Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare

STUDIO SULLA QUALITÀ ETICOSOCIALE NEL SETTORE
AGROALIMENTARE
Dicembre 2007
Si ringrazia Sincert (Sistema Nazionale per l’Accreditamento degli Organismi di Certificazione e Ispezione)
per la collaborazione e per i dati forniti relativi alle organizzazioni certificate.
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INDICE
1. INTRODUZIONE......................................................................................................................................................... 4
2. TERMINI E DEFINIZIONI ........................................................................................................................................ 6
3. LA QUALITÀ E LA CERTIFICAZIONE VOLONTARIA NEL SETTORE AGROALIMENTARE ............. 13
3.1 IL SETTORE AGROALIMENTARE IN ITALIA: QUADRO DI RIFERIMENTO ...................................................................... 13
3.2 LA QUALITÀ NEL SETTORE AGROALIMENTARE ........................................................................................................ 16
3.3 LA CERTIFICAZIONE VOLONTARIA NEL SETTORE AGROALIMENTARE ...................................................................... 17
4. LA CERTIFICAZIONE ETICO-SOCIALE............................................................................................................ 21
4.1 QUADRO INTRODUTTIVO SULLA RESPONSABILITÀ SOCIALE NELLE IMPRESE ........................................................... 21
4.2 LA RESPONSABILITÀ SOCIALE NELLA FILIERA AGROALIMENTARE: VANTAGGI E OPPORTUNITÀ .............................. 25
4.2.1 Lo standard UNI EN ISO 9001:2000 - Sistemi di gestione per la qualità. Requisiti. .................................... 29
4.2.2 Lo standard UNI EN ISO 14001:2004 - Sistemi di gestione ambientale. Requisiti e guida all’uso. ............. 34
4.2.3 La norma BS OHSAS 18001: 2007 – Occupational health and safety assessment series. Requisiti.............. 38
4.2.4 Lo standard SA 8000:2007 – Responsabilità sociale. .................................................................................... 42
4.2.5 Il Progetto CSR- SC Corporate Social Responsibility. .................................................................................. 47
5 ANALISI COMPARATA DEI DIVERSI STANDARD ETICO-SOCIALI NEL SETTORE
AGROALIMENTARE...................................................................... ERRORE. IL SEGNALIBRO NON È DEFINITO.
5.1 CONFRONTO TRA LA STRUTTURA DELLA ISO 9001:2000 E GLI ALTRI STANDARD ETICO-SOCIALI ........... ERRORE. IL
SEGNALIBRO NON È DEFINITO.
5.2 CONFRONTO TRA I CONTENUTI DELLA ISO 9001:2000 E GLI ALTRI STANDARD ETICO-SOCIALI .............. ERRORE. IL
SEGNALIBRO NON È DEFINITO.
6. TREND DELLE CERTIFICAZIONI ETICO-SOCIALI NEL SETTORE AGROALIMENTARE.ERRORE. IL
SEGNALIBRO NON È DEFINITO.
6.1 INTRODUZIONE E METODOLOGIA D’INDAGINE....................................... ERRORE. IL SEGNALIBRO NON È DEFINITO.
6.2 PRESENTAZIONE DEI RISULTATI ............................................................ ERRORE. IL SEGNALIBRO NON È DEFINITO.
6.2.1 Andamento delle certificazioni nel periodo 2003-2007............................Errore. Il segnalibro non è definito.
6.2.2 Distribuzione territoriale delle certificazioni...........................................Errore. Il segnalibro non è definito.
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1. Introduzione
La cultura della qualità e le relative forme di certificazione (assicurazione della
conformità di sistemi di gestione/processi/prodotti ai requisiti applicabili) si sono
sviluppate anche nel settore agroalimentare. Negli ultimi anni tale settore si è, infatti,
contraddistinto per la diffusione di numerosi standard volontari volti a supportare le
organizzazioni, appartenenti a tutte le filiere produttive, nel soddisfacimento delle
esigenze e delle aspettative dei clienti.
Oggi in questo settore, accanto alla “tradizionale” domanda di qualità se ne sta
affermando un’altra comprendente nuove e più ampie forme le quali, essendo volte
all’assolvimento di bisogni espressi da un più ampio contesto di parti interessate,
finiscono per assumere un ruolo etico-sociale. La risposta a questo tipo di esigenze
viene individuata nell’adozione di particolari schemi di certificazione. Tra questi
destano particolare interesse quelli relativi a:
•
la qualità dell’organizzazione aziendale: finalizzata a garantire la capacità di
un’impresa di gestire i propri processi, non solo rispettando le leggi vigenti, ma
dotandosi di una struttura organizzativa e di un sistema gestionale tale da
favorire il coinvolgimento del personale, i rapporti di reciproco beneficio con i
fornitori, la comunicazione all’esterno e all’interno dell’azienda, ecc.;
•
la qualità ambientale: intesa a tutelare, nel quadro dello sviluppo sostenibile, i
bisogni ambientali della collettività;
•
la qualità negli ambienti di lavoro: chiamata a tutelare i bisogni di salute e
sicurezza dei lavoratori;
•
la qualità etica: orientata all’incremento della capacità competitiva di quelle
organizzazioni che volontariamente intendono fornire garanzie di eticità della
propria filiera produttiva e del proprio ciclo produttivo.
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Le forme di qualità etico-sociale sopra richiamate, comprese nell’ambito della
cosiddetta “Responsabilità sociale d’impresa”1, rivestono particolare interesse
soprattutto nel settore agroalimentare, dove una forte valenza sociale è
maggiormente percepibile.
Alla luce di quanto brevemente esposto, il presente studio è finalizzato a:
1.
fornire un’informazione sugli schemi di qualità etico-sociale attualmente diffusi
nel comparto agroalimentare, indicando gli aspetti tecnico-operativi dei
principali standard presi a riferimento;
2.
raccogliere ed elaborare informazioni sulle aziende agroalimentari certificate.
Per raggiungere i citati obiettivi il presente studio è così strutturato:
•
introduzione ai concetti generali riguardanti la qualità e la certificazione
nel settore agroalimentare (cap. 1, 2, 3);
•
quadro dei principali schemi di qualità etico-sociale applicabili al
comparto agroalimentare (cap. 4);
•
confronto, attraverso tabelle sinottiche, tra i requisiti richiesti dai diversi
standard etico-sociali, con evidenziazione degli elementi comuni e delle
principali differenze (cap.5).
•
analisi delle principali informazioni (numero, localizzazione geografica,
ecc.) relative alle aziende agroalimentari certificate a fronte degli
schemi di qualità etico-sociale (cap. 6).
1
“Integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro
operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”. Libro verde della Commissione
europea 2001.
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2. Termini e definizioni
Ai fini del presente studio si intende per:
•
Accreditamento: procedimento con cui un Ente attesta formalmente la
competenza di una struttura a svolgere funzioni specifiche (UNI CEI EN
45020).
•
Alta direzione: persona o gruppo di persone che, dal livello più elevato di
un’organizzazione, la guidano e la tengono sotto controllo (UNI EN ISO
9000:2005).
•
Ambiente: contesto nel quale un’organizzazione opera, comprendente l’aria,
l’acqua, il terreno, le risorse naturali, la flora, la fauna, gli esseri umani e le
loro interrelazioni (UNI EN ISO 14001:2004).
•
Ambiente di lavoro: insieme delle condizioni nel cui ambito viene svolto il
lavoro. Tali condizioni comprendo fattori fisici, sociali, psicologici e ambientali
(UNI EN ISO 9000:2005).
•
Aspetto ambientale: elemento delle attività o dei prodotti o dei servizi di
un’organizzazione che può interagire con l’ambiente (UNI
EN ISO
14001:2004).
•
Azione correttiva: azione tesa ad eliminare la causa di una non conformità
rilevata o di un’altra situazione indesiderabile rilevata (UNI EN ISO
9000:2005). Implementazione di una variazione del sistema o di una soluzione
per assicurare un rimedio immediato e permanente a una non conformità (SA
8000:2007).
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•
Azione di rimedio: azione intrapresa per sanare nei confronti di un lavoratore o
di un ex dipendente la violazione di un diritto del lavoratore coperto dalla SA
8000 (SA 8000:2007).
•
Azione di rimedio per i bambini: ogni forma di sostegno e azione necessari a
garantire la sicurezza, la salute, l’educazione e lo sviluppo dei bambini che
sono stati sottoposti a lavoro infantile e hanno terminato tale lavoro (SA
8000:2007).
•
Azione preventiva: azione tesa ad eliminare la causa di una non conformità
potenziale o di un’altra situazione potenziale indesiderabile (UNI EN ISO
9000:2005).
•
Audit: processo sistematico, indipendente e documentato per ottenere
evidenze dell’audit e valutarle con obiettività, al fine di stabilire in quale misura
i criteri dell’audit sono stati soddisfatti (UNI EN ISO 9000:2005).
•
Azienda: il complesso di qualsiasi organizzazione e organismo economico
responsabile della implementazione dei requisiti della norma SA 8000, incluso
tutto il personale (amministratori, dirigenti, management, supervisori e
l’organico non-dirigenziale, sia esso assunto direttamente, a contratto o
altrimenti rappresentante l’azienda) (SA 8000:2007).
•
Bambino: qualsiasi persona con meno di 15 anni di età, a meno che leggi
locali sull’età minima prevedano un’età più alta per il lavoro o per la scuola
dell’obbligo, nel qual caso si applica l’età più alta. Se comunque la legge
locale sull’età minima stabilisce 14 anni di età in accordo con le eccezioni
previste per i Paesi in via di sviluppo che aderiscono alla Convenzione ILO
138, si applica l’età più bassa (SA 8000:2007).
•
Cliente: organizzazione o persona che riceve un prodotto (UNI EN ISO
9000:2005).
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•
Correzione: azione tesa ad eliminare una non conformità rilevata (UNI EN ISO
9000:2005).
•
Documento: informazioni con il loro mezzo di supporto (carta, nastro
magnetico, disco elettronico od ottico, fotografia, ecc.). Esempi: registrazione,
specifica, documento di procedura, disegno, rapporto, norma (UNI EN ISO
9000:2005).
•
Evidenza oggettiva: dati che supportano l’esistenza o la veridicità di qualcosa
(UNI EN ISO 9000:2005).
•
Fornitore/subappaltatore: organizzazione o persona che fornisce un prodotto
(esempio: produttore, distributore, dettagliante, venditore di un prodotto,
erogatore di un servizio o di informazioni) (UNI EN ISO 9000:2005).
Un ente economico che rifornisce l’azienda di beni e/o servizi necessari per, e
utilizzati in/per, la produzione dei beni e/o servizi dell’azienda (SA 8000:2007).
•
Giovane lavoratore: qualsiasi lavoratore che superi l’età di bambino come
definito nella definizione di “Bambino” e inferiore ai 18 anni (SA 8000:2007).
•
Impatto ambientale: qualunque modificazione dell’ambiente, negativa o
benefica, causata totalmente o parzialmente dagli aspetti ambientali di
un’organizzazione (UNI EN ISO 14001:2004).
•
Infrastruttura: sistema di mezzi, attrezzature e servizi necessari per il
funzionamento di un’organizzazione (UNI EN ISO 9000:2005).
•
Lavoratore a domicilio: una persona che svolge, per conto di una
organizzazione sotto contratto diretto o indiretto, al di fuori dello stabilimento
dell’organizzazione, dietro remunerazione, un lavoro il cui risultato sia un bene
o un servizio come specificato dal datore di lavoro, indipendentemente da chi
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fornisce l’equipaggiamento, i materiali e o altri elementi utilizzati (SA
8000:2007).
•
Lavoro infantile: qualsiasi lavoro effettuato da un bambino con un’età inferiore
all’età specificata nella definizione di “Bambino” sopra riportata, ad eccezione
di ciò che è previsto dalla Raccomandazione ILO 146 (SA 8000:2007).
•
Lavoro obbligato: ogni lavoro o servizio ottenuto da una persona sotto la
minaccia di una qualsiasi penale e per il quale detta persona non si è offerta
volontariamente o per il quale detto lavoro o servizio sia richiesto come forma
di pagamento di un debito (SA 8000:2007).
•
Luogo di lavoro (*): ogni luogo fisico nel quale sono svolte attività collegate al
lavoro sotto il controllo dell’organizzazione. In una specifica nota, si chiarisce
che anche le attività svolte all’esterno dell’organizzazione (in auto, aereo,
treno, a casa, ecc.), incluse quelle presso i clienti, sono da prendere in
considerazione.
•
Malattia professionale (*): condizione fisica o mentale avversa e identificabile
derivante o peggiorata da un’attività lavorativa o legata a situazioni lavorative.
•
Miglioramento continuo: attività ricorrente mirata ad accrescere la capacità di
soddisfare i requisiti (UNI EN ISO 9000:2005).
•
Non Conformità: mancato soddisfacimento di un requisito (UNI EN ISO
9000:2005).
•
Organizzazione: insieme di persone e mezzi con definite responsabilità,
autorità ed interrelazioni (UNI EN ISO 9000:2005).
•
Parte interessata: persona o gruppo di persone aventi un interesse nelle
prestazioni o nel successo di un’organizzazione (UNI EN ISO 9000:2005).
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Individuo o gruppo interessato a, o che influisce su, l’azione sociale
dell’azienda (SA 8000:2007).
•
Pericolo (*): fonte, situazione o atto che può provocare una ferita, una malattia
professionale o una combinazione di esse.
•
Prestazione ambientale: risultati misurabili della gestione dei propri aspetti
ambientali da parte di un’organizzazione. Nel contesto dei SGA, i risultati
possono essere misurati rispetto alla politica ambientale, agli obiettivi
ambientali, ai traguardi ambientali e agli altri requisiti di prestazione
ambientale di un’organizzazione (UNI EN ISO 14001:2004).
•
Prevenzione dell’inquinamento: utilizzo di processi, prassi, tecniche, materiali,
prodotti, servizi o fonti di energia per evitare, ridurre o tenere sotto controllo
(separatamente o in combinazione) la generazione, l’emissione o lo scarico di
qualsiasi tipo di inquinante o rifiuto, al fine di ridurre gli impatti ambientali
negativi (UNI EN ISO 14001:2004).
•
Procedura: modo specificato per svolgere un’attività o un processo (UNI EN
ISO 9000:2005).
•
Processo: insieme di attività correlate o interagenti che trasformano elementi
in ingresso in elementi in uscita (UNI EN ISO 9000:2005).
•
Qualità: grado in cui un insieme di caratteristiche intrinseche soddisfa i
requisiti (UNI EN ISO 9000:2005).
•
Registrazione: documento che riporta i risultati ottenuti o fornisce evidenza
delle attività svolte (UNI EN ISO 9000:2005).
•
Requisito: esigenza o aspettativa che può essere espressa, generalmente
implicita o cogente (UNI EN ISO 9000:2005).
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•
Riesame: attività effettuata per riscontrare l’idoneità, l’adeguatezza e l’efficacia
di qualcosa a conseguire gli obiettivi stabiliti (UNI EN ISO 9000:2005).
•
Rischio (*): combinazione delle probabilità dell’accadimento di un evento
pericoloso (o esposizione) e gravità della lesione o della malattia
professionale che può essere causata da quell’evento o esposizione.
•
Rischio accettabile (*): rischio ridotto a un livello tollerabile dall’organizzazione
con riferimento agli obblighi di legge e a quanto espresso nella propria politica
per la sicurezza.
•
Salute e sicurezza sul lavoro (*): condizioni e fattori che influenzano il
benessere dei lavoratori subordinati, dei lavoratori temporanei, del personale
della ditta appaltatrice, dei visitatori e di ogni altra personale presente nei
luoghi di lavoro.
•
Sistema: insieme di elementi correlati o interagenti (UNI EN ISO 9000:2005).
•
Sistema di gestione: sistema per stabilire politica ed obiettivi e per conseguire
tali obiettivi (UNI EN ISO 9000:2005).
•
Soddisfazione del cliente: percezione del cliente su quanto i propri requisiti
siano stati soddisfatti (UNI EN ISO 9000:2005).
•
Specifica: documento che stabilisce requisiti (UNI EN ISO 9000:2005).
•
Subfornitore: un ente economico della catena di fornitura che, direttamente o
indirettamente, procura al fornitore beni e/o servizi necessari per, e utilizzati
in/per, la produzione dei beni e/o servizi dell’azienda (SA 8000:2007).
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•
Stakeholders: sono i soggetti "portatori di interessi" nei confronti di un'iniziativa
economica, sia essa un'azienda o un progetto. Fanno parte di questo insieme
i clienti, i fornitori, i finanziatori (banche e azionisti), i collaboratori, ma anche
gruppi di interesse esterni, come i residenti di aree limitrofe all'azienda o
gruppi di interesse locali.
•
Traguardo ambientale: requisito di prestazione dettagliato, applicabile
all’intera organizzazione o ad una sua parte, derivante dagli obiettivi
ambientali e che bisogna fissare e realizzare al fine di raggiungere tali obiettivi
(UNI EN ISO 14001:2004).
•
Valutazione dei rischi
(*)
: processo di valutazione del rischio che ha origine
dall’identificazione dei pericoli e che tiene in considerazione l’adeguatezza dei
controlli esistenti per stabilire se il rischio sia accettabile o no
•
Validazione: conferma, sostenuta da evidenze oggettive, che i requisiti relativi
ad un utilizzo o ad un’applicazione specifici previsti sono stati soddisfatti (UNI
EN ISO 9000:2005).
•
Verifica: conferma, sostenuta da evidenze oggettive, del soddisfacimento di
requisiti specificati (UNI EN ISO 9000:2005).
(*)
I termini e le definizioni con l’asterisco si riferiscono alla norma OHSAS 18001:2007; dato che la
norma non ha avuto una traduzione ufficiale dall’inglese all’italiano da parte dell’Ente italiano di
normazione, le definizioni da noi riportate sono da considerarsi “non ufficiali”.
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3. La qualità e la certificazione volontaria nel settore
agroalimentare
3.1 Il settore agroalimentare in Italia: quadro di riferimento
L’industria agroalimentare in Italia rappresenta un settore strategico per l’economia
nazionale. Con un’occupazione di oltre 2 milioni e mezzo di addetti calcolati lungo
l’intera filiera, rappresenta per importanza il secondo settore manifatturiero in Italia
dopo quello metalmeccanico2.
Accenniamo di seguito ad alcuni elementi distintivi dei comparti italiani agricoli
(produzione primaria) ed alimentari (trasformazione), al fine di delineare meglio il
settore, le sue caratteristiche strutturali e le prospettive future.
In Italia, il settore della produzione primaria (agricoltura, silvicoltura e pesca) si
caratterizza per essere composto da circa 1.728 mila aziende, la cui superficie media
è di circa 7 ettari3.
Nel corso del 2006 il valore della produzione agricola è risultato essere pari a 46
miliardi di euro, in calo del 2,4 % rispetto all’anno precedente; di questi circa 1,2
miliardi (pari al 2,5% del totale) sono riferiti ad attività secondarie svolte delle aziende
agricole (quali agriturismo, trasformazione dei prodotti agricoli, produzione di cibi
trasformati, ecc.) a conferma del ruolo sempre più multifunzionale che sta ricoprendo
l’azienda agricola4. La contrazione, riscontrata in quasi tutti i comparti agricoli, è da
imputarsi, in parte, agli andamenti climatici che hanno interessato il nostro Paese, in
parte, all’applicazione della riforma della PAC (Politica Agricola Comune) che ha
stabilito un contributo per le aziende agricole indipendentemente dalla quantità
prodotta. Il calo più marcato è stato quello riscontrato nella produzione di cereali
(soprattutto di frumento duro) ed anche nella barbabietola da zucchero. Anche la
2
Dati Federalimentare, 2006.
Dati Federalimentare, 2005.
4
Unioncamere, I fabbisogni occupazionali delle imprese agricole per il 2007.
Sul ruolo multifunzionale dell’aziende agricole si veda anche quando riportato al § 4.2 del presente
studio.
3
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produzione zootecnica risulta essere in contrazione nel 2006 (-2%) soprattutto a
causa del calo dei consumi dei prodotti avicoli che hanno risentito degli effetti
dell’influenza aviaria; la produzione bovina è stabile mentre in ripresa è quella
suinicola.
La trasformazione alimentare italiana, sebbene sia caratterizzata da un’elevata
frammentazione della filiera produttiva, ha svolto e continua a svolgere un’importante
funzione di sostegno complessivo al sistema economico italiano.
Nel corso del 2006 la produzione in valore è aumentata del 2,8%, raggiungendo la
quota di 110
miliardi di euro5. Il contributo maggiore al fatturato complessivo
proviene dal comparto lattiero-caseario (oltre 14 milioni di euro), dalla produzione
vitivinicola e dal settore dolciario (circa 10 milioni di euro ciascuno) e dal comparto
dei salumi (oltre 7 milioni di euro).6
Il 2006 è stato un anno che ha anche evidenziato dinamiche nuove ed importanti dal
lato della domanda dei prodotti alimentari: per prima cosa si è assistito ad una
diminuzione dei consumi interni, dovuta principalmente ad un ridotto potere
d’acquisto delle famiglie e, contemporaneamente, ad un aumento del valore dei
consumi causato dal rialzo generale dei prezzi, elementi che stanno caratterizzando
anche l’andamento dei consumi del corso del 20077.
Il saldo positivo della produzione alimentare è quindi, in gran parte, dovuto
all’aumento dell’export, che rappresenta circa l’8% del valore complessivo degli
scambi commerciali realizzati dall’Italia con l’estero8.
E’ l’Unione Europea a 25 Paesi a concentrare i 2/3 del nostro export alimentare
sebbene, recentemente, anche altri mercati internazionali si dimostrino sempre più
interessati alla nostra offerta gastronomica. Tra i primi 10 Paesi di destinazione
troviamo la Germania (oltre 17%), gli Stati Uniti (13%), la Francia (12%), il Regno
5
Federalimentare, Rapporto sugli scenari della filiera agroalimentare al 2015.
Idem.
7
L’incremento dei prezzi al consumo nel 2007 ha riguardato un po’ tutti i principali prodotti alimentari,
eccezion fatta per l’olio di oliva (-0,6%), gli ortaggi e le colture industriali (entrambe con il -0,2%). Per i
prodotti ittici e per i vini i prezzi al consumo hanno invece evidenziato una spinta maggiore al rialzo,
rispettivamente del + 3% e + 3,5%.
8
Idem.
6
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Unito (9%) e la Svizzera (4%); seguono Spagna, Austria, Paesi Bassi e Belgio quindi
i Paesi extra UE come Giappone, Canada, Russia e Australia.
Nel corso del 2006 i generi alimentari più vocati all’export sono stati quelli più
spiccatamente legati alla tradizione mediterranea; in particolare, tra i primi posti per
incidenza sulla bilancia commerciale, troviamo il vino (20%), i prodotti dolciari (12%),
la frutta e gli ortaggi trasformati (11%), l’olio d’oliva (8%).9
I prodotti più apprezzati si confermano, dunque, essere quelli dove l’immagine del
Made in Italy risulta essere forte; le imprese italiane hanno, infatti, saputo sfruttare
appieno le opportunità offerte dalla diffusione del nostro modello eno-gastronomico
nel mondo.
Le tendenze evolutive nel medio lungo periodo delineano il profilo di un settore che si
sta avviando a profondi mutamenti strutturali, sulla spinta di scenari mondiali sempre
più competitivi ed incerti. Da un lato, dopo anni non facili, sembra che la produzione
si stia lentamente avviando verso una migliore redditività, almeno per i comparti non
direttamente legati all’approvvigionamento di materia prima estera. Restano, tuttavia,
da risolvere alcuni nodi critici che frenano lo sviluppo delle nostre imprese come, ad
esempio, la frammentazione della filiera produttiva, la logistica obsoleta o la scarsa
propensione all’export, tanto per citare i più evidenti.
Le nostre aziende, anche attraverso il necessario sostegno di azioni politiche fondate
su esigenze concrete, sono chiamate ad intraprendere scelte innovative, a volte
rischiose, ma che rappresentano l’unica possibilità per restare competitive sul
mercato e mantenere quel successo che da sempre ha caratterizzato questo settore
produttivo, centrale e strategico per l’economia del nostro Paese.
9
Dati Federalimentare 2006.
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3.2 La qualità nel settore agroalimentare
Con il termine qualità si intende la capacità di un prodotto o servizio di soddisfare
esigenze esplicite o implicite, tradotte in forma di requisiti concreti e misurabili
attraverso appositi strumenti di normazione.
In particolare nel settore agroalimentare, la qualità è la risultante di un insieme di
fattori: sicurezza igienico-sanitaria, caratteristiche organolettiche, conservabilità,
prezzo, tradizionalità, impatto ambientale, ecc. Alcuni di essi rientrano nella categoria
dei bisogni primari e, in quanto tali, sono in prima istanza regolamentati attraverso
un’apposita normativa cogente emanata a livello comunitario e nazionale. Altri,
invece, sono elementi accessori e pertanto possono essere facoltativamente
perseguiti dall’azienda attraverso l’implementazione di strumenti regolamentati o
volontari. In considerazione di quanto sopra esposto è possibile distinguere tre
diversi approcci alla qualità nel settore agroalimentare:
1. ambito cogente: rientrano in questa categoria i Regolamenti comunitari, le
Direttive, le Leggi nazionali e tutti gli altri strumenti legislativi la cui
applicazione, volta a garantire l’assolvimento di bisogni fondamentali
(come la sicurezza e l’igiene degli alimenti, la salute dei consumatori), è
obbligatoria;
2. ambito regolamentato: tale ambito fa riferimento ad esigenze né
fondamentali
né
essenziali,
ma
tuttavia
considerate
di
notevole
importanza, come ad esempio la derivazione geografica dei prodotti
(DOP/IGP) o le prestazioni aziendali in materia di ambiente (EMAS). Ne
consegue che la decisione dell’imprenditore di soddisfarle, per migliorare
la sua posizione sul mercato, comporta l’assoggettamento ad una serie di
vincoli e condizioni di derivazione pubblicistica comunitaria;
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3. ambito volontario: in questo caso le esigenze accessorie rappresentate
sono tutelate da una serie di norme, di derivazione privatistica e volontaria,
emesse
da
organizzazioni
nazionali
(UNI),
comunitarie
(CEN)
o
internazionali (ISO).
3.3 La certificazione volontaria nel settore agroalimentare
Come abbiamo precedentemente illustrato, la qualità nel settore agroalimentare può
essere gestita attraverso strumenti cogenti, regolamentati e volontari.
Prescindendo da quelli cogenti che sono richiesti obbligatoriamente, quelli
regolamentati sono relativamente esigui e non riescono a coprire tutte le esigenze
del consumatore moderno, sempre più attento alla sicurezza, origine ed affidabilità
dei prodotti alimentari. Gli strumenti volontari, invece, si sono diffusi proprio per
“colmare questa lacuna” e supportare le aziende interessate nel distinguersi sul
mercato attraverso l’applicazione di requisiti distintivi di processo/prodotto/sistema.
Il processo attraverso cui si attesta, con evidenze documentali, la presenza o meno
di tali requisiti si chiama certificazione. La certificazione, secondo una definizione
consolidata, è “l’atto mediante il quale una terza parte indipendente dichiara che, con
ragionevole attendibilità, un determinato prodotto, processo o servizio è conforme ad
una specifica norma o ad un altro documento normativo”.
Nel settore agroalimentare gli strumenti di certificazione volontaria sono andati
sempre più diffondendosi negli ultimi vent’anni, soprattutto a seguito di alcuni
scandali alimentari che hanno minato la fiducia dei consumatori in relazione
all’origine e al metodo di lavorazione dei prodotti (ad es. mucca pazza, vino al
metanolo, pollo alla diossina, organismi geneticamente modificati). Le aziende con
sistemi di produzione rigorosi e consolidati hanno dunque sentito l’esigenza di
differenziare qualitativamente i propri prodotti, rinsaldando il legame con il
17 di 52
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consumatore. Il mezzo utilizzato è stato proprio lo sviluppo di strumenti di
certificazione volontaria, a fronte di norme elaborate da enti di normazione (ISO,
CEN, UNI a tal proposito si veda il Riquadro 1), da gruppi di retailers (ad esempio gli
schemi BRC o IFS, ai quali si accennerà in seguito) oppure sviluppati
autonomamente dalle aziende (ad esempio le GMP – Good Manifacturing
Practicies). Il fine ultimo, in tutti e tre i casi, è sempre stato quello di garantire un
miglioramento delle performance aziendali in materia di qualità, igiene e sicurezza
dei cibi, e soddisfare così le attese del mercato.
Riquadro 1 – GLI ENTI NORMATORI
Le norme, oltre che dai numeri, sono identificate dalle sigle dell’ente di normazione che l’ha
elaborata. In particolare:
•
norme UNI: sono le norme nazionali italiane e, nel caso sia l’unica sigla presente,
significa che la norma è stata elaborata direttamente dalle Commissioni UNI o dagli
Enti Federati (es. UNI 10939:2001 “Sistema di rintracciabilità nelle filiere
agroalimentari - Principi generali per la progettazione e l'attuazione”).
•
norme EN: identifica le norme elaborate dal CEN (Comité Européen de
Normalisation). Le norme EN devono essere obbligatoriamente recepite dai Paesi
membri CEN e la loro sigla di riferimento diventa, nel caso dell’Italia UNI EN.
Queste norme servono a uniformare la normativa tecnica in tutta Europa, quindi
non è consentita l’esistenza a livello nazionale di norme che non siano in armonia
con il loro contenuto (es. UNI EN 12041:2002 “Macchine per l'industria alimentare Formatrici - Requisiti di sicurezza e di igiene”).
•
norme ISO: sono le norme elaborate dall’ISO (International Organization for
Standardization) e rappresentano un riferimento applicabile internazionalmente.
Ogni Paese può decidere se rafforzarne ulteriormente il ruolo adottandole come
proprie norme nazionali, nel qual caso in Italia la sigla diventa UNI ISO oppure UNI
EN ISO se la norma è stata adottata anche a livello europeo (es. UNI EN ISO
22000:2005 “Sistemi di gestione per la sicurezza alimentare - Requisiti per
qualsiasi organizzazione nella filiera alimentare “).
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Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
Oggi sono disponibili strumenti di certificazione volontaria in svariati campi di attività.
Alcuni sono di carattere orizzontale, ossia sono applicabili alle aziende appartenenti
a tutti gli “anelli” della filiera produttiva (es. ISO 9001, ISO 14001, ecc.); altri sono,
invece, di carattere verticale intervenendo solo in alcune fasi della filiera produttiva
(es. Global-gap per la produzione agricola, BRC per la trasformazione alimentare,
ecc.). A tal riguardo si veda la Figura 1.
Figura 1 – Schemi di certificazione volontaria nel settore agroalimentare
FILIERA
Processi
primari
CAMPO
UNI 11020
Global-GAP
UNI 10939
Certificazione
volontaria di
prodotto
Trasformazione
BRC
IFS
GMP
UNI 11020
UNI 10939
Certificazione
volontaria di
prodotto
GDO
Certificaz.
di servizio
BRC Logistic
TAVOLA
IFS Logistic
STANDARD TRASVERSALI DI GESTIONE:
Iso 9001, Iso 14001, SA 8000, Iso 22000
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Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
Riquadro 2 – SCHEMI DI CERTIFICAZIONE VOLONTARIA SPECIFICI PER IL
SETTORE AGROALIMENTARE
UNI 10854: riguarda la progettazione ed applicazione di un sistema di autocontrollo
basato sul metodo HACCP.
UNI 10939: fissa i principi generali per la progettazione e l’attuazione di sistemi di
rintracciabilità nelle filiere alimentari.
UNI 11020: definisce i principi e i requisiti per l’attuazione di sistemi di rintracciabilità
BRC: standard messo a punto dal British Retail Consortium nel 1998 e promosso dai
22000:2006 "Food Safety management systems" che definisce i requisiti per gestire
nelle aziende
agroalimentari.
la sicurezza
alimentare
lungo tutto la filiera produttiva coinvolta nella realizzazione di
un alimento;
elemento
innovativo
nella norma
è la sua
estendibilità
al settore
para Protocollo GLOBAL-GAP: standard
promosso
dalla
GDO europea
e rivolto
alle
alimentare ovvero quello indirettamente coinvolto nella catena di fornitura (es.
aziende agricole.
produttori di utensili, imprese di pulizia, fornitori di imballaggi, trasportatori, ecc.).
principali gruppi della GDO britannica. Identificazione e rintracciabilità costituiscono un
requisito essenziale.
IFS: standard messo a punto dalla BDH (Unioni Commerciali tedesche). E’ utilizzato
dalla GDO tedesca per i prodotti a marchio. Identificazione e rintracciabilità
costituiscono un requisito essenziale.
UNI EN ISO 22000: sistemi di gestione per la sicurezza alimentare - requisiti per
qualsiasi organizzazione nella filiera alimentare.
ISO 22005: tracciabilità dei mangimi e degli alimenti. Principi generali per la
progettazione e lo sviluppo del sistema.
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Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
4. La certificazione etico-sociale
4.1 Quadro introduttivo sulla responsabilità sociale nelle imprese
Il tema della Responsabilità Sociale di Impresa (RSI) rappresenta oggi un campo di
studio molto dibattuto in conseguenza della progressiva sensibilità del mondo delle
imprese verso i temi della sostenibilità economica.
Negli
ultimi
anni
l’evoluzione
del
fenomeno
della
globalizzazione,
l’internazionalizzazione dei mercati, i forti cambiamenti da un punto di vista politico,
sociale ed ambientale hanno minato progressivamente la certezza che operare
secondo un approccio meramente economico fosse sufficiente a garantire un
equilibrio durevole nel medio e lungo periodo. Parallelamente è andata diffondendosi
la consapevolezza che un’organizzazione può raggiungere un successo duraturo nel
tempo solo se è capace di soddisfare non soltanto il cliente, ma anche tutte le parti
sociali interessate che direttamente o indirettamente hanno legami con l’azienda. Lo
sviluppo dell’impresa (economicità) e la soddisfazione degli interlocutori sociali
(socialità) devono quindi congiungersi e saldarsi con la conseguente necessità, per
le aziende, di tener conto delle aspettative della collettività nei processi strategici e
decisionali che essa intende adottare.
È in considerazione di questo che verso la fine degli anni Novanta cominciano a
diffondersi concetti nuovi come responsabilità sociale di impresa, sviluppo sostenibile
o sostenibilità, pilastri ideologici attraverso i quali è possibile concepire lo sviluppo
economico in una duplice sfera: sociale e ambientale.
Nel marzo del 2000 il Consiglio Europeo di Lisbona ha inserito il tema della
Responsabilità Sociale d’Impresa tra gli obiettivi strategici che l’Unione dovrà
raggiungere entro il 2010 (“l’economia europea dovrà essere capace di una crescita
21 di 52
Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
economica sostenibile accompagnata da un miglioramento quantitativo e qualitativo
dell’occupazione e da una maggiore coesione sociale”).
Anche il Consiglio Europeo di Göteborg, del giugno 2001, ha confermato questi
orientamenti ed ha sancito che la crescita economica, la coesione sociale e la tutela
ambientale sono gli obiettivi prioritari da prendere a riferimento nello sviluppo
economico dell’Unione Europea.
Infine nel luglio del 2001 la Commissione Europea ha definito, all’interno del Libro
Verde, il concetto di Responsabilità Sociale d’Impresa intesa come “l’integrazione
volontaria delle preoccupazioni sociali, ecologiche delle imprese nelle loro operazioni
commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”.10
Alle soglie del XXII secolo gli attori economici internazionali hanno, dunque,
affermato la necessità e l’esigenza di assumersi responsabilità in nuovi ambiti, con
l’obiettivo ultimo di raggiungere un equilibrio economico durevole nel tempo.
Il nuovo modello economico si fonda su tre variabili fondamentali:
1) la sostenibilità economica, intesa come la capacità di creare reddito,
profitto e posti di lavoro;
2) la sostenibilità sociale, intesa come la capacità di garantire condizioni di
benessere ed opportunità di crescita equamente distribuite e come
capacità di rispettare i diritti umani e del lavoro;
3) la sostenibilità ambientale, intesa come capacità di salvaguardare le
risorse naturali e la possibilità dell’ecosistema di assorbire e tollerare gli
impatti diretti ed indiretti generati dall’attività produttiva.
Solo in questo modo, ovvero attraverso una conduzione sostenibile, l’organizzazione
è in grado di conservare profitto, competitività e successo.
10
Commissione delle Comunità Europee, “Promuovere un quadro europeo per la responsabilità
sociale delle imprese”, Libro Verde, Bruxelles 18 luglio 2001.
22 di 52
Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
Come già accennato, il requisito più recente del nuovo modello di ‘fare impresa’ è
l’attenzione posta alla dimensione esterna, intesa non più soltanto in riferimento al
cliente, ma alla collettività, ovvero a tutta quella pluralità di soggetti denominati
comunemente stakeholders.
Gli stakeholders (proprietari, azionisti, dipendenti, clienti, fornitori, creditori, comunità
locali, organizzazioni sindacali, governi locali, università, ecc.) sono coloro che
contribuiscono alla realizzazione dell’impresa perché sono in grado di influenzarne le
decisioni e il raggiungimento degli obiettivi restando, a loro volta, influenzati dalle
scelte effettuate. Uno degli obiettivi principali della Responsabilità Sociale d’Impresa
è proprio quello di minimizzare i conflitti con gli stakeholders e massimizzarne le
sinergie, creando un rapporto biunivoco attraverso diverse modalità ed approcci che
vedremo nelle pagine seguenti, quando illustreremo nel dettaglio i contenuti degli
strumenti operativi disponibili.
Le prime imprese che hanno aderito e promosso una politica di responsabilità sociale
all’interno della propria organizzazione sono state le multinazionali o le grandi
società,
preoccupate
di
salvaguardare
la
reputazione
dei
propri
marchi.
Successivamente l’interesse si è diffuso anche tra le PMI le quali, proprio perché
maggiormente legate al territorio, hanno visto nella responsabilità sociale un
elemento importante per valorizzare la propria attività.
La Responsabilità Sociale d’Impresa, sebbene sia stata promossa e sostenuta dalle
principali
Autorità
amministrative
a
livello
centrale
(sia
internazionali
che
comunitarie), non è un obbligo di legge: anzi il suo obiettivo è proprio quello di
andare oltre i requisiti cogenti, investendo nel capitale umano, nell’ambiente e nei
rapporti con le parti interessate.
La logica di andare oltre i requisiti cogenti è la stessa alla base dell’approccio
volontario (vedi Cap. 3) ed infatti, attualmente, la materia della Responsabilità
Sociale d’Impresa è affrontata attraverso principi formalizzati, standard, modelli
operativi di governance: tali strumenti hanno l’obiettivo di diffondere pratiche
economiche sostenibili e, nel contempo, di comunicare correttamente agli
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Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
stakeholders i risultati ottenuti dall’azienda. Questi, per essere veritieri e affidabili,
devono essere, quindi, garantiti e rilasciati da soggetti imparziali, come avviene per
la certificazione volontaria.11
Tuttavia, data l’enorme importanza che in questi anni ha assunto la Responsabilità
sociale d’impresa, l’ISO ha percepito la necessità di elaborare una norma
internazionalmente riconosciuta che potesse garantire un approccio armonizzato al
problema da parte di qualsiasi impresa, indipendentemente dal settore produttivo o
dal Paese di provenienza. E’ stato pertanto creato un apposito gruppo tecnico che
sta lavorando alla stesura della norma ISO 26000 la cui pubblicazione è prevista
entro la fine del 2008; la nuova norma fornirà alle imprese le linee guida armonizzate
e riconosciute a livello internazionale in materia di responsabilità sociale, basate sulle
migliori pratiche e in accordo con le relative dichiarazioni e convenzioni delle Nazioni
Unite e dell’ILO (International Labour Office).
All’etica del profitto si è andata, dunque, affiancando quella della sostenibilità. Spetta
ora alle imprese decidere quale percorso di sviluppo adottare: se quello della
massimizzazione del profitto, oppure quella della sostenibilità, con effetti valutabili nel
medio-lungo periodo, cosa che comporta l’esigenza di curare le istanze di molteplici
soggetti, a volte anche contrapposte tra loro.
Degli strumenti a disposizione delle imprese per implementare questo secondo
approccio ci occuperemo nelle pagine seguenti.
11
Quanto agli standard (di processo e di contenuto) ed ai principi, si fa riferimento ai numerosi
interventi di organismi quali l’IBS (Istituto Europeo per il Bilancio Sociale - 1989); il GBS (Gruppo di
studio per la statuizione dei principi di redazione del Bilancio Sociale - 1998); il Progetto Q-Res: Verso
uno standard di Qualità della Responsabilità Etico Sociale d’Impresa (Centre for Ethics, Law and
Economics, CELE - 1999); l’AA1000 (AccountAbility 1000 - Institute of Social and Ethical
Accountability, UK - 1996); il GRI (Global Reporting Iniziative, 1997); l’SA8000 (Social Accountability
8000, 1997); il Copenhagen Charter (1999); il Global Compact (“Patto Globale” - ONU - 1999); i
Principi di Governo Societario (1999) e Linee Guida destinate alle imprese multinazionali (2000)
dell’OECD e il Libro Verde: Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese
(2001) dell’Unione Europea.
24 di 52
Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
4.2 La responsabilità sociale nella filiera agroalimentare: vantaggi e
opportunità
Abbiamo già avuto occasione di notare che le forme di qualità etico-sociale,
richiamate nei capitoli precedenti, rivestono particolare interesse soprattutto nel
settore agroalimentare, dove le esigenze di valenza sociale sono più forti.
Infatti, in tale settore, la qualità è chiamata a dare risposta a bisogni essenziali, quali
la sicurezza e la salute dei lavoratori – con particolare riferimento al settore agricolo;
la sicurezza alimentare dei consumatori; ecc..
Inoltre, le aziende agroalimentari si trovano ad operare in una dimensione fortemente
sociale anche perchè il cibo, la sua provenienza, gli ingredienti ed i metodi di
ottenimento sono tematiche decisamente affini alla materia etico-sociale. Proviamo,
allora,
a
declinare
l’ampio
concetto
di
Responsabilità
Sociale
d’Impresa
precedentemente illustrato all’interno di questo comparto economico-produttivo
evidenziandone i possibili vantaggi per le imprese.
Il primo elemento da segnalare è che la filiera agricola e alimentare nazionale,
essendo caratterizzata da una significativa presenza di piccole e medie imprese, può
essere particolarmente vocata all’adozione di pratiche socialmente responsabili in
quanto esse esprimono meglio un radicamento nel territorio. Anche il ruolo
multifunzionale nel quale si trova ad operare l’azienda agricola moderna è “in tema”
con questo approccio, in quanto comprende proprio quella serie di istanze sociali,
ecologiche, ambientali e paesaggistiche che, attraverso l’adozione di strumenti di
responsabilità sociale, possono trovare un volano per la loro gestione e
comunicazione alle parti interessate.
Inoltre, il consumatore è diventato sempre più attento alle questioni legate al cibo ed
alla nutrizione, nonché interessato ad approfondire gli aspetti relativi alla provenienza
degli alimenti, ai metodi di lavorazione e agli ingredienti utilizzati per la preparazione
25 di 52
Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
degli stessi. Gli scandali alimentari accaduti verso la fine degli anni Novanta (BSE,
contaminazione degli alimenti con diossine, ecc.) hanno significativamente incrinato il
rapporto di fiducia esistente tra aziende agroalimentari e consumatore. Proprio in
relazione a questi eventi, per favorire il rilancio di interi comparti produttivi (carni
bovine, carni avicole, ecc.), le aziende agroalimentari si sono impegnate ad adottare
sistemi produttivi maggiormente sostenibili. A tal riguardo è possibile ricordare la
diffusione di metodi di produzione alternativi all’agricoltura convenzionale, come la
produzione biologica, biodinamica, la produzione integrata. Agricoltura e dimensione
sociale, poi, hanno dimostrato di avere un possibile legame tra loro come è accaduto
nei prodotti provenienti dal commercio equo-solidale o in quelli dalla cosiddetta
“filiera corta” (es. farmer markets): in questi due casi lo sviluppo di un sistema di
gestione della filiera più oculato e sostenibile è riuscito a garantire una ripartizione
equa dei guadagni derivanti dalla vendite dei prodotti tra tutti gli attori della filiera.
Attraverso gli strumenti di responsabilità sociale le aziende possono rafforzare
l’immagine di organizzazione produttiva impegnata su principi etici e di sviluppo
sostenibile, valori che inevitabilmente contribuiscono ad innalzare la fidelizzazione
del consumatore
Altro elemento particolarmente importante nel settore agroalimentare è la necessità,
prevista da alcuni degli standard etico-sociali di seguito riportati, di attivare
meccanismi di controllo sulla “catena di fornitura”.
Per dare concreta attuazione alla RSI in azienda, oltre alla convinzione da parte della
direzione
dell’adozione
di
obiettivi
etico-sociali,
è
necessaria
anche
la
predisposizione di uno o più strumenti operativi che consentano di tenere sotto
controllo i processi, identificare le parti interessate e le loro esigenze, misurare le
performance ottenute e garantire anche il miglioramento continuo delle prestazioni.
Attualmente, come illustrato in precedenza, non c’è uno standard unico applicabile al
settore ma una pluralità di strumenti che, avendo differenti target di riferimento,
affrontano il tema della responsabilità sociale sotto diversi aspetti.
26 di 52
Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
Tra questi ricordiamo, in particolare, i seguenti strumenti che approfondiremo di
seguito:
1) la norma ISO 9001, che è focalizzata sugli stakeholder più
tradizionali, i clienti;
2) la
norma
ISO
14001,
incentrata
sulla
misurazione
e
sul
miglioramento delle performance ambientali dell’azienda;
3) la norma BS OHSAS 18001, relativa allo sviluppo di sistemi di
gestione per la salute e sicurezza dei lavoratori e del personale;
4) lo schema certificativo SA 8000, sistema gestionale per l’etica
aziendale, focalizzato sul personale e sulla comunità (ambiente,
lavoratori, ecc.);
5) CSR-SC (Corporate Social Responsibility – Social Commitment) è
stato promosso dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. È
uno strumento di auto-valutazione e monitoraggio per quelle aziende
che
hanno
già
sviluppato
al
proprio
interno
strategie
di
responsabilità sociale.
Dopo avere implementato uno o più strumenti di responsabilità sociale occorre che
l’azienda identifichi delle modalità comunicative chiare ed efficaci per valorizzare i
risultati ottenuti. Per favorire l’adesione di politiche di responsabilità sociale nelle
aziende e per valorizzare i risultati ottenuti, è stato realizzato nel 2003 dal Ministero
del Lavoro e delle Politiche Sociali il Progetto CSR-SC finalizzato alla diffusione
della responsabilità sociale verso e dalle imprese. Attraverso una apposita griglia di
indicatori denominata appunto social statement, il Progetto offre alle aziende uno
strumento per valutare e monitorare l’impegno e le attività realizzate in tema di
responsabilità sociale nonché per comunicarle alle collettività. Il Social Statement è
ad adesione volontaria ma, a differenza degli schemi certificativi riportati nella
Tabella 1, non è certificabile.
In ciascuno di questi strumenti è possibile riscontrare un approccio alla qualità di
natura etico-sociale più o meno spiccato, per il semplice motivo che si tratta di
27 di 52
Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
modelli gestionali e che, come tali, considerano il rapporto dell’impresa con i soggetti
terzi (vedi Tabella 1).
Tabella 1 – Certificazioni etico-sociali applicabili al settore agroalimentare
AMBITO DI
APPLICAZIONE
Qualità
nell’organizzazione
aziendale
Qualità ambientale
Qualità degli
ambienti di lavoro
NORMA
SCHEMA CERTIFICATIVO
PRINCIPALI TARGET DI
RIFERIMENTO
Garantire la capacità di un’impresa di dotarsi
di un sistema gestionale tale da favorire il
miglioramento continuo dei processi, il
coinvolgimento del personale, i rapporti di
reciproco beneficio con i fornitori, la
comunicazione all’esterno e all’interno
dell’azienda. E’ indirizzata alla tipologia di
stakeholder più tradizionali, cioè quelli legati
alle performance economiche dell’azienda,
ma è fondamentale per approcciare la
strutturazione di un qualsiasi altro sistema di
gestione.
Cliente, inteso come
parte economica.
UNI EN ISO 14001:2004
“Sistemi di gestione
ambientali. Requisiti e
guida all’uso”
Tutelare, nel quadro dello sviluppo
sostenibile, i bisogni ambientali della
collettività.
Ambiente
BS OHSAS 18001:2007
“Occupational health and
safety assessment
series”
Implementazione di sistemi aziendali
finalizzati alla gestione della salute e la
sicurezza dei lavoratori.
Personale interno
all’azienda
Incremento della capacità competitiva di
quelle organizzazioni che volontariamente
intendono fornire garanzia di eticità della
propria filiera produttiva e del proprio ciclo
produttivo.
Personale e
Comunità locale
UNI EN ISO 9001:2000
“Sistemi di gestione per
la qualità. Requisiti”
SA 8000:2007 “Social
Accountability”
Qualità etica
FINALITÀ
CSR-SC (Corporate
Social Responsibility –
Social Commitment)
Nelle pagine seguenti approfondiremo i requisiti degli strumenti di certificazione
etico-sociale sopra menzionati, illustrandone obiettivi, requisiti, principali punti di
forza relativi alla loro implementazione nelle aziende agricole e alimentari.
Si comincerà illustrando la norma ISO 9001:2000 poiché, sebbene non direttamente
riferibile alla qualità etico-sociale, rappresenta tuttavia un fondamentale punto di
riferimento per qualsiasi organizzazione che intenda approcciarsi ai sistemi di
gestione aziendali (ambientale, sicurezza dei lavoratori, sicurezza delle informazioni,
responsabilità sociale, e via dicendo).
28 di 52
Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
4.2.1 Lo standard UNI EN ISO 9001:2000 - Sistemi di gestione per la
qualità. Requisiti.
ENTE DI NORMAZIONE
E’ una norma internazionale elaborata dall’ISO (International Standard Organization),
recepita a livello comunitario dal CEN (European Committee for Standardization) ed
a livello nazionale dall’UNI (Ente Normazione Italiano).
FINALITÀ
Obiettivo della ISO 9001 è assicurare la capacità di una qualsiasi organizzazione,
produttrice di beni o di servizi, di strutturarsi e gestire le risorse ed i processi in modo
tale da soddisfare i bisogni dei propri clienti e favorire il miglioramento continuo delle
proprie prestazioni. A tal riguardo si veda la Figura 2.
Figura 2 – Il miglioramento continuo secondo l’approccio della ISO 9001
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Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
L’ultima revisione della norma, pubblicata nell’anno 2000, ha avuto come principale
obiettivo quello di favorire la sua applicabilità ad ogni tipologia di organizzazione
aziendale, con particolare riferimento alle PMI, e di attuare un'impostazione
concettuale compatibile per una gestione integrata con le altre norme di sistema
certificabili (in particolare ISO 14001, OHSAS 18001).
La ISO 9001 si basa sull’applicazione della metodologia PDCA (Plan, Do, Check,
Act) elaborata da E. Deming, ovvero:
-
plan: definire gli obiettivi di qualità e pianificare i processi necessari al loro
conseguimento;
-
do: attuare le attività secondo quanto pianificato;
-
check: sorvegliare e misurare i processi in termini di conformità agli obiettivi
definiti, alle procedure interne formalizzate nonché alle prescrizioni di legge;
-
act: consolidare le prassi in atto o attivare le necessarie modifiche e correzioni
al sistema attraverso l’applicazione di un nuovo ciclo PDCA.
La cosiddetta “ruota di Deming” è anche alla base dello sviluppo dei sistemi di
gestione ambientale (cfr. § 4.2.2) e di sicurezza e salute sul lavoro (cfr. § 4.2.3).
REQUISITI PRINCIPALI
La norma ISO 9001 si basa sull’applicazione di otto principi guida necessari
all’organizzazione per implementare un sistema gestione della qualità. Ciascuno dei
principi sotto descritti rappresenta una regola fondamentale da adottare in azienda:
1. orientamento al cliente: le organizzazioni dipendono dai loro clienti e devono,
pertanto, cercare di capire le loro esigenze, soddisfare i loro requisiti e le loro
aspettative;
2. leadership: la direzione aziendale, oltre che individuare e stabilire gli obiettivi
strategici, devono assicurarne la comunicazione all’interno dell’ambiente di
lavoro, al fine di coinvolgere pienamente il personale nel conseguimento degli
stessi;
3. coinvolgimento del personale: l’organizzazione deve assicurare il massimo
coinvolgimento del personale nella diffusione degli obiettivi di qualità definiti, in
30 di 52
Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
modo tale da assicurare loro una piena ed efficace attuazione a tutto beneficio
dell’azienda;
4. approccio per processi: un’organizzazione per funzionare efficacemente deve
individuare e gestire numerose attività correlate; un’attività che attraverso
l’utilizzo di risorse trasforma input in output può essere definita un processo;
l’applicazione di un metodo per identificare i processi e capirne le loro
interazioni viene identificato come “approccio per processi” e la sua
applicazione consente all’organizzazione di mantenere con continuità sotto
controllo i singoli processi e le loro interazioni;
5. approccio
sistemico
alla
gestione:
l’organizzazione
deve
identificare,
comprendere e gestire un sistema di processi tra loro correlati per favorire il
conseguimento degli obiettivi prefissati; e per contribuire all’efficacia ed
all’efficienza dell’organizzazione;
6. miglioramento continuo: rappresenta un obiettivo permanente di tutte le
organizzazioni impegnate in un percorso di miglioramento della qualità dei
propri prodotti o servizi, e si deve attuare attraverso continui monitoraggi e
verifiche interne al fine di individuare i punti critici, analizzarne le cause e
stabilire azioni correttive per la loro rimozione;
7. decisioni basate su dati di fatto: le decisioni efficaci devono basarsi sull’analisi
ed interpretazione di dati e di informazioni concrete, precise e verificabili;
8. rapporti di reciproco beneficio con i fornitori: tra un’organizzazione e i suoi
fornitori devono essere impostati rapporti di reciproco beneficio finalizzati a
migliorare la capacità di creare valore per entrambi.
Gli otto principi di gestione sopra enunciati, seppur non richiamando direttamente gli
aspetti ambientali, etici e di salute e sicurezza sul lavoro, sono fortemente orientati
ad una “gestione sostenibile” dell’azienda.
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Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
PRINCIPALI PUNTI DI FORZA
I principali vantaggi e le opportunità offerte dall’applicazione di un Sistema di
Gestione per la Qualità in conformità alla norma UNI EN ISO 9001:2000 sono:
•
il tenere sotto controllo le metodiche di lavoro dell’azienda in maniera
pianificata ed efficace;
•
la definizione di ruoli e responsabilità all'interno dell'azienda;
•
un maggiore coinvolgimento del personale;
•
l’ottimizzazione dei tempi e dell'impiego delle risorse con conseguente
aumento della produttività;
•
una riduzione dei costi, un aumento dei ricavi e quindi un aumento
complessivo dell'efficienza aziendale;
•
la definizione di uno strumento per la gestione degli obiettivi aziendali;
•
il miglioramento continuo delle prestazioni aziendali;
•
il miglioramento dell'immagine aziendale.
ULTERIORI APPROFONDIMENTI
Ulteriori approfondimenti possono essere tratti dalle altre norme della famiglia della
ISO 9001, ovvero:
•
UNI EN ISO 9000:2005 Sistemi di Gestione per la Qualità - Fondamenti e
terminologia. Fornisce i principi di gestione, la terminologia e i concetti
fondamentali dei Sistemi di Gestione per la Qualità;
•
UNI EN ISO 9004:2000 Sistemi di Gestione per la Qualità - Linee Guida per il
miglioramento delle prestazioni. Fornisce orientamenti per le organizzazioni
che intendono perseguire il miglioramento continuo delle proprie prestazioni.
La norma ISO 9004, a differenza della ISO 9001, non è tuttavia concepita per
scopi di certificazione, né per finalità contrattuali.
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Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
Per maggiori informazioni:
•
www.uni.com (Ente Nazionale Italiano di Unificazione);
•
www.iso.com (International Standard Organization);
•
www.sincert.it (Accreditamento organismi di ispezione e certificazione).
33 di 52
Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
4.2.2 Lo standard UNI EN ISO 14001:2004 - Sistemi di gestione
ambientale. Requisiti e guida all’uso.
ENTE DI NORMAZIONE
E’ una norma internazionale elaborata dall’ISO (International Standard Organization),
recepita a livello comunitario dal CEN (European Committee for Standardization) ed
a livello nazionale dall’UNI (Ente Normazione Italiano).
FINALITÀ
La ISO 14001 è applicabile a qualsiasi Organizzazione pubblica o privata che
desideri:
•
sviluppare ed attuare una politica e degli obiettivi che tengano conto delle
prescrizioni legali e delle informazioni riguardanti gli aspetti ambientali
significativi;
•
implementare, mantenere attivo e migliorare un Sistema di Gestione Ambientale
(SGA);
•
assicurasi di essere conforme alla propria politica ambientale.
In particolare un Sistema di Gestione Ambientale si prefigge il raggiungimento dei
seguenti obiettivi:
•
minimizzare l’utilizzo delle risorse naturali attraverso una riduzione del loro
sfruttamento;
•
minimizzare gli impatti ambientali dell’attività produttiva rendendoli il più
possibile eco-compatibile;
•
assicurare il miglioramento continuo delle prestazioni ambientali;
•
raccogliere ed analizzare le aspettative degli stakeholders nei confronti
dell’azienda stessa relativamente agli aspetti ambientali.
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Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
La norma ISO 14001 è stata modifica nel corso del 2004 per renderla pienamente
compatibile alla ISO 9001 e, in tal modo, facilitare l’adozione nelle aziende dei
sistemi di gestione integrati qualità-ambiente.
La conformità alla ISO 14001 rappresenta, inoltre, il punto di partenza per
un'eventuale registrazione EMAS, ai sensi del Reg. Ce 761/2001.
REQUISITI PRINCIPALI
Anche questa norma, come l’ISO 9001, si fonda sulla metodologia P-D-C-A (plan,
do, check, act) (cfr § 4.2.1). In particolare, come si può vedere dalla Figura 3, la
norma ISO 14001 prevede:
1. la definizione di una politica ambientale: la direzione deve definire una
dichiarazione d’impegno a rispettare le prescrizioni legali, a prevenire
l’inquinamento e a migliorare le prestazioni ambientali dell’azienda; la politica
deve essere documentata e comunicata al personale aziendale e agli
stakeholder;
2. pianificazione: l’organizzazione deve identificare gli aspetti ambientali sui quali
può esercitare influenza, definendo anche le metodologie per valutarne la
significatività. L’organizzazione deve prendere in considerazione sia gli aspetti
diretti (emissioni nell’aria, scarichi dell’acqua, contaminazione del terreno, uso
delle risorse naturali e delle materie prime, ecc.) che quelli indiretti
(progettazione del prodotto, scelta di nuovi mercati, decisioni amministrative,
assortimenti dei prodotti, ecc.);
3. attuazione e funzionamento: l’organizzazione deve definire risorse, ruoli,
responsabilità ed autorità per gestire gli aspetti ambientali individuati,
garantendo anche la competenza, la formazione e la consapevolezza delle
risorse umane coinvolte.
L’organizzazione deve, inoltre:
•
definire le modalità di preparazione e risposta alle emergenze,
35 di 52
Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
•
predisporre i documenti nei quali formalizzare le modalità operative;
4. verifica: dopo aver individuato i processi da sorvegliare, i parametri da
misurare e le relative responsabilità, l’organizzazione deve definire le
procedure di sorveglianza e misurazione sulle prestazioni ambientali al fine di
garantire il corretto funzionamento del sistema. Le verifiche serviranno anche
per assicurare che eventuali non conformità siano trattate e gestite per evitare
il loro ripetersi.
Figura 3 – Il Modello del sistema di gestione ambientale secondo la norma ISO 14001
Miglioramento
continuo
Politica
ambientale
Riesame
Pianificazione
Verifica
Attuazione e
funzionamento
PRINCIPALI PUNTI DI FORZA
La certificazione UNI EN ISO 14001 non fornisce, di per sé, garanzie di
miglioramento ambientale ma, tuttavia, funge da stimolo per l’adozione di strumenti
di gestione e di tecnologie adeguati alla salvaguardia ambientale e tali da
coinvolgere non solo l’organizzazione, ma anche gli stakeholder.
Inoltre, attraverso l'implementazione di un SGA l’organizzazione può realizzare il
monitoraggio della corretta applicazione della normativa cogente in materia
ambientale, avere una maggiore sicurezza giuridica e dare prova dell'attenzione e
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Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
della conformità alle leggi ed ai regolamenti. In aggiunta a questo, i benefici derivanti
dalla certificazione possono essere:
riduzione degli sprechi e dei costi ambientali, nonché dei costi relativi allo
•
smaltimento dei rifiuti e degli scarti di produzione;
vantaggi di natura economica (maggiore facilità di accesso al prestito,
•
possibilità di ottenere assicurazioni ad un prezzo moderato, sgravi fiscali,
possibilità di partecipazione a bandi e finanziamenti comunitari);
acquisizione di nuovi clienti, con particolare riferimento alle categorie più
•
sensibili ai temi dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile;
miglioramento del rapporto di fiducia con il consumatore e creazione di un
•
valore aggiunto commercialmente spedibile per i propri prodotti;
contributo al mantenimento della biodiversità ambientale attraverso una
•
gestione sostenibile delle materie prime;
presenza di un elemento aggiuntivo per la partecipazione a bandi di gara
•
d'appalto.
ULTERIORI APPROFONDIMENTI
•
www.uni.com (Ente Nazionale Italiano di Unificazione);
•
www.iso.com (International Standard Organization);
•
www.sincert.it (Accreditamento organismi di ispezione e certificazione);
•
www.apat.gov.it (Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi
tecnici);
•
www.minambiente.it (Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del
mare).
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Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
4.2.3 La norma BS OHSAS 18001: 2007 – Occupational health and safety
assessment series. Requisiti.
ENTE DI NORMAZIONE
La norma OHSAS 18001 (Occupational Health and Safety Assessment Series) è
stata pubblicata, per la prima volta, nell’Aprile del 1999 dal BSI - British Standards
Institution (ente di normazione inglese). Rappresenta la norma di riferimento a livello
internazionale in materia di sicurezza e salute dei lavoratori.
Nel Luglio del 2007 è stata emessa la BS OHSAS 18001:2007 che, a partire dal 20
giugno 2009 sostituirà completamente la OHSAS 18001:1999.
FINALITÀ
La “Occupational Health & Safety Assessment Series” 18001 è uno strumento che
consente la gestione delle problematiche relative alla sicurezza all’interno di
un’organizzazione, attraverso una valutazione a priori dei rischi e la loro riduzione
mediante azioni preventive derivanti da un piano di miglioramento continuo (si veda
la Figura 4).
Essa ha l’obiettivo di fornire alle imprese un modello operativo per implementare un
sistema di gestione della sicurezza e della salute dei lavoratori, tale da consentire di
eliminare o ridurre i rischi cui i lavoratori stessi sono esposti durante lo svolgimento
delle proprie mansioni. Si rivolge, pertanto, alla tutela del personale interno piuttosto
che al cliente finale oppure alla collettività, e non prende in considerazioni gli aspetti
di sicurezza legati ai prodotti realizzati.
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Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
Figura 4 – Il processo del miglioramento continuo secondo la norma BS OHSAS 18001
Miglioramento
continuo
Politica
OHSAS
Riesame
Pianificazione
Verifica
Implementazione
e realizzazione
REQUISITI PRINCIPALI
Anche questa norma, come l’ISO 9001 e l’ISO 14001, si fonda sulla metodologia PD-C-A (plan, do, check, act). In particolare la norma BS OHSAS 18001 prevede di:
•
garantire la conformità dell’azienda alla normativa cogente;
•
definire una politica per la sicurezza adeguata alla struttura e alle attività
svolte dall’organizzazione;
•
individuare obiettivi
e traguardi
per il
miglioramento continuo delle
performance aziendali;
•
stabilire, in relazione agli obiettivi identificati, programmi di intervento a favore
della salute e sicurezza dei propri lavoratori che comportino, anche,
l’identificazione dei pericoli e l’individuazione delle modalità di controllo;
•
tenere sotto controllo i risultati ottenuti dall’azienda, in modo tale da
individuare le azioni correttive per la verifica dell’adeguatezza del sistema
39 di 52
Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
implementato; ciò comporta anche un momento di riesame della direzione
durante il quale, sulla base dei risultati acquisiti, dovranno essere definiti i
programmi di miglioramento;
•
stabilire adeguate procedure operative.
PRINCIPALI PUNTI DI FORZA
Attraverso la norma BS OHSAS 18001 le aziende possono:
•
aumentare la loro efficacia nel mantenimento e verifica della conformità
legislativa;
•
ridurre i costi diretti e indiretti di infortuni, incidenti, malattie professionali;
•
ridurre i costi assicurativi (diminuzione del tasso medio di tariffa da versare per
il premio assicurativo INAIL, come previsto dal DM del 12/12/2000).
ULTERIORI APPROFONDIMENTI
Nel Gennaio 2000 è stata pubblicata dal BSI la “OHSAS 18002 – Occupational
Health and Safety Management Systems”, una linea guida per favorire l’applicazione
in azienda del sistema di gestione per la sicurezza sul lavoro.
A seguito dell’emissione della BS OHSAS 18001:2007, anche la OHSAS 18002 sarà
revisionata (il processo di revisione del documento è attualmente in corso).
Un cenno a parte merita il documento “Linee guida per un Sistema di gestione della
salute e sicurezza sul lavoro (SGSL)”, redatto nel 2001 dal gruppo di lavoro costituito
dall’
UNI
e
dall’INAIL,
CONFAGRICOLTURA,
con
la
CONFAPI,
partecipazione
di
CONFARTIGIANATO,
CGIL,
CISL,
CNA,
CONCOMMERCIO,
CONFINDUSTRIA, ISPESL e UIL.
Tale documento non è da considerarsi né normativo né destinato alla certificazione,
ma fornisce un supporto nella progettazione e implementazione dei sistemi di
gestione della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
40 di 52
Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
Per ulteriori approfondimenti:
•
www.bsi-global.com (British Standards Institution);
•
www.bsi-italy.com (British Standards Institution);
•
www.inail.it (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli infortuni sul
lavoro).
41 di 52
Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
4.2.4 Lo standard SA 8000:2007 – Responsabilità sociale.
ENTE DI NORMAZIONE
La SA 8000 (Social Accountability) è stata pubblicata dal SAI nel 2001, sebbene la
prima versione ufficiale sia del 1997.
SAI – Social Accountability International – è un’organizzazione non-governativa che
opera a livello internazionale per il miglioramento delle condizioni di lavoro e la
diffusione di standard di responsabilità sociale. Oltre che essere deputato
all’aggiornamento ed all’emissione della norma, il SAI rappresenta anche l’unico ente
di accreditamento per gli organismi terzi che intendono certificare i sistemi di
responsabilità sociale SA 8000 delle aziende.
Nel 2007, la norma ha subito una revisione che ha apportato alcuni cambiamenti.
FINALITÀ
La SA 8000 esplicita i requisiti che permettono alle aziende di sviluppare, mantenere
e rafforzare politiche e procedure di responsabilità sociale, sulla base dei principi
stabiliti dalle convenzioni internazionali relative ai diritti umani e alle libertà
fondamentali:
•
Convenzioni ILO 29 e 105 (Lavoro forzato e vincolato)
•
Convenzione ILO 87 (Libertà di associazione)
•
Convenzione ILO 98 (Diritto alla Contrattazione Collettiva)
•
Convenzioni ILO 100 e 111 (Parità di remunerazione tra lavoratori maschi e
femmine per lavoro di valore analogo; Discriminazione )
•
Convenzione ILO 131 (Salario Minimo)
•
Convenzione ILO 135 (Convenzione dei Rappresentanti dei Lavoratori)
•
Convenzione
ILO
138
e
Raccomandazione
146
(Età
minima
e
raccomandazioni)
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Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
•
Convenzione ILO 155 e Raccomandazione 164 (Salute e sicurezza sul lavoro)
•
Convenzione ILO 177 (Lavoro in casa)
•
Convenzione ILO 183 (Protezione delle donne in maternità)
•
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
•
Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Bambini.
La norma presenta numerosi parallelismi con la ISO 9001, la ISO 14001 e la BS
OHSAS 18001, con le quali può essere integrata.
Tuttavia, a differenza di questi standard, i requisiti previsti dalla SA 8000 devono
essere rispettati non solo dall’azienda che decide di implementare il sistema di
responsabilità sociale, ma anche da tutti i suoi fornitori.
REQUISITI PRINCIPALI
Gli obiettivi specifici che la norma intende perseguire attraverso le aziende certificate
e le loro “catene di fornitura” poggiano sul presupposto che tutto il sistema debba
essere focalizzato sulla prevenzione piuttosto che sulla correzione.
I requisiti di responsabilità sociale, disciplinati dalla SA 8000, riguardano in
particolare le seguenti aree:
1. lavoro minorile: viene stabilito che l’azienda non deve ricorrere all’impiego
di manodopera infantile, sia all’interno dei propri stabilimenti che tra i
fornitori di cui si avvale;
2. lavoro forzato: viene impedito il ricorso ed il sostegno al lavoro obbligato,
nel senso che l’azienda si assume l’onore di vigilare che nessuna di queste
situazioni si verifichi anche lungo la propria “catena di fornitura”;
3. salute e sicurezza del personale: l’azienda deve assicurare un ambiente di
lavoro salubre ed una continua azione di vigilanza sugli aspetti relativi alla
sicurezza, da ottenere anche con azioni di formazione permanente;
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Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
4. libertà di associazione e diritto alla contrattazione collettiva: deve essere
riconosciuto ai lavoratori il diritto alla rappresentanza sindacale ed alla
contrattazione collettiva, nonché l’impegno ad incoraggiare forme parallele
di libera associazione;
5. discriminazione sociale: l’azienda deve proteggere i propri lavoratori da
ogni pratica discriminatoria riguardante, ad esempio, sesso, razza,
credenze religiose, età, nonché assicurare parità di salario a parità di
prestazione lavorativa;
6. procedure disciplinari: è richiesto il rispetto dei principi fondamentali stabiliti
dalla convezione ILO (International Labour Organization) oltre che la
garanzia che non siano utilizzate ne favorite punizioni corporali o altre
forme di coercizione fisica o mentale;
7. orario di lavoro: l’organizzazione deve conformarsi ai requisiti previsti dalla
legge nazionale fissando, tuttavia, come limite invalicabile un orario di
lavoro di 48 ore settimanali ed almeno un giorno di riposo; la norma
stabilisce inoltre che il lavoro straordinario non debba eccedere le 12 ore
settimanali;
8. retribuzione: l’organizzazione deve garantire che non vengano stipulati
accordi di lavoro in ‘nero’, che il salario pagato sia almeno conforme ai
minimi retributivi legali o industriali e che sia sempre sufficiente a
soddisfare i bisogni primari del personale, oltre che a fornire un guadagno
discrezionale;
9. sistema di gestione della responsabilità sociale: l’azienda deve definire un
sistema di gestione per la responsabilità sociale, ovvero una politica e delle
procedure aziendali che assicurino la conformità ai requisiti previsti dalla
SA 8000 e ne garantiscano anche l’implementazione.
Ai fini dell’ottenimento della certificazione, l’azienda dovrà dimostrare, attraverso
prove oggettive, il rispetto dei principi della norma anche da parte di tutti i sui fornitori
e sub-fornitori di qualunque paese essi siano. L’applicazione della SA 8000 implica,
inoltre, che sia la stessa impresa certificata a farsi carico della pianificazione e della
applicazione di un sistema di controllo lungo tutta la catena produttiva o distributiva,
44 di 52
Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
così da favorire un processo di adeguamento a catena. Questo aspetto rappresenta
la difficoltà maggiore nell’applicazione dello schema certificativo.
PRINCIPALI PUNTI DI FORZA
Gli effetti dell’applicazione della SA 8000 sono visibili sia internamente all’azienda
che esternamente nei confronti dei vari interlocutori con i quali l’impresa è chiamata a
interagire.
I principali vantaggi derivanti da una certificazione SA 8000 sono:
aumento
del
controllo
sulla
“catena
di
fornitori”,
esigenza
particolarmente rilevante nelle filiere medio-lunghe e/o frammentate (es.
produzione ortofrutticola);
valorizzazione di tutta la filiera produttiva e non solo del prodotto finale;
miglioramento
della
propria
immagine
aziendale,
attraverso
la
commercializzazione di prodotti etici e sostenibili;
adeguamento alle esigenze del mercato globale, sempre più alla ricerca
di assicurazioni in tema etico-sociale, anche nella produzione agricola e
agroalimentare;
promozione di un’immagine trasparente delle proprie attività, anche
attraverso la pubblicazione del bilancio sociale, ovvero dello strumento
che comunica agli stakeholder, in maniera chiara e trasparente,
l’andamento delle prestazioni derivante dall’applicazione della SA 8000.
ULTERIORI APPROFONDIMENTI
Ad oggi l’Italia è tra i paesi che maggiormente hanno aderito alla certificazione etica:
nel 1998 un’azienda italiana è stata la prima azienda in Europa alla quale è stata
rilasciata la certificazione SA 8000. I settori dove la certificazione etico-sociale è più
diffusa sono l’abbigliamento (16%), il tessile (7%), il chimico (5%) e i trasporti (5%),
tutti caratterizzati da una diffusa delocalizzazione della produzione anche in aree
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Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
geografiche considerate in via di sviluppo. La SA 8000 non è applicabile al settore
estrattivo.
Per ulteriori approfondimenti:
•
www.sa-intl.org (Social Accountabiligy International);
•
www.cepaa.org
•
www.lavoroetico.org (Azienda Speciale della CCIAA di Forlì-Cesena)
46 di 52
Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
4.2.5 Il Progetto CSR- SC Corporate Social Responsibility.
ENTE DI NORMAZIONE
Il Progetto CSR-SC (Corporate Social Responsibility – Social Commitment) è stato
promosso nel 2003 dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e realizzato
dall’Università Bocconi di Milano, in accordo con i principali staleholder a livello
nazionale (Associazioni di categoria, Associazioni di volontaria, parti interessate,
ecc.).
FINALITÀ
Attraverso un’apposita griglia di valori, denominata social statement, è stato creato
uno strumento in grado di monitorare e valutare l’impegno e le attività realizzate da
un’azienda in tema di responsabilità sociale, a supporto dei propri processi
decisionali e attuativi. L’obiettivo è quello di favorire la diffusione della cultura della
responsabilità sociale tra le imprese, anche attraverso lo scambio di esperienze e
best practices a livello nazionale e internazionale.
Il social statement, a differenza degli standard presentati nelle pagine precedenti,
non è una norma, ma uno strumento di supporto alle imprese che intendono
sviluppare un sistema di Responsabilità sociale. Pertanto, a differenza di quanto
accade con le norme prima presentate, non è possibile emettere certificazioni a
fronte di tale standard.
47 di 52
Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
REQUISITI PRINCIPALI
Il Progetto prevede un sistema articolato su due livelli:
•
Livello CSR, propone un approccio volontario di facile accesso per le
imprese e specifica linee guida per l’implementazione della CSR
nell’impresa;
•
Livello SC, per il quale è in fase di studio una procedura di valutazione
commisurata alla dimensione dell’impresa.
Nell’ambito del livello CSR è stata realizzata una griglia del social statement che può
essere usata come linea guida da quelle imprese che per la prima volta si avvicinano
al tema della CSR, ma anche come strumento di auto-valutazione, monitoraggio e
rendicontazione per quelle che hanno già sviluppato al proprio interno strategie di
responsabilità sociale.
Il social statement è composto da un set di indicatori, ovvero strumenti di
misurazione quali e quantitativa, che forniscono informazioni in merito ad uno
specifico aspetto. Gli indicatori sono suddivisi in due tipologie:
•
indicatori comuni, utilizzabili da tutte le imprese e relativi alle otto
categorie degli stakeholder previsti dal Progetto ovvero: risorse umane,
soci/azionisti/comunità finanziaria, clienti, fornitori, partner finanziari,
stato/enti locali/pubblica amministrazione, comunità, ambiente;
•
indicatori addizionali: applicabili alle imprese con più di 50 dipendenti, in
aggiunta agli indicatori comuni; questi sono divisi, a loro volta, in due
categorie in relazione al numero di dipendenti (fino a 250 e oltre i 250).
Alle imprese che sono quotate in borsa, indipendentemente dalla loro dimensione,
viene richiesto di utilizzare il set completo di indicatori, ovvero circa un centinaio.
48 di 52
Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
Riquadro 3 – IL SET D’INDICATORI DEL SOCIAL STATMENT
IL SET DI INDICATORI
Imprese
Non quotate
Quotate
Meno di 50 dip.
Common Indicator
(C)
Tra 50 e 250 dip.
Oltre 250 dip.
Common Indicator Common Indicator
(C) + cluster di (C) + cluster di
indicatori
indicatori
addizionali (A)
addizionali (A)
Common Indicator (C) + tutti gli indicatori addizionali (A)
Questo approccio modulare è stato appositamente pensato per consentire a tutte le
imprese, indipendentemente dalla loro dimensione e natura giuridica, di aderire alla
CSR.
Se alcuni indicatori non possono essere applicabili all’impresa a causa di
caratteristiche strutturali e/o organizzative, devono essere motivate le ragioni alla
base della loro esclusione. Per ogni indicatore calcolato, poi, le imprese devono
fornire un commento esplicativo fornendo l’eventuale documentazione di supporto.
Al social statement le imprese possono anche allegare la “scheda anagrafica
dell’impresa” che ha l’obiettivo di mettere a fuoco le caratteristiche generali
dell’organizzazione. Le principali informazioni richieste sono: nome, natura giuridica,
settore/i di attività, fatturato, sede principale ed eventuali sedi secondarie, principali
mercati di riferimento, numero di dipendenti. Nella scheda anagrafica devono inoltre
essere riportate informazioni più specifiche diretta a rilevare l’impegno dell’azienda
nell’ambito della CSR.
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Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
Riquadro 4 – ELEMENTI COSTITUTIVI DEL SOCIAL STATMENT
Scheda anagrafica
+
Set di indicatori
=
Social
Statement
Il social statement non si vuole sostituire alle certificazioni volontarie riconosciute sui
temi etico-sociali delle imprese, ma rappresenta un complemento per comunicare
alla collettività, in maniera più efficace ed organica, gli impegni assunti ed i risultati
ottenuti in questo ambito.
Il social statement non è certificabile. Rappresenta, infatti, come dichiarato dal
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali “un’opportunità per guidare le imprese
verso obiettivi di eccellenza nelle modalità di rendicontazione nell’ambito della
responsabilità sociale delle imprese, favorendo il miglioramento continuo delle
presentazioni aziendali in questo campo”.
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Qualità etico-sociale nel settore agroalimentare_I parte.doc
Il percorso di realizzazione del Progetto CSR-SC e di seguito rappresentato
(Riquadro 5).
Riquadro 5 – L’IMPLEMENTAZIONE DEL SOCIAL STATMENT
L’obiettivo finale social statement è dunque quello di comunicare all’esterno il
virtuoso percorso etico-sociale realizzato dall’azienda.
Tra il 2003 e il 2004 è stato realizzato un Protocollo d’intesa con alcune associazioni
di categoria ed enti pubblici per la realizzazione di iniziative di coinvolgimento e
promozione del Progetto CSR–SC. Unioncamere, attraverso l’apertura di sportelli per
la diffusione e sensibilizzazione delle imprese sulla CSR presso le sedi delle Camere
di Commercio, è tra le prime organizzazioni che hanno aderito al Protocollo e presso
le quali è possibile recuperare il materiale necessario allo sviluppo del Progetto CSRSC.
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PRINCIPALI PUNTI DI FORZA
Tra i principali vantaggi per un’azienda derivanti dall’adesione al Progetto CSR-SC
possiamo menzionare:
•
migliore efficacia della comunicazione del proprio percorso eticosociale;
•
razionalizzazione dei sistemi di valutazione per misurare l’efficacia del
percorso etico-sociale intrapreso;
•
aumento della visibilità del marchio e della reputazione dell’impresa.
ULTERIORI APPROFONDIMENTI
Nel luglio del 2006 il Ministero del Lavoro ha realizzato, in collaborazione con
Unioncamere, il volume “Responsabilità Sociale delle Imprese. Esempi di buone
pratiche italiane” nel quale sono state raccolte i migliori esempi di best practice
nell’applicazione della CSR.
Per maggiori approfondimenti consultare:
•
www.csr.unioncamere.it/ (sportelli CSR Unioncamere)
•
www.i-csr.org (Italian Center for Social Responsibility)
•
www.fipl.it (Istituto Italiano per il lavoro)
•
www.solidarietasociale.gov.it (Ministero della Solidarietà Sociale).
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