Pressione atmosferica
Il miscuglio di gas che costituisce l'atmosfera e che avvolge come un immenso oceano invisibile
il pianeta terra, si estende fino a 150- 200 chilometri di altitudine. I tre quarti di tutta l'atmosfera si
trovano però in quella regione dello spazio chiamata troposfera il cui limite superiore è di circa 7
Km ai poli, di 13 km nelle medie latitudini e di 18 Km circa all'equatore. Anticamente si credeva
che l'atmosfera fosse senza peso. Bisogna arrivare a Galileo Galilei per accertare che,
nonostante la sua natura impalpabile, un metro cubo d'aria, al livello del mare, pesa circa 1,3 Kg.
Pertanto, ogni porzione di atmosfera è sottoposta al peso degli strati immediatamente
sovrastanti: è, appunto, tale peso che impedisce all'aria di disperdersi negli spazi interplanetari.
Al peso esercitato su una superficie unitaria, ad esempio 1 cm², di una colonna d'aria che si
estenda fino ai limiti dell'atmosfera, viene dato il nome di pressione atmosferica. In condizioni
normali, tale peso al livello del mare, si aggira intorno a 1.033 g per cm².
1. La pressione e lo stato del tempo
La pressione atmosferica ha un ruolo fondamentale nelle vicende meteorologiche poichè i
fenomeni più importanti traggono la loro origine dalla variazione nello spazio e nel tempo di tale
fattore. In particolare, la differenza di pressione fra aree geografiche diverse determina lo
spostamento delle masse d'aria e quindi il vento il quale trasferisce sul luogo di arrivo le
condizioni meteorologiche associate alla particolare massa d'aria. Considerata l'importanza
fondamentale che la pressione atmosferica riveste nel caratterizzare le condizioni del tempo, la
maggior parte delle carte meteorologiche mostra la distribuzione attuale o prevista della
pressione nelle zone prese in esame.Nelle medie latitudini, il valore medio annuo della
pressione, al livello del mare, si aggira intorno ai 1.013 hPa; tuttavia la pressione locale può
subire ampie oscillazioni diurne o stagionali intorno a tale valore. le variazioni più notevoli sono
quelle legate al passaggio delle perturbazioni che si muovono fra i 30° ed i 60° di latitudine o alle
masse di aria fredde che, d'inverno, ristagnano nelle ampie distese continentali prossime al
circolo polare.
I valori locali della pressione, considerati a se stanti, non hanno significato di prognosi; lo hanno
invece se confrontati con i valori simultaneamente rilevati nelle zone adiacenti per mettere in
risalto le aree di alta o di bassa pressione. Però, pur costituendo una regola alquanto
grossolana, si può affermare empiricamente che i valori inferiori a 1.000 hPa sono associati a
condizioni di tempo perturbato, mentre i valori superiori a 1.024 hPa sono accompagnati da
tempo buono. Molto di più ci dirà, invece, la tendenza barometrica, cioè la variazione della
pressione in un determinato intervallo di tempo.
Nelle carte meteorologiche di previsione i punti con uguale valore di pressione atmosferica
vengono uniti da una linea che prende il nome di isobara.
Per tracciare le isobare si parte in genere dal valore di riferimento di 1.000 hPa (millibar) indicato
con il segno 00. Si procede poi ad unire i valori di pressione di 4 hPa in 4 hPa: così 04 indica
1.004 hPa, 08 indica 1.008 hPa,12 indica 1.012 hPa e così via. Si procede nello stesso modo
anche per valori di pressione inferiore e cioè: 96 indica 996 hPa, 92 indica 992 hPa e così di
seguito. A volte sulle carte si formano delle linee chiuse di alta pressione che, indicate con la
lettera H (high) o A (alta), rappresentano gli anticicloni, mentre all'opposto le linee chiuse di
bassa pressione, indicate con L (low) oppure B (bassa) rappresentano i cicloni depressivi. Altre
configurazioni che spesso appaiono sulle carte bariche sono:
le saccature e cioè delle zone in cui si protende una bassa pressione;
i promontori e cioè delle zone in cui si protende un'alta pressione;
i campi barici livellati e cioè delle zone in cui le differenze di pressione sono molto piccole o
inesistenti;
le selle ovvero una zona di pressioni relativamente basse comprese tra due anticicloni e due
depressioni;
i pendii ovvero la zona avente pressione regolarmente decrescente con isobare
approssimativamente rettilinee e parallele.
Il gradiente barico orizzontale è la differenza di pressione tra due punti distanti tra loro un grado
di meridiano (111 chilometri) e situati sulla linea di massima pendenza delle isobare. In pratica, il
gradiente barico orizzontale (G) viene misurato dal rapporto tra la differenza di pressione (dp) tra
due punti e la distanza (dl) fra i punti stessi:
G = dp / dl
Gradiente barico alto significa: isobare più ravvicinate e velocità del vento più alta.
Gradiente barico basso significa: isobare meno ravvicinate e velocità del vento più bassa.
Oltre che al suolo occorre costruire l'andamento del campo barico anche in quota e questo si
ottiene considerando l'andamento delle superfici a pressione costante. Particolarmente
importante per le previsioni è la superficie a 500 hPa, che corrisponde ad un livello di quota
attorno ai 5.500 metri dal suolo. Per spiegare il procedimento di costruzione della mappa si farà
riferimento a questa superficie. Durante il radiosondaggio vengono misurati i dati di altezze
corrispondenti alla pressione di 500 hPa e questi, che ovviamente possono variare da stazione a
stazione, vengono riportati su una carta geografica. Anche in questo caso i dati di uguale valore
vengono uniti con linee di livello, definite isoipse (linee di uguale altezza), ed in pratica si
costruisce sulla superficie di 500 hPa una vera e propria mappa topografica: si può infatti
pensare che la superficie sia tagliata da piani orizzontali distanti in altezza 60 metri (6 decametri)
e le intersezioni proiettate sulla carta geografica rappresentano le isoipse. Queste altezze si
misurano in metrogeopotenziale, unità che si ottiene dal metro lineare con una correzione legata
al variare della gravità andando dai Poli all'Equatore. Tuttavia nella pratica operativa la
correzione è trascurabile in modo che metrogeopotenziale e lineare vengono fatti coincidere.
Anche per le carte in quota si definiscono le configurazioni tipiche in precedenza indicate per le
carte al suolo e la corrispondenza fra l'andamento al suolo ed in quota ha particolare importanza
per individuare la natura ed il tipo di fenomeni. Si può anche dimostrare che in quota l'aria si
muove approssimativamente lungo le isoipse, lasciando alla propria destra valori più elevati e
alla propria sinistra valori più bassi dell'altezza di metrogeopotenziale. La rappresentazione delle
isoipse nelle carte è quindi di fondamentale importanza per l'individuazione del movimento delle
masse d'aria alle varie quote.
2. La misura della pressione atmosferica
La pressione atmosferica si misura con un barometro a mercurio oppure con un barometro o
barografo a capsule aneroidi. Gli strumenti possono essere graduati in millimetri di mercurio
(mmHg), in millibar (mb) oppure in hettoPascal (hPa).
Per passare da mmHg a mb (hPa) si tengano presenti le seguenti relazioni:
mb (hPa)= 4/3 mmHg
viceversa
mmHg= 3/4 mb (hPa)
Un’atmosfera metrica (atm=1) corrisponde a:
1,01325 Bar
1013,25 hPa (mb)
101325 Pascal (Pa)
10,33 Metri di colonna d’acqua (m.c.a)
760 Millimetri di mercurio (mmHg)
10,1325 Newton/ cm² (N/ cm²)
1,033 Chilogrammo/ cm² (Kg/ cm²)
14,69 Pound/inch² (psi)
bar= unità di misura della pressione pari ad 1 milione di barie. In meteorologia è molto usato il sottomultiplo millibar, uguale
ad 1/1000 di bar. La baria è l'unità di misura della pressione nel sistema CGS ed equivale alla pressione di un dine per cm². Un
milione di barie, cioè un bar, corrispondono alla pressione di una colonna di mercurio alta 750,07 mm
Il barometro o il barografo possono essere collocati ovunque purchè al riparo dagli urti o dai
raggi solari. Infatti, il barometro non misura la proprietà di un dato campione di aria, ma solo la
pressione esercitata dall'atmosfera circostante, che ha lo stesso valore sia all'aperto che al
chiuso. Se si vuole confrontare il dato del proprio barometro con quello simultaneamente rilevato
dalle stazioni meteorologiche è indispensabile, per esigenze di omogeneità, che il valore letto sia
opportunamente corretto come se l'osservazione fosse stata effettuata alla latitudine di 45°, al
livello del mare e a 0°C di temperatura. Particolari tavole permettono di eseguire rapidamente la
correzione se il rilevamento è stato effettuato con un barometro analogico. Le moderne stazioni
meteo correggono il dato automaticamente previo l'inserimento dell'altitudine alla quale è
posizionata la stazione stessa.
3. Le variazioni locali della pressione atmosferica.
Su una data località, la pressione atmosferica varia di continuo, con un tipico andamento
periodico diurno che, in condizioni di tempo non perturbato, risulta evidente sul diagramma di un
barografo. Tale andamento è indicato da due minimi intorno alle ore 04:00 e alle ore 16:00 locali
e da due massimi intorno alle ore 10:00 ed alle ore 22:00 locali.
L'ampiezza dell'oscillazione varia secondo la latitudine: è trascurabile ai Poli, inferiore ad 1 hPa
alle medie latitudini, può essere superiore a 4 hPa all'Equatore. le variazioni locali di pressione
più significative, ai fini dell'evoluzione del tempo, sono quelle determinate dallo spostamento
delle masse d'aria. Così un afflusso di aria più fredda di quella preesistente nella verticale del
luogo causa un aumento di peso della colonna d'aria sovrastante e quindi un aumento della
pressione. Viceversa un afflusso di aria più calda al suolo determina una diminuzione della
pressione. Anche il raffreddamento notturno ed il riscaldamento diurno degli strati prossimi al
suolo determinano rispettivamente un aumento ed una diminuzione della pressione atmosferica.
4. Tendenza barometrica ed evoluzione del tempo
Fra i fattori meteorologici indicativi per la previsione locale del tempo, la variazione di pressione
osservata in un breve periodo è quella più significativa. Infatti, se la pressione atmosferica al
suolo tende a diminuire, la bassa pressione che così si origina richiama masse d'aria dalle zone
circostanti. Ora non potendo le masse d'aria accumularsi, sono costrette a sollevarsi
trasportando l'aria dagli strati prossimi al suolo verso l'alto dove, a causa del raffreddamento, il
vapore acqueo si condensa e diviene visibile sotto forma di nubi.
La tendenza barometrica rappresenta la quantità di variazione subita dalla pressione atmosferica
in un dato periodo di tempo, tipicamente tre ore. La tendenza barometrica ci può fornire indizi per
prevedere l'evoluzione delle condizioni meteorologiche.
Una diminuzione di pressione di 2 o 3 hPa in 3 ore è segno che le condizioni del tempo tendono
a peggiorare. Se la diminuzione di pressione supera i 4 o 5 hPa, sempre in tre ore, vuol dire che
il peggioramento del tempo è già in atto e che i massimi effetti saranno avvertiti entro le
successive due ore.
Osservando sul barometro l'andamento della pressione, in presenza di una diminuzione costante
e pronunciata potremo dedurne che una perturbazione si sta avvicinando fino a transitare su di
noi.
In termini generali, si può dire quanto segue:
1) una variazione positiva molto forte può indicare l'avvento di un cuneo di alta pressione che
porta un temporaneo miglioramento.
2) Una variazione negativa molto marcata preannuncia un rapido peggioramento della
situazione, con afflusso di aria molto fredda in inverno e temporali durante l'estate, solitamente
seguiti da un altrettanto rapido miglioramento.
3) Variazioni graduali portano a situazioni generalmente più persistenti:
a) una graduale diminuzione della pressione predice condizioni di maltempo durevoli;
b) un lento costante aumento lascia intravedere l'avvento di alte pressioni stabili.
5. Le variazioni della pressione con l'altezza
A mano a mano che si va verso l'alto, diminuisce l'altezza della colonna d'aria sovrastante
l'osservatore e di conseguenza diminuisce anche la pressione atmosferica. Tuttavia, il
decremento è più rapido negli strati prossimi al suolo essendo qui l'aria più densa. Con ottima
approssimazione si può calcolare che nei primi 1.500 metri la pressione diminuisca di 1 hPa per
ogni 8,3 metri di ascesa, a 3.000 metri di 1 hPa ogni 10 metri e a 9.000 metri di 1 hPa ogni 50
metri.
La rapidità di variazione della pressione con la quota, negli strati prossimi al suolo, si può notare
dai valori indicati dal barometro. Così, due barometri ugualmente tarati e posti ad una diversa
altezza di appena 32 metri, mostreranno una differenza di ben 4 hPa.
Il gradiente barico verticale esprime la diminuzione della pressione al crescere dell'altezza lungo
la verticale.
6. La variazione orizzontale della pressione
La pressione varia orizzontalmente da luogo a luogo. A parte l'influenza esercitata dai grandi
centri barici permanenti o semipermanenti ( anticiclone delle Azzorre, ciclone d'Islanda) e dalle
perturbazioni che interessano vaste aree geografiche, a parità di latitudine e di altezza la
distribuzione orizzontale della pressione dipende da numerosi fattori locali quali la natura e la
copertura del terreno, l'orografia, la temperatura, l'intensità dell'irraggiamento notturno e la
radiazione solare assorbita dal suolo. Tali fattori fanno si che all'interno dei grandi centri barici a
scala planetaria si vengano a determinare, localmente, dei nuclei secondari di alta e bassa
pressione, interessanti aree la cui estensione è dell'ordine dei 10-100 chilometri. Se si fa
riferimento alla sola topografia locale, è bene tener presente che, durante la notte, negli
avvallamenti si accumula aria più fredda per drenaggio dalle zone circostanti con conseguente
aumento della pressione. le catene montuose costituiscono spesso un ostacolo per gli afflussi di
aria fredda la quale interessa, di solito, gli strati più bassi dell'atmosfera. In tali condizioni,
l'accumulazione di aria nel versante sopravvento determina un aumento della pressione
atmosferica locale. Per fare un esempio, in presenza di intensi afflussi di aria fredda proveniente
da Nord Ovest, tra gli opposti versanti dell'arco alpino vengono a determinarsi dislivelli barici di
10-15 hPa.
I gradienti barici orizzontali normali sono di circa 1 hPa per 100 chilometri, ma da tale differenza
di pressione, apparentemente modesta, trae origine la forza motrice che da luogo al movimento
della masse di aria. Nelle aree di alta pressione, i gradienti barici sono deboli, mentre risultano
più forti nelle aree di bassa pressione.
La misurazione della pressione atmosferica
Lo strumento con il quale si misura la pressione atmosferica è il
barometro. I barometri si dividono in barometri a mercurio e
barometri metallici.
Nei barometri a mercurio (di Torricelli) la pressione atmosferica
viene equilibrata dalla pressione idrostatica di una colonna di
mercurio contenuto in una canna di vetro, lunga circa 1 metro,
chiusa all'estremità superiore ed immersa in un piccolo recipiente
(pozzetto) che contiene anch'esso mercurio e si trova in
comunicazione con l'aria. L'altezza h della colonna di mercurio è
legata alla pressione atmosferica p dalla formula:
p = Dgh
dove D è la densità del mercurio e g è l’accelerazione di gravità. I
valori della pressione così ottenuti devono poi essere poi ridotti
alle condizioni normali, cioè alla temperatura di 0°C, alla latitudine
convenzionale di 45° ed al livello medio del mare, dove si hanno
valori medi di g
Tipi più precisi di barometro sono quelli di Fortin e di Regnault
che recano particolari dispositivi per valutazioni più esatte
dell’altezza della colonna di mercurio (viti micrometriche) e per
letture più accurate (nonio). I barometri a mercurio vengono
utilizzati dal Servizio Meteorologico come barometri di stazione
per la loro grande sensibilità.
Il barometro di Fortin è costituito da un pozzetto, una canna, una
scala con nonio e da un termometro annesso. Il pozzetto è di
vetro ma ha come fondo una borsa di pelle di camoscio che
permette l'azzeramento dello strumento. Per questo motivo nella
parte alta dello strumento è fissata una cuspide d'avorio con la
punta rivolta verso il basso. Per effettuare l' azzeramento si
agisce su una vite posta sotto il pozzetto portando il livello del
superiore del mercurio a sfiorare la punta della cuspide.
In questo modo il livello del pozzetto coincide con lo zero della
scala e questa operazione va eseguita prima di ogni lettura.
I barometri metallici, meno ingombranti ma anche meno precisi, sono del tipo aneroide o
olosterico
Il Barometro aneroide o di Bourdon è costituito da una scatola metallica contenente un sottile
tubo di ottone a sezione ellittica, perfettamente vuoto ed avvolto a formare una circonferenza
quasi completa.
Diminuendo la pressione atmosferica la sezione del tubo tende a diventare circolare il che fa
diminuire il raggio di curvatura del tubo le cui estremità si allontanano; l'opposto avviene quando
la pressione aumenta. Poichè le estremità del tubo sono collegate ad un ago che si muove lungo
un indice graduato, è possibile leggere su questo le variazioni di pressione.
Il barometro olosterico, o di Vidie, è costituito da una scatola metallica di forma cilindrica,
perfettamente vuota e con pareti sottili. La pressione atmosferica viene equilibrata da una molla
molto sensibile posta all'interno della scatola. Variando la pressione atmosferica, il centro della
scatola si deforma, di conseguenza la molla viene compressa oppure allentata ed essendo
collegata con un ago, che si muove su una graduazione, è possibile leggere le variazioni di
pressione.
I barometri metallici debbono essere tarati prima dell'uso mediante un barometro a mercurio. Per
la loro robustezza e la loro praticità sono di uso corrente e vengono utilizzati all'interno dei
barografi.
Il barometro elettrico a cella di carico.
È costituito da una piccola camera in cui è stato creato il vuoto, in cui una parete è chiusa da un
sensore di deformazione a cella di carico. In funzione della deformazione prodotta dalla
pressione, la cella produce un segnale elettrico che può essere elaborato da un microprocessore
o visualizzato direttamente da un voltometro.
Il barografo è uno strumento costituito da un barometro metallico, da un gruppo registratore e da
un congegno ad orologeria. E' usato per la registrazione continua delle variazioni della pressione
atmosferica su un diagramma avente il tempo come ascissa e la pressione atmosferica come
ordinata. La curva tracciata dalla punta scrivente del gruppo registratore prende il nome di
barogramma.
Temperatura
La nozione di temperatura va ricercata nella sensazione che ci fa dire che un corpo è freddo o
caldo quando lo tocchiamo o quando ci avviciniamo ad esso. La sola sensazione fisica è, però,
insufficiente a far definire con esattezza che cosa è la temperatura. L'attenzione che l'uomo ha
sempre rivolto alla previsione della temperatura è giustificata dall'influenza che essa ha sia sul
benessere fisiologico sia sulla nascita e lo sviluppo delle piante e degli animali.
La temperatura dell'aria prossima al suolo è fra tutti gli elementi che caratterizzano il tempo
quello che ha minor significato per la previsione. Infatti il suo valore è influenzato da molti fattori
come l'insolazione, l'irraggiamento, l'evaporazione, la condensazione del vapore acqueo, la
conduzione termica della superficie, la vegetazione, i centri abitati, la latitudine e l'altezza del
luogo. Questo vuol dire che la variazione della temperatura da luogo a luogo può essere
indipendente da cambiamenti in atto nelle condizioni generali del tempo. D'altra parte la
distribuzione orizzontale della temperatura è indirettamente responsabile dello spostamento delle
masse di aria, poichè determina differenze di pressione fra le aree con temperatura maggiore da
quelle con temperatura minore.
7. La misura della temperatura dell'aria.
Lo strumento con il quale viene misurata la temperatura dell'aria è il termometro che può essere
a mercurio, ad alcool o metallico. Per evitare un uso improprio di questo strumento è necessario
tenere presente che non deve essere esposto direttamente ai raggi solari, ma deve essere
collocato all'ombra, in ambiente ben areato ed ad un'altezza dal suolo di circa 1,5 metri. A questo
scopo è necessario servirsi di una capannina meteorologica con abitacolo in legno dipinto di
bianco all'esterno e con pareti a persiane. La capannina deve essere posta in posizione ben
esposta e lontana almeno 10-15 metri da edifici, ostacoli e qualsiasi altra fonte di calore (nelle
moderne stazioni di rilevamento il sensore di temperatura invece di essere collocato all'interno di
una capannina è protetto da uno schermo, anche auto-ventilato, in materiale plastico e di colore
bianco). Il suolo sopra il quale viene posizionato il termometro deve essere curato a prato
erboso, se tale è la caratteristica prevalente del luogo, o lasciato nudo se ci si trova in ambiente
urbano.
8. Andamento della temperatura con l'altezza.
All'atmosfera il calore viene fornito principalmente dalla superficie terrestre, quindi dal basso, e
ne consegue che la temperatura diminuisce con l'aumentare della quota.
Si chiama gradiente termico verticale la diminuzione della temperatura per una differenza di
quota pari a 100 metri. Il gradiente medio per l'atmosfera standard, dei primi 10-15 chilometri è di
0,65°C.
Il gradiente termico subisce molte variazioni soprattutto nei primi 300-600 metri dalla superficie
terrestre a causa dell'evoluzione diurna della temperatura. Di notte, con venti deboli e cielo poco
nuvoloso, il raffreddamento del suolo sottrae calore all'aria circostante, dando luogo alla
formazione di uno strato spesso 200-400 metri all'interno del quale la temperatura, anzichè
diminuire con la quota, aumenta. Il fenomeno è definito inversione termica.
Nel periodo invernale ed in situazione anticiclonica nelle vallate chiuse e poco ventilate
l'inversione con base al suolo tende a saldarsi con un'inversione che si forma per subsidenza a
quote immediatamente superiori, dando luogo ad un'unica inversione dello spessore anche di
800-1.500 metri.
Di giorno, sempre in presenza di venti deboli e di cielo sereno o poco nuvoloso, il calore dal
suolo si propaga anche agli più bassi, determinando una più rapida diminuzione della
temperatura con la quota. Nel periodo invernale questa rapida diminuzione interessa i primi 500100 metri, mentre nella stagione estiva può spingersi anche a 500-1.000 metri. In tali casi la
temperatura scende di 1°C ogni 100 metri di quota (gradiente adiab atico) e talvolta di una
quantità superiore (gradiente superadiabatico).
I valori della temperatura, alle varie quote dell'atmosfera standard, sono dati nella tabella che
segue:
Altitudine (m)
0
1.000
2.000
3.000
4.000
Temperatura(°C)
15,0
8,5
2,0
-4,5
-11,0
Altitudine (m)
5.000
6.000
7.000
8.000
9.000
Temperatura(°C)
-17,5
-24,0
-30,5
-37,0
-43,5
Altitudine (m)
10.000
11.000
12.000
13.000
Temperatura(°C)
-50,
-56,6
-56,5
-56,5
Il gradiente termico verticale determina la stabilità o l'instabilità dell'aria e quindi la possibilità di
formazione delle nubi, di temporali, di nebbia da irraggiamento e la capacità dell'atmosfera di
diluire nello spazio la concentrazione di sostanze inquinanti.
9. Instabilità e stabilità dell'aria.
Chiamasi trasformazione adiabatica il cambiamento di stato, a causa del raffreddamento o del
riscaldamento, che avviene in una massa d'aria nel suo movimento ascendente o discendente
senza scambio di calore con le masse di aria circostanti.
Se una massa di aria viene sollevata per una causa qualsiasi, venendo a trovarsi sottoposta a
pressioni che diminuiscono con l'altezza, si espande e si raffredda. Se l'aria in ascesa non si
mescola immediatamente, per effetto di una turbolenza, con l'aria circostante, non ci sono
scambi di calore tra le due masse di aria, poichè l'aria è cattiva conduttrice del calore.
L'espansione è quindi adiabatica.
Se invece l'aria è costretta a scendere per una qualsiasi causa, subisce un riscaldamento per
compressione adiabatica dovuta all'aumento della pressione degli strati più prossimi al suolo.
Nella troposfera, il raffreddamento o il riscaldamento adiabatico è, in assenza di fenomeni di
condensazione o evaporazione, di 1°C per ogni 100 metri di differenza di altezza .
Instabilità. Se l'atmosfera, negli strati prossimi al suolo, ha un gradiente superadiabatico (nelle
ore centrali delle giornate estive, in assenza di perturbazioni) l'aria tende ad essere instabile cioè
animata da moti verticali ascendenti. Poichè l'aria non satura durante l'ascesa incontra pressioni
via via decrescenti, continua a salire nonostante il raffreddamento dato che, in presenza di
atmosfera in stato superadiabatico, l'aria ha ad ogni livello una temperatura superiore a quella
delle masse di aria circostanti.
Il raffreddamento di una massa di aria umida, dovuto al movimento verticale verso l'alto, può
determinare la condensazione del vapore acque e quindi la formazione di nubi. In questo caso, il
calore che si libera durante la condensazione del vapore acqueo rende la massa di aria
ascendente ancora più calda ed il moto verticale può spingersi fino ai limiti della troposfera,
dando luogo alla formazione di nubi cumuliformi a grande sviluppo verticale come i cumulonembi
responsabili dei temporali. E' questo il motivo per cui l'aria umida è più instabile dell'aria secca,
infatti, l'instabilità dell'aria cresce con il cresce del suo contenuto di vapore acqueo.
Segni di instabilità. L'indicazione più significativa dell'instabilità dell'aria è data dalla presenza di
nuvolosità cumuliforme. Altre indicazioni sono fornite dai fumi dei camini e delle ciminiere che
assumono un aspetto serpeggiante con moti verticali più pronunciati quanto più instabile è l'aria.
Stabilità. Se il gradiente termico verticale è subadiabatico, ossia se la temperatura dell'aria
diminuisce con l'altezza in misura minore di 1°C pe r ogni 100 metri, oppure aumenta con la
quota, si hanno condizioni di stabilità atmosferica. Poichè il gradiente termico verticale
subadiabatico impedisce il moto ascendente dell'aria, questa è costretta a ristagnare negli strati
prossimi al suolo con conseguente accumulo di vapore acque e di inquinanti. Con aria in
condizioni di stabilità se si formano le nubi esse saranno di tipo stratiforme e se la quantità di
vapore acqueo presente è elevata si formeranno le nebbie.
Segni di stabilità. Le condizioni di stabilità sono manifestate dalla presenza di nebbia da
irraggiamento, foschia e dalla caratteristica cappa grigio-marrone della caligine sopra le città.
Altre indicazioni sono fornite dalla forma che assumono i fumi che escono dai camini che
tendono a mantenersi compatti, appiattiti e persistere sino a grandi distanze dalla sorgente.
10. Andamento diurno della temperatura.
Se si osserva la temperatura registrata da un termografo si nota un tipico andamento sinusoidale
giornaliero caratterizzato da un valore minimo intorno all'alba e da un valore massimo circa due
ore dopo il passaggio del Sole allo Zenith. Molti fattori influisco però sul normale andamento
della temperatura nell'arco di una giornata. L'escursione fra temperatura minima e massima è
meno accentuata nelle giornate nuvolose a causa della restituzione del calore per effetto serra,
mentre è più accentuata in condizioni di cielo sereno o poco nuvoloso. Il vento favorendo il
rimescolamento dell'aria presente nei bassi strati con quella degli strati più elevati, impedisce che
la temperatura del suolo si innalzi notevolmente di giorno e si abbassi notevolmente di notte.
Tutte le forme di energia coinvolte hanno la loro origine comune nella radiazione solare.
Quest'ultima in assenza di nubi giunge quasi integralmente sulla superficie terrestre, dove in
parte viene assorbita dal suolo, ed in parte viene riflessa nuovamente nello spazio e quindi va
perduta. In altre parole, l'aria secca risulta trasparente alla radiazione solare e, di conseguenza,
l'aria in prossimità del suolo non si riscalda per esposizione diretta ai raggi del sole. Il suolo
esposto al sole, invece, assorbe energia, si riscalda e propaga in vari modi questo riscaldamento
anche all'atmosfera sovrastante. Come avviene dunque questa propagazione del calore verso
l'alto? Per gli strati più bassi dell'atmosfera, in particolare per i primi 300-800 metri, risulta
importante soprattutto l'irraggiamento, ossia la capacità di qualsiasi corpo di emettere energia
sotto forma di radiazioni nell'infrarosso. Di giorno il suolo si riscalda prima dello strato di aria
immediatamente sovrastante per cui il bilancio nell'infrarosso tra la radiazione ricevuta dal suolo
e quella emessa dallo strato stesso risulta positivo: l'aria a contatto con il suolo si riscalda e a
sua volta trasmette calore, sempre per irraggiamento, anche agli strati superiori con un processo
a catena che si attenua con l'altezza, sia per il progressivo allontanamento dalla fonte di calore,
sia perchè parte della radiazione viene assorbita dal vapore acqueo e dall'anidride carbonica. Di
notte le parti si invertono: il suolo si raffredda più velocemente dell'aria e sottrae calore a
quest'ultima producendone un raffreddamento. L'escursione termica giornaliera prodotta da
questo meccanismo risulta particolarmente evidente con un cielo sereno e limpido, ossia quando
è scarso il contenuto di umidità a tutte le quote, e può raggiungere anche i 10-15 gradi. In tal
caso vengono esaltati sia il riscaldamento diurno che il raffreddamento notturno del suolo.
All'irraggiamento si affiancano anche altre due modalità di scambio di calore fra il suolo e l'aria: i
moti turbolenti ed il trasferimento legato ai processi di evaporazione e condensazione. Dai primi
deriva un rimescolamento tra strati atmosferici adiacenti ad opera di moti vorticosi che si
sviluppano lungo il piano verticale, favorendo così anche il trasporto di calore ora verso l'alto, ora
verso il basso, a seconda dei casi. Tali vortici possono essere sia di origine meccanica, ed in tal
caso limitano la loro azione allo strato superficiale (ai primi 100-200 metri), sia di origine termica
quando un irregolare riscaldamento della superficie terrestre nelle ore diurne si traduce in moti
convettivi più ampi che possono interessare i primi 2-4 chilometri di atmosfera.
Parte dell'energia assorbita dal suolo viene spesa nell'evaporazione di acqua dalle superfici dei
laghi e dei mari e dalla vegetazione. Infatti, l'evaporazione di un grammo di acqua richiede circa
600 calorie, un'energia non indifferente che può essere restituita all'ambiente in una successiva
condensazione. Il vapore immesso nell'aria viene diffuso in atmosfera, soprattutto attraverso i
moti convettivi, e quando raggiunge le condizioni per condensare di nuovo rilascia l'energia
accumulata riscaldando l'aria. Per dare un'idea dell'entità di questo processo diciamo che la
condensazione di un grammo di acqua in un metro cubo di aria al livello del mare determina un
innalzamento della temperatura dello stesso volume di aria di circa due gradi e mezzo.
Si può forse concludere che ogni variazione locale della temperatura è riconducibile a scambi di
calore con il suolo sottostante riscaldato dal sole? Non proprio, ciò sarebbe vero solo se
l'atmosfera fosse statica, ferma. L'aria è in continuo movimento, l'atmosfera è sempre sede di
moti più o meno evidenti sia orizzontali che verticali. Aria fredda in arrivo dai Balcani...Correnti
calde provenienti dal Nord Africa...frasi comuni nei discorsi dei meteorologi che annunciano
quelle che più tecnicamente si chiamano avvenzioni calde o fredde, una sorta di vero e proprio
ricambio dell'aria con conseguenze a volte anche piuttosto marcate sulla temperatura, che può
innalzarsi o cadere anche di 10-15 gradi in dodici ore.
L'aria, oltre a muoversi orizzontalmente, può essere animata anche da moti lungo la verticale.
Nei moti discendenti l'aria incontra pressioni via via maggiori e quindi si comprime riscaldandosi,
un pò come si riscalda quando la comprimiamo con uno stantuffo all'interno di una pompa per
biciclette. Viceversa quando si muove verso l'alto, l'aria si espande e si raffredda. In entrambe i
casi l'entità di questo riscaldamento o raffreddamento è dell'ordine di un grado centigrado ogni
cento metri di quota. Queste variazioni si riflettono poi sulla temperatura dell'aria circostante e
possono quindi far perdere o guadagnare qualche grado alle località dove nell'evoluzione del
tempo si instaurino moti verticali.
11. Temperatura e tipo di suolo.
La radiazione solare incidente al suolo viene da questo immagazzinata e quindi restituita
nell'atmosfera in misura maggiore o minore a seconda della natura del terreno. A parità di
energia solare ricevuta un terreno ricoperto da vegetazione si scalda meno rapidamente di un
terreno roccioso. Di conseguenza l'irraggiamento notturno determina un raffreddamento più
rapido dei suoli che durante il giorno hanno immagazzinato meno energia solare.
Sono numerosi gli esempi in cui la diversa costituzione del suolo dà luogo a differenti
riscaldamenti diurni o raffreddamenti notturni dell'aria sovrastante. I casi di maggior interesse ai
fini delle condizioni meteo locali sono le differenze di temperatura che si manifestano durante il
giorno fra le distese liquide e la terraferma, fra le catene montuose e le pianure, fra le montagne
e le vallate.
I mari, a causa della loro elevata inerzia termica, si riscaldano e si raffreddano meno
velocemente della terraferma avendo immagazzinato una maggior quantità di energia solare.
Sulla terraferma il riscaldamento del suolo (limitato ai primi 10-20 cm di profondità) è molto più
rapido, come è altrettanto rapido il raffreddamento notturno a causa della ridotta energia
immagazzinata.
Le catene montuose si riscaldano più rapidamente delle pianure adiacenti, sia perchè il suolo è
meno ricco di vegetazione sia perchè la radiazione solare incidente è maggiore di quella che
giunge nelle zone pianeggianti. pertanto il minor calore assorbito dalle montagne durante il
giorno determina un più rapido raffreddamento nelle ore notturne.
Correnti ascendenti e correnti discendenti. Al di sopra del suolo più caldo, l'aria si riscalda
anch'essa e tende a salire, mentre al di sopra di un suolo più freddo l'aria tende a discendere
(moti convettivi). I moti convettivi sono responsabili della formazione delle nubi cumuliformi,
spesso temporalesche, cha appaiono durante le ore più calde del pomeriggio.
12. Riscaldamento e raffreddamento diurno dell'aria sul mare.
A differenza di quanto avviene sulla terraferma, l'assorbimento della radiazione solare da parte
del mare non influenza in modo apprezzabile la sua temperatura. Pertanto, sia di giorno che di
notte, anche l'aria a immediato contatto con il mare non subisce significative variazioni termiche.
Sul mare, gli strati più bassi dell'atmosfera tendono ad essere stabili durante il giorno ed instabili
durante la notte (temporali notturni). Sulla terraferma avviene l'esatto opposto (temporali
pomeridiani).
13. La temperatura in montagna.
In montagna, con condizioni di cielo sereno e vento debole, la temperatura èlegata
essenzialmente all'azione dell'insolazione e del raffreddamento notturno. Di notte, l'aria più
fredda, e pertanto più densa, scende dai pendii andando ad accumularsi nei fondovalle facendo
riscontrare temperature minime più basse di quelle delle montagne vicine. Le montagne si
riscaldano più intensamente e più rapidamente delle valli e delle pianure adiacenti. Il
riscaldamento è notevole durante il periodo estivo e ciò fa si che le masse di aria fredda e
relativamente umida provenienti dai quadranti settentrionali, scorrendo sopra le montagne calde,
divengano molto instabili e diano luogo nelle ore pomeridiane a nuvolosità cumuliforme spesso
accompagnata da rovesci anche a carattere temporalesco.
14. Riscaldamento e raffreddamento dell'aria in movimento.
Una massa di aria che si sposta verso luoghi più caldi si riscalda dal basso e diviene instabile.
L'instabilità sulla terraferma varia durante l'arco della giornata raggiungendo un massimo nel
pomeriggio ed un minimo in corrispondenza delle prime ore della mattina. A questo proposito è
utile sapere che le masse di aria fredda di origine Atlantica , giunte sul Mediterraneo, tendono a
diventare instabili poichè questo mare chiuso risulta essere più caldo dell'oceano di circa 4°C. Al
contrario, quando l'aria si sposta verso regioni più fredde, essa si raffredda dal basso e se non
intervengono altri fattori si forma un'inversione o un'isoterma negli strati atmosferici prossimi al
suolo. Questa situazione di marcata stabilità impedisce sia i moti turbolenti che quelli convettivi
favorendo l'accumulo di calore e di umidità nella bassa troposfera dando spesso origine alla
nebbia. Questi fenomeni si possono riscontrare sulla nostra penisola nel semestre freddo in
corrispondenza degli afflussi di aria calda di estrazione africana o provenienti dalle latitudini
medio basse dell'Oceano Atlantico. In questo caso, le correnti di scirocco o di libeccio che
investono le nostre regioni solitamente non manifestano fenomeni di instabilità.
15. Influenza della temperatura sulla pressione atmosferica.
La distribuzione orizzontale della pressione atmosferica è strettamente dipendente
dall'andamento della temperatura. Nelle aree geografiche in cui il suolo è più caldo tendono a
formarsi centri di bassa pressione, mentre nelle aree più fredde si instaurano centri di alta
pressione. La differenza di temperatura fra aree continentali ed oceani si riflette sul campo
barico. Nei mesi estivi gli oceani sono più freddi dei continenti vicini, pertanto su questi ultimi
tende a formarsi, nei bassi strati, un'area di bassa pressione, mentre sugli oceani si affermano
aree di alta pressione. Nella stagione invernale, invece, sui continenti si instaurano
frequentemente zone di alta pressione per il fatto che la terraferma si raffredda più velocemente
del mare. Questi campi di alta pressione vengono spesso spazzati via dal passaggio delle
perturbazioni. Le differenze di temperatura influenzano l'andamento della pressione atmosferica
anche in ambito locale. Infatti, a causa del diverso riscaldamento e raffreddamento, fra il mare e
la terraferma, fra le catene montuose e le pianure, nelle zone che di giorno si riscaldano più
rapidamente la pressione atmosferica diminuisce, mentre nelle zone che di notte si raffreddano
più rapidamente la pressione atmosferica aumenta.
16. Temperatura ed evoluzione del tempo.
La variazione locale della temperatura non è un sicuro punto di riferimento per la previsione del
tempo; essa può dare qualche indicazione se viene messa in relazione con l'andamento
simultaneo di altri fattori come ad esempio la pressione atmosferica, il vento e la nuvolosità.
Tuttavia possono essere fatte alcune considerazioni di carattere generale.
Quando la temperatura e la nuvolosità aumentano mentre la pressione diminuisce, si hanno
quasi sempre condizioni di tempo perturbato persistente.
Quando la temperatura diminuisce e la nuvolosità e la pressione aumentano, non si hanno
generalmente precipitazioni.
Un aumento della temperatura a causa di correnti meridionali è seguito da un peggioramento del
tempo soltanto quando la pressione è in diminuzione. Viceversa, un abbassamento della
temperatura dovuto ad afflussi di aria dai quadranti settentrionali, non da solitamente tempo
perturbato.
17. La previsione della temperatura.
Visto che la temperatura dell'aria varia da luogo a luogo, è difficile dare un'indicazione circa il
valore assoluto che essa potrà assumere in una certa località. Tuttavia alcuni fattori consentono
di stimare se la temperatura ha tendenza alla crescita o alla diminuzione.
Con il cielo sereno ed in assenza di vento gli unici fattori che influenzano l'andamento termico
sono l'irraggiamento del suolo e l'insolazione. In queste condizioni le temperature minime
tendono ad abbassarsi raggiungendo valori inferiori alla media e quelle massime valori superiori.
Gli scostamenti fra i due valori saranno tanto più grandi quanto più l'aria sarà tersa.
Con cielo molto nuvoloso o coperto e con scarsa ventilazione le temperature minime tenderanno
a portarsi su valori superiori alla media mentre le temperature massime su valori inferiori. Gli
scostamenti fra i due valori saranno tanto più grandi quanto maggiore sarà la copertura del cielo
e quanto più bassa la nuvolosità.
In presenza di vento moderato o forte le variazioni di temperatura sui luoghi pianeggianti
dipenderanno dagli afflussi di aria con caratteristiche termiche diverse da quelle del luogo di
arrivo. Se le masse di aria provengono dai quadranti meridionali si avrà un aumento della
temperatura, mentre se la loro provenienza sarà dai quadranti settentrionali si otterrà una
diminuzione della temperatura.
Anche il movimento delle nubi rispetto al vento al suolo o rispetto a nubi in movimento a quote
diverse, può dare utili informazioni circa le variazioni termiche. Se il movimento delle nubi in
quota è osservato alla sinistra di quello delle nubi più basse o del vento al suolo, si avrà una
diminuzione della temperatura, viceversa si avrà il contrario.
18. Le scale utilizzate per misurare la temperatura.
Scala Kelvin (°K). Nella scala Kelvin la temperatura dello zero assoluto, cioè la temperatura
minima teoricamente raggiungibile, è posta a 0° K ( Kelvin) ed il punto di fusione del ghiaccio è
posto a 273,15° K. L'unità di misura della scala Ke lvin è il Kelvin (K), definito come 1/273,16
dell'intervallo di temperatura fra lo zero assoluto e il punto di fusione del ghiaccio a pressione
atmosferica standard. Alcuni degli altri punti fissi, misurati con il termometro a gas, sono:
il punto di ebollizione dell'idrogeno (20,28° K)
il punto di ebollizione dell'acqua (373,15° K)
il punto di fusione dello zinco (692,73° K)
il punto di fusione dello dell'oro (1 337,58 K).
William Thomson, dal 1892 Lord Kelvin, Fisico e matematico irlandese (Belfast 26 giugno 1824Netherhall 17 dicembre 1907).
Compì studi e ricerche in vari campi della fisica matematica e fu tra i primi fisici a sfruttare
industrialmente le sue scoperte. Fece numerose scoperte nel campo della termodinamica.
Introdusse la scala assoluta delle temperature, detta poi scala Kelvin. Prende il suo nome
(Kelvin) l'unità di misura della temperatura nel Sistema Internazionale (SI).
Fu anche uno degli iniziatori della teoria matematica dei nodi, utilizzata nella fisica moderna nelle
varie teorie delle stringhe. In riconoscimento delle sue scoperte venne nominato barone Kelvin
su Largs, nella contea di Ayr. Alla sua morte fu sepolto nell'abbazia di Westminster a Londra.
Scala Réaumur (°R). Prima dell'adozione della scala Kelvin furono utilizzate altre scale di
temperatura, la più antica delle quali, fu quella ideata nel 1731 dal fisico francese René Antoine
Ferchault de Réaumur (1683-1757) in cui il punto di fusione dei ghiaccio era posto a 0°R (gradi
Réaumur) e quello di ebollizione dell'acqua a 80°R. Il grado Réaumur corrisponde a 1/80
dell'intervallo di temperatura tra il punto di fusione dei ghiaccio e quello di ebollizione dell'acqua a
pressione atmosferica standard. Questa scala è ormai in disuso anche se è possibile trovarla su
vecchi termometri a muro di fattura francese, belga o svizzera.
Scala Fahrenheit (°F). I primi termometri di una certa affidabilità furono costruiti nel 1714 dal
fisico tedesco Daniel Gabriel Fahrenheit (1686-1736), il quale ideò anche una scala di
temperatura che da lui prende il nome. In questa scala gli 0°F (gradi Fahrenheit) corrispondono
alla temperatura alla quale coesistono in equilibrio le fasi solide, costituite da ghiaccio e cloruro
di sodio (sale da cucina), e la fase liquida, costituita da una soluzione satura di detto sale in
acqua, mentre 96°F corrisponde alla temperatura “no rmale” del corpo umano.
Successivamente si è convenuto di fare coincidere 32°F con il punto di fusione dei ghiaccio e
212°F con quello di ebollizione dell'acqua. In base a queste ultime scelte il grado Fahrenheit (°F)
è definito come 1/180 dell'intervallo di temperatura tra il punto di fusione dei ghiaccio e quello di
ebollizione dell'acqua a pressione atmosferica standard. Questa scala è tuttora di uso comune in
molti paesi soprattutto in quelli anglosassoni.
Daniel Gabriel Fahrenheit nasce a Danzica il 23 maggio 1686. Sviluppa nel tempo una
particolare abilità nell'arte di soffiare il vetro, dote che impiegherà per costruire apparecchiature
scientifiche.
Costruttore di strumenti scientifici oltre che commerciante, dopo aver viaggiato in Inghilterra,
Germania e Francia si stabilisce e passa la maggior parte della sua vita in Olanda, dove
approfondisce lo studio della fisica.
Le sue pubblicazioni scientifiche sono per lo più modeste fino a quando la sua fama e la sua
notorietà si diffondono nei vari paesi europei per aver inventato nel 1720 un personale sistema
per la fabbricazione di termometri. Grazie alle sue scoperte viene eletto membro della Royal
Society di Londra nel 1724.
Gli anni seguenti serviranno allo studio e al miglioramento delle sue invenzioni; passa dall'utilizzo
dell'alcool nei termometri ad un elemento più preciso (e oggi noto) il mercurio.
Il suo nome è legato all'omonima scala termometrica ampiamente utilizzata nei paesi
anglosassoni fino agli anni '70, ed oggi ancora ufficialmente usata negli Stati Uniti.
Scala Celsius (°C). La scala Celsius, o centigrada, prende il nome dal fisico e astronomo
svedese Anders Celsius che nasce a Uppsala, Svezia, il 27 novembre 1701. Il padre è
professore di Astronomia presso gli istituti universitari di Uppsala. Anders Celsius si forma
attraverso lo studio delle scienze matematiche e astronomiche, senza tuttavia trascurare la fisica
sperimentale che tanto influirà sulle sue ricerche nel settore della termometria. Seguendo le
orme del padre, Anders insegna matematica e, in seguito, astronomia a Uppsala.
Negli anni compresi tra il 1732 e il 1736 compie lunghi viaggi stabilendo contatti personali con
altri studiosi e osservando il funzionamento e i metodi organizzativi di vari centri di ricerche
astronomiche, quali ad esempio gli Osservatori di Berlino e di Norimberga.
A Parigi conosce P. L. Maupertuis ed entra a far parte del gruppo di studiosi che prepara le
celebri misurazioni dell'arco di meridiano, perseguendo lo scopo di definire, in termini di
osservazioni sperimentali, l'annosa polemica che vedeva schierati in campi diversi i sostenitori
delle concezioni newtoniane e cartesiane sulla forma del globo terrestre. I primi sostenevano che
il globo era schiacciato ai poli: le misurazioni sopra accennate avrebbero appunto confermato la
validità delle tesi newtoniane.
Le prime indagini concernenti l'interesse di Anders Celsius per i problemi annessi alla
misurazione della temperatura risalgono al periodo 1733-1734.
Nel 1733 il suo itinerario europeo tocca anche l'Italia. E proprio dall'Italia gli giungerà l'anno
successivo una lettera in cui gli si chiede spiegazioni relative al modo di costruire termometri a
mercurio, argomento discusso durante il viaggio italiano. Si sa inoltre che Celsius aveva già
compiuto nel 1731 osservazioni barometriche e termometriche servendosi di strumenti di
Hauksbee.
Successivamente - come appare sempre dalla sua corrispondenza nonché da alcuni suoi
appunti manoscritti - Anders Celsius si serve di un termometro costruito da Nollet
conformemente al metodo proposto da R. A. de Réaumur e di un altro termometro dovuto a J. N.
Delisle.
Nel 1742 Celsius pubblica una famosa memoria, relativa ai problemi della termometria dove
propone di utilizzare una scala centigrada riferita a due punti fissi: quello che corrisponde alla
temperatura della neve in fusione e quello riferito alla temperatura dell'acqua in stato di
ebollizione.
Tenendo conto della dipendenza del punto di ebollizione dell'acqua dalla pressione, Celsius
suggerisce di indicare con 100 la temperatura della neve, e con 0 quella dell'acqua bollente a
una pressione atmosferica di 751.16 torr, fornendo altresì una regola per fissare lo zero in
corrispondenza di valori differenti della pressione stessa. Un termometro dotato di tale scala
rovesciata rispetto alle usuali scale centigrade era in funzione nel dicembre del 1741.
Anders
Celsius
muore
il
25
aprile
1744
nella
sua
città
natale.
Nella sua carriera di astronomo Celsius catalogò oltre 300 stelle. Con il suo assistente Olof
Hiorter scoprì le basi magnetiche dell'aurora boreale.
Strumenti con scala centigrada come oggi li conosciamo vennero costruiti, dopo il 1746, da
Ekström, abile fabbricante di strumenti scientifici che lavorava a Stoccolma, e da Strömer.
Nella scala Celsius i punti di fusione del ghiaccio e di ebollizione dell'acqua sono rispettivamente
posti a 0° C e a 100°C (gradi Celsius). In realtà n ella scala originale detti valori erano inversi e
cioè 100°C corrispondevano al punto di fusione dei ghiaccio e 0° quello di ebollizione dell'acqua.
Il grado Celsius (°C) o centigrado è definito come 1/1 00 dell'intervallo di temperatura tra il punto
di fusione dei ghiaccio e quello di ebollizione dell'acqua a pressione atmosferica standard (un
grado Celsius è un intervallo di temperatura esattamente uguale a un Kelvin). Se si indicano con
K, R, F e C le misure di una stessa temperatura rispettivamente nelle scale Keivin, Réaumur,
Fahrenheit e Celsius esse risultano legate dalle seguenti relazioni:
C = K-273,15
C = 5/4 x R
C = 5/9 x (F-32)
Tabella di conversione delle varie scale di temperatura.
C
-20
-19
-18
-17
-16
-15
-14
-13
-12
-11
-10
-9
-8
-7
-6
-5
F
-4
-2,2
-0,4
1,4
3,2
5
6,8
8,6
10,4
12,2
14
15,8
17,6
19,4
21,2
23
K
253,15
254,15
255,15
256,15
257,15
258,15
259,15
260,15
261,15
262,15
263,15
264,15
265,15
266,15
267,15
268,15
R
-16
-15,2
-14,4
-13,6
-12,8
-12
-11,2
-10,4
-9,6
-8,8
-8
-7,2
-6,4
-5,6
-4,8
-4
C
-4
-3
-2
-1
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
F
24,8
26,6
28,4
30,2
32
33,8
35,6
37,4
39,2
41
42,8
44,6
46,4
48,2
50
51,8
K
269,15
270,15
271,15
272,15
273,15
274,15
275,15
276,15
277,15
278,15
279,15
280,15
281,15
282,15
283,15
284,15
R
-3,2
-2,4
-1,6
-0,8
0
0,8
1,6
2,4
3,2
4
4,8
5,6
6,4
7,2
8
8,8
C
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
F
53,6
55,4
57,2
59
60,8
62,6
64,4
66,2
68
69,8
71,6
73,4
75,2
77
78,8
80,6
K
285,15
286,15
287,15
288,15
289,15
290,15
291,15
292,15
293,15
294,15
295,15
296,15
297,15
298,15
299,15
300,15
R
9,6
10,4
11,2
12
12,8
13,6
14,4
15,2
16
16,8
17,6
18,4
19,2
20
20,8
21,6
C
28
29
30
31
32
33
34
35
36
37
38
39
40
41
42
43
F
82,4
84,2
86
87,8
89,6
91,4
93,2
95
96,8
98,6
100,4
102,2
104
105,8
107,6
109,4
K
301,15
302,15
303,15
304,15
305,15
306,15
307,15
308,15
309,15
310,15
311,15
312,15
313,15
314,15
315,15
316,15
R
22,4
23,2
24
24,8
25,6
26,4
27,2
28
28,8
29,6
30,4
31,2
32
32,8
33,6
34,4
19. Termometro
La misura della temperatura, o più esattamente la misura delle differenze di temperatura, viene
eseguita con il termometro. Quando allo strumento viene collegato un apparato registratore si
ottiene un termografo. Le misure avvengono sempre in modo indiretto, sfruttando cioè alcuni
effetti che tali variazioni producono nei corpi. Si hanno termometri a dilatazione quando la misura
si ricava dalle variazioni di volume o di pressione, termometri elettrici quando si fonda sulle
variazioni di resistenza elettrica, termometri magnetici quando si basa su effetti magnetici.
Termometri a dilatazione. Possono essere a liquido, a gas o a solido.
Il termometro a liquido sfrutta in genere la dilatazione del mercurio o dell'alcool, contenuti in un
bulbo di vetro, che si prolunga in un tubo capillare graduato. Termometri particolari sono quelli di
massima, in cui il tubo capillare è strozzato in vicinanza del bulbo, in modo che il liquido possa
salire nel cannello, ma non ridiscendere anche se la temperatura si abbassa e il termometro di
minima, munito di un'asticella che si muove con la colonna liquida (in genere alcool) e viene
trascinata verso i valori bassi della graduazione quando il liquido si contrae, ma non partecipa al
moto di dilatazione del liquido, in modo che si ferma anche se la temperatura risale. Per i
termometri che debbono avere una pronta sensibilità e segnalare rapide mutazioni della
temperatura sono preferibili bulbi cilindrici piccoli. Dando invece un grande volume al bulbo si
misurano soltanto le variazioni lente della temperatura, ma lo strumento diventa più sensibile e
preciso (fino al centesimo di grado nei termometri metastatici). La sensibilità del termometro a
liquido varia da tipo a tipo:
nel termometro di Beckmann si può giungere fino al millesimo di grado,
in quelli clinici fino a 0,05°C,
per quelli industriali la sensibilità è molto limitata.
L'escursione teorica di un termometro a mercurio va da -38°C a +360°C (rispettivamente i punti
di congelamento e di ebollizione); per le basse temperature si usa preferibilmente l'alcool e
talvolta l'etere. I termometri a liquido sono soggetti a errori sistematici dovuti alla dilatazione del
contenitore (di solito però questo errore viene computato nella taratura) ed alle temperature
diverse delle varie parti dello strumento (per esempio solamente il bulbo dovrebbe essere
immerso nell'ambiente in cui si deve misurare la temperatura). Un terzo errore, detto
spostamento dello zero, deriva dalla dilatazione residua del vetro in seguito a successivi e
ripetuti riscaldamenti; per questo i termometri devono essere periodicamente ricontrollati e tarati.
Il termometro a gas è costituito da un bulbo, contenete di solito idrogeno o elio, connesso con un
manometro a mercurio che ne regola o ne misura la pressione; le misure di temperatura si
ricavano dalle variazioni di volume mantenendo fissa la pressione, o dalle variazioni di pressione
mantenendo fisso il volume.
La temperatura, nel caso di un gas perfetto, viene misurata nella scala assoluta fissando un
punto di riferimento (punto di fusione del ghiaccio) e ricavando le altre temperature dalla legge
dei gas
pV= RT
dove T è misurato in gradi Kelvin.
Con i termometri a gas si possono misurare temperature bassissime; si può scendere sotto i
10°K (-263°C) utilizzando l'elio.
Anche la dilatazione dei solidi può servire a misurare la temperatura: due lamine metalliche (per
esempio l'una di rame e l'altra di zinco), saldate per tutta la loro lunghezza, si allungano in
misura diversa per un aumento della temperatura e la lamina composta, risultante dalla
saldatura, si incurva presentando la convessità dalla parte del metallo più dilatabile. Un indice ed
un quadrante possono indicare, in gradi, la temperatura corrispondente a questa deformazione.
Questi termometri a solido prendono anche il nome di termometri bimetallici. Il campo di
temperature misurabili varia da 30°C a 300°C e la s ensibilità non è mai superiore a 0,5°C. Di tipo
analogo è il termometro metallico di Breguet formato da un sistema ad elica di tre nastri
rispettivamente d'argento, d'oro e di platino: la diversa dilatazione fa ruotare l'elica e muove un
indice connesso ad una scala graduata.
Termometri elettrici e magnetici.
I termometri elettrici sono basati sulla variazione di resistenza elettrica connessa
proporzionalmente alla variazione di temperatura; gli elementi utilizzati sono conduttori o
semiconduttori connessi ad un ponte di misura elettrico. La misura si può ricavare direttamente
(metodo di deviazione) in base alle indicazioni di uno strumento che segna di quanto si è
squilibrato il ponte, o indirettamente (metodo dell'azzeramento) riequilibrando il ponte mediante
variazione della resistenza elettrica con un cursore (dalla misura di spostamento del cursore si
risale al salto di temperatura). La sensibilità dei termometri elettrici è piuttosto elevata e si aggira
intorno al centesimo di grado.
I termometri magnetici sfruttano il fenomeno della suscettività magnetica, che nelle sostanze
paramagnetiche decresce all'aumentare della temperatura. Si misura la variazione della
temperatura assoluta mediante la legge di Curie:
F x T = costante
Dove F e la suscettività magnetica e T è la temperatura
L'umidità dell'aria
20. L'umidità dell'aria
La quantità di vapore acqueo presente nell'atmosfera determina il grado di umidità dell'aria. Al
pari della temperatura, l'umidità dell'aria varia da luogo a luogo e da un istante all'altro; ciò
dipende dalla diversa intensità con la quale si manifestano i processi fisici preposti alla
ridistribuzione nell'atmosfera del vapore acqueo liberato dalla superficie.
I fenomeni tipici del tempo come le nubi, la nebbia, le precipitazioni, non possono aver luogo
senza la presenza del vapore acqueo. Nella stratosfera, dove la presenza del vapore acqueo è
trascurabile, il cielo è perennemente sereno. Inoltre, il vapore acqueo nell'atmosfera è il
principale responsabile dell'effetto serra e quindi della diversa intensità della perdita di calore del
suolo per irraggiamento (infatti sulle aree desertiche, dove l'umidità dell'aria è molto bassa, si ha
una notevole escursione termica fra il giorno e la notte in cui si raggiungono temperature anche
prossime allo zero). In un'ipotetica atmosfera priva di vapore acqueo la temperatura superficiale
della Terra sarebbe inferiore di circa 30°C rispett o ai valori medi osservati. Anche il grado di
stabilità dell'aria dipende, oltre che dal gradiente termico verticale, dal contenuto di vapore
acqueo. Infatti più l'aria è umida e più intensi sono i moti verticali ascendenti presenti in aria
instabile. Diciamo infine che l'umidità, assieme alla temperatura, è il principale fattore che
determina il benessere o il disagio fisiologico degli esseri viventi. Un'umidità molto elevata può
essere sgradevole, intollerabile o addirittura nociva, un'umidità troppo bassa può causare
altrettanti inconvenienti più o meno seri.
La valutazione dell'umidità dell'aria ha un particolare significato nella previsione del tempo a
breve scadenza perchè permette di individuare il tipo e la provenienza della massa di aria che
interessa una data località, sia perchè consente di farsi un'idea sulla possibilità di formazione di
nubi e quindi di pioggia o nebbia.
21. L'evaporazione
Le sorgenti principali del vapore acqueo sono le grandi distese di acqua dolce o salmastra e la
traspirazione degli esseri viventi. L'intensità dell'evaporazione dipende dalla quantità di
radiazione solare incidente sulla superficie terrestre. Infatti il Sole fornisce l'energia necessaria
per far passare l'acqua dallo stato liquido a quello gassoso. I moti turbolenti e le correnti verticali
si incaricano poi di diffondere il vapore acqueo liberato dalla superficie verso gli strati atmosferici
superiori.
22. Saturazione e condensazione.
Una massa di aria non può contenere vapore acqueo in quantità illimitata. Per una data
temperatura esiste una quantità massima di vapore che può essere contenuta in un chilogrammo
di aria (al suolo un chilogrammo di aria corrisponde ad un volume d'aria di circa 0,8 m³). Più è
elevata la temperatura, maggiore è la quantità massima di vapore acqueo che l'aria può
contenere. Quando questo limite viene raggiunto si ha la saturazione. Un ulteriore apporto di
vapore acqueo o una diminuzione della temperatura determina la condensazione del vapore
acqueo eccedente, fenomeno che si manifesta sotto forma di piccolissime goccioline delle quali
sono costituite le nubi, la nebbia, la foschia o le altre idrometeore.
Nella tabella successiva sono riportati alcuni valori in grammi (g) della quantità massima di
vapore acqueo che può essere contenuto in 1 Kg d'aria negli strati prossimi al suolo.
°C
g/Kg
-10
1,7
0
3,6
10
7,2
20
13,6
30
25,0
40
45,0
Generalmente la quantità di vapore acqueo nell'atmosfera è inferiore del 20-30% rispetto alla
quantità massima che l'aria può contenere.
23. La misura dell'umidità
L'umidità specifica (Ha) esprime quanti grammi (g) di vapore acqueo sono contenuti in un
chilogrammo di aria. Questa grandezza definisce il contenuto reale di vapore all'interno di una
massa di aria e mal si presta ad evidenziare la vicinanza o meno dell'aria alla saturazione e di
conoscere quindi la possibilità di formazione di nubi.
La temperatura di rugiada è la temperatura alla quale una porzione di aria deve essere
raffreddata (senza subire variazioni di pressione o di contenuto di vapore) perchè possa divenire
satura. Chiariamo questo concetto con un esempio:
Si supponga che una massa d'aria alla temperatura di 20°C abbia un contenuto di vapore pari a
7,2 g/Kg di aria. Dalla tabella precedente si evince che l'aria in queste condizioni diventa satura
se la si raffredda fino a 10°C. Quest'ultimo valore rappresenta la temperatura di rugiada della
massa d'aria presa in considerazione. Se la temperatura di rugiada è inferiore agli 0°C, un
ulteriore raffreddamento, darà luogo alla formazione di brina.
L'umidità relativa (Ur) è la grandezza igrometrica che più si presta ad indicare se una massa
d'aria è prossima alla saturazione perchè rappresenta il rapporto, in percentuale, fra la quantità
di vapore effettivamente presente nella massa d'aria e la quantità massima di vapore che l'aria
può contenere alla stessa temperatura (umidità di saturazione Hs).
Facciamo ancora un esempio riconducendoci ancora alla tabella riportata in precedenza:
Una massa d'aria che, a 10°C contenga 7,2 g di vapo re acqueo ha un'umidità relativa pari al
100%, poichè essendo già satura contiene il 100% della quantità massima di vapore che essa
può contenere. Un'ulteriore raffreddamento porterà alla condensazione del vapore eccedente.
Se invece la massa d'aria a 10°C contiene, per esem pio, solamente 4,8 g di vapore per ogni
chilogrammo di aria, la sua umidità relativa Ur è data dal rapporto:
Ur= [4,8 (Ha) : 7,2 (Hs)] x 100 = 66%
L'umidità relativa da precise indicazioni sulla possibile saturazione dell'aria e pertanto è
significativa per la previsione della nuvolosità e per la determinazione del benessere fisiologico.
Strumenti di misura dell'umidità relativa.
Lo psicometro è lo strumento che serve per ottenere la temperatura di rugiada. E' composta da
due termometri, uno normale ed il secondo a bulbo fasciato con una garza imbevuta di acqua
distillata. Quando il termometro con il bulbo avvolto nella garza bagnata viene efficacemente
ventilato, la temperatura segnata comincia a diminuire fino ad un certo punto e cioè fino al
momento in cui l'evaporazione dell'acqua cessa. La temperatura così raggiunta è detta
temperatura del termometro bagnato. La diminuzione della temperatura è causata
dall'evaporazione dell'acqua contenuta nella garza che avvolge il bulbo. Ora l'entità
dell'evaporazione è in relazione alla quantità di vapore contenuto nell'aria circostante. Quando
l'aria circostante è satura l'acqua della garza cesserà di evaporare. Se l'aria dovesse essere già
satura la garza che avvolge il bulbo non sarà soggetta ad evaporazione ed i due termometri
segneranno la stessa temperatura.
FAI DA TE. Un metodo meno empirico ma che può essere utilizzato da una persona che non è in possesso di uno
psicometro (credo la maggior parte di voi) per misurare la temperatura di rugiada è l'utilizzo di semplici oggetti che si
possono trovare in casa:
una insalatiera o zuppiera di vetro,
un termometro a mercurio
acqua (meglio se distillata) per riempire l'insalatiera
cubetti di ghiaccio
Occorre prendere l'insalatiera e riempirla di acqua distillata fino a 3/4 lasciandola per 15-20 minuti nel luogo in cui si
vuole misurare la temperatura di rugiada in modo che l'acqua contenuta acquisti la stessa temperatura dell'ambiente
circostante. Immergere il termometro in modo che il suo bulbo sia completamente sommerso. Ora in piccole dosi
aggiungete i cubetti di ghiaccio attendendo che si sciolga. L'acqua contenuta gradualmente si raffredderà e quando
sulle pareti trasparenti della zuppiera inizierà a formarsi la prima condensa, leggete il valore di temperatura del
termometro ancora immerso. Questo valore corrisponde alla temperatura di rugiada dell'ambiente circostante.
Gli strumenti di misura dell'umidità relativa si chiamano igroscopi quando indicano, con
grossolana approssimazione, solamente lo stato di maggiore o minore umidità dell'aria; si
chiamano igrometri quando ne danno anche la misura.
Gli igroscopi sono basati sulle proprietà che hanno alcune sostanze di assorbire il vapore
acqueo e di subire variazioni di lunghezza, torsione o curvatura. Citiamo per esempio le
membrane organiche, le corde di violino, le lamine di corno o il cosiddetto osso di balena. Altri
igroscopi sono fondati sulle proprietà che hanno alcuni materiali di assumere diversa colorazione
a causa dell'assorbimento del vapore acqueo come ad esempio il cloruro di cobalto che, quando
asciutto è di colore azzurro, mentre diventa rosa pallido se assorbe del vapore. Ora, dato che
una notevole variazione di umidità è collegata alle variazioni delle condizioni atmosferiche, gli
igroscopi possono essere usati utilmente come indicatori del cambiamento del tempo.
Lo strumento più pratico e più largamente utilizzato per la misura dell'umidità relativa è
l'igrometro a capelli basato sulle proprietà che hanno i capelli sgrassati di allungarsi quando
l'umidità relativa diminuisce e di accorciarsi quando l'umidità relativa aumenta. per seguire poi le
variazioni diurne dell'umidità relativa si usano degli igrometri registratori (igrografi), aventi
anch'essi come elemento sensibile un ciuffetto di capelli sgrassati.
In assenza di strumenti di misura, l'umidità dell'aria può essere grossolanamente stimata
osservando la trasparenza dell'aria, cioè la visibilità. Minore è il contenuto di vapore acqueo, più
l'aria si lascia attraversare dalla luce e quindi l'atmosfera risulta più limpida. Questo è il motivo
per cui le masse di aria fredde, scarsamente umide, sono in genere associate a visibilità più
elevata rispetto alle masse di aria calde. Con le masse di aria fredde e secche il cielo si presenta
con colorazione blu, mentre l'aria caldo umida da al cielo la caratteristica colorazione giallogrigia.
24. Le variazioni dell'umidità.
La variazione diurna dell'umidità relativa, nelle giornate soleggiate e poco ventilate, segue un
andamento che è di segno opposto a quello della temperatura. Il massimo si raggiunge poco
prima del sorgere del Sole ed il minimo fra le ore 13:00 e le ore 15:00. L'escursione fra il
massimo ed il minimo valore è di circa il 20% in gennaio e di circa il 30% in luglio. Sul mare
l'umidità relativa è sempre più alta che sulla terraferma, essendo prossima all'80%. Sempre sul
mare, data la modesta escursione termica diurna, anche l'umidità relativa subisce, in assenza di
tempo perturbato, una ridotta variazione. Anche la variazione annua dell'umidità ha un
andamento opposto a quello della temperatura, essendo legata essenzialmente all'escursione
termica media annua. Il valore medio mensile più elevato si ha di norma in dicembre e gennaio,
mentre quello più basso in luglio.
25. La condensazione del vapore acqueo.
La causa principale della condensazione del vapore acqueo nell'atmosfera è il raffreddamento
che può essere determinato sia dalla perdita diretta di calore del suolo per irraggiamento, sia dai
moti ascendenti verticali. Il raffreddamento per irraggiamento interessa gli strati adiacenti al suolo
e ciò avviene quando l'intensità della radiazione infrarossa emessa dal suolo supera la quantità
di calore immagazzinata per effetto della radiazione solare incidente.
Quando la temperatura dell'aria si abbassa tanto da raggiungere la temperatura di rugiada, si ha
la condensazione del vapore acqueo in prossimità del suolo. In questo caso si formano nubi
stratiformi poco spesse o nebbie da irraggiamento.
Quando la condensazione non va oltre la decina di centimetri dal suolo si avrà la formazione di
rugiada o brina a seconda che la temperatura di rugiada sia o meno superiore agli 0°C. Se il
suolo è coperto da manto nevoso, l'irraggiamento notturno oltre ad abbassare la temperatura, fa
solidificare una parte dell'acqua fusa durante la giornata per effetto della radiazione solare.
La causa principale della condensazione del vapore acqueo nell'atmosfera risiede nel
raffreddamento che le masse di aria subiscono quando sono animate da moti verticali. Quando
un volume d'aria si muove verso l'alto subisce un'espansione per effetto della diminuzione della
pressione con l'aumentare della quota. Questa espansione determina un raffreddamento e
quindi la saturazione dell'aria. Alla quota in cui l'aria diventa satura si forma la base della nube.
Nella tabella riportata di seguito si possono stimare le quote alle quali possono formarsi le nubi in
base alla temperatura e all'umidità relativa della massa di aria presa in considerazione.
T°C
U%
30
40
50
60
70
80
90
-10
-5
0
5
10
15
20
25
30
35
1.825
1.420
1.089
812
572
360
172
1.919
1.486
1.139
848
598
377
179
2.002
1.551
1.189
885
624
393
187
2.087
1.617
1.240
923
651
411
195
2.172
1.681
1.290
961
678
428
203
2.257
1.748
1.341
999
705
444
210
2.344
1.816
1.393
1.038
732
461
220
2.431
1.886
1.445
1.078
760
479
228
2.519
1.951
1.498
1.117
788
498
237
2.603
2.023
1.553
1.159
818
516
245
26. L'umidità e l'evoluzione del tempo.
L'umidità è dopo il vento e la pressione atmosferica il fattore più importante per capire ed
eventualmente prevedere l'evoluzione del tempo. In un'atmosfera tersa e limpida, essendo
scarso il contenuto di vapore acqueo, è improbabile la formazione e lo sviluppo di nubi. Invece
un cielo coperto con atmosfera tersa e limpida è tipico delle irruzioni di aria continentale polare
su zone precedentemente occupate da aria umida. Infatti, l'aria fredda si incunea sotto l'aria
umida relativamente più calda e la solleva violentemente. Il sollevamento forzato da origine alla
condensazione del vapore acqueo a livelli molto prossimi al suolo ed alla nascita di uno strato
nuvoloso compatto di nubi basse. Nel frattempo, fra la base delle nubi ed il terreno, l'aria fredda
continentale affluita mantiene, a causa del suo scarso contenuto di umidità, condizioni di visibilità
molto buone. Questo accade frequentemente in Pianura Padana quando l'anticiclone russo si
espande fino alle Alpi Dinariche.
Il cielo sereno con elevata umidità relativa al suolo viene associato alle situazioni in cui il vapore
acqueo è costretto a ristagnare in prossimità del suolo, a causa della presenza di un'inversione
da irraggiamento o a un'inversione per subsidenza in quota. Nelle zone poco ventilate queste
situazioni, soprattutto nella stagione estiva, caratterizzano le tipiche sensazioni di caldo afoso. Il
cielo molto nuvoloso, associato ad un alto tasso di umidità, è caratteristica di tutte le situazioni in
cui sia in atto un afflusso di aria caldo umida dai quadranti meridionali. Questo afflusso
costituisce, quasi sempre, la parte avanzante di un sistema frontale in avvicinamento.
La visibilità orizzontale, in mancanza di strumenti di misura, è un'utile indicazione per valutare
l'evoluzione del tempo dato che questo fattore è direttamente collegato ad una contemporanea
variazione dell'umidità relativa. Nelle ore notturne e prossime all'alba, l'umidità relativa è alta e la
visibilità risulta ridotta per foschie dense o per nebbie. Una diminuzione della visibilità, che non
sia legata all'irraggiamento notturno, è segno che le condizioni del tempo stanno volgendo al
peggioramento. Viceversa se la visibilità non subisce variazioni nel corso della giornata, o se
addirittura persistono formazioni nebbiose, ciò testimonia la persistenza di un'inversione termica
negli strati prossimi al suolo e quindi la presenza di aria stabile.
Anche la colorazione del cielo dipende dal contenuto di vapore acqueo nell'atmosfera. Un cielo
con colorazione rossa verso nord al mattino, oppure il sole che tramonta rosso dietro le nubi, o
ancora la luna rossastra e circondata da un alone, sono tutti indizi di una elevata umidità relativa
e di conseguenza di un probabile peggioramento del tempo. le masse di aria più instabili, e
quindi maggiormente favorevoli allo sviluppo di rovesci o temporali, sono quelle fredde ed umide,
mentre quelle più stabili sono le masse di aria calde e povere di vapore acqueo. Molto instabili
risultano pertanto le masse di aria fredda di origine polare che interessano l'Italia dopo essersi
umidificate sull'Atlantico.
27. L'umidità e il benessere fisiologico.
Lo stato di benessere fisico e psichico dell'organismo umano dipende dalla temperatura,
dall'umidità e dal vento. Infatti i processi di termoregolazione cutanea sono stimolati dalla
temperatura e dall'umidità che producono sulle persone una sensazione soggettiva influenzata a
sua volta dal vento. Limitando le considerazioni solamente alla temperatura e all'umidità, è noto
che l'elevata temperatura è tanto più debilitante e difficilmente sopportabile quanto più è alto il
tasso di umidità dell'aria. Un'atmosfera calda ed umida (clima afoso) impedisce il raffreddamento
periferico del corpo umano attraverso la traspirazione, mentre l'aria calda e secca favorisce la
rapida evaporazione con il conseguente abbassamento della temperatura corporea.
Una situazione in cui si ha freddo ed umido determina uno squilibrio nel bilancio corporeo perchè
il velo invisibile di acqua che si deposita sulla pelle sottrae calore all'organismo. Il vento infine
mitiga la sensazione di caldo poichè induce all'aumento la traspirazione della pelle e quindi fa
abbassare la temperatura corporea, aumentando però il disagio da freddo umido.
Da quanto si è detto è comprensibile come l'umidità rappresenti il fattore di maggior peso sul
benessere fisiologico. Molti studiosi hanno fatto indagini sui particolari valori critici temperaturaumidità oltre i quali si ha la sensazione di caldo afoso. Nella tabella successiva sono riportati i
valori di umidità relativa e la temperatura superata la quale cessa lo stato di benessere e si cade
nel caldo afoso.
T
°C
27
28
29
30
31
32
33
34
35
36
37
38
39
40
41
42
43
44
Umidità relativa (%)
60 65 70 75
28 28 29 29
29 30 31 31
31 32 33 34
33 34 35 36
35 36 38 39
37 39 40 42
40 41 43 46
42 44 47 49
45 48 50 53
48 51 54 58
51 55 58
55 59
59
30
26
27
28
28
29
30
32
33
35
36
37
39
41
43
45
47
49
51
35 40 45 50 55
80
85
90
26 27 27 27 28
30
30
31
27 28 28 28 29
32
33
34
28 29 29 30 30
35
36
37
29 30 30 31 32
38
39
41
30 31 32 33 34
41
43
45
31 32 33 34 36
44
47
49
33 34 35 36 38
48
51
54
34 35 37 38 40
52
55
58
35 37 39 41 43
57
60
37 39 41 43 46
39 41 43 46 48
41 43 46 49 52
43 46 49 52 55
45 48 51 55 59
47 51 54 58
50 54 57
52 57
55 60
Valore di temperatura avvertito dal corpo umano (indice di calore)
Conseguenze:
da 27°C a 32°C
da 33°C a 40°C
da 41°C a 54°C
oltre i 54°C
95
31
35
38
42
47
51
57
100
32
36
40
44
49
54
60
Possibile affaticamento, crampi di calore.
Forte affaticamento, difficoltà nella respirazione.
Possibile colpo di calore, insolazione.
Colpo di calore altamente probabile.
Anche per le situazioni fredde sono stati definiti sperimentalmente, per diversi valori dell'umidità
relativa, i corrispondenti valori limite di temperatura al di sotto dei quali, in assenza di
ventilazione, l'organismo umano avverte disagio fisiologico.
Ur%
T°C
90
3,5
85
2,8
80
2,2
75
1,8
70
1,5
65
0,5
60
0
55
-0,3
50
-0,5
45
-1,5
40
-2,5
La valutazione dell'indice di calore può essere eseguita in vari modi. Nel calcolatore proposto
successivamente vengono determinati tre fra i più diffusi indici, che forniscono risultati anche
significativamente diversi, in quanto il calcolo è basato su ipotesi e modelli differenti:
Heat Index / Apparent Temperature (Steadman, 1979)
Summer Simmer Index (Pepi, 1987)
Humidex (introdotto originariamente in Canada, 1965)
Tutti rappresentano comunque una temperatura, si misurano in gradi Centigradi (o Fahrenheit
nei paesi anglosassoni) e vengono calcolati con formule semi-empiriche non applicabili in modo
generalizzato. Per esempio, la formula usata, si applica solo nel caso in cui la temperatura è
superiore ai 27°C e l'umidità relativa superiore al 40%. Per temperature inferiori ai 25 °C o
umidità poco elevata (sotto il 30%) si può ritenere che l'indice di calore coincida con la
temperatura effettiva.
Il vento
Il vento è lo spostamento orizzontale dell'aria causato dalla differenza di pressione atmosferica
esistente fra zone adiacenti, differenza che a sua volta è causata dall'ineguale distribuzione del
calore sulla superficie terrestre.
L'importanza del vento per quanto riguarda le condizioni atmosferiche risiede nel fatto che le
grandi perturbazioni, collegate ai centri di bassa pressione che si formano intorno alle latitudini
comprese fra 50 e 60° dovute al conflitto di masse d'aria polari, si muovono in seno alle correnti
d'aria occidentali con direzione e velocità determinate essenzialmente dal vento. La direzione di
provenienza del vento da utili informazioni sulle caratteristiche delle masse di aria in arrivo e
quindi sui fenomeni atmosferici, sulle variazioni della temperatura e sulla quantità di umidità che
possono manifestarsi.
28. La misura del vento.
Lo strumento per misurare la velocità del vento è chiamato anemometro (dal greco anemos=
vento e metron= misura). E' costituito essenzialmente in una girandola a palette o a semisfere
cave oppure in un'elichetta.
Le unità di misura che si utilizzano per la misurazione del vento sono:
il metro al secondo (m/sec),
il chilometro orario (Km/h),
il nodo (knot)
Per passare da un'unità di misura all'atra si può far uso di semplici relazioni e cioè:
1 nodo = 1,8 Km/h = 0,5 metri/secondo.
1 metro al secondo = 2 nodi = 3,6 Km/h.
1 Km/h = 0,56 nodi = 0,28 metri/secondo.
In assenza di strumenti per la sua misurazione, la velocità del vento può essere stimata
osservando gli effetti che esso produce sugli alberi, sul fumo dei camini, sul pelo libero
dell'acqua. Questi effetti sono codificati convenzionalmente un una scala messa a punto nel
1806 dall'ammiraglio inglese Francis Beaufort.
Grado
Beaufort
Velocità equivalente in *
Termini descrittivi
Nodi
Km/h
m/sec
Grado
Douglas
0
Calma
< di 1
< di 1
< di 0,2
0
1
Bava di vento
1-3
1-5
0,3 - 1,5
1
2
Brezza leggera
4-6
6 - 11
1,6 - 3,3
2
3
Brezza tesa
7 - 10
12 -19
3,4 - 5,4
2
4
Vento moderato
11 - 16
20 - 28
5,5 - 7,9
3
5
Vento teso
17 - 21
29 - 38
8,0 - 10,7
4
6
Vento fresco
22 - 27
39 - 49
10,8 - 13,8
5
7
Vento forte
28 - 33
50 - 61
13,9 - 17,1
6
8
Burrasca
34 - 40
62 - 74
17,2 - 20,7
7
9
Burrasca forte
41 - 47
75 - 88
20,8 - 24,4
7
10
Tempesta
48 - 55
89 - 102
24,5 - 28,4
8
11
Tempesta violenta
56 - 63
103 - 117
28,5 - 32,6
9
12
Uragano
64 Oltre
118 e
Oltre
32,7 e Oltre
9
* Riferito ad un anemometro sito a 10 metri d'altezza sul livello del
mare
La pressione esercitata su una superficie esposta normalmente al vento può essere espressa
dalla semplice relazione
P=1/2 QV²
dove P è la pressione in Kg/m²
Q è la densità dell'aria pari, in condizioni standard, a 0,132 Kg/m³
V è la velocità dell'aria in metri al secondo.
Esempio: un vento a 10 metri al secondo esercita una pressione di 106 Kg/m².
Grado
Beaufort
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
Sul mare al largo
Il mare è calmo come uno specchio
Si formano increspature che sembrano
squame di pesce, ma senza alcuna cresta
bianca di schiuma
Ondicelle minute ancora corte ma ben
evidenti. Le loro creste hanno un aspetto
vitreo ma non si rompono
Ondicelle grosse le cui creste cominciano a
rompersi. La schiuma ha apparenza vitrea.
Talvolta si osservano qua e la delle pecorelle
dalla cresta biancheggiante di schiuma
Onde piccole che cominciano ad allungarsi.
Le pecorelle sono più frequenti
Onde moderate che assumono una forma
nettamente più allungata. Si formano molte
pecorelle. Possibilità di qualche spruzzo
Cominciano a formarsi onde grosse. Le
creste di schiuma bianca sono ovunque più
estese. Molto probabile qualche spruzzo
Il mare si ingrossa. La schiuma bianca che si
forma al rompersi delle onde comincia ad
essere soffiata in strisce lungo la direzione
del vento
Onde moderatamente alte e di maggiore
lunghezza. La sommità delle loro creste inizia
a rompersi in spruzzi vorticosi risucchiati dal
vento.
Onde alte. Dense strisce di schiuma nel letto
del vento. Le creste delle onde iniziano a
vacillare e a precipitare rotolando. Gli spruzzi
possono ridurre la visibilità
Onde molto alte sovrastate da lunghe creste.
Nel suo insieme il mare appare biancastro. Il
precipitare rotolando delle onde diventa
intenso e molto violento. La visibilità è ridotta
Onde eccezionalmente alte. Il mare è
completamente coperto di schiuma. Ovunque
la sommità delle creste delle onde è
polverizzata dal vento. La visibilità è ridotta
L'aria è piena di schiuma e di spruzzi. Il mare
è completamente bianco a causa dei banchi
di schiuma alla deriva. La visibilità è
fortemente ridotta o nulla.
In costa
(riferito alle barche a vela)
A terra
Le imbarcazioni non governano
Il fumo si innalza
Le imbarcazioni hanno appena un pò di
abbrivio
La direzione del vento è indicata dal fumo,
ma non dalle banderuole
Il vento gonfia le vele delle imbarcazioni che
filano circa 1-2 nodi
Il vento è percettibile al volto. Le foglie
tremolano
Le imbarcazioni cominciano a sbandare e
filano a circa 3-4 nodi
Agita le foglie ed i rami più piccoli, spiega le
bandiere più leggere
Le imbarcazioni portano tutte le vele con una
Solleva polvere e pezzi di carta
buona inclinazione
Le imbarcazioni riducono la loro velatura
Gli arbusti del fogliame iniziano ad
ondeggiare
Le imbarcazioni prendono due mani di
terzaroli alla vela maestra
Agita i rami grossi. I fili metallici sibilano.
Difficoltoso l'uso dell'ombrello
Le imbarcazioni rimangono in porto. Quelle in
Agita interi alberi. Si ha difficoltà a camminare
mare si mettono alla cappa, se possibile
contro vento
raggiungono un ridosso
Tutte le imbarcazioni dirigono verso il porto
più vicino
Rompe rami di alberi. E' quasi impossibile
camminare contro vento
-
Causa danni leggeri ai fabbricati (grondaie,
tegole e camini)
-
Raro in terraferma sradica gli alberi e causa
notevoli danni ai fabbricati
-
Devastazioni
-
Devastazioni
Per ottenere indicazioni esatte circa le correnti effettivamente presenti negli strati prossimi al
suolo, le misurazioni devono essere fatte lontano da ostacoli che possono deformare o
modificare il flusso aereo. Se il terreno è pianeggiante e privo di ostacoli, il vento è
comunemente misurato ad un'altezza di circa 10 metri.
29. Direzione del vento.
Oltre alla velocità è necessario anche conoscere la direzione di provenienza del vento. A questo
scopo vengono utilizzati gli anemoscopi, dal greco anemos= vento e skopeo= osservo, costituiti
di leggere banderuole metalliche imperniate su un asse che passa per il loro centro di gravità.
La direzione di provenienza del vento può essere espressa mediante l'angolo formato con il Nord
geografico e contato in senso orario:
Nord Nord Est
0° - 45°
NNE
Nord Est
Grecale
NE
45°
Est Nord Est
45°-90°
ENE
Est
Levante
E
90°
Est Sud Est
90°-135°
ESE
Sud Est
Scirocco
SE
135°
Sud Sud Est
135°-180°
SSE
Sud
Ostro (mezzogiorno)
180°
S
Su Sud Ovest
SSW
180°-225°
Libeccio
Sud Ovest
225°
SW
Ovest Sud Ovest
WSW
225°-270°
Ovest
Ponente
W
270°
Ovest Nord Ovest
270°-315°
WNW
Nord Ovest
Maestrale
NW
315°
Nord Nord Ovest
NNW
315°360°
Tramontana
Nord
360°
N
Il simbolo utilizzato per indicare sulle carte la direzione e la forza del vento consiste in una
freccia orientata secondo la direzione del vento e in trattini (barbe o cocche) aggiunti sulla
sinistra indicanti la velocità.
Simbolo
Km/h
Nodi
calma
calma
1-5
1-3
6-13
4-7
14-22
8-12
23-31
13-17
32-40
18-22
86-94
46-51
192-198
104-107
In maniera meno precisa la direzione del vento può essere espressa con i punti cardinali e
intercardinali della Rosa dei Venti. Gli antichi avevano posizionato il centro della Rosa dei Venti
in corrispondenza del basso Ionio associando ad ogni punto cardinale ed intercardinale il nome
di un vento in base alla sua regione di provenienza. Si avrà pertanto che i punti cardinali avranno
associato:
North = La Tramontana ha origini antiche, è un vento freddo generalmente secco e piuttosto
forte che soffia da Nord verso Sud. Può raggiungere velocità di 60 Km/h ed è generalmente
portatore di bel tempo. Scavalcando le Alpi e saltando il nord Italia esce fra i monti
dell'Appennino e giunge secco sull'Italia centrale. E' quasi sempre il prolungamento del
Maestrale, della Bora o del Foehn.
North-East = Il Grecale è un forte vento proveniente da nord est tipico del versante ionico e delle
coste orientali della Sicilia. Spira con maggior frequenza nel periodo invernale ed è generato
dall'azione concomitante di alte pressioni sui Balcani e di basse pressioni in movimento dal
basso Tirreno verso sud est. Può raggiungere estrema violenza e persistere per più giorni. Nel
Golfo del Leone è chiamato Gregal e, nelle Baleari, di Guergal a tutti i venti forti e freddi
provenienti da nord est. Questi venti sono imputabili a situazioni meteorologiche diverse da
quelle che fanno stabilire il nostro Grecale.
East = Il Levante è il vento proveniente dai Balcani. D'inverno ha lontane origini russo siberiane ed è per l'Italia la corrente di aria più fredda in assoluto. D'estate è al contrario un vento
torrido proveniente sempre dall'infuocata penisola balcanica.
South-East = Lo Scirocco condiziona il tempo del Mediterraneo meridionale. E' originato dagli
afflussi di aria di origine africana e si stabilisce in presenza di bassa pressione situata sulla
Tunisia- Canale di Sicilia, oppure sul Mediterraneo nord occidentale. Spira da sud est ed in
origine è un vento caldo e secco poichè proviene dal deserto. Ma passando sul mare si carica di
umidità ed arriva sulle coste italiane come un vento umido e foriero di piogge. Può soffiare con
violenza sullo Ionio e sul basso e medio mare Adriatico quando il centro depressionario si sposta
verso la Sicilia. Infatti la configurazione del bacino adriatico, la cui maggiore lunghezza è
secondo la direzione del vento, favorisce anche l'incanalamento di quelle correnti aeree che non
hanno esattamente quella direzione. Alla sua azione, in periodo di alta marea, è legato il
fenomeno dell'acqua alta a Venezia. Lo Scirocco può instaurarsi in tutte le stagioni ma la sua
massima frequenza si osserva in primavera (sfruttato dalle rondini per riuscire ad attraversare il
Mediterraneo) ed in autunno.
Lo Scirocco può essere anticiclonico quando è asciutto e chiaro ed associato alla presenza sul
Mediterraneo di una profonda depressione a ovest o nord ovest e di un'alta pressione ad est o
sud est. In queste condizioni lo Scirocco soffia con direzione costante sull'Adriatico, dura molti
giorni e solleva mare grosso.
Lo Scirocco ciclonico invece è caratterizzato da un forte vento, cielo nuvoloso, nebbia e pioggia
intermittente. Si instaura quando una profonda depressione, proveniente dal Mediterraneo
occidentale o dall'Africa settentrionale si avvicina ai mari occidentali italiani.
Nei bacini occidentali lo Scirocco è talvolta appena avvertito e soffia solamente come vento
foraneo nelle ore calde della giornata. Quando lo stesso vento spira lungo la costa libica è
chiamato Ghibli.
South = Ostro, vento caldo ed umido che spira da sud.
South-West= Il Libeccio (africo per i latini) proviene da sud ovest ed è molto frequente nei bacini
occidentali dove fa sentire i suoi effetti fin nel Golfo di Genova. Essendo strettamente legato alle
depressioni che si formano sul Mediterraneo occidentale può instaurarsi anche improvvisamente
con estrema violenza ed elevato fattore di turbolenza. All'insieme dei fenomeni che
accompagnano questi parossismi, le cui conseguenze talvolta sono molto gravi e si fanno
sentire soprattutto sulle coste tirreniche, si da il nome di libecciata. In Adriatico il Libeccio è un
vento sporadico e d'estate può durare solamente qualche ora.
West= Il Ponente è un vento fresco che spira da Ovest sinonimo e sintomo di instabilità. E' il
vento che insegue le veloci perturbazioni provenienti dall'Atlantico delle nostre latitudini.
North-West= Maestrale è chiamato Mistral nel Golfo del Leone e adiacenze, proviene da nord
ovest ed attraverso la valle del Rodano si precipita nel Golfo del Leone acquistando velocità e
secchezza. Insieme con la Bora è il vento che assume le maggiori velocità. Può instaurarsi in
tutte le stagioni pur essendo più frequente in primavera ed in inverno. A Marsiglia raggiunge
spesso forza 9 con raffiche che superano i 100 Km/h. Si forma quando nel Golfo del Leone o a
sud est di esso si stabilisce una depressione e contemporaneamente si ha un' alta pressione dal
Golfo di Guascogna alle Alpi. Può durare da poche ore fino a tre o quattro giorni apportando bel
tempo e nuvolosità irregolare che però invade completamente il cielo. Lo stesso vento sulle
coste settentrionali della Sardegna, della Sicilia e su quelle tirreniche è il nostro Maestrale che,
pur avendo le stesse caratteristiche del Mistral, non è altrettanto violento. I fortunali da nord
ovest sul mare Adriatico sono di breve durata ed hanno maggiore violenza e persistenza nel
Canale d'Otranto dove producono una forte agitazione del mare.
(nella Figura soprastante vengono identificate i nomi delle aree del mediterraneo così come riportate anche dal Bollettino Meteo degli avvisi ai naviganti)
La circolazione atmosferica sul Mediterraneo è determinata dall'azione combinata o isolata di
alcune configurazioni bariche. Da maggio a settembre si afferma solitamente un promontorio di
alta pressione collegato all'anticiclone delle Azzorre all'interno del quale i gradienti barici sono
modesti. Tuttavia all'inizio ed alla fine del periodo questo promontorio frequentemente si ritira
consentendo l'ingresso nel bacino del Mediterraneo di aria fredda proveniente dall'Atlantico
settentrionale la quale da luogo ad estese manifestazioni temporalesche. Da ottobre ad aprile il
Mediterraneo viene a trovarsi in una zona di sella limitata: nel senso sudovest- nordest
dall'anticiclone delle Azzorre (A2), dall'anticiclone Russo (A1) nel senso nordovest- sudest, dalla
depressione permanente d'Islanda (B1) e dalla depressione del Sahara (B2).
La prevalenza di uno dei suddetti centri di azione da luogo sul Mediterraneo ai venti caratteristici
che soffiano su zone ben delimitate. Questi venti, oltre a quelli citati in precedenza nella Rosa dei
Venti, sono la Bora ed il Foehn.
La Bora è un vento discendente (catabatico) che proviene da est-nordest. E' tipica delle regioni
carsiche e, attraverso la porta della Bora (Trieste), si riversa sul Mare Adriatico settentrionale con
raffiche violente che possono anche superare abbondantemente i 100 chilometri orari. Si
distingue in Bora chiara e Bora scura. La prima è quella che ha maggiore velocità e apporta
temperatura più rigida e cieli sereni. La Bora chiara, detta anche anticiclonica, si stabilisce
quando sull'Europa centro-orientale viene a trovarsi un anticiclone digradante verso l'Adriatico,
senza che si formi su questo mare una depressione. Si cioè uno scivolamento di aria fredda
verso zone con temperature più elevate. La Bora scura si manifesta quando una zona di alta
pressione risiede sull'Europa centrale, mentre sull'Italia c'è bassa pressione. La Bora scura è
accompagnata da cielo nuvoloso ed è meno violenta della Bora chiara ma, mentre quest'ultima è
limitata alle coste dell'alto adriatico, la Bora scura può soffiare con violenza fin sulle coste
orientali dell'Italia centrale.
Il Foehn (in italiano Favonio dal latino favonius, favère, far crescere) è un vento relativamente
caldo e molto asciutto che, attraverso le vallate alpine, discende con irruenza verso la Pianura
Padana e da qui, valicati i modesti contrafforti dell'Appennino settentrionale, si spinge anche
sulle coste dell'alta Toscana. Il Foehn si origina in concomitanza con forti venti settentrionali di
aria fredda provenienti dall'Atlantico settentrionale e convogliati contro l'arco alpino. In tali
situazioni, l'accumulazione di masse di aria sopravvento alla catena delle Alpi fa aumentare la
pressione atmosferica mentre nel lato sottovento si origina una profonda depressione.
Quando soffia il Foehn la temperatura subisce un rapido e sensibile aumento, mentre l'aria
diviene limpida; le nubi sono assenti, a parte quelle di tipo lenticolare, quasi sempre isolate e con
i bordi frastagliati (altocumuli). Il Foehn soffia prevalentemente d'inverno e in primavera con una
frequenza molto variabile. Le regioni più interessate dal Foehn sono l'alta Lombardia e il
Piemonte in cui si registrano mediamente una decina di giornate all'anno (anche 40 giorni se si
considerano i micro Foehn della durata di poche ore).
Alla confluenza delle vallate alpine con la Pianura Padana il Foehn può superare la velocità di
100 km/h. Il manifestarsi di questo fenomeno produce, durante la stagione invernale e
primaverile, il distacco di valanghe, a causa del repentino aumento della temperatura.
Presupposto per la genesi del Foehn e di altri venti analoghi cosiddetti discendenti è la presenza
di catene montuose piuttosto elevate.
Vediamo in concreto che cosa accade.
Un vento che spira in direzione perpendicolare rispetto ad una catena montuosa quando impatta
con quest'ultima è costretto a sollevarsi salendo fin sulle creste da dove poi ridiscende a valle sul
versante opposto.
Durante la salita la temperatura dell'aria diminuisce per raffreddamento adiabatico mediamente
di un 1°C ogni 100 m. Nell'aria in ascesa è present e vapore acqueo che, con il raffreddamento,
condensa formando in questo modo nuvole e precipitazioni sul versante sotto vento (Stau).
Durante questo fenomeno si libera calore latente di condensazione, che riscalda l'aria e quindi il
raffreddamento adiabatico si riduce a circa 0.5 / 0.61°C ogni 100 metri di salita.
Durante la discesa (sul versante sottovento) avviene un riscaldamento progressivo, in media di
1°C ogni 100 metri di perdita di quota dovuto al pr ocesso di compressione adiabatica.
Riassumiamo:
o raffreddamento adiabatico con perdita di 1°C ogni 100 metri fino al raggiungimento della
quota di saturazione, quota alla quale per effetto del raffreddamento la massa di aria
raggiunge il suo punto di saturazione o punto di rugiada condensando sotto forma di
pioggia il vapore acqueo in essa contenuto.
o dalla quota corrispondente al punto di rugiada fino alla sommità della catena montuosa si
avrà una perdita di circa 0,5°C ogni 100 metri.
o sul versante opposto riscaldamento di 1°C ogni 100 metri di caduta per riscaldamento
adiabatico.
Facciamo un esempio immaginando:
un rilievo montuoso alto 1.500 metri.
la temperature dell'aria nel versante sotto vento pari a 18°C
l'umidità relativa dell'aria nel versante sotto vento pari al 90%
il punto di saturazione dell'aria ad una temperatura di 13°C pari a circa 500 metri di altitudine.
Durante il superamento della catena montuosa si ha una fase di sollevamento forzato ed una di
successiva discesa come si vede nella figura sopra riportata.
L'aria ad una temperatura di 18°C salendo si raffre dda perdendo 1°C ogni 100 metri di quota
raggiungendo la temperatura di saturazione intorno ai 500 metri (adiabatica secca).
Nei successivi 1.000 metri il vapore acqueo condensa trasformandosi in pioggia e rilasciando
calore latente di condensazione che fa perdere all'aria solamente 0,5°C ogni cento metri di quota
(adiabatica satura).
L'aria arriverà in cima alla catena montuosa ad una temperatura di circa 8°C perdendo 8°C
rispetto alla temperatura che aveva a fondovalle.
Scendendo il versante sotto vento, ormai meno umida, l'aria si riscalda di 1°C ogni 100 metri di
caduta (adiabatica secca) raggiungendo il fondo ad una temperatura di circa 23°C, avendo
guadagnato circa 15°C, ed un'umidità relativa pari al 40%.
Ecco spiegato come un vento settentrionale, che in origine è fresco ed umido, riesce a
riscaldare il versante alpino italiano portando giornate secche, miti e con cielo terso fin nel cuore
della Pianura Padana.
Su scala planetaria altri venti variabili o locali cioè che soffiano irregolarmente nelle zone
temperate quando si vengono a formare aree cicloniche o anticicloniche sono:
Bise. Vento freddo e secco proveniente da Nord o nord-est che interessa le zone montuose della
Francia meridionale, soprattutto in inverno e con situazione di alta pressione sul Nord Europa.
Blizzard. Sono venti di tempesta associati ad irruzione di aria di origine artica sul Nord America.
Portano quasi sempre neve.
Chamsin (dall'arabo khamasin, 50). Vento caldo e secco che spira sul delta del Nilo da aprile a
giugno. Dura da 3 a 5 giorni.
Chergui. Vento proveniente da Est caldo e secco che spira sul Marocco in primavera ed estate.
Chinook (dal nome di una tribù pellerossa del nord-ovest degli Usa). Vento caldo e asciutto che
soffia da nord-ovest, sulle Montagne Rocciose (USA), prevalentemente in primavera e in
autunno.
Etesiens Vento relativamente fresco che spira da nord sull’Egeo in Estate.
Ghibli (dall'arabo qibli, meridionale). Vento del deserto, molto caldo e carico di sabbia, che soffia
per circa trenta giorni l'anno sui territori della Tunisia, della Libia e dell'Egitto.
Harmattan (dal sudanese haameta'n). Vento caldo e secco, molto violento che spira sui territori
dell'Africa Occidentale. Proviene da nord-ovest, in inverno e in primavera.
Levantes Vento caldo che spira in Estate da est sulla zona di Gibilterra. Il vento contrario
proveniente da ovest, cioè dall’Atlantico, viene chiamato Vendeval, e può giungere come vento
di sud-ovest sino alle Baleari.
Marin. Vento di sud-ovest che investe nella stagione invernale la costa meridionale tra Francia e
Spagna
Meltem. Vento fresco da nord-est o nord, che spira nella stagione estiva sul Bosforo e sul mar
Egeo (è il nome turco del vento Etesiens).
Norther. Vento da Nord che spira in Cile nella stagione fredda accompagnato da pioggia.
Pampero (da pampa). Vento freddo e umido che spira da ovest, tra luglio e settembre,
soprattutto sul Rio de la Plata (Argentina).
Papagayo. Vento forte che spira nei mesi freddi da NE nei mari delle Grandi Antille (Costa Rica).
Shamal. Vento che spira nel Golfo Persico proveniente da NW, associato ad aria secca con
sospensione di sabbia del deserto, talvolta accompagnato da temporali.
Vendeval. Vento contrario al Levante che spira da ovest sulla zona di Gibilterra, può giungere
come vento di sud-ovest fino ai Balcani.
30. Il vento e la pressione atmosferica.
Se si riportano su una carta geografica le posizioni delle stazioni meteorologiche che misurano la
pressione atmosferica e se accanto ad ognuna si annota la pressione ridotta al livello del mare,
si può stabilire dove la pressione è alta e dove la pressione è bassa. Se poi si uniscono i punti di
una zona più o meno vasta dove la pressione è uguale con delle linee chiamate isobare (dal
greco isos= uguale e baros= peso)si definisce lo stato del tempo nella zona stessa. Nelle zone di
bassa pressione, sulle carte indicate con la lettera B oppure L (lower), le isobare sono
rappresentate con linee ellittiche piuttosto regolari e la pressione atmosferica diminuisce dalla
periferia verso il centro. Nelle zone di alta pressione, sulle carte indicate con la lettera A oppure
H (hight), le isobare sono meno regolari e la pressione cresce dalla periferia verso il centro.
Nelle alte pressioni, il cui diametro può superare i 3.000 Km, la pressione atmosferica si aggira
fra i 1.020 ed i 1.030 hPa, il cielo si presenta di solito sereno ed il vento, poco intenso, circola in
senso orario.
Nelle basse pressioni, il cui diametro non va oltre le poche centinaia di chilometri, la pressione
atmosferica è raramente inferiore ai 980 hPa, il vento è molto intenso e vi circola in senso
antiorario.
Questo ha validità per l'emisfero boreale, nell'emisfero australe vale l'esatto contrario, il senso di
circolazione del vento è invertito.
Gradiente barico orizzontale. la dinamica dell'atmosfera obbedisce a principi relativamente
semplici secondo i quali la differenza di pressione tra due punti di un fluido situati sullo stesso
piano orizzontale genera una spinta che fa muovere il fluido dal punto in cui la pressione è più
alta verso il punto in cui la pressione è più bassa. L'aria tende quindi a spostarsi dai centri di alta
pressione verso i centri di bassa pressione con una velocità direttamente proporzionale alla
differenza di pressione esistente fra le due zone ed inversamente proporzionale alla loro
distanza. Si chiama gradiente barico orizzontale il rapporto fra la differenza di pressione di due
isobare e la loro distanza. Consideriamo due isobare Pa e Pb distanti fra loro di una quantità pari
a L, aventi una differenza di pressione Pa-Pb. Visto che le particelle di aria tendono a spostarsi
da Pa verso Pb è ovvio che quanto più ravvicinate cono le isobare tanto più veloce sarà il
movimento dell'aria.
Gradiente barico orizzontale= (Pa-Pb) : L
Come unità di misura del gradiente si sceglie l'ettopascal sulla distanza di 1° di latitudine cioè
pari a 111 Km. Facciamo un esempio ed ammettiamo che fra due punti distanti 222 Km, cioè due
unità di lunghezza di 111 Km, la differenza di pressione sia 4 hPa, il valore numerico del
gradiente sarà: 4:2 = 2.
Un gradiente normale è di solito inferiore a 2.
Gradienti che superano il valore di 4 o 5 denotano venti molto violenti.
Dalla lettura delle carte meteorologiche si può avere un'idea della velocità del vento in una
determinata zona: più le isobare sono ravvicinate maggiore sarà la velocità del vento.
La Forza di Coriolis (matematico francese che fu il primo a dimostrare nel 1804 gli effetti del
fenomeno). Per effetto delle differenze di pressione, le particelle d'aria dovrebbero muoversi
perpendicolarmente alle isobare seguendo cioè la via più breve. Sennonchè altre forze, in
apparenza debolissime, agiscono in modo da far discostare le particelle d'aria dalla traiettoria
sopra citata. La forza principale che entra in gioco è la forza di Coriolis, altrimenti detta forza
deviante.
A causa della rotazione della Terra, il piano orizzontale di un osservatore ruota attorno ad un
asse verticale con un movimento massimo ai Poli e nullo in corrispondenza dell'equatore. Se
nell'emisfero boreale un oggetto mobile si sposta da 0 verso un punto terrestre situato in P il
mobile si dirige, rispetto allo spazio, in linea retta verso P che però raggiunge nel momento in cui
il punto P, trascinato dalla rotazione terrestre, si troverà in P1.
Il moto del mobile da 0 in P, rispetto alla Terra, non sarà rettilineo ma descriverà una curva.
Questa forza che, nell'emisfero settentrionale, fa deviare ogni cosa mobile verso la destra del
proprio movimento, relativamente ad un osservatore che si trovi sulla superficie terrestre, si
chiama appunto forza di Coriolis.
Legge di Buys-Ballot. (Christoph Hendrik Buys Ballot 1817-1890- Meteorologo olandese). Se la direzione
del vento non è modificata da ostacoli posti nelle dirette vicinanze dell'osservatore, ponendo le
spalle al vento che soffia nei bassi strati si può risalire all'ubicazione dei centri di alta e bassa
pressione responsabili del vento osservato. Nell'emisfero nord il centro di bassa pressione si
trova alla sinistra leggermente spostato in avanti dell'osservatore, mentre il centro di alta
pressione si trova a destra leggermente spostato indietro. Nell'emisfero sud le direzioni sono
invertite.
Interessante potrebbe anche essere sapere che il vento delle quote superiori guida il cammino
delle nubi alte, come quello degli strati bassi atmosferici pilota il fumo dei camini, fa sventolare le
bandiere e muove i cumuli e gli strato cumuli. Attraverso l'osservazione dei segnali (nubi,
bandiere e fumi) si può distinguere il cammino del vento superiore dal cammino di quello
inferiore. Una regola empirica per eseguire una previsione sul tempo potrebbe essere questa.
Volgendo le spalle al vento inferiore, si osservi (attraverso lo spostamento dei cirri) la direzione
del vento superiore. Se le nubi provengono dalla nostra sinistra, il tempo volge ad un
peggioramento, mentre se le nubi provengono dalla nostra destra è previsto un miglioramento.
31. Il vento e la temperatura.
Il vento e la temperatura sono strettamente legati dal fatto che il primo dei due è il principale
responsabile delle variazioni locali della temperatura, mentre la diversa distribuzione orizzontale
della temperatura è la causa indiretta dello spostamento delle masse di aria. Abbiamo già viste
che dove il suolo è maggiormente riscaldato, il conseguente sollevamento dell'aria più calda da
origine agli strati adiacenti al suolo, un centro di bassa pressione, mentre sopra alle zone
interessate da un raffreddamento tende a formarsi un centro di alta pressione. Queste differenze
bariche provocate dal diverso riscaldamento, o raffreddamento, danno origine a venti diretti
inizialmente dalle alte verso le basse pressioni. Successivamente i venti subiscono una
deviazione verso destre, nel nostro emisfero, per l'azione della forza di Coriolis o forza deviante.
Per lo stesso motivo la circolazione generale dell'atmosfera è determinata indirettamente dal
diverso riscaldamento fra i Poli e l'Equatore, mentre su scala più ristretta, altri venti come i
Monsoni, sono originati dal diverso riscaldamento dei continenti rispetto agli oceani vicini. I venti
locali di origine termica si sovrappongono al vento causato dalle differenze bariche
modificandone l'intensità e la direzione. Nella stagione estiva, in condizioni di alta pressione, i
venti legati alla circolazione su vasta scala sono piuttosto deboli e pertanto vengono sostituiti
dalle brezze che diventano i veri venti dominanti.
32. Le brezze.
Brezza di mare. Durante il giorno, sotto l'azione della radiazione solare, la terra si riscalda più del
mare adiacente e pertanto, sulla terra, si origina un'area di bassa pressione, mentre l'aria più
fredda che sovrasta il mare acquista una pressione leggermente superiore. A causa di questa
differenza di pressione si genera uno spostamento di aria, negli strati prossimi al suolo, dal mare
verso la terraferma, mentre negli strati atmosferici immediatamente superiori le correnti seguono
il percorso inverso.
Sulle coste italiane la brezza di mare si fa sentire da aprile a settembre mentre è poco frequente
nel periodo invernale a causa della modesta differenza di temperatura fra il mare e la terraferma.
Anche in una giornata in cui il cielo è coperto la brezza è molto debole o spesso nulla. La brezza
di mare si origina nelle immediate vicinanze delle coste ed il suo sviluppo è preannunciato da
improvvise raffiche (mai superiori ai 10 nodi) e dalla altrettanto improvvisa rotazione del vento
verso la costa, preceduta da una fase di calma o di venti variabili.
L'arrivo della brezza di mare sulla terraferma è segnalato da un aumento della velocità del vento
e da un repentino abbassamento della temperatura. La velocità massima, anche di 8-10 nodi,
viene raggiunta nelle ore pomeridiane quando la differenza termica fra il mare e la terraferma
raggiunge il suo apice. La distanza dalla costa verso l'entroterra alla quale questi venti si
propagano non supera solitamente i 40 Km; verso il largo la loro estensione è ancora minore. Il
fronte di avanzata della brezza di mare verso la costa è spesso manifestata da una fila di cumuli
di bel tempo disposti parallelamente fra loro. Nel tardo pomeriggio si calma il vento.
Le brezze di mare si instaurano sotto costa attorno alle 10 del mattino ma se c'è vento contrario
da terra ritardano e possono manifestarsi solamente per qualche ora dal tardo pomeriggio. Se il
vento contrario da terra è superiore agli 8-10 nodi è poco probabile che la brezza di mare riesca
ad instaurarsi. In questo caso l'effetto della brezza di mare si manifesta indirettamente con la
graduale diminuzione della velocità del vento proveniente dall'entroterra nel corso della giornata.
Se in condizioni di cielo sereno e venti deboli la brezza di mare non si sviluppa significa che
l'atmosfera è instabile per la presenza nei bassi strati di un'inversione termica da subsidenza che
impedisce, sulla terraferma, il movimento verticale delle correnti convettive.
Nella sua fase iniziale, quando il vento è ancora debole, la brezza di mare ha una direzione
perpendicolare alla costa. Successivamente, con l'aumentare della velocità, tende ad orientarsi,
nel nostro emisfero, verso la destra del proprio movimento, finchè nel tardo pomeriggio soffia
quasi parallela alla costa. A causa del maggiore attrito incontrato dal vento nel passare dal mare
alla terraferma, le brezze di mare risultano più deboli sulla terra che sul mare, mentre l'accumulo
di aria nelle immediate vicinanze della costa ne fa aumentare la velocità.
La Brezza di terra trae le sue origini nel più rapido raffreddamento notturno della terraferma
rispetto al mare adiacente. La pressione atmosferica più alta sulla terraferma sposta l'aria dagli
strati prossimi al suolo verso il mare, mentre negli strati immediatamente superiori le correnti
soffiano in senso contrario e cioè dal mare verso terra.
Nella stagione estiva la brezza di terra si instaura verso le ore 22 per finire verso le ore 07
raggiungendo la sua massima velocità fra le 04 e le 06. Sul mare non si estende per più di 10-12
chilometri dalla costa. Il passaggio dalla brezza di mare a quella di terra e viceversa è preceduto
da calma di vento che può avere una durata anche di tre ore in corrispondenza del periodo in
cui la temperatura della terraferma e quella del mare si equivalgono.
Brezza di valle. L'aria che circonda i rilievi montuosi si riscalda e si raffredda più velocemente di
quella che sovrasta le pianure adiacenti. Poichè sui rilievi, con cielo sereno ed assenza di
ventilazione, la pressione atmosferica assume valori inferiori a quelli delle pianure vicine, si
genera uno spostamento di aria dalla pianura verso i rilievi. Sulle zone pianeggianti il
trascinamento dell'aria verso la catena montuosa si avverte fino ad una distanza di 30-40
chilometri dalle montagne. le brezze di valle sono frequenti nel periodo estivo mentre nel periodo
invernale sono generalmente assenti.
Brezza di monte. Nelle ore notturne la pressione atmosferica più alta che si instaura sui rilievi
montuosi rispetto alle aree pianeggianti adiacenti, spinge l'aria più fredda verso le pianure. A
differenza della brezza di valle, la brezza di monte è presente in tutte le stagioni e nel periodo
invernale persiste anche durante le ore diurne.
33. Andamento del vento con l'altezza.
In assenza di brezze o di deformazioni del flusso aereo a causa di ostacoli, il vento dovrebbe
obbedire alla legge di Buys-Ballot e cioè lasciare, nel nostro emisfero, le basse pressioni a
sinistra e le alte pressioni a destra. In realtà questo avviene nella libera atmosfera e cioè a quote
superiori ai 1.000-1.500 metri. Nella bassa troposfera invece il movimento dell'aria è influenzato,
oltre che dalla forza di gradiente e dalla forza deviante, anche dai moti convettivi ed in misura
maggiore dall'attrito esercitato dal suolo sull'atmosfera in movimento e dall'attrito derivante dallo
scorrimento fra strati di aria adiacenti. L'effetto dell'attrito è quello di diminuire la velocità del
vento, ma visto che l'attrito diminuisce con l'aumentare della quota, la velocità del vento aumenta
man mano che si sale verso l'alto. Un vento di 8 Km/h sul pelo dell'acqua corrisponde ad un
vento di 15 Km/h ad un metro di altezza, ad un vento di 20 Km/h a due metri di altezza, ad un
vento di 25 Km/h a otto metri di altezza ed ad un vento di 30 Km/h a quindici metri di altezza.
nello strato superficiale, fino a circa 150 metri dal suolo, la forza di attrito è di gran lunga
superiore alla forza di gradiente e alla forza deviante. Il vento non subisce variazioni di direzione
apprezzabili con la quota e risulta deviato sulla sinistra del moto rispetto alla direzione del vento
nella libera atmosfera.
Vento geostrofico. Oltre i 1.000-1.200 metri di quota, non essendo più presente la forza di attrito,
il movimento dell'aria è determinato esclusivamente dalla forza di gradiente e dalla forza
deviante. A queste altezze il vento, chiamato vento geostrofico, si dispone parallelamente alle
isobare mantenendo immutata la direzione e raggiunge la massima velocità ad un'altezza di 8-9
Km. A queste quote, in presenza della corrente a getto, la velocità del vento può essere
superiore ai 200-400 Km/h.
34. La direzione del vento e la previsione del tempo.
Quando l'angolo formato dalla direzione del vento al suolo e la direzione del vento in quota
(visibile dal cammino delle nuvole), supera i 90°, ciò preannuncia l'arrivo di masse di aria con
caratteristiche termiche differenti dall'aria esistente e quindi un cambiamento del tempo. Si avrà
un peggioramento se il vento al suolo soffia in direzione contraria rispetto a quella con cui si
muovono le nubi, eccetto il caso in cui il fenomeno sia legato alle brezze o a modificazioni locali
del flusso nei bassi strati dovuto all'orografia della zona. Al contrario quando le direzioni del
vento al suolo ed in quota sono parallele significa che non si avranno cambiamenti del tempo a
breve durata.
35. La turbolenza del vento.
In presenza di venti deboli, suolo privo di ostacoli ed atmosfera stabile, le correnti aeree
scorrono, ai vari livelli, in strati paralleli e la sua velocità, in un dato punto, è costante. Se la
velocità del vento è superiore agli 8-10 nodi ed il suolo è accidentato e pieno di ostacoli, qua e la
alcuni filetti fluidi si staccano dal flusso principale formando dei vortici che determinano una
brusca variazione della velocità e della direzione del vento. Questa agitazione dell'aria è
chiamata turbolenza. L'aumento brusco della velocità del vento dovuto alla turbolenza si chiama
raffica che può anche raggiungere una velocità doppia rispetto a quella del vento medio. Le
coste alte, in presenza di vento di terra, possono originare a qualche centinaio di metri dal litorale
venti discendenti rafficosi.
36. Variazione locale dell'intensità e della direzione del vento.
Nelle depressioni i gradienti barici sono più forti che negli anticicloni, pertanto all'avvicinarsi di
una depressione (segnalata da una caduta di pressione nell'ordine dei 2-3 hPa in 3 ore) il vento
aumento regolarmente d'intensità. Dopo il passaggio della depressione si ha solitamente un
aumento della pressione (anticiclone mobile). Dato che negli anticicloni i gradienti barici sono
normalmente deboli, l'arrivo dell'anticiclone mobile è accompagnato da una diminuzione del
vento. Il vento può variare la sua direzione per svariati motivi. Le variazioni che si manifestano a
brevi intervalli di pochi secondi o pochi minuti sono dovuti al passaggio di vortici turbolenti di
origine meccanica (per attrito o per ostacoli) o di origine termica (convezione). In presenza di
situazioni temporalesche, il vento inizia a rinforzare dirigendosi verso la nube temporalesca.
Dopo il passaggio della nube temporalesca il vento si attenua gradualmente ed assume la
precedente direzione. Anche il passaggio delle perturbazioni determina variazioni di direzione del
vento. Prima del passaggio del fronte il vento proviene solitamente dai quadranti meridionali.
Successivamente al suo passaggio si orienta dai quadranti nord occidentali. Le variazioni
permanenti di direzione del vento che si manifestano lentamente sono associate allo
spostamento dei centri di alta e di bassa pressione. In questo caso le aree interessate dalle
variazioni sono molto estese.
37. Gli alisei.
Gli alisei sono i venti che soffiano regolari per tutto l'anno verso l'equatore. L'aria dell'equatore,
fortemente riscaldata dal Sole, tende a salire formando una corrente ascensionale e lasciando
sotto di sé una zona di bassa pressione. Una volta salita, l'aria si raffredda e si sviluppano le
piogge caratteristiche del clima umido delle zone equatoriali. Perso il vapore acqueo e divenuta
fredda, l'aria ridiscende a nord e a sud dell'equatore, in due fasce simmetriche di altra pressione
(alte pressioni subtropicali). Poiché i venti spirano dalle zone di alta pressione verso quelle di
bassa pressione, la differenza tra le alte pressioni subtropicali e le basse pressioni equatoriali dà
origine a uno spostamento d'aria verso l'equatore: gli alisei (NE trade winds e SE trade winds).
Gli alisei hanno velocità mediamente costante di circa 30 chilometri orari. Nell'emisfero boreale
soffiano da nord-est verso l'equatore, nell'emisfero australe da sud-est verso l'equatore. Se la
Terra non girasse su se stessa i venti si muoverebbero da nord e da sud in direzione
dell'equatore, seguendo la via diretta dei meridiani: tuttavia a causa del moto di rotazione
terrestre da ovest verso est vengono deviati.
38. Indice di raffreddamento Wind Chill.
L'origine di questo importantissimo indice, oggi il più diffuso indice di disagio fisico per la
stagione fredda, risale da un esperimento scientifico condotto nel 1941 in Antartide da P. Sisple
e C. Passel. Questi ricercatori misurarono il tempo che un panno umido impiegava a congelare e
trovarono un risultato che all'epoca aveva dell'eccezionale: a parità di temperatura il panno
impiegava meno tempo a congelare quando soffiava vento.
In seguito questo indice fu applicato per descrivere quale sia la reale temperatura avvertita da un
organismo umano in relazione alla temperatura e alla velocità del vento presente in quell'istante.
Il vento, accrescendo l'evaporazione, aumenta di conseguenza l'asportazione di calore corporeo
e, in presenza di basse temperature, crea condizioni di forte disagio da freddo.
Per il calcolo del Wind Chill (WC) viene utilizzata un'equazione empirica che tiene conto della
temperatura dell’aria e della velocità del vento:
WC= (33+(Ta-33) x (0,474+0,454+V- (0,0454 x V))
Dove abbiamo:
Ta è la temperatura dell'aria espressa in °C.
V è la velocità del vento espressa in m/s.
Il Wind Chill è applicabile quando la temperatura è inferiore agli 11°C e quando il vento è
compreso tra una velocità di 2 e 24 m/s. Ad ogni classe dell'indice, divisa per colore di
appartenenza, corrispondono determinati effetti sull'organismo umano come riportato in seguito:
Basso rischio di congelamento
Rischio di congelamento per esposizioni fino a 30 minuti
Rischio di congelamento per esposizioni comprese fra 5 e 10 minuti
Rischio di congelamento per esposizioni comprese fra 2 e 5 minuti
Rischio di congelamento per esposizioni inferiori ai 2 minuti
Tabella del Wind Chill per temperature comprese fra 5°C e -20°C
T air
V10
5
10
15
20
25
30
35
40
45
50
55
60
65
70
75
80
5
0
-5
-10
-15
-20
4
3
2
1
1
0
0
-1
-1
-1
-2
-2
-2
-2
-3
-3
-2
-3
-4
-5
-6
-6
-7
-7
-8
-8
-8
-9
-9
-9
-10
-10
-7
-9
-11
-12
-12
-13
-14
-14
-15
-15
-15
-16
-16
-16
-17
-17
-13
-15
-17
-18
-19
-20
-20
-21
-21
-22
-22
-23
-23
-23
-24
-24
-19
-21
-23
-24
-25
-26
-27
-27
-28
-29
-29
-30
-30
-30
-31
-31
-24
-27
-29
-30
-32
-33
-33
-34
-35
-35
-36
-36
-37
-37
-38
-38
Tabella del Wind Chill per temperature comprese fra -25°C e -50°C
T air
V10
5
10
15
20
25
30
35
40
45
50
55
60
65
70
75
80
-25
-30
-35
-40
-45
-50
-30
-33
-35
-37
-38
-39
-40
-41
-42
-42
-43
-43
-44
-44
-45
-45
-36
-39
-41
-43
-44
-46
-47
-48
-48
-49
-50
-50
-51
-51
-52
-52
-41
-45
-48
-49
-51
-52
-53
-54
-55
-56
-57
-57
-58
-58
-59
-60
-47
-51
-54
-56
-57
-59
-60
-61
-62
-63
-63
-64
-65
-65
-66
-67
-53
-57
-60
-62
-64
-65
-66
-68
-69
-69
-70
-71
-72
-72
-73
-74
-58
-63
-66
-68
-70
-72
-73
-74
-75
-76
-77
-78
-79
-80
-80
-81
Tair = temperatura attuale dell'aria espressa in °C
V10 = Velocità del vento a 10 metri dal suolo espressa in km/h
Le masse d'aria
Le condizioni atmosferiche di un luogo, oltre a dipendere da numerosi fattori locali, sono
determinate soprattutto dall'arrivo di estese porzioni di aria caratterizzate da omogenee proprietà
fisiche di temperatura ed umidità. A queste porzioni di aria, originate in zone anche molto distanti
e trasportate dai venti predominanti, si da il nome di masse di aria.
Il luoghi di origine delle masse d'aria con caratteristiche definite sono quelli dove stazionano gli
anticicloni permanenti delle medie latitudini come ad esempio l'Anticiclone delle Azzorre,
l'Anticiclone della Calotta Polare e gli anticicloni freddi che si formano sulle aree continentali
durante l'inverno come ad esempio l'Anticiclone Russo detto anche Siberiano o Euroasiatico.
Questo perchè nelle zone occupate dagli anticicloni i venti sono deboli e pertanto la prolungata
ristagnazione fa si che le masse d'aria acquistino le proprietà fisiche della superficie sottostante.
39. Suddivisione delle masse d'aria.
Le masse d'aria che provengono da latitudini settentrionali sono più fredde (aria polare e aria
artica); quelle che giungono da latitudini meridionali sono più calde (aria tropicale). Le masse
d'aria prima di giungere in un luogo percorrono un lungo tragitto e le loro proprietà fisiche
originarie possono essere modificate dalla natura delle superfici che attraversano. Se la massa
d'aria passa sopra un oceano viene definita aria marittima, se passa sopra un continente è detta
aria continentale.
Di seguito riportiamo una tabella all'interno della quale sono raggruppate le masse di aria che
interessano l'Europa centro occidentale ed il Mar Mediterraneo:
Tipo
Artica
Classificazione
Marittima
Simbolo
mAK
Provenienza
Groenlandia, Spitzberg
Continentale
cAK
Mar di Barents, Russia
settentrionale
Marittima
mPK
Fredda
Inverno
Continentale
cPK
Marittima
mPW
Inverno
Inverno
Nord Atlantico, latitudini 50°
Russia meridionale, Balcani
Calda
Tropicale
Tutto l'anno
Nord Atlantica, Labrador, Russia
centrale
Fredda
Polare
Periodo
Continentale
cPW
Estate
Marittima
mTW
Mari subtropicali, Azzorre.
cTW
Nord Africa, continenti
subtropicali.
Calda
Tutto l'anno
Continentale
Nella figura riportata di seguito sono indicate schematicamente le zone di origine delle masse di
aria che interessano l'Europa centro occidentale ed il Mediterraneo dalle quali traggono origine i
venti locali che spirano sui nostri bacini.
40. Aria Artica.
Le irruzioni di aria artica sono tipiche dei mesi invernali. Data la provenienza l'aria artica è
sempre più fredda e più densa delle masse di aria che incontra durante il suo movimento verso
sud. La temperatura molto bassa non consente all'umidità di assumere valori elevati.
L'aria artica marittima giunge nel bacino del Mediterraneo come un vento da nord ovest quando
un'area di alta pressione si forma sull'Atlantico settentrionale mentre una depressione si scava
sulla Francia. Da luogo a violenti venti di Mistral nella Valle del Rodano e nel Golfo del Leone e a
rovesci o temporali sul Mediterraneo occidentale. Il forte contrasto termico con la superficie del
Mar Mediterraneo genera sulle Isole Baleari e sul Golfo del Leone delle depressioni secondarie
che, nel loro movimento verso est- sudest, vanno ad interessare l'Italia.
L'aria artica continentale arriva in Italia attraverso la "Porta della Bora" e trae la sua origine nel
Mar di Barents e nelle zone della Siberia prossime alla calotta polare. Viene convogliata verso le
nostre regioni dall'anticiclone Russo che nella stagione invernale si estende fino alle coste
dalmate. L'aria artica continentale è accompagnata da venti nord orientali di particolare violenza
nel Golfo di Trieste e sull'alto Adriatico (bora chiara). Durante queste irruzioni il cielo si presenta
sereno, l'atmosfera è limpida, la temperatura si abbassa e l'umidità è scarsa.
41. Aria Polare.
E' la massa di aria che in tutte le stagioni interessa maggiormente le regioni italiane ed in modo
speciale quelle centro settentrionali. In base al percorso seguito per raggiungere l'Italia l'aria
polare viene distinta in aria polare fredda marittima, in aria polare fredda continentale, in aria
polare calda marittima ed in aria polare calda continentale.
L'aria polare fredda marittima proviene dall'Atlantico settentrionale ed è convogliata verso le
coste europee e la penisola italiana dall'azione congiunta di un anticiclone posizionato
sull'Atlantico settentrionale e di una profonda depressione estesa fra le isole britanniche, la
Francia ed il Mediterraneo occidentale. Giunge nel Mediterraneo attraverso la Valle del Rodano
ed i Pirenei dando luogo a venti forti di maestrale anche sui bacini italiani. L'arrivo di questa
massa di aria è accompagnato da un forte calo della temperatura e da un brusco aumento della
pressione atmosferica. L'aria polare fredda marittima è la principale causa delle depressioni che
si scavano nel Mediterraneo occidentale che, nel loro movimento verso oriente, provocano un
maltempo generalizzato sulle regioni italiane. Spesso la parte più orientale del flusso di aria, nel
tentativo di aggirare la catena delle Alpi, è costretta a scorrere verso est per sfociare con
violenza sull'alto Adriatico (bora scura) attraverso le Alpi Carniche richiamata dalla depressione
esistente sul Mar Tirreno. Nei mesi estivi, essendo il Mediterraneo protetto dall'espansione
dell'Anticiclone delle Azzorre, l'aria polare marittima fredda non riesce a raggiungere il
Mediterraneo, ma lambisce solamente marginalmente le regioni alpine e quelle settentrionali
della nostra penisola provocando temporali nelle ore pomeridiane.
L'aria polare fredda continentale è originaria delle zone occupate dall'anticiclone russo e giunge
in Italia quando il bordo occidentale dell'anticiclone si estende fino all'Europa centrale ed ai
Balcani. Tipica della stagione invernale questa massa d'aria giunge sulla penisola italiana
attraverso le Alpi Carniche ed Illiriche e sfociando sull'Adriatico settentrionale è accompagnata
da venti forti da est o nord est (bora chiara), cielo terso e da scarsi fenomeni.
L'aria polare calda marittima è tipica della stagione invernale e giunge sul Mediterraneo
occidentale passando attraverso la penisola iberica o la Francia. Il suo transito è accompagnato
da un modesto aumento della temperatura e da deboli piogge specialmente sulle regioni
settentrionali italiane.
L'aria polare calda continentale è tipica della stagione estiva e ci giunge dalla Russia meridionale
senza dar luogo ad alcun fenomeno di rilievo.
42. Aria tropicale.
I luoghi di origine delle masse di aria tropicale sono quelle occupate dagli anticicloni permanenti
che stazionano attorno ai 30° di latitudine nord. I n estate possono giungere fino alle alte
latitudini, mentre nella stagione invernale difficilmente riescono ad andare oltre il Mediterraneo.
Anche le masse di aria tropicale possono essere distinte in marittima e continentale.
L'aria tropicale calda marittima proviene dall'Anticiclone delle Azzorre e giunge sull'Italia
attraverso la penisola iberica o il Marocco e si manifesta con venti sud occidentali (libeccio)
talvolta molto forti, richiamati da centri di bassa pressione posizionati fra le Baleari ed il Golfo del
Leone che si sono formati a seguito di precedenti afflussi di aria artica marittima o polare
marittima.
Il suo arrivo è accompagnato da un forte aumento della temperatura, da una diminuzione della
pressione e da un'umidità superiore a quella osservata in presenza di qualunque altra massa di
aria. La visibilità è molto spesso ridotta per nebbia o pioviggine.
L'aria tropicale calda continentale trae origine fra l'Africa settentrionale e l'Asia minore. Giunge
sulle regioni italiane con forti venti da sud est (scirocco). Inizialmente è molto secca ma
transitando sul Mediterraneo si carica di umidità poichè la sua elevata temperatura gli consente
di assorbire elevate quantità di vapore acqueo. Origina precipitazioni estese soprattutto sulle
regioni meridionali italiane. La visibilità è ridotta sia a causa della pioggia sia a causa delle
particelle di sabbia del deserto in sospensione.
43. Struttura termica delle masse d'aria.
Le masse di aria che si spostano verso sud si comportano come masse d'aria fredde, al contrario
quelle che si spostano verso nord si comportano come masse di aria calde.
La struttura termica di una massa di aria fredda è molto stabile nei luoghi di origine e sono
accompagnate da scarsa umidità, quindi ottima visibilità e da bassa temperatura. Transitando su
zone più calde hanno sempre una temperatura inferiore rispetto alle superfici sulle quali scorrono
per cui, riscaldandosi dal basso, diventano instabili, turbolente determinando improvvise
oscillazioni nella direzione e nell'intensità del vento. La turbolenza venutasi a creare favorisce il
trasporto del calore e del vapore acqueo verso l'alto dando luogo alla condensazione del vapore
e quindi alla formazione di nubi cumuliformi con precipitazioni a carattere di pioggia o di neve in
base alla stagione.
La nuvolosità del cielo sulle superfici marine e sulla terraferma sarà diversa. Sulla terraferma,
nelle ore serali ed in quelle notturne, il suolo si raffredda per irraggiamento e pertanto il profilo
termico dell'aria nei bassi strati diventa stabile, le formazioni nuvolose si riducono e le notti
tendono ad essere meno nuvolose che le ore diurne. Sulla superficie del mare accade l'esatto
opposto per la trascurabile oscillazione diurna della temperatura. L'aria fredda che di notte scorre
sopra la superficie più calda del mare diventa instabile dando luogo a formazione di nubi anche
temporalesche. per questa ragione, in presenza di masse di aria fredda, i rovesci ed i temporali
sono più frequenti sul mare, nella stagione invernale, mentre sulla terraferma sono più frequenti
d'estate.
Le masse di aria calda hanno un elevato contenuto di vapore acqueo, elevata temperatura e si
dirigono verso regioni dove la temperatura è inferiore a quella del loro luogo d'origine.
Generalmente, quindi, esse si raffreddano dal basso dando luogo ad inversioni termiche che
rendono molto stabile l'aria nei bassi strati. Di conseguenza sono inibiti i moti turbolenti ed il
vento, anche se teso o forte, risulta essere meno rafficoso. Le nubi che si formano sono di tipo
stratiforme e sono accompagnate al suolo da pioggia debole o al più moderata e da una forte
riduzione della visibilità orizzontale.
Circolazione generale dell'atmosfera
Nell'osservare le carte del tempo si nota la presenza di centri di alta e di bassa pressione che
abbracciano aree geografiche anche molto estese e nell'ordine di migliaia di chilometri di
diametro. Alcuni di questi centri barici non rilevano considerevoli cambiamenti di posizione, fra
una carta e la successiva, mentre altri centri, con estensioni più ridotte, mostrano dei movimenti
più o meno regolari. Il mutamento e lo spostamento di questi ultimi è associato al
contemporaneo spostamento delle perturbazioni. Le condizioni meteorologiche, nella fascia delle
medie latitudini, dipendono essenzialmente da questi centri di azione che fanno spostare le
masse d'aria. Vedremo come dallo scontro fra queste masse di aria, aventi caratteristiche fisiche
diverse, si originano le depressioni mobili ed i fronti responsabili del maltempo generalizzato su
vaste aree delle medie latitudini.
44. Il trasferimento del calore.
Nel corso di un anno il pianeta Terra riceve dal Sole la stessa quantità di energia, sottoforma di
calore, che poi la superficie terrestre irraggia verso lo spazio. La quantità di energia che una
località riceve dal Sole in una giornata, dipende dall'inclinazione dei raggi solari e dalla durata
dell'insolazione, in altri termini dalla latitudine e dalla stagione. Alla sommità dell'atmosfera
giungono in media 2 calorie/cm2 al minuto delle quali circa il 60% viene assorbito e il rimanente
40 % riflesso e diffuso verso l'alto.
Nelle regioni polari la radiazione incidente è sempre inferiore alla radiazione emessa e il
contrario accade nelle regioni equatoriali e subtropicali.
La forma geometrica della terra implica che l'angolo di incidenza della radiazione solare, ovvero l'
angolo tra i raggi del sole e la perpendicolare alla terra nel punto di incidenza, varia con la
latitudine e precisamente decresca dai poli verso l'equatore.
Ne consegue che le zone equatoriali ricevono durante l'anno una quantità di calore dal Sole
superiore a quella riemessa verso lo spazio. Al contrario ai Poli il bilancio tra calore ricevuto e
calore perso è negativo.
Le regioni delle latitudini inferiori ai 30° sono c aratterizzate da un guadagno di energia, mentre
quelle situate a latitudini più alte accusano un deficit energetico netto. Un trasporto di calore
dall'equatore verso i poli è necessario perchè non si abbia un perenne aumento della
temperatura all'equatore ed una diminuzione costante ai poli.
Questo trasferimento di calore viene effettuato dall'atmosfera la cui circolazione teorica sarebbe
quella riportata nella figura precedente (frecce ellittiche rosse e blu- prima teoria elaborata nel
1735 da Hadley) se le sole cause dello spostamento fossero di natura termica e se la Terra non
ruotasse attorno al proprio asse (forza di Coriolis).
Il calore assorbito dalla Terra intorno all'Equatore scalda le masse d'aria sovrastanti che,
dilatandosi diventano meno dense e più leggere, salgono verso la troposfera. Questa risalita
d'aria genera nei bassi strati zone di bassa pressione (associate a condizioni meteo perturbate),
mentre in quota l'apporto di aria dagli strati sottostanti crea una zona di alta pressione. Ai Poli
invece il bilancio termico negativo genera un raffreddamento dell'aria che essendo più densa si
porta dagli strati superiori, dove si crea una zona di bassa pressione, verso il suolo, dove al
contrario si genera un'alta pressione. Quindi al suolo masse d'aria fredda vengono spinte dall'alta
pressione polare verso la bassa pressione equatoriale, mentre in quota l'aria calda viene spinta
dalle alte pressioni equatoriali verso le basse pressioni polari.
Nell'emisfero settentrionale le masse d'aria che, alle alte quote, si muovono per cause termiche
dall'equatore verso il polo vengono deviate verso est, infatti, attorno ai 30° di latitudine nord, le
correnti in quota sono a componente occidentale. Da queste latitudini la massa d'aria ritorna
verso l'equatore con correnti al suolo che prendono la direzione nord est (alisei) sempre a causa
della forza deviante (cellula di Hadley). Questo accumulo di aria di origine subtropicale determina
al suolo, intorno ai 30° di latitudine una cintura di alta pressione (A)- l'anticiclone delle Azzorre fa
parte di questa cintura.
Alle alte latitudini è presente un'altra cella convettiva (cellula di Hadley polare) simile a quella fra
equatore e basse latitudini. Questa cella è caratterizzata, negli strati prossimi al suolo, da una
fascia di basse pressioni (B) intorno ai 60° di latitudine (esempio il ciclone d'Islanda) e di un'alta
pressione in corrispondenza del polo.
Sulla superficie terrestre si riscontrano: una fascia di basse pressioni all'equatore, una fascia di alte pressioni alle
latitudini di circa 30°nord e sud, una fascia di ba sse pressioni alle latitudini di circa 60° nord e s ud ed infine una
fascia di alte pressioni in corrispondenza delle calotte polari. Nell'illustrazione è raffigurata la distribuzione dei centri
barici al suolo nell'emisfero nord.
La fascia delle medie latitudini denominata zona delle correnti occidentali (12 westerlies) è
continuamente interessata dal passaggio di numerose depressioni che apportano tempo
perturbato su vaste aree geografiche.
1) Cellula di Hadley
2) Cellula di Ferrel
3) Cellula polare di Hadley
4) Divergenza
5) Convergenza
6) Ascendenza
7) Subsidenza
8) Zona delle calme equatoriali o Zona della convergenza intertropicale
9) Alisei di nord est
10) Alisei di sud est
11) Anticicloni subtropicali
12) Venti occidentali
13) Perturbazioni del Fronte polare
14) Venti orientali
Fra le masse di aria calde equatoriali e quelle fredde polari, intorno ai 30°-60° di latitudine, scorr ono le grandi
correnti occidentali delle zone temperate.
45. La circolazione atmosferica in superficie.
La circolazione atmosferica osservata in superficie a scala planetaria non ha l'andamento
regolare indicato nella figura precedente poichè la superficie terrestre non è uniformemente
liscia. Questo schema ideale trova riscontro solamente in corrispondenza degli oceani ma non
sopra i continenti per due motivi:
a) perchè l'acqua degli oceani assorbe ed immagazzina, più della terraferma, l'energia solare;
b) perchè l'orografia determina una rilevante azione di disturbo sul libero fluire delle correnti
aeree.
Nello specifico, nella stagione primaverile ed in quella estiva, gli strati superficiali della terraferma
si riscaldano più rapidamente e più intensamente di quelli del mare e per questo motivo sopra i
continenti tendono a formarsi aree di bassa pressione.
Nella stagione autunnale, la terraferma perde più rapidamente del mare il calore immagazzinato
nella stagione calda, per cui sui continenti si originano vaste aree fredde di alta pressione,
mentre sopra gli oceani si instaurano condizioni di bassa pressione.
A causa di questo comportamento termico stagionale, differente fra oceani e continenti, sulle
pianure russo-siberiane e sul Canada si formano, nella stagione invernale, zone anticicloniche e
d'estate zone di bassa pressione.
Questo modello, che rispetto al quello di Hadley trova abbastanza riscontro nelle osservazioni,
non va però inteso come immobile. La circolazione descritta nella figura precedente è solo una
situazione media, non è infatti raro che il Ciclone d'Islanda si spinga con profonde saccature fino
alle latitudini del Mediterraneo o che l'Anticiclone delle Azzorre raggiunga le isole britanniche.
46. I Cicloni dell'Islanda e delle Aleutine.
A causa della presenza di terre emerse, la fascia di basse pressioni intorno al 60° nord si riduce,
nella realtà, a due sole depressioni permanenti note con i nomi di "Ciclone d'Islanda" e di
"Ciclone delle Aleutine". La loro posizione, anche se fluttuante come già detto in precedenza, è
caratterizzata da un minimo depressionario sull'Oceano Atlantico Settentrionale ed un altro
sull'Oceano Pacifico Settentrionale, in prossimità del Circolo Polare Artico. Il Ciclone d'Islanda
ricopre un ruolo particolare nelle vicende atmosferiche che interessano il continente europeo,
perchè è il luogo in cui si ha la genesi di tutte le perturbazioni che poi si muovono verso le medie
latitudini del continente.
47. Gli anticicloni delle Azzorre e del Pacifico settentrionale.
La maggior variabilità stagionale della pressione nelle aree continentali fa si che la fascia di alta
pressione intorno ai 30° di latitudine tenda a stab ilizzarsi permanentemente solo in
corrispondenza degli oceani. E' il caso dell'Anticiclone del Pacifico settentrionale e
dell'anticiclone delle Azzorre. Le periodiche espansioni dell'anticiclone delle Azzorre verso il
continente europeo e verso il Mar Mediterraneo relegano a latitudini più alte il movimento delle
depressioni mobili e delle perturbazioni, apportando lunghi intervalli di bel tempo sulle nostre
regioni.
L'incontro fra le correnti provenienti dal Polo Nord e quelle di origine tropicale danno origine alle perturbazioni che
teoricamente arriverebbero in un flusso continuo, ad ondate successive, per tutto l'arco dell'anno sul continente
europeo trasportate dalle correnti caldo umide di origine atlantica.
Nella realtà questo non accade e sulle nostre regioni non piove regolarmente per tutto l'arco dell'anno. Esistono due
stagioni ben distinte, oltre che per la differenza di temperatura, anche per una diversa distribuzione delle
precipitazioni: la stagione estiva solitamente asciutta e quella invernale, unita alle stagioni intermedie, caratterizzate
da una maggiore piovosità.
Questo non significa che il flusso di aria calda e umida durante l’estate si interrompe ma semplicemente viene
deviato leggermente più a nord, sull’Inghilterra, sulla Germania e sulle regioni Scandinave dove durante l’estate
piove più abbondantemente.
La causa di questo altalenare da sud verso nord e viceversa trova una spiegazione nell’espansione e nel
restringimento dell’anticiclone delle Azzorre.
Riprendendo il concetto generale delle celle di convezione che stanno alla base della circolazione atmosferica a
livello planetario, è possibile verificare che durante l’estate, a causa di un maggiore irraggiamento solare
dell’emisfero nord, una massa d’aria notevolmente più grande sarà richiamata all’equatore dai tropici. Massa d’aria
che verrà rimpiazzata da aria d’alta quota fredda e secca che discenderà a livello del mare. Questo fenomeno, che
si verifica in prossimità dei tropici e, nel nostro caso sopra le Azzorre, crea un’ampia zona anticiclonica di alte
pressioni che sospinge le perturbazioni provenienti dal Polo e dal Canada a latitudini più elevate.
Questo fenomeno si attenua durante l’inverno a causa del minore irraggiamento dell’emisfero nord e il conseguente
minore spostamento di masse d’aria dal tropico del Cancro all’equatore. A conseguenza di ciò, l’anticiclone delle
Azzorre si attenua permettendo una discesa verso sud delle perturbazioni.
48. Le correnti occidentali delle medie latitudini.
La differenza di temperatura che esiste fra le aree equatoriali e le aree polari determina la
formazione di tre grandi blocchi di aria omogenea a carattere quasi permanente: due in
corrispondenza delle calotte polari, relativamente freddi e poveri di vapore acqueo ed uno fra i
due tropici, relativamente caldo e ricco di vapore acqueo.
Fra questi due blocchi, all'incirca fra i 30° ed i 60° di latitudine, scorre in ciascun emisfero un
vasto fiume di aria a temperatura intermedia, con direzione prevalentemente secondo i paralleli
ed al quale è stato dato il nome di corrente occidentale (12). L'intensità di questa corrente
aumenta man mano che si sale di quota e raggiunge il massimo attorno ai 10-12 chilometri di
altezza. All'interno delle correnti occidentali ed ai limiti superiori della troposfera, scorre un fiume
aereo velocissimo chiamato corrente a getto (jet stream si sono registrati venti anche a 600
Km/h, ma velocità di 100-200 Km/h sono frequenti).
La corrente a getto è il fenomeno equivalente delle correnti oceaniche ma, a differenza di queste
ultime, cambia di giorno in giorno la propria posizione all'interno della fascia occupata dalle
correnti occidentali. La corrente a getto ha un piccolo spessore verticale (nell'ordine dei 2-3 Km),
relativamente stretta sul piano orizzontale (100-400 km), molto allungata nel senso delle correnti
(qualche migliaio di chilometri) e sovrasta le zone di massimo contrasto termico al suolo tra
masse di aria fredde e calde.
La corrente a getto ha una notevole importanza per la genesi delle depressioni mobili, poichè la
sua presenza sulla verticale delle aree dove più forte è il contrasto termico tra alte e basse
latitudini non è casuale. Infatti le correnti occidentali risultano essere tanto più veloci quanto è
maggiore la differenza di temperatura fra le masse di aria che stazionano sull'equatore e quelle
che sovrastano il polo. Quando questa differenza di temperatura è molto grande viene a
determinarsi un maggiore dislivello barico fra la cintura di alta pressione attorno ai 30° di
latitudine e la fascia di bassa pressione attorno ai 60°. Questa differenza di pressione
atmosferica tenderebbe a far aumentare indefinitamente anche la velocità delle correnti
occidentali se queste, a causa della velocità, non diventassero instabili ad una quota oscillante
fra i 3.000 ed i 12.000 metri. Questa instabilità genera grandi moti ondulatori sul piano
orizzontale (onde planetarie o onde lunghe di Rossby). Il crescere dell'ampiezza delle onde fa
penetrare sempre più le masse di aria calda tropicale verso le regioni polari e le masse di aria
fredda verso le regioni equatoriali determinando in tal modo, fra le zone polari e quelle tropicali,
uno scambio termico a grandissima scala che attenua il contrasto determinato dalla diseguale
distribuzione della radiazione solare.
La corrente a getto (approfondimento).
Si definisce corrente a getto una corrente stretta, forte e concentrata lungo un asse quasi
orizzontale, situata nella troposfera superiore e nella stratosfera, caratterizzata da un forte
gradiente verticale e laterale dell’intensità del vento che presenta uno o più massimi di velocità.
In genere la lunghezza di una corrente a getto è di diverse migliaia di km, la sua larghezza di
qualche centinaia di km e la sua altezza di qualche km. La velocità del vento è normalmente
maggiore di 60 kts, lo shear verticale è di 5/10 metri al secondo per chilometro, quello orizzontale
di 5 m\sec per 100 km, le nubi caratteristiche sono i cirri e la quota alla quale si trova il suo asse
è intorno ai 250 hpa. Le principali correnti a getto sono il getto polare e quello subtropicale. Di
minore importanza sono il getto equatoriale e quello artico.
Nel 1904 uno dei primi studiosi ad individuare la presenza di forti venti in quota fu Show.
Utilizzando essenzialmente dati di analisi al suolo ed i rilevamenti dei venti fino alla quota di 4000
metri, scoprì che il vento aumentava di intensità passando da 3000 a 4000 metri assumendo una
intensità di circa 50kts. In seguito nei pressi di Pavia furono scoperti e registrati venti di 95 kts
(alla quota di 10 km). A seguito di varie osservazioni nel 1911 Dines avanzò l’ipotesi che fra un
ciclone e l’anticiclone che lo precede, ad una certa quota, dovevano essere presenti venti di
notevole intensità per la baroclinicità che l’atmosfera presenta. Lo stesso Dines, a seguito dei
sondaggi atmosferici, dimostrò che in media l’intensità della circolazione orizzontale dei cicloni e
degli anticicloni mobili cresce verso l’alto fino a livello della troposfera e decresce al di sopra. In
seguito furono istituiti fitte reti di stazioni che effettuavano sondaggi attraverso i quali si
evidenziò la presenza di forti venti in quota. Lo studio delle correnti a getto ebbe un grande
impulso dopo la seconda guerra mondiale, quando l’esigenza del volo spinse ad approfondire la
conoscenza di venti particolarmente forti in quota.
Fronti, perturbazioni. Cicloni mobili e anticicloni
All'inizio del secolo scorso fra il 1910 ed il 1920, un gruppo di fisici e matematici norvegesi
dell'Università di Bergen, si servì del concetto di massa d'aria per dare un indirizzo nuovo alla
meteorologia. V.Bjerknes, il capo della scuola di Bergen, ebbe il merito di individuare, proprio
nella discontinuità fra le caratteristiche fisiche di due diverse masse d'aria adiacenti, la causa
della nascita dei sistemi apportatori di maltempo alle medie latitudini.
49. Il Fronte Polare.
Nel capito riguardante la circolazione generale dell'atmosfera abbiamo visto come nelle grandi
invasioni di aria fredda verso più basse latitudini e di aria calda verso quelle alte, vengano a
scorrere, affiancate, masse di aria calda e masse di aria fredda. Che cosa avviene lungo la
superficie (o discontinuità) che separa le due masse di aria?
Si avranno variazioni brusche di temperatura e di umidità in una fascia di spazio molto ristretta.
Questo stato di cose non può durare indefinitamente: due eserciti nemici schierati di fronte non
tarderanno ad ingaggiare battaglia. Fu proprio questa analogia bellica che suggerì agli studiosi
norvegesi di dare il nome di Fronte Polare alla linea di demarcazione al suolo fra le masse di aria
di origine polare e le masse di aria di origine tropicale.
Figura 1. Il Fronte Polare separa le masse di aria tropicali da quelle polari. La sua traccia al suolo può essere
segnata nelle carte meteorologiche. Interessa direttamente il tempo delle nostre latitudini.
Se le masse di aria che si affacciano nel fronte polare sono poco differenziate, il fronte è poco
attivo e, in caso di mancanza di vento, può anche essere stazionario. Non appena si stabilisce
uno squilibrio fra le due masse di aria l'andamento del fronte subirà una notevole trasformazione.
Si trasformerà, dal tratto rettilineo della figura 1, in una linea percorsa da ondulazioni (figura 2)
prodotte dalle spinte alternate dell'aria tropicale verso nord est e dell'aria polare verso sud ovest.
Questi moti ondulatori orizzontali hanno lunghezza ed ampiezza molto minori di quelle delle
correnti occidentali (circa un migliaio di chilometri) e, per distinguerle da queste ultime, sono
chiamate onde corte (figura 3).
Figura 2. Quando fra le due masse di aria, tropicale e polare, si stabilisce uno squilibrio, l'andamento del fronte
polare subisce una deformazione. Non è più un tratto rettilineo ma una linea ondulata prodotta dalle spinte alternate
dell'aria tropicale e dell'aria polare.
Figura 3. Grandi irruzioni di aria fredda e calda, con formazione di onde orizzontali e di vortici ciclonici.
50. I cicloni extratropicali. Nascita e morte.
Le ondulazioni del fronte polare danno luogo, a livello del suolo, a vortici depressionari che, dalla
superficie, si estendono agli strati atmosferici superiori. A queste depressioni, che si spostano in
seno alle grandi ondulazioni delle correnti occidentali, si da il nome di cicloni extratropicali,
lasciando il nome di cicloni alle depressioni dei mari tropicali.
I cicloni extratropicali sono anche definiti depressioni mobili per distinguerli dalle depressioni
stazionarie della fascia equatoriale e del circolo polare.
Le depressioni che nascono dalle modificazioni del fronte polare si presentano quasi sempre in
famiglie composte da 3 a 5 membri situati ai bordi della periferia settentrionale degli anticicloni
permanenti. I primi membri, nel senso del moto, sono normalmente in fase di sviluppo avanzato
e prossimi all'estinzione, mentre gli ultimi sono in fase di nascita. Ogni ciclone appartenete alla
stessa famiglia scorre a latitudini più basse rispetto al ciclone che l'ha preceduto. L'ultimo ciclone
è seguito da un anticiclone mobile di chiusura (figura 4) al quale è associata un'irruzione di aria
fredda verso latitudini più basse.
Figura 4. Famiglia di perturbazioni. Con la lettera B sono indicate le depressioni, con la sigla A1 è indicato
l'anticiclone permanente e con la sigla A2 l'anticiclone mobile, cosiddetto di chiusura della famiglia.
In ciascuna di queste onde, che solitamente si muovono in seno alla corrente a getto e nella
direzione dello spostamento dell'aria calda, le masse di aria tropicale invadono le zone prima
occupate dall'aria fredda dando origine al settore caldo. In corrispondenza di quelle che
potremmo considerare le creste d'onda di aria calda si forma il minimo depressionario. Sul lato
destro della cresta, nel senso di spostamento dell'onda e delimitato nei bassi strati dal fronte
caldo, l'aria calda più leggera si solleva per scorrimento sopra quella fredda. Sul lato sinistro, al
contrario, l'aria fredda delimitata al suolo dal fronte freddo, si incunea sotto l'aria calda
sollevandola violentemente. In corrispondenza del fronte caldo e del fronte freddo si osserva una
nuvolosità composta da:
una testa di cirri seguiti da cirrostrati
un corpo caratterizzato dalla presenza di altostrati e nembostrati
uno strascico composto da un cielo caotico con la presenza di generi diversi di nubi alternati a
schiarite.
Lo strascico è il settore più turbolento a causa dei violenti rovesci, dei fulmini e dei colpi di vento.
Poichè l'aria fredda avanza più velocemente dell'aria calda , giunge il momento in cui il fronte
freddo raggiunge il fronte caldo dando origine ad un sistema misto chiamato fronte occluso. Nella
fase di occlusione il ciclone raggiunge lo stadio di massima maturità e la pressione atmosferica,
al livello del mare, raggiunge i valori minimi, i venti soffiano con maggior velocità ed i fenomeni di
condensazione del vapore acqueo procedono con ritmo più veloce. Passata la fase di occlusione
il ciclone non fa che dissipare l'energia acquisita e muore a meno che nel suo vortice in
estinzione non entrino nuove masse di aria fredda che gli consentano, stante il rinnovato
contrasto termico, una ripresa di energia (Figura 5-6-7-8). Contemporaneamente all'evolvere del
ciclone, l'onda ciclonica viene trascinata nel verso del mote delle onde lunghe delle correnti
occidentali, così come un mulinello in un fiume viene trascinato dal moto d'insieme della
corrente.
Figura 5
Figura 6. Schema di evoluzione di un ciclone mobile e dei fronti associati. Quando lo squilibrio fra le masse d'aria
(fredda blu e calda rossa) si accentua, si stabiliscono due fronti: il fronte caldo con direzione est- nord est ed il fronte
freddo con direzione sud est.
Figura 7. Continuando ad accentuarsi lo squilibrio fra le due masse di aria, l'ondulazione assume una fisionomia più
marcata. Le masse che si fronteggiano danno origine ad una circolazione ciclonica (depressionaria), cioè in senso
antiorario.
Figura 8. Il fronte freddo è molto più attivo del fronte caldo. Per questo motivo l'aria fredda si incunea sotto l'aria
calda sollevandola ed occupandone il posto. Si crea così il fronte occluso (linea viola contrassegnata dai pallini misti
ai triangolini) che segna la piena maturità della perturbazione.
51. Luoghi di origine e traiettorie dei cicloni extratropicali.
I cicloni extratropicali, o perturbazioni come vengono chiamati comunemente, che interessano
l'Europa occidentale giungono, salvo rare eccezioni, dai quadranti occidentali. Sono infatti le
aree depressionarie di Terranova, le coste meridionali della Groenlandia e la zona attorno
all'Islanda che danno vita alle perturbazioni. Le perturbazioni si formano quando l'aria calda ed
umida che staziona sul Tropico del Cancro, aggirando da sud l'Anticiclone delle Azzorre, giunge
nelle Antille e piegando verso nord al largo delle coste americane arriva a Terranova seguendo
la traiettoria della Corrente del Golfo. Giungendo su un mare più freddo, l'aria più calda ed umida
di origine tropicale, condensa una parte del suo vapore acqueo. Questo spiega l'instaurarsi delle
basse pressioni, le nebbie spesse e persistenti che affliggono questa zona meteorologicamente
diseredata che è Terranova.Mentre l'aria tropicale aggira con un movimento orario l'anticiclone
delle Azzorre, altra aria di origine artica aggira in senso antiorario le zone depressionarie
dell'Atlantico settentrionale.Le posizioni delle depressioni e dell'Anticiclone delle Azzorre
determinano la latitudine alla quale si scontrano le masse di aria di origine artica e quelle di
origine tropicale, in pratica la latitudine del fronte polare. Se l'anticiclone delle Azzorre non
supera i 45°-50° latitudine nord (questo avviene so prattutto nella stagione invernale) il fronte
polare può essere situato alle nostre latitudini. In questo caso le perturbazioni attraversano la
Spagna, la Francia e anche l'Italia portando questi paesi ad essere in regime perturbato da
ovest.
Figura 9. Traiettorie delle perturbazioni di origine atlantica.
Se l'anticiclone delle Azzorre si espande oltre il 50° parallelo nord ( e questo accade
specialmente nel periodo estivo), la zona depressionaria dell'Islanda arretra verso latitudini più
alte rigettando il fronte polare oltre il 60° paral lelo nord e le perturbazioni andranno ad
interessare i paesi scandinavi senza toccare il bacine del Mediterraneo. I paesi che si affacciano
sul bacino del mediterraneo saranno in questo caso in regime anticiclonico. Dalle zone
dell'Oceano Atlantico settentrionale in cui si ha la ciclogenesi le perturbazioni si muovono verso il
continente europeo lungo dei percorsi preferenziali illustrati e semplificati nella figura 9.
Le depressioni mediterranee.
Molto spesso nella stagione autunnale ed in quella primaverile, le irruzioni di aria fredda sul
Mediterraneo, dove la temperatura delle acque superficiali supera di circa 4° quella dell'oceano,
possono svilupparsi depressioni mobili e sistemi frontali del tutto simili a quelli che nascono
attorno ai 60° di latitudine. Queste depressioni di origine mediterranea, nel loro movimento verso
est, interessano anche la penisola italiana e sono la principale causa del maltempo diffuso. Le
aree dove le depressioni mediterranee si scavano con maggior frequenza sono descritte nel
riquadro della figura 9: il Mediterraneo occidentale, il Mediterraneo al largo delle coste algerine e
di quelle tunisine e le traiettorie da esse seguite hanno direttrice sud ovest nord est.
Rappresentazione grafica dei cicloni sulle carte del tempo.
Sulle carte meteorologiche i cicloni sono rappresentati da isobare concentriche attorno ad un
minimo di pressione centrale ed hanno una forma ellittica allungata nel senso dei meridiani. I
venti scorrono quasi tangenzialmente rispetto alle isobare in senso antiorario nel nostro emisfero
ed in senso orario nell'emisfero sud. La parte centrale del ciclone, dove la pressione atmosferica
è più bassa, solitamente è indicata con la lettera L (dall'inglese low) nelle carte internazionali,
mentre in quelle italiane ci si riferisce alla lettera B (bassa).
Figura 10. Circolazione del vento intorno ad un ciclone nell'emisfero nord.
L'aria, nelle zone interessate dal ciclone, è animata da moti verticali in ascesa che, anche se
deboli, sono in grado di determinare per raffreddamento ed espansione la condensazione del
vapore acqueo qualora l'aria abbia un sufficiente grado di umidità. La nuvolosità ed i fenomeni
ad essa associati sono tanto più intensi quanto è maggiore il gradiente barico orizzontale
(distanza fra le isobare) e quanto più è pronunciata la curvatura delle isobare.
In base alla loro natura i cicloni sono classificati in permanenti, mobili, termici ed orografici.
I cicloni permanenti sono determinati dalla circolazione generale dell'atmosfera. Tali sono le
cinture di bassa pressione della fascia equatoriale e quelle attorno ai 60° di latitudine come ad
esempio il Ciclone d'Islanda ed il Ciclone delle Aleutine.
I cicloni mobili sono associati alla nascita ed allo sviluppo dei sistemi frontali che interessano le
medie latitudini, in cui la curvatura delle isobare è più accentuata nella direzione in cui sono posti
i fronti. Entrambi i cicloni in precedenza descritti sono caratterizzati da aria più fredda di quella
delle aree circostanti e si estendono a tutta la troposfera.
I cicloni termici sono le depressioni che traggono origine dal diverso riscaldamento della
superficie terrestre. Appartengono a questa categoria le depressioni che nascono sui continenti
nella stagione estiva e sugli oceani in quella invernale. I cicloni termici sono costituiti da aria con
temperatura più alta delle aree circostanti e la circolazione ciclonica al loro interno si interrompe
fra i 2.000 ed i 4.000 di altitudine per essere sostituita da circolazione anticiclonica.
Le depressioni orografiche nascono quando veloci correnti aeree investono perpendicolarmente
una catena montuosa abbastanza elevata da generare una depressione nella zona sotto vento.
Le saccature.
Sono configurazioni isobariche a forma di V o di U e costituiscono la propaggine meridionale di
un ciclone in cui la pressione atmosferica assume un valore più basso rispetto a quelli delle aree
adiacenti. L'asse di simmetria di questa struttura è detto asse di saccatura, ha una direzione nel
senso dei meridiani ed indica l'area nella quale le isobare hanno la massima curvatura.
Figura 11. Struttura di una saccatura.
Il termine saccatura deriva dal fatto che in questo tipo isobarico la bassa pressione tende ad
insaccarsi fra due aree di alta pressione. Se il gradiente barico è considerevole, al passaggio
dell'asse di saccatura, si hanno raffiche improvvise di vento, un brusco calo della temperatura e
piogge a carattere temporalesco. In questo caso l'asse di saccatura prende il nome di linea di
groppo o squall line.
Molto spesso, se la saccatura è allungata nel senso dei meridiani, nella parte meridionale si
isolano dei cicloni secondari (vedi immagine seguente).
Figura 12. Ciclone secondario in una saccatura.
Nel Mediterraneo occidentale sono caratteristiche le saccature provenienti da cicloni, centrati
sulle isole britanniche e sulla Scandinavia, che spostandosi verso levante si staccano dal ciclone
principale andando a formare cicloni secondari ed indipendenti localizzati fra la Spagna e la
Sardegna. Questi cicloni sono responsabili di venti fortissimi sui bacini nord occidentali italiani, di
mare molto mosso o agitato e di maltempo diffuso su quasi tutta la penisola.
52. Caratteristiche generali dei fronti.
Dagli schemi relativi alla formazione dei cicloni mobili (figure 5-6-7-8) si nota che in essi esistono
delle zone perturbate ben definite: il fronte caldo, il fronte freddo e l'occlusione. Alle nostre
latitudini questi sistemi si muovono generalmente dai quadranti occidentali verso i quadranti
orientali dando luogo ad una successione di fenomeni caratteristici i cui aspetti verranno
esaminati separatamente.
Il fronte caldo.
Il fronte caldo è rappresentato da una linea che al suolo delimita idealmente un'invasione di aria
calda verso regioni che in precedenza erano occupate da aria fredda. Il fronte caldo si trova nella
parte anteriore di un ciclone mobile, in cui le masse di aria calda iniziano a salire forzatamente
lungo una linea di separazione con l'aria fredda (figura 10).
Figura 13. Il fronte caldo visto in sezione verticale.
Durante lo scorrimento ed il sollevamento forzato lungo la superficie di discontinuità, l'aria calda
si espande e si raffredda condensando la sua umidità sotto forma di nubi e conseguenti
precipitazioni. Le prime nubi che si presentano all'avvicinarsi di un fronte caldo sono i cirri ed i
cirrostrati, seguiti dagli altostrati, dai nembostrati ed infine dagli stratocumuli.
La figura 13 mostra una sezione verticale di una perturbazione che avanza e pone le nubi alte
come avanguardia (testa). prendiamo in considerazione una località situata a nord est della
perturbazione, cioè all'estrema destra della figura. Inizialmente, su tale località persiste
l'intervallo e vi sarà quindi aria relativamente fredda, il cielo sarà sereno e disseminato di cumuli
di bel tempo. Molto prima che il fronte caldo della perturbazione abbia raggiunto la località,
questa sarà invasa in quota, vale a dire sulla verticale, da una massa di aria calda. In superficie
l'aria è ancora fredda, ma nel cielo vediamo comparire le prime nubi alte. La comparsa di queste
nubi indica che il fronte caldo, e quindi la perturbazione e le sue precipitazioni, è lontano circa
800 Km. La testa del sistema nuvoloso è caratterizzata dalla presenza di cirri che vanno
invadendo progressivamente il cielo. I cirri sono seguiti da cirrostrati. Nella testa del sistema il
vento ha la tendenza a orientarsi da sud, rinforzando, la pressione atmosferica si abbassa
lentamente.
Il corpo del sistema è caratterizzato dalla presenza di altostrati che, se di tenue spessore, fanno
intravedere gli astri principali come attraverso un vetro smerigliato e dalla presenza di
nembostrati. Nel corpo del sistema la pioggia è fitta, minuta e persistente, il vento si stabilisce da
sud o da sud ovest.
Il settore caldo.
Le caratteristiche di un settore caldo sono simili a quelle di una massa di aria calda costituente il
settore stesso. Nella stagione autunnale ed in inverno, quando l'irraggiamento del suolo è
notevole in rapporto alla radiazione solare incidente, l'aria diventa particolarmente stabile. In
questa situazione, procedendo dalla periferia meridionale del settore verso il centro del ciclone,
si possono distinguere tre zone: la prima con il cielo che si presenta sereno, la seconda con
cielo irregolarmente coperto da stratocumuli e da strati e la terza, prossima al centro del ciclone,
dove gli strati si intensificano fino a raggiungere talvolta il suolo con la conseguente comparsa
della nebbia.
Diverse sono le condizioni nella stagione primaverile ed in estate poichè l'aria subtropicale del
settore caldo subisce un forte riscaldamento dal basso sulle aree continentali e diventa instabile
dando luogo alla formazione di nubi cumuliformi apportatrici di piogge e temporali.
Il fronte freddo.
Il fronte freddo è rappresentato da una linea che al suolo delimita idealmente un'invasione di aria
fredda verso aree prima occupate da aria più calda. L'aria fredda penetra a cuneo sotto l'aria
calda e la solleva con violenza determinando il raffreddamento e la condensazione del vapore
acqueo in essa contenuto. La nuvolosità è rappresentata da stratocumuli, cumuli e cumulonembi
con squarci di cielo sereno (figura 14).
Figura 14. Il fronte freddo in sezione verticale.
La rapidità di rasserenamento del cielo è tipica della fase successiva al passaggio del fronte
freddo. Tuttavia l'aria fredda che segue il fronte per parecchie ore, trovandosi a scorrere su una
superficie più calda, diventa instabile, soprattutto nelle ore pomeridiane, dando luogo alla
formazione di nubi temporalesche isolate anche quando il fronte freddo è distante qualche
migliaio di chilometri.
La tabella che riportiamo di seguito indica il comportamento dei vari elementi meteorologici al
passaggio dei fronti caldo e freddo.
Elemento
Vento
Pressione
Temperatura
Umidità
Visibilità
Nuvolosità
Precipitazioni
Prima del fronte
caldo
Al passaggio del
fronte caldo
Dietro il fronte
freddo
Ruota in senso
Ruota in senso
Ruota in senso
Parallelo al fronte
Cambia direzione e
orario e si
orario e raggiunge
antiorario e rinforza
e rinforza
si attenua
mantiene forte e
il valore massimo
con raffiche
rafficoso
Cade
Può abbassarsi
Continua a salire
Rimane stazionaria
Sale bruscamente
rapidamente
lievemente
ma lentamente
Aumenta
lentamente e lieve
Continua ad
Aumenta
Si abbassa
diminuzione nella
Stazionaria
abbassarsi ma
lentamente
rapidamente
lentamente
zona delle
precipitazioni
Cresce
lentamente,
Comincia a
Diminuisce
rapida nelle zone
Inalterata
Lievi cambiamenti
diminuire
rapidamente
delle
precipitazioni
Peggiora nelle
Aumenta
Inalterata
Migliora
Discreta
zone delle
rapidamente
precipitazioni
Cielo sereno,
Cirri, cirrostrati,
Cumuli,
Strati bassi e
Strati e
cumuli di bel tempo
altostrati e
stratocumuli e
nebbie
stratocumuli
e cumulonembi
nembostrati
cumulonembi
isolati
Pioviggine
Pioviggine
Rovesci e
Rovesci isolati e
Pioggia continua
intermittente
intermittente
temporali
temporali isolati
Nel settore caldo
Al passaggio del
fronte freddo
Il fronte occluso.
Nella fase finale della vita di un ciclone, il fronte freddo più attivo e veloce, raggiunge il fronte
caldo al suolo. La configurazione che risulta dal congiungimento dei due fronti prende il nome di
fronte occluso o occlusione, le cui caratteristiche sono una sovrapposizione di quelle del fronte
freddo e del fronte caldo. La nuvolosità stratiforme del fronte caldo si assomma alla nuvolosità
cumuliforme di quello freddo con conseguenti piogge, rovesci, temporali con la possibilità di
grandinate. mentre il ciclo vitale di una depressione mobile è nell'ordine di circa 6-7 giorni, la
fase di occlusione si compie generalmente in 24 ore.
Figura 15. Rappresentazione grafica dei fronti secondo la simbologia utilizzata sulle carte meteorologiche.
I fronti secondari.
All'interno di masse di aria aventi la stessa provenienza possono crearsi, fra i vari fattori
meteorologici, delle discontinuità per il fatto che, pur avendo le masse di aria la stessa origine, si
sono distaccate dal luogo di formazione in tempi diversi oppure hanno avuto influenze o percorsi
diversi. Infatti esistono sempre differenze di temperatura ed umidità fra una massa di aria che è
passata su campi di neve e una massa di aria che ha percorso regioni non innevate. In
contrapposizione ai fronti principali che nascono dalle ondulazioni del fronte polare, si hanno così
i fronti secondari. Questi fronti solitamente si osservano nella parte posteriore dei fronti freddi
principali e corrispondono ad irruzioni di masse d'aria polari con temperature ancora più basse.
In questo caso, i fronti freddi secondari sono rappresentati nelle carte meteorologiche, secondo
una forma piuttosto arcuata, la cui concavità è orientata nel senso opposto allo spostamento. I
fenomeni associati ai fronti secondari sono meno intensi ed estesi di quelli dei fronti principali.
Le linee di instabilità.
Se su un'area di bassa pressione l'aria è più fredda rispetto alla latitudine del luogo, possono
formarsi delle perturbazioni secondarie quando i contrasti termici sono particolarmente
accentuati. La linea che delimita idealmente al suolo questi contrasti termici viene chiamata linea
di instabilità e si osserva con frequenza nella parte posteriore di un fronte freddo o nei vortici
depressionari ormai in fase di occlusione.
Le linee di instabilità si manifestano con nuvolosità cumuliforme, rovesci e temporali a carattere
isolato. Sulle carte meteorologiche le linee di instabilità sono raffigurate con linee che alternano
ad un tratto due punti.
53. Gli anticicloni.
Sono centri di alta pressione attorno ai quali l'aria circola in senso orario nel nostro emisfero ed
in senso antiorario nell'emisfero sud. Gli anticicloni si possono estendere su aree vaste anche
qualche migliaio di chilometri di diametro, ne sono un esempio gli anticicloni permanenti delle
regioni polari e di quelle subtropicali, oppure estendersi poche centinaio di chilometri come gli
anticicloni mobili che separano una depressione dalla successiva all'interno della stessa famiglia
di cicloni.
L'influenza degli anticicloni sulle condizioni meteorologiche è meno attiva di quella dei cicloni
permanenti o di quelli mobili. Nelle aree di alta pressione le condizioni sono generalmente
tranquille, i venti sono deboli, le precipitazioni poco frequenti, mentre la temperatura media
diurna tende a mantenersi stazionaria per lunghi periodi. Le prolungate fasi di bel tempo che,
nella stagione estiva, interessano il bacino del Mediterraneo sono determinate dall'espansione
dell'anticiclone delle Azzorre verso est-nord est.
Gli anticicloni sono la fucina delle principali tipi di masse d'aria e costituiscono un baluardo
contro le depressioni mobili delle medie latitudini costrette ad aggirare l'ostacolo e a passare
lungo il bordo settentrionale dell'area occupata dagli anticicloni.
Mentre i cicloni sono sede di lenti movimenti ascendenti, gli anticicloni sono caratterizzati da aria
in lenta discesa (subsidenza) che causa il riscaldamento per compressione dei bassi strati
dell'atmosfera, il dissolvimento delle nubi e la formazione di inversioni termiche in quota che,
determinando il ristagno e l'accumulo di vapore acqueo emesso dal suolo, sono conseguenza
delle nebbie e delle foschie nei mesi autunnali ed invernali.
Rappresentazione grafica degli anticicloni sulle carte del tempo.
Nelle carte meteorologiche gli anticicloni sono rappresentati da isobare concentriche chiuse
attorno ad un massimo di pressione nella parte centrale. In un anticiclone i venti soffiano quasi
parallelamente alle isobare in senso orario, nel nostro emisfero, ed in senso antiorario
nell'emisfero sud. Anche gli anticicloni hanno forma ellittica con l'asse maggiore di simmetria
orientato prevalentemente lungo i paralleli. In un anticiclone le isobare sono molto distanziate fra
loro essendo in presenza di un gradiente barico debole e di conseguenza anche il vento risulta
essere debole.
Figura 16. Circolazione dei venti intorno ad un anticiclone nell'emisfero nord.
In base alla loro natura gli anticicloni rappresentati sulle carte al suolo si distinguono in dinamici,
termici e mobili.
Gli anticicloni dinamici sono quelli che stazionano permanentemente attorno ai 30-35° di
latitudine comparendo quasi costantemente sulle carte sinottiche. Sono costituiti da aria calda a
tutte le quote e si estendono fino ai limiti della troposfera. Un esempio di anticlone permanente è
quello delle Azzorre dal quale si staccano con frequenza cellule di alta pressione che
estendendosi verso le isole britanniche o l'Europa impediscono l'ingresso delle perturbazioni
atlantiche nell'area mediterranea anche per diverse settimane (anticiclone di blocco). Al contrario
quando l'anticiclone delle Azzorre si ritira a latitudini più basse le perturbazioni di origine atlantica
fanno il loro ingresso in Europa e nel bacino del Mediterraneo.
Gli anticicloni termici traggono origine dal diseguale riscaldamento della superficie terrestre.
Appartengono a questa categoria gli anticicloni permanenti che stazionano in corrispondenza
delle calotte polari e quelli semipermanenti che si instaurano sui continenti nella stagione
invernale (ad esempio l'anticiclone russo-siberiano). Sono caratterizzati da scarsa mobilità, da
valori pressori molto elevati nella loro parte centrale (attorno ai 1.040 hPa ma si possono avere
anche valori di 1.060 hPa) ed occupano aree geografiche molto vaste estendendosi talvolta
all'intero continente euro-asiatico. Anticicloni termici sono anche quelli ad evoluzione diurna
responsabili delle brezze. I dislivelli barici fra mare e terraferma oppure fra pianura e montagna
sono nell'ordine dei 2-3 hPa ed è per questo motivo che non sono individuabili sulle carte del
tempo (ricordiamo che fra un'isobara e la successiva intercorrono 4 hPa). Gli anticicloni di origine
termica sono costituiti da aria più fredda di quella delle aree circostanti e non si spingono oltre i
2000-3000 metri di quota oltre la quale la circolazione anticiclonica viene sostituita da una
circolazione ciclonica.
Gli anticicloni mobili o di chiusura sono quelli che si interpongono fra due famiglie di
perturbazioni. Al loro interno il gradiente barico è piuttosto intenso e la loro estensione è di poche
centinaia di chilometri di diametro.
I promontori ed i cunei.
Sono aree di alta pressione che si protendono fra aree di bassa pressione. Il promontorio ha la
forma di una U rovesciata e costituisce la propaggine settentrionale di un anticiclone con asse di
simmetria posto nel verso dei meridiani.
I promontori più comuni sono quelli che separano i diversi membri di una famiglia di perturbazioni
e sono per questo motivo posizionati fra il fronte freddo di un ciclone ed il fronte caldo del ciclone
che segue. Il promontorio è caratterizzato da condizioni di tempo buono soprattutto nella parte
orientale rispetto all'asse, mentre nella parte orientale il tempo è buono solo in corrispondenza
dell'area interessata dalla correnti a curvatura anticiclonica.
Il cuneo è sempre una propaggine di un anticiclone ma con asse di simmetria posto nel verso dei
paralleli.
Figura 17. Struttura di un promontorio.
I cunei si formano spesso anche per ragioni orografiche, come avviene sul versante
settentrionale della catena alpina a causa dell'accumulazione di masse di aria fredda convogliate
da veloci correnti di origine settentrionale. Questa situazione apporta maltempo sul versante
settentrionale (Stau) e bel tempo sul versante padano (Foehn).
L'espansione dell'anticiclone delle Azzorre spesso da luogo ad un promontorio che si estende
fino sulle isole britanniche oppure ad un cuneo che si protende fino all'Europa orientale. Nel
primo caso sull'Italia si ha l'afflusso di correnti particolarmente fredde, nel secondo caso si hanno
situazioni di nebbia persistente sulle regioni settentrionali.
La sella.
La sella è una configurazione formata da due anticicloni e da due cicloni con i rispettivi centri di
alta e bassa pressione opposti l'uno all'altro. All'interno di una sella il vento è di intensità e
direzione variabile, favorisce cioè il contrasto fra masse d'aria con caratteristiche diverse. Nei
mesi estivi una sella può provocare temporali. Una sella formatasi al centro di un oceano, con le
isobare molto ravvicinate è pericolosa (da una delle due basse pressioni potrebbe generarsi un
uragano). La sella altresì può trasformarsi in una saccatura.
Figura 18. Struttura di una sella.
Il pendio.
Il pendio è una configurazione caratterizzata da isobare quasi rettilinee e parallele dove la
pressione atmosferica diminuisce regolarmente in una data direzione. Sul lato confinante con
l'alta pressione le condizioni meteorologiche sono generalmente buone ed il cielo è cosparso di
cirri. La nuvolosità diventa più intensa mano a mano che ci si avvicina alla zona di bassa
pressione.
Figura 19. Struttura di un pendio.
La pressione livellata.
In un'area dove la pressione atmosferica è livellata le isobare sono molto distanti fra loro e non
hanno una forma ben definita. Questa situazione solitamente la si può osservare all'interno di
un'area anticiclonica. I venti sono deboli e le condizioni del tempo sono determinate
essenzialmente dall'irraggiamento notturno e dall'insolazione diurna. Nella stagione estiva le
zone interessate da pressione atmosferica livellata sono la sede più favorevole per
l'instaurazione delle brezze e dei temporali pomeridiani sulla terraferma.
La curvatura delle isobare.
Nelle saccature le isobare rivolgono la loro concavità verso latitudini più basse, mentre i
promontori rivolgono la loro concavità verso latitudini più alte. Comunemente si dice che nelle
saccature le isobare hanno curvatura ciclonica, mentre nei promontori le isobare hanno
curvatura anticiclonica.
Tenendo conto che il tempo perturbato è associato alle saccature, mentre il tempo stabile e
soleggiato è associato ai promontori, l'esame della curvatura delle isobare è molto importante
per la previsione del tempo perchè può anche dare ulteriori indicazioni sull'evoluzione dei fronti.
I fronti freddi, con isobare a curvatura anticiclonica in corrispondenza della parte di aria fredda,
tendono a decelerare e a rinforzarsi mentre, quelli con curvatura ciclonica tendono a decelerare
e dissolversi.
I fonti caldi, con curvatura anticiclonica dalla parte della massa di aria fredda, diventano più attivi
se la velocità di spostamento è bassa, mentre con curvatura ciclonica si rinforzano se la velocità
di spostamento risulta essere maggiore.