La parola “design” - Dipartimento Architettura e Design

La parola “design”
In inglese la parola design può essere utilizzata sia come sostantivo che come verbo; assume
significati come "intenzione", "proposito", "piano", "intento", "scopo", "attentato",
"complotto", "figura", "struttura di base", oppure (to design)
"architettare", "simulare",
"ideare", "abbozzare", "organizzare", "agire in modo strategico". Si nota immediatamente
come tutti questi significati siano in stretta relazione con i termini di "astuzia" e "insidia".
Il termine deriva dal latino “signum” che corrisponde all’italiano "segno"; così, dal punto di
vista della radice etimologica la parola design significa "disegno".
Eppure attualmente tale termine ha assunto un significato internazionale che va ben oltre la
sua etimologia.
La parola, però, se vi riflettiamo continua a trovarsi in contesti associati alle idee di astuzia e
di insidia; un designer è un cospiratore che tende le sue trappole per poter produrre e vendere i
suoi prodotti.
Hanno origine simile ed rientrano in questa fascia di significati anche i termini particolare
meccanica e macchinario. Il greco méchos indica un dispositivo escogitato per trarre in inganno e chi lo progetta è chiamato polymechanikós ossia "astuto". L'antica radice da cui deriva Il
termine méchos è MAGH, questa si riconosce nel tedesco macht - "potere", "forza" - e mögen
- "volere", "desiderare" -. In un certo senso un macchinario può essere considerato un
dispositivo ideato per trarre in inganno: per esempio una leva inganna la forza di gravità.
Un'altra parola che compare nello stesso contesto è "tecnica" che deriva dal greco téchne. Il
significato del termine greco è "arte" e si collega alla parola tékton, ("falegname"). Questo
legame evidenzia il fatto che il legno è un materiale informe al quale l'artista, il tecnico,
conferisce una forma; quindi, tramite questo processo, in un certo senso, l’arte e la tecnica,
quando le trasferiscono nel mondo materiale, tradiscono e distorcono le forme intelligibili (le
Idee).
L'equivalente latino del greco téchne è ars ("idea", "espediente", "trovata", "trucco",)da ars
deriva articulum ("piccola opera d'arte") che indica qualcosa che ruota, che verte intorno a
qualcos'altro (come il polso o la spalla). Perciò ars significa "agilità", "destrezza", e il termine
relativo alla parola “artista”, artf/ex, indica, innanzitutto, un "imbroglione".; il vero artista è il
prestigiatore. Il termine tedesco che significa arte, Kunst, deriva dal verbo können (potere), e
il termine Künstler (artista) conferisce l’idea che questa sia una persona "in grado di fare
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qualcosa", l'aggettivo gekünsteit, che significa "artificiale", "artefatto", "affettato", ha la stessa
radice.
Queste considerazioni etimologiche dovrebbero costituire una spiegazione abbastanza
esauriente della posizione che la parola design occupa nel discorso contemporaneo.
I termini design, macchina, tecnica, ars e arte sono strettamente collegati l'uno all'altro.
Tuttavia, questa corrispondenza è stata negata per secoli (almeno sin dal Rinascimento).
Nell’età moderna si è operata una netta separazione fra il mondo delle arti e quello della tecnica e delle macchine; così anche la cultura è stata rigidamente scissa in due rami che si
escludono a vicenda: quello scientifico-quantitativo e quello artistico-qualitativo. Questa
deleteria suddivisione ha iniziato a diventare insostenibile verso la fine del XIX secolo;e la
parola design si è inserita nella breccia ed è andata a formare un ponte fra le due branche. Ciò
è stato possibile proprio perchè il termine esprime una connessione interna fra arte e tecnica.
Per questo in epoca contemporanea design dove e come arte e tecnica vengono di comune
accordo a coincidere.
(Fonte: Vilém Flusser Filosofia del design)
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Approccio alla storia del design
In epoca rinascimentale, come si è visto, con la nascita delle Accademie si assiste alla
distinzione tra Arti Maggiori ed Arti Minori. Le Accademie, nate in nel particolare clima
sociale controriformista, vogliono valorizzare il momento dell’Idea separando quello che in
realtà è un processo di progettazione unitario: il momento creativo (il disegno) viene separato
da quello esecutivo e quest’ultimo è addirittura ignorato e disprezzato. E’ così che pittura,
architettura e scultura divengono le materie insegnate nelle Accademie, mentre le tecniche
artigiane in genere (quelle che sono chiamate Arti Applicate) subiranno una sorta di
misconoscimento.
Solo negli anni del Settecento caratterizzati dalla Rivoluzione Industriale si inizierà a
comprendere l’assurdità di questa separazione e a volerla superare; le prime teorie a proposito
nascono dall’esigenza di dover dare forma a determinati prodotti sulla base delle nuove
tecniche in quel momento a disposizione e le prime risposte cercherà di darle proprio il campo
delle Belle Arti con la ricerca di una nuova didattica nell’approccio progettuale all’oggetto.
Questo legame, a volte negato e a volte dichiarato, tra arte e tecnica (abbiamo visto come sia
esplicito già nell’etimologia delle parole) è forse quello che ha fatto sì che molto spesso si sia
affrontata la Storia del Design come la si fa con la Storia dell’Arte ossia ricercando e
spiegando degli stili.
Pevsner giunge, ad esempio, dopo un’analisi di quello che è stato il progresso nei metodi di
progettazione degli oggetti da William Morris (seconda metà dell’Ottocento) fino all’epoca
del Bauhaus (1919-1933), decretando che quanto fatto da questa scuola è lo stile del design.
Questo approccio alla materia a noi non sembra adeguato perché ogni continente,ed al suo
interno i diversi paesi, possiede una storia nazionale che ha certamente influenzato anche il
modo di pensare e progettare. Basti pensare ai paesi orientali che, basandosi sul pensiero della
religione scintoista, non hanno mai ipotizzato una separazione tra le arti hanno di
conseguenza interagito con gli oggetti in maniera differente dall’Occidente ma non senza
creare interessanti oggetti di design. Allo stesso modo l’approccio statunitense alla
progettazione di oggetti d’uso è partita da idee ed obiettivi differenti da quelli europei ma non
per questo non lo si deve ricordare parlando di storia del design.
Quello che vorremmo presentare noi è una Storia del Design composta dalle diverse storie
del design delle differenti nazioni, senza però creare dei compartimenti stagni a sé stanti
perché è indubbio che ci sia stato anche uno scambio culturale tra i Paesi o un vicendevole
influenzarsi tra Oriente ed Occidente ma non solo, ma anche tra luoghi più vicini.
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Le utopie scientifiche e tecniche
Nonostante il pensiero Accademico sviluppatosi all’interno di queste scuole a partire dal
Cinquecento sminuisca notevolmente il valore di ciò che è meccanico, a partire dal Seicento
molti artisti si distaccano da questa linea di pensiero e si impegnano nel disegnare le macchine
con la stessa dedizione che impiegano quando trattano il corpo umano; è in questo periodo
che si incomincia ad assistere alla pubblicazione di un diverso numero di testi letterari nei
quali le macchine vengono presentate come strumenti capaci di assicurare agli uomini la
felicità terrena. Vi si descrivono società e città ideali dove la macchina è strumento per
rendere l’uomo più consapevole dei rapporti esistente tra gli uomini e tra gli uomini e la
natura, evidenziando la positività di questi rapporti. Il primo grande testo che affronta questo
argomento è considerato la Nova Atlantis (1624) di F. Bacon. Contemporaneamente a Bacone
scrivono anche J. Wilkins (1638), F. Godwin (1638) e C. de Bergerac (1656); mentre
successivamente vanno ricordati L. S. Mercier (1772), N.E. Rétif de la Bretonne (1781), Ch.
F. M. Fourier (1822 e 1829) e C. Cabet (1845). Le utopie scientifiche e tecniche esprimono
quella che è stata la grande rivoluzione intellettuale iniziata nel Quattrecento con uomini quali
Leon Battista Alberti (1404-1472), Piero della Francesca (1416-1492) e Leonardo da Vinci
(1452-1519), proseguita nel Cinquecento con J. L. Vives (1492-1540), G. Agricola (14941555), W. Gilbert (1540-1603), e definitivamente affermatasi nel Seicento ad opera
soprattutto di Galileo Galilei (1564-1642) e Francesco Bacone (1571-1626).
E proprio grazie all’attività di ricerca e alla nuova mentalità di pensiero di questi scienziati,
architetti e artisti che si apre la strada al superamento dell’opposizione tra sapere pratico e
sapere teorico, tecnico e scientifico che aveva preso il via in epoca Rinascimentale. Le
tecniche accademiche che si basavano maggiormente sull’approssimazione incomincia ad
essere criticata e sostituita
da una cultura più propensa e predisposta al gusto per la
precisione.
(Fonte: Tomàs Maldonado Disegno industriale un riesame)
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Le rappresentazioni visive delle macchine nei sec. XVI, XVII e XVIII
La questione dell’impiego delle macchine e della loro progettazione era già stato affrontato
nel De re metallica. (1556) di G. Agricola e ne Le diverse e artificiose macchine (1558) di A.
Ramelli, ma è nel Seicento che incomincia ad avere una più vasta diffusione.
In un primo momento circolava un gran numero di tavole sulle quali erano rappresentate
delle macchine senza che queste, però, avessero uno scopo od una funzione precisi da
svolgere, venivano disegnate per il gusto di disegnarle e farle vedere. Successivamente si fece
ricorso ai disegni raffiguranti macchinari per spiegare il funzionamento, l’installazione o
l’utilizzo degli impianti tecnici delle prime fabbriche che stavano nascendo proprio in quegli
anni: una sorta "istruzioni per l'uso" nelle quali la macchina era mostrata in un ambiente che
aveva lo scopo di rappresentare l’ipotetico luogo in cui la macchina avrebbe preso posizione.
Queste raffigurazione prendono il nome di “ teatri delle macchine” proprio per il fatto che la
macchina è soggetto e attore dell’immagine al pari di un qualunque altro oggetto della scena e
per questo merita la stessa cura. Così le macchine risultano essere artificiose, che nel
linguaggio Barocco vuole significare “bello”.
Trattando di macchine e dei primi manuali tecnici che vogliono porre l’attenzione su questa
nuova realtà va, necessariamente, posta l’attenzione
sui dodici volumi del Recueil de
planches sur les sciences, les arts libéraux et les arts méchaniques dell'Encyclopédie di
D'Alembert e Diderot
pubblicati nel 1763;
l’Encyclopédie, effettua una
riflessione
sull’essere dell’oggetto e tenta di definirlo partendo dal presupposto che ciò che è frutto del
lavoro umano e più bello e degno di attenzione di quanto presente in natura e presenta diversi
macchinari nel loro funzionamento attraverso le planches (tavole) esplicative.
Da queste più intense riflessioni sul mondo dei macchinari ha origine anche una nuova
necessità di conoscenza relativa in particolar modo al corpo umano, si giunge a formulare la
tesi per cui anche il corpo umano può essere ritenuto una macchina con le sue componenti e i
suoi differenti funzionamenti che meritano di essere studiati o approfonditi; studiando il corpo
umano si può poi giungere all’ideazione di macchine che partano da un modello naturale. E’
questo il punto di partenza dello sviluppo della tecnologia, che sarà la scienza applicata alla
progettazione.
(Fonte: Tomàs Maldonado Disegno industriale un riesame)
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Due esempi di “teatri delle macchine”
Tre esempi di planche dell’Encyclopedie
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Gli automi
Nel contesto dello studio di nuove macchine partendo dallo studio della figura umana ben si
colloca la progettazione degli automi accentuatasi a partire dal Seicento.
Particolarmente interessanti risultano essere quelli di F. von Knauss, J. de Vaucanson, M.
von Kempelen, P. e H.L. Jacquet-Drotz.
Potremmo definire gli automi come i predecessori dei moderni androidi;
infatti sono
macchine dalle sembianze antropomorfe o zoomorfe che sono in grado di compiere,
eseguendola ripetutamente, una determinata azione (per esempio scrivere o suonare uno
strumento). In particolare venivano impiegati per intrattenimento alle feste di corte.
Indubbiamente gli automi puntano a offrire, riuscendoci, una versione divertente e ludica
della macchina
e contribuiscono così al superamento del concetto di “macchina essere
diabolico” tipico del clima controriformista.
La meccanizzazione della natura messa in atto nella realizzazione degli automi rende l’uomo
consapevole del fatto che la natura può essere un valido spunto per il mondo della tecnica e
che, forse, ciò che è fatto dall’uomo non è poi così dissimile da quanto è presente in natura;
ma va giustamente tenuto in conto che l’uomo è prima di tutto un essere vivente sensibile e
pensante e non una semplice macchina.
(Fonte: Tomàs Maldonado Disegno industriale un riesame)
Organo idraulico automatico
da A. Kircher "Musurgia Universalis"
tomo II Roma, 1650 (Torino, Biblioteca
Automaton campanarium
da A. Kircher "Musurgia Universalis"
tomo II Roma, 1650 (Torino, Biblioteca
Nazionale)
Nazionale)
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Alcuni automi diH.L. Jacquet-Drotz
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Ricostruzione dei meccanismi dell'anatra di Vaucanson
Gli anni della Rivoluzione Industriale
Sappiamo bene che il termine Rivoluzione Industriale vuole indicare il periodo in cui nasce,
in Inghilterra, la moderna tecnologia grazie ad alcune invenzioni molto importanti. Va
comunque detto che questo clima di innovazioni non contribuì soltanto l’aspetto tecnologico
ma anche più in generale quello scientifico unito allo sviluppo dell’industrialismo e a un tipo
di economia orientata al capitalismo. Si può anche affermare che, per quanto il termine non
fosse ancora usato con l’accezione datagli attualmente, la cultura del design nasce in questo
clima; innanzitutto perché sono le macchine, che da manuali diventano industriali, ad essere
progettate avendo come scopo funzionalità ed efficienza (che è tutt’oggi il miglior obiettivo
del design). A questo proposito va ricordato che alla Great Exibition di Londra del 1851 le
macchine sono quelle che si presentavano nel loro ruolo e non nascoste sotto assurdi stili
artistici storicistici. Oltre che nella realizzazione delle macchine è in questo periodo che si
hanno le prime sperimentazioni con materiali nuovi anche in edilizia come ferro, ghisa ed
acciaio.
Nonostante possa essere, giustamente, più facilmente considerato un’opera ingegneristica
od architettonica, il ponte in sul fiume Severn a Coalbrookdale è emblematico per la nascita
di un nuovo settore: quello degli elementi costruttivi prodotti industrialmente. Infatti il ponte
si presenta come un arco a pieno centro della luce di 100 piedi, formato da due semiarchi d’un
solo pezzo, costruiti in ferro e fusi in una ferreria di Abraham Darby.
(Fonti: R. De Fusco “Storia del design”)
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La produzione ceramica di Wedgwood
E’ vero che i 60 anni compresi tra il 1760 e il 1830 identificano la Rivoluzione Industriale e
sono caratterizzati dalla nascita di nuove tecnologie di prodotti, dall’impiego di nuovi
materiali, dall’invenzione di nuove macchine, ma è vero anche tutte queste innovazioni si
sono più facilmente sviluppate in settori produttivi non nuovi ma in continuità con la
tradizione.
Anche se, forse, il termine design potrebbe ancora apparire prematuro, parlando dai suoi
esordi in epoca di Rivoluzione Industriale è giusto citare quanto avvenne alla manifattura
ceramica ad opera di Josiah Wedgwood (1730-1795). Egli fu uno tra i maggiori esponenti
della Rivoluzione Industriale. Discendendo da una famiglia di ceramisti attiva già inizi del
Seicento, fondò nel 1769 la manifattura Etruria. Nonostante non avesse una formazione
scientifica pose vivo interesse sulle invenzioni e nei confronti degli sviluppi tecnologici. In
particolare capì che la macchina a vapore poteva essere utile nella sua fabbrica e infatti fece in
modo di sfruttarne l’energia per macinare i materiali ed azionare i torni. La lungimiranza di
Wedgwood nei confronti della tecnologia non si manifesta solo in questo suo saper impiegare
nel migliore dei modi questo nuovo macchinario; si interessò, molto all’approvvigionamento
di materie prime giungendo ad importare terre speciali; si dedicò a migliorare, con costituenti
chimici, le crete e gli smalti e a perfezionare il tornio; introdusse il banco rotante e il
pirometro per controllare la temperatura dei forni.
Oltre all’aspetto tecnologico per migliorare e velocizzare la produzione Wedgwood è anche
molto attento alla qualità estetica dei suoi manufatti ed è convinto che l’arte possa giocare un
ruolo importante nell’attività industriale; per questo si appoggiò
a celebri disegnatori
chiedendo loro di recarsi in Italia a studiare i disegni dei classici antichi così da poterli
riprodurre sulla ceramica. Uno dei disegnatori è Flaxman. Flaxman riporterà sulle manifatture
ceramiche prodotte da Wedgwood la tecnica a cammeo; tale tecnica prevede una sfondo scuro
sul quale viene collocato il disegno campito uniformemente di colore bianco.
Nella produzione stessa dei manufatti Wedgwood seppe cogliere il nuovo clima di quegli
anni. Questa, infatti, si presenta non unitaria ma differenziata in due filoni: manifatture per
adornare e manifatture da utilizzare. Le manifatture di tipo ornamentale si presentano come
imitazione degli stili del passato fino a giungere a riprodurre serialmente (quindi in maniera
abbastanza
sobria)
unicamente
lo
stile Neoclassico,
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così
da
contribuire
alla
diffusione di questa corrente artistica. Le manifatture di tipo funzionale sono invece
caratterizzate da costi notevolmente minori, da linee completamente essenziali e dalla
immediata comprensibile funzione per le quali impiegarle. In questa seconda tipologia di
produzione Wedjwood espresse al massimo la sua intuizione,; seppe rendere un tutt’uno la
forma e la funzione dei prodotti in ceramica aumentando la quantità prodotta ma
diminuendone sia il costo di realizzazione che quello di vendita. In questo modo dimostrò di
essersi perfettamente calato nella logica del lavoro industriale.
(Fonti: R. De Fusco “Storia del design”)
Portland vase
J. Wedgwood
Produzione: manifattura Etruria
1790
Vaso da tè
J. Wedgwood
Produzione: manifattura Etruria
Teiera
J. Wedgwood
Produzione: manifattura Etruria
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Design fino alla Rivoluzione Industriale
Punti principali
Nonostante la storia del design sia molto recente si sono verificati nei secoli passati episodi
che le hanno preparato la strada.
La nascita delle Accademie fa sì che venga mutato il concetto rinascimentale di disegno e
avviata la separazione delle discipline tra arti maggiori ed arti minori, tra momento creativo e
momento esecutivo.
Tale separazione determina un impoverimento nella conoscenza delle tecniche.
Tentativi di recupero delle conoscenze tecniche sono rappresentati dai “teatri delle
macchine”(tavole illustrative che rappresentano tutti i macchinari esistenti che l’uomo può
usare come fosse un attore) che tentarono di far superare l’idea dei macchinari quali entità
diaboliche.
Successivamente troviamo anche gli “automi” che volevano far capire come in realtà una
macchina potesse essere umanizzata.
Gli “automi” sono, infatti, da considerare un primo tipo di prototipo di robotica,
riproducevano forme umane, con anche una raffinata realizzazione estetica, che svolgono
mansioni.
Il loro scopo era quello di mostrare che la qualità estetica può riscontrarsi anche negli effetti
della tecnica.
Capirono la negatività di questa separazione e di questa gerarchia creatasi
tra idea e
realizzazione anche gli enciclopedisti, Diderot e D’alambert, che, infatti, cercarono di
presentare e spiegare nelle loro tavole illustrative le antiche tecniche artigiane di lavoro
conosciute in ogni campo poiché si resero conto della necessità ci recuperarle.
In questo voler ricongiungere arti minori ad arti maggiori ben si colloca l’esperienza di
lavoro di J.Wedgwood.
Egli nella sua manifattura di ceramiche produce oggetti raffinati e costosi ma anche
oggetti
comuni
e
pratici.
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SCHEMA RIASSUNTIVO
Divisione tra arti maggiori ed arti minori
1556:
“De re metallica” di G. Agricola
1558:
“Le diverse ed artificiose macchine”di A. Ramelli
XVI-XVII-XVIII secolo:
I “teatri delle macchine”
XVIII secolo:
Gli automi di L. Jacquet Drotz
Prima metà del XVIII secolo.
Scoperta della porcellana (J.F. Bottger)
1709
Scoperta del carbon fossile da impiegare per la fusione del ferro
(Abraham Darby di Coalbrookdale)
1710
Prima manifattura di porcellana fondata da Augusto re di Sassonia
1733
J. Kay inventa la navetta volante per il telaio
1732-1792
innovazioni tecniche nella filatura a macchina di lana e cotone
(Richard Arkwright)
1759
M. Boulton e la piccola azienda per la produzione di “toys”
1763
Le tavole dell’ “Encyclopedie” di Diderot e D’Alambert
1769
J. Wedgwood fonda la manifattura “Etruria”
1777-1779
Il ponte sul fiume Severn a Coalbrookdale
(T.Pritchard)
Il
1801
telaio di J.M. Jacquard
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