Viaggi di cultura – Siria antologia

Viaggi di cultura – Siria antologia
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Siria, antologia
[Manjusri Database Culturale, www.manjusri.it]
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VICINO ORIENTE, SIRIA
Ebla: l’ecomomia
sec. 2500-2400.ac
L’economia di base del regno di Ebla è agro-pastorale, con quelle differenze rispetto alla Mesopotamia
che sono dettate dalle diverse condizioni ecologiche. Granparte nell’economia eblaita ebbero i commerci,
soprattutto di tessuti e di metalli, resi possibili dall’estesa rete commerciale.
da: M.Liverani, Antico Oriente, Bari 1995, pp.213-5. Anche: agricoltura e allevamento nella metà del III
millennio; commerci palaziali.
L’economia di base del regno di Ebla è agro-pastorale, con quelle differenze rispetto alla Mesopotamia
che sono dettate dalle diverse condizioni ecologiche. L’agricoltura è impostata sulla produzione di
cereali, e però-salvo forse nella depressione del Matkh- non può contare che sulle precipitazioni e sui
terreni leggeri e superficiali, che emergono a tratti dal tavolato calcareo. I rendimenti che si deducono
da un confronto tra entità delle semine e dei raccolti si collocano nell’ordine da 1:3 a 1:5; normali per
questo tipo di agricoltura ma ben lontani da quelli basso-mesopotamici. La produzione di eccedenze di
cibo per il mantenimento del palazzo è dunque operazione più faticosa, essendo dipendente dalle
oscillazioni annuali delle precipitazioni. Ad integrazione della cerealicoltura, ed approfittando anche dei
terreni collinari, sono ben sviluppate le tipiche colture mediterranee della vite e dell’olivo, che
caratterizzano l’alimentazione siriana rispetto a quella mesopotamica (vino rispetto a birra, olio di oliva
rispetto a olio di sesamo), nonchè numerosi tipi di alberi da frutto.
L’allevamento gestito dal palazzo è sostanzialmente caprovino e bovino, il primo soprattutto inteso alla
produzione della lana che va ad alimentare l’industria tessile e il commercio dei tessuti, il secondo a
fornire lavoro agricolo. Il bestiame è detenuto sia dal funzionario sia dagli anziani e da altre entità
della sfera pubblica sia ovviamente dai villaggi. Una parte del bestiame affluisce annualmente
all’organizzazione palaziale, per essere redistribuita soprattutto nel sistema delle feste.
Il settore meglio documentato e più sviluppato dell’economia eblaita è certamente il commercio. In
parte si tratta di una accentuazione particolare della documentazione: l’archivio finora trovato è
sostanzialmente un archivio commerciale, mentre scarsamente rappresentati sono i testi
dell’organizzazione agricola e pastorale. Però il ruolo privilegiato del commercio sembra essere un fatto
reale, connesso con il particolare sviluppo del palazzo e con l’estensione della presenza eblaita al di
fuori dei suoi confini. Si può parlare di una vera e propria rete commerciale, costituita da punti di
appoggio fissi nelle città toccate dai traffici: in ciascuna di esse c’è un karum (porto, cioè stazione
commerciale) con un rappresentante eblaita (lugal) e un’organizzazione finanziaria e giudiziaria di
supporto allo svolgimento dei traffici. L’organizzazione commerciale eblaita non è certo l’unica
dell’epoca, è solo quella su cui abbiamo documentazione diretta: ma è facile intravedere analoghe reti
commerciali controllate da Assur per il settore anatolico, da Susa per il settore iranico, da Dilmun per il
golfo persico. Il collegamento tra rete e rete è un problema acuto, data la tendenza e l’interesse di ogni
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rete as estendersi a danno delle reti confinanti, e data anche la possibe rivalità tra più centri per il
controllo della stessa rete.Dei trattati, come quello tra Ebla e Assur, regolamentano il modo in cui i
mercanti possono usufruire dei punti di appoggio della rete commerciale. Il commercio riguarda
soprattutto i due settori dei tessuti e dei metalli. La documentazione è relativa ai prodotti in uscita,
mentre è oscuro il capitolo dei beni che i mercanti riportavano a Ebla- ma i metalli stessi dovevano
essere un prodotto sia in entrata sia in uscita perchè il teritorio di Ebla non ha particolari risorse
minerarie. Ebla sembra essere un centro di esportazione di prodotti lavorati (tessuti e vestiti; oggetti di
bronzo) e di importazione di materie prime (metalli anatolici). Il commercio è di stato, nel senso che il
palazzo si fa carico dell’organizzazione della rete commerciale, e convoglia in essa i beni che
affluiscono da vari operatori sia privati. Il re e i governatori immettono le loro quote di mercanzie,
accanto ai settori privati (famiglie). Le operazioni propriamente finanziarie sono largamente mascherate
a livello documentario da una terminologia vaga, arcaica e in parte ideologizzata (sotto l’influsso del
modello dello scambio di doni).
(Maria Elena Gorrini)