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Le cattedre di filosofia all’Università “La Sapienza” di Roma tra guerra e dopoguerra
di Giovanni Dessì
In questa sezione degli Annali vengono pubblicati i primi esiti di un lavoro che ha impegnato la
Fondazione Spirito a partire dal 2006. Allora venne delineata la prima ipotesi di un progetto di
ricerca che nasceva dall’esigenza di comprendere quale fosse stata l’incidenza degli insegnamenti
filosofici impartiti dalle cattedre universitarie romane sugli studenti e più in generale sulla cultura
nazionale nel periodo tra il 1935 e il 1960: il progetto venne presentato al Ministero dei beni
culturali che lo approvò.
Privilegiando un’università ed una città – Roma – ci si è chiesti in primo luogo quali siano state le
principali trasformazioni della riflessione filosofica in un periodo storico così lungo e ricco di
avvenimenti della storia italiana, segnato in modo certamente decisivo dalla guerra mondiale e dai
noti eventi che travolsero il paese, come, successivamente, dalla questione della ricostruzione
economica: in altri termini si è cercato di comprendere cosa tali trasformazioni abbiano significato
per l’insegnamento di alcuni docenti di filosofia.
In tal senso questi saggi si inseriscono da una parte nel filone di quegli studi che hanno analizzato
il rapporto tra cultura e politica durante gli anni del fascismo e dell’immediato dopoguerra;
dall’altra intendono essere un primo tentativo di ricostruire le trasformazioni che il fascismo, la
guerra e i primi segnali dello sviluppo economico hanno provocato nel pensiero di alcuni
intellettuali che hanno segnato, in modi diversi, il panorama della cultura filosofica in Italia.
In questa prima fase della ricerca si sono individuate tre figure che, per diverse ragioni, ci sono
sembrate particolarmente significative e, almeno due di esse, oggetto di scarsa attenzione da parte
degli studiosi.
Pantaleo Carabellese, che tenne corsi all’Università di Roma come libero docente già dall’anno
accademico l920-’21 e 1921-’22, insegnò qui Storia della filosofia dal 1930 al 1944 e,
successivamente, dopo l’uccisione di Gentile, filosofia teoretica sino al 1948. Carabellese pur
avendo sposato la nipote di Gentile e collaborando con l’Enciclopedia Italiana, mantenne sin dai
suoi primi scritti un forte riferimento alle posizioni di Bernardino Varisco, che considerava suo
maestro, e un distacco critico dalle posizioni di Gentile.
Enrico Castelli, direttore dell’Istituto di studi filosofici dal 1939, principale organizzatore del I
Congresso Internazionale di Filosofia che si tenne a Roma nel novembre 1946 e successivamente
degli incontri annuali dell’Archivio di Filosofia, iniziò le lezioni di Filosofia della religione
nell’Università di Roma il 12 aprile 1940 e continuò la sua attività didattica sino al 1970.
Ugo Spirito, forse il più noto dei discepoli romani di Gentile, in un primo momento attualista e
fascista, successivamente autore de La vita come ricerca (1937) che può essere indicato come il
libro che più di altri manifestò la crisi dell’attualismo gentiliano e dette origine al problematicismo,
insegnò filosofia teoretica a Roma dal 1950 al 1968.
I saggi di Andrea Paris, Filippo Cannizzo e Fabrizia Soragnese affrontano la produzione
scientifica e le trasformazioni intervenute nella riflessione dei tre docenti di filosofia: Paris si
occupa di Carabellese, Cannizzo di Castelli, Soragnese di Spirito e di alcuni dei docenti che dalla
sua prospettiva furono diversamente influenzati. In questo senso, quello della ricerca della eredità
lasciata dalla riflessione di Castelli e di Spirito, ci è sembrato utile pubblicare in appendice due
interviste rilasciate da persone che a diversi livelli furono collaboratori di questi due intellettuali.
Come accennavamo, le pagine di questa sezione degli Annali presentano al lettore soltanto il
primo esito di un progetto volto a ricostruire l’incidenza di alcuni insegnamenti filosofici nel
dibattito culturale e per certi versi anche politico in Italia. Il tema che attraversa esplicitamente sia il
saggio dedicato a Carabellese, sia quello che affronta la figura di Castelli, sia implicitamente quello
dedicato a Spirito, è quello delle trasformazioni che intervennero nella riflessione dei tre filosofi
presi in considerazione tra la guerra, la caduta del fascismo e la ripresa dell’attività anche
accademica nel dopoguerra.
In questo senso una delle questioni che non poteva essere elusa era quella del rapporto tra il
passato e il presente. Nell’Italia che aspirava a superare le distruzioni fisiche, morali e politiche
causate dalla guerra e dal suo epilogo così drammatico per il paese, il problema del rapporto con il
passato condizionava qualsiasi prospettiva di ricostruzione. La ricostruzione doveva avvenire su
nuove basi etiche e culturali, rifiutando esplicitamente tutta la cultura e le concezioni politiche del
ventennio, o, al contrario, era necessario riprendere alcuni degli elementi del passato per poter
separarsi realmente da esso? Tale domanda non investiva soltanto la cultura: per ragioni complesse
“la filosofia fu un ingrediente fondamentale della cultura nazionale italiana”1 e prendere posizione
di fronte alla tradizione filosofica implicava un confronto con l’intera cultura nazionale.
Proprio per la complessità e l’ampiezza delle questioni affrontate le pagine successive presentano
al lettore un primo e parziale esito della ricerca: essa continuerà analizzando l’attività didattica e,
per quanto possibile, l’influenza sulla cultura in generale, di altri docenti di filosofia dell’Università
“La Sapienza” di Roma.
In una seconda fase del progetto si tenterà di delineare la prospettiva filosofica di Gentile negli
anni dell’insegnamento romano e di ricostruirne l’influenza sui colleghi e sugli studenti.
Inoltre, per quanti riguarda gli anni successivi, quelli che vanno dalla fine della guerra agli anni
sessanta, si sono già individuate alcune figure di docenti che, per diverse ragioni, ci sembrano di
particolare interesse.
1
C. A. Viano, Il carattere della filosofia italiana contemporanea, in P. Rossi e C. A. Viano, a cura di, Filosofia italiana
e filosofie straniere nel dopoguerra, Bologna, Il Mulino, 1991, p. 35.
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