Pressione atmosferica Il miscuglio di gas che costituisce l'atmosfera e che avvolge come un immenso oceano invisibile il pianeta terra, si estende fino a 150- 200 chilometri di altitudine. I tre quarti di tutta l'atmosfera si trovano però in quella regione dello spazio chiamata troposfera il cui limite superiore è di circa 7 Km ai poli, di 13 km nelle medie latitudini e di 18 Km circa all'equatore. Anticamente si credeva che l'atmosfera fosse senza peso. Bisogna arrivare a Galileo Galilei per accertare che, nonostante la sua natura impalpabile, un metro cubo d'aria, al livello del mare, pesa circa 1,3 Kg. Pertanto, ogni porzione di atmosfera è sottoposta al peso degli strati immediatamente sovrastanti: è, appunto, tale peso che impedisce all'aria di disperdersi negli spazi interplanetari. Al peso esercitato su una superficie unitaria, ad esempio 1 cm², di una colonna d'aria che si estenda fino ai limiti dell'atmosfera, viene dato il nome di pressione atmosferica. In condizioni normali, tale peso al livello del mare, si aggira intorno a 1.033 g per cm². 1. La pressione e lo stato del tempo La pressione atmosferica ha un ruolo fondamentale nelle vicende meteorologiche poichè i fenomeni più importanti traggono la loro origine dalla variazione nello spazio e nel tempo di tale fattore. In particolare, la differenza di pressione fra aree geografiche diverse determina lo spostamento delle masse d'aria e quindi il vento il quale trasferisce sul luogo di arrivo le condizioni meteorologiche associate alla particolare massa d'aria. Considerata l'importanza fondamentale che la pressione atmosferica riveste nel caratterizzare le condizioni del tempo, la maggior parte delle carte meteorologiche mostra la distribuzione attuale o prevista della pressione nelle zone prese in esame.Nelle medie latitudini, il valore medio annuo della pressione, al livello del mare, si aggira intorno ai 1.013 hPa; tuttavia la pressione locale può subire ampie oscillazioni diurne o stagionali intorno a tale valore. le variazioni più notevoli sono quelle legate al passaggio delle perturbazioni che si muovono fra i 30° ed i 60° di latitudine o alle masse di aria fredde che, d'inverno, ristagnano nelle ampie distese continentali prossime al circolo polare. I valori locali della pressione, considerati a se stanti, non hanno significato di prognosi; lo hanno invece se confrontati con i valori simultaneamente rilevati nelle zone adiacenti per mettere in risalto le aree di alta o di bassa pressione. Però, pur costituendo una regola alquanto grossolana, si può affermare empiricamente che i valori inferiori a 1.000 hPa sono associati a condizioni di tempo perturbato, mentre i valori superiori a 1.024 hPa sono accompagnati da tempo buono. Molto di più ci dirà, invece, la tendenza barometrica, cioè la variazione della pressione in un determinato intervallo di tempo. Nelle carte meteorologiche di previsione i punti con uguale valore di pressione atmosferica vengono uniti da una linea che prende il nome di isobara. Per tracciare le isobare si parte in genere dal valore di riferimento di 1.000 hPa (millibar) indicato con il segno 00. Si procede poi ad unire i valori di pressione di 4 hPa in 4 hPa: così 04 indica 1.004 hPa, 08 indica 1.008 hPa,12 indica 1.012 hPa e così via. Si procede nello stesso modo anche per valori di pressione inferiore e cioè: 96 indica 996 hPa, 92 indica 992 hPa e così di seguito. A volte sulle carte si formano delle linee chiuse di alta pressione che, indicate con la lettera H (high) o A (alta), rappresentano gli anticicloni, mentre all'opposto le linee chiuse di bassa pressione, indicate con L (low) oppure B (bassa) rappresentano i cicloni depressivi. Altre configurazioni che spesso appaiono sulle carte bariche sono: le saccature e cioè delle zone in cui si protende una bassa pressione; i promontori e cioè delle zone in cui si protende un'alta pressione; i campi barici livellati e cioè delle zone in cui le differenze di pressione sono molto piccole o inesistenti; le selle ovvero una zona di pressioni relativamente basse comprese tra due anticicloni e due depressioni; i pendii ovvero la zona avente pressione regolarmente decrescente con isobare approssimativamente rettilinee e parallele. Il gradiente barico orizzontale è la differenza di pressione tra due punti distanti tra loro un grado di meridiano (111 chilometri) e situati sulla linea di massima pendenza delle isobare. In pratica, il gradiente barico orizzontale (G) viene misurato dal rapporto tra la differenza di pressione (dp) tra due punti e la distanza (dl) fra i punti stessi: G = dp / dl Gradiente barico alto significa: isobare più ravvicinate e velocità del vento più alta. Gradiente barico basso significa: isobare meno ravvicinate e velocità del vento più bassa. Oltre che al suolo occorre costruire l'andamento del campo barico anche in quota e questo si ottiene considerando l'andamento delle superfici a pressione costante. Particolarmente importante per le previsioni è la superficie a 500 hPa, che corrisponde ad un livello di quota attorno ai 5.500 metri dal suolo. Per spiegare il procedimento di costruzione della mappa si farà riferimento a questa superficie. Durante il radiosondaggio vengono misurati i dati di altezze corrispondenti alla pressione di 500 hPa e questi, che ovviamente possono variare da stazione a stazione, vengono riportati su una carta geografica. Anche in questo caso i dati di uguale valore vengono uniti con linee di livello, definite isoipse (linee di uguale altezza), ed in pratica si costruisce sulla superficie di 500 hPa una vera e propria mappa topografica: si può infatti pensare che la superficie sia tagliata da piani orizzontali distanti in altezza 60 metri (6 decametri) e le intersezioni proiettate sulla carta geografica rappresentano le isoipse. Queste altezze si misurano in metrogeopotenziale, unità che si ottiene dal metro lineare con una correzione legata al variare della gravità andando dai Poli all'Equatore. Tuttavia nella pratica operativa la correzione è trascurabile in modo che metrogeopotenziale e lineare vengono fatti coincidere. Anche per le carte in quota si definiscono le configurazioni tipiche in precedenza indicate per le carte al suolo e la corrispondenza fra l'andamento al suolo ed in quota ha particolare importanza per individuare la natura ed il tipo di fenomeni. Si può anche dimostrare che in quota l'aria si muove approssimativamente lungo le isoipse, lasciando alla propria destra valori più elevati e alla propria sinistra valori più bassi dell'altezza di metrogeopotenziale. La rappresentazione delle isoipse nelle carte è quindi di fondamentale importanza per l'individuazione del movimento delle masse d'aria alle varie quote. 2. La misura della pressione atmosferica La pressione atmosferica si misura con un barometro a mercurio oppure con un barometro o barografo a capsule aneroidi. Gli strumenti possono essere graduati in millimetri di mercurio (mmHg), in millibar (mb) oppure in hettoPascal (hPa). Per passare da mmHg a mb (hPa) si tengano presenti le seguenti relazioni: mb (hPa)= 4/3 mmHg viceversa mmHg= 3/4 mb (hPa) Un’atmosfera metrica (atm=1) corrisponde a: 1,01325 Bar 1013,25 hPa (mb) 101325 Pascal (Pa) 10,33 Metri di colonna d’acqua (m.c.a) 760 Millimetri di mercurio (mmHg) 10,1325 Newton/ cm² (N/ cm²) 1,033 Chilogrammo/ cm² (Kg/ cm²) 14,69 Pound/inch² (psi) bar= unità di misura della pressione pari ad 1 milione di barie. In meteorologia è molto usato il sottomultiplo millibar, uguale ad 1/1000 di bar. La baria è l'unità di misura della pressione nel sistema CGS ed equivale alla pressione di un dine per cm². Un milione di barie, cioè un bar, corrispondono alla pressione di una colonna di mercurio alta 750,07 mm Il barometro o il barografo possono essere collocati ovunque purchè al riparo dagli urti o dai raggi solari. Infatti, il barometro non misura la proprietà di un dato campione di aria, ma solo la pressione esercitata dall'atmosfera circostante, che ha lo stesso valore sia all'aperto che al chiuso. Se si vuole confrontare il dato del proprio barometro con quello simultaneamente rilevato dalle stazioni meteorologiche è indispensabile, per esigenze di omogeneità, che il valore letto sia opportunamente corretto come se l'osservazione fosse stata effettuata alla latitudine di 45°, al livello del mare e a 0°C di temperatura. Particolari tavole permettono di eseguire rapidamente la correzione se il rilevamento è stato effettuato con un barometro analogico. Le moderne stazioni meteo correggono il dato automaticamente previo l'inserimento dell'altitudine alla quale è posizionata la stazione stessa. 3. Le variazioni locali della pressione atmosferica. Su una data località, la pressione atmosferica varia di continuo, con un tipico andamento periodico diurno che, in condizioni di tempo non perturbato, risulta evidente sul diagramma di un barografo. Tale andamento è indicato da due minimi intorno alle ore 04:00 e alle ore 16:00 locali e da due massimi intorno alle ore 10:00 ed alle ore 22:00 locali. L'ampiezza dell'oscillazione varia secondo la latitudine: è trascurabile ai Poli, inferiore ad 1 hPa alle medie latitudini, può essere superiore a 4 hPa all'Equatore. le variazioni locali di pressione più significative, ai fini dell'evoluzione del tempo, sono quelle determinate dallo spostamento delle masse d'aria. Così un afflusso di aria più fredda di quella preesistente nella verticale del luogo causa un aumento di peso della colonna d'aria sovrastante e quindi un aumento della pressione. Viceversa un afflusso di aria più calda al suolo determina una diminuzione della pressione. Anche il raffreddamento notturno ed il riscaldamento diurno degli strati prossimi al suolo determinano rispettivamente un aumento ed una diminuzione della pressione atmosferica. 4. Tendenza barometrica ed evoluzione del tempo Fra i fattori meteorologici indicativi per la previsione locale del tempo, la variazione di pressione osservata in un breve periodo è quella più significativa. Infatti, se la pressione atmosferica al suolo tende a diminuire, la bassa pressione che così si origina richiama masse d'aria dalle zone circostanti. Ora non potendo le masse d'aria accumularsi, sono costrette a sollevarsi trasportando l'aria dagli strati prossimi al suolo verso l'alto dove, a causa del raffreddamento, il vapore acqueo si condensa e diviene visibile sotto forma di nubi. La tendenza barometrica rappresenta la quantità di variazione subita dalla pressione atmosferica in un dato periodo di tempo, tipicamente tre ore. La tendenza barometrica ci può fornire indizi per prevedere l'evoluzione delle condizioni meteorologiche. Una diminuzione di pressione di 2 o 3 hPa in 3 ore è segno che le condizioni del tempo tendono a peggiorare. Se la diminuzione di pressione supera i 4 o 5 hPa, sempre in tre ore, vuol dire che il peggioramento del tempo è già in atto e che i massimi effetti saranno avvertiti entro le successive due ore. Osservando sul barometro l'andamento della pressione, in presenza di una diminuzione costante e pronunciata potremo dedurne che una perturbazione si sta avvicinando fino a transitare su di noi. In termini generali, si può dire quanto segue: 1) una variazione positiva molto forte può indicare l'avvento di un cuneo di alta pressione che porta un temporaneo miglioramento. 2) Una variazione negativa molto marcata preannuncia un rapido peggioramento della situazione, con afflusso di aria molto fredda in inverno e temporali durante l'estate, solitamente seguiti da un altrettanto rapido miglioramento. 3) Variazioni graduali portano a situazioni generalmente più persistenti: a) una graduale diminuzione della pressione predice condizioni di maltempo durevoli; b) un lento costante aumento lascia intravedere l'avvento di alte pressioni stabili. 5. Le variazioni della pressione con l'altezza A mano a mano che si va verso l'alto, diminuisce l'altezza della colonna d'aria sovrastante l'osservatore e di conseguenza diminuisce anche la pressione atmosferica. Tuttavia, il decremento è più rapido negli strati prossimi al suolo essendo qui l'aria più densa. Con ottima approssimazione si può calcolare che nei primi 1.500 metri la pressione diminuisca di 1 hPa per ogni 8,3 metri di ascesa, a 3.000 metri di 1 hPa ogni 10 metri e a 9.000 metri di 1 hPa ogni 50 metri. La rapidità di variazione della pressione con la quota, negli strati prossimi al suolo, si può notare dai valori indicati dal barometro. Così, due barometri ugualmente tarati e posti ad una diversa altezza di appena 32 metri, mostreranno una differenza di ben 4 hPa. Il gradiente barico verticale esprime la diminuzione della pressione al crescere dell'altezza lungo la verticale. 6. La variazione orizzontale della pressione La pressione varia orizzontalmente da luogo a luogo. A parte l'influenza esercitata dai grandi centri barici permanenti o semipermanenti ( anticiclone delle Azzorre, ciclone d'Islanda) e dalle perturbazioni che interessano vaste aree geografiche, a parità di latitudine e di altezza la distribuzione orizzontale della pressione dipende da numerosi fattori locali quali la natura e la copertura del terreno, l'orografia, la temperatura, l'intensità dell'irraggiamento notturno e la radiazione solare assorbita dal suolo. Tali fattori fanno si che all'interno dei grandi centri barici a scala planetaria si vengano a determinare, localmente, dei nuclei secondari di alta e bassa pressione, interessanti aree la cui estensione è dell'ordine dei 10-100 chilometri. Se si fa riferimento alla sola topografia locale, è bene tener presente che, durante la notte, negli avvallamenti si accumula aria più fredda per drenaggio dalle zone circostanti con conseguente aumento della pressione. le catene montuose costituiscono spesso un ostacolo per gli afflussi di aria fredda la quale interessa, di solito, gli strati più bassi dell'atmosfera. In tali condizioni, l'accumulazione di aria nel versante sopravvento determina un aumento della pressione atmosferica locale. Per fare un esempio, in presenza di intensi afflussi di aria fredda proveniente da Nord Ovest, tra gli opposti versanti dell'arco alpino vengono a determinarsi dislivelli barici di 10-15 hPa. I gradienti barici orizzontali normali sono di circa 1 hPa per 100 chilometri, ma da tale differenza di pressione, apparentemente modesta, trae origine la forza motrice che da luogo al movimento della masse di aria. Nelle aree di alta pressione, i gradienti barici sono deboli, mentre risultano più forti nelle aree di bassa pressione. La misurazione della pressione atmosferica Lo strumento con il quale si misura la pressione atmosferica è il barometro. I barometri si dividono in barometri a mercurio e barometri metallici. Nei barometri a mercurio (di Torricelli) la pressione atmosferica viene equilibrata dalla pressione idrostatica di una colonna di mercurio contenuto in una canna di vetro, lunga circa 1 metro, chiusa all'estremità superiore ed immersa in un piccolo recipiente (pozzetto) che contiene anch'esso mercurio e si trova in comunicazione con l'aria. L'altezza h della colonna di mercurio è legata alla pressione atmosferica p dalla formula: p = Dgh dove D è la densità del mercurio e g è l’accelerazione di gravità. I valori della pressione così ottenuti devono poi essere poi ridotti alle condizioni normali, cioè alla temperatura di 0°C, alla latitudine convenzionale di 45° ed al livello medio del mare, dove si hanno valori medi di g Tipi più precisi di barometro sono quelli di Fortin e di Regnault che recano particolari dispositivi per valutazioni più esatte dell’altezza della colonna di mercurio (viti micrometriche) e per letture più accurate (nonio). I barometri a mercurio vengono utilizzati dal Servizio Meteorologico come barometri di stazione per la loro grande sensibilità. Il barometro di Fortin è costituito da un pozzetto, una canna, una scala con nonio e da un termometro annesso. Il pozzetto è di vetro ma ha come fondo una borsa di pelle di camoscio che permette l'azzeramento dello strumento. Per questo motivo nella parte alta dello strumento è fissata una cuspide d'avorio con la punta rivolta verso il basso. Per effettuare l' azzeramento si agisce su una vite posta sotto il pozzetto portando il livello del superiore del mercurio a sfiorare la punta della cuspide. In questo modo il livello del pozzetto coincide con lo zero della scala e questa operazione va eseguita prima di ogni lettura. I barometri metallici, meno ingombranti ma anche meno precisi, sono del tipo aneroide o olosterico Il Barometro aneroide o di Bourdon è costituito da una scatola metallica contenente un sottile tubo di ottone a sezione ellittica, perfettamente vuoto ed avvolto a formare una circonferenza quasi completa. Diminuendo la pressione atmosferica la sezione del tubo tende a diventare circolare il che fa diminuire il raggio di curvatura del tubo le cui estremità si allontanano; l'opposto avviene quando la pressione aumenta. Poichè le estremità del tubo sono collegate ad un ago che si muove lungo un indice graduato, è possibile leggere su questo le variazioni di pressione. Il barometro olosterico, o di Vidie, è costituito da una scatola metallica di forma cilindrica, perfettamente vuota e con pareti sottili. La pressione atmosferica viene equilibrata da una molla molto sensibile posta all'interno della scatola. Variando la pressione atmosferica, il centro della scatola si deforma, di conseguenza la molla viene compressa oppure allentata ed essendo collegata con un ago, che si muove su una graduazione, è possibile leggere le variazioni di pressione. I barometri metallici debbono essere tarati prima dell'uso mediante un barometro a mercurio. Per la loro robustezza e la loro praticità sono di uso corrente e vengono utilizzati all'interno dei barografi. Il barometro elettrico a cella di carico. È costituito da una piccola camera in cui è stato creato il vuoto, in cui una parete è chiusa da un sensore di deformazione a cella di carico. In funzione della deformazione prodotta dalla pressione, la cella produce un segnale elettrico che può essere elaborato da un microprocessore o visualizzato direttamente da un voltometro. Il barografo è uno strumento costituito da un barometro metallico, da un gruppo registratore e da un congegno ad orologeria. E' usato per la registrazione continua delle variazioni della pressione atmosferica su un diagramma avente il tempo come ascissa e la pressione atmosferica come ordinata. La curva tracciata dalla punta scrivente del gruppo registratore prende il nome di barogramma. Temperatura La nozione di temperatura va ricercata nella sensazione che ci fa dire che un corpo è freddo o caldo quando lo tocchiamo o quando ci avviciniamo ad esso. La sola sensazione fisica è, però, insufficiente a far definire con esattezza che cosa è la temperatura. L'attenzione che l'uomo ha sempre rivolto alla previsione della temperatura è giustificata dall'influenza che essa ha sia sul benessere fisiologico sia sulla nascita e lo sviluppo delle piante e degli animali. La temperatura dell'aria prossima al suolo è fra tutti gli elementi che caratterizzano il tempo quello che ha minor significato per la previsione. Infatti il suo valore è influenzato da molti fattori come l'insolazione, l'irraggiamento, l'evaporazione, la condensazione del vapore acqueo, la conduzione termica della superficie, la vegetazione, i centri abitati, la latitudine e l'altezza del luogo. Questo vuol dire che la variazione della temperatura da luogo a luogo può essere indipendente da cambiamenti in atto nelle condizioni generali del tempo. D'altra parte la distribuzione orizzontale della temperatura è indirettamente responsabile dello spostamento delle masse di aria, poichè determina differenze di pressione fra le aree con temperatura maggiore da quelle con temperatura minore. 7. La misura della temperatura dell'aria. Lo strumento con il quale viene misurata la temperatura dell'aria è il termometro che può essere a mercurio, ad alcool o metallico. Per evitare un uso improprio di questo strumento è necessario tenere presente che non deve essere esposto direttamente ai raggi solari, ma deve essere collocato all'ombra, in ambiente ben areato ed ad un'altezza dal suolo di circa 1,5 metri. A questo scopo è necessario servirsi di una capannina meteorologica con abitacolo in legno dipinto di bianco all'esterno e con pareti a persiane. La capannina deve essere posta in posizione ben esposta e lontana almeno 10-15 metri da edifici, ostacoli e qualsiasi altra fonte di calore (nelle moderne stazioni di rilevamento il sensore di temperatura invece di essere collocato all'interno di una capannina è protetto da uno schermo, anche auto-ventilato, in materiale plastico e di colore bianco). Il suolo sopra il quale viene posizionato il termometro deve essere curato a prato erboso, se tale è la caratteristica prevalente del luogo, o lasciato nudo se ci si trova in ambiente urbano. 8. Andamento della temperatura con l'altezza. All'atmosfera il calore viene fornito principalmente dalla superficie terrestre, quindi dal basso, e ne consegue che la temperatura diminuisce con l'aumentare della quota. Si chiama gradiente termico verticale la diminuzione della temperatura per una differenza di quota pari a 100 metri. Il gradiente medio per l'atmosfera standard, dei primi 10-15 chilometri è di 0,65°C. Il gradiente termico subisce molte variazioni soprattutto nei primi 300-600 metri dalla superficie terrestre a causa dell'evoluzione diurna della temperatura. Di notte, con venti deboli e cielo poco nuvoloso, il raffreddamento del suolo sottrae calore all'aria circostante, dando luogo alla formazione di uno strato spesso 200-400 metri all'interno del quale la temperatura, anzichè diminuire con la quota, aumenta. Il fenomeno è definito inversione termica. Nel periodo invernale ed in situazione anticiclonica nelle vallate chiuse e poco ventilate l'inversione con base al suolo tende a saldarsi con un'inversione che si forma per subsidenza a quote immediatamente superiori, dando luogo ad un'unica inversione dello spessore anche di 800-1.500 metri. Di giorno, sempre in presenza di venti deboli e di cielo sereno o poco nuvoloso, il calore dal suolo si propaga anche agli più bassi, determinando una più rapida diminuzione della temperatura con la quota. Nel periodo invernale questa rapida diminuzione interessa i primi 500100 metri, mentre nella stagione estiva può spingersi anche a 500-1.000 metri. In tali casi la temperatura scende di 1°C ogni 100 metri di quota (gradiente adiab atico) e talvolta di una quantità superiore (gradiente superadiabatico). I valori della temperatura, alle varie quote dell'atmosfera standard, sono dati nella tabella che segue: Altitudine (m) 0 1.000 2.000 3.000 4.000 Temperatura(°C) 15,0 8,5 2,0 -4,5 -11,0 Altitudine (m) 5.000 6.000 7.000 8.000 9.000 Temperatura(°C) -17,5 -24,0 -30,5 -37,0 -43,5 Altitudine (m) 10.000 11.000 12.000 13.000 Temperatura(°C) -50, -56,6 -56,5 -56,5 Il gradiente termico verticale determina la stabilità o l'instabilità dell'aria e quindi la possibilità di formazione delle nubi, di temporali, di nebbia da irraggiamento e la capacità dell'atmosfera di diluire nello spazio la concentrazione di sostanze inquinanti. 9. Instabilità e stabilità dell'aria. Chiamasi trasformazione adiabatica il cambiamento di stato, a causa del raffreddamento o del riscaldamento, che avviene in una massa d'aria nel suo movimento ascendente o discendente senza scambio di calore con le masse di aria circostanti. Se una massa di aria viene sollevata per una causa qualsiasi, venendo a trovarsi sottoposta a pressioni che diminuiscono con l'altezza, si espande e si raffredda. Se l'aria in ascesa non si mescola immediatamente, per effetto di una turbolenza, con l'aria circostante, non ci sono scambi di calore tra le due masse di aria, poichè l'aria è cattiva conduttrice del calore. L'espansione è quindi adiabatica. Se invece l'aria è costretta a scendere per una qualsiasi causa, subisce un riscaldamento per compressione adiabatica dovuta all'aumento della pressione degli strati più prossimi al suolo. Nella troposfera, il raffreddamento o il riscaldamento adiabatico è, in assenza di fenomeni di condensazione o evaporazione, di 1°C per ogni 100 metri di differenza di altezza . Instabilità. Se l'atmosfera, negli strati prossimi al suolo, ha un gradiente superadiabatico (nelle ore centrali delle giornate estive, in assenza di perturbazioni) l'aria tende ad essere instabile cioè animata da moti verticali ascendenti. Poichè l'aria non satura durante l'ascesa incontra pressioni via via decrescenti, continua a salire nonostante il raffreddamento dato che, in presenza di atmosfera in stato superadiabatico, l'aria ha ad ogni livello una temperatura superiore a quella delle masse di aria circostanti. Il raffreddamento di una massa di aria umida, dovuto al movimento verticale verso l'alto, può determinare la condensazione del vapore acque e quindi la formazione di nubi. In questo caso, il calore che si libera durante la condensazione del vapore acqueo rende la massa di aria ascendente ancora più calda ed il moto verticale può spingersi fino ai limiti della troposfera, dando luogo alla formazione di nubi cumuliformi a grande sviluppo verticale come i cumulonembi responsabili dei temporali. E' questo il motivo per cui l'aria umida è più instabile dell'aria secca, infatti, l'instabilità dell'aria cresce con il cresce del suo contenuto di vapore acqueo. Segni di instabilità. L'indicazione più significativa dell'instabilità dell'aria è data dalla presenza di nuvolosità cumuliforme. Altre indicazioni sono fornite dai fumi dei camini e delle ciminiere che assumono un aspetto serpeggiante con moti verticali più pronunciati quanto più instabile è l'aria. Stabilità. Se il gradiente termico verticale è subadiabatico, ossia se la temperatura dell'aria diminuisce con l'altezza in misura minore di 1°C pe r ogni 100 metri, oppure aumenta con la quota, si hanno condizioni di stabilità atmosferica. Poichè il gradiente termico verticale subadiabatico impedisce il moto ascendente dell'aria, questa è costretta a ristagnare negli strati prossimi al suolo con conseguente accumulo di vapore acque e di inquinanti. Con aria in condizioni di stabilità se si formano le nubi esse saranno di tipo stratiforme e se la quantità di vapore acqueo presente è elevata si formeranno le nebbie. Segni di stabilità. Le condizioni di stabilità sono manifestate dalla presenza di nebbia da irraggiamento, foschia e dalla caratteristica cappa grigio-marrone della caligine sopra le città. Altre indicazioni sono fornite dalla forma che assumono i fumi che escono dai camini che tendono a mantenersi compatti, appiattiti e persistere sino a grandi distanze dalla sorgente. 10. Andamento diurno della temperatura. Se si osserva la temperatura registrata da un termografo si nota un tipico andamento sinusoidale giornaliero caratterizzato da un valore minimo intorno all'alba e da un valore massimo circa due ore dopo il passaggio del Sole allo Zenith. Molti fattori influisco però sul normale andamento della temperatura nell'arco di una giornata. L'escursione fra temperatura minima e massima è meno accentuata nelle giornate nuvolose a causa della restituzione del calore per effetto serra, mentre è più accentuata in condizioni di cielo sereno o poco nuvoloso. Il vento favorendo il rimescolamento dell'aria presente nei bassi strati con quella degli strati più elevati, impedisce che la temperatura del suolo si innalzi notevolmente di giorno e si abbassi notevolmente di notte. Tutte le forme di energia coinvolte hanno la loro origine comune nella radiazione solare. Quest'ultima in assenza di nubi giunge quasi integralmente sulla superficie terrestre, dove in parte viene assorbita dal suolo, ed in parte viene riflessa nuovamente nello spazio e quindi va perduta. In altre parole, l'aria secca risulta trasparente alla radiazione solare e, di conseguenza, l'aria in prossimità del suolo non si riscalda per esposizione diretta ai raggi del sole. Il suolo esposto al sole, invece, assorbe energia, si riscalda e propaga in vari modi questo riscaldamento anche all'atmosfera sovrastante. Come avviene dunque questa propagazione del calore verso l'alto? Per gli strati più bassi dell'atmosfera, in particolare per i primi 300-800 metri, risulta importante soprattutto l'irraggiamento, ossia la capacità di qualsiasi corpo di emettere energia sotto forma di radiazioni nell'infrarosso. Di giorno il suolo si riscalda prima dello strato di aria immediatamente sovrastante per cui il bilancio nell'infrarosso tra la radiazione ricevuta dal suolo e quella emessa dallo strato stesso risulta positivo: l'aria a contatto con il suolo si riscalda e a sua volta trasmette calore, sempre per irraggiamento, anche agli strati superiori con un processo a catena che si attenua con l'altezza, sia per il progressivo allontanamento dalla fonte di calore, sia perchè parte della radiazione viene assorbita dal vapore acqueo e dall'anidride carbonica. Di notte le parti si invertono: il suolo si raffredda più velocemente dell'aria e sottrae calore a quest'ultima producendone un raffreddamento. L'escursione termica giornaliera prodotta da questo meccanismo risulta particolarmente evidente con un cielo sereno e limpido, ossia quando è scarso il contenuto di umidità a tutte le quote, e può raggiungere anche i 10-15 gradi. In tal caso vengono esaltati sia il riscaldamento diurno che il raffreddamento notturno del suolo. All'irraggiamento si affiancano anche altre due modalità di scambio di calore fra il suolo e l'aria: i moti turbolenti ed il trasferimento legato ai processi di evaporazione e condensazione. Dai primi deriva un rimescolamento tra strati atmosferici adiacenti ad opera di moti vorticosi che si sviluppano lungo il piano verticale, favorendo così anche il trasporto di calore ora verso l'alto, ora verso il basso, a seconda dei casi. Tali vortici possono essere sia di origine meccanica, ed in tal caso limitano la loro azione allo strato superficiale (ai primi 100-200 metri), sia di origine termica quando un irregolare riscaldamento della superficie terrestre nelle ore diurne si traduce in moti convettivi più ampi che possono interessare i primi 2-4 chilometri di atmosfera. Parte dell'energia assorbita dal suolo viene spesa nell'evaporazione di acqua dalle superfici dei laghi e dei mari e dalla vegetazione. Infatti, l'evaporazione di un grammo di acqua richiede circa 600 calorie, un'energia non indifferente che può essere restituita all'ambiente in una successiva condensazione. Il vapore immesso nell'aria viene diffuso in atmosfera, soprattutto attraverso i moti convettivi, e quando raggiunge le condizioni per condensare di nuovo rilascia l'energia accumulata riscaldando l'aria. Per dare un'idea dell'entità di questo processo diciamo che la condensazione di un grammo di acqua in un metro cubo di aria al livello del mare determina un innalzamento della temperatura dello stesso volume di aria di circa due gradi e mezzo. Si può forse concludere che ogni variazione locale della temperatura è riconducibile a scambi di calore con il suolo sottostante riscaldato dal sole? Non proprio, ciò sarebbe vero solo se l'atmosfera fosse statica, ferma. L'aria è in continuo movimento, l'atmosfera è sempre sede di moti più o meno evidenti sia orizzontali che verticali. Aria fredda in arrivo dai Balcani...Correnti calde provenienti dal Nord Africa...frasi comuni nei discorsi dei meteorologi che annunciano quelle che più tecnicamente si chiamano avvenzioni calde o fredde, una sorta di vero e proprio ricambio dell'aria con conseguenze a volte anche piuttosto marcate sulla temperatura, che può innalzarsi o cadere anche di 10-15 gradi in dodici ore. L'aria, oltre a muoversi orizzontalmente, può essere animata anche da moti lungo la verticale. Nei moti discendenti l'aria incontra pressioni via via maggiori e quindi si comprime riscaldandosi, un pò come si riscalda quando la comprimiamo con uno stantuffo all'interno di una pompa per biciclette. Viceversa quando si muove verso l'alto, l'aria si espande e si raffredda. In entrambe i casi l'entità di questo riscaldamento o raffreddamento è dell'ordine di un grado centigrado ogni cento metri di quota. Queste variazioni si riflettono poi sulla temperatura dell'aria circostante e possono quindi far perdere o guadagnare qualche grado alle località dove nell'evoluzione del tempo si instaurino moti verticali. 11. Temperatura e tipo di suolo. La radiazione solare incidente al suolo viene da questo immagazzinata e quindi restituita nell'atmosfera in misura maggiore o minore a seconda della natura del terreno. A parità di energia solare ricevuta un terreno ricoperto da vegetazione si scalda meno rapidamente di un terreno roccioso. Di conseguenza l'irraggiamento notturno determina un raffreddamento più rapido dei suoli che durante il giorno hanno immagazzinato meno energia solare. Sono numerosi gli esempi in cui la diversa costituzione del suolo dà luogo a differenti riscaldamenti diurni o raffreddamenti notturni dell'aria sovrastante. I casi di maggior interesse ai fini delle condizioni meteo locali sono le differenze di temperatura che si manifestano durante il giorno fra le distese liquide e la terraferma, fra le catene montuose e le pianure, fra le montagne e le vallate. I mari, a causa della loro elevata inerzia termica, si riscaldano e si raffreddano meno velocemente della terraferma avendo immagazzinato una maggior quantità di energia solare. Sulla terraferma il riscaldamento del suolo (limitato ai primi 10-20 cm di profondità) è molto più rapido, come è altrettanto rapido il raffreddamento notturno a causa della ridotta energia immagazzinata. Le catene montuose si riscaldano più rapidamente delle pianure adiacenti, sia perchè il suolo è meno ricco di vegetazione sia perchè la radiazione solare incidente è maggiore di quella che giunge nelle zone pianeggianti. pertanto il minor calore assorbito dalle montagne durante il giorno determina un più rapido raffreddamento nelle ore notturne. Correnti ascendenti e correnti discendenti. Al di sopra del suolo più caldo, l'aria si riscalda anch'essa e tende a salire, mentre al di sopra di un suolo più freddo l'aria tende a discendere (moti convettivi). I moti convettivi sono responsabili della formazione delle nubi cumuliformi, spesso temporalesche, cha appaiono durante le ore più calde del pomeriggio. 12. Riscaldamento e raffreddamento diurno dell'aria sul mare. A differenza di quanto avviene sulla terraferma, l'assorbimento della radiazione solare da parte del mare non influenza in modo apprezzabile la sua temperatura. Pertanto, sia di giorno che di notte, anche l'aria a immediato contatto con il mare non subisce significative variazioni termiche. Sul mare, gli strati più bassi dell'atmosfera tendono ad essere stabili durante il giorno ed instabili durante la notte (temporali notturni). Sulla terraferma avviene l'esatto opposto (temporali pomeridiani). 13. La temperatura in montagna. In montagna, con condizioni di cielo sereno e vento debole, la temperatura èlegata essenzialmente all'azione dell'insolazione e del raffreddamento notturno. Di notte, l'aria più fredda, e pertanto più densa, scende dai pendii andando ad accumularsi nei fondovalle facendo riscontrare temperature minime più basse di quelle delle montagne vicine. Le montagne si riscaldano più intensamente e più rapidamente delle valli e delle pianure adiacenti. Il riscaldamento è notevole durante il periodo estivo e ciò fa si che le masse di aria fredda e relativamente umida provenienti dai quadranti settentrionali, scorrendo sopra le montagne calde, divengano molto instabili e diano luogo nelle ore pomeridiane a nuvolosità cumuliforme spesso accompagnata da rovesci anche a carattere temporalesco. 14. Riscaldamento e raffreddamento dell'aria in movimento. Una massa di aria che si sposta verso luoghi più caldi si riscalda dal basso e diviene instabile. L'instabilità sulla terraferma varia durante l'arco della giornata raggiungendo un massimo nel pomeriggio ed un minimo in corrispondenza delle prime ore della mattina. A questo proposito è utile sapere che le masse di aria fredda di origine Atlantica , giunte sul Mediterraneo, tendono a diventare instabili poichè questo mare chiuso risulta essere più caldo dell'oceano di circa 4°C. Al contrario, quando l'aria si sposta verso regioni più fredde, essa si raffredda dal basso e se non intervengono altri fattori si forma un'inversione o un'isoterma negli strati atmosferici prossimi al suolo. Questa situazione di marcata stabilità impedisce sia i moti turbolenti che quelli convettivi favorendo l'accumulo di calore e di umidità nella bassa troposfera dando spesso origine alla nebbia. Questi fenomeni si possono riscontrare sulla nostra penisola nel semestre freddo in corrispondenza degli afflussi di aria calda di estrazione africana o provenienti dalle latitudini medio basse dell'Oceano Atlantico. In questo caso, le correnti di scirocco o di libeccio che investono le nostre regioni solitamente non manifestano fenomeni di instabilità. 15. Influenza della temperatura sulla pressione atmosferica. La distribuzione orizzontale della pressione atmosferica è strettamente dipendente dall'andamento della temperatura. Nelle aree geografiche in cui il suolo è più caldo tendono a formarsi centri di bassa pressione, mentre nelle aree più fredde si instaurano centri di alta pressione. La differenza di temperatura fra aree continentali ed oceani si riflette sul campo barico. Nei mesi estivi gli oceani sono più freddi dei continenti vicini, pertanto su questi ultimi tende a formarsi, nei bassi strati, un'area di bassa pressione, mentre sugli oceani si affermano aree di alta pressione. Nella stagione invernale, invece, sui continenti si instaurano frequentemente zone di alta pressione per il fatto che la terraferma si raffredda più velocemente del mare. Questi campi di alta pressione vengono spesso spazzati via dal passaggio delle perturbazioni. Le differenze di temperatura influenzano l'andamento della pressione atmosferica anche in ambito locale. Infatti, a causa del diverso riscaldamento e raffreddamento, fra il mare e la terraferma, fra le catene montuose e le pianure, nelle zone che di giorno si riscaldano più rapidamente la pressione atmosferica diminuisce, mentre nelle zone che di notte si raffreddano più rapidamente la pressione atmosferica aumenta. 16. Temperatura ed evoluzione del tempo. La variazione locale della temperatura non è un sicuro punto di riferimento per la previsione del tempo; essa può dare qualche indicazione se viene messa in relazione con l'andamento simultaneo di altri fattori come ad esempio la pressione atmosferica, il vento e la nuvolosità. Tuttavia possono essere fatte alcune considerazioni di carattere generale. Quando la temperatura e la nuvolosità aumentano mentre la pressione diminuisce, si hanno quasi sempre condizioni di tempo perturbato persistente. Quando la temperatura diminuisce e la nuvolosità e la pressione aumentano, non si hanno generalmente precipitazioni. Un aumento della temperatura a causa di correnti meridionali è seguito da un peggioramento del tempo soltanto quando la pressione è in diminuzione. Viceversa, un abbassamento della temperatura dovuto ad afflussi di aria dai quadranti settentrionali, non da solitamente tempo perturbato. 17. La previsione della temperatura. Visto che la temperatura dell'aria varia da luogo a luogo, è difficile dare un'indicazione circa il valore assoluto che essa potrà assumere in una certa località. Tuttavia alcuni fattori consentono di stimare se la temperatura ha tendenza alla crescita o alla diminuzione. Con il cielo sereno ed in assenza di vento gli unici fattori che influenzano l'andamento termico sono l'irraggiamento del suolo e l'insolazione. In queste condizioni le temperature minime tendono ad abbassarsi raggiungendo valori inferiori alla media e quelle massime valori superiori. Gli scostamenti fra i due valori saranno tanto più grandi quanto più l'aria sarà tersa. Con cielo molto nuvoloso o coperto e con scarsa ventilazione le temperature minime tenderanno a portarsi su valori superiori alla media mentre le temperature massime su valori inferiori. Gli scostamenti fra i due valori saranno tanto più grandi quanto maggiore sarà la copertura del cielo e quanto più bassa la nuvolosità. In presenza di vento moderato o forte le variazioni di temperatura sui luoghi pianeggianti dipenderanno dagli afflussi di aria con caratteristiche termiche diverse da quelle del luogo di arrivo. Se le masse di aria provengono dai quadranti meridionali si avrà un aumento della temperatura, mentre se la loro provenienza sarà dai quadranti settentrionali si otterrà una diminuzione della temperatura. Anche il movimento delle nubi rispetto al vento al suolo o rispetto a nubi in movimento a quote diverse, può dare utili informazioni circa le variazioni termiche. Se il movimento delle nubi in quota è osservato alla sinistra di quello delle nubi più basse o del vento al suolo, si avrà una diminuzione della temperatura, viceversa si avrà il contrario. 18. Le scale utilizzate per misurare la temperatura. Scala Kelvin (°K). Nella scala Kelvin la temperatura dello zero assoluto, cioè la temperatura minima teoricamente raggiungibile, è posta a 0° K ( Kelvin) ed il punto di fusione del ghiaccio è posto a 273,15° K. L'unità di misura della scala Ke lvin è il Kelvin (K), definito come 1/273,16 dell'intervallo di temperatura fra lo zero assoluto e il punto di fusione del ghiaccio a pressione atmosferica standard. Alcuni degli altri punti fissi, misurati con il termometro a gas, sono: il punto di ebollizione dell'idrogeno (20,28° K) il punto di ebollizione dell'acqua (373,15° K) il punto di fusione dello zinco (692,73° K) il punto di fusione dello dell'oro (1 337,58 K). William Thomson, dal 1892 Lord Kelvin, Fisico e matematico irlandese (Belfast 26 giugno 1824Netherhall 17 dicembre 1907). Compì studi e ricerche in vari campi della fisica matematica e fu tra i primi fisici a sfruttare industrialmente le sue scoperte. Fece numerose scoperte nel campo della termodinamica. Introdusse la scala assoluta delle temperature, detta poi scala Kelvin. Prende il suo nome (Kelvin) l'unità di misura della temperatura nel Sistema Internazionale (SI). Fu anche uno degli iniziatori della teoria matematica dei nodi, utilizzata nella fisica moderna nelle varie teorie delle stringhe. In riconoscimento delle sue scoperte venne nominato barone Kelvin su Largs, nella contea di Ayr. Alla sua morte fu sepolto nell'abbazia di Westminster a Londra. Scala Réaumur (°R). Prima dell'adozione della scala Kelvin furono utilizzate altre scale di temperatura, la più antica delle quali, fu quella ideata nel 1731 dal fisico francese René Antoine Ferchault de Réaumur (1683-1757) in cui il punto di fusione dei ghiaccio era posto a 0°R (gradi Réaumur) e quello di ebollizione dell'acqua a 80°R. Il grado Réaumur corrisponde a 1/80 dell'intervallo di temperatura tra il punto di fusione dei ghiaccio e quello di ebollizione dell'acqua a pressione atmosferica standard. Questa scala è ormai in disuso anche se è possibile trovarla su vecchi termometri a muro di fattura francese, belga o svizzera. Scala Fahrenheit (°F). I primi termometri di una certa affidabilità furono costruiti nel 1714 dal fisico tedesco Daniel Gabriel Fahrenheit (1686-1736), il quale ideò anche una scala di temperatura che da lui prende il nome. In questa scala gli 0°F (gradi Fahrenheit) corrispondono alla temperatura alla quale coesistono in equilibrio le fasi solide, costituite da ghiaccio e cloruro di sodio (sale da cucina), e la fase liquida, costituita da una soluzione satura di detto sale in acqua, mentre 96°F corrisponde alla temperatura “no rmale” del corpo umano. Successivamente si è convenuto di fare coincidere 32°F con il punto di fusione dei ghiaccio e 212°F con quello di ebollizione dell'acqua. In base a queste ultime scelte il grado Fahrenheit (°F) è definito come 1/180 dell'intervallo di temperatura tra il punto di fusione dei ghiaccio e quello di ebollizione dell'acqua a pressione atmosferica standard. Questa scala è tuttora di uso comune in molti paesi soprattutto in quelli anglosassoni. Daniel Gabriel Fahrenheit nasce a Danzica il 23 maggio 1686. Sviluppa nel tempo una particolare abilità nell'arte di soffiare il vetro, dote che impiegherà per costruire apparecchiature scientifiche. Costruttore di strumenti scientifici oltre che commerciante, dopo aver viaggiato in Inghilterra, Germania e Francia si stabilisce e passa la maggior parte della sua vita in Olanda, dove approfondisce lo studio della fisica. Le sue pubblicazioni scientifiche sono per lo più modeste fino a quando la sua fama e la sua notorietà si diffondono nei vari paesi europei per aver inventato nel 1720 un personale sistema per la fabbricazione di termometri. Grazie alle sue scoperte viene eletto membro della Royal Society di Londra nel 1724. Gli anni seguenti serviranno allo studio e al miglioramento delle sue invenzioni; passa dall'utilizzo dell'alcool nei termometri ad un elemento più preciso (e oggi noto) il mercurio. Il suo nome è legato all'omonima scala termometrica ampiamente utilizzata nei paesi anglosassoni fino agli anni '70, ed oggi ancora ufficialmente usata negli Stati Uniti. Scala Celsius (°C). La scala Celsius, o centigrada, prende il nome dal fisico e astronomo svedese Anders Celsius che nasce a Uppsala, Svezia, il 27 novembre 1701. Il padre è professore di Astronomia presso gli istituti universitari di Uppsala. Anders Celsius si forma attraverso lo studio delle scienze matematiche e astronomiche, senza tuttavia trascurare la fisica sperimentale che tanto influirà sulle sue ricerche nel settore della termometria. Seguendo le orme del padre, Anders insegna matematica e, in seguito, astronomia a Uppsala. Negli anni compresi tra il 1732 e il 1736 compie lunghi viaggi stabilendo contatti personali con altri studiosi e osservando il funzionamento e i metodi organizzativi di vari centri di ricerche astronomiche, quali ad esempio gli Osservatori di Berlino e di Norimberga. A Parigi conosce P. L. Maupertuis ed entra a far parte del gruppo di studiosi che prepara le celebri misurazioni dell'arco di meridiano, perseguendo lo scopo di definire, in termini di osservazioni sperimentali, l'annosa polemica che vedeva schierati in campi diversi i sostenitori delle concezioni newtoniane e cartesiane sulla forma del globo terrestre. I primi sostenevano che il globo era schiacciato ai poli: le misurazioni sopra accennate avrebbero appunto confermato la validità delle tesi newtoniane. Le prime indagini concernenti l'interesse di Anders Celsius per i problemi annessi alla misurazione della temperatura risalgono al periodo 1733-1734. Nel 1733 il suo itinerario europeo tocca anche l'Italia. E proprio dall'Italia gli giungerà l'anno successivo una lettera in cui gli si chiede spiegazioni relative al modo di costruire termometri a mercurio, argomento discusso durante il viaggio italiano. Si sa inoltre che Celsius aveva già compiuto nel 1731 osservazioni barometriche e termometriche servendosi di strumenti di Hauksbee. Successivamente - come appare sempre dalla sua corrispondenza nonché da alcuni suoi appunti manoscritti - Anders Celsius si serve di un termometro costruito da Nollet conformemente al metodo proposto da R. A. de Réaumur e di un altro termometro dovuto a J. N. Delisle. Nel 1742 Celsius pubblica una famosa memoria, relativa ai problemi della termometria dove propone di utilizzare una scala centigrada riferita a due punti fissi: quello che corrisponde alla temperatura della neve in fusione e quello riferito alla temperatura dell'acqua in stato di ebollizione. Tenendo conto della dipendenza del punto di ebollizione dell'acqua dalla pressione, Celsius suggerisce di indicare con 100 la temperatura della neve, e con 0 quella dell'acqua bollente a una pressione atmosferica di 751.16 torr, fornendo altresì una regola per fissare lo zero in corrispondenza di valori differenti della pressione stessa. Un termometro dotato di tale scala rovesciata rispetto alle usuali scale centigrade era in funzione nel dicembre del 1741. Anders Celsius muore il 25 aprile 1744 nella sua città natale. Nella sua carriera di astronomo Celsius catalogò oltre 300 stelle. Con il suo assistente Olof Hiorter scoprì le basi magnetiche dell'aurora boreale. Strumenti con scala centigrada come oggi li conosciamo vennero costruiti, dopo il 1746, da Ekström, abile fabbricante di strumenti scientifici che lavorava a Stoccolma, e da Strömer. Nella scala Celsius i punti di fusione del ghiaccio e di ebollizione dell'acqua sono rispettivamente posti a 0° C e a 100°C (gradi Celsius). In realtà n ella scala originale detti valori erano inversi e cioè 100°C corrispondevano al punto di fusione dei ghiaccio e 0° quello di ebollizione dell'acqua. Il grado Celsius (°C) o centigrado è definito come 1/1 00 dell'intervallo di temperatura tra il punto di fusione dei ghiaccio e quello di ebollizione dell'acqua a pressione atmosferica standard (un grado Celsius è un intervallo di temperatura esattamente uguale a un Kelvin). Se si indicano con K, R, F e C le misure di una stessa temperatura rispettivamente nelle scale Keivin, Réaumur, Fahrenheit e Celsius esse risultano legate dalle seguenti relazioni: C = K-273,15 C = 5/4 x R C = 5/9 x (F-32) Tabella di conversione delle varie scale di temperatura. C -20 -19 -18 -17 -16 -15 -14 -13 -12 -11 -10 -9 -8 -7 -6 -5 F -4 -2,2 -0,4 1,4 3,2 5 6,8 8,6 10,4 12,2 14 15,8 17,6 19,4 21,2 23 K 253,15 254,15 255,15 256,15 257,15 258,15 259,15 260,15 261,15 262,15 263,15 264,15 265,15 266,15 267,15 268,15 R -16 -15,2 -14,4 -13,6 -12,8 -12 -11,2 -10,4 -9,6 -8,8 -8 -7,2 -6,4 -5,6 -4,8 -4 C -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 F 24,8 26,6 28,4 30,2 32 33,8 35,6 37,4 39,2 41 42,8 44,6 46,4 48,2 50 51,8 K 269,15 270,15 271,15 272,15 273,15 274,15 275,15 276,15 277,15 278,15 279,15 280,15 281,15 282,15 283,15 284,15 R -3,2 -2,4 -1,6 -0,8 0 0,8 1,6 2,4 3,2 4 4,8 5,6 6,4 7,2 8 8,8 C 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 F 53,6 55,4 57,2 59 60,8 62,6 64,4 66,2 68 69,8 71,6 73,4 75,2 77 78,8 80,6 K 285,15 286,15 287,15 288,15 289,15 290,15 291,15 292,15 293,15 294,15 295,15 296,15 297,15 298,15 299,15 300,15 R 9,6 10,4 11,2 12 12,8 13,6 14,4 15,2 16 16,8 17,6 18,4 19,2 20 20,8 21,6 C 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 F 82,4 84,2 86 87,8 89,6 91,4 93,2 95 96,8 98,6 100,4 102,2 104 105,8 107,6 109,4 K 301,15 302,15 303,15 304,15 305,15 306,15 307,15 308,15 309,15 310,15 311,15 312,15 313,15 314,15 315,15 316,15 R 22,4 23,2 24 24,8 25,6 26,4 27,2 28 28,8 29,6 30,4 31,2 32 32,8 33,6 34,4 19. Termometro La misura della temperatura, o più esattamente la misura delle differenze di temperatura, viene eseguita con il termometro. Quando allo strumento viene collegato un apparato registratore si ottiene un termografo. Le misure avvengono sempre in modo indiretto, sfruttando cioè alcuni effetti che tali variazioni producono nei corpi. Si hanno termometri a dilatazione quando la misura si ricava dalle variazioni di volume o di pressione, termometri elettrici quando si fonda sulle variazioni di resistenza elettrica, termometri magnetici quando si basa su effetti magnetici. Termometri a dilatazione. Possono essere a liquido, a gas o a solido. Il termometro a liquido sfrutta in genere la dilatazione del mercurio o dell'alcool, contenuti in un bulbo di vetro, che si prolunga in un tubo capillare graduato. Termometri particolari sono quelli di massima, in cui il tubo capillare è strozzato in vicinanza del bulbo, in modo che il liquido possa salire nel cannello, ma non ridiscendere anche se la temperatura si abbassa e il termometro di minima, munito di un'asticella che si muove con la colonna liquida (in genere alcool) e viene trascinata verso i valori bassi della graduazione quando il liquido si contrae, ma non partecipa al moto di dilatazione del liquido, in modo che si ferma anche se la temperatura risale. Per i termometri che debbono avere una pronta sensibilità e segnalare rapide mutazioni della temperatura sono preferibili bulbi cilindrici piccoli. Dando invece un grande volume al bulbo si misurano soltanto le variazioni lente della temperatura, ma lo strumento diventa più sensibile e preciso (fino al centesimo di grado nei termometri metastatici). La sensibilità del termometro a liquido varia da tipo a tipo: nel termometro di Beckmann si può giungere fino al millesimo di grado, in quelli clinici fino a 0,05°C, per quelli industriali la sensibilità è molto limitata. L'escursione teorica di un termometro a mercurio va da -38°C a +360°C (rispettivamente i punti di congelamento e di ebollizione); per le basse temperature si usa preferibilmente l'alcool e talvolta l'etere. I termometri a liquido sono soggetti a errori sistematici dovuti alla dilatazione del contenitore (di solito però questo errore viene computato nella taratura) ed alle temperature diverse delle varie parti dello strumento (per esempio solamente il bulbo dovrebbe essere immerso nell'ambiente in cui si deve misurare la temperatura). Un terzo errore, detto spostamento dello zero, deriva dalla dilatazione residua del vetro in seguito a successivi e ripetuti riscaldamenti; per questo i termometri devono essere periodicamente ricontrollati e tarati. Il termometro a gas è costituito da un bulbo, contenete di solito idrogeno o elio, connesso con un manometro a mercurio che ne regola o ne misura la pressione; le misure di temperatura si ricavano dalle variazioni di volume mantenendo fissa la pressione, o dalle variazioni di pressione mantenendo fisso il volume. La temperatura, nel caso di un gas perfetto, viene misurata nella scala assoluta fissando un punto di riferimento (punto di fusione del ghiaccio) e ricavando le altre temperature dalla legge dei gas pV= RT dove T è misurato in gradi Kelvin. Con i termometri a gas si possono misurare temperature bassissime; si può scendere sotto i 10°K (-263°C) utilizzando l'elio. Anche la dilatazione dei solidi può servire a misurare la temperatura: due lamine metalliche (per esempio l'una di rame e l'altra di zinco), saldate per tutta la loro lunghezza, si allungano in misura diversa per un aumento della temperatura e la lamina composta, risultante dalla saldatura, si incurva presentando la convessità dalla parte del metallo più dilatabile. Un indice ed un quadrante possono indicare, in gradi, la temperatura corrispondente a questa deformazione. Questi termometri a solido prendono anche il nome di termometri bimetallici. Il campo di temperature misurabili varia da 30°C a 300°C e la s ensibilità non è mai superiore a 0,5°C. Di tipo analogo è il termometro metallico di Breguet formato da un sistema ad elica di tre nastri rispettivamente d'argento, d'oro e di platino: la diversa dilatazione fa ruotare l'elica e muove un indice connesso ad una scala graduata. Termometri elettrici e magnetici. I termometri elettrici sono basati sulla variazione di resistenza elettrica connessa proporzionalmente alla variazione di temperatura; gli elementi utilizzati sono conduttori o semiconduttori connessi ad un ponte di misura elettrico. La misura si può ricavare direttamente (metodo di deviazione) in base alle indicazioni di uno strumento che segna di quanto si è squilibrato il ponte, o indirettamente (metodo dell'azzeramento) riequilibrando il ponte mediante variazione della resistenza elettrica con un cursore (dalla misura di spostamento del cursore si risale al salto di temperatura). La sensibilità dei termometri elettrici è piuttosto elevata e si aggira intorno al centesimo di grado. I termometri magnetici sfruttano il fenomeno della suscettività magnetica, che nelle sostanze paramagnetiche decresce all'aumentare della temperatura. Si misura la variazione della temperatura assoluta mediante la legge di Curie: F x T = costante Dove F e la suscettività magnetica e T è la temperatura L'umidità dell'aria 20. L'umidità dell'aria La quantità di vapore acqueo presente nell'atmosfera determina il grado di umidità dell'aria. Al pari della temperatura, l'umidità dell'aria varia da luogo a luogo e da un istante all'altro; ciò dipende dalla diversa intensità con la quale si manifestano i processi fisici preposti alla ridistribuzione nell'atmosfera del vapore acqueo liberato dalla superficie. I fenomeni tipici del tempo come le nubi, la nebbia, le precipitazioni, non possono aver luogo senza la presenza del vapore acqueo. Nella stratosfera, dove la presenza del vapore acqueo è trascurabile, il cielo è perennemente sereno. Inoltre, il vapore acqueo nell'atmosfera è il principale responsabile dell'effetto serra e quindi della diversa intensità della perdita di calore del suolo per irraggiamento (infatti sulle aree desertiche, dove l'umidità dell'aria è molto bassa, si ha una notevole escursione termica fra il giorno e la notte in cui si raggiungono temperature anche prossime allo zero). In un'ipotetica atmosfera priva di vapore acqueo la temperatura superficiale della Terra sarebbe inferiore di circa 30°C rispett o ai valori medi osservati. Anche il grado di stabilità dell'aria dipende, oltre che dal gradiente termico verticale, dal contenuto di vapore acqueo. Infatti più l'aria è umida e più intensi sono i moti verticali ascendenti presenti in aria instabile. Diciamo infine che l'umidità, assieme alla temperatura, è il principale fattore che determina il benessere o il disagio fisiologico degli esseri viventi. Un'umidità molto elevata può essere sgradevole, intollerabile o addirittura nociva, un'umidità troppo bassa può causare altrettanti inconvenienti più o meno seri. La valutazione dell'umidità dell'aria ha un particolare significato nella previsione del tempo a breve scadenza perchè permette di individuare il tipo e la provenienza della massa di aria che interessa una data località, sia perchè consente di farsi un'idea sulla possibilità di formazione di nubi e quindi di pioggia o nebbia. 21. L'evaporazione Le sorgenti principali del vapore acqueo sono le grandi distese di acqua dolce o salmastra e la traspirazione degli esseri viventi. L'intensità dell'evaporazione dipende dalla quantità di radiazione solare incidente sulla superficie terrestre. Infatti il Sole fornisce l'energia necessaria per far passare l'acqua dallo stato liquido a quello gassoso. I moti turbolenti e le correnti verticali si incaricano poi di diffondere il vapore acqueo liberato dalla superficie verso gli strati atmosferici superiori. 22. Saturazione e condensazione. Una massa di aria non può contenere vapore acqueo in quantità illimitata. Per una data temperatura esiste una quantità massima di vapore che può essere contenuta in un chilogrammo di aria (al suolo un chilogrammo di aria corrisponde ad un volume d'aria di circa 0,8 m³). Più è elevata la temperatura, maggiore è la quantità massima di vapore acqueo che l'aria può contenere. Quando questo limite viene raggiunto si ha la saturazione. Un ulteriore apporto di vapore acqueo o una diminuzione della temperatura determina la condensazione del vapore acqueo eccedente, fenomeno che si manifesta sotto forma di piccolissime goccioline delle quali sono costituite le nubi, la nebbia, la foschia o le altre idrometeore. Nella tabella successiva sono riportati alcuni valori in grammi (g) della quantità massima di vapore acqueo che può essere contenuto in 1 Kg d'aria negli strati prossimi al suolo. °C g/Kg -10 1,7 0 3,6 10 7,2 20 13,6 30 25,0 40 45,0 Generalmente la quantità di vapore acqueo nell'atmosfera è inferiore del 20-30% rispetto alla quantità massima che l'aria può contenere. 23. La misura dell'umidità L'umidità specifica (Ha) esprime quanti grammi (g) di vapore acqueo sono contenuti in un chilogrammo di aria. Questa grandezza definisce il contenuto reale di vapore all'interno di una massa di aria e mal si presta ad evidenziare la vicinanza o meno dell'aria alla saturazione e di conoscere quindi la possibilità di formazione di nubi. La temperatura di rugiada è la temperatura alla quale una porzione di aria deve essere raffreddata (senza subire variazioni di pressione o di contenuto di vapore) perchè possa divenire satura. Chiariamo questo concetto con un esempio: Si supponga che una massa d'aria alla temperatura di 20°C abbia un contenuto di vapore pari a 7,2 g/Kg di aria. Dalla tabella precedente si evince che l'aria in queste condizioni diventa satura se la si raffredda fino a 10°C. Quest'ultimo valore rappresenta la temperatura di rugiada della massa d'aria presa in considerazione. Se la temperatura di rugiada è inferiore agli 0°C, un ulteriore raffreddamento, darà luogo alla formazione di brina. L'umidità relativa (Ur) è la grandezza igrometrica che più si presta ad indicare se una massa d'aria è prossima alla saturazione perchè rappresenta il rapporto, in percentuale, fra la quantità di vapore effettivamente presente nella massa d'aria e la quantità massima di vapore che l'aria può contenere alla stessa temperatura (umidità di saturazione Hs). Facciamo ancora un esempio riconducendoci ancora alla tabella riportata in precedenza: Una massa d'aria che, a 10°C contenga 7,2 g di vapo re acqueo ha un'umidità relativa pari al 100%, poichè essendo già satura contiene il 100% della quantità massima di vapore che essa può contenere. Un'ulteriore raffreddamento porterà alla condensazione del vapore eccedente. Se invece la massa d'aria a 10°C contiene, per esem pio, solamente 4,8 g di vapore per ogni chilogrammo di aria, la sua umidità relativa Ur è data dal rapporto: Ur= [4,8 (Ha) : 7,2 (Hs)] x 100 = 66% L'umidità relativa da precise indicazioni sulla possibile saturazione dell'aria e pertanto è significativa per la previsione della nuvolosità e per la determinazione del benessere fisiologico. Strumenti di misura dell'umidità relativa. Lo psicometro è lo strumento che serve per ottenere la temperatura di rugiada. E' composta da due termometri, uno normale ed il secondo a bulbo fasciato con una garza imbevuta di acqua distillata. Quando il termometro con il bulbo avvolto nella garza bagnata viene efficacemente ventilato, la temperatura segnata comincia a diminuire fino ad un certo punto e cioè fino al momento in cui l'evaporazione dell'acqua cessa. La temperatura così raggiunta è detta temperatura del termometro bagnato. La diminuzione della temperatura è causata dall'evaporazione dell'acqua contenuta nella garza che avvolge il bulbo. Ora l'entità dell'evaporazione è in relazione alla quantità di vapore contenuto nell'aria circostante. Quando l'aria circostante è satura l'acqua della garza cesserà di evaporare. Se l'aria dovesse essere già satura la garza che avvolge il bulbo non sarà soggetta ad evaporazione ed i due termometri segneranno la stessa temperatura. FAI DA TE. Un metodo meno empirico ma che può essere utilizzato da una persona che non è in possesso di uno psicometro (credo la maggior parte di voi) per misurare la temperatura di rugiada è l'utilizzo di semplici oggetti che si possono trovare in casa: una insalatiera o zuppiera di vetro, un termometro a mercurio acqua (meglio se distillata) per riempire l'insalatiera cubetti di ghiaccio Occorre prendere l'insalatiera e riempirla di acqua distillata fino a 3/4 lasciandola per 15-20 minuti nel luogo in cui si vuole misurare la temperatura di rugiada in modo che l'acqua contenuta acquisti la stessa temperatura dell'ambiente circostante. Immergere il termometro in modo che il suo bulbo sia completamente sommerso. Ora in piccole dosi aggiungete i cubetti di ghiaccio attendendo che si sciolga. L'acqua contenuta gradualmente si raffredderà e quando sulle pareti trasparenti della zuppiera inizierà a formarsi la prima condensa, leggete il valore di temperatura del termometro ancora immerso. Questo valore corrisponde alla temperatura di rugiada dell'ambiente circostante. Gli strumenti di misura dell'umidità relativa si chiamano igroscopi quando indicano, con grossolana approssimazione, solamente lo stato di maggiore o minore umidità dell'aria; si chiamano igrometri quando ne danno anche la misura. Gli igroscopi sono basati sulle proprietà che hanno alcune sostanze di assorbire il vapore acqueo e di subire variazioni di lunghezza, torsione o curvatura. Citiamo per esempio le membrane organiche, le corde di violino, le lamine di corno o il cosiddetto osso di balena. Altri igroscopi sono fondati sulle proprietà che hanno alcuni materiali di assumere diversa colorazione a causa dell'assorbimento del vapore acqueo come ad esempio il cloruro di cobalto che, quando asciutto è di colore azzurro, mentre diventa rosa pallido se assorbe del vapore. Ora, dato che una notevole variazione di umidità è collegata alle variazioni delle condizioni atmosferiche, gli igroscopi possono essere usati utilmente come indicatori del cambiamento del tempo. Lo strumento più pratico e più largamente utilizzato per la misura dell'umidità relativa è l'igrometro a capelli basato sulle proprietà che hanno i capelli sgrassati di allungarsi quando l'umidità relativa diminuisce e di accorciarsi quando l'umidità relativa aumenta. per seguire poi le variazioni diurne dell'umidità relativa si usano degli igrometri registratori (igrografi), aventi anch'essi come elemento sensibile un ciuffetto di capelli sgrassati. In assenza di strumenti di misura, l'umidità dell'aria può essere grossolanamente stimata osservando la trasparenza dell'aria, cioè la visibilità. Minore è il contenuto di vapore acqueo, più l'aria si lascia attraversare dalla luce e quindi l'atmosfera risulta più limpida. Questo è il motivo per cui le masse di aria fredde, scarsamente umide, sono in genere associate a visibilità più elevata rispetto alle masse di aria calde. Con le masse di aria fredde e secche il cielo si presenta con colorazione blu, mentre l'aria caldo umida da al cielo la caratteristica colorazione giallogrigia. 24. Le variazioni dell'umidità. La variazione diurna dell'umidità relativa, nelle giornate soleggiate e poco ventilate, segue un andamento che è di segno opposto a quello della temperatura. Il massimo si raggiunge poco prima del sorgere del Sole ed il minimo fra le ore 13:00 e le ore 15:00. L'escursione fra il massimo ed il minimo valore è di circa il 20% in gennaio e di circa il 30% in luglio. Sul mare l'umidità relativa è sempre più alta che sulla terraferma, essendo prossima all'80%. Sempre sul mare, data la modesta escursione termica diurna, anche l'umidità relativa subisce, in assenza di tempo perturbato, una ridotta variazione. Anche la variazione annua dell'umidità ha un andamento opposto a quello della temperatura, essendo legata essenzialmente all'escursione termica media annua. Il valore medio mensile più elevato si ha di norma in dicembre e gennaio, mentre quello più basso in luglio. 25. La condensazione del vapore acqueo. La causa principale della condensazione del vapore acqueo nell'atmosfera è il raffreddamento che può essere determinato sia dalla perdita diretta di calore del suolo per irraggiamento, sia dai moti ascendenti verticali. Il raffreddamento per irraggiamento interessa gli strati adiacenti al suolo e ciò avviene quando l'intensità della radiazione infrarossa emessa dal suolo supera la quantità di calore immagazzinata per effetto della radiazione solare incidente. Quando la temperatura dell'aria si abbassa tanto da raggiungere la temperatura di rugiada, si ha la condensazione del vapore acqueo in prossimità del suolo. In questo caso si formano nubi stratiformi poco spesse o nebbie da irraggiamento. Quando la condensazione non va oltre la decina di centimetri dal suolo si avrà la formazione di rugiada o brina a seconda che la temperatura di rugiada sia o meno superiore agli 0°C. Se il suolo è coperto da manto nevoso, l'irraggiamento notturno oltre ad abbassare la temperatura, fa solidificare una parte dell'acqua fusa durante la giornata per effetto della radiazione solare. La causa principale della condensazione del vapore acqueo nell'atmosfera risiede nel raffreddamento che le masse di aria subiscono quando sono animate da moti verticali. Quando un volume d'aria si muove verso l'alto subisce un'espansione per effetto della diminuzione della pressione con l'aumentare della quota. Questa espansione determina un raffreddamento e quindi la saturazione dell'aria. Alla quota in cui l'aria diventa satura si forma la base della nube. Nella tabella riportata di seguito si possono stimare le quote alle quali possono formarsi le nubi in base alla temperatura e all'umidità relativa della massa di aria presa in considerazione. T°C U% 30 40 50 60 70 80 90 -10 -5 0 5 10 15 20 25 30 35 1.825 1.420 1.089 812 572 360 172 1.919 1.486 1.139 848 598 377 179 2.002 1.551 1.189 885 624 393 187 2.087 1.617 1.240 923 651 411 195 2.172 1.681 1.290 961 678 428 203 2.257 1.748 1.341 999 705 444 210 2.344 1.816 1.393 1.038 732 461 220 2.431 1.886 1.445 1.078 760 479 228 2.519 1.951 1.498 1.117 788 498 237 2.603 2.023 1.553 1.159 818 516 245 26. L'umidità e l'evoluzione del tempo. L'umidità è dopo il vento e la pressione atmosferica il fattore più importante per capire ed eventualmente prevedere l'evoluzione del tempo. In un'atmosfera tersa e limpida, essendo scarso il contenuto di vapore acqueo, è improbabile la formazione e lo sviluppo di nubi. Invece un cielo coperto con atmosfera tersa e limpida è tipico delle irruzioni di aria continentale polare su zone precedentemente occupate da aria umida. Infatti, l'aria fredda si incunea sotto l'aria umida relativamente più calda e la solleva violentemente. Il sollevamento forzato da origine alla condensazione del vapore acqueo a livelli molto prossimi al suolo ed alla nascita di uno strato nuvoloso compatto di nubi basse. Nel frattempo, fra la base delle nubi ed il terreno, l'aria fredda continentale affluita mantiene, a causa del suo scarso contenuto di umidità, condizioni di visibilità molto buone. Questo accade frequentemente in Pianura Padana quando l'anticiclone russo si espande fino alle Alpi Dinariche. Il cielo sereno con elevata umidità relativa al suolo viene associato alle situazioni in cui il vapore acqueo è costretto a ristagnare in prossimità del suolo, a causa della presenza di un'inversione da irraggiamento o a un'inversione per subsidenza in quota. Nelle zone poco ventilate queste situazioni, soprattutto nella stagione estiva, caratterizzano le tipiche sensazioni di caldo afoso. Il cielo molto nuvoloso, associato ad un alto tasso di umidità, è caratteristica di tutte le situazioni in cui sia in atto un afflusso di aria caldo umida dai quadranti meridionali. Questo afflusso costituisce, quasi sempre, la parte avanzante di un sistema frontale in avvicinamento. La visibilità orizzontale, in mancanza di strumenti di misura, è un'utile indicazione per valutare l'evoluzione del tempo dato che questo fattore è direttamente collegato ad una contemporanea variazione dell'umidità relativa. Nelle ore notturne e prossime all'alba, l'umidità relativa è alta e la visibilità risulta ridotta per foschie dense o per nebbie. Una diminuzione della visibilità, che non sia legata all'irraggiamento notturno, è segno che le condizioni del tempo stanno volgendo al peggioramento. Viceversa se la visibilità non subisce variazioni nel corso della giornata, o se addirittura persistono formazioni nebbiose, ciò testimonia la persistenza di un'inversione termica negli strati prossimi al suolo e quindi la presenza di aria stabile. Anche la colorazione del cielo dipende dal contenuto di vapore acqueo nell'atmosfera. Un cielo con colorazione rossa verso nord al mattino, oppure il sole che tramonta rosso dietro le nubi, o ancora la luna rossastra e circondata da un alone, sono tutti indizi di una elevata umidità relativa e di conseguenza di un probabile peggioramento del tempo. le masse di aria più instabili, e quindi maggiormente favorevoli allo sviluppo di rovesci o temporali, sono quelle fredde ed umide, mentre quelle più stabili sono le masse di aria calde e povere di vapore acqueo. Molto instabili risultano pertanto le masse di aria fredda di origine polare che interessano l'Italia dopo essersi umidificate sull'Atlantico. 27. L'umidità e il benessere fisiologico. Lo stato di benessere fisico e psichico dell'organismo umano dipende dalla temperatura, dall'umidità e dal vento. Infatti i processi di termoregolazione cutanea sono stimolati dalla temperatura e dall'umidità che producono sulle persone una sensazione soggettiva influenzata a sua volta dal vento. Limitando le considerazioni solamente alla temperatura e all'umidità, è noto che l'elevata temperatura è tanto più debilitante e difficilmente sopportabile quanto più è alto il tasso di umidità dell'aria. Un'atmosfera calda ed umida (clima afoso) impedisce il raffreddamento periferico del corpo umano attraverso la traspirazione, mentre l'aria calda e secca favorisce la rapida evaporazione con il conseguente abbassamento della temperatura corporea. Una situazione in cui si ha freddo ed umido determina uno squilibrio nel bilancio corporeo perchè il velo invisibile di acqua che si deposita sulla pelle sottrae calore all'organismo. Il vento infine mitiga la sensazione di caldo poichè induce all'aumento la traspirazione della pelle e quindi fa abbassare la temperatura corporea, aumentando però il disagio da freddo umido. Da quanto si è detto è comprensibile come l'umidità rappresenti il fattore di maggior peso sul benessere fisiologico. Molti studiosi hanno fatto indagini sui particolari valori critici temperaturaumidità oltre i quali si ha la sensazione di caldo afoso. Nella tabella successiva sono riportati i valori di umidità relativa e la temperatura superata la quale cessa lo stato di benessere e si cade nel caldo afoso. T °C 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 Umidità relativa (%) 60 65 70 75 28 28 29 29 29 30 31 31 31 32 33 34 33 34 35 36 35 36 38 39 37 39 40 42 40 41 43 46 42 44 47 49 45 48 50 53 48 51 54 58 51 55 58 55 59 59 30 26 27 28 28 29 30 32 33 35 36 37 39 41 43 45 47 49 51 35 40 45 50 55 80 85 90 26 27 27 27 28 30 30 31 27 28 28 28 29 32 33 34 28 29 29 30 30 35 36 37 29 30 30 31 32 38 39 41 30 31 32 33 34 41 43 45 31 32 33 34 36 44 47 49 33 34 35 36 38 48 51 54 34 35 37 38 40 52 55 58 35 37 39 41 43 57 60 37 39 41 43 46 39 41 43 46 48 41 43 46 49 52 43 46 49 52 55 45 48 51 55 59 47 51 54 58 50 54 57 52 57 55 60 Valore di temperatura avvertito dal corpo umano (indice di calore) Conseguenze: da 27°C a 32°C da 33°C a 40°C da 41°C a 54°C oltre i 54°C 95 31 35 38 42 47 51 57 100 32 36 40 44 49 54 60 Possibile affaticamento, crampi di calore. Forte affaticamento, difficoltà nella respirazione. Possibile colpo di calore, insolazione. Colpo di calore altamente probabile. Anche per le situazioni fredde sono stati definiti sperimentalmente, per diversi valori dell'umidità relativa, i corrispondenti valori limite di temperatura al di sotto dei quali, in assenza di ventilazione, l'organismo umano avverte disagio fisiologico. Ur% T°C 90 3,5 85 2,8 80 2,2 75 1,8 70 1,5 65 0,5 60 0 55 -0,3 50 -0,5 45 -1,5 40 -2,5 La valutazione dell'indice di calore può essere eseguita in vari modi. Nel calcolatore proposto successivamente vengono determinati tre fra i più diffusi indici, che forniscono risultati anche significativamente diversi, in quanto il calcolo è basato su ipotesi e modelli differenti: Heat Index / Apparent Temperature (Steadman, 1979) Summer Simmer Index (Pepi, 1987) Humidex (introdotto originariamente in Canada, 1965) Tutti rappresentano comunque una temperatura, si misurano in gradi Centigradi (o Fahrenheit nei paesi anglosassoni) e vengono calcolati con formule semi-empiriche non applicabili in modo generalizzato. Per esempio, la formula usata, si applica solo nel caso in cui la temperatura è superiore ai 27°C e l'umidità relativa superiore al 40%. Per temperature inferiori ai 25 °C o umidità poco elevata (sotto il 30%) si può ritenere che l'indice di calore coincida con la temperatura effettiva. Il vento Il vento è lo spostamento orizzontale dell'aria causato dalla differenza di pressione atmosferica esistente fra zone adiacenti, differenza che a sua volta è causata dall'ineguale distribuzione del calore sulla superficie terrestre. L'importanza del vento per quanto riguarda le condizioni atmosferiche risiede nel fatto che le grandi perturbazioni, collegate ai centri di bassa pressione che si formano intorno alle latitudini comprese fra 50 e 60° dovute al conflitto di masse d'aria polari, si muovono in seno alle correnti d'aria occidentali con direzione e velocità determinate essenzialmente dal vento. La direzione di provenienza del vento da utili informazioni sulle caratteristiche delle masse di aria in arrivo e quindi sui fenomeni atmosferici, sulle variazioni della temperatura e sulla quantità di umidità che possono manifestarsi. 28. La misura del vento. Lo strumento per misurare la velocità del vento è chiamato anemometro (dal greco anemos= vento e metron= misura). E' costituito essenzialmente in una girandola a palette o a semisfere cave oppure in un'elichetta. Le unità di misura che si utilizzano per la misurazione del vento sono: il metro al secondo (m/sec), il chilometro orario (Km/h), il nodo (knot) Per passare da un'unità di misura all'atra si può far uso di semplici relazioni e cioè: 1 nodo = 1,8 Km/h = 0,5 metri/secondo. 1 metro al secondo = 2 nodi = 3,6 Km/h. 1 Km/h = 0,56 nodi = 0,28 metri/secondo. In assenza di strumenti per la sua misurazione, la velocità del vento può essere stimata osservando gli effetti che esso produce sugli alberi, sul fumo dei camini, sul pelo libero dell'acqua. Questi effetti sono codificati convenzionalmente un una scala messa a punto nel 1806 dall'ammiraglio inglese Francis Beaufort. Grado Beaufort Velocità equivalente in * Termini descrittivi Nodi Km/h m/sec Grado Douglas 0 Calma < di 1 < di 1 < di 0,2 0 1 Bava di vento 1-3 1-5 0,3 - 1,5 1 2 Brezza leggera 4-6 6 - 11 1,6 - 3,3 2 3 Brezza tesa 7 - 10 12 -19 3,4 - 5,4 2 4 Vento moderato 11 - 16 20 - 28 5,5 - 7,9 3 5 Vento teso 17 - 21 29 - 38 8,0 - 10,7 4 6 Vento fresco 22 - 27 39 - 49 10,8 - 13,8 5 7 Vento forte 28 - 33 50 - 61 13,9 - 17,1 6 8 Burrasca 34 - 40 62 - 74 17,2 - 20,7 7 9 Burrasca forte 41 - 47 75 - 88 20,8 - 24,4 7 10 Tempesta 48 - 55 89 - 102 24,5 - 28,4 8 11 Tempesta violenta 56 - 63 103 - 117 28,5 - 32,6 9 12 Uragano 64 Oltre 118 e Oltre 32,7 e Oltre 9 * Riferito ad un anemometro sito a 10 metri d'altezza sul livello del mare La pressione esercitata su una superficie esposta normalmente al vento può essere espressa dalla semplice relazione P=1/2 QV² dove P è la pressione in Kg/m² Q è la densità dell'aria pari, in condizioni standard, a 0,132 Kg/m³ V è la velocità dell'aria in metri al secondo. Esempio: un vento a 10 metri al secondo esercita una pressione di 106 Kg/m². Grado Beaufort 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Sul mare al largo Il mare è calmo come uno specchio Si formano increspature che sembrano squame di pesce, ma senza alcuna cresta bianca di schiuma Ondicelle minute ancora corte ma ben evidenti. Le loro creste hanno un aspetto vitreo ma non si rompono Ondicelle grosse le cui creste cominciano a rompersi. La schiuma ha apparenza vitrea. Talvolta si osservano qua e la delle pecorelle dalla cresta biancheggiante di schiuma Onde piccole che cominciano ad allungarsi. Le pecorelle sono più frequenti Onde moderate che assumono una forma nettamente più allungata. Si formano molte pecorelle. Possibilità di qualche spruzzo Cominciano a formarsi onde grosse. Le creste di schiuma bianca sono ovunque più estese. Molto probabile qualche spruzzo Il mare si ingrossa. La schiuma bianca che si forma al rompersi delle onde comincia ad essere soffiata in strisce lungo la direzione del vento Onde moderatamente alte e di maggiore lunghezza. La sommità delle loro creste inizia a rompersi in spruzzi vorticosi risucchiati dal vento. Onde alte. Dense strisce di schiuma nel letto del vento. Le creste delle onde iniziano a vacillare e a precipitare rotolando. Gli spruzzi possono ridurre la visibilità Onde molto alte sovrastate da lunghe creste. Nel suo insieme il mare appare biancastro. Il precipitare rotolando delle onde diventa intenso e molto violento. La visibilità è ridotta Onde eccezionalmente alte. Il mare è completamente coperto di schiuma. Ovunque la sommità delle creste delle onde è polverizzata dal vento. La visibilità è ridotta L'aria è piena di schiuma e di spruzzi. Il mare è completamente bianco a causa dei banchi di schiuma alla deriva. La visibilità è fortemente ridotta o nulla. In costa (riferito alle barche a vela) A terra Le imbarcazioni non governano Il fumo si innalza Le imbarcazioni hanno appena un pò di abbrivio La direzione del vento è indicata dal fumo, ma non dalle banderuole Il vento gonfia le vele delle imbarcazioni che filano circa 1-2 nodi Il vento è percettibile al volto. Le foglie tremolano Le imbarcazioni cominciano a sbandare e filano a circa 3-4 nodi Agita le foglie ed i rami più piccoli, spiega le bandiere più leggere Le imbarcazioni portano tutte le vele con una Solleva polvere e pezzi di carta buona inclinazione Le imbarcazioni riducono la loro velatura Gli arbusti del fogliame iniziano ad ondeggiare Le imbarcazioni prendono due mani di terzaroli alla vela maestra Agita i rami grossi. I fili metallici sibilano. Difficoltoso l'uso dell'ombrello Le imbarcazioni rimangono in porto. Quelle in Agita interi alberi. Si ha difficoltà a camminare mare si mettono alla cappa, se possibile contro vento raggiungono un ridosso Tutte le imbarcazioni dirigono verso il porto più vicino Rompe rami di alberi. E' quasi impossibile camminare contro vento - Causa danni leggeri ai fabbricati (grondaie, tegole e camini) - Raro in terraferma sradica gli alberi e causa notevoli danni ai fabbricati - Devastazioni - Devastazioni Per ottenere indicazioni esatte circa le correnti effettivamente presenti negli strati prossimi al suolo, le misurazioni devono essere fatte lontano da ostacoli che possono deformare o modificare il flusso aereo. Se il terreno è pianeggiante e privo di ostacoli, il vento è comunemente misurato ad un'altezza di circa 10 metri. 29. Direzione del vento. Oltre alla velocità è necessario anche conoscere la direzione di provenienza del vento. A questo scopo vengono utilizzati gli anemoscopi, dal greco anemos= vento e skopeo= osservo, costituiti di leggere banderuole metalliche imperniate su un asse che passa per il loro centro di gravità. La direzione di provenienza del vento può essere espressa mediante l'angolo formato con il Nord geografico e contato in senso orario: Nord Nord Est 0° - 45° NNE Nord Est Grecale NE 45° Est Nord Est 45°-90° ENE Est Levante E 90° Est Sud Est 90°-135° ESE Sud Est Scirocco SE 135° Sud Sud Est 135°-180° SSE Sud Ostro (mezzogiorno) 180° S Su Sud Ovest SSW 180°-225° Libeccio Sud Ovest 225° SW Ovest Sud Ovest WSW 225°-270° Ovest Ponente W 270° Ovest Nord Ovest 270°-315° WNW Nord Ovest Maestrale NW 315° Nord Nord Ovest NNW 315°360° Tramontana Nord 360° N Il simbolo utilizzato per indicare sulle carte la direzione e la forza del vento consiste in una freccia orientata secondo la direzione del vento e in trattini (barbe o cocche) aggiunti sulla sinistra indicanti la velocità. Simbolo Km/h Nodi calma calma 1-5 1-3 6-13 4-7 14-22 8-12 23-31 13-17 32-40 18-22 86-94 46-51 192-198 104-107 In maniera meno precisa la direzione del vento può essere espressa con i punti cardinali e intercardinali della Rosa dei Venti. Gli antichi avevano posizionato il centro della Rosa dei Venti in corrispondenza del basso Ionio associando ad ogni punto cardinale ed intercardinale il nome di un vento in base alla sua regione di provenienza. Si avrà pertanto che i punti cardinali avranno associato: North = La Tramontana ha origini antiche, è un vento freddo generalmente secco e piuttosto forte che soffia da Nord verso Sud. Può raggiungere velocità di 60 Km/h ed è generalmente portatore di bel tempo. Scavalcando le Alpi e saltando il nord Italia esce fra i monti dell'Appennino e giunge secco sull'Italia centrale. E' quasi sempre il prolungamento del Maestrale, della Bora o del Foehn. North-East = Il Grecale è un forte vento proveniente da nord est tipico del versante ionico e delle coste orientali della Sicilia. Spira con maggior frequenza nel periodo invernale ed è generato dall'azione concomitante di alte pressioni sui Balcani e di basse pressioni in movimento dal basso Tirreno verso sud est. Può raggiungere estrema violenza e persistere per più giorni. Nel Golfo del Leone è chiamato Gregal e, nelle Baleari, di Guergal a tutti i venti forti e freddi provenienti da nord est. Questi venti sono imputabili a situazioni meteorologiche diverse da quelle che fanno stabilire il nostro Grecale. East = Il Levante è il vento proveniente dai Balcani. D'inverno ha lontane origini russo siberiane ed è per l'Italia la corrente di aria più fredda in assoluto. D'estate è al contrario un vento torrido proveniente sempre dall'infuocata penisola balcanica. South-East = Lo Scirocco condiziona il tempo del Mediterraneo meridionale. E' originato dagli afflussi di aria di origine africana e si stabilisce in presenza di bassa pressione situata sulla Tunisia- Canale di Sicilia, oppure sul Mediterraneo nord occidentale. Spira da sud est ed in origine è un vento caldo e secco poichè proviene dal deserto. Ma passando sul mare si carica di umidità ed arriva sulle coste italiane come un vento umido e foriero di piogge. Può soffiare con violenza sullo Ionio e sul basso e medio mare Adriatico quando il centro depressionario si sposta verso la Sicilia. Infatti la configurazione del bacino adriatico, la cui maggiore lunghezza è secondo la direzione del vento, favorisce anche l'incanalamento di quelle correnti aeree che non hanno esattamente quella direzione. Alla sua azione, in periodo di alta marea, è legato il fenomeno dell'acqua alta a Venezia. Lo Scirocco può instaurarsi in tutte le stagioni ma la sua massima frequenza si osserva in primavera (sfruttato dalle rondini per riuscire ad attraversare il Mediterraneo) ed in autunno. Lo Scirocco può essere anticiclonico quando è asciutto e chiaro ed associato alla presenza sul Mediterraneo di una profonda depressione a ovest o nord ovest e di un'alta pressione ad est o sud est. In queste condizioni lo Scirocco soffia con direzione costante sull'Adriatico, dura molti giorni e solleva mare grosso. Lo Scirocco ciclonico invece è caratterizzato da un forte vento, cielo nuvoloso, nebbia e pioggia intermittente. Si instaura quando una profonda depressione, proveniente dal Mediterraneo occidentale o dall'Africa settentrionale si avvicina ai mari occidentali italiani. Nei bacini occidentali lo Scirocco è talvolta appena avvertito e soffia solamente come vento foraneo nelle ore calde della giornata. Quando lo stesso vento spira lungo la costa libica è chiamato Ghibli. South = Ostro, vento caldo ed umido che spira da sud. South-West= Il Libeccio (africo per i latini) proviene da sud ovest ed è molto frequente nei bacini occidentali dove fa sentire i suoi effetti fin nel Golfo di Genova. Essendo strettamente legato alle depressioni che si formano sul Mediterraneo occidentale può instaurarsi anche improvvisamente con estrema violenza ed elevato fattore di turbolenza. All'insieme dei fenomeni che accompagnano questi parossismi, le cui conseguenze talvolta sono molto gravi e si fanno sentire soprattutto sulle coste tirreniche, si da il nome di libecciata. In Adriatico il Libeccio è un vento sporadico e d'estate può durare solamente qualche ora. West= Il Ponente è un vento fresco che spira da Ovest sinonimo e sintomo di instabilità. E' il vento che insegue le veloci perturbazioni provenienti dall'Atlantico delle nostre latitudini. North-West= Maestrale è chiamato Mistral nel Golfo del Leone e adiacenze, proviene da nord ovest ed attraverso la valle del Rodano si precipita nel Golfo del Leone acquistando velocità e secchezza. Insieme con la Bora è il vento che assume le maggiori velocità. Può instaurarsi in tutte le stagioni pur essendo più frequente in primavera ed in inverno. A Marsiglia raggiunge spesso forza 9 con raffiche che superano i 100 Km/h. Si forma quando nel Golfo del Leone o a sud est di esso si stabilisce una depressione e contemporaneamente si ha un' alta pressione dal Golfo di Guascogna alle Alpi. Può durare da poche ore fino a tre o quattro giorni apportando bel tempo e nuvolosità irregolare che però invade completamente il cielo. Lo stesso vento sulle coste settentrionali della Sardegna, della Sicilia e su quelle tirreniche è il nostro Maestrale che, pur avendo le stesse caratteristiche del Mistral, non è altrettanto violento. I fortunali da nord ovest sul mare Adriatico sono di breve durata ed hanno maggiore violenza e persistenza nel Canale d'Otranto dove producono una forte agitazione del mare. (nella Figura soprastante vengono identificate i nomi delle aree del mediterraneo così come riportate anche dal Bollettino Meteo degli avvisi ai naviganti) La circolazione atmosferica sul Mediterraneo è determinata dall'azione combinata o isolata di alcune configurazioni bariche. Da maggio a settembre si afferma solitamente un promontorio di alta pressione collegato all'anticiclone delle Azzorre all'interno del quale i gradienti barici sono modesti. Tuttavia all'inizio ed alla fine del periodo questo promontorio frequentemente si ritira consentendo l'ingresso nel bacino del Mediterraneo di aria fredda proveniente dall'Atlantico settentrionale la quale da luogo ad estese manifestazioni temporalesche. Da ottobre ad aprile il Mediterraneo viene a trovarsi in una zona di sella limitata: nel senso sudovest- nordest dall'anticiclone delle Azzorre (A2), dall'anticiclone Russo (A1) nel senso nordovest- sudest, dalla depressione permanente d'Islanda (B1) e dalla depressione del Sahara (B2). La prevalenza di uno dei suddetti centri di azione da luogo sul Mediterraneo ai venti caratteristici che soffiano su zone ben delimitate. Questi venti, oltre a quelli citati in precedenza nella Rosa dei Venti, sono la Bora ed il Foehn. La Bora è un vento discendente (catabatico) che proviene da est-nordest. E' tipica delle regioni carsiche e, attraverso la porta della Bora (Trieste), si riversa sul Mare Adriatico settentrionale con raffiche violente che possono anche superare abbondantemente i 100 chilometri orari. Si distingue in Bora chiara e Bora scura. La prima è quella che ha maggiore velocità e apporta temperatura più rigida e cieli sereni. La Bora chiara, detta anche anticiclonica, si stabilisce quando sull'Europa centro-orientale viene a trovarsi un anticiclone digradante verso l'Adriatico, senza che si formi su questo mare una depressione. Si cioè uno scivolamento di aria fredda verso zone con temperature più elevate. La Bora scura si manifesta quando una zona di alta pressione risiede sull'Europa centrale, mentre sull'Italia c'è bassa pressione. La Bora scura è accompagnata da cielo nuvoloso ed è meno violenta della Bora chiara ma, mentre quest'ultima è limitata alle coste dell'alto adriatico, la Bora scura può soffiare con violenza fin sulle coste orientali dell'Italia centrale. Il Foehn (in italiano Favonio dal latino favonius, favère, far crescere) è un vento relativamente caldo e molto asciutto che, attraverso le vallate alpine, discende con irruenza verso la Pianura Padana e da qui, valicati i modesti contrafforti dell'Appennino settentrionale, si spinge anche sulle coste dell'alta Toscana. Il Foehn si origina in concomitanza con forti venti settentrionali di aria fredda provenienti dall'Atlantico settentrionale e convogliati contro l'arco alpino. In tali situazioni, l'accumulazione di masse di aria sopravvento alla catena delle Alpi fa aumentare la pressione atmosferica mentre nel lato sottovento si origina una profonda depressione. Quando soffia il Foehn la temperatura subisce un rapido e sensibile aumento, mentre l'aria diviene limpida; le nubi sono assenti, a parte quelle di tipo lenticolare, quasi sempre isolate e con i bordi frastagliati (altocumuli). Il Foehn soffia prevalentemente d'inverno e in primavera con una frequenza molto variabile. Le regioni più interessate dal Foehn sono l'alta Lombardia e il Piemonte in cui si registrano mediamente una decina di giornate all'anno (anche 40 giorni se si considerano i micro Foehn della durata di poche ore). Alla confluenza delle vallate alpine con la Pianura Padana il Foehn può superare la velocità di 100 km/h. Il manifestarsi di questo fenomeno produce, durante la stagione invernale e primaverile, il distacco di valanghe, a causa del repentino aumento della temperatura. Presupposto per la genesi del Foehn e di altri venti analoghi cosiddetti discendenti è la presenza di catene montuose piuttosto elevate. Vediamo in concreto che cosa accade. Un vento che spira in direzione perpendicolare rispetto ad una catena montuosa quando impatta con quest'ultima è costretto a sollevarsi salendo fin sulle creste da dove poi ridiscende a valle sul versante opposto. Durante la salita la temperatura dell'aria diminuisce per raffreddamento adiabatico mediamente di un 1°C ogni 100 m. Nell'aria in ascesa è present e vapore acqueo che, con il raffreddamento, condensa formando in questo modo nuvole e precipitazioni sul versante sotto vento (Stau). Durante questo fenomeno si libera calore latente di condensazione, che riscalda l'aria e quindi il raffreddamento adiabatico si riduce a circa 0.5 / 0.61°C ogni 100 metri di salita. Durante la discesa (sul versante sottovento) avviene un riscaldamento progressivo, in media di 1°C ogni 100 metri di perdita di quota dovuto al pr ocesso di compressione adiabatica. Riassumiamo: o raffreddamento adiabatico con perdita di 1°C ogni 100 metri fino al raggiungimento della quota di saturazione, quota alla quale per effetto del raffreddamento la massa di aria raggiunge il suo punto di saturazione o punto di rugiada condensando sotto forma di pioggia il vapore acqueo in essa contenuto. o dalla quota corrispondente al punto di rugiada fino alla sommità della catena montuosa si avrà una perdita di circa 0,5°C ogni 100 metri. o sul versante opposto riscaldamento di 1°C ogni 100 metri di caduta per riscaldamento adiabatico. Facciamo un esempio immaginando: un rilievo montuoso alto 1.500 metri. la temperature dell'aria nel versante sotto vento pari a 18°C l'umidità relativa dell'aria nel versante sotto vento pari al 90% il punto di saturazione dell'aria ad una temperatura di 13°C pari a circa 500 metri di altitudine. Durante il superamento della catena montuosa si ha una fase di sollevamento forzato ed una di successiva discesa come si vede nella figura sopra riportata. L'aria ad una temperatura di 18°C salendo si raffre dda perdendo 1°C ogni 100 metri di quota raggiungendo la temperatura di saturazione intorno ai 500 metri (adiabatica secca). Nei successivi 1.000 metri il vapore acqueo condensa trasformandosi in pioggia e rilasciando calore latente di condensazione che fa perdere all'aria solamente 0,5°C ogni cento metri di quota (adiabatica satura). L'aria arriverà in cima alla catena montuosa ad una temperatura di circa 8°C perdendo 8°C rispetto alla temperatura che aveva a fondovalle. Scendendo il versante sotto vento, ormai meno umida, l'aria si riscalda di 1°C ogni 100 metri di caduta (adiabatica secca) raggiungendo il fondo ad una temperatura di circa 23°C, avendo guadagnato circa 15°C, ed un'umidità relativa pari al 40%. Ecco spiegato come un vento settentrionale, che in origine è fresco ed umido, riesce a riscaldare il versante alpino italiano portando giornate secche, miti e con cielo terso fin nel cuore della Pianura Padana. Su scala planetaria altri venti variabili o locali cioè che soffiano irregolarmente nelle zone temperate quando si vengono a formare aree cicloniche o anticicloniche sono: Bise. Vento freddo e secco proveniente da Nord o nord-est che interessa le zone montuose della Francia meridionale, soprattutto in inverno e con situazione di alta pressione sul Nord Europa. Blizzard. Sono venti di tempesta associati ad irruzione di aria di origine artica sul Nord America. Portano quasi sempre neve. Chamsin (dall'arabo khamasin, 50). Vento caldo e secco che spira sul delta del Nilo da aprile a giugno. Dura da 3 a 5 giorni. Chergui. Vento proveniente da Est caldo e secco che spira sul Marocco in primavera ed estate. Chinook (dal nome di una tribù pellerossa del nord-ovest degli Usa). Vento caldo e asciutto che soffia da nord-ovest, sulle Montagne Rocciose (USA), prevalentemente in primavera e in autunno. Etesiens Vento relativamente fresco che spira da nord sull’Egeo in Estate. Ghibli (dall'arabo qibli, meridionale). Vento del deserto, molto caldo e carico di sabbia, che soffia per circa trenta giorni l'anno sui territori della Tunisia, della Libia e dell'Egitto. Harmattan (dal sudanese haameta'n). Vento caldo e secco, molto violento che spira sui territori dell'Africa Occidentale. Proviene da nord-ovest, in inverno e in primavera. Levantes Vento caldo che spira in Estate da est sulla zona di Gibilterra. Il vento contrario proveniente da ovest, cioè dall’Atlantico, viene chiamato Vendeval, e può giungere come vento di sud-ovest sino alle Baleari. Marin. Vento di sud-ovest che investe nella stagione invernale la costa meridionale tra Francia e Spagna Meltem. Vento fresco da nord-est o nord, che spira nella stagione estiva sul Bosforo e sul mar Egeo (è il nome turco del vento Etesiens). Norther. Vento da Nord che spira in Cile nella stagione fredda accompagnato da pioggia. Pampero (da pampa). Vento freddo e umido che spira da ovest, tra luglio e settembre, soprattutto sul Rio de la Plata (Argentina). Papagayo. Vento forte che spira nei mesi freddi da NE nei mari delle Grandi Antille (Costa Rica). Shamal. Vento che spira nel Golfo Persico proveniente da NW, associato ad aria secca con sospensione di sabbia del deserto, talvolta accompagnato da temporali. Vendeval. Vento contrario al Levante che spira da ovest sulla zona di Gibilterra, può giungere come vento di sud-ovest fino ai Balcani. 30. Il vento e la pressione atmosferica. Se si riportano su una carta geografica le posizioni delle stazioni meteorologiche che misurano la pressione atmosferica e se accanto ad ognuna si annota la pressione ridotta al livello del mare, si può stabilire dove la pressione è alta e dove la pressione è bassa. Se poi si uniscono i punti di una zona più o meno vasta dove la pressione è uguale con delle linee chiamate isobare (dal greco isos= uguale e baros= peso)si definisce lo stato del tempo nella zona stessa. Nelle zone di bassa pressione, sulle carte indicate con la lettera B oppure L (lower), le isobare sono rappresentate con linee ellittiche piuttosto regolari e la pressione atmosferica diminuisce dalla periferia verso il centro. Nelle zone di alta pressione, sulle carte indicate con la lettera A oppure H (hight), le isobare sono meno regolari e la pressione cresce dalla periferia verso il centro. Nelle alte pressioni, il cui diametro può superare i 3.000 Km, la pressione atmosferica si aggira fra i 1.020 ed i 1.030 hPa, il cielo si presenta di solito sereno ed il vento, poco intenso, circola in senso orario. Nelle basse pressioni, il cui diametro non va oltre le poche centinaia di chilometri, la pressione atmosferica è raramente inferiore ai 980 hPa, il vento è molto intenso e vi circola in senso antiorario. Questo ha validità per l'emisfero boreale, nell'emisfero australe vale l'esatto contrario, il senso di circolazione del vento è invertito. Gradiente barico orizzontale. la dinamica dell'atmosfera obbedisce a principi relativamente semplici secondo i quali la differenza di pressione tra due punti di un fluido situati sullo stesso piano orizzontale genera una spinta che fa muovere il fluido dal punto in cui la pressione è più alta verso il punto in cui la pressione è più bassa. L'aria tende quindi a spostarsi dai centri di alta pressione verso i centri di bassa pressione con una velocità direttamente proporzionale alla differenza di pressione esistente fra le due zone ed inversamente proporzionale alla loro distanza. Si chiama gradiente barico orizzontale il rapporto fra la differenza di pressione di due isobare e la loro distanza. Consideriamo due isobare Pa e Pb distanti fra loro di una quantità pari a L, aventi una differenza di pressione Pa-Pb. Visto che le particelle di aria tendono a spostarsi da Pa verso Pb è ovvio che quanto più ravvicinate cono le isobare tanto più veloce sarà il movimento dell'aria. Gradiente barico orizzontale= (Pa-Pb) : L Come unità di misura del gradiente si sceglie l'ettopascal sulla distanza di 1° di latitudine cioè pari a 111 Km. Facciamo un esempio ed ammettiamo che fra due punti distanti 222 Km, cioè due unità di lunghezza di 111 Km, la differenza di pressione sia 4 hPa, il valore numerico del gradiente sarà: 4:2 = 2. Un gradiente normale è di solito inferiore a 2. Gradienti che superano il valore di 4 o 5 denotano venti molto violenti. Dalla lettura delle carte meteorologiche si può avere un'idea della velocità del vento in una determinata zona: più le isobare sono ravvicinate maggiore sarà la velocità del vento. La Forza di Coriolis (matematico francese che fu il primo a dimostrare nel 1804 gli effetti del fenomeno). Per effetto delle differenze di pressione, le particelle d'aria dovrebbero muoversi perpendicolarmente alle isobare seguendo cioè la via più breve. Sennonchè altre forze, in apparenza debolissime, agiscono in modo da far discostare le particelle d'aria dalla traiettoria sopra citata. La forza principale che entra in gioco è la forza di Coriolis, altrimenti detta forza deviante. A causa della rotazione della Terra, il piano orizzontale di un osservatore ruota attorno ad un asse verticale con un movimento massimo ai Poli e nullo in corrispondenza dell'equatore. Se nell'emisfero boreale un oggetto mobile si sposta da 0 verso un punto terrestre situato in P il mobile si dirige, rispetto allo spazio, in linea retta verso P che però raggiunge nel momento in cui il punto P, trascinato dalla rotazione terrestre, si troverà in P1. Il moto del mobile da 0 in P, rispetto alla Terra, non sarà rettilineo ma descriverà una curva. Questa forza che, nell'emisfero settentrionale, fa deviare ogni cosa mobile verso la destra del proprio movimento, relativamente ad un osservatore che si trovi sulla superficie terrestre, si chiama appunto forza di Coriolis. Legge di Buys-Ballot. (Christoph Hendrik Buys Ballot 1817-1890- Meteorologo olandese). Se la direzione del vento non è modificata da ostacoli posti nelle dirette vicinanze dell'osservatore, ponendo le spalle al vento che soffia nei bassi strati si può risalire all'ubicazione dei centri di alta e bassa pressione responsabili del vento osservato. Nell'emisfero nord il centro di bassa pressione si trova alla sinistra leggermente spostato in avanti dell'osservatore, mentre il centro di alta pressione si trova a destra leggermente spostato indietro. Nell'emisfero sud le direzioni sono invertite. Interessante potrebbe anche essere sapere che il vento delle quote superiori guida il cammino delle nubi alte, come quello degli strati bassi atmosferici pilota il fumo dei camini, fa sventolare le bandiere e muove i cumuli e gli strato cumuli. Attraverso l'osservazione dei segnali (nubi, bandiere e fumi) si può distinguere il cammino del vento superiore dal cammino di quello inferiore. Una regola empirica per eseguire una previsione sul tempo potrebbe essere questa. Volgendo le spalle al vento inferiore, si osservi (attraverso lo spostamento dei cirri) la direzione del vento superiore. Se le nubi provengono dalla nostra sinistra, il tempo volge ad un peggioramento, mentre se le nubi provengono dalla nostra destra è previsto un miglioramento. 31. Il vento e la temperatura. Il vento e la temperatura sono strettamente legati dal fatto che il primo dei due è il principale responsabile delle variazioni locali della temperatura, mentre la diversa distribuzione orizzontale della temperatura è la causa indiretta dello spostamento delle masse di aria. Abbiamo già viste che dove il suolo è maggiormente riscaldato, il conseguente sollevamento dell'aria più calda da origine agli strati adiacenti al suolo, un centro di bassa pressione, mentre sopra alle zone interessate da un raffreddamento tende a formarsi un centro di alta pressione. Queste differenze bariche provocate dal diverso riscaldamento, o raffreddamento, danno origine a venti diretti inizialmente dalle alte verso le basse pressioni. Successivamente i venti subiscono una deviazione verso destre, nel nostro emisfero, per l'azione della forza di Coriolis o forza deviante. Per lo stesso motivo la circolazione generale dell'atmosfera è determinata indirettamente dal diverso riscaldamento fra i Poli e l'Equatore, mentre su scala più ristretta, altri venti come i Monsoni, sono originati dal diverso riscaldamento dei continenti rispetto agli oceani vicini. I venti locali di origine termica si sovrappongono al vento causato dalle differenze bariche modificandone l'intensità e la direzione. Nella stagione estiva, in condizioni di alta pressione, i venti legati alla circolazione su vasta scala sono piuttosto deboli e pertanto vengono sostituiti dalle brezze che diventano i veri venti dominanti. 32. Le brezze. Brezza di mare. Durante il giorno, sotto l'azione della radiazione solare, la terra si riscalda più del mare adiacente e pertanto, sulla terra, si origina un'area di bassa pressione, mentre l'aria più fredda che sovrasta il mare acquista una pressione leggermente superiore. A causa di questa differenza di pressione si genera uno spostamento di aria, negli strati prossimi al suolo, dal mare verso la terraferma, mentre negli strati atmosferici immediatamente superiori le correnti seguono il percorso inverso. Sulle coste italiane la brezza di mare si fa sentire da aprile a settembre mentre è poco frequente nel periodo invernale a causa della modesta differenza di temperatura fra il mare e la terraferma. Anche in una giornata in cui il cielo è coperto la brezza è molto debole o spesso nulla. La brezza di mare si origina nelle immediate vicinanze delle coste ed il suo sviluppo è preannunciato da improvvise raffiche (mai superiori ai 10 nodi) e dalla altrettanto improvvisa rotazione del vento verso la costa, preceduta da una fase di calma o di venti variabili. L'arrivo della brezza di mare sulla terraferma è segnalato da un aumento della velocità del vento e da un repentino abbassamento della temperatura. La velocità massima, anche di 8-10 nodi, viene raggiunta nelle ore pomeridiane quando la differenza termica fra il mare e la terraferma raggiunge il suo apice. La distanza dalla costa verso l'entroterra alla quale questi venti si propagano non supera solitamente i 40 Km; verso il largo la loro estensione è ancora minore. Il fronte di avanzata della brezza di mare verso la costa è spesso manifestata da una fila di cumuli di bel tempo disposti parallelamente fra loro. Nel tardo pomeriggio si calma il vento. Le brezze di mare si instaurano sotto costa attorno alle 10 del mattino ma se c'è vento contrario da terra ritardano e possono manifestarsi solamente per qualche ora dal tardo pomeriggio. Se il vento contrario da terra è superiore agli 8-10 nodi è poco probabile che la brezza di mare riesca ad instaurarsi. In questo caso l'effetto della brezza di mare si manifesta indirettamente con la graduale diminuzione della velocità del vento proveniente dall'entroterra nel corso della giornata. Se in condizioni di cielo sereno e venti deboli la brezza di mare non si sviluppa significa che l'atmosfera è instabile per la presenza nei bassi strati di un'inversione termica da subsidenza che impedisce, sulla terraferma, il movimento verticale delle correnti convettive. Nella sua fase iniziale, quando il vento è ancora debole, la brezza di mare ha una direzione perpendicolare alla costa. Successivamente, con l'aumentare della velocità, tende ad orientarsi, nel nostro emisfero, verso la destra del proprio movimento, finchè nel tardo pomeriggio soffia quasi parallela alla costa. A causa del maggiore attrito incontrato dal vento nel passare dal mare alla terraferma, le brezze di mare risultano più deboli sulla terra che sul mare, mentre l'accumulo di aria nelle immediate vicinanze della costa ne fa aumentare la velocità. La Brezza di terra trae le sue origini nel più rapido raffreddamento notturno della terraferma rispetto al mare adiacente. La pressione atmosferica più alta sulla terraferma sposta l'aria dagli strati prossimi al suolo verso il mare, mentre negli strati immediatamente superiori le correnti soffiano in senso contrario e cioè dal mare verso terra. Nella stagione estiva la brezza di terra si instaura verso le ore 22 per finire verso le ore 07 raggiungendo la sua massima velocità fra le 04 e le 06. Sul mare non si estende per più di 10-12 chilometri dalla costa. Il passaggio dalla brezza di mare a quella di terra e viceversa è preceduto da calma di vento che può avere una durata anche di tre ore in corrispondenza del periodo in cui la temperatura della terraferma e quella del mare si equivalgono. Brezza di valle. L'aria che circonda i rilievi montuosi si riscalda e si raffredda più velocemente di quella che sovrasta le pianure adiacenti. Poichè sui rilievi, con cielo sereno ed assenza di ventilazione, la pressione atmosferica assume valori inferiori a quelli delle pianure vicine, si genera uno spostamento di aria dalla pianura verso i rilievi. Sulle zone pianeggianti il trascinamento dell'aria verso la catena montuosa si avverte fino ad una distanza di 30-40 chilometri dalle montagne. le brezze di valle sono frequenti nel periodo estivo mentre nel periodo invernale sono generalmente assenti. Brezza di monte. Nelle ore notturne la pressione atmosferica più alta che si instaura sui rilievi montuosi rispetto alle aree pianeggianti adiacenti, spinge l'aria più fredda verso le pianure. A differenza della brezza di valle, la brezza di monte è presente in tutte le stagioni e nel periodo invernale persiste anche durante le ore diurne. 33. Andamento del vento con l'altezza. In assenza di brezze o di deformazioni del flusso aereo a causa di ostacoli, il vento dovrebbe obbedire alla legge di Buys-Ballot e cioè lasciare, nel nostro emisfero, le basse pressioni a sinistra e le alte pressioni a destra. In realtà questo avviene nella libera atmosfera e cioè a quote superiori ai 1.000-1.500 metri. Nella bassa troposfera invece il movimento dell'aria è influenzato, oltre che dalla forza di gradiente e dalla forza deviante, anche dai moti convettivi ed in misura maggiore dall'attrito esercitato dal suolo sull'atmosfera in movimento e dall'attrito derivante dallo scorrimento fra strati di aria adiacenti. L'effetto dell'attrito è quello di diminuire la velocità del vento, ma visto che l'attrito diminuisce con l'aumentare della quota, la velocità del vento aumenta man mano che si sale verso l'alto. Un vento di 8 Km/h sul pelo dell'acqua corrisponde ad un vento di 15 Km/h ad un metro di altezza, ad un vento di 20 Km/h a due metri di altezza, ad un vento di 25 Km/h a otto metri di altezza ed ad un vento di 30 Km/h a quindici metri di altezza. nello strato superficiale, fino a circa 150 metri dal suolo, la forza di attrito è di gran lunga superiore alla forza di gradiente e alla forza deviante. Il vento non subisce variazioni di direzione apprezzabili con la quota e risulta deviato sulla sinistra del moto rispetto alla direzione del vento nella libera atmosfera. Vento geostrofico. Oltre i 1.000-1.200 metri di quota, non essendo più presente la forza di attrito, il movimento dell'aria è determinato esclusivamente dalla forza di gradiente e dalla forza deviante. A queste altezze il vento, chiamato vento geostrofico, si dispone parallelamente alle isobare mantenendo immutata la direzione e raggiunge la massima velocità ad un'altezza di 8-9 Km. A queste quote, in presenza della corrente a getto, la velocità del vento può essere superiore ai 200-400 Km/h. 34. La direzione del vento e la previsione del tempo. Quando l'angolo formato dalla direzione del vento al suolo e la direzione del vento in quota (visibile dal cammino delle nuvole), supera i 90°, ciò preannuncia l'arrivo di masse di aria con caratteristiche termiche differenti dall'aria esistente e quindi un cambiamento del tempo. Si avrà un peggioramento se il vento al suolo soffia in direzione contraria rispetto a quella con cui si muovono le nubi, eccetto il caso in cui il fenomeno sia legato alle brezze o a modificazioni locali del flusso nei bassi strati dovuto all'orografia della zona. Al contrario quando le direzioni del vento al suolo ed in quota sono parallele significa che non si avranno cambiamenti del tempo a breve durata. 35. La turbolenza del vento. In presenza di venti deboli, suolo privo di ostacoli ed atmosfera stabile, le correnti aeree scorrono, ai vari livelli, in strati paralleli e la sua velocità, in un dato punto, è costante. Se la velocità del vento è superiore agli 8-10 nodi ed il suolo è accidentato e pieno di ostacoli, qua e la alcuni filetti fluidi si staccano dal flusso principale formando dei vortici che determinano una brusca variazione della velocità e della direzione del vento. Questa agitazione dell'aria è chiamata turbolenza. L'aumento brusco della velocità del vento dovuto alla turbolenza si chiama raffica che può anche raggiungere una velocità doppia rispetto a quella del vento medio. Le coste alte, in presenza di vento di terra, possono originare a qualche centinaio di metri dal litorale venti discendenti rafficosi. 36. Variazione locale dell'intensità e della direzione del vento. Nelle depressioni i gradienti barici sono più forti che negli anticicloni, pertanto all'avvicinarsi di una depressione (segnalata da una caduta di pressione nell'ordine dei 2-3 hPa in 3 ore) il vento aumento regolarmente d'intensità. Dopo il passaggio della depressione si ha solitamente un aumento della pressione (anticiclone mobile). Dato che negli anticicloni i gradienti barici sono normalmente deboli, l'arrivo dell'anticiclone mobile è accompagnato da una diminuzione del vento. Il vento può variare la sua direzione per svariati motivi. Le variazioni che si manifestano a brevi intervalli di pochi secondi o pochi minuti sono dovuti al passaggio di vortici turbolenti di origine meccanica (per attrito o per ostacoli) o di origine termica (convezione). In presenza di situazioni temporalesche, il vento inizia a rinforzare dirigendosi verso la nube temporalesca. Dopo il passaggio della nube temporalesca il vento si attenua gradualmente ed assume la precedente direzione. Anche il passaggio delle perturbazioni determina variazioni di direzione del vento. Prima del passaggio del fronte il vento proviene solitamente dai quadranti meridionali. Successivamente al suo passaggio si orienta dai quadranti nord occidentali. Le variazioni permanenti di direzione del vento che si manifestano lentamente sono associate allo spostamento dei centri di alta e di bassa pressione. In questo caso le aree interessate dalle variazioni sono molto estese. 37. Gli alisei. Gli alisei sono i venti che soffiano regolari per tutto l'anno verso l'equatore. L'aria dell'equatore, fortemente riscaldata dal Sole, tende a salire formando una corrente ascensionale e lasciando sotto di sé una zona di bassa pressione. Una volta salita, l'aria si raffredda e si sviluppano le piogge caratteristiche del clima umido delle zone equatoriali. Perso il vapore acqueo e divenuta fredda, l'aria ridiscende a nord e a sud dell'equatore, in due fasce simmetriche di altra pressione (alte pressioni subtropicali). Poiché i venti spirano dalle zone di alta pressione verso quelle di bassa pressione, la differenza tra le alte pressioni subtropicali e le basse pressioni equatoriali dà origine a uno spostamento d'aria verso l'equatore: gli alisei (NE trade winds e SE trade winds). Gli alisei hanno velocità mediamente costante di circa 30 chilometri orari. Nell'emisfero boreale soffiano da nord-est verso l'equatore, nell'emisfero australe da sud-est verso l'equatore. Se la Terra non girasse su se stessa i venti si muoverebbero da nord e da sud in direzione dell'equatore, seguendo la via diretta dei meridiani: tuttavia a causa del moto di rotazione terrestre da ovest verso est vengono deviati. 38. Indice di raffreddamento Wind Chill. L'origine di questo importantissimo indice, oggi il più diffuso indice di disagio fisico per la stagione fredda, risale da un esperimento scientifico condotto nel 1941 in Antartide da P. Sisple e C. Passel. Questi ricercatori misurarono il tempo che un panno umido impiegava a congelare e trovarono un risultato che all'epoca aveva dell'eccezionale: a parità di temperatura il panno impiegava meno tempo a congelare quando soffiava vento. In seguito questo indice fu applicato per descrivere quale sia la reale temperatura avvertita da un organismo umano in relazione alla temperatura e alla velocità del vento presente in quell'istante. Il vento, accrescendo l'evaporazione, aumenta di conseguenza l'asportazione di calore corporeo e, in presenza di basse temperature, crea condizioni di forte disagio da freddo. Per il calcolo del Wind Chill (WC) viene utilizzata un'equazione empirica che tiene conto della temperatura dell’aria e della velocità del vento: WC= (33+(Ta-33) x (0,474+0,454+V- (0,0454 x V)) Dove abbiamo: Ta è la temperatura dell'aria espressa in °C. V è la velocità del vento espressa in m/s. Il Wind Chill è applicabile quando la temperatura è inferiore agli 11°C e quando il vento è compreso tra una velocità di 2 e 24 m/s. Ad ogni classe dell'indice, divisa per colore di appartenenza, corrispondono determinati effetti sull'organismo umano come riportato in seguito: Basso rischio di congelamento Rischio di congelamento per esposizioni fino a 30 minuti Rischio di congelamento per esposizioni comprese fra 5 e 10 minuti Rischio di congelamento per esposizioni comprese fra 2 e 5 minuti Rischio di congelamento per esposizioni inferiori ai 2 minuti Tabella del Wind Chill per temperature comprese fra 5°C e -20°C T air V10 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75 80 5 0 -5 -10 -15 -20 4 3 2 1 1 0 0 -1 -1 -1 -2 -2 -2 -2 -3 -3 -2 -3 -4 -5 -6 -6 -7 -7 -8 -8 -8 -9 -9 -9 -10 -10 -7 -9 -11 -12 -12 -13 -14 -14 -15 -15 -15 -16 -16 -16 -17 -17 -13 -15 -17 -18 -19 -20 -20 -21 -21 -22 -22 -23 -23 -23 -24 -24 -19 -21 -23 -24 -25 -26 -27 -27 -28 -29 -29 -30 -30 -30 -31 -31 -24 -27 -29 -30 -32 -33 -33 -34 -35 -35 -36 -36 -37 -37 -38 -38 Tabella del Wind Chill per temperature comprese fra -25°C e -50°C T air V10 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75 80 -25 -30 -35 -40 -45 -50 -30 -33 -35 -37 -38 -39 -40 -41 -42 -42 -43 -43 -44 -44 -45 -45 -36 -39 -41 -43 -44 -46 -47 -48 -48 -49 -50 -50 -51 -51 -52 -52 -41 -45 -48 -49 -51 -52 -53 -54 -55 -56 -57 -57 -58 -58 -59 -60 -47 -51 -54 -56 -57 -59 -60 -61 -62 -63 -63 -64 -65 -65 -66 -67 -53 -57 -60 -62 -64 -65 -66 -68 -69 -69 -70 -71 -72 -72 -73 -74 -58 -63 -66 -68 -70 -72 -73 -74 -75 -76 -77 -78 -79 -80 -80 -81 Tair = temperatura attuale dell'aria espressa in °C V10 = Velocità del vento a 10 metri dal suolo espressa in km/h Le masse d'aria Le condizioni atmosferiche di un luogo, oltre a dipendere da numerosi fattori locali, sono determinate soprattutto dall'arrivo di estese porzioni di aria caratterizzate da omogenee proprietà fisiche di temperatura ed umidità. A queste porzioni di aria, originate in zone anche molto distanti e trasportate dai venti predominanti, si da il nome di masse di aria. Il luoghi di origine delle masse d'aria con caratteristiche definite sono quelli dove stazionano gli anticicloni permanenti delle medie latitudini come ad esempio l'Anticiclone delle Azzorre, l'Anticiclone della Calotta Polare e gli anticicloni freddi che si formano sulle aree continentali durante l'inverno come ad esempio l'Anticiclone Russo detto anche Siberiano o Euroasiatico. Questo perchè nelle zone occupate dagli anticicloni i venti sono deboli e pertanto la prolungata ristagnazione fa si che le masse d'aria acquistino le proprietà fisiche della superficie sottostante. 39. Suddivisione delle masse d'aria. Le masse d'aria che provengono da latitudini settentrionali sono più fredde (aria polare e aria artica); quelle che giungono da latitudini meridionali sono più calde (aria tropicale). Le masse d'aria prima di giungere in un luogo percorrono un lungo tragitto e le loro proprietà fisiche originarie possono essere modificate dalla natura delle superfici che attraversano. Se la massa d'aria passa sopra un oceano viene definita aria marittima, se passa sopra un continente è detta aria continentale. Di seguito riportiamo una tabella all'interno della quale sono raggruppate le masse di aria che interessano l'Europa centro occidentale ed il Mar Mediterraneo: Tipo Artica Classificazione Marittima Simbolo mAK Provenienza Groenlandia, Spitzberg Continentale cAK Mar di Barents, Russia settentrionale Marittima mPK Fredda Inverno Continentale cPK Marittima mPW Inverno Inverno Nord Atlantico, latitudini 50° Russia meridionale, Balcani Calda Tropicale Tutto l'anno Nord Atlantica, Labrador, Russia centrale Fredda Polare Periodo Continentale cPW Estate Marittima mTW Mari subtropicali, Azzorre. cTW Nord Africa, continenti subtropicali. Calda Tutto l'anno Continentale Nella figura riportata di seguito sono indicate schematicamente le zone di origine delle masse di aria che interessano l'Europa centro occidentale ed il Mediterraneo dalle quali traggono origine i venti locali che spirano sui nostri bacini. 40. Aria Artica. Le irruzioni di aria artica sono tipiche dei mesi invernali. Data la provenienza l'aria artica è sempre più fredda e più densa delle masse di aria che incontra durante il suo movimento verso sud. La temperatura molto bassa non consente all'umidità di assumere valori elevati. L'aria artica marittima giunge nel bacino del Mediterraneo come un vento da nord ovest quando un'area di alta pressione si forma sull'Atlantico settentrionale mentre una depressione si scava sulla Francia. Da luogo a violenti venti di Mistral nella Valle del Rodano e nel Golfo del Leone e a rovesci o temporali sul Mediterraneo occidentale. Il forte contrasto termico con la superficie del Mar Mediterraneo genera sulle Isole Baleari e sul Golfo del Leone delle depressioni secondarie che, nel loro movimento verso est- sudest, vanno ad interessare l'Italia. L'aria artica continentale arriva in Italia attraverso la "Porta della Bora" e trae la sua origine nel Mar di Barents e nelle zone della Siberia prossime alla calotta polare. Viene convogliata verso le nostre regioni dall'anticiclone Russo che nella stagione invernale si estende fino alle coste dalmate. L'aria artica continentale è accompagnata da venti nord orientali di particolare violenza nel Golfo di Trieste e sull'alto Adriatico (bora chiara). Durante queste irruzioni il cielo si presenta sereno, l'atmosfera è limpida, la temperatura si abbassa e l'umidità è scarsa. 41. Aria Polare. E' la massa di aria che in tutte le stagioni interessa maggiormente le regioni italiane ed in modo speciale quelle centro settentrionali. In base al percorso seguito per raggiungere l'Italia l'aria polare viene distinta in aria polare fredda marittima, in aria polare fredda continentale, in aria polare calda marittima ed in aria polare calda continentale. L'aria polare fredda marittima proviene dall'Atlantico settentrionale ed è convogliata verso le coste europee e la penisola italiana dall'azione congiunta di un anticiclone posizionato sull'Atlantico settentrionale e di una profonda depressione estesa fra le isole britanniche, la Francia ed il Mediterraneo occidentale. Giunge nel Mediterraneo attraverso la Valle del Rodano ed i Pirenei dando luogo a venti forti di maestrale anche sui bacini italiani. L'arrivo di questa massa di aria è accompagnato da un forte calo della temperatura e da un brusco aumento della pressione atmosferica. L'aria polare fredda marittima è la principale causa delle depressioni che si scavano nel Mediterraneo occidentale che, nel loro movimento verso oriente, provocano un maltempo generalizzato sulle regioni italiane. Spesso la parte più orientale del flusso di aria, nel tentativo di aggirare la catena delle Alpi, è costretta a scorrere verso est per sfociare con violenza sull'alto Adriatico (bora scura) attraverso le Alpi Carniche richiamata dalla depressione esistente sul Mar Tirreno. Nei mesi estivi, essendo il Mediterraneo protetto dall'espansione dell'Anticiclone delle Azzorre, l'aria polare marittima fredda non riesce a raggiungere il Mediterraneo, ma lambisce solamente marginalmente le regioni alpine e quelle settentrionali della nostra penisola provocando temporali nelle ore pomeridiane. L'aria polare fredda continentale è originaria delle zone occupate dall'anticiclone russo e giunge in Italia quando il bordo occidentale dell'anticiclone si estende fino all'Europa centrale ed ai Balcani. Tipica della stagione invernale questa massa d'aria giunge sulla penisola italiana attraverso le Alpi Carniche ed Illiriche e sfociando sull'Adriatico settentrionale è accompagnata da venti forti da est o nord est (bora chiara), cielo terso e da scarsi fenomeni. L'aria polare calda marittima è tipica della stagione invernale e giunge sul Mediterraneo occidentale passando attraverso la penisola iberica o la Francia. Il suo transito è accompagnato da un modesto aumento della temperatura e da deboli piogge specialmente sulle regioni settentrionali italiane. L'aria polare calda continentale è tipica della stagione estiva e ci giunge dalla Russia meridionale senza dar luogo ad alcun fenomeno di rilievo. 42. Aria tropicale. I luoghi di origine delle masse di aria tropicale sono quelle occupate dagli anticicloni permanenti che stazionano attorno ai 30° di latitudine nord. I n estate possono giungere fino alle alte latitudini, mentre nella stagione invernale difficilmente riescono ad andare oltre il Mediterraneo. Anche le masse di aria tropicale possono essere distinte in marittima e continentale. L'aria tropicale calda marittima proviene dall'Anticiclone delle Azzorre e giunge sull'Italia attraverso la penisola iberica o il Marocco e si manifesta con venti sud occidentali (libeccio) talvolta molto forti, richiamati da centri di bassa pressione posizionati fra le Baleari ed il Golfo del Leone che si sono formati a seguito di precedenti afflussi di aria artica marittima o polare marittima. Il suo arrivo è accompagnato da un forte aumento della temperatura, da una diminuzione della pressione e da un'umidità superiore a quella osservata in presenza di qualunque altra massa di aria. La visibilità è molto spesso ridotta per nebbia o pioviggine. L'aria tropicale calda continentale trae origine fra l'Africa settentrionale e l'Asia minore. Giunge sulle regioni italiane con forti venti da sud est (scirocco). Inizialmente è molto secca ma transitando sul Mediterraneo si carica di umidità poichè la sua elevata temperatura gli consente di assorbire elevate quantità di vapore acqueo. Origina precipitazioni estese soprattutto sulle regioni meridionali italiane. La visibilità è ridotta sia a causa della pioggia sia a causa delle particelle di sabbia del deserto in sospensione. 43. Struttura termica delle masse d'aria. Le masse di aria che si spostano verso sud si comportano come masse d'aria fredde, al contrario quelle che si spostano verso nord si comportano come masse di aria calde. La struttura termica di una massa di aria fredda è molto stabile nei luoghi di origine e sono accompagnate da scarsa umidità, quindi ottima visibilità e da bassa temperatura. Transitando su zone più calde hanno sempre una temperatura inferiore rispetto alle superfici sulle quali scorrono per cui, riscaldandosi dal basso, diventano instabili, turbolente determinando improvvise oscillazioni nella direzione e nell'intensità del vento. La turbolenza venutasi a creare favorisce il trasporto del calore e del vapore acqueo verso l'alto dando luogo alla condensazione del vapore e quindi alla formazione di nubi cumuliformi con precipitazioni a carattere di pioggia o di neve in base alla stagione. La nuvolosità del cielo sulle superfici marine e sulla terraferma sarà diversa. Sulla terraferma, nelle ore serali ed in quelle notturne, il suolo si raffredda per irraggiamento e pertanto il profilo termico dell'aria nei bassi strati diventa stabile, le formazioni nuvolose si riducono e le notti tendono ad essere meno nuvolose che le ore diurne. Sulla superficie del mare accade l'esatto opposto per la trascurabile oscillazione diurna della temperatura. L'aria fredda che di notte scorre sopra la superficie più calda del mare diventa instabile dando luogo a formazione di nubi anche temporalesche. per questa ragione, in presenza di masse di aria fredda, i rovesci ed i temporali sono più frequenti sul mare, nella stagione invernale, mentre sulla terraferma sono più frequenti d'estate. Le masse di aria calda hanno un elevato contenuto di vapore acqueo, elevata temperatura e si dirigono verso regioni dove la temperatura è inferiore a quella del loro luogo d'origine. Generalmente, quindi, esse si raffreddano dal basso dando luogo ad inversioni termiche che rendono molto stabile l'aria nei bassi strati. Di conseguenza sono inibiti i moti turbolenti ed il vento, anche se teso o forte, risulta essere meno rafficoso. Le nubi che si formano sono di tipo stratiforme e sono accompagnate al suolo da pioggia debole o al più moderata e da una forte riduzione della visibilità orizzontale. Circolazione generale dell'atmosfera Nell'osservare le carte del tempo si nota la presenza di centri di alta e di bassa pressione che abbracciano aree geografiche anche molto estese e nell'ordine di migliaia di chilometri di diametro. Alcuni di questi centri barici non rilevano considerevoli cambiamenti di posizione, fra una carta e la successiva, mentre altri centri, con estensioni più ridotte, mostrano dei movimenti più o meno regolari. Il mutamento e lo spostamento di questi ultimi è associato al contemporaneo spostamento delle perturbazioni. Le condizioni meteorologiche, nella fascia delle medie latitudini, dipendono essenzialmente da questi centri di azione che fanno spostare le masse d'aria. Vedremo come dallo scontro fra queste masse di aria, aventi caratteristiche fisiche diverse, si originano le depressioni mobili ed i fronti responsabili del maltempo generalizzato su vaste aree delle medie latitudini. 44. Il trasferimento del calore. Nel corso di un anno il pianeta Terra riceve dal Sole la stessa quantità di energia, sottoforma di calore, che poi la superficie terrestre irraggia verso lo spazio. La quantità di energia che una località riceve dal Sole in una giornata, dipende dall'inclinazione dei raggi solari e dalla durata dell'insolazione, in altri termini dalla latitudine e dalla stagione. Alla sommità dell'atmosfera giungono in media 2 calorie/cm2 al minuto delle quali circa il 60% viene assorbito e il rimanente 40 % riflesso e diffuso verso l'alto. Nelle regioni polari la radiazione incidente è sempre inferiore alla radiazione emessa e il contrario accade nelle regioni equatoriali e subtropicali. La forma geometrica della terra implica che l'angolo di incidenza della radiazione solare, ovvero l' angolo tra i raggi del sole e la perpendicolare alla terra nel punto di incidenza, varia con la latitudine e precisamente decresca dai poli verso l'equatore. Ne consegue che le zone equatoriali ricevono durante l'anno una quantità di calore dal Sole superiore a quella riemessa verso lo spazio. Al contrario ai Poli il bilancio tra calore ricevuto e calore perso è negativo. Le regioni delle latitudini inferiori ai 30° sono c aratterizzate da un guadagno di energia, mentre quelle situate a latitudini più alte accusano un deficit energetico netto. Un trasporto di calore dall'equatore verso i poli è necessario perchè non si abbia un perenne aumento della temperatura all'equatore ed una diminuzione costante ai poli. Questo trasferimento di calore viene effettuato dall'atmosfera la cui circolazione teorica sarebbe quella riportata nella figura precedente (frecce ellittiche rosse e blu- prima teoria elaborata nel 1735 da Hadley) se le sole cause dello spostamento fossero di natura termica e se la Terra non ruotasse attorno al proprio asse (forza di Coriolis). Il calore assorbito dalla Terra intorno all'Equatore scalda le masse d'aria sovrastanti che, dilatandosi diventano meno dense e più leggere, salgono verso la troposfera. Questa risalita d'aria genera nei bassi strati zone di bassa pressione (associate a condizioni meteo perturbate), mentre in quota l'apporto di aria dagli strati sottostanti crea una zona di alta pressione. Ai Poli invece il bilancio termico negativo genera un raffreddamento dell'aria che essendo più densa si porta dagli strati superiori, dove si crea una zona di bassa pressione, verso il suolo, dove al contrario si genera un'alta pressione. Quindi al suolo masse d'aria fredda vengono spinte dall'alta pressione polare verso la bassa pressione equatoriale, mentre in quota l'aria calda viene spinta dalle alte pressioni equatoriali verso le basse pressioni polari. Nell'emisfero settentrionale le masse d'aria che, alle alte quote, si muovono per cause termiche dall'equatore verso il polo vengono deviate verso est, infatti, attorno ai 30° di latitudine nord, le correnti in quota sono a componente occidentale. Da queste latitudini la massa d'aria ritorna verso l'equatore con correnti al suolo che prendono la direzione nord est (alisei) sempre a causa della forza deviante (cellula di Hadley). Questo accumulo di aria di origine subtropicale determina al suolo, intorno ai 30° di latitudine una cintura di alta pressione (A)- l'anticiclone delle Azzorre fa parte di questa cintura. Alle alte latitudini è presente un'altra cella convettiva (cellula di Hadley polare) simile a quella fra equatore e basse latitudini. Questa cella è caratterizzata, negli strati prossimi al suolo, da una fascia di basse pressioni (B) intorno ai 60° di latitudine (esempio il ciclone d'Islanda) e di un'alta pressione in corrispondenza del polo. Sulla superficie terrestre si riscontrano: una fascia di basse pressioni all'equatore, una fascia di alte pressioni alle latitudini di circa 30°nord e sud, una fascia di ba sse pressioni alle latitudini di circa 60° nord e s ud ed infine una fascia di alte pressioni in corrispondenza delle calotte polari. Nell'illustrazione è raffigurata la distribuzione dei centri barici al suolo nell'emisfero nord. La fascia delle medie latitudini denominata zona delle correnti occidentali (12 westerlies) è continuamente interessata dal passaggio di numerose depressioni che apportano tempo perturbato su vaste aree geografiche. 1) Cellula di Hadley 2) Cellula di Ferrel 3) Cellula polare di Hadley 4) Divergenza 5) Convergenza 6) Ascendenza 7) Subsidenza 8) Zona delle calme equatoriali o Zona della convergenza intertropicale 9) Alisei di nord est 10) Alisei di sud est 11) Anticicloni subtropicali 12) Venti occidentali 13) Perturbazioni del Fronte polare 14) Venti orientali Fra le masse di aria calde equatoriali e quelle fredde polari, intorno ai 30°-60° di latitudine, scorr ono le grandi correnti occidentali delle zone temperate. 45. La circolazione atmosferica in superficie. La circolazione atmosferica osservata in superficie a scala planetaria non ha l'andamento regolare indicato nella figura precedente poichè la superficie terrestre non è uniformemente liscia. Questo schema ideale trova riscontro solamente in corrispondenza degli oceani ma non sopra i continenti per due motivi: a) perchè l'acqua degli oceani assorbe ed immagazzina, più della terraferma, l'energia solare; b) perchè l'orografia determina una rilevante azione di disturbo sul libero fluire delle correnti aeree. Nello specifico, nella stagione primaverile ed in quella estiva, gli strati superficiali della terraferma si riscaldano più rapidamente e più intensamente di quelli del mare e per questo motivo sopra i continenti tendono a formarsi aree di bassa pressione. Nella stagione autunnale, la terraferma perde più rapidamente del mare il calore immagazzinato nella stagione calda, per cui sui continenti si originano vaste aree fredde di alta pressione, mentre sopra gli oceani si instaurano condizioni di bassa pressione. A causa di questo comportamento termico stagionale, differente fra oceani e continenti, sulle pianure russo-siberiane e sul Canada si formano, nella stagione invernale, zone anticicloniche e d'estate zone di bassa pressione. Questo modello, che rispetto al quello di Hadley trova abbastanza riscontro nelle osservazioni, non va però inteso come immobile. La circolazione descritta nella figura precedente è solo una situazione media, non è infatti raro che il Ciclone d'Islanda si spinga con profonde saccature fino alle latitudini del Mediterraneo o che l'Anticiclone delle Azzorre raggiunga le isole britanniche. 46. I Cicloni dell'Islanda e delle Aleutine. A causa della presenza di terre emerse, la fascia di basse pressioni intorno al 60° nord si riduce, nella realtà, a due sole depressioni permanenti note con i nomi di "Ciclone d'Islanda" e di "Ciclone delle Aleutine". La loro posizione, anche se fluttuante come già detto in precedenza, è caratterizzata da un minimo depressionario sull'Oceano Atlantico Settentrionale ed un altro sull'Oceano Pacifico Settentrionale, in prossimità del Circolo Polare Artico. Il Ciclone d'Islanda ricopre un ruolo particolare nelle vicende atmosferiche che interessano il continente europeo, perchè è il luogo in cui si ha la genesi di tutte le perturbazioni che poi si muovono verso le medie latitudini del continente. 47. Gli anticicloni delle Azzorre e del Pacifico settentrionale. La maggior variabilità stagionale della pressione nelle aree continentali fa si che la fascia di alta pressione intorno ai 30° di latitudine tenda a stab ilizzarsi permanentemente solo in corrispondenza degli oceani. E' il caso dell'Anticiclone del Pacifico settentrionale e dell'anticiclone delle Azzorre. Le periodiche espansioni dell'anticiclone delle Azzorre verso il continente europeo e verso il Mar Mediterraneo relegano a latitudini più alte il movimento delle depressioni mobili e delle perturbazioni, apportando lunghi intervalli di bel tempo sulle nostre regioni. L'incontro fra le correnti provenienti dal Polo Nord e quelle di origine tropicale danno origine alle perturbazioni che teoricamente arriverebbero in un flusso continuo, ad ondate successive, per tutto l'arco dell'anno sul continente europeo trasportate dalle correnti caldo umide di origine atlantica. Nella realtà questo non accade e sulle nostre regioni non piove regolarmente per tutto l'arco dell'anno. Esistono due stagioni ben distinte, oltre che per la differenza di temperatura, anche per una diversa distribuzione delle precipitazioni: la stagione estiva solitamente asciutta e quella invernale, unita alle stagioni intermedie, caratterizzate da una maggiore piovosità. Questo non significa che il flusso di aria calda e umida durante l’estate si interrompe ma semplicemente viene deviato leggermente più a nord, sull’Inghilterra, sulla Germania e sulle regioni Scandinave dove durante l’estate piove più abbondantemente. La causa di questo altalenare da sud verso nord e viceversa trova una spiegazione nell’espansione e nel restringimento dell’anticiclone delle Azzorre. Riprendendo il concetto generale delle celle di convezione che stanno alla base della circolazione atmosferica a livello planetario, è possibile verificare che durante l’estate, a causa di un maggiore irraggiamento solare dell’emisfero nord, una massa d’aria notevolmente più grande sarà richiamata all’equatore dai tropici. Massa d’aria che verrà rimpiazzata da aria d’alta quota fredda e secca che discenderà a livello del mare. Questo fenomeno, che si verifica in prossimità dei tropici e, nel nostro caso sopra le Azzorre, crea un’ampia zona anticiclonica di alte pressioni che sospinge le perturbazioni provenienti dal Polo e dal Canada a latitudini più elevate. Questo fenomeno si attenua durante l’inverno a causa del minore irraggiamento dell’emisfero nord e il conseguente minore spostamento di masse d’aria dal tropico del Cancro all’equatore. A conseguenza di ciò, l’anticiclone delle Azzorre si attenua permettendo una discesa verso sud delle perturbazioni. 48. Le correnti occidentali delle medie latitudini. La differenza di temperatura che esiste fra le aree equatoriali e le aree polari determina la formazione di tre grandi blocchi di aria omogenea a carattere quasi permanente: due in corrispondenza delle calotte polari, relativamente freddi e poveri di vapore acqueo ed uno fra i due tropici, relativamente caldo e ricco di vapore acqueo. Fra questi due blocchi, all'incirca fra i 30° ed i 60° di latitudine, scorre in ciascun emisfero un vasto fiume di aria a temperatura intermedia, con direzione prevalentemente secondo i paralleli ed al quale è stato dato il nome di corrente occidentale (12). L'intensità di questa corrente aumenta man mano che si sale di quota e raggiunge il massimo attorno ai 10-12 chilometri di altezza. All'interno delle correnti occidentali ed ai limiti superiori della troposfera, scorre un fiume aereo velocissimo chiamato corrente a getto (jet stream si sono registrati venti anche a 600 Km/h, ma velocità di 100-200 Km/h sono frequenti). La corrente a getto è il fenomeno equivalente delle correnti oceaniche ma, a differenza di queste ultime, cambia di giorno in giorno la propria posizione all'interno della fascia occupata dalle correnti occidentali. La corrente a getto ha un piccolo spessore verticale (nell'ordine dei 2-3 Km), relativamente stretta sul piano orizzontale (100-400 km), molto allungata nel senso delle correnti (qualche migliaio di chilometri) e sovrasta le zone di massimo contrasto termico al suolo tra masse di aria fredde e calde. La corrente a getto ha una notevole importanza per la genesi delle depressioni mobili, poichè la sua presenza sulla verticale delle aree dove più forte è il contrasto termico tra alte e basse latitudini non è casuale. Infatti le correnti occidentali risultano essere tanto più veloci quanto è maggiore la differenza di temperatura fra le masse di aria che stazionano sull'equatore e quelle che sovrastano il polo. Quando questa differenza di temperatura è molto grande viene a determinarsi un maggiore dislivello barico fra la cintura di alta pressione attorno ai 30° di latitudine e la fascia di bassa pressione attorno ai 60°. Questa differenza di pressione atmosferica tenderebbe a far aumentare indefinitamente anche la velocità delle correnti occidentali se queste, a causa della velocità, non diventassero instabili ad una quota oscillante fra i 3.000 ed i 12.000 metri. Questa instabilità genera grandi moti ondulatori sul piano orizzontale (onde planetarie o onde lunghe di Rossby). Il crescere dell'ampiezza delle onde fa penetrare sempre più le masse di aria calda tropicale verso le regioni polari e le masse di aria fredda verso le regioni equatoriali determinando in tal modo, fra le zone polari e quelle tropicali, uno scambio termico a grandissima scala che attenua il contrasto determinato dalla diseguale distribuzione della radiazione solare. La corrente a getto (approfondimento). Si definisce corrente a getto una corrente stretta, forte e concentrata lungo un asse quasi orizzontale, situata nella troposfera superiore e nella stratosfera, caratterizzata da un forte gradiente verticale e laterale dell’intensità del vento che presenta uno o più massimi di velocità. In genere la lunghezza di una corrente a getto è di diverse migliaia di km, la sua larghezza di qualche centinaia di km e la sua altezza di qualche km. La velocità del vento è normalmente maggiore di 60 kts, lo shear verticale è di 5/10 metri al secondo per chilometro, quello orizzontale di 5 m\sec per 100 km, le nubi caratteristiche sono i cirri e la quota alla quale si trova il suo asse è intorno ai 250 hpa. Le principali correnti a getto sono il getto polare e quello subtropicale. Di minore importanza sono il getto equatoriale e quello artico. Nel 1904 uno dei primi studiosi ad individuare la presenza di forti venti in quota fu Show. Utilizzando essenzialmente dati di analisi al suolo ed i rilevamenti dei venti fino alla quota di 4000 metri, scoprì che il vento aumentava di intensità passando da 3000 a 4000 metri assumendo una intensità di circa 50kts. In seguito nei pressi di Pavia furono scoperti e registrati venti di 95 kts (alla quota di 10 km). A seguito di varie osservazioni nel 1911 Dines avanzò l’ipotesi che fra un ciclone e l’anticiclone che lo precede, ad una certa quota, dovevano essere presenti venti di notevole intensità per la baroclinicità che l’atmosfera presenta. Lo stesso Dines, a seguito dei sondaggi atmosferici, dimostrò che in media l’intensità della circolazione orizzontale dei cicloni e degli anticicloni mobili cresce verso l’alto fino a livello della troposfera e decresce al di sopra. In seguito furono istituiti fitte reti di stazioni che effettuavano sondaggi attraverso i quali si evidenziò la presenza di forti venti in quota. Lo studio delle correnti a getto ebbe un grande impulso dopo la seconda guerra mondiale, quando l’esigenza del volo spinse ad approfondire la conoscenza di venti particolarmente forti in quota. Fronti, perturbazioni. Cicloni mobili e anticicloni All'inizio del secolo scorso fra il 1910 ed il 1920, un gruppo di fisici e matematici norvegesi dell'Università di Bergen, si servì del concetto di massa d'aria per dare un indirizzo nuovo alla meteorologia. V.Bjerknes, il capo della scuola di Bergen, ebbe il merito di individuare, proprio nella discontinuità fra le caratteristiche fisiche di due diverse masse d'aria adiacenti, la causa della nascita dei sistemi apportatori di maltempo alle medie latitudini. 49. Il Fronte Polare. Nel capito riguardante la circolazione generale dell'atmosfera abbiamo visto come nelle grandi invasioni di aria fredda verso più basse latitudini e di aria calda verso quelle alte, vengano a scorrere, affiancate, masse di aria calda e masse di aria fredda. Che cosa avviene lungo la superficie (o discontinuità) che separa le due masse di aria? Si avranno variazioni brusche di temperatura e di umidità in una fascia di spazio molto ristretta. Questo stato di cose non può durare indefinitamente: due eserciti nemici schierati di fronte non tarderanno ad ingaggiare battaglia. Fu proprio questa analogia bellica che suggerì agli studiosi norvegesi di dare il nome di Fronte Polare alla linea di demarcazione al suolo fra le masse di aria di origine polare e le masse di aria di origine tropicale. Figura 1. Il Fronte Polare separa le masse di aria tropicali da quelle polari. La sua traccia al suolo può essere segnata nelle carte meteorologiche. Interessa direttamente il tempo delle nostre latitudini. Se le masse di aria che si affacciano nel fronte polare sono poco differenziate, il fronte è poco attivo e, in caso di mancanza di vento, può anche essere stazionario. Non appena si stabilisce uno squilibrio fra le due masse di aria l'andamento del fronte subirà una notevole trasformazione. Si trasformerà, dal tratto rettilineo della figura 1, in una linea percorsa da ondulazioni (figura 2) prodotte dalle spinte alternate dell'aria tropicale verso nord est e dell'aria polare verso sud ovest. Questi moti ondulatori orizzontali hanno lunghezza ed ampiezza molto minori di quelle delle correnti occidentali (circa un migliaio di chilometri) e, per distinguerle da queste ultime, sono chiamate onde corte (figura 3). Figura 2. Quando fra le due masse di aria, tropicale e polare, si stabilisce uno squilibrio, l'andamento del fronte polare subisce una deformazione. Non è più un tratto rettilineo ma una linea ondulata prodotta dalle spinte alternate dell'aria tropicale e dell'aria polare. Figura 3. Grandi irruzioni di aria fredda e calda, con formazione di onde orizzontali e di vortici ciclonici. 50. I cicloni extratropicali. Nascita e morte. Le ondulazioni del fronte polare danno luogo, a livello del suolo, a vortici depressionari che, dalla superficie, si estendono agli strati atmosferici superiori. A queste depressioni, che si spostano in seno alle grandi ondulazioni delle correnti occidentali, si da il nome di cicloni extratropicali, lasciando il nome di cicloni alle depressioni dei mari tropicali. I cicloni extratropicali sono anche definiti depressioni mobili per distinguerli dalle depressioni stazionarie della fascia equatoriale e del circolo polare. Le depressioni che nascono dalle modificazioni del fronte polare si presentano quasi sempre in famiglie composte da 3 a 5 membri situati ai bordi della periferia settentrionale degli anticicloni permanenti. I primi membri, nel senso del moto, sono normalmente in fase di sviluppo avanzato e prossimi all'estinzione, mentre gli ultimi sono in fase di nascita. Ogni ciclone appartenete alla stessa famiglia scorre a latitudini più basse rispetto al ciclone che l'ha preceduto. L'ultimo ciclone è seguito da un anticiclone mobile di chiusura (figura 4) al quale è associata un'irruzione di aria fredda verso latitudini più basse. Figura 4. Famiglia di perturbazioni. Con la lettera B sono indicate le depressioni, con la sigla A1 è indicato l'anticiclone permanente e con la sigla A2 l'anticiclone mobile, cosiddetto di chiusura della famiglia. In ciascuna di queste onde, che solitamente si muovono in seno alla corrente a getto e nella direzione dello spostamento dell'aria calda, le masse di aria tropicale invadono le zone prima occupate dall'aria fredda dando origine al settore caldo. In corrispondenza di quelle che potremmo considerare le creste d'onda di aria calda si forma il minimo depressionario. Sul lato destro della cresta, nel senso di spostamento dell'onda e delimitato nei bassi strati dal fronte caldo, l'aria calda più leggera si solleva per scorrimento sopra quella fredda. Sul lato sinistro, al contrario, l'aria fredda delimitata al suolo dal fronte freddo, si incunea sotto l'aria calda sollevandola violentemente. In corrispondenza del fronte caldo e del fronte freddo si osserva una nuvolosità composta da: una testa di cirri seguiti da cirrostrati un corpo caratterizzato dalla presenza di altostrati e nembostrati uno strascico composto da un cielo caotico con la presenza di generi diversi di nubi alternati a schiarite. Lo strascico è il settore più turbolento a causa dei violenti rovesci, dei fulmini e dei colpi di vento. Poichè l'aria fredda avanza più velocemente dell'aria calda , giunge il momento in cui il fronte freddo raggiunge il fronte caldo dando origine ad un sistema misto chiamato fronte occluso. Nella fase di occlusione il ciclone raggiunge lo stadio di massima maturità e la pressione atmosferica, al livello del mare, raggiunge i valori minimi, i venti soffiano con maggior velocità ed i fenomeni di condensazione del vapore acqueo procedono con ritmo più veloce. Passata la fase di occlusione il ciclone non fa che dissipare l'energia acquisita e muore a meno che nel suo vortice in estinzione non entrino nuove masse di aria fredda che gli consentano, stante il rinnovato contrasto termico, una ripresa di energia (Figura 5-6-7-8). Contemporaneamente all'evolvere del ciclone, l'onda ciclonica viene trascinata nel verso del mote delle onde lunghe delle correnti occidentali, così come un mulinello in un fiume viene trascinato dal moto d'insieme della corrente. Figura 5 Figura 6. Schema di evoluzione di un ciclone mobile e dei fronti associati. Quando lo squilibrio fra le masse d'aria (fredda blu e calda rossa) si accentua, si stabiliscono due fronti: il fronte caldo con direzione est- nord est ed il fronte freddo con direzione sud est. Figura 7. Continuando ad accentuarsi lo squilibrio fra le due masse di aria, l'ondulazione assume una fisionomia più marcata. Le masse che si fronteggiano danno origine ad una circolazione ciclonica (depressionaria), cioè in senso antiorario. Figura 8. Il fronte freddo è molto più attivo del fronte caldo. Per questo motivo l'aria fredda si incunea sotto l'aria calda sollevandola ed occupandone il posto. Si crea così il fronte occluso (linea viola contrassegnata dai pallini misti ai triangolini) che segna la piena maturità della perturbazione. 51. Luoghi di origine e traiettorie dei cicloni extratropicali. I cicloni extratropicali, o perturbazioni come vengono chiamati comunemente, che interessano l'Europa occidentale giungono, salvo rare eccezioni, dai quadranti occidentali. Sono infatti le aree depressionarie di Terranova, le coste meridionali della Groenlandia e la zona attorno all'Islanda che danno vita alle perturbazioni. Le perturbazioni si formano quando l'aria calda ed umida che staziona sul Tropico del Cancro, aggirando da sud l'Anticiclone delle Azzorre, giunge nelle Antille e piegando verso nord al largo delle coste americane arriva a Terranova seguendo la traiettoria della Corrente del Golfo. Giungendo su un mare più freddo, l'aria più calda ed umida di origine tropicale, condensa una parte del suo vapore acqueo. Questo spiega l'instaurarsi delle basse pressioni, le nebbie spesse e persistenti che affliggono questa zona meteorologicamente diseredata che è Terranova.Mentre l'aria tropicale aggira con un movimento orario l'anticiclone delle Azzorre, altra aria di origine artica aggira in senso antiorario le zone depressionarie dell'Atlantico settentrionale.Le posizioni delle depressioni e dell'Anticiclone delle Azzorre determinano la latitudine alla quale si scontrano le masse di aria di origine artica e quelle di origine tropicale, in pratica la latitudine del fronte polare. Se l'anticiclone delle Azzorre non supera i 45°-50° latitudine nord (questo avviene so prattutto nella stagione invernale) il fronte polare può essere situato alle nostre latitudini. In questo caso le perturbazioni attraversano la Spagna, la Francia e anche l'Italia portando questi paesi ad essere in regime perturbato da ovest. Figura 9. Traiettorie delle perturbazioni di origine atlantica. Se l'anticiclone delle Azzorre si espande oltre il 50° parallelo nord ( e questo accade specialmente nel periodo estivo), la zona depressionaria dell'Islanda arretra verso latitudini più alte rigettando il fronte polare oltre il 60° paral lelo nord e le perturbazioni andranno ad interessare i paesi scandinavi senza toccare il bacine del Mediterraneo. I paesi che si affacciano sul bacino del mediterraneo saranno in questo caso in regime anticiclonico. Dalle zone dell'Oceano Atlantico settentrionale in cui si ha la ciclogenesi le perturbazioni si muovono verso il continente europeo lungo dei percorsi preferenziali illustrati e semplificati nella figura 9. Le depressioni mediterranee. Molto spesso nella stagione autunnale ed in quella primaverile, le irruzioni di aria fredda sul Mediterraneo, dove la temperatura delle acque superficiali supera di circa 4° quella dell'oceano, possono svilupparsi depressioni mobili e sistemi frontali del tutto simili a quelli che nascono attorno ai 60° di latitudine. Queste depressioni di origine mediterranea, nel loro movimento verso est, interessano anche la penisola italiana e sono la principale causa del maltempo diffuso. Le aree dove le depressioni mediterranee si scavano con maggior frequenza sono descritte nel riquadro della figura 9: il Mediterraneo occidentale, il Mediterraneo al largo delle coste algerine e di quelle tunisine e le traiettorie da esse seguite hanno direttrice sud ovest nord est. Rappresentazione grafica dei cicloni sulle carte del tempo. Sulle carte meteorologiche i cicloni sono rappresentati da isobare concentriche attorno ad un minimo di pressione centrale ed hanno una forma ellittica allungata nel senso dei meridiani. I venti scorrono quasi tangenzialmente rispetto alle isobare in senso antiorario nel nostro emisfero ed in senso orario nell'emisfero sud. La parte centrale del ciclone, dove la pressione atmosferica è più bassa, solitamente è indicata con la lettera L (dall'inglese low) nelle carte internazionali, mentre in quelle italiane ci si riferisce alla lettera B (bassa). Figura 10. Circolazione del vento intorno ad un ciclone nell'emisfero nord. L'aria, nelle zone interessate dal ciclone, è animata da moti verticali in ascesa che, anche se deboli, sono in grado di determinare per raffreddamento ed espansione la condensazione del vapore acqueo qualora l'aria abbia un sufficiente grado di umidità. La nuvolosità ed i fenomeni ad essa associati sono tanto più intensi quanto è maggiore il gradiente barico orizzontale (distanza fra le isobare) e quanto più è pronunciata la curvatura delle isobare. In base alla loro natura i cicloni sono classificati in permanenti, mobili, termici ed orografici. I cicloni permanenti sono determinati dalla circolazione generale dell'atmosfera. Tali sono le cinture di bassa pressione della fascia equatoriale e quelle attorno ai 60° di latitudine come ad esempio il Ciclone d'Islanda ed il Ciclone delle Aleutine. I cicloni mobili sono associati alla nascita ed allo sviluppo dei sistemi frontali che interessano le medie latitudini, in cui la curvatura delle isobare è più accentuata nella direzione in cui sono posti i fronti. Entrambi i cicloni in precedenza descritti sono caratterizzati da aria più fredda di quella delle aree circostanti e si estendono a tutta la troposfera. I cicloni termici sono le depressioni che traggono origine dal diverso riscaldamento della superficie terrestre. Appartengono a questa categoria le depressioni che nascono sui continenti nella stagione estiva e sugli oceani in quella invernale. I cicloni termici sono costituiti da aria con temperatura più alta delle aree circostanti e la circolazione ciclonica al loro interno si interrompe fra i 2.000 ed i 4.000 di altitudine per essere sostituita da circolazione anticiclonica. Le depressioni orografiche nascono quando veloci correnti aeree investono perpendicolarmente una catena montuosa abbastanza elevata da generare una depressione nella zona sotto vento. Le saccature. Sono configurazioni isobariche a forma di V o di U e costituiscono la propaggine meridionale di un ciclone in cui la pressione atmosferica assume un valore più basso rispetto a quelli delle aree adiacenti. L'asse di simmetria di questa struttura è detto asse di saccatura, ha una direzione nel senso dei meridiani ed indica l'area nella quale le isobare hanno la massima curvatura. Figura 11. Struttura di una saccatura. Il termine saccatura deriva dal fatto che in questo tipo isobarico la bassa pressione tende ad insaccarsi fra due aree di alta pressione. Se il gradiente barico è considerevole, al passaggio dell'asse di saccatura, si hanno raffiche improvvise di vento, un brusco calo della temperatura e piogge a carattere temporalesco. In questo caso l'asse di saccatura prende il nome di linea di groppo o squall line. Molto spesso, se la saccatura è allungata nel senso dei meridiani, nella parte meridionale si isolano dei cicloni secondari (vedi immagine seguente). Figura 12. Ciclone secondario in una saccatura. Nel Mediterraneo occidentale sono caratteristiche le saccature provenienti da cicloni, centrati sulle isole britanniche e sulla Scandinavia, che spostandosi verso levante si staccano dal ciclone principale andando a formare cicloni secondari ed indipendenti localizzati fra la Spagna e la Sardegna. Questi cicloni sono responsabili di venti fortissimi sui bacini nord occidentali italiani, di mare molto mosso o agitato e di maltempo diffuso su quasi tutta la penisola. 52. Caratteristiche generali dei fronti. Dagli schemi relativi alla formazione dei cicloni mobili (figure 5-6-7-8) si nota che in essi esistono delle zone perturbate ben definite: il fronte caldo, il fronte freddo e l'occlusione. Alle nostre latitudini questi sistemi si muovono generalmente dai quadranti occidentali verso i quadranti orientali dando luogo ad una successione di fenomeni caratteristici i cui aspetti verranno esaminati separatamente. Il fronte caldo. Il fronte caldo è rappresentato da una linea che al suolo delimita idealmente un'invasione di aria calda verso regioni che in precedenza erano occupate da aria fredda. Il fronte caldo si trova nella parte anteriore di un ciclone mobile, in cui le masse di aria calda iniziano a salire forzatamente lungo una linea di separazione con l'aria fredda (figura 10). Figura 13. Il fronte caldo visto in sezione verticale. Durante lo scorrimento ed il sollevamento forzato lungo la superficie di discontinuità, l'aria calda si espande e si raffredda condensando la sua umidità sotto forma di nubi e conseguenti precipitazioni. Le prime nubi che si presentano all'avvicinarsi di un fronte caldo sono i cirri ed i cirrostrati, seguiti dagli altostrati, dai nembostrati ed infine dagli stratocumuli. La figura 13 mostra una sezione verticale di una perturbazione che avanza e pone le nubi alte come avanguardia (testa). prendiamo in considerazione una località situata a nord est della perturbazione, cioè all'estrema destra della figura. Inizialmente, su tale località persiste l'intervallo e vi sarà quindi aria relativamente fredda, il cielo sarà sereno e disseminato di cumuli di bel tempo. Molto prima che il fronte caldo della perturbazione abbia raggiunto la località, questa sarà invasa in quota, vale a dire sulla verticale, da una massa di aria calda. In superficie l'aria è ancora fredda, ma nel cielo vediamo comparire le prime nubi alte. La comparsa di queste nubi indica che il fronte caldo, e quindi la perturbazione e le sue precipitazioni, è lontano circa 800 Km. La testa del sistema nuvoloso è caratterizzata dalla presenza di cirri che vanno invadendo progressivamente il cielo. I cirri sono seguiti da cirrostrati. Nella testa del sistema il vento ha la tendenza a orientarsi da sud, rinforzando, la pressione atmosferica si abbassa lentamente. Il corpo del sistema è caratterizzato dalla presenza di altostrati che, se di tenue spessore, fanno intravedere gli astri principali come attraverso un vetro smerigliato e dalla presenza di nembostrati. Nel corpo del sistema la pioggia è fitta, minuta e persistente, il vento si stabilisce da sud o da sud ovest. Il settore caldo. Le caratteristiche di un settore caldo sono simili a quelle di una massa di aria calda costituente il settore stesso. Nella stagione autunnale ed in inverno, quando l'irraggiamento del suolo è notevole in rapporto alla radiazione solare incidente, l'aria diventa particolarmente stabile. In questa situazione, procedendo dalla periferia meridionale del settore verso il centro del ciclone, si possono distinguere tre zone: la prima con il cielo che si presenta sereno, la seconda con cielo irregolarmente coperto da stratocumuli e da strati e la terza, prossima al centro del ciclone, dove gli strati si intensificano fino a raggiungere talvolta il suolo con la conseguente comparsa della nebbia. Diverse sono le condizioni nella stagione primaverile ed in estate poichè l'aria subtropicale del settore caldo subisce un forte riscaldamento dal basso sulle aree continentali e diventa instabile dando luogo alla formazione di nubi cumuliformi apportatrici di piogge e temporali. Il fronte freddo. Il fronte freddo è rappresentato da una linea che al suolo delimita idealmente un'invasione di aria fredda verso aree prima occupate da aria più calda. L'aria fredda penetra a cuneo sotto l'aria calda e la solleva con violenza determinando il raffreddamento e la condensazione del vapore acqueo in essa contenuto. La nuvolosità è rappresentata da stratocumuli, cumuli e cumulonembi con squarci di cielo sereno (figura 14). Figura 14. Il fronte freddo in sezione verticale. La rapidità di rasserenamento del cielo è tipica della fase successiva al passaggio del fronte freddo. Tuttavia l'aria fredda che segue il fronte per parecchie ore, trovandosi a scorrere su una superficie più calda, diventa instabile, soprattutto nelle ore pomeridiane, dando luogo alla formazione di nubi temporalesche isolate anche quando il fronte freddo è distante qualche migliaio di chilometri. La tabella che riportiamo di seguito indica il comportamento dei vari elementi meteorologici al passaggio dei fronti caldo e freddo. Elemento Vento Pressione Temperatura Umidità Visibilità Nuvolosità Precipitazioni Prima del fronte caldo Al passaggio del fronte caldo Dietro il fronte freddo Ruota in senso Ruota in senso Ruota in senso Parallelo al fronte Cambia direzione e orario e si orario e raggiunge antiorario e rinforza e rinforza si attenua mantiene forte e il valore massimo con raffiche rafficoso Cade Può abbassarsi Continua a salire Rimane stazionaria Sale bruscamente rapidamente lievemente ma lentamente Aumenta lentamente e lieve Continua ad Aumenta Si abbassa diminuzione nella Stazionaria abbassarsi ma lentamente rapidamente lentamente zona delle precipitazioni Cresce lentamente, Comincia a Diminuisce rapida nelle zone Inalterata Lievi cambiamenti diminuire rapidamente delle precipitazioni Peggiora nelle Aumenta Inalterata Migliora Discreta zone delle rapidamente precipitazioni Cielo sereno, Cirri, cirrostrati, Cumuli, Strati bassi e Strati e cumuli di bel tempo altostrati e stratocumuli e nebbie stratocumuli e cumulonembi nembostrati cumulonembi isolati Pioviggine Pioviggine Rovesci e Rovesci isolati e Pioggia continua intermittente intermittente temporali temporali isolati Nel settore caldo Al passaggio del fronte freddo Il fronte occluso. Nella fase finale della vita di un ciclone, il fronte freddo più attivo e veloce, raggiunge il fronte caldo al suolo. La configurazione che risulta dal congiungimento dei due fronti prende il nome di fronte occluso o occlusione, le cui caratteristiche sono una sovrapposizione di quelle del fronte freddo e del fronte caldo. La nuvolosità stratiforme del fronte caldo si assomma alla nuvolosità cumuliforme di quello freddo con conseguenti piogge, rovesci, temporali con la possibilità di grandinate. mentre il ciclo vitale di una depressione mobile è nell'ordine di circa 6-7 giorni, la fase di occlusione si compie generalmente in 24 ore. Figura 15. Rappresentazione grafica dei fronti secondo la simbologia utilizzata sulle carte meteorologiche. I fronti secondari. All'interno di masse di aria aventi la stessa provenienza possono crearsi, fra i vari fattori meteorologici, delle discontinuità per il fatto che, pur avendo le masse di aria la stessa origine, si sono distaccate dal luogo di formazione in tempi diversi oppure hanno avuto influenze o percorsi diversi. Infatti esistono sempre differenze di temperatura ed umidità fra una massa di aria che è passata su campi di neve e una massa di aria che ha percorso regioni non innevate. In contrapposizione ai fronti principali che nascono dalle ondulazioni del fronte polare, si hanno così i fronti secondari. Questi fronti solitamente si osservano nella parte posteriore dei fronti freddi principali e corrispondono ad irruzioni di masse d'aria polari con temperature ancora più basse. In questo caso, i fronti freddi secondari sono rappresentati nelle carte meteorologiche, secondo una forma piuttosto arcuata, la cui concavità è orientata nel senso opposto allo spostamento. I fenomeni associati ai fronti secondari sono meno intensi ed estesi di quelli dei fronti principali. Le linee di instabilità. Se su un'area di bassa pressione l'aria è più fredda rispetto alla latitudine del luogo, possono formarsi delle perturbazioni secondarie quando i contrasti termici sono particolarmente accentuati. La linea che delimita idealmente al suolo questi contrasti termici viene chiamata linea di instabilità e si osserva con frequenza nella parte posteriore di un fronte freddo o nei vortici depressionari ormai in fase di occlusione. Le linee di instabilità si manifestano con nuvolosità cumuliforme, rovesci e temporali a carattere isolato. Sulle carte meteorologiche le linee di instabilità sono raffigurate con linee che alternano ad un tratto due punti. 53. Gli anticicloni. Sono centri di alta pressione attorno ai quali l'aria circola in senso orario nel nostro emisfero ed in senso antiorario nell'emisfero sud. Gli anticicloni si possono estendere su aree vaste anche qualche migliaio di chilometri di diametro, ne sono un esempio gli anticicloni permanenti delle regioni polari e di quelle subtropicali, oppure estendersi poche centinaio di chilometri come gli anticicloni mobili che separano una depressione dalla successiva all'interno della stessa famiglia di cicloni. L'influenza degli anticicloni sulle condizioni meteorologiche è meno attiva di quella dei cicloni permanenti o di quelli mobili. Nelle aree di alta pressione le condizioni sono generalmente tranquille, i venti sono deboli, le precipitazioni poco frequenti, mentre la temperatura media diurna tende a mantenersi stazionaria per lunghi periodi. Le prolungate fasi di bel tempo che, nella stagione estiva, interessano il bacino del Mediterraneo sono determinate dall'espansione dell'anticiclone delle Azzorre verso est-nord est. Gli anticicloni sono la fucina delle principali tipi di masse d'aria e costituiscono un baluardo contro le depressioni mobili delle medie latitudini costrette ad aggirare l'ostacolo e a passare lungo il bordo settentrionale dell'area occupata dagli anticicloni. Mentre i cicloni sono sede di lenti movimenti ascendenti, gli anticicloni sono caratterizzati da aria in lenta discesa (subsidenza) che causa il riscaldamento per compressione dei bassi strati dell'atmosfera, il dissolvimento delle nubi e la formazione di inversioni termiche in quota che, determinando il ristagno e l'accumulo di vapore acqueo emesso dal suolo, sono conseguenza delle nebbie e delle foschie nei mesi autunnali ed invernali. Rappresentazione grafica degli anticicloni sulle carte del tempo. Nelle carte meteorologiche gli anticicloni sono rappresentati da isobare concentriche chiuse attorno ad un massimo di pressione nella parte centrale. In un anticiclone i venti soffiano quasi parallelamente alle isobare in senso orario, nel nostro emisfero, ed in senso antiorario nell'emisfero sud. Anche gli anticicloni hanno forma ellittica con l'asse maggiore di simmetria orientato prevalentemente lungo i paralleli. In un anticiclone le isobare sono molto distanziate fra loro essendo in presenza di un gradiente barico debole e di conseguenza anche il vento risulta essere debole. Figura 16. Circolazione dei venti intorno ad un anticiclone nell'emisfero nord. In base alla loro natura gli anticicloni rappresentati sulle carte al suolo si distinguono in dinamici, termici e mobili. Gli anticicloni dinamici sono quelli che stazionano permanentemente attorno ai 30-35° di latitudine comparendo quasi costantemente sulle carte sinottiche. Sono costituiti da aria calda a tutte le quote e si estendono fino ai limiti della troposfera. Un esempio di anticlone permanente è quello delle Azzorre dal quale si staccano con frequenza cellule di alta pressione che estendendosi verso le isole britanniche o l'Europa impediscono l'ingresso delle perturbazioni atlantiche nell'area mediterranea anche per diverse settimane (anticiclone di blocco). Al contrario quando l'anticiclone delle Azzorre si ritira a latitudini più basse le perturbazioni di origine atlantica fanno il loro ingresso in Europa e nel bacino del Mediterraneo. Gli anticicloni termici traggono origine dal diseguale riscaldamento della superficie terrestre. Appartengono a questa categoria gli anticicloni permanenti che stazionano in corrispondenza delle calotte polari e quelli semipermanenti che si instaurano sui continenti nella stagione invernale (ad esempio l'anticiclone russo-siberiano). Sono caratterizzati da scarsa mobilità, da valori pressori molto elevati nella loro parte centrale (attorno ai 1.040 hPa ma si possono avere anche valori di 1.060 hPa) ed occupano aree geografiche molto vaste estendendosi talvolta all'intero continente euro-asiatico. Anticicloni termici sono anche quelli ad evoluzione diurna responsabili delle brezze. I dislivelli barici fra mare e terraferma oppure fra pianura e montagna sono nell'ordine dei 2-3 hPa ed è per questo motivo che non sono individuabili sulle carte del tempo (ricordiamo che fra un'isobara e la successiva intercorrono 4 hPa). Gli anticicloni di origine termica sono costituiti da aria più fredda di quella delle aree circostanti e non si spingono oltre i 2000-3000 metri di quota oltre la quale la circolazione anticiclonica viene sostituita da una circolazione ciclonica. Gli anticicloni mobili o di chiusura sono quelli che si interpongono fra due famiglie di perturbazioni. Al loro interno il gradiente barico è piuttosto intenso e la loro estensione è di poche centinaia di chilometri di diametro. I promontori ed i cunei. Sono aree di alta pressione che si protendono fra aree di bassa pressione. Il promontorio ha la forma di una U rovesciata e costituisce la propaggine settentrionale di un anticiclone con asse di simmetria posto nel verso dei meridiani. I promontori più comuni sono quelli che separano i diversi membri di una famiglia di perturbazioni e sono per questo motivo posizionati fra il fronte freddo di un ciclone ed il fronte caldo del ciclone che segue. Il promontorio è caratterizzato da condizioni di tempo buono soprattutto nella parte orientale rispetto all'asse, mentre nella parte orientale il tempo è buono solo in corrispondenza dell'area interessata dalla correnti a curvatura anticiclonica. Il cuneo è sempre una propaggine di un anticiclone ma con asse di simmetria posto nel verso dei paralleli. Figura 17. Struttura di un promontorio. I cunei si formano spesso anche per ragioni orografiche, come avviene sul versante settentrionale della catena alpina a causa dell'accumulazione di masse di aria fredda convogliate da veloci correnti di origine settentrionale. Questa situazione apporta maltempo sul versante settentrionale (Stau) e bel tempo sul versante padano (Foehn). L'espansione dell'anticiclone delle Azzorre spesso da luogo ad un promontorio che si estende fino sulle isole britanniche oppure ad un cuneo che si protende fino all'Europa orientale. Nel primo caso sull'Italia si ha l'afflusso di correnti particolarmente fredde, nel secondo caso si hanno situazioni di nebbia persistente sulle regioni settentrionali. La sella. La sella è una configurazione formata da due anticicloni e da due cicloni con i rispettivi centri di alta e bassa pressione opposti l'uno all'altro. All'interno di una sella il vento è di intensità e direzione variabile, favorisce cioè il contrasto fra masse d'aria con caratteristiche diverse. Nei mesi estivi una sella può provocare temporali. Una sella formatasi al centro di un oceano, con le isobare molto ravvicinate è pericolosa (da una delle due basse pressioni potrebbe generarsi un uragano). La sella altresì può trasformarsi in una saccatura. Figura 18. Struttura di una sella. Il pendio. Il pendio è una configurazione caratterizzata da isobare quasi rettilinee e parallele dove la pressione atmosferica diminuisce regolarmente in una data direzione. Sul lato confinante con l'alta pressione le condizioni meteorologiche sono generalmente buone ed il cielo è cosparso di cirri. La nuvolosità diventa più intensa mano a mano che ci si avvicina alla zona di bassa pressione. Figura 19. Struttura di un pendio. La pressione livellata. In un'area dove la pressione atmosferica è livellata le isobare sono molto distanti fra loro e non hanno una forma ben definita. Questa situazione solitamente la si può osservare all'interno di un'area anticiclonica. I venti sono deboli e le condizioni del tempo sono determinate essenzialmente dall'irraggiamento notturno e dall'insolazione diurna. Nella stagione estiva le zone interessate da pressione atmosferica livellata sono la sede più favorevole per l'instaurazione delle brezze e dei temporali pomeridiani sulla terraferma. La curvatura delle isobare. Nelle saccature le isobare rivolgono la loro concavità verso latitudini più basse, mentre i promontori rivolgono la loro concavità verso latitudini più alte. Comunemente si dice che nelle saccature le isobare hanno curvatura ciclonica, mentre nei promontori le isobare hanno curvatura anticiclonica. Tenendo conto che il tempo perturbato è associato alle saccature, mentre il tempo stabile e soleggiato è associato ai promontori, l'esame della curvatura delle isobare è molto importante per la previsione del tempo perchè può anche dare ulteriori indicazioni sull'evoluzione dei fronti. I fronti freddi, con isobare a curvatura anticiclonica in corrispondenza della parte di aria fredda, tendono a decelerare e a rinforzarsi mentre, quelli con curvatura ciclonica tendono a decelerare e dissolversi. I fonti caldi, con curvatura anticiclonica dalla parte della massa di aria fredda, diventano più attivi se la velocità di spostamento è bassa, mentre con curvatura ciclonica si rinforzano se la velocità di spostamento risulta essere maggiore.