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ANNO XVI
- numero 40/2006
SPETTROSCOPIA
DEI SISTEMI STELLARI
La spettroscopia, uno dei pri ncipali rami
dell’astronomia m oderna, studia la natura
dell e stel l e e degl i al tri corpi celesti
analizzando la luce e la radiazione da essi
prodotta.
Nasce nei pr im i anni d el XIX secol o,
precisamente nel 1814, con la scoperta del
fisico tedesco Josef von Fraunhofer, il quale
fu il primo a studiare i colori prodotti dalla
luce bianca fatta passare in un prisma.
Attraverso la spettroscopia oggi siamo in
grado di capire di cosa sono composte le
stelle, le galassie e i vari oggetti che popolano
il nostro universo, poiché ogni elemento che
li costituisce presenta delle righe particolari
nello spettro di tali corpi.
Gli spettri si divi dono in tre tipi: spettri
continui, di assorbimento e di emissione.
Uno spettro continuo appartiene tipicamente
ad un solido incandescente che em ette
radiazione a tutte le lunghezze d’onda. Si
definisce di assorbimento uno spettro in cui
sono presenti righe scure, ovvero zone in
cui non vi è emissione di radiazione; questo
spettro è tipico di un gas rarefatto interposto
tr a l’ osser vat ore ed u na sor gen te a
temperatura più alta. Uno spettro di emissione
infine, com posto solo da alcune righe, è
caratteristico di un gas incandescente, che
emette radiazione solo a certe lunghezze
d’onda.
Le stelle più azzurre, quindi anche le più
calde, presentano principalm ente nel loro
spett ro l e r i ghe del l’ eli o i oni zzato e
dell’idrogeno. Le stelle gialle, come il nostro
Sole, presentano le righe dell’idrogeno molto
deboli e le righe caratteristiche di elementi
più pesanti, come quelle del calcio ionizzato.
Infine, le stelle rosse, quelle più massive e
fredde, hanno uno spettro in cui, oltre alle
righe atomiche, compaiono anche bande
molecolari del carbonio, dell’ossido di titanio
e dello zirconio.
Per un sistema stellare, come una galassia,
ol tr e a l l o s tu d i o c hi m i co , l ’ an al i si
spettroscopi ca della radiazione em essa
perm ette anche uno studio cinematico. E’
infatti possibile notare, guardando lo spettro
di una galassia, uno spostamento delle righe
rispetto a quelle che si ottengono da uno
s p et t r o d i l ab o r a t o r i o. Q u e s t o è
comprensibilm ente attribuibile all’effetto
Doppler ed è una chiara testimonianza del
fatto che tutte le galassie si allontano dalla nostra con
una certa velocità (redshift).
Inoltre, nel considerare lo spettro prodotto da un
sistema stellare, dobbiamo tener conto dei diversi
contributi dovuti alle varie componenti, quali zone di
formazione stellare piuttosto che zone in cui sono
presenti nebulose planetarie, le quali partecipano allo
spettro con righe di emissione.
Il continuo termico prodotto sullo spettro è dovuto,
invece, alla com ponente stell are e su di esso si
sovrappongono le righe di assorbimento caratteristiche
de gl i el em en ti ch e co m p on g on o l e st el l e.
Quindi, analizzando lo spettro della galassia IC1210,
vediamo come è possibile ottenere i valori della
velocità di recessione, della velocità di rotazione e
della massa della galassia.
Come primo passo è necessario posizionare la fenditura
dello spettrografo lungo l’asse maggiore della galassia,
come mostrato in Fig. 1.
Fig. 1
Fig. 2
In questo modo otteniamo il seguente spettro (fig. 2).
In fig. 2 lungo l‘asse orizzontale vi è la lunghezza
d’onda. Sempre in Fig. 2 ogni riga orizzontale
dell’immagine rappresenta lo spettro di un punto
collocato lungo la fenditura di Fig. 1. Questa tecnica
prende il nome di spettroscopia bidimensionale.
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ASTEROIDI:
Il METODO DELLO STAR DRIFT
Uno dei campi particolarmente fruttuosi, tutt’ora aperti
al la r icer ca astr on om ica am ator ial e, è quel lo
dell’osservazione delle occultazioni asteroidali. Tale
evento astronomico si verifica quando un asteroide
passa davanti ad una stella. L’evento, se registrato da
più osservatori contemporaneamente dislocati lungo la
fascia centrale, dei quali si conoscano con precisione
le coordinate geografiche della postazione, consente
di risalire alle dimensioni e alla forma dell’oggetto con
un’approssimazione superiore a qualunque rilevamento
effettuato da ter ra anche con telescopi di grandi
Continua a pagina 3
- ANNO XVI - numero 40/2006
ESOBIOLOGIA
Come ci aspettiamo che sia la vita nello
spazio?
Il desiderio di rispondere a questa domanda ci
lascia andare facilm ente con la fantasia ad altri
mondi, posti immaginificamente lontani nello spazio
e nel tempo, e a distanze tali da poterle cogliere
solo con uno sforzo di pura creatività letteraria.
Questo esercizio sicuramente appassionante e
talvolta illuminante, ci lascia, però, dal punto di
vista scientifico, soli con le poche tracce ritrovate
nella speranza di raggiungere, di esplorare ed
addirittura di colonizzare altri mondi che per il
m om ent o sono dal punt o di v ista bi ologico
assolutamente a noi ostili, oltre che piuttosto
sconosciuti.
Ma ovviamente dobbiamo far volare alto la nostra
ricerca scientifica, oltre che la fantasia, ed alimentare
la nostra conoscenza che in questo campo può fare
senz'altro grossi passi avanti magari a partire dalla
nostra esperienza della vita qui sulla terra e non
soltanto aspettando le tracce che di essa ha ritrovate
la più brillante astronautica moderna, come la sonda
Stardust recentemente.
Le condizioni in cui noi siamo abituati a osservare
la vita non sono certo simili a quelle dello spazio
aperto ma il mondo biologico, qui sulla terra, non
è stato sempre questo stesso che noi conosciamo
e poi non è detto che lo spazio interstellare
costituisca necessariamente una barriera alla sua
diffusione come è senz'altro finora almeno per la
nostra fragile natura umana.
In questo senso i più recenti esperimenti in orbita
bassa come sullo Shuttle e la Soyuz hanno infatti
evidenziato senza dubbi una correlazione diretta
tra l'esposizione ai raggi cosmici e l'insorgenza di
tumori nella nostra specie. La ragione è la massa
notevole che hanno queste particelle accellerate
dal sole e da al tr e stelle e ch e inter ferisce
direttamente con la struttura del DNA producendo
m utagenesi v isi bi lmente collegata al cancro.
Ma forme di vita primordiali come batteri ed anche
più elementari potrebbero anche essere più resistenti
e riscontrarsi nello spazio interstellare almeno nella
par te oscura del l'uni verso che per adesso noi
conosciamo assai poco.
Infatti finora dobbiamo accontentarci di tracce flebili
come una indicativa distribuzione di amminoacidi
levogiri come i nostri e/o di proteine o protoporfirine
com e quelle terrestri oppure la tracci a di una
possibile presenza in passato di acqua allo stato
liquido, anche se straordinarie missioni come Rosetta
o Mars-express stanno approfondendo molto le
nostre conoscenze, e magari le nostre speranze
di trovare eff etti vam ente la vita nello spazio.
In quest'ambito le prospettive che si aprono sono
imprevedibili come quelle che ci attendiamo dopo
aver osservato i risultati della caduta di un proiettile
dalla sonda Deep Impact sulla cometa Tempel che,
ad esempio, da quel momento emette raggi X
pr opr io d al crater e pr odotto dal l' im patto.
Per questo sono essenziali alla preparazione di
queste missioni ricerche teoriche e modelli predittivi
che ci dicano cosa cercare e su quale tipo di corpo
celeste ma queste discipline teoriche non sono certo
divulgati facilmente al punto da stimolare la ricerca
di base.
D'altro canto purtroppo la biologia, per la delicatezza
2
del materiale biologico, ha raggiunto dei risultanti
eccellenti in questo campo solo negli ultimi 30 anni
e per questo, se è oggi possibile raggiungere con dei
calcoli millimetrici dei punti dello spazio piuttosto
remoti ed addirittura impattare piccoli corpi celesti
ad una tale distanza, d'altra parte non sappiamo quasi
nulla di ciò che è avvenuto nei millenni di questa
materia oscura che, secondo l'ipotesi della Panspermia,
avr ebbe diff uso la vi ta ovun que nell o spazi o.
La stessa acqua, che è essenziale per la vita come
noi la conosciamo, è assai rara nello spazio allo stato
liquido, e non è proprio affine alla vita quando è allo
stato solido in cui però è più diffusa e ci dà maggiori
speranze perchè, comunque, almeno sulla terra,
esistono m icrorganismi capaci di sopravvivere al di
sotto della calotta artica oppure intrappolati nel
ghiaccio dell'antartide.
In attesa di esplorare lo spazio di persona, il che
attualmente appare assol utam ente im possi bi le,
possiamo soltanto fare affidamento sulle tecniche di
osservazione più efficaci alla risoluzione dei corpi
oscur i del l' un iv erso ch e son o scoperti or m ai
routinariamente anche da altri astrofili come noi dotati
di piccoli telescopi.
La m e ccani ca cel este è sta ta stu di ata co sì
accuratam ente che ci for nisce l a prova indiretta
dell'esistenza di pianeti come il nostro che vengono
così scoperti e magari fatti oggetto di missioni spaziali
ma già altre tecniche tradizionali, come la spettroscopia
e l' int er fer om et ri a, appl icate all 'osserv azione
astronomica, ci permettono anche di scoprirne la
composizione chimica e si stanno diffondendo al punto
da poter raccogliere in rete queste informazioni e da
poter considerare la terra un grande interferometro
(a larga scala) cui si aggiungeranno presto altr i
rilevatori con le missioni spaziali attualmente previste,
come la sonda Darwin (2014).
Gennaro Esposito
Raffigurazione posta sul Voyager 2 in viaggio
o ra m ai a i con f i n i de l Si st em a So l ar e
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Continua da pagina 1
dimensioni. In alcuni casi (rari) è stato anche possibile registrare
una doppia sparizione, attribuibile alla presenza di un secondo
corp o m i nor e r otan te att orn o al l’ aster oi de p ri n cip ale.
Per seguire un tale fenomeno, è suffici ente un telescopio di
modeste dimensioni e quindi non necessariamente uno strumento
professionale. Indispensabile però è una camera CCD, un computer
ed u na precisi on e assolut a n el la r il ev azione dei tem pi.
L’errore ammesso, affinché la misura abbia un certo valore e
possa essere utilizzata, non deve eccedere 0,3-0,4 secondi. Per
mantenere l’orologio del PC entro questo errore, viene utilizzato
un software che permette la correzione dell’orologio collegandosi
continuam ente ad un campione primario di tempo via Internet.
La tecnica utilizzata per registrare l’evento è quello dello StarDrift (della strisciata stellare) che consiste nel posizionare la stella
che verrà occultata sul bordo sinistro (lato Est) del campo inquadrato
dal CCD e spegnere il motore del moto orario per la durata di 60
secondi, che è il tem po che impiega, grosso m odo la stella ad
attraversare l’intero fram e, per effetto del moto di rotazione
terrestre. Se il fenomeno si verificherà, la strisciata, anziché come
traccia continua, si presenterà interrotta per un breve intervallo,
che sarà proprio quello provocato dall’occultazione da parte
dell’asteroide.
Il risultato della ripresa è illustrato nella foto CCD qui riportata:
Continua a pag. 5
Dis. 1:
Percorso ipotetico di un asteoride
osservabile da diverse località
Via Canali 17 84121 Salerno - ITALY
www.cana.it
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La riga orizzontale più intensa visibile al centro
dello spettro è la galassia.
Le righe verticali che attraversano tutto lo spettro
sono dovute al fondo cielo e vanno sottratte; si
ottiene così lo spettro in Fig. 3.
Fig. 3
Le r ighe a f or ma di s sono emesse dal gas
interstellar e presente nel disco della galassia.
Graficando sull’ascissa la lunghezza d’onda e sull’
ordinata l’intensità di ogni pixel appartenente ad
una particolare riga, otteniamo il profilo dello
spettro (Fig.4).
ci accor gi am o che le l unghezze d’onda ottenute
differiscono di qualche Å. Inserendo quindi, questi valori
nella formula per il calcolo della velocità, otteniamo
una serie di valori leggermente differ enti . Questo
risultato ci porta all’im portante conclusione che la
galassia ruota intorno al suo asse.
Infatti, il fatto che la velocità assuma valori diversi
al lontanandosi dal centro indi ca che esiste una
componente di velocità rotazionale che si somma alla
velocità di recessione.
La velocità massima di rotazione rispetto al centro è
di 125 Km/s.
Conoscendo questo valore possiamo calcolare anche la
massa della galassia, supponendola sferica e supponendo
che le orbite delle stelle siano circolari.
acentri fuga = V2(r)/r
agravità = GM(r)/r 2 ===> M(r) = V2 (r) r/G
r =distanza dal centro galattico
G =cost. gravitazionale = 14.023 10 -3 km2AL/(s 2MS)
Sostituendo nella formula i valori numerici, si ha:
M(30000AL) = (125km/s)230000 AL/14.023 10-3
km2AL/(s2MS)= 3.3 10 10 MS
Dove:
AL=Anno Luce
MS=Masse Solari
Fig. 4
Nel grafico sono evidenti le righe di emissione
dovute all’ idrogeno (λ =6563 Å), all’azoto (λ=6543
e 6583Å) e allo zolfo(λ = 6716 e 6731Å); tuttavia,
se confrontiamo tali lunghezze d’onda con quelle
ottenute in laboratorio (dati in parentesi) dagli
stessi elementi, ci accorgiamo che il loro valore è
m aggiore,infatti per l’idrogeno sullo spettro si
misura λ =6625 Å.
Ciò è dovuto al fatto che la galassia si allontana
da noi con una velocità pari a:
V = c (λ osservata – λ laboratorio)/λ laboratorio
Dove c è la velocità della luce. Sostituendo nella
formula la lunghezza d’onda dell’idrogeno, si ha:
V=300.000Km/s (6625-6563)Å /6563Å
=2834Km/s
Dalla legge V=D*23 , si ricava la distanza della
galassia:
D=V/23 m.a.l. =2834/23 m.a.l. =123m.a.l.
m.a.l.=milioni di anni luce.
Inoltre, con i vari spettri ottenibili dalla figura3,
r iu sciam o a m isur ar e l’ em issi one del g as
appartenente alla galassia fino ad una distanza di
30000 anni luce dal centro. Questo dato sarà
fondamentale in seguito per il calcolo della massa
di IC 1210.
Torniamo ora ad analizzare la forma ad s che
compare nelle righe di emissione della Fig. 3.
Se osserviamo due spettri ad uguale distanza dal
centro ma in posizione opposta rispetto ad esso,
Più semplicemente IC 1210 ha una massa pari a 30
miliardi di volte quella del nostro sole.
Sonia Tortora
per le immagini ed i dati riguardanti IC1210 si ringrazia
il dott. A.Pizzella "Progetto Educativo del Dipartimento
di Astronomia di Padova"
Attività del C.A.N.A.
L'anno appena trascorso ci ha visti impegnati su
svariati fronti.
Abbiamo ripreso il dialogo con le scuole: i nostri
interventi all'Alfano I e al Giovanni Da Procida hanno
riscosso l 'inter esse di studenti e docenti e per
quest 'an no son o pr ev i ste di v er se i n izi at iv e.
Il liceo Genoino di Cava dei Tirreni, provvisto di un
osservatorio astronomico, si avvarrà dei soci del Cana
per dar luogo ad una serie di iniziative indirizzate
anc he a l pu bb l i co co n se ra te o sser v at i v e.
Ci sarebbero molte altre attiv ità a cui abbiam o
partecipato da menzionare, ma non basterebbero le
colonne di questo notizi ar io, qui ndi pr ef eri am o
accen n ar e a ci ò ch e a bb i am o i n c ant i er e.
Riprenderanno i corsi di base, integrati da un ciclo di
seminari tenuti da professionisti dell'astronomia che
ne aum enteranno il prestigio e l a quali tà degli
argomenti trattati.
Con la municipalità di Pellezzano stiamo valutando la
fatti bi li tà di r eal i zzazi one di un osser v at ori o
astronomico.
C'è molto altro ancora ma... non sveliamo tutto ora.
Ci stiam o pr eparando all a grande per il 2007,
Continua da pagina 7
- ANNO XVI - numero 40/2006
Continua da pagina 3
Si vede in modo inequivocabile l’interruzione della strisciata provocata dal calo di luminosità della stella.
Se lo stesso fenomeno viene rilevato da div erse località, si registreranno, per motivi di parallasse,
i nt err u zion i di d iv er sa du rat a ch e sono i m pl i cabi l i al l a f or m a i ntr i nseca d el l ’ aster oid e.
Le illustrazioni di Fig. 1 e 2 chiariscono quanto esposto.
Questo metodo di osservazione, come si intuisce, non ha senso se praticato da soli, ma occorre appunto
una rete di osservazioni dello stesso evento. Noi astrofili, uniformemente distribuiti sul territorio, possiamo
eseguire tali osservazioni coordinandoci e inviando i risultati ad appositi e professionali centri di ricerca.
Andrea Mattei
LA TEORIA
DELLE ORBITE:
Introduzione:
L'orbita di un satellite artificiale è una curva
com plessa dello spazio la cui progettazione
rappresenta sempre un'importante sfida per
gli analisti di missione. Si tratta, in effetti, di
un delicato processo di ottimizzazione, il cui
scopo è cogliere il migliore equilibrio tra le
diverse, e a volte contrastanti, esigenze in
gioco.
In generale, si deve tenere conto di tre elementi
fondamentali: il legame tra il moto e le forze
che lo determinano; la distribuzione delle forze
nello spazio e nel tempo; l'ottimizzazione dei
due punti precedenti in relazione alle esigenze
operative. Esaurire la trattazione anche di uno
solo di questi ambiti va la di là degli scopi di
qualsi asi lav oro di carattere div ulgativo.
In questa sede ci si occuperà brevemente del
primo punto: si forniranno gli strumenti per comprendere
le caratteristiche del moto di un corpo intorno al nostro
pianeta e, per semplicità, si considererà la situazione
realistica in assoluto più semplice. Si farà riferimento, in
particolare, al modello kepleriano, esponendo le ipotesi su
cui si basa e le conseguenze cui consente di pervenire.
Il m odello kepleriano fa riferimento ad una condizione
ideale in cui:
· è valida la meccanica classica;
· la Terra ha massa infinita;
· la Terra ed il satellite sono punti;
· l'unica forza è la gravità.
Le deduzioni cui si perviene applicando queste ipotesi e
sviluppando i soliti facili passaggi matematici sono riassunte
nelle tre leggi di Keplero. Adattate al nostro ambito, esse
affermano che:
1) I satelliti si muovono su piani fissi dello spazio e la loro
traiettoria è un'ellisse ci cui la Terra occupa uno dei
fuochi;
2) La area descritta dalla congiungente Terra - satellite
nell'unità di tempo è costante;
3) Il quadrato del periodo orbitale è proporzionale al cubo
del la distanza media dal centro del la Ter ra.
Orbita Circolare
Orbita Polare
Il primo dato a saltare all'occhio è il fatto che le traiettorie
sono curve fisse dello spazio. In teoria, una volta inserito
un satellite su una certa orbita, questo continua a muoversi
su di essa indefinitamente. In questo senso, esaurita la
fase del lancio, non è necessario l'ausilio di alcun propulsore
per perpetuare il moto.
In secondo luogo, si può notare come la forma dell'orbita
non sia casuale. Per i casi di nostro interesse si tratta di
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LA COSTELLAZIONE DI ORIONE
Orione è una delle più belle ed estese Costellazioni della regione
equatoriale celeste, in queste sere sorge ad Est intorno alle 20:00
e verso le 01:00 troneggia alta nel cielo con le sue brillanti gemme,
tanto che anche un principiante riuscirebbe a riconoscere questo
scintillante quadrilatero nel cui centro è visibile una cintura formata
da tre stelle allineate tra di loro.
Conosciuta da tempi remoti, fu onorata dagli Egizi con il nome di
Osiride, tanto che nella piana di Giza fu costruito uno straordinario
complesso megalitico, simile alla costellazione; le tre stelle della
cintura sono state rappresentate dalle tre più grandi piramidi mai
costruite ed attribuite ai Faraoni Cheope, Chefren e Micerino che
costituiscono l'unica delle sette meraviglie del mondo antico ancora
visibili.
Gli stessi Omero,Virgilio e Plinio hanno dato a questa costellazione
un posto privilegiato nella loro letteratura, si parla infatti, di un
gigante ucciso dallo Scorpione e resuscitato da Esculapio: Diana,
dea della caccia e gelosa del rivale, lo ucciderà definitivamente.
In cielo raffigura un gigante armato di spada che insegue le Pleiadi
(le pecorelle) mentre si difende dal Toro.
Al vertice superiore sinistro del rettangolo di stelle che delinea il
corpo del gigante c'è la celebre Betelgeuse l'Alfa Orionis, una
supergigante di colore rosso e variabile che oscilla fra le mag. 0,4
e 1,3 in un periodo di circa 5 anni e mezzo. La sua distanza è incerta,
si stima tra i 500 ed i 650 a.l. Betelgeuse, brilla mediamente 15mila
volte più del Sole con un diametro medio di 1000 milioni di km e
se si trovasse al centro del sistema solare lambirebbe, con la sua
fotosfera (temperatura circa 3000°), a volte l'orbita di Marte, a volte
quella di Giove.
Al vertice opposto, in basso a destra del quadrilatero c'è Beta Orionis,
si chiama Rigel, di colore bianco azzurro ha una mag. di 0.14. Tale
stella per luminosità è la settima stella del cielo, secondo le stime
più recenti, si trova ad una distanza di circa 9000 anni luce. Rigel
è una supergigante molto calda, la sua temperatura è di circa 12000°
con un diametro di 50 volte quello del nostro Sole; ha una compagna
azzurra di mag. 7 posta ad una distanza di circa 9 secondi d'arco,
che può essere separata mediante l'utilizzo di telescopi di almeno
15 - 20 cm di diametro.
Gamma Orionis, in alto a destra, ha il nome Bellatrix, (l'amazzone)
ha mag. di 1,64 ed è di colore bianco, dista circa 470 anni luce e
La Costellazione di Orione
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La Horse Nebula - foto CANA
si allontana con una velocità di 18
km al sec. Se le stime di distanza
sono corrette, essa è 4000 volte più
luminosa del Sole.
Sai ph Kappa Orionis, in basso a
sinistra, ha una mag. di 2,06 si trova
a 2100 anni luce e brilla 50mila volte
più del sole.
Zeta Orionis, Epsilon Orionis e Delta
Orionis, sono le tre stelle della cintura;
la pri m a Aln itak è la stell a pi ù
meridionale, brilla di mag. 1,8 e dista
1600 anni luce, è parte di un sistema
triplo non facile da osservare, intorno
si estendono dell e m er avi gli ose
nebulose come la celebre B33 nota
come “testa di cavallo”; nome che le
deriva dalla forma del profilo buio che
si staglia sullo sfondo di una nebulosa
illuminata da zeta Ori.
Alnilam, la stella centrale, di m ag.
1,7 è una supergigante bianca che
dista circa 1500 a.l. e come le sue
com pagne è avvolta in una debole
nebulosa.
Se spostiam o il nostro sguardo, dal
centro e leggermente verso il basso,
n o t er e m o t r e st e l l i n e p o st e
perpendicolari all e tre stelle della
ci ntur a, queste rappr esentano la
spada del gigante. Esse sono avvolte
da u na af fasci nante nebulosi tà,
senz'altro la più osservata, la più
fotografata e studiata: è “M42 la
Grande Nebulosa di Orione”, la cui
distanza di questa meraviglia del cielo
è incerta e si stima intorno ai 1600 1900 a.l. con un diametro di circa
30 anni luce. Benché la sua densità
sia meno di un milionesimo di quella
di un buon vuoto di laboratorio, essa
contiene abbastanza m ateria per
formare 10000 stelle come il Sole.
Infatti, nel suo interno e nella vicina
M43 stanno nascendo circa 300 nuove
stelle.
Gaetano Scuoppo
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Continua da pagina 5
un'ellisse e le caratteristiche geometriche di questa
curva dipendono dalle condizioni iniziali di moto.
In particolare, maggiore è la velocità iniziale più
grande risulta essere la distanza media tra la Terra
ed il satellite e, per la terza legge di Keplero,
maggiore è il periodo di rotazione.
In generale, esiste anche la possibilità di avere
traiettorie paraboliche ed iperboliche. Questi casi
si realizzano quando i corpi hanno energia cinetica
sufficiente a sfuggire al cam po grav itazi onal e
terrestre. Il parametro di discrimine è ancora una
volta la velocità iniziale.
Si ha che:
ove con Vo e Vf si sono
i n d i c a t e ,
rispettiv amente, la
vel oci tà in i zi ale e
quella di fuga. Queste
so l u z i on i
sono
adottate nelle missioni
d i e s p l o ra z i o n e
interplanetaria.
Un'ultima importante
informazione è fornita
dalla seconda legge di
Kep l e r o. A f f i n c h è
Orbita Ellittica
questa sia verificata,
infatti, la velocità del
satellite deve variare
lungo l 'orbita. Nello
speci f i co, si de v e
avere un massimo al
perigeo ed un minimo
al l 'ap ogeo ov v er o,
rispettivamente, nei
punt i di m i ni ma e
m assi m a d i sta nza
dalla Terra.
Orbita Geostazionaria
Il moto di un corpo nello spazio è governato da
una complessa interazione di fattori. Un modello
semplice quale quello kepleriano non può certo
cogliere tutte le minute sfaccettature del problema.
Le ipotesi in gioco definiscono limiti importanti alla
sua capacità di previsione.
In effetti, i principi della meccanica classica andrebbero
rivisti in chiave relativistica; la Terra non ha massa
infinita; per di più, essa non è un punto come non
lo è, d'altra parte, neanche il più piccolo dei satelliti;
infine, all a forza di gravità, che è l'i nterazione
preponderante, bisognerebbe sovrapporre, a seconda
dei casi, tutte le altre forze in gioco. Nonostante
questi limiti, il modello kepleriano è perfettamente
in grado di tenere conto degli aspetti fondamentali
del problema. Il suo studio è la necessaria premessa
a qu al s i as i a na l i si d i m ag gi o r de tt ag l i o.
Antonio Fortunato
Continua da pagina 4
venticinquesimo anno di attività del nostro sodalizio.
Il nostro sogno sarebbe quello di avere Neil Armstrong
ospite della nostra città per questa ricorrenza: non
sarà facile, considerata l'età del personaggio e anche
la sua scarsa volontà di apparire in pubblico, ma ci
proveremo ugualmente.
Infine desideriamo ringraziare il Consiglio direttivo ed
i soci del Club Alpino Italiano, sezione di Salerno,
grazie a quali con una joint-venture in cambio di
ospitalità, siamo riusciti a recuperare i locali della
nostra sede.
Enzo Gallo
Segretario- Tesoriere C.A.N.A.
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