
il criterio della commessa completata per contabilizzare queste commesse, rischierebbero di
contabilizzare i ricavi delle commesse con ampio ritardo rispetto al sostenimento dei costi che
hanno generato i ricavi medesimi (per esempio, nel caso in cui i pagamenti siano effettuati
prevalentemente una volta terminata la commessa medesima).
15
A questo riguardo, si evidenzia che l’Oic ritiene in queste circostanze ammissibile adottare il
criterio della commessa completata (e non poteva fare altrimenti, considerato che il legislatore
nazionale non ne vieta l’adozione), purché in nota integrativa siano prodotti pro forma gli effetti sul
conto economico e sul patrimonio che si sarebbero venuti a creare applicando il criterio della
percentuale di completamento
Il criterio della commessa completata è ritenuto meno fuorviante nel caso in cui sia applicato a
commessa a breve termine, poiché, in tale circostanza, il “ritardo” della contabilizzazione dei ricavi
rispetto ai pertinenti costi è limitato.
4. Il criterio della percentuale di completamento
Affinché, tuttavia, il criterio della percentuale di completamento sia applicabile, occorre che siano
soddisfatte talune condizioni (si veda tabella sotto riportata).
Tabella 2 - Condizioni che rendono possibile l’adozione del criterio della percentuale di
completamento (Oic 23, §C.I)
-
presenza di un accordo vincolante per le parti che definisca in modo chiaro le obbligazioni,
quali il diritto al corrispettivo da parte dell’esecutore dell’opera;
-
possibilità di stabilire che l’attività svolta sia coerente con le caratteristiche tecniche del
progetto;
-
attendibilità delle stime concernenti i ricavi e i costi di commessa in base allo stato
d'avanzamento, in correlazione a stime dei ricavi e dei costi della commessa da sostenere;
-
possibilità di misurare attendibilmente costi e ricavi riferibili all’esercizio; e
-
mancanza di aleatorietà sulle condizioni contrattuali/tecniche o sui fattori esterni che risultino in
grado di rendere dubbie e inattendibili le stime presentate.
Le principali accortezze tecniche che l’impresa deve mantenere concernono la determinazione dei
costi e dei ricavi di commessa; questi sono determinati in relazione allo stato di avanzamento dei
lavori (SAL), il quale nella sostanza dovrebbe evidenziare il “valore” dei lavori eseguiti sino alla
data di riferimento del bilancio.
Giova, in aggiunta, evidenziare che, indipendentemente dal metodo specifico prescelto per
determinare l’avanzamento dei lavori, esistono elementi comuni da tenere in considerazione, quali:
-
il costante monitoraggio del SAL, per mezzo soprattutto della coerenza tra percentuali di
completamento stimate e consuntivate; qualora gli indicatori prodotti (nel periodo e/o
totali) non risultino in linea con le stime iniziali, sarà necessario rivedere le stime e le
conseguenti percentuali di completamento;
16
-
laddove siano previste modifiche al progetto iniziale, sarà opportuno tenere in
considerazione tali rettifiche per aggiornare i dati e le percentuali previste;
-
la applicabilità del parametro adottato con la situazione presentata. Il principio della
coerenza richiede che debbano essere applicati i medesimi principi contabili e metodi
applicativi da un esercizio ad un altro. Tale impostazione può essere controvertita nel
solo caso (eccezionale) in cui, vi sia evidenza che l’adozione del criterio e del metodo è
inadeguata e non adatta a fornire una rappresentazione veritiera e corretta della
situazione;
-
gli eventuali acconti e anticipi potrebbero non fare riferimento all’attività effettivamente
svolta nell’esercizio; se così fosse, questi devono essere rilevati fra le passività o portati
a diminuzione dell’ammontare complessivo del lavoro.
Non esistono previsioni giuridiche atte a definire quale sia la tecnica migliore in assoluto. L’Oic,
quindi, in relazione alle prassi prevalenti nel settore distingue tra:
-
metodi basati sul valore o dati di carico, quali: metodo del costo sostenuto (cost-to-cost);
e, metodo delle ore lavorate;
-
metodi basati sulla misurazione della produzione effettuata, quali: (i) metodo delle unità
consegnate; e, (ii) metodo delle misurazioni fisiche.
Non esiste un metodo “preferito” in assoluto, anche in ragione del fatto che qualsiasi circostanza
dovrebbe essere analizzata separatamente. Tuttavia, l’Oic ritiene che il metodo del costo sostenuto
(“cost to cost”) sia, in condizioni normali, quello preferibile e, inoltre, il metodo che dovrebbe
essere adottato per verificare l’adeguatezza dei metodi basati sulla misurazione della produzione
effettuata, i quali potrebbero portare in condizioni particolari a risultati anche assai difformi.
Procediamo adesso ad esaminare in sintesi le caratteristiche principali dei metodi maggiormente
adottati con l’ausilio di una breve esemplificazione.
17
Figura 2 - Metodi per la determinazione dello stato avanzamento lavori
Metodi per la
determinazione del lo
SAL
Metodi basati sulla
misurazione della
produzione effettuata
Metodi basati sul valore
o dati di carico
Metodo del costo
sostenuto
Metodi delle ore
lavorate
Metodo delle unità
consegnate
Metodo delle
misurazioni fisiche
Metodo del cost to cost
Il metodo del cost to cost è il più utilizzato nella pratica; esso richiede: (i) l’esistenza di un sistema
interno che rilevi – ed anche ribalti nel caso di oneri solo indirettamente imputabili - i costi alle
singole commesse; e, (ii) la possibilità di formulare le stime necessarie per determinare il SAL.
Il metodo del costo to cost si sostanzia nei seguenti passaggi:
-
determinazione costi effettivi sostenuti;
-
raffronto costi effettivi sostenuti con costi totali stimati;
-
determinazione del valore della produzione realizzata per mezzo dell’applicazione della
percentuale desunta ai ricavi totali stimati.
Per ottenere una corretta applicazione del metodo in parola, è necessario escludere i costi che
possono portare ad una visione distorta dell’operazione, quali i costi sostenuti per attività ancora da
eseguire. Per esempio, se l’impresa appaltatrice Alfa acquista 100tonnellate di cemento per avere un
particolare sconto, e, al termine dell’esercizio, ha utilizzate solo 40tonnellate, nella determinazione
del SAL dovremo tener conto del cemento utilizzato (40 tonnellate) e non di quello acquisito.
Per la medesima motivazione, dovranno essere esclusi gli anticipi concessi a subappaltatori riferiti a
lavori da eseguire negli esercizi futuri.
Esempio
L’impresa Beta vince una gara concernente la costruzione di un ponte per 6.000. L’opera deve
essere consegnata entro 3 anni.
Beta produce un proprio piano tramite cui ha previsto costi complessivi pari a 4.000 nonché la
seguente ripartizione dei costi stimati lungo il periodo previsto:
18
Costi
X
X+1
X+2
2.500
500
1.000
X + X+1
3.000
X + X+1 + X+2
4.000
I costi sostenuti nell’esercizio X sono imputabili in parte all’acquisto di materiali che saranno
utilizzati solo nell’esercizio X+1 quantificabili in 500. A fronte di quanto sopra previsto, Beta
dovrebbe rilevare il primo anno un avanzamento del 50%, il secondo un avanzamento complessivo
del 75% e il terzo il completamento dell’opera (100%).
I corrispettivi ricavi saranno:
Ricavi
X
X+1
X+2
3.000
1.500
1.500
X + X+1
4.500
X + X+1 + X+2
6.000
Il margine della commessa maturato nei singoli periodi è dato dalla variazione tra i ricavi della
commessa e i corrispondenti costi della commessa dell’esercizio, perciò nel primo anno il margine
sarà pari a 1000 (3.000 – 2.000), nel secondo pari a 500 (1.500 – 1.000) e nel terzo pari a 500
(1.500 – 1.000).
Ne risulta che il bilancio dell’esercizio X (e stessa cosa avverrà per gli esercizi X+1 e X+2 con i
pertinenti valori), una volta presentate le relative scritture d’assestamento, inclusa la
capitalizzazione dei lavori in corso su ordinazione (Lavori in corso su ordinazione finali a Conto
economico 3.000), presenterà una struttura similare a quella di seguito riportata. Si evidenzia che
nell’esempio le rimanenze non utilizzate rappresentative di materie prime (pari a 500) sono state
imputate nel corso dell’esercizio tramite le scritture a libro giornale insieme agli altri costi della
produzione e, quindi, “sospese” nell’attivo patrimoniale (Materie prime finali a Conto economico
500)
19
Stato patrimoniale
Conto economico
A) Valore delle produzione
…
…
…
C) Attivo circolante
3. Variazione dei lavori in corso
1. materie prime,
su ordinazione 3.000
sussidiarie e di
consumo 500
…
D) Debiti 2.500
3. Lavori in corso
su ordinazione 3.000
B) Costi della produzione
…
B6) Per materie prime, sussidiarie, di
consumo e merci 2.000
Metodo delle ore lavorate
L’avanzamento del lavoro è, in questo caso, misurato con riferimento al numero delle ore lavorate
rispetto al numero complessivo delle ore totali previste. Il metodo in oggetto può essere rilevante
laddove la componente lavoro risulti particolarmente rilevante; il metodo in parola richiede i
seguenti calcoli:
-
la suddivisione dei ricavi totali previsti in: (i) costi previsti dei materiali e altri costi
diretti, quali assicurazioni, royalties, esclusa la mano d'opera; e, (ii) valore aggiunto
complessivo, per il residuo;
-
la previsione delle ore dirette di lavorazione necessarie per il completamento delle opere
ed il calcolo del valore aggiunto orario (quale quoziente del valore aggiunto complessivo
e delle ore totali previste);
-
la valutazione delle opere in corso di esecuzione ad una certa data, quale somma di: (i) i
costi effettivi dei materiali impiegati nelle lavorazioni e degli altri costi diretti sostenuti,
esclusa la mano d'opera; e, il valore aggiunto maturato, determinato moltiplicando le ore
dirette effettivamente lavorate per il valore aggiunto orario.
Considerato l’ambito “normale” di utilizzo del metodo, occorre prestare particolare attenzione
all’imputazione delle ore lavorate. L’Oic dispone che anche che i lavori affidati esternamente siano
contabilizzati:
-
come ore interne dell'impresa; o
20
-
assimilate ai costi dei materiali ed altri costi diretti; in questa seconda circostanza
(ritenuta più praticabile) è necessario poter prevedere attendibilmente sin dal l'inizio
della commessa quale parte di lavoro sarà affidata a terzi.
Metodo delle unità consegnate
Può risultare utile nella determinazione delle commesse focalizzate nella fornitura di serie di
prodotti uguali od omogenei con ricavi e costi marginali sostanzialmente identici, quali, per
esempio, tappi di bottiglia, agende, ed altri accessori.
I prodotti in corso di lavorazione o finiti ma non consegnati sono valutati al costo di produzione e
sono quindi classificati come rimanenze di magazzino.
Metodo delle misurazioni fisiche
Il metodo è, talvolta, adottato dalle imprese di costruzioni, qualora il SAL sia rilevato
periodicamente in contraddittorio per la determinazione delle fatturazioni.
Questo consta nella rilevazione delle quantità prodotte e presuppone la previsione (o in alternativa
la determinabilità) di un prezzo per le singole unità prodotte.
5. Il criterio della commessa completata
Se l’impresa opta per l’adozione del criterio della commessa completata, la commessa deve essere
valutata come un lavoro in corso ed essere, per questo, iscritta al minore tra costo e mercato 5.
Come si evince dalla denominazione stessa, i ricavi sono rilevati solo quando le opere sono
effettivamente ultimate e consegnate. Nei lavoro in corso su ordinazione, la consegna è solitamente
identificata, a seconda dell’opera e degli accordi contrattuali, dalla spedizione o dall’accettazione
del bene da parte del committente 6.
6. Ulteriori problematiche
L’Oic analizza le modalità con cui contabilizzare una serie di ulteriori costi ed oneri che si possono
verificare nel corso della vita di una commessa e che potrebbero dare luogo ad alcuni dubbi
5
Si veda: Oic, Oic13, Le rimanenze di magazzino.
L’Oic dispone che, affinché il lavoro in corso possa essere ritenuto consegnato, occorre che si verifichino le seguenti
condizioni: “1.la costruzione del bene sia stata completata ed il bene accettato dal committente6;
2. i collaudi siano stati effettuati con esito positivo;
3. eventuali costi da sostenere dopo il completamento siano di entità non significativa e siano comunque stanziati;
4. gli eventuali effetti relativi a situazioni d'incertezza connessi con tali commesse, ancora presenti nonostante la
costruzione sia stata completata, possano essere stimati con ragionevolezza e sia possibile effettuare per essi appropriati
ii,alistanziamenti.”. Si veda Oic, Oic 23, cap. E.I.b.
6
21
concernenti la loro imputazione o classificazione; di seguito, forniamo una breve analisi di alcuni
significativi casi considerati:
-
Costi per l'acquisizione della commessa. Fanno riferimento agli studi, ricerche, oneri per
partecipazione gare, ed altri costi sostenuti per l’acquisizione della commessa. Questi
devono essere imputati al conto economico dell’esercizio in cui gli stessi sono sostenuti,
poiché rappresentano costi di natura ricorrente sostenuti nel normale svolgimento
dell’attività aziendale. Tuttavia, se sostenuti specificamente per una commessa e
l'assegnazione della commessa avviene nello stesso esercizio (od è sostanzialmente certa
alla data di chiusura), e il costo è recuperabile dal margine di commessa, tali costi
possono essere contabilizzati come costi pre-operativi.
-
Costi pre-operativi. Sono i costi sostenuti dopo la definizione del contratto, ma prima
che sia posta in essere l’attività necessaria per svolgere l’attività di costruzione, quali
costi di progettazione, impianto e organizzazione del cantiere, ecc.
Se l'impresa adotta il criterio della percentuale di completamento, i costi pre-operativi
devono essere contabilizzati tra le immobilizzazioni immateriali (normalmente tra le
“B.I.7) Immobilizzazioni Immateriali — Altre”) ed ammortizzati negli esercizi
successivi in funzione dell'avanzamento dei lavori determinato con le modalità previste
per l'applicazione del criterio della percentuale di completamento.
Se l'impresa adotta il criterio della commessa completata, i costi pre-operativi vanno
rilevati con gli stessi criteri con cui si rilevano i costi sostenuti per l'esecuzione delle
opere.
-
Oneri sostenuti dopo la chiusura della commessa. Devono essere, tra gli altri, annoverati
in questa categoria i costi di smobilizzo del cantiere, i costi per il collaudo delle opere
eseguite, gli oneri per penalità contrattuali, gli oneri per la manutenzione successiva
delle opere, gli oneri per garanzie contrattuali. I pertinenti stanziamenti devono esser
rilevati tra i “Fondi per rischi ed oneri”. Se, quindi, è adottato un criterio basato sul
valore di carico, tali costi devono essere inclusi tra quelli della commessa ed i relativi
stanziamenti devono incidere sul risultato della stessa. Qualora, invece, sia utilizzato il
criterio delle misurazioni fisiche o altri similari, gli stanziamenti devono essere effettuati
progressivamente in funzione dell'avanzamento della commessa;
-
Oneri finanziari. Devono essere imputati, indipendentemente dal criterio adottato,
direttamente al conto economico al momento in cui maturano o sono sostenuti, sia che
22
venga adottato il criterio della percentuale di completamento sia che venga applicato il
criterio della commessa completata 7.
7. Considerazioni
L’Oic 23 è un documento che analizza con analiticità le caratteristiche e le diverse circostanze che
si possono verificare nella rappresentazione contabile dei lavori in corso su ordinazione.
A questo riguardo, si deve rilevare che il criterio della percentuale ci completamento è sicuramente
preferibile (soprattutto per le commesse pluriennali) rispetto alla commessa completata.
Tale impostazione è confermata dal fatto che anche lo Iasb nella revisione del menzionato Ias 11
(1994) ha eliminato il criterio della commessa completata, rendendolo applicabile solo in via
residuale, ossia nel caso in cui lo SAL non sia quantificabile con attendibilità.
La disciplina fiscale medesima, pur prevedendo talune regole ad hoc (per esempio, sui corrispettivi
pattuiti e i rischi contrattuali), accettano il criterio della percentuale di completamento, ritenendolo
il principio base per la valutazione delle commesse ultrannuali (Tuir, art. 93, comma 2). Non è
questa la sede per esaminare i riflessi fiscali derivanti dalla predisposizione di lavori in corso su
ordinazione, ma basti considerare che il Tuir richiede di suddividere “le opere, le forniture e i
servizi” in base alla loro presunta durata in:
-
opere, forniture e servizi con tempo di esecuzione non superiore all’anno (365 giorni) e a
cavallo di due esercizi; e
-
opere, forniture e servizi con tempo di esecuzione ultrannuale,
laddove i primi sono disciplinati alla stregua delle normali rimanenze (Tuir, art. 92, comma 6), ossia
con riferimento al costo sostenuto nell’esercizio, mentre i secondi sono valutati ai fini fiscali sulla
base dei corrispettivi pattuiti o al costo.
7
Tuttavia, l’Oic – con specifico riferimento alla contabilizzazione delle commesse col criterio della commessa
completata. dispone che” Se viene seguito il criterio della commessa completata, è accettabile imputare ai costi di
commessa, includendoli nel valore (al costo) delle rimanenze, gli interessi passivi sui capitali presi a prestito
specificatamente per la commessa e per essa effettivamente utilizzati in aggiunta agli anticipi ed acconti ricevuti dal
committente, purché sussistano le seguenti condizioni:
1. trattasi di commesse con tempi di realizzazione eccedenti i dodici mesi;
2. l'impresa non riceva anticipi ed acconti di entità tale da evitare squilibri rilevanti nei flussi finanziari e quindi la
quota non finanziata dal committente è rilevante;
3. l'impresa disponga di un sistema amministrativo che consenta di seguire i flussi finanziari relativi ad ogni singola
commessa;
4. l'impresa sia in grado di effettuare un'attendibile previsione dei capitali che verranno effettivamente presi a
prestito specificatamente per l'esecuzione della commessa, tenuto conto degli anticipi e degli acconti ricevuti dal
committente;
5. gli interessi su tali capitali siano recuperabili con i ricavi della commessa e ciò sia comprovabile con un
preventivo di commessa che ne tenga conto.”. Si veda: Oic, Oic 23, Lavori in corso su ordinazione, cap. L.II.
23
CREDITI, DISPONIBILITA’ LIQUIDE, RATEI E RISCONTI
CREDITI
Sommario: 1. Inquadramento della tematica e aspetti definitori; 2. Classificazione; 3.
Rilevazione; 4: Valutazione; 4.1 Il valore presumibile di realizzazione; 4.2 Attualizzazione. 5
Le operazioni di factoring. 6. I crediti da operazioni di compravendita con obbligo di
retrocessione a termine; 7. Informazioni integrative
1. Inquadramento della tematica e aspetti definitori
È difficile, se non impossibile, che un’impresa in continuità operativa non presenti alla data di
chiusura dell’esercizio crediti. Questi, infatti, originano naturalmente dall’effettuare operazioni
commerciali, finanziarie o da eventi ed operazioni di altro tipo.
Un bilancio può essere, in via del tutto astratta, privo di crediti quando l’impresa effettua tutte le
operazioni in contanti oppure nel caso in cui alla data di riferimento del bilancio tutti i crediti siano
stati regolati dai debitori.
I crediti costituiscono il diritto acquisito da un’impresa ad esigere ad una scadenza predefinita un
determinato ammontare da clienti o da altri.
La problematica concernente i crediti sarà esaminata in modo autonomo dalla macro-classe in cui
questi sono stati inclusi, poiché i criteri di rilevazione, valutazione e informativa sono i medesimi
indipendentemente da dove questi sono imputati. In definitiva, cambia, a secondo della
classificazione, la sola modalità di appostamento in bilancio!
È bene puntualizzare che non esamineremo in questo contesto, se non per completezza espositiva, la
problematica relativa ai “crediti verso soci per versamenti ancora dovuti” già precedentemente
considerata (si vedano le dispense “La costituzione d’impresa e le altre operazioni di capitale” e
“Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti e Immobilizzazioni materiali”).
In aggiunta, non si prenderanno in considerazione i crediti originati da operazioni in valuta estera,
per le quali sono previste specifiche disposizioni normative.
I riferimenti tecnici essenziali che guideranno la seguente esposizione sono, oltre alle principali
impostazioni dottrinali, i Principi contabili nazionali e, in questo specifico caso, il Principio
contabile OIC 15, I crediti.
24
2. Classificazione
Nella classificazione dei crediti hanno, in linea generale, rilevanza i seguenti fattori :
- origine: (i) crediti sorti in relazione a ricavi (per esempio, i crediti verso clienti) derivanti da
operazioni di gestione caratteristica; (ii) crediti sorti per prestiti e finanziamenti concessi
(questi differiscono dai crediti commerciali per non essere connessi a ricavi, bensì ad
operazioni che hanno ad oggetto direttamente somme di denaro); o (iii) crediti sorti per altre
motivazioni (per esempio, crediti derivanti da operazioni di gestione non caratteristica, crediti
verso dipendenti per anticipi su competenze di futura liquidazione, crediti verso l'erario,
crediti verso istituti di assicurazione per gli indennizzi, depositi cauzionali, ecc.).
L’indicazione dell’origine economica dei crediti fornisce utili informazioni sulle modalità con
cui la società genera crediti e, quindi, si suppone entrate di cassa;
- natura del debitore: crediti verso clienti, consociate 8, controllanti, soci, altri. La natura del
debitore è funzionale all’esposizione dei crediti medesimi in bilancio. I crediti vantati nei
confronti dei clienti sono “normali” crediti operativi, identificano una posizione pendente
originata dall’attività commerciale e servono a misurare lo stato di salute dell’attività
caratteristica della struttura aziendale. Essi, peraltro, esprimono valori di mercato e, laddove
ciò non si verificasse, riescono a spiegare i rapporti di forza dei soggetti coinvolti
nell’operazione. I crediti verso altre società del gruppo o parti correlate possono essere, al
contrario, “viziati” dai legami tra le parti coinvolte, talvolta non esprimono valori di mercato
e, per tali motivi, necessitano di una diversa informativa di bilancio;
- scadenza: crediti esigibili entro l’esercizio successivo e oltre l’esercizio successivo. Tale
evidenziazione contribuisce a illustrare la posizione finanziaria della società; la presenza di
crediti destinati a divenire moneta nel breve termine indica che la società dovrebbe fruire di
liquidità in un futuro molto prossimo. La presenza di liquidità evidenzia la capacità della
società di far fronte ad impegni di breve periodo o se, al contrario, la società dovrà fare
ricorso a “mezzi di terzi” per regolare le obbligazioni contratte.
La successiva figura sintetizza i criteri di classificazione che rilevano per la rappresentazione dei
crediti.
8
Si consideri che la stesura del Principio contabile OIC 15 è antecedente all’emanazione del d.lgs 173/2008 che ha
introdotto l’informativa sulle operazioni con le parti correlate (art. 2427, p.to 22-bis, c.c.), di cui parleremo quando ci
imbatteremo nella sezione dedicata alla nota integrativa. Ciò detto, il Principio contabile OIC 15 dispone che “Per
consociate si devono intendere, ai fini qui discussi, non solo le imprese controllanti, controllate e collegate ai sensi
dell'art. 2359 Cod. Civ., ma anche le imprese che si trovano sotto comune controllo” (PC OIC 15, §A).
25
Figura 1 - Criteri di classificazione
Criteri di
classificazione
dei crediti
Origine
Natura del
debitore
Scadenza
Lo schema di stato patrimoniale del codice civile prevede che debbano essere evidenziati con
riferimento ai crediti i seguenti importi:
A - Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti, con separata indicazione della parte già
richiamata;
B.III - Immobilizzazioni finanziarie, con separata indicazione, per ciascuna voce dei crediti,
degli importi esigibili entro l'esercizio successivo:
2) crediti:
a) verso imprese controllate;
b) verso imprese collegate;
c) verso controllanti;
d) verso altri.
C.II - Attivo circolante. Crediti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi
esigibili
oltre l'esercizio successivo:
1) verso clienti;
2) verso imprese controllate;
3) verso imprese collegate;
4) verso controllanti;
4-bis) crediti tributari;
4-ter) imposte anticipate;
5) verso altri.
Il legislatore ha previsto, quindi, che i crediti siano classificati, in base alla loro destinazione, in
immobilizzazioni e attivo circolante 9. A questo riguardo, rileva che anche i crediti sottendono alla
9
Le modalità di classificazione esposte non son evidentemente le uniche possibili, bensì quelle più adatte e conformi
allo sviluppo della pertinente disciplina nazionale. Caratozzolo “propone”, per esempio, anche le seguenti
classificazioni:
- crediti pecuniari e crediti in natura;
- crediti di sicuro esito, crediti di esito dubbio e crediti inesigibili;
- crediti certi nell’esistenza e nell’importo, crediti incerti nell’esistenza o nell’importo;
- crediti fruttiferi e crediti infruttiferi;
- crediti a breve termine, crediti a medio termine e crediti a lungo termine;
- crediti cambiari e crediti non cambiari;
- crediti assistiti da garanzie reali o da privilegi e crediti non garantiti.
Si veda: M. Caratozzolo, Il bilancio d’esercizio, Milano, Giuffré, 2008, p. 440.
26
regola per la quale “gli elementi destinati ad essere utilizzati durevolmente devono essere iscritti tra
le immobilizzazioni” (art. 2424-bis, c.c.).
Nelle immobilizzazioni sono, perciò, iscritti principalmente i crediti che hanno natura finanziaria
(per esempio, crediti derivanti da finanziamenti concessi, depositi cauzionali, acconti per acquisto
di immobilizzazioni finanziarie), mentre nell’attivo circolante sono allocati principalmente i crediti
originati da operazioni di natura commerciale (per esempio, crediti verso clienti documentati da
fatture, cambiali attive, crediti verso società di factoring, crediti per interessi di mora). In termini
aziendalistici, nelle immobilizzazioni, troviamo i crediti di finanziamento, mentre nei crediti
dell’attivo circolante iscriviamo i crediti di finanziamento (si veda Figura 2).
In sostanza se una controllante effettua un prestito in denaro ad una controllata, il pertinente credito
sarà rilevato tra le immobilizzazioni finanziarie (più precisamente, sottovoce BIII.2.a) ); se, però, la
controllante vende un bene ad una controllata, il pertinente eventuale credito sarà iscritto nell’attivo
circolante (più precisamente alla voce CII2).
Tale impostazione trova riscontro anche nell’ulteriore indicazione del legislatore, per la quale
devono essere separatamente esposti, per ciascuna voce dei crediti iscritti tra le immobilizzazioni
finanziarie gli importi esigibili entro l’esercizio successivo, mentre per ciascuna voce dei crediti
iscritti nell’attivo circolante, gli importi esigibili oltre l’esercizio successivo.
Figura 2 – Imputazione dei crediti in bilancio
Crediti di
finanziamento
Crediti di
funzionamento
Immobilizzazioni
finanziarie
Attività
circolanti
In linea teorica, tuttavia, non è impossibile che un credito commerciale possa essere iscritto tra le
immobilizzazioni (ad esempio, un credito derivante dalla vendita di un bene ad un cliente con un
27
pagamento estremamente lungo potrà essere iscritto nella sottovoce BIII.2.d)
10
, così come un
credito finanziario verso una collegata potrà essere imputato alla voce C.II3).
Il Principio contabile OIC 15 ritiene necessario prevedere per l’esposizione della sottovoce BIII2d)
e della voce CII5 “Crediti verso altri” un’ulteriore sotto-classificazione per i crediti verso altre
consociate. Ovviamente, in ossequio ai principi generali di bilancio, tale ripartizione – che, si ripete,
è prevista dai principi contabili nazionali e non dalla legge – deve essere effettuata nel momento in
cui gli importi rappresentativi dei crediti verso consociate sono “rilevanti”. La seguente tabella
illustra la pertinente integrazione di bilancio ritenuta necessaria dai principi contabili nazionali.
Si consideri, infine, che le voci C4-bis) Crediti tributari;C4-ter, Imposte anticipate sono state
introdotte nell’attivo patrimoniale per mezzo della riforma organica del diritto societario.
I crediti tributari identificano la specifica tipologia di crediti vantati nei confronti dell’erario; questi,
qualora significativi, dovrebbero essere separatamente esposti nella nota integrativa.
L’inserimento della voce dedicata alle imposte anticipate rientra nella decisione del legislatore della
riforma di riconoscere formalmente la “fiscalità differita”; come avremo meglio modo di
considerare in seguito, non rappresentano propriamente crediti, poiché non rappresentano un diritto
ad esigere un importo ad una data predeterminata. Essi identificano, più propriamente, un bonus
concernente una minore imposizione fiscale futura.
Tabella 1 – Esposizione della posta “Crediti verso altri”
Classificazione dei “crediti verso altri” Integrazione prevista per i “crediti verso
nella normativa civilistica
B.III
2) crediti:
…
d) verso altri.
C.II:
…
5) verso altri
altri” nel Principio contabile OIC 15
B.III
2) crediti:
…
d) verso altri:
verso altre consociate;
verso altri debitori
C.II:
…
5) verso altri
verso altre consociate;
verso altri debitori
10
In questa specifica fattispecie, tuttavia, è indubbio che l’operazione possa incorporare una componente finanziaria. A
questo fine, si rinvia a quanto detto in merito all’attualizzazione dei crediti al paragrafo 4.2.
28
3. Rilevazione
I crediti a breve termine che derivano da ricavi sono iscrivibili nel bilancio solo se sono maturati i
relativi ricavi, ovvero se:
- il processo produttivo dei beni ovvero dei servizi è stato completato; e
- lo scambio è avvenuto:
-
in caso di vendita di beni quando si è verificato il trasferimento del titolo di
proprietà, ossia: (i) per i beni mobili: data di spedizione o di consegna, secondo le
modalità contrattuali dell’acquisto ed in base al trasferimento dei rischi dal punto di
vista sostanziale; e (ii) per i beni immobili e per i beni mobili per i quali è richiesto
l’atto pubblico: data di stipula del contratto di compravendita (per i servizi quando la
prestazione è effettuata);
-
in caso di prestazioni di servizi, quando il servizio è reso.
Avete già avuto modo di considerare più volte nell’analisi delle scritture contabili che la rilevazione
dei crediti derivanti da “normali” operazioni commerciali avviene al momento dell’emissione della
fattura. Non ci sono problemi se il periodo in cui avviene l’operazione coincide con il periodo in cui
la fattura viene emessa. Qualora per un qualsiasi motivo, però, il periodo in cui il bene è stato
ceduto o la prestazione è stata effettuata non coincidesse con il periodo in cui la fattura è stata
emessa, in sede di scritture di assestamento - rectius di integrazione – dovremo procedere a
movimentare, in ossequio al principio della competenza, il conto “crediti per fatture da emettere”.
In queste specifiche circostanze, quindi, la mancanza della fattura non giustifica la non indicazione
in bilancio del pertinente credito.
I crediti che si manifestano in seguito a ragioni diverse dai ricavi si iscrivono in bilancio solo se
sussiste un valido “titolo al credito” (PC OIC 15, par. A).
29
Figura 3 - La rilevazione dei crediti
Crediti
originati da
ricavi
Prestazione di
servizi
Vendita di beni
la rilevazione avviene
nel caso di vendita
di beni
Il processo
produttivo è
completato
Il titolo di
proprietà è
stato trasferito
e
Lo scambio è
avvenuto
nel caso di
prestazioni di servizi
Il servizio è
reso, ossia la
prestazione è
effettuata
- per i beni mobili: data di spedizione o
di consegna
- per i beni immobili (e per i beni mobili
che richiedono un atto pubblico per il
trasferimento di proprietà): data di
stipula del contratto di compravendita
Gli importi rilevanti di debiti (e crediti) verso propri debitori devono essere classificati tra le
passività di bilancio, salvo non vi sia effettiva possibilità di compensazione da un punto di vista
legale (artt. 1241 e segg. e 1253 e segg., c.c.). Sono, pertanto, vietate le compensazioni che
eliminano voci per le quali è obbligatoriamente disposta l’esposizione negli schemi di bilancio. (PC
OIC 15, §C.II.)
4. Valutazione
4.1 Il valore presumibile di realizzazione
I crediti devono essere iscritti in bilancio secondo il valore presumibile di realizzazione (sia per i
crediti iscritti nell’attivo circolante che per quelli compresi nelle immobilizzazioni). È necessario
rettificare il valore nominale di partenza al fine di considerare il valore di eventuali:
- perdite per inesigibilità: il fondo svalutazione crediti deve essere sufficiente per coprire
perdite per situazioni di inesigibilità già manifestatesi ovvero non ancora manifestatesi;
30
- resi e rettifiche di fatturazione: resi di merci o prodotti da parte dei clienti o altre cause di
rettifiche di fatturazione come merci difettose, eccedenti le ordinazione, ritardi di consegna,
ecc.;
- sconti e abbuoni: occorre stimare l’importo degli sconti concessi ed effettuare un adeguato
stanziamento. Gli sconti finanziari sono rilevati al momento dell’incasso;
- interessi non maturati: gli interessi non maturati inclusi nel valore dei crediti non
rappresentano ancora un’attività e pertanto vanno riscontati.
- altre cause di minor realizzo.
La principale causa di svalutazione concerne le perdite per inesigibilità. È, per questo, opportuno
soffermarsi ulteriormente su questa problematica.
Il valore nominale dei crediti deve, quindi, essere rettificato al fine di fare fronte alle richiamate
perdite, tramite un fondo appositamente stanziato, quantificato in base al principio di competenza e
capace di coprire:
- le perdite per situazioni di inesigibilità già manifestatesi,
- le perdite per altre inesigibilità non ancora manifestatesi ma temute o latenti.
Applicare, in questo contesto, il principio della competenza significa considerare eventi verificatisi
nel corso dell’esercizio che hanno palesato l’inesigibilità (certa o probabile) del credito. Se, per
esempio, la società vanta un credito nei confronti di un’altra società fallita nel corso dell’esercizio o
che è risultata fortemente insolvente, ci sono buone ragioni per svalutare il pertinente credito. In
sostanza, le svalutazioni devono gravare sugli esercizi in cui le perdite si possono ragionevolmente
prevedere.
L’appostamento del fondo sarà, poi, utilizzato per coprire le perdite nel momento in cui
l’inesigibilità sarà ritenuta definitiva, in base a considerazioni legali, fiscali o pratiche.
Al fine di definire una misurazione tecnicamente corretta del fondo, il Principio contabile OIC 15
richiede i seguenti passaggi:
- analisi dei singoli crediti e determinazione delle perdite presunte per ciascuna situazione di
inesigibilità già manifestatasi;
- stima, in base all'esperienza ed ad ogni altro elemento utile, delle ulteriori perdite che si
presume si dovranno subire sui crediti in essere alla data di bilancio;
- valutazione dell'andamento degli indici di anzianità dei crediti scaduti rispetto a quelli degli
esercizi precedenti;
- condizioni economiche generali, di settore e di rischio paese.
31
La prassi contabile dispone che in aggiunta o – in specifiche circostanze – in sostituzione possa
essere adottato un procedimento sintetico di svalutazione, applicando determinate formule (ad
esempio, una percentuale delle vendite del periodo o dei crediti). Tale impostazione deve, però,
rappresentare l’eccezione e non la regola, vi siano le condizioni e sia possibile raggiungere il
risultato che sarebbe stato raggiunto con un procedimento analitico.
Si consideri, infine, che una corretta determinazione del valore di realizzo deve considerare
contestualmente tutti i diversi fattori che possono portare a una rettifica del valore del credito.
Potremmo avere, per esempio, un credito che viene rettificato a fronte di uno sconto e,
contestualmente, di un’inesigibilità.
4.2 Attualizzazione
I crediti infruttiferi, spesso di natura commerciale, con differimenti di pagamento piuttosto lunghi,
sono in molti casi tali, poiché l’interesse previsto è incorporato nella determinazione del credito
stesso. Se una società vende ad un’altra società un macchinario per €10.000 con pagamento entro
360gg significa che a fronte di una dilazione di pagamento talmente ampia corrisponderà al
momento del pagamento un importo superiore all’effettivo valore del bene. La società che ha
venduto, in sostanza, si è resa disponibile a tenere immobilizzato un determinato importo di denaro
per ottenere alla data di scadenza del periodo di dilazione una “ricompensa” per il periodo di
indisponibilità. Abbiamo, di fatto, un’operazione commerciale che cela anche un’operazione
finanziaria.
Il Principio contabile OIC 15 richiede, quindi, per dare una rappresentazione corretta
dell’operazione che la componente finanziaria sia scorporata dall’importo rappresentativo
dell’operazione commerciale.
Occorre, a tale fine, determinare i proventi e gli oneri di competenza dell’esercizio,
indipendentemente dalla data di incasso (art. 2423-bis, n. 3, c.c.); è necessario, perciò, determinare:
- i crediti da attualizzare: si tratta di crediti a medio-lunga scadenza con interessi non espliciti o
con interessi espliciti particolarmente bassi. Devono essere esclusi dal processo di
attualizzazione i crediti originati nel corso della gestione normale con incasso previsto entro
l’esercizio successivo, crediti che hanno un tasso d’interesse basso (per garanzie di terzi,
specifiche norme di legge ovvero perché l’interesse attivo non è tassabile), acconti ed in
generale gli ammontari che non richiedono restituzione in futuro in quanto vanno a fronte del
prezzo di beni acquistati, ammontari che intendono rappresentare garanzie o cauzioni date
all’altra parte di un contratto;
32
- il tasso di interesse da utilizzare: riferimento immediato al tasso di interesse di mercato
prevalente per il finanziamento di crediti con dilazione ed altri termini e caratteristiche
similari (se non è possibile, si deve fare riferimento ad un tasso realistico per l’impresa); il
tasso è quello della data dell’operazione, del tempo in cui sorge il credito e l’impresa concede
la dilazione di pagamento e non va modificato durante la durata del credito;
- il periodo da attualizzare: l’interesse attivo deve essere riconosciuto sulla durata del credito e
proporzionalmente al credito in essere.
Esempio – Attualizzazione del credito
La Società Partita cede un macchinario alla Società Doppia in data 01.01.x per un
importo pari a €85.000 con pagamento da effettuare in data 31.12.x+1.
Posto che:
-
il credito risulta da attualizzare;
-
il tasso di interesse da utilizzare è determinato pari al 2,5%;
-
il periodo da attualizzare è rappresentato dai 2 anni di dilazione concessi.
Considerata la formula di attualizzazione
Va = C/(1+i)t
laddove:
Va = valore attuale
C = valore nominale del credito
i = tasso di interesse
t = tempo di attualizzazione
avremo che il valore attuale del credito è pari a
€85.000/(1+0,025)2 = €80.904
Perciò, nel bilancio dell’esercizio x dovremo iscrivere interessi finanziari impliciti pari
a €80.904 x 2,5% = €2.023 e nel bilancio dell’esercizio x+1 iscriveremo interessi
impliciti pari a (€80.904 + €2.023) x 2,5% = €2.073
Le pertinenti scritture contabili saranno al momento della vendita:
Clienti
a Merci c/vendite
85.000
33
Al momento della redazione del bilancio, dovremo rettificare l’importo dei ricavi
“commerciali” per attribuirne una parte all’effetto “finanziario”
Merci c/vendite
a
Interessi attivi
4.106
rinviando la quota parte degli interessi attivi dell’esercizio successivo
Interessi attivi
a
Risconti passivi
2.073
5. Le operazioni di factoring
Con il termine factoring solitamente si individuano le operazioni in cui un’impresa “commerciale”
cede il credito (cedente) ad un’entità disposta ad acquistare il credito (cessionario o factor) a fronte
di un esborso di liquidità.
La normativa nazionale riconosce esplicitante le operazioni di cessione dei crediti.
Art. 1260 Cedibilità dei crediti
Il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito (1198) anche senza il consenso
del debitore, purché il credito non abbia carattere strettamente personale o il trasferimento non sia
vietato dalla legge (323, 447, 1823). Le parti possono escludere la cedibilità del credito; ma il patto
non è opponibile al cessionario, se non si prova che egli lo conosceva al tempo della cessione.
In tali operazioni i cedenti possono eventualmente garantire per la solvibilità del debitore 11.
Sulla base delle disposizioni normative sopra riportate, la prassi contabile nazionale è solita
distinguere tra “cessioni di credito pro soluto” e “cessioni di credito pro solvendo”. Tale
classificazione si basa sempre sul passaggio o meno del rischio di insolvenza in capo al cessionario,
ed in particolare:
-
le cessioni di credito pro soluto sono cessioni di credito in cui il rischio di regolamento del
credito è ceduto definitivamente al Factor (senza obbligazione di regresso);
11
L’art. 1267 “Garanzia della solvenza del debitore” prevede, al riguardo, che: “Il cedente non risponde della solvenza
del debitore, salvo che ne abbia assunto la garanzia (2255). In questo caso egli risponde nei limiti di quanto ha ricevuto,
deve inoltre corrispondere gli interessi, rimborsare le spese della cessione e quelle che il cessionario abbia sopportate
per escutere il debitore, e risarcire il danno. Ogni patto diretto ad aggravare la responsabilità del cedente è senza effetto
(1421 e seguente). Quando il cedente ha garantito la solvenza del debitore, la garanzia cessa, se la mancata
realizzazione del credito per insolvenza del debitore è dipesa da negligenza del cessionario nell'iniziare o nel proseguire
le istanze contro il debitore stesso (1198).
34
-
le cessioni di credito pro solvendo sono cessioni di credito in cui il rischio di regolamento
del credito resta in capo al cedente (con obbligazione di regresso).
Tale impostazione, pur essendo tipicamente nazionale, trova naturali corrispondenze con la prassi
giuridica e contabile internazionale, laddove solitamente si parla di trasferimenti di crediti “with
recourse” o “without recourse”.
La prassi è solita dedicare un trattamento contabile differenziato alle due casistiche, adottando
tecniche differenti a seconda che il rischio di credito resti in campo al cedente (vendor) o al factor.
Non ci soffermiamo oltremodo sulla contabilizzazione delle operazioni in oggetto, in quanto già
esaminate nella sezione inerente le scritture di contabilità.
Ciò detto, è opportuno richiamare alcuni aspetti rilevanti ai fini della redazione del bilancio nonché
aggiungere alcuni ulteriori, ma brevi, considerazioni.
Con le operazioni di cessione dei crediti pro soluto, i crediti “fattorizzati”sono, in base a quanto
previsto dai principi contabili nazionali, eliminati dal bilancio 12.
Con le operazioni di cessione pro solvendo, il rischio resta formalmente e sostanzialmente in capo
al cedente, il quale, in questa prospettiva, dovrà:
-
iscrivere gli eventuali rischi nel sistema minore dei rischi dei conti d’ordine;
-
fornire eventuali informazioni nella nota integrativa e in particolare illustrare i cosiddetti
“accordi fuori bilancio”;
-
iscrivere, nel caso in cui vi siano le condizioni, un eventuale fondo rischi nel passivo
patrimoniale13.
I crediti ceduti formalmente, ma che mantengono un’obbligazione di regresso devono, anzitutto,
essere considerati nella determinazione delle eventuali perdite per inesigibilità. È chiaro che la
Società Pari, se ha ceduto alla Società Dispari un credito, ma continua a “rischiare” sull’insolvibilità
del credito, deve rendere conto della perdita di competenza dell’esercizio.
Il Principio contabile OIC 15 dispone, poi, che le cambiali attive (pagherò diretti, cambiali tratte
accettate e non accettate), seppur abbiano una maggior negoziabilità e procedure più snelle, non
presentano sostanziali differenze rispetto agli altri crediti e, per tale motivo, presentano un
12
Ciò nonostante, si deve rilevare che nella realtà è assai improbabile che il Factor non assuma anche solo in minima
parte il rischio dell’operazione. Solitamente, le operazioni di factoring prevedono, infatti, clausole di mitigazione del
rischio che, anche nel caso in cui l’operazione sia tecnicamente pro solvendo, mantengono parte del rischio in capo al
cedente.
13
Si consideri che l’iscrizione di un eventuale fondo è alternativo alla movimentazione del pertinente sistema minore
dei rischi, in base alla regola per la quale i conti d’ordine sono movimentati per rilevare accadimenti di gestione che non
influiscono quantitativamente al momento della redazione del bilancio sul patrimonio e sul risultato economico, ma che
potrebbero farlo in periodi futuri.
35
trattamento contabile analogo. Esse hanno normalmente una maggiore negoziabilità e più snelle
procedure per il loro recupero.
Le cambiali attive scontate o cedute a terzi non ancora incassate alla data di bilancio sono, in
sostanza, trattate analogamente alla cessione dei crediti.
Approfondimento: 6. I crediti da operazioni di compravendita con obbligo di retrocessione a
termine
Il trattamento contabile delle operazioni di compravendita con obbligo di retrocessione rappresenta
uno dei più chiari esempi di applicazione del principio della prevalenza della sostanza sulla forma
14
.
Le operazioni di compravendita con obbligo di retrocessione sono operazioni in cui l’accordo
stipulato fra le parti indica:
-
il riacquisto da parte del venditore del bene venduto: (i) ad una data predeterminato; e, (ii)
un prezzo stabilito; e
-
l’obbligo del riacquisto.
In sintesi, quindi, l’art. 2424-bis, comma 5 del codice civile prevede che le attività oggetto di
contratti di compravendita con obbligo di retrocessione a termine debbano essere iscritte nell’attivo
patrimoniale del venditore “a pronti” 15.
Occupiamoci adesso di cosa accade nel bilancio dell’acquirente “a pronti”. A tale proposito, l’OIC
distingue tra:
-
operazioni di compravendita con obbligo di retrocessione che configurano un
finanziamento;
-
operazioni di compravendita con obbligo di retrocessione che configurano un prestito.
Nell’ipotesi di finanziamento (la più frequente e l’unica tipologia di operazione che esaminiamo),
l’acquirente iscrive un importo pari alla somma corrisposta in sede di acquisto iniziale tra i crediti
14
A tale proposito, l’OIC 1 sostiene che la contabilizzazione richiesta dal codice civile riconosce che “non di vera e
propria cessione si è trattato, ma di una temporanea perdita della titolarità del bene da parte del venditore”. Si veda:
OIC, OIC 1, I Principali effetti della riforma del diritto societario sulla redazione del bilancio d’esercizio, §4.
15
In questo contesto, la controparte che cede il bene alla data dell’accordo per riacquisirlo ad una data futura è
denominato il venditore “a pronti” e, perché, appunto, obbligato a riacquisire il medesimo bene a tale data futura
acquirente “a termine”. Contestualmente colui che acquista alla data prevista dall’accordo per cedere il bene alla
scadenza dello stesso è acquirente “a pronti” e venditore “a termine”.
36
dell’attivo patrimoniale, poi valutati secondo quanto previsto dal punto 8 dell’art. 2426 del codice
civile.
A fine esercizio deve essere rilevato un rateo attivo per la quota di competenza dei proventi
finanziari pattuiti lungo la durata dell’accordo; di fatto, è inclusa nel computo del rateo la quota
parte della remunerazione per il finanziamento concesso (pari alla differenza tra il prezzo di
acquisto “a pronti” e il prezzo di vendita “a termine”).
Esempio – Operazioni di compravendita con obbligo di retrocessione a termine che configurano un
finanziamento
A acquista da B un bene il 31 maggio 200X a 200 per rivenderlo a B il 1 giugno
200X+2 a 248. La differenza tra prezzo di acquisto e prezzo di vendita pari a 48
rappresenta la remunerazione per il finanziamento concesso; tale importo deve essere
imputato in sede di redazione del bilancio di A per la quota parte come rateo attivo.
Alla scadenza del periodo 200X, A rileverà, perciò, un rateo attivo pari a 10.
In termini di scritture contabili, avremo quando A acquista il bene:
Crediti
a Cassa
200
mentre in sede di redazione del bilancio 200X , rileveremo:
Ratei attivi
a Interessi attivi
14
e in sede di redazione del bilancio 200X+1:
Ratei attivi
a Interessi attivi
24
Infine, alla termine dell’accordo (1 giugno 200X+2), procederemo a registrare il
“rientro” del capitale prestato e completeremo la rilevazione inerente al prestito.
Cassa
a Diversi
Crediti
Interessi attivi
Ratei attivi
248
200
10
38
37
7. Informazioni integrative
La previsione di specifiche disposizioni dedicate alla contabilizzazione dei crediti comporta anche
la richiesta di apposite informazioni in sede di nota integrativa, quali:
-
il principio di valutazione dei crediti ed i criteri di determinazione della rettifica per
svalutazione crediti;
-
i movimenti dei crediti immobilizzati;
-
le variazioni nella consistenza dei crediti iscritti nell’attivo circolante;
-
l’entità dei crediti con scadenza oltre i 5 anni;
-
per i crediti incassabili oltre l'anno, se di ammontare particolarmente rilevante, il tasso
d'interesse e le scadenze.
Il Principio contabile OIC 15 aggiunge una serie di ulteriori richieste informative tra cui:
-
l’importo dei crediti verso consociate, soci e altre parti correlate;
-
per i crediti significativi non attualizzati, i motivi della mancata attualizzazione e l’effetto
sul conto economico e sullo stato patrimoniale;
-
per i crediti per i quali permane un'obbligazione di regresso, se rilevante, l’importo dei
crediti ceduti;
-
i crediti relativi ad operazioni che prevedono l’obbligo per l’acquirente di retrocessione a
termine del bene;
-
eventuali ammontari, se significativi, di crediti in moneta estera;
38
DISPONIBILITÀ LIQUIDE
Sommario: 1. Aspetti classificatori; 2. Rilevazione e valutazione; 3. Informazioni integrative
1. Aspetti classificatori
Le disponibilità liquide sono composte, per espressa previsione dell'art. 2424 da:
- depositi bancari e postali;
-
assegni;
-
denaro e valori in cassa.
Per quanto concerne le definizioni, consideriamo quanto sostiene in tema il Principio contabile OIC
14, Disponibilità liquide (PC OIC 14, §A.I.a).
I depositi bancari e postali sono rappresentati da disponibilità presso il sistema bancario o
l'amministrazione postale, aventi il requisito di poter essere incassati a pronti o a breve termine.
Gli assegni sono rappresentati da titoli di credito bancari (di conto corrente, circolari e simili)
esigibili a vista, nazionali ed esteri.
Il denaro e i valori in cassa sono, infine, rappresentati da moneta a corso legale nello Stato e valori
bollati (in questi ultimi comprendendosi francobolli, marche da bollo, foglietti bollati, ecc.). Non
rientrano in questa categoria le cambiali attive in portafoglio - assimilabili ai crediti - né i titoli di
Stato a breve iscrivibili tra i titoli delle attività finanziarie iscrivibili nell’attivo circolante.
Non sono considerabili disponibilità liquide né (i) i cosiddetti “fondi liquidi vincolati”, intesi come
fondi non disponibili per un certo tempo o utilizzabili solo per specifici scopi (per esempio, i
depositi bancari vincolati, i fondi tenuti a garanzia, i prestiti da utilizzare per scopi specifici) né (ii) i
fondi non utilizzabili liberamente, in ragione di specifiche norme applicabili nella fattispecie.
I fondi in oggetto devono, quindi, essere considerati:
-
immobilizzazioni finanziarie nel caso in cui il vincolo d’uso superi l’esercizio successivo;
-
attività circolanti nel caso in cui la disponibilità liquida vincolata può essere negoziata o
comunque utilizzata nonostante il vincolo oppure il vincoli cessi nel corso dell’esercizio
successivo a quello di riferimento del bilancio.
I fondi disponibili all’estero che non possono essere rimpatriati a causa di restrizioni valutarie, ma
che si prevede saranno utilizzati dalle filiali estere devono essere indicati nella nota integrativa e, se
di importo particolarmente rilevante, in apposita voce dello stato patrimoniale.
39
2. Rilevazione e valutazione
Non si ravvedono particolari problematiche concernenti la rilevazione delle disponibilità liquide, le
quali rappresentano fondi realmente esistenti.
Occorre, tuttavia, sottolineare che, in base a quanto previsto dalle norme generali:
-
i conti in oggetto devono tenere in considerazione i movimenti avvenuti entro la data di
chiusura dell’esercizio;
-
è vietato effettuare compensazioni tra conti bancari attivi e passivi.
Le norme codicistiche non prevedono alcunché in merito agli aspetti di valutazione delle
disponibilità liquide; il Principio contabile OIC 14, in linea anche con le disposizioni tecniche
contenute negli altri Principio, dispone che:
-
i depositi bancari, i depositi postali, gli assegni (di conto corrente, circolari e assimilati),
costituendo di fatto crediti, sono valutati secondo il principio generale del presumibile
valore di realizzo. Tale valore, normalmente coincide col valore nominale, mentre nelle rare
situazioni di difficoltà di esigibilità, è esposto lo stimato valore netto di realizzo;
-
il denaro ed i valori bollati in cassa sono valutati al valore nominale;
-
le disponibilità in valuta estera sono valutate al cambio in vigore alla data di chiusura
dell’esercizio.
3. Informazioni integrative
Le principali informazioni da fornire nella nota integrativa sono le seguenti:
-
natura dei fondi liquidi vincolati e durata del vincolo;
-
conti cassa o conti bancari attivi all'estero che non possono essere trasferiti o utilizzati a
causa di restrizioni valutarie del paese estero o per altre cause;
-
altre eventuali informazioni la cui conoscenza sia necessaria per la corretta comprensione
delle voci riguardanti le disponibilità liquide;
-
utilizzo di eventuali sistemi di cash pooling e gli altri rapporti con le parti correlate.
40
RATEI E RISCONTI
Sommario: 1. Premessa e aspetti definitori; 2. Valutazione; 3. Informazioni integrative
1. Premessa e aspetti definitori
Il legislatore dedica la macro-classe D. dell’attivo patrimoniale ai ratei e ai risconti passivi e la
macro-classe E) del passivo patrimoniale ai ratei e ai risconti passivi. Abbiamo già analizzato il
funzionamento, la tecnica di contabilizzazione nonché le modalità di determinazione quantitativa
dei ratei e dei risconti nella sezione del corso concernente la “contabilità”.
Considerata poi la corrispondenza nell’esame delle poste attive e passive, esaminiamo
contestualmente le poste dell’attivo e del passivo patrimoniale.
Ci limitiamo, in sostanza, in questo contesto ad effettuare alcune brevi considerazioni di natura
tecnico-contabile.
Con riferimento agli aspetti definitori e identificativi, l’art. 2424 bis c.c., co. 6, precisa, in linea con
la dottrina e la prassi allora prevalente, che: “Nella voce ratei e risconti attivi devono essere iscritti i
proventi di competenza dell’esercizio esigibili in esercizi successivi, e i costi sostenuti entro la
chiusura dell’esercizio ma di competenza di esercizi successivi. Nella voce ratei e risconti passivi
devono essere iscritti i costi di competenza dell'esercizio esigibili in esercizi successivi e i proventi
percepiti entro la chiusura dell'esercizio ma di competenza di esercizi successivi. Possono essere
iscritte in tali voci soltanto quote di costi e proventi, comuni a due o più esercizi, l’entità dei quali
varia in ragione del tempo”.
I ratei e i risconti rappresentano un evidente esempio di applicazione del principio della competenza
economica.
In sintesi:
- i ratei attivi rappresentano quote di proventi di competenza dell’esercizio la cui liquidazione
avverrà in un esercizio successivo. In definitiva, i ratei attivi costituiscono crediti in moneta
(per esempio, fitti attivi maturati nell’esercizio, che saranno riscossi al termine del periodo
di locazione);
-
i risconti attivi rappresentano quote di costi sostenuti nell’esercizio, ma di competenza
economica di uno o più esercizi successivi. In definitiva, i risconti attivi costituiscono crediti
di servizi (per esempio, fitti passivi pagati anticipatamente nell’esercizio per l’utilizzo di un
bene che avverrà in un esercizio successivo);
-
i ratei passivi rappresentano quote di costi di competenza dell’esercizio il cui sostenimento
avverrà in un esercizio successivo. In definitiva, i ratei passivi costituiscono debiti in moneta
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(per esempio, fitti passivi maturati nell’esercizio, che saranno regolati al termine del periodo
di locazione);
-
i risconti passivi rappresentano quote di proventi realizzati nell’esercizio, ma di competenza
economica di uno o più esercizi successivi. In definitiva, i risconti passivi costituiscono
debiti di servizi (per esempio, fitti attivi riscossi anticipatamente nell’esercizio per l’utilizzo
di un bene che avverrà in un esercizio successivo).
È importante ribadire che la natura dei ratei e dei risconti a livello contabile è differente; infatti:
-
i ratei, rilevati per mezzo delle scritture di integrazione, sono valori numerari presunti;
-
i risconti, rilevati per mezzo delle scritture di rettifica, sono valori economici, in quanto
rappresentano costi e ricavi sospesi.
Si consideri, infine, ai fini espositivi che il legislatore ha sposato l’impostazione comunitaria (e, più
precisamente, francese), per la quale è possibile rinvenire risconti e ratei “pluriennali”, mentre per
la tradizione contabile nazionale ratei e risconti erano considerabili tali solo se riguardavano
esclusivamente due periodi.
2. Valutazione
Abbiamo assunto nella parte del corso inerente alla contabilità che ratei e risconti sono determinati
su base temporale; in effetti, così è nella gran parte dei casi. Il Principio contabile OIC 18, Ratei e
risconti, afferma al riguardo che “il periodo di competenza viene normalmente individuato
computando i giorni decorrenti dall’inizio degli effetti economici fino alla data di chiusura
dell’esercizio, e da questa data fino al termine degli effetti medesimi. In sostanza, il «tempo»
considerato per la determinazione dell'entità del rateo e/o del risconto da iscrivere per competenza è
essenzialmente di natura fisico-temporale (c.d. criterio del «tempo fisico»)”.
La determinazione di ratei e risconti in base al criterio del tempo fisico può, tuttavia, risultare
inadeguata nel caso in cui l’effettivo impiego o lo sfruttamento dei fattori non sia proporzionale e/
costante nel tempo; in tali circostanze la prassi contabile suggerisce di quantificare ratei e risconti in
base al criterio del cosiddetto “tempo economico”. Pensate al caso di una società che prende in
locazione un macchinario per il periodo 1 luglio 200X - 30 giugno 200X+1 con pagamento di un
canone annuo posticipato. Poniamo che la società per problemi tecnici possa utilizzare il bene solo a
partire dal 1° novembre 200X. In sede di determinazione del rateo passivo di competenza del
periodo 200X, l’applicazione del criterio del tempo fisico comporterebbe l’imputazione di 6/12 del
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canone all’esercizio 200X, mentre l’adozione del criterio del tempo economico prevedrebbe
l’imputazione di una quota pari a 2/8 del canone annuo 16.
In effetti, l’adozione del criterio del tempo economico comporta delle complessità aggiuntive, ma
nelle circostanze come quella sopra delineata, riesce ad essere maggiormente conforme con il
principio della correlazione fra costi e ricavi.
Infine, è opportuno ricordare che il legislatore prevede specificamente che nell’esposizione in
bilancio dei ratei e dei risconti attivi e passivi debba essere data separata indicazione dei disaggi e
degli aggi sui prestiti.
I disaggi rappresentano costi finanziari anticipati come gli aggi costituiscono proventi finanziari
anticipati. I disaggi e gli aggi sono legati - come abbiamo già visto esaminando le scritture contabili
delle obbligazioni - all’emanazione dei titoli di debito sotto o sopra la pari.
Una società che emette, per esempio, un titolo di debito sotto la pari dovrà iscrivere il pertinente
disaggio (differenza tra valore nominale e denaro incassato) tra i risconti attivi (pluriennali),
dandone, come richiesto, separata evidenza. In tale circostanza, il codice civile dispone che “il
disaggio sui prestiti deve essere iscritto nell'attivo e ammortizzato in ogni esercizio per il periodo di
durata del prestito” (art 2426, comma 1, numero 7).
Gli aggi su prestiti sono un provento finanziario anticipato e costituiscono evidentemente, con le
specifiche sopra illustrate, risconti passivi pluriennali.
4. Informazioni integrative
La nota integrativa deve fornire, con riferimento a ratei e risconti, le seguenti informazioni:
-
la composizione delle voci, se significative, ratei e risconti attivi e ratei e risconti passivi;
-
i criteri applicati nella valutazione e nella conversione dei valori non espressi in moneta di
conto;
-
la distinzione dei ratei e risconti aventi durata inferiore o superiore a cinque anni;
-
le altre informazioni, se pertinenti, richieste dai documenti sui crediti e sui debiti.
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In sostanza, il costo del canone annuo deve essere ripartito per l’arco temporale per cui il bene viene effettivamente
utilizzato, ossia per 8 mesi (novembre 200X – giugno 200X+1).
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