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7.
LA FORMAZIONE
SOCIALE
DEI CRISTIANI
VS 98: Di fronte alle gravi forme di ingiustizia sociale ed economica e di corruzione politica di cui
sono investiti interi popoli e nazioni, cresce l’indignata reazione di moltissime persone
calpestate e umiliate nei loro fondamentali diritti umani e si fa sempre più diffuso e acuto il
bisogno di un radicale rinnovamento personale e sociale capace di assicurare giustizia,
solidarietà, onestà, trasparenza. Certamente lunga e faticosa è la strada da percorrere;
numerosi e ingenti sono gli sforzi da compiere perché si possa attuare un simile
rinnovamento, anche per la molteplicità e la gravità delle cause che generano e alimentano le
situazioni di ingiustizia oggi presenti nel mondo. Ma, come la storia e l’esperienza di
ciascuno insegnano, non è difficile ritrovare alla base di queste situazioni cause propriamente
“culturali”, collegate cioè con determinate visioni dell’uomo, della società e del mondo. In
realtà, al cuore della questione culturale sta il senso morale, che a sua volta si fonda e si
compie nel senso religioso”.
• Vi sono alcuni possibili atteggiamenti nei confronti della vita sociale:
– Di superiorità rispetto alla società (es. relativizzazione delle norme)
– Di inferiorità (es. assunzione acritica delle norme)
– Di astrattezza (es. sfasatura tra valori proclamati e concretezza esistenza).
• Vi è poi una vulnerabilità di un progetto educativo condiviso:
– Fragilità nei “rapporti lunghi” ma anche nei “rapporti corti”, dove l’educazione avrebbe ruolo
privilegiato (es. la famiglia e il suo ruolo educativo; scuola e famiglia operano nella stessa
direzione?);
– Ideale dell’autonomia: se intesa in senso improprio come assoluta autoaffermazione, genera
soltanto anomia, cioè perdita del senso dei legami, delle norme, delle identità e dei soggetti
collettivi.
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– Contrazione dell’orizzonte temporale: il tasso di incertezza è divenuto insopportabile (dal
lavoro a tempo determinato, alle relazioni instabili…) e genera a sua volta relazioni sempre più
“usa e getta”, insofferenza nella formazione professionale in favore del miraggio del guadagno
facile, rinuncia a progettare un futuro insieme, per la comunità familiare e per la società politica,
che porta a screditare persino la lungimiranza del risparmio nel modo di gestire il proprio
bilancio, tentazione circa “vite virtuali”…
– Equivoca separazione fra sfera pubblica e sfera privata: si assiste ad un singolare gioco delle
parti, ove ad una pubblicizzazione del privato, esibito fino all’indecenza, corrisponde una
privatizzazione del pubblico, occultato fino alla clandestinità.
• La formazione morale del cristiano deve mirare a formare al riconoscimento dei valori, ad una
corretta assunzione soggettiva e sociale, ad una concreta traduzione nel vivere quotidiano.
• Occorre aprire lo spettro della coscienza al volume totale della vita cristiana, che include la
profondità della vita interiore, la larghezza della partecipazione civile, l’altezza della santità.
1. Integrazione tra fede e vita:
a. Unitarietà del cammino
b. Gradualità della proposta
2. Globalità dell’itinerario:
a. Sapere morale
b. Atteggiamenti virtuosi
c. Comportamenti conformi
3. Cura degli elementi qualitativi: a. Le motivazioni
b. La consapevolezza
c. L’altruismo
4. La formazione sociale:
a. La vocazione del fedele laico
b. La formazione sociale
5. Il ruolo della DSC:
a. Prospettiva pastorale
b. Prospettiva formativa
6. Gli obiettivi formativi:
a. Il soggetto
b. La personalità prosociale
c. La coscienza politica
7. Le virtù sociali
1. INTEGRAZIONE TRA VITA E FEDE
1.a. Unitarietà del cammino
Il Vangelo è annuncio del Regno: si tratta di formare(si) alla fede e, inseparabilmente, educare(si) a
pensare e agire in coerenza ad essa. L’educazione morale appare necessaria.
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L’azione formativa non mira a determinare in modo diretto la fede, ma a propiziarla creando le
necessarie condizioni cognitive, attitudinali, operative. È necessario riconoscere l’azione dello Spirito e
mantenere il giusto rapporto tra libertà e grazia, anche in campo morale.
CL 61:
la formazione cristiana trova la sua radice e la sua forza in Dio, il Padre che ama ed educa i
suoi figli. […] L’opera educativa di Dio si rivela e si compie in Gesù, il Maestro, e raggiunge
dal di dentro il cuore d’ogni uomo grazie alla presenza dinamica dello Spirito.
1.b. Gradualità della proposta.
La fede si sviluppa in due momenti:
I. L’adesione fondamentale al Signore (atto di fede)
II. Il dinamismo del “fare proprie” le dimensioni dell’esistenza in un’ottica di fede.
La proposta formativa deve quindi tenere conto di una gradualità proporzionata alla crescita di fede e
morale del soggetto. Si devono quindi proporre obbiettivi concretamente perseguibili e insieme
stimolanti ad un superamento continuo delle posizioni raggiunte.
CL 57-58: L’immagine evangelica della vite e dei tralci ci rivela un altro aspetto fondamentale della
vita e della missione dei fedeli laici: la chiamata a crescere, a maturare in continuità, a portare
sempre più frutto […] Ma il piano eterno di Dio si rivela a ciascuno di noi solo nello
sviluppo storico della nostra vita e delle sue vicende, e pertanto solo gradualmente: in un
certo senso, di giorno in giorno.
2. GLOBALITÀ DELL’ITINERARIO
L’itinerario unitario non può essere tale se non si rivolge a tutti gli strati dell’esistenza, mirando ad
una formazione globale. L’itinerario deve quindi promuovere tutte le dimensioni della persona,
creando un rapporto dinamico e sinergico tra sapere morale, acquisizione di atteggiamenti virtuosi,
comportamenti conformi.
2.a. Il sapere morale
L’obiettivo è quello di offrire una conoscenza globale dei principi e delle norme, con una speciale
attenzione a quegli elementi che formano la coscienza a elaborare un giudizio morale. Si necessità di
contenuti teorici e concreti.
2.b. Gli atteggiamenti virtuosi
Si deve puntare a promuovere quegli “abiti operativi” che dispongono alla azione buona
coinvolgendo la dimensione razionale, volitiva e le energie della persona.
L’educazione ad un atteggiamento virtuoso è caratterizzato da:
• Il riconoscimento di valori anteriori alla coscienza soggettiva eppure capaci di edificarla in
pienezza;
• La decisione di farsi guidare nel quotidiano da questi valori, intesi come patria del proprio essere.
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CCC 1803: La virtù è una disposizione abituale e ferma a fare il bene. Essa consente alla persona, non
soltanto di compiere atti buoni, ma di dare il meglio di sé. Con tutte le proprie energie
sensibili e spirituali la persona virtuosa tende verso il bene; lo ricerca e lo sceglie in azioni
concrete.
2.c. I comportamenti conformi
È necessario che le due “tappe” precedenti si esplicitino in esperienze morali qualificanti, in cui si
compie il bene morale, nei vari ambiti dell’esistenza umana.
In campo sociale possono essere promosse esperienze di volontariato in ambiti educativi o
assistenziali: la pratica della responsabilità permette di sperimentare concretamene la solidarietà reale
che lega le proprie scelte etiche alla vita degli altri e dell’intera società.
3. LA CURA DEGLI ELEMENTI QUALITATIVI
La maturità morale non è solo conoscenza e abilità operativa ma è anche attenzione al tipo di
consapevolezza, alle motivazioni, alla forma del giudizio etico.
Il messaggio morale di Gesù non è una raccolta di intenti o comandamenti. È una serie di indicazioni
relative alla qualità dell’agire cristiano in vista di una conformazione alla carità divina. “Vi è stato
detto… ma io vi dico…”
3.a. Le motivazioni.
Si tratta di compiere il passaggio dall’eteronomia alla libertà interiore. La persona si deve liberare da
motivazioni estranee al valore per accogliere il bene stesso.
3.b. La consapevolezza
Si tratta del passaggio da una moralità emotiva ad una moralità consapevole e stabile. Il passaggio
necessità di un metodo.
CDSC 568:
Il fedele laico è chiamato a individuare, nelle concrete situazioni politiche, i passi realisticamente
possibili per dare attuazione ai principi e ai valori morali propri della vita sociale. Ciò esige un
metodo di discernimento, personale e comunitario, articolato attorno ad alcuni punti
nodali: la conoscenza delle situazioni, analizzate con l’aiuto delle scienze sociali e degli
strumenti adeguati; la riflessione sistematica sulle realtà, alla luce del messaggio
immutabile del Vangelo e dell’insegnamento sociale della Chiesa; l’individuazione
delle scelte orientate a far evolvere in senso positivo la situazione presente.
3.c. L’altruismo
Si tratta del passaggio dall’egocentrismo all’altruismo. Entra in gioco il principio di universalizzazione
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4. LA FORMAZIONE SOCIALE DEL CRISTIANO
4.a. La vocazione del fedele laico
Il mondo è l’ambito e il mezzo nel quale si realizza la vocazione dei fedeli laici, vocazione che è
destinata a trovare in Gesù Cristo la pienezza di significato (cfr. LG 40-41).
CL 15:
la partecipazione dei fedeli laici ha una sua modalità di attuazione e di funzione che, secondo
il Concilio, è loro «propria e peculiare»: tale modalità viene designata con l’espressione
«indole secolare» […] Il «mondo» diventa così l’ambito e il mezzo della vocazione cristiana dei fedeli
laici, perché esso stesso è destinato a glorificare Dio Padre in Cristo. […] sono da Dio chiamati
a contribuire, quasi dall’interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo mediante
l’esercizio della loro funzione propria.
4.b. La formazione sociale
Le comunità cristiane non intendono in prima battuta creare dei professionisti della politica ma
aiutare i credenti a vivere in pienezza la loro vocazione. La formazione deve essere quindi integrale e
caratterizzata da elementi qualificanti.
CDSC 546:
La sintesi tra fede e vita richiede un cammino scandito con sapienza dagli elementi qualificanti
dell’itinerario cristiano: il riferimento alla Parola di Dio; la celebrazione liturgica del
Mistero cristiano; la preghiera personale; l’esperienza ecclesiale autentica, arricchita dal
particolare servizio formativo di sagge guide spirituali; l’esercizio delle virtù sociali e il
perseverante impegno di formazione culturale e professionale.
5. IL RUOLO DELLA DSC
5.a. Prospettiva pastorale.
Nella formazione sociale dei credenti, essa ha ruolo importante, indicando le linee essenziali per
evangelizzare e umanizzare.
CDSC 526-527: La dottrina sociale detta i criteri fondamentali dell’azione pastorale in campo sociale:
annunciare il Vangelo; confrontare il messaggio evangelico con le realtà sociali; progettare
azioni finalizzate a rinnovare tali realtà, conformandole alle esigenze della morale cristiana.
[…] L’azione sociale dei cristiani deve ispirarsi al principio fondamentale della centralità
dell’uomo.
CA 5: l’annuncio della dottrina sociale della Chiesa, idonea tuttora, come ai tempi di Leone XIII, ad
indicare la retta via per rispondere alle grandi sfide dell’età contemporanea, mentre cresce il
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discredito delle ideologie. Come allora, bisogna ripetere che non c’è vera soluzione della
«questione sociale» fuori del Vangelo e che, d’altra parte, le «cose nuove» possono trovare in esso il
loro spazio di verità e la dovuta impostazione morale
5.b. Prospettiva formativa
La DSC possiede specifiche qualità ermeneutiche, progettuali e metodologiche.
CDSC 528:
La dottrina sociale è un punto di riferimento indispensabile per una formazione cristiana
completa. L’insistenza del Magistero nel proporre tale dottrina come fonte ispiratrice
dell’apostolato e dell’azione sociale nasce dalla persuasione che essa costituisce una
straordinaria risorsa formativa: « soprattutto per i fedeli laici variamente impegnati nel
campo sociale e politico, è del tutto indispensabile una conoscenza più esatta della
dottrina sociale della Chiesa ». Tale patrimonio dottrinale non è adeguatamente insegnato e
conosciuto: anche per questa ragione non si traduce opportunamente nei comportamenti
concreti.
6. GLI OBIETTIVI FORMATIVI
6.a. Il soggetto e la personalità prosociale
CDSC 531:
Il primo livello dell’opera formativa rivolta ai cristiani laici deve renderli capaci di
affrontare efficacemente i compiti quotidiani negli ambiti culturali, sociali, economici e
politici, sviluppando in loro il senso del dovere praticato al servizio del bene comune.
Il soggetto è contemporaneamente singolarità e socialità: entrambe le caratteristiche vanno educate.
Esiste un’interazione reciproca tra persona e società: la qualità morale del singolo è influenzata dalla
società in cui vive e vice versa la qualità umana della società è determinata dalla moralità dei suoi
membri.
La formazione della personalità prosociale mira ad educare il soggetto a essere attivo nei campi del
sociale: formazione, assistenza, partecipazione… senza l’esercizio del potere. È necessario quindi
educare alle virtù sociali: prudenza, giustizia, solidarietà, responsabilità, onestà.
La personalità prosociale è capace di compresenza e reciprocità positiva, è attenta alla promozione
integrale della persona e della società e può trovare, anche nelle situazioni di difficoltà o minoranza, lo
spazio per una testimonianza disarmata dei valori che devono permeare ogni società.
6.b. La coscienza politica
CDSC 531:
Un secondo livello riguarda la formazione della coscienza politica per preparare i cristiani
laici all’esercizio del potere politico: « Coloro che sono o possono diventare idonei per la
carriera politica, difficile ma insieme nobilissima, vi si preparino e cerchino di seguirla
senza badare al proprio interesse e al vantaggio materiale ».
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Il CDSC 565 sintetizza così i tratti di una matura coscienza politica: Il perseguimento del bene comune
in uno spirito di servizio; lo sviluppo della giustizia con un’attenzione particolare verso le situazioni
di povertà e sofferenza; il rispetto dell’autonomia delle realtà terrene; il principio di sussidiarietà; la
promozione del dialogo e della pace nell’orizzonte della solidarietà: sono questi gli orientamenti a cui
i cristiani laici devono ispirare la loro azione politica.
CDSC 565:
Tutti i credenti, in quanto titolari dei diritti e doveri della cittadinanza, sono tenuti al
rispetto di tali orientamenti; coloro che hanno compiti diretti e istituzionali nella gestione
delle complesse problematiche della cosa pubblica, sia nelle amministrazioni locali, sia
nelle istituzioni nazionali e internazionali, ne dovranno specialmente tener conto.
7. LE VIRTÙ SOCIALI
Ne abbiamo già individuate alcune: prudenza, giustizia, solidarietà, responsabilità, onestà.
AA 4:
“virtù che riguardano i rapporti sociali, come la correttezza, lo spirito di giustizia, la sincerità,
la cortesia, la fortezza di animo: virtù senza le quali non ci può essere neanche una vera vita
cristiana”
CCC 2407: In materia economica, il rispetto della dignità umana esige la pratica della virtù della
temperanza, per moderare l’attaccamento ai beni di questo mondo; della virtù della
giustizia, per rispettare i diritti del prossimo e dargli ciò che gli è dovuto; e della
solidarietà, seguendo la regola aurea e secondo la liberalità del Signore
La riflessione teologica oscilla tra la promozione della giustizia e della carità: la prima è virtù
necessaria ma imperfetta (minimale), la seconda è perfetta ma non obbligante tutti, in quanto fondata
sulla fraternità in Cristo.
CV 2:
La carità è la via maestra della dottrina sociale della Chiesa. Ogni responsabilità e impegno
delineati da tale dottrina sono attinti alla carità che, secondo l’insegnamento di Gesù, è la
sintesi di tutta la Legge. Essa dà vera sostanza alla relazione personale con Dio e con il
prossimo; è il principio non solo delle micro-relazioni: rapporti amicali, familiari, di piccolo
gruppo, ma anche delle macro-relazioni: rapporti sociali, economici, politici. […] La carità è il
dono più grande che Dio abbia dato agli uomini, è sua promessa e nostra speranza.