Gli articoli 33 e 34 della Costituzione Concretamente, l’opera di promozione culturale si svolge garantendo: — la libertà di insegnamento (art. 33, comma 1 Cost.); — la presenza di scuole statali per tutti i tipi, ordini e gradi di istruzione (art. 33, comma 2 Cost.); — il libero accesso all’istruzione scolastica, senza alcuna discriminazione (art. 34, comma 1 Cost.); — l’obbligatorietà e gratuità dell’istruzione dell’obbligo (art. 34, comma 2 Cost.); — il riconoscimento del diritto allo studio anche a coloro che sono privi di mezzi, purché capaci e meritevoli mediante borse di studio, assegni ed altre provvidenze da attribuirsi per concorso (art. 34, comma 3 Cost.); — l’ammissione, per esami, ai vari gradi dell’istruzione scolastica e dell’abilitazione professionale (art. 33, comma 5 Cost.); — la libera istituzione di scuole da parte di enti o privati (art. 33, comma 3 Cost.); — la parificazione delle scuole private a quelle statali, quanto agli effetti legali e al riconoscimento professionale del titolo di studio (art. 33, comma 4 Cost.). Oltre che allo Stato in prima persona i compiti sopra indicati potranno essere espletati anche da altre soggettività (Regioni, Province, Comuni, Comunità montane, Aziende/ASL etc.). Il termine "Repubblica" viene infatti adoperato nell’art. 9 Cost. nella sua accezione più vasta. È quindi lo Stato come ordinamento, in tutte le sue possibili articolazioni, che persegue la promozione culturale attraverso l’opera di ciascun soggetto pubblico, ognuno nella misura e nei limiti del proprio ambito di competenza. Restano estranei alla nozione di Repubblica, che abbiamo innanzi illustrato, tutti gli enti di diritto privato (associazioni, istituzioni, fondazioni) pur non potendo essere disconosciuto l’enorme contributo da essi fornito allo sviluppo e all’elevazione intellettuale della collettività. La libertà dell’arte e della scienza L’articolo 33, 1º comma, della Costituzione sancisce: "L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento". L’identificazione dei concetti di "arte" e di "scienza" è di enorme difficoltà, poiché qualsiasi oggetto può essere affrontato scientificamente e qualunque può essere il contenuto o il motivo di una espressione artistica. Se per quanto attiene alle manifestazioni scientifiche si può far riferimento al criterio del modo o del metodo con cui vengono sviluppate, ossia quello considerato tale in un determinato momento storico dall’opinione prevalente, non è possibile ricorrere a tale criterio per le manifestazioni artistiche. Qui si può solo far riferimento al fine estetico intrinseco che, pur non eliminando tutte le difficoltà, è l’unico che presenta sufficienti garanzie di non arbitrarietà ed oggettività. Saremo quindi in presenza di manifestazioni artistiche o scientifiche quando l’oggetto dell’attività abbia un fine estetico in sé o sia trattato con metodo scientifico. In sede di Assemblea Costituente fu sollevata la questione della inutilità della lettera dell’art. 33, 1º comma, Cost. laddove si proclama la libertà dell’arte e della scienza che, per definizione, incarnano ed esprimono esse stesse la libertà. Ciò nonostante la formula rimase invariata perché fu considerata valida garanzia della "libertà di manifestazione concettuale e, al tempo stesso, della effettiva libertà della manifestazione organizzativa e strumentale dell’insegnamento". Tale affermazione, peraltro condivisa dalla Corte Costituzionale (sent. n. 16/1980) più volte intervenuta in materia, consente di enucleare due distinti concetti: libertà nell’insegnamento con riferimento al profilo metodologico e contenutistico (c.d. autonomia didattica); libertà dell’insegnamento con riferimento all’ambito organizzativo e strutturale. La libertà nell’insegnamento Con riferimento alla prima accezione è da condividersi l’opinione di chi afferma che l’insegnamento consiste in qualunque manifestazione, anche isolata, del proprio pensiero che, riguardando l’arte e la scienza, abbia in sé forza tale da illuminare altri sullo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Di ciò si trova conferma nel testo dell’art. 1 del D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297 (Testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione valido per le scuole di ogni ordine e grado) che sancisce: "… la libertà d’insegnamento è intesa come autonomia didattica e come libera espressione culturale del docente… ed è diretta a promuovere, attraverso un confronto aperto di posizioni culturali, la piena formazione della personalità degli alunni". L’insegnamento può essere impartito in qualsiasi luogo, anche isolatamente, sia ai giovani che agli adulti; non è neanche necessario che si rivolga ad una categoria differenziata di soggetti o che questi siano in rapporto di subordinazione rispetto al docente. Restano escluse tutte le manifestazioni eminentemente propagandistiche di tesi o teorie che non ricevono alcuna garanzia costituzionale. Nell’area di garanzia della libertà di insegnamento non può essere compresa neanche l’espressione di convinzioni personali opinabili e arbitrarie, bensì solo l’esposizione di argomenti attuata con metodo scientifico; proprio su questo punto si basa la più ampia tutela di siffatta libertà rispetto a quella di manifestazione del pensiero. La libertà di insegnamento, in presenza di un’esplicita dichiarazione costituzionale, deve ritenersi totalmente libera e tutelata in maniera assolutamente svincolata, secondo alcuni autori, anche dall’unico limite esplicito posto dalla Costituzione alla libertà di manifestazione del pensiero: quello del buon costume. La dottrina dominante, invece, è di parere contrario e ritiene che l’insegnamento, in qualunque ambito venga esercitato, incontri quali limiti alla sua libera esplicazione il rispetto del buon costume, dell’ordine pubblico, della pubblica incolumità. Difficilmente definibile a priori è l’ambito concettuale del buon costume in quanto strettamente collegato alla contingenza storica e al quadro di valori accolti dalla collettività sociale. In senso lato vi si possono far rientrare tutti quegli atti o fatti che in un dato momento storico suscitano scandalo o allarme sociale, violando il comune senso del pudore o la coscienza collettiva. Il rispetto dell’ordine pubblico si traduce nel divieto di introdurre, per il tramite dell’insegnamento, elementi di turbativa sociale e di propaganda sovversiva per le istituzioni dello Stato. Il limite della pubblica incolumità attiene, infine, a quelle "attività pratiche che si accompagnino, integrandolo o sviluppandolo, all’insegnamento" (attività tecniche o di laboratorio) e che, quando svolte senza le normali cautele, sono potenzialmente pregiudizievoli per l’integrità fisica e la salute degli alunni. Infine, il legislatore ha provveduto ad identificare quali ulteriori limiti alla libertà d’insegnamento il rispetto delle norme costituzionali e degli ordinamenti della scuola, nonché il rispetto della coscienza morale e civile degli alunni (artt. 1-2 D.Lgs. 297/1994). Appare chiaro che l’espressione "rispetto della coscienza morale e civile degli alunni", pur nella sua vaghezza, va interpretata secondo una chiave di lettura che tenga conto della lettera dell’art. 2 Cost. ("La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità…"). La libertà di insegnamento diventa, in altri termini, strumento attraverso il quale dare corpo alla libertà e ai diritti del discente: diritto all’apprendimento, diritto alla continuità dell’azione educativa, diritto alla diversità. La libera gestione dell’istruzione Dal punto di vista strutturale la libertà di insegnamento, enucleabile ex art. 33, 1º comma Cost., si connota e si qualifica come "libertà della scuola". In particolare il secondo comma dell’art. 33 Cost., afferma che "la Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi". Allo Stato quindi compete, in via generale, la predisposizione dei mezzi di istruzione e la creazione delle norme generali in materia. Tuttavia l’istruzione non è riservata, quanto alla sua gestione, soltanto allo Stato: tanto è vero che l’articolo 33, comma 3, afferma che "enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione senza oneri per lo Stato". Dunque, per quanto riguarda la creazione e la gestione dei mezzi di istruzione, non vi è alcun monopolio statale; al contrario la previsione costituzionale legittima un sistema parallelo, libero nelle forme organizzative e nei contenuti. Ciò discende evidentemente dal principio costituzionale della libertà di manifestazione del pensiero, e della libertà di iniziative dirette a realizzare la diffusione dello stesso, anche mediante l’insegnamento. Va tuttavia segnalato che il "parallelismo fra iniziativa pubblica e iniziativa privata" nella libera gestione dell’istruzione non comporta impegni di spesa da parte dello Stato: la scuola privata deve, infatti, costituirsi e gestirsi senza onere per lo Stato. Pur nella sua chiarezza la previsione dell’art. 33, 3º comma Cost., è stata al centro di un lungo dibattito dottrinale e giurisprudenziale al fine di stabilire quale sia l’ambito del non-intervento statale: la sola istituzione della scuola privata ovvero il suo funzionamento. In realtà sembra legittimo affermare che la lettera del dettato costituzionale non esclude che lo Stato possa intervenire finanziando scuole o istituti in difficoltà (ciò anzi potrebbe giovare al mantenimento di un pluralismo della cultura), ovvero scuole private in luoghi in cui non esistono scuole statali. Non è invece libera, ma legata a precise valutazioni tecniche, la possibilità di parificare ed equiparare gli studi compiuti in istituti di istruzione privati a quelli compiuti presso scuole statali. Risulta dall’art. 33, 4º comma che la parità con le scuole statali è accordata, alle scuole che la richiedono, in base a legge dello Stato che fissi "i diritti e gli obblighi" di esse. Ciò è evidentemente stabilito per il rispetto del principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost.: in tal senso il costituente ha disposto che agli alunni delle scuole private sia assicurato un trattamento equipollente a quello degli alunni delle scuole statali. Significativo è quanto sentenziato dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sent. 15-61984): l’interpretazione dei principi di cui all’art. 33 Cost. è nel senso "di una assoluta equiparazione fra alunni di istituzioni pubbliche e private… per l’unicità della funzione e dello scopo prefissato, che è quello di fornire agli studenti un titolo culturale e giuridicamente efficace". Il diritto all’istruzione Strettamente collegata alla libertà di insegnamento (nella duplice accezione che se ne è evidenziata) è la libertà di istruzione, nel senso che al dovere statale di istituire, su tutto il territorio nazionale, scuole di ogni ordine e grado, fa fronte un diritto civico dei cittadini da intendersi come diritto ad una prestazione: il diritto di accedere liberamente al sistema scolastico, enucleabile dalla lettera dell’art. 34, 1º comma Cost. che recita: "La scuola è aperta a tutti". Il diritto allo studio si colloca, in una Costituzione garantita e solidarista come la nostra, nel novero dei diritti sociali ovvero di quei diritti che promuovono l’intervento dello Stato diretto a soddisfare le esigenze essenziali dei singoli. È compito della Repubblica, infatti, garantire l’estensione erga omnes dell’offerta di istruzione nonché la fruibilità di essa con una serie di provvidenze, elargizioni e aiuti finanziari alle famiglie degli studenti bisognosi, realizzando così l’eguaglianza dei "punti di partenza" voluta dall’art. 3, comma 2, Cost. In seno all’Assemblea Costituente fu osservato: "Uno dei punti al quale l’Italia deve tenere è che nella sua Costituzione, come in nessun’altra, sia accentuato l’impegno di aprire ai capaci e meritevoli, anche se poveri, i gradi più alti dell’istruzione. Alla realizzazione di questo impegno occorreranno grandi stanziamenti; ma non si deve esitare; si tratta di una delle forme più significative per riconoscere, anche qui, un diritto della persona, per utilizzare a vantaggio della società forze che resterebbero latenti e perdute, di attuare una vera e integrale democrazia". La partecipazione democratica I principi costituzionali in materia scolastica tracciano le linee portanti di una scuola che, qualunque ne sia la forma — pubblica o privata — si assume il compito di accompagnare lo studente nelle tappe fondamentali del suo percorso formativo e consentire, così, il pieno dispiegamento della sua personalità individuale e sociale. Più precisamente è da rilevare che la formazione scolastica non è certo fine a sé stessa mirando a consentire il perfetto ed armonioso integrarsi dell’individuo nella comunità sociale, tanto che può parlarsi di una formazione integrale della persona umana. Scuola e società conducono, perciò, un’azione sinergica in tal senso, interagendo a diversi livelli. È questo il senso della partecipazione democratica che, a partire dai decreti delegati del ’74 fino al Testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia scolastica (D.Lgs. 297/94), viene introdotta come strumento di interazione volto a consentire il coinvolgimento delle forze sociali, delle comunità locali e degli interessati (studenti e genitori) ai problemi della scuola, e viceversa l’approfondimento dei problemi della società in funzione della formazione culturale e civile degli studenti. TITOLO V LE REGIONI, LE PROVINCE, I COMUNI Art. 114. La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione. Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento. Art. 115. Abrogato dall'articolo 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3 Art. 116. Il Friuli-Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale. La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è costituita dalle Province autonome di Trento e Bolzano. Ulteriori forme e condizioni particolari da autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata. Art. 117. La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea; b) immigrazione; c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose; d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi; e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie; f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo; g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali; h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale; i) cittadinanza, stato civile e anagrafi; l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa; m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; n) norme generali sull'istruzione; o) previdenza sociale; p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane; q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale; r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno; s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali. Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza. La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite. Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive. La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni. Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato. Art. 118. Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze. La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell'articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali. Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà. Legge 15 marzo 1997 n. 59 Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa (Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 63 del 17 marzo 1997) Capo I Art. 1. 1. Il Governo è delegato ad emanare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi volti a conferire alle regioni e agli enti locali, ai sensi degli articoli 5, 118 e 128 della Costituzione, funzioni e compiti amministrativi nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi contenuti nella presente legge. Ai fini della presente legge, per "conferimento" si intende trasferimento, delega o attribuzione di funzioni e compiti e per "enti locali" si intendono le province, i comuni, le comunità montane e gli altri enti locali. 2. Sono conferite alle regioni e agli enti locali, nell'osservanza del principio di sussidiarietà di cui all'articolo 4, comma 3, lettera a), della presente legge, anche ai sensi dell'articolo 3 della legge 8 giugno 1990, n. 142, tutte le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla cura degli interessi e alla promozione dello sviluppo delle rispettive comunità, nonchè tutte le funzioni e i compiti amministrativi localizzabili nei rispettivi territori in atto esercitati da qualunque organo o amministrazione dello Stato, centrali o periferici, ovvero tramite enti o altri soggetti pubblici. 3. Sono esclusi dall'applicazione dei commi 1 e 2 le funzioni e i compiti riconducibili alle seguenti materie: a) affari esteri e commercio estero, nonchè cooperazione internazionale e attività promozionale all'estero di rilievo nazionale; b) difesa, forze armate, armi e munizioni, esplosivi e materiale strategico; c) rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose; d) tutela dei beni culturali e del patrimonio storico artistico; e) vigilanza sullo stato civile e sull'anagrafe; f) cittadinanza, immigrazione, rifugiati e asilo politico, estradizione; g) consultazioni elettorali, elettorato attivo e passivo, propaganda elettorale, consultazioni referendarie escluse quelle regionali; h) moneta, sistema valutario e perequazione delle risorse finanziarie; i) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale; l) ordine pubblico e sicurezza pubblica; m) amministrazione della giustizia; n) poste e telecomunicazioni; o) previdenza sociale, eccedenze di personale temporanee e strutturali; p) ricerca scientifica; q) istruzione universitaria, ordinamenti scolastici, programmi scolastici, organizzazione generale dell'istruzione scolastica e stato giuridico del personale. r) vigilanza in materia di lavoro e cooperazione. 4. Sono inoltre esclusi dall'applicazione dei commi 1 e 2: a) i compiti di regolazione e controllo già attribuiti con legge statale ad apposite autorità indipendenti; b) i compiti strettamente preordinati alla programmazione, progettazione, esecuzione e manutenzione di grandi reti infrastrutturali dichiarate di interesse nazionale con legge statale; c) i compiti di rilievo nazionale del sistema di protezione civile, per la difesa del suolo, per la tutela dell'ambiente e della salute, per gli indirizzi, le funzioni e i programmi nel settore dello spettacolo, per la ricerca, la produzione, il trasporto e la distribuzione di energia; gli schemi di decreti legislativi, ai fini della individuazione dei compiti di rilievo nazionale, sono predisposti previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano; in mancanza dell'intesa, il Consiglio dei ministri delibera motivatamente in via definitiva su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri; d) i compiti esercitati localmente in regime di autonomia funzionale dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e dalle università degli studi; e) il coordinamento dei rapporti con l'Unione europea e i compiti preordinati ad assicurare l'esecuzione a livello nazionale degli obblighi derivanti dal Trattato sull'Unione europea e dagli accordi internazionali. 5. Resta ferma la disciplina concernente il sistema statistico nazionale, anche ai fini del rispetto degli obblighi derivanti dal Trattato sull'Unione europea e dagli accordi internazionali. 6. La promozione dello sviluppo economico, la valorizzazione dei sistemi produttivi e la promozione della ricerca applicata sono interessi pubblici primari che lo Stato, le regioni, le province, i comuni e gli altri enti locali assicurano nell'ambito delle rispettive competenze, nel rispetto delle esigenze della salute, della sicurezza pubblica e della tutela dell'ambiente. ……………………………………………………………………………………………………… Capo IV Art. 21 1. L'autonomia delle istituzioni scolastiche e degli istituti educativi si inserisce nel processo di realizzazione della autonomia e della riorganizzazione dell'intero sistema formativo. Ai fini della realizzazione della autonomia delle istituzioni scolastiche le funzioni dell'Amministrazione centrale e periferica della pubblica istruzione in materia di gestione del servizio di istruzione, fermi restando i livelli unitari e nazionali di fruizione del diritto allo studio nonchè gli elementi comuni all'intero sistema scolastico pubblico in materia di gestione e programmazione definiti dallo Stato, sono progressivamente attribuite alle istituzioni scolastiche, attuando a tal fine anche l'estensione ai circoli didattici, alle scuole medie, alle scuole e agli istituti di istruzione secondaria, della personalità giuridica degli istituti tecnici e professionali e degli istituti d'arte ed ampliando l'autonomia per tutte le tipologie degli istituti di istruzione, anche in deroga alle norme vigenti in materia di contabilità dello Stato. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli istituti educativi, tenuto conto delle loro specificità ordinamentali. 2. Ai fini di quanto previsto nel comma 1, si provvede con uno o più regolamenti da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, nel termine di nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sulla base dei criteri generali e princìpi direttivi contenuti nei commi 3, 4, 5, 7, 8, 9, 10 e 11 del presente articolo. Sugli schemi di regolamento è acquisito, anche contemporaneamente al parere del Consiglio di Stato, il parere delle competenti Commissioni parlamentari. Decorsi sessanta giorni dalla richiesta di parere alle Commissioni, i regolamenti possono essere comunque emanati. Con i regolamenti predetti sono dettate disposizioni per armonizzare le norme di cui all'articolo 355 del testo unico approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, con quelle della presente legge. 3. I requisiti dimensionali ottimali per l'attribuzione della personalità giuridica e dell'autonomia alle istituzioni scolastiche di cui al comma 1, anche tra loro unificate nell'ottica di garantire agli utenti una più agevole fruizione del servizio di istruzione, e le deroghe dimensionali in relazione a particolari situazioni territoriali o ambientali sono individuati in rapporto alle esigenze e alla varietà delle situazioni locali e alla tipologia dei settori di istruzione compresi nell'istituzione scolastica. Le deroghe dimensionali saranno automaticamente concesse nelle province il cui territorio è per almeno un terzo montano, in cui le condizioni di viabilità statale e provinciale siano disagevoli e in cui vi sia una dispersione e rarefazione di insediamenti abitativi. 4. La personalità giuridica e l'autonomia sono attribuite alle istituzioni scolastiche di cui al comma 1 a mano a mano che raggiungono i requisiti dimensionali di cui al comma 3 attraverso piani di dimensionamento della rete scolastica, e comunque non oltre il 31 dicembre 2000 contestualmente alla gestione di tutte le funzioni amministrative che per loro natura possono essere esercitate dalle istituzioni autonome. In ogni caso il passaggio al nuovo regime di autonomia sarà accompagnato da apposite iniziative di formazione del personale, da una analisi delle realtà territoriali, sociali ed economiche delle singole istituzioni scolastiche per l'adozione dei conseguenti interventi perequativi e sarà realizzato secondo criteri di gradualità che valorizzino le capacità di iniziativa delle istituzioni stesse. 5. La dotazione finanziaria essenziale delle istituzioni scolastiche già in possesso di personalità giuridica e di quelle che l'acquistano ai sensi del comma 4 è costituita dall'assegnazione dello Stato per il funzionamento amministrativo e didattico, che si suddivide in assegnazione ordinaria e assegnazione perequativa. Tale dotazione finanziaria è attribuita senza altro vincolo di destinazione che quello dell'utilizzazione prioritaria per lo svolgimento delle attività di istruzione, di formazione e di orientamento proprie di ciascuna tipologia e di ciascun indirizzo di scuola. 6. Sono abrogate le disposizioni che prevedono autorizzazioni preventive per l'accettazione di donazioni, eredità e legati da parte delle istituzioni scolastiche, ivi compresi gli istituti superiori di istruzione artistica, delle fondazioni o altre istituzioni aventi finalità di educazione o di assistenza scolastica. Sono fatte salve le vigenti disposizioni di legge o di regolamento in materia di avviso ai successibili. Sui cespiti ereditari e su quelli ricevuti per donazione non sono dovute le imposte in vigore per le successioni e le donazioni. 7. Le istituzioni scolastiche che abbiano conseguito personalità giuridica e autonomia ai sensi del comma 1 e le istituzioni scolastiche già dotate di personalità e autonomia, previa realizzazione anche per queste ultime delle operazioni di dimensionamento di cui al comma 4, hanno autonomia organizzativa e didattica, nel rispetto degli obiettivi del sistema nazionale di istruzione e degli standard di livello nazionale. 8. L'autonomia organizzativa è finalizzata alla realizzazione della flessibilità, della diversificazione, dell'efficienza e dell'efficacia del servizio scolastico, alla integrazione e al miglior utilizzo delle risorse e delle strutture, all'introduzione di tecnologie innovative e al coordinamento con il contesto territoriale. Essa si esplica liberamente, anche mediante superamento dei vincoli in materia di unità oraria della lezione, dell'unitarietà del gruppo classe e delle modalità di organizzazione e impiego dei docenti, secondo finalità di ottimizzazione delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche, materiali e temporali, fermi restando i giorni di attività didattica annuale previsti a livello nazionale, la distribuzione dell'attività didattica in non meno di cinque giorni settimanali, il rispetto dei complessivi obblighi annuali di servizio dei docenti previsti dai contratti collettivi che possono essere assolti invece che in cinque giorni settimanali anche sulla base di un'apposita programmazione plurisettimanale. 9. L'autonomia didattica è finalizzata al perseguimento degli obiettivi generali del sistema nazionale di istruzione, nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie e del diritto ad apprendere. Essa si sostanzia nella scelta libera e programmata di metodologie, strumenti, organizzazione e tempi di insegnamento, da adottare nel rispetto della possibile pluralità di opzioni metodologiche, e in ogni iniziativa che sia espressione di libertà progettuale, compresa l'eventuale offerta di insegnamenti opzionali, facoltativi o aggiuntivi e nel rispetto delle esigenze formative degli studenti. A tal fine, sulla base di quanto disposto dall'articolo 1, comma 71, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, sono definiti criteri per la determinazione degli organici funzionali di istituto, fermi restando il monte annuale orario complessivo previsto per ciascun curriculum e quello previsto per ciascuna delle discipline ed attività indicate come fondamentali di ciascun tipo o indirizzo di studi e l'obbligo di adottare procedure e strumenti di verifica e valutazione della produttività scolastica e del raggiungimento degli obiettivi. 10. Nell'esercizio dell'autonomia organizzativa e didattica le istituzioni scolastiche realizzano, sia singolarmente che in forme consorziate, ampliamenti dell'offerta formativa che prevedano anche percorsi formativi per gli adulti, iniziative di prevenzione dell'abbandono e della dispersione scolastica, iniziative di utilizzazione delle strutture e delle tecnologie anche in orari extrascolastici e a fini di raccordo con il mondo del lavoro, iniziative di partecipazione a programmi nazionali, regionali o comunitari e, nell'ambito di accordi tra le regioni e l'amministrazione scolastica, percorsi integrati tra diversi sistemi formativi. Le istituzioni scolastiche autonome hanno anche autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo nei limiti del proficuo esercizio dell'autonomia didattica e organizzativa. Gli istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento educativi, il Centro europeo dell'educazione, la Biblioteca di documentazione pedagogica e le scuole ed istituti a carattere atipico di cui alla parte I, titolo II, capo III, del testo unico approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sono riformati come enti finalizzati al supporto dell'autonomia delle istituzioni scolastiche autonome. 11. Con regolamento adottato ai sensi del comma 2 sono altresì attribuite la personalità giuridica e l'autonomia alle Accademie di belle arti, agli Istituti superiori per le industrie artistiche, ai Conservatori di musica, alle Accademie nazionali di arte drammatica e di danza, secondo i principi contenuti nei commi 8, 9 e 10 e con gli adattamenti resi necessari dalle specificità proprie di tali istituzioni. 12. Le università e le istituzioni scolastiche possono stipulare convenzioni allo scopo di favorire attività di aggiornamento, di ricerca e di orientamento scolastico e universitario. 13. Con effetto dalla data di entrata in vigore delle norme regolamentari di cui ai commi 2 e 11 sono abrogate le disposizioni vigenti con esse incompatibili, la cui ricognizione è affidata ai regolamenti stessi. Il Governo è delegato ad aggiornare e coordinare, entro un anno dalla data di entrata in vigore delle predette disposizioni regolamentari, le norme del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, apportando tutte le conseguenti e necessarie modifiche. 14. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro del tesoro, sono emanate le istruzioni generali per l'autonoma allocazione delle risorse, per la formazione dei bilanci, per la gestione delle risorse ivi iscritte e per la scelta dell'affidamento dei servizi di tesoreria o di cassa, nonchè per le modalità del riscontro delle gestioni delle istituzioni scolastiche, anche in attuazione dei princìpi contenuti nei regolamenti di cui al comma 2. È abrogato il comma 9 dell'articolo 4 della legge 24 dicembre 1993, n. 537. 15. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge il Governo è delegato ad emanare un decreto legislativo di riforma degli organi collegiali della pubblica istruzione di livello nazionale e periferico che tenga conto della specificità del settore scolastico, valorizzando l'autonomo apporto delle diverse componenti e delle minoranze linguistiche riconosciute, nonchè delle specifiche professionalità e competenze, nel rispetto dei seguenti criteri: a) armonizzazione della composizione, dell'organizzazione e delle funzioni dei nuovi organi con le competenze dell'amministrazione centrale e periferica come ridefinita a norma degli articoli 12 e 13 nonchè con quelle delle istituzioni scolastiche autonome; b) razionalizzazione degli organi a norma dell'articolo 12, comma 1, lettera p); c) eliminazione delle duplicazioni organizzative e funzionali, secondo quanto previsto dall'articolo 12, comma 1, lettera g); d) valorizzazione del collegamento con le comunità locali a norma dell'articolo 12, comma 1, lettera i); e) attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 59 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, nella salvaguardia del principio della libertà di insegnamento. 16. Nel rispetto del principio della libertà di insegnamento e in connessione con l'individuazione di nuove figure professionali del personale docente, ferma restando l'unicità della funzione, ai capi d'istituto è conferita la qualifica dirigenziale contestualmente all'acquisto della personalità giuridica e dell'autonomia da parte delle singole istituzioni scolastiche. I contenuti e le specificità della qualifica dirigenziale sono individuati con decreto legislativo integrativo delle disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, da emanare entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, sulla base dei seguenti criteri: a) l'affidamento, nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici, di autonomi compiti di direzione, di coordinamento e valorizzazione delle risorse umane, di gestione di risorse finanziarie e strumentali, con connesse responsabilità in ordine ai risultati; b) il raccordo tra i compiti previsti dalla lettera a) e l'organizzazione e le attribuzioni dell'amministrazione scolastica periferica, come ridefinite ai sensi dell'articolo 13, comma 1; c) la revisione del sistema di reclutamento, riservato al personale docente con adeguata anzianità di servizio, in armonia con le modalità previste dall'articolo 28 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29; d) l'attribuzione della dirigenza ai capi d'istituto attualmente in servizio, assegnati ad una istituzione scolastica autonoma, che frequentino un apposito corso di formazione. 17. Il rapporto di lavoro dei dirigenti scolastici sarà disciplinato in sede di contrattazione collettiva del comparto scuola, articolato in autonome aree. 18. Nell'emanazione del regolamento di cui all'articolo 13 la riforma degli uffici periferici del Ministero della pubblica istruzione è realizzata armonizzando e coordinando i compiti e le funzioni amministrative attribuiti alle regioni ed agli enti locali anche in materia di programmazione e riorganizzazione della rete scolastica. 19. Il Ministro della pubblica istruzione presenta ogni quattro anni al Parlamento, a decorrere dall'inizio dell'attuazione dell'autonomia prevista nel presente articolo, una relazione sui risultati conseguiti, anche al fine di apportare eventuali modifiche normative che si rendano necessarie. 20. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con propria legge la materia di cui al presente articolo nel rispetto e nei limiti dei propri statuti e delle relative norme di attuazione. Decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275 (in SO 152/L della GU 10 agosto 1999, n. 186) Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59 IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visto l'articolo 87 della Costituzione; Visto l'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59; Visto l'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400; Visto il Testo Unico delle leggi in materia di istruzione approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297; Visti i pareri del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, espressi nelle adunanze del 30 settembre e 15 ottobre 1998; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 30 ottobre 1998; Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112; Visto il decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; Sentita la Conferenza unificata Stato-regioni-città ed autonomie locali nella seduta del 17 dicembre 1998; Udito il parere del Consiglio di Stato espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del 23 novembre 1998; Acquisiti i pareri delle competenti commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, espressi nelle sedute del 16 febbraio 1999 e del 10 febbraio 1999; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del 25/2/1999; Sulla proposta del Ministro della Pubblica Istruzione, di concerto con i Ministri del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica, della Funzione Pubblica e per gli Affari Regionali e del Lavoro e della Previdenza Sociale; EMANA il seguente regolamento AUTONOMIA DELLE ISTITUZIONI SCOLASTICHE TITOLO I ISTITUZIONI SCOLASTICHE NEL QUADRO DELL'AUTONOMIA CAPO I DEFINIZIONI E OGGETTO Art. 1 Natura e scopi dell'autonomia delle istituzioni scolastiche 1. Le istituzioni scolastiche sono espressioni di autonomia funzionale e provvedono alla definizione e alla realizzazione dell'offerta formativa, nel rispetto delle funzioni delegate alle Regioni e dei compiti e funzioni trasferiti agli Enti locali, ai sensi degli articoli 138 e 139 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. A tal fine interagiscono tra loro e con gli Enti locali promuovendo il raccordo e la sintesi tra le esigenze e le potenzialità individuali e gli obiettivi nazionali del sistema di istruzione. 2. L'autonomia delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l'esigenza di migliorare l'efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento. Art. 2 Oggetto 1. Il presente regolamento detta la disciplina generale dell'autonomia delle istituzioni scolastiche, individua le funzioni ad esse trasferite e provvede alla ricognizione delle disposizioni di legge abrogate. 2. Il presente regolamento, fatta salva l'immediata applicazione delle disposizioni transitorie, si applica alle istituzioni scolastiche a decorrere dal 1° settembre 2000. 3. Le istituzioni scolastiche parificate, pareggiate e legalmente riconosciute entro il termine di cui al comma 2 adeguano, in coerenza con le proprie finalità, il loro ordinamento alle disposizioni del presente regolamento relative alla determinazione dei curricoli, e lo armonizzano con quelle relative all'autonomia didattica, organizzativa, di ricerca, sperimentazione e sviluppo e alle iniziative finalizzate all'innovazione. A esse si applicano altresì le disposizioni di cui agli articoli 12 e 13. 4. Il presente regolamento riguarda tutte le diverse articolazioni del sistema scolastico, i diversi tipi e indirizzi di studio e le esperienze formative e le attività nella scuola dell'infanzia. La terminologia adottata tiene conto della pluralità di tali contesti. CAPO II AUTONOMIA DIDATTICA E ORGANIZZATIVA, DI RICERCA, SPERIMENTAZIONE E SVILUPPO Art. 3 Piano dell'offerta formativa 1. Ogni istituzione scolastica predispone, con la partecipazione di tutte le sue componenti, il Piano dell'offerta formativa. Il Piano è il documento fondamentale costitutivo dell'identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche ed esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano nell'ambito della loro autonomia. 2. Il Piano dell'offerta formativa è coerente con gli obiettivi generali ed educativi dei diversi tipi e indirizzi di studi determinati a livello nazionale a norma dell'articolo 8 e riflette le esigenze del contesto culturale, sociale ed economico della realtà locale, tenendo conto della programmazione territoriale dell'offerta formativa. Esso comprende e riconosce le diverse opzioni metodologiche, anche di gruppi minoritari, e valorizza le corrispondenti professionalità. 3. Il Piano dell'offerta formativa è elaborato dal collegio dei docenti sulla base degli indirizzi generali per le attività della scuola e delle scelte generali di gestione e di amministrazione definiti dal consiglio di circolo o di istituto, tenuto conto delle proposte e dei pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni anche di fatto dei genitori e, per le scuole secondarie superiori, degli studenti. Il Piano è adottato dal consiglio di circolo o di istituto. 4. Ai fini di cui al comma 2 il dirigente scolastico attiva i necessari rapporti con gli Enti locali e con le diverse realtà istituzionali, culturali, sociali ed economiche operanti sul territorio. 5. Il Piano dell'offerta formativa è reso pubblico e consegnato agli alunni e alle famiglie all'atto dell'iscrizione. Art. 4 Autonomia didattica 1. Le istituzioni scolastiche, nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa delle famiglie e delle finalità generali del sistema, a norma dell'articolo 8 concretizzano gli obiettivi nazionali in percorsi formativi funzionali alla realizzazione del diritto ad apprendere e alla crescita educativa di tutti gli alunni, riconoscono e valorizzano le diversità, promuovono le potenzialità di ciascuno adottando tutte le iniziative utili al raggiungimento del successo formativo. 2. Nell'esercizio dell'autonomia didattica le istituzioni scolastiche regolano i tempi dell'insegnamento e dello svolgimento delle singole discipline e attività nel modo più adeguato al tipo di studi e ai ritmi di apprendimento degli alunni. A tal fine le istituzioni scolastiche possono adottare tutte le forme di flessibilità che ritengono opportune e tra l'altro: a) l'articolazione modulare del monte ore annuale di ciascuna disciplina e attività; b) la definizione di unità di insegnamento non coincidenti con l'unità oraria della lezione e l'utilizzazione, nell'ambito del curricolo obbligatorio di cui all'articolo 8, degli spazi orari residui; c) l'attivazione di percorsi didattici individualizzati, nel rispetto del principio generale dell'integrazione degli alunni nella classe e nel gruppo, anche in relazione agli alunni in situazione di handicap secondo quanto previsto dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104; d) l'articolazione modulare di gruppi di alunni provenienti dalla stessa o da diverse classi o da diversi anni di corso; e) l'aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari. 3. Nell'ambito dell'autonomia didattica possono essere programmati, anche sulla base degli interessi manifestati dagli alunni, percorsi formativi che coinvolgono più discipline e attività nonché insegnamenti in lingua straniera in attuazione di intese e accordi internazionali. 4. Nell'esercizio dell'autonomia didattica le istituzioni scolastiche assicurano comunque la realizzazione di iniziative di recupero e sostegno, di continuità e di orientamento scolastico e professionale, coordinandosi con le iniziative eventualmente assunte dagli Enti locali in materia di interventi integrati a norma dell'articolo 139, comma 2, lett. b) del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Individuano inoltre le modalità e i criteri di valutazione degli alunni nel rispetto della normativa nazionale ed i criteri per la valutazione periodica dei risultati conseguiti dalle istituzioni scolastiche rispetto agli obiettivi prefissati. 5. La scelta, l'adozione e l'utilizzazione delle metodologie e degli strumenti didattici, ivi compresi i libri di testo, sono coerenti con il Piano dell'offerta formativa di cui all'articolo 3 e sono attuate con criteri di trasparenza e tempestività. Esse favoriscono l'introduzione e l'utilizzazione di tecnologie innovative. 6. I criteri per il riconoscimento dei crediti e per il recupero dei debiti scolastici riferiti ai percorsi dei singoli alunni sono individuati dalle istituzioni scolastiche avuto riguardo agli obiettivi specifici di apprendimento di cui all'articolo 8 e tenuto conto della necessità di facilitare i passaggi tra diversi tipi e indirizzi di studio, di favorire l'integrazione tra sistemi formativi, di agevolare le uscite e i rientri tra scuola, formazione professionale e mondo del lavoro. Sono altresì individuati i criteri per il riconoscimento dei crediti formativi relativi alle attività realizzate nell'ambito dell'ampliamento dell'offerta formativa o liberamente effettuate dagli alunni e debitamente accertate o certificate. 7. Il riconoscimento reciproco dei crediti tra diversi sistemi formativi e la relativa certificazione sono effettuati ai sensi della disciplina di cui all'articolo 17 della legge 24 giugno 1997 n. 196, fermo restando il valore legale dei titoli di studio previsti dall'attuale ordinamento. Art. 5 Autonomia organizzativa 1. Le istituzioni scolastiche adottano, anche per quanto riguarda l'impiego dei docenti, ogni modalità organizzativa che sia espressione di libertà progettuale e sia coerente con gli obiettivi generali e specifici di ciascun tipo e indirizzo di studio, curando la promozione e il sostegno dei processi innovativi e il miglioramento dell'offerta formativa. 2. Gli adattamenti del calendario scolastico sono stabiliti dalle istituzioni scolastiche in relazione alle esigenze derivanti dal Piano dell'offerta formativa, nel rispetto delle funzioni in materia di determinazione del calendario scolastico esercitate dalle Regioni a norma dell'articolo 138, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. 3. L'orario complessivo del curricolo e quello destinato alle singole discipline e attività sono organizzati in modo flessibile, anche sulla base di una programmazione plurisettimanale, fermi restando l'articolazione delle lezioni in non meno di cinque giorni settimanali e il rispetto del monte ore annuale, pluriennale o di ciclo previsto per le singole discipline e attività obbligatorie. 4. In ciascuna istituzione scolastica le modalità di impiego dei docenti possono essere diversificate nelle varie classi e sezioni in funzione delle eventuali differenziazioni nelle scelte metodologiche ed organizzative adottate nel piano dell'offerta formativa. Art. 6 Autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo 1. Le istituzioni scolastiche, singolarmente o tra loro associate, esercitano l'autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo tenendo conto delle esigenze del contesto culturale, sociale ed economico delle realtà locali e curando tra l'altro: a) la progettazione formativa e la ricerca valutativa; b) la formazione e l'aggiornamento culturale e professionale del personale scolastico; c) l'innovazione metodologica e disciplinare; d) la ricerca didattica sulle diverse valenze delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione e sulla loro integrazione nei processi formativi; e) la documentazione educativa e la sua diffusione all'interno della scuola; f) gli scambi di informazioni, esperienze e materiali didattici; g) l'integrazione fra le diverse articolazioni del sistema scolastico e, d'intesa con i soggetti istituzionali competenti, fra i diversi sistemi formativi, ivi compresa la formazione professionale. 2. Se il progetto di ricerca e innovazione richiede modifiche strutturali che vanno oltre la flessibilità curricolare prevista dall'articolo 8, le istituzioni scolastiche propongono iniziative finalizzate alle innovazioni con le modalità di cui all'articolo 11. 3. Ai fini di cui al presente articolo le istituzioni scolastiche sviluppano e potenziano lo scambio di documentazione e di informazioni attivando collegamenti reciproci, nonché con il Centro europeo dell'educazione, la Biblioteca di documentazione pedagogica e gli Istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento educativi; tali collegamenti possono estendersi a Università e ad altri soggetti pubblici e privati che svolgono attività di ricerca. Art. 7 Reti di scuole 1. Le istituzioni scolastiche possono promuovere accordi di rete o aderire ad essi per il raggiungimento delle proprie finalità istituzionali. 2. L'accordo può avere a oggetto attività didattiche, di ricerca, sperimentazione e sviluppo, di formazione e aggiornamento; di amministrazione e contabilità, ferma restando l'autonomia dei singoli bilanci; di acquisto di beni e servizi, di organizzazione e di altre attività coerenti con le finalità istituzionali; se l'accordo prevede attività didattiche o di ricerca, sperimentazione e sviluppo, di formazione e aggiornamento, è approvato, oltre che dal consiglio di circolo o di istituto, anche dal collegio dei docenti delle singole scuole interessate per la parte di propria competenza. 3. L'accordo può prevedere lo scambio temporaneo di docenti, che liberamente vi consentono, fra le istituzioni che partecipano alla rete i cui docenti abbiano uno stato giuridico omogeneo. I docenti che accettano di essere impegnati in progetti che prevedono lo scambio rinunciano al trasferimento per la durata del loro impegno nei progetti stessi, con le modalità stabilite in sede di contrattazione collettiva. 4. L'accordo individua l'organo responsabile della gestione delle risorse e del raggiungimento delle finalità del progetto, la sua durata, le sue competenze e i suoi poteri, nonché le risorse professionali e finanziarie messe a disposizione della rete dalle singole istituzioni; l'accordo è depositato presso le segreterie delle scuole, ove gli interessati possono prenderne visione ed estrarne copia. 5. Gli accordi sono aperti all'adesione di tutte le istituzioni scolastiche che intendano parteciparvi e prevedono iniziative per favorire la partecipazione alla rete delle istituzioni scolastiche che presentano situazioni di difficoltà. 6. Nell'ambito delle reti di scuole, possono essere istituiti laboratori finalizzati tra l'altro a: a) la ricerca didattica e la sperimentazione; b) la documentazione, secondo procedure definite a livello nazionale per la più ampia circolazione, anche attraverso rete telematica, di ricerche, esperienze, documenti e informazioni; c) la formazione in servizio del personale scolastico; d) l'orientamento scolastico e professionale. 7. Quando sono istituite reti di scuole, gli organici funzionali di istituto possono essere definiti in modo da consentire l'affidamento a personale dotato di specifiche esperienze e competenze di compiti organizzativi e di raccordo interistituzionale e di gestione dei laboratori di cui al comma 6. 8. Le scuole, sia singolarmente che collegate in rete, possono stipulare convenzioni con Università statali o private, ovvero con istituzioni, enti, associazioni o agenzie operanti sul territorio che intendono dare il loro apporto alla realizzazione di specifici obiettivi. 9. Anche al di fuori dell'ipotesi prevista dal comma 1, le istituzioni scolastiche possono promuovere e partecipare ad accordi e convenzioni per il coordinamento di attività di comune interesse che coinvolgono, su progetti determinati, più scuole, enti, associazioni del volontariato e del privato sociale. Tali accordi e convenzioni sono depositati presso le segreterie delle scuole dove gli interessati possono prenderne visione ed estrarne copia. 10. Le istituzioni scolastiche possono costituire o aderire a consorzi pubblici e privati per assolvere compiti istituzionali coerenti col Piano dell'offerta formativa di cui all'articolo 3 e per l'acquisizione di servizi e beni che facilitino lo svolgimento dei compiti di carattere formativo. CAPO III CURRICOLO NELL'AUTONOMIA Art. 8 Definizione dei curricoli 1. Il Ministro della Pubblica Istruzione, previo parere delle competenti commissioni parlamentari sulle linee e sugli indirizzi generali, definisce a norma dell'articolo 205 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sentito il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, per i diversi tipi e indirizzi di studio: a) gli obiettivi generali del processo formativo; b) gli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni; c) le discipline e le attività costituenti la quota nazionale dei curricoli e il relativo monte ore annuale; d) l'orario obbligatorio annuale complessivo dei curricoli comprensivo della quota nazionale obbligatoria e della quota obbligatoria riservata alle istituzioni scolastiche; e) i limiti di flessibilità temporale per realizzare compensazioni tra discipline e attività della quota nazionale del curricolo; f) gli standard relativi alla qualità del servizio; g) gli indirizzi generali circa la valutazione degli alunni, il riconoscimento dei crediti e dei debiti formativi; h) i criteri generali per l'organizzazione dei percorsi formativi finalizzati all'educazione permanente degli adulti, anche a distanza, da attuare nel sistema integrato di istruzione, formazione, lavoro, sentita la Conferenza unificata Statoregioni-città ed autonomie locali. 2. Le istituzioni scolastiche determinano, nel Piano dell'offerta formativa il curricolo obbligatorio per i propri alunni in modo da integrare, a norma del comma 1, la quota definita a livello nazionale con la quota loro riservata che comprende le discipline e le attività da esse liberamente scelte. Nella determinazione del curricolo le istituzioni scolastiche precisano le scelte di flessibilità previste dal comma 1, lettera e). 3. Nell'integrazione tra la quota nazionale del curricolo e quella riservata alle scuole è garantito il carattere unitario del sistema di istruzione ed è valorizzato il pluralismo culturale e territoriale, nel rispetto delle diverse finalità della scuola dell'obbligo e della scuola secondaria superiore. 4. La determinazione del curricolo tiene conto delle diverse esigenze formative degli alunni concretamente rilevate, della necessità di garantire efficaci azioni di continuità e di orientamento, delle esigenze e delle attese espresse dalle famiglie, dagli Enti locali, dai contesti sociali, culturali ed economici del territorio. Agli studenti e alle famiglie possono essere offerte possibilità di opzione. 5. Il curricolo della singola istituzione scolastica, definito anche attraverso un'integrazione tra sistemi formativi sulla base di accordi con le Regioni e gli Enti locali, negli ambiti previsti dagli articoli 138 e 139 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 può essere personalizzato in relazione ad azioni, progetti o accordi internazionali. 6. L'adozione di nuove scelte curricolari o la variazione di scelte già effettuate deve tenere conto delle attese degli studenti e delle famiglie in rapporto alla conclusione del corso di studi prescelto. Art. 9 Ampliamento dell'offerta formativa 1. Le istituzioni scolastiche, singolarmente, collegate in rete o tra loro consorziate, realizzano ampliamenti dell'offerta formativa che tengano conto delle esigenze del contesto culturale, sociale ed economico delle realtà locali. I predetti ampliamenti consistono in ogni iniziativa coerente con le proprie finalità, in favore dei propri alunni e, coordinandosi con eventuali iniziative promosse dagli Enti locali, in favore della popolazione giovanile e degli adulti. 2. I curricoli determinati a norma dell'articolo 8 possono essere arricchiti con discipline e attività facoltative, che per la realizzazione di percorsi formativi integrati le istituzioni scolastiche programmano sulla base di accordi con le Regioni e gli Enti locali. 3. Le istituzioni scolastiche possono promuovere e aderire a convenzioni o accordi stipulati a livello nazionale, regionale o locale, anche per la realizzazione di specifici progetti. 4. Le iniziative in favore degli adulti possono realizzarsi, sulla base di specifica progettazione, anche mediante il ricorso a metodi e strumenti di autoformazione e a percorsi formativi personalizzati. Per l'ammissione ai corsi e per la valutazione finale possono essere fatti valere crediti formativi maturati anche nel mondo del lavoro, debitamente documentati, e accertate esperienze di autoformazione. Le istituzioni scolastiche valutano tali crediti ai fini della personalizzazione dei percorsi didattici, che può implicare una loro variazione e riduzione. 5. Nell'ambito delle attività in favore degli adulti possono essere promosse specifiche iniziative di informazione e formazione destinate ai genitori degli alunni. Art. 10 Verifiche e modelli di certificazione 1. Per la verifica del raggiungimento degli obiettivi di apprendimento e degli standard di qualità del servizio il Ministero della Pubblica Istruzione fissa metodi e scadenze per rilevazioni periodiche. Fino all'istituzione di un apposito organismo autonomo le verifiche sono effettuate dal Centro europeo dell'educazione, riformato a norma dell'articolo 21, comma 10 della legge 15 marzo 1997, n. 59. 2. Le rilevazioni di cui al comma 1 sono finalizzate a sostenere le scuole per l'efficace raggiungimento degli obiettivi attraverso l'attivazione di iniziative nazionali e locali di perequazione, promozione, supporto e monitoraggio, anche avvalendosi degli ispettori tecnici. 3. Con decreto del Ministro della Pubblica Istruzione sono adottati i nuovi modelli per le certificazioni, le quali, indicano le conoscenze, le competenze, le capacità acquisite e i crediti formativi riconoscibili, compresi quelli relativi alle discipline e alle attività realizzate nell'ambito dell'ampliamento dell'offerta formativa o liberamente scelte dagli alunni e debitamente certificate. Art. 11 Iniziative finalizzate all'innovazione 1. Il Ministro della Pubblica Istruzione, anche su proposta del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, del Servizio Nazionale per la qualità dell'istruzione, di una o più istituzioni scolastiche, di uno o più Istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento educativi, di una o più Regioni o Enti locali, promuove, eventualmente sostenendoli con appositi finanziamenti disponibili negli ordinari stanziamenti di bilancio, progetti in ambito nazionale, regionale e locale, volti a esplorare possibili innovazioni riguardanti gli ordinamenti degli studi, la loro articolazione e durata, l'integrazione fra sistemi formativi, i processi di continuità e orientamento. Riconosce altresì progetti di iniziative innovative delle singole istituzioni scolastiche riguardanti gli ordinamenti degli studi quali disciplinati ai sensi dell'articolo 8. Sui progetti esprime il proprio parere il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione. 2. I progetti devono avere una durata predefinita e devono indicare con chiarezza gli obiettivi; quelli attuati devono essere sottoposti a valutazione dei risultati, sulla base dei quali possono essere definiti nuovi curricoli e nuove scansioni degli ordinamenti degli studi, con le procedure di cui all'articolo 8. Possono anche essere riconosciute istituzioni scolastiche che si caratterizzano per l'innovazione nella didattica e nell'organizzazione. 3. Le iniziative di cui al comma 1 possono essere elaborate e attuate anche nel quadro di accordi adottati a norma dell'articolo 2, commi 203 e seguenti della legge 23 dicembre 1996, n. 662. 4. E' riconosciuta piena validità agli studi compiuti dagli alunni nell'ambito delle iniziative di cui al comma 1, secondo criteri di corrispondenza fissati nel decreto del Ministro della Pubblica Istruzione che promuove o riconosce le iniziative stesse. 5. Sono fatte salve, fermo restando il potere di revoca dei relativi decreti, le specificità ordinamentali e organizzative delle scuole riconosciute ai sensi dell'articolo 278, comma 5 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297. CAPO IV DISCIPLINA TRANSITORIA Art. 12 Sperimentazione dell'autonomia 1. Fino alla data di cui all'articolo 2, comma 2, le istituzioni scolastiche esercitano l'autonomia ai sensi del decreto ministeriale n. 251 del 29 maggio 1998, i cui contenuti possono essere progressivamente modificati ed ampliati dal Ministro della Pubblica Istruzione con successivi decreti. 2. Le istituzioni scolastiche possono realizzare compensazioni fra le discipline e le attività previste dagli attuali programmi. Il decremento orario di ciascuna disciplina e attività è possibile entro il quindici per cento del relativo monte orario annuale. 3. Nella scuola materna ed elementare l'orario settimanale, fatta salva la flessibilità su base annua prevista dagli articoli 4, 5 e 8, deve rispettare, per la scuola materna, i limiti previsti dai commi 1 e 3 dell'articolo 104 e, per la scuola elementare, le disposizioni di cui all'articolo 129, commi 1, 3, 4, 5, 7 e all'articolo 130 del decreto legislativo del 16 aprile 1994, n. 297. 4. Le istruzioni generali di cui all'articolo 21, commi 1 e 14 della legge 15 marzo 1997 n. 59 sono applicate in via sperimentale e progressivamente estese a tutte le istituzioni scolastiche dall'anno finanziario immediatamente successivo alla loro emanazione. Art. 13 Ricerca metodologica 1. Fino alla definizione dei curricoli di cui all'articolo 8 si applicano gli attuali ordinamenti degli studi e relative sperimentazioni, nel cui ambito le istituzioni scolastiche possono contribuire a definire gli obiettivi specifici di apprendimento di cui all'articolo 8 riorganizzando i propri percorsi didattici secondo modalità fondate su obiettivi formativi e competenze. 2. Il Ministero della Pubblica Istruzione garantisce la raccolta e lo scambio di tali ricerche ed esperienze, anche mediante l'istituzione di banche dati accessibili a tutte le istituzioni scolastiche. TITOLO II FUNZIONI AMMINISTRATIVE E GESTIONE DEL SERVIZIO DI ISTRUZIONE CAPO I ATTRIBUZIONE, RIPARTIZIONE E COORDINAMENTO DELLE FUNZIONI Art. 14 Attribuzione di funzioni alle istituzioni scolastiche 1. A decorrere dal 1° settembre 2000 alle istituzioni scolastiche sono attribuite le funzioni già di competenza dell'Amministrazione centrale e periferica relative alla carriera scolastica e al rapporto con gli alunni, all'amministrazione e alla gestione del patrimonio e delle risorse e allo stato giuridico ed economico del personale non riservate, in base all'articolo 15 o ad altre specifiche disposizioni, all'Amministrazione centrale e periferica. Per l'esercizio delle funzioni connesse alle competenze escluse di cui all'articolo 15 e a quelle di cui all'articolo 138 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 le istituzioni scolastiche utilizzano il Sistema Informativo del Ministero della Pubblica Istruzione. Restano ferme le attribuzioni già rientranti nella competenza delle istituzioni scolastiche non richiamate dal presente regolamento. 2. In particolare le istituzioni scolastiche provvedono a tutti gli adempimenti relativi alla carriera scolastica degli alunni e disciplinano, nel rispetto della legislazione vigente, le iscrizioni, le frequenze, le certificazioni, la documentazione, la valutazione, il riconoscimento degli studi compiuti in Italia e all'estero ai fini della prosecuzione degli studi medesimi, la valutazione dei crediti e debiti formativi, la partecipazione a progetti territoriali e internazionali, la realizzazione di scambi educativi internazionali. A norma dell'articolo 4 del regolamento recante lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1998, n. 249, le istituzioni scolastiche adottano il regolamento di disciplina degli alunni. 3. Per quanto attiene all'amministrazione, alla gestione del bilancio e dei beni e alle modalità di definizione e di stipula dei contratti di prestazione d'opera di cui all'articolo 40, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, le istituzioni scolastiche provvedono in conformità a quanto stabilito dal regolamento di contabilità di cui all'articolo 21, commi 1 e 14 della legge 15 marzo 1997, n. 59, che può contenere deroghe alle norme vigenti in materia di contabilità dello Stato, nel rispetto dei princìpi di universalità, unicità e veridicità della gestione e dell'equilibrio finanziario. Tale regolamento stabilisce le modalità di esercizio della capacità negoziale e ogni adempimento contabile relativo allo svolgimento dell'attività negoziale medesima, nonché modalità e procedure per il controllo dei bilanci della gestione e dei costi. 4. Le istituzioni scolastiche riorganizzano i servizi amministrativi e contabili tenendo conto del nuovo assetto istituzionale delle scuole e della complessità dei compiti ad esse affidati, per garantire all'utenza un efficace servizio. Assicurano comunque modalità organizzative particolari per le scuole articolate in più sedi. Le istituzioni scolastiche concorrono, altresì, anche con iniziative autonome, alla specifica formazione e aggiornamento, culturale e professionale del relativo personale per corrispondere alle esigenze derivanti dal presente regolamento. 5. Alle istituzioni scolastiche sono attribuite competenze in materia di articolazione territoriale della scuola. Tali competenze sono esercitate a norma dell'articolo 4, comma 2, del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1998, n. 233. 6. Sono abolite tutte le autorizzazioni e le approvazioni concernenti le funzioni attribuite alle istituzioni scolastiche, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 15. Ove allo scadere del termine di cui al comma 1 non sia stato ancora adottato il regolamento di contabilità di cui al comma 3, nelle more della sua adozione alle istituzioni scolastiche seguitano ad applicarsi gli articoli 26, 27, 28 e 29 del Testo Unico approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297. 7. I provvedimenti adottati dalle istituzioni scolastiche, fatte salve le specifiche disposizioni in materia di disciplina del personale e degli studenti, divengono definitivi il quindicesimo giorno dalla data della loro pubblicazione nell'albo della scuola. Entro tale termine, chiunque abbia interesse può proporre reclamo all'organo che ha adottato l'atto, che deve pronunciarsi sul reclamo stesso nel termine di trenta giorni, decorso il quale l'atto diviene definitivo. Gli atti divengono altresì definitivi a seguito della decisione sul reclamo. Art. 15 Competenze escluse 1. Sono escluse dall'attribuzione alle istituzioni scolastiche le seguenti funzioni in materia di personale il cui esercizio è legato ad un ambito territoriale più ampio di quello di competenza della singola istituzione, ovvero richiede garanzie particolari in relazione alla tutela della libertà di insegnamento: a) la formazione delle graduatorie permanenti riferite ad ambiti territoriali più vasti di quelli della singola istituzione scolastica; b) reclutamento del personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario con rapporto di lavoro a tempo indeterminato; c) mobilità esterna alle istituzioni scolastiche e utilizzazione del personale eccedente l'organico funzionale di istituto; d) autorizzazioni per utilizzazioni ed esoneri per i quali sia previsto un contingente nazionale; comandi, utilizzazioni e collocamenti fuori ruolo; e) riconoscimento di titoli di studio esteri, fatto salvo quanto previsto nell'articolo 14, comma 2. 2. Resta ferma la normativa vigente in materia di provvedimenti disciplinari nei confronti del personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario. Art. 16 Coordinamento delle competenze 1. Gli organi collegiali della scuola garantiscono l'efficacia dell'autonomia delle istituzioni scolastiche nel quadro delle norme che ne definiscono competenze e composizione. 2. Il dirigente scolastico esercita le funzioni di cui al decreto legislativo 6 marzo 1998, n. 59, nel rispetto delle competenze degli organi collegiali. 3. I docenti hanno il compito e la responsabilità della progettazione e dell'attuazione del processo di insegnamento e di apprendimento. 4. Il responsabile amministrativo assume funzioni di direzione dei servizi di segreteria nel quadro dell'unità di conduzione affidata al dirigente scolastico. 5. Il personale della scuola, i genitori e gli studenti partecipano al processo di attuazione e sviluppo dell'autonomia assumendo le rispettive responsabilità. 6. Il servizio prestato dal personale della scuola ai sensi dell'articolo 15, comma 1, lettera d), purché riconducibile a compiti connessi con la scuola, resta valido a tutti gli effetti come servizio di istituto. TITOLO III DISPOSIZIONI FINALI CAPO I ABROGAZIONI Art. 17 Ricognizione delle disposizioni di legge abrogate 1. Ai sensi dell'articolo 21, comma 13 della legge 15 marzo 1997, n. 59 sono abrogate con effetto dal 1° settembre 2000, le seguenti disposizioni del Testo Unico approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297: - articolo 5, commi 9, 10 e 11; - articolo 26; - articolo 27, commi 3, 4, 5, 6, 8, 10, 11, 14, 15, 16, 17, 18, 19 e 20; - articolo 28, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 limitatamente alle parole "e del consiglio scolastico distrettuale", 8 e 9; - articolo 29, commi 2, 3, 4, 5; - articolo 104, commi 2, 3, e 4; - articoli 105 e 106; - articolo 119, commi 2 e 3; - articolo 121; - articolo 122, commi 2 e 3; - articolo 123; - articoli 124, 125 e 126; - articolo 128, commi 2, 5, 6, 7, 8 e 9; - articolo 129, commi 2, 4 limitatamente alla parola "settimanale" e 6; - articolo 143, comma 2; - articoli 144, 165, 166, 167, 168; - articolo 176, commi 2 e 3; - articolo 185, commi 1 e 2; - articolo 193, comma 1, limitatamente alle parole "e ad otto decimi in condotta"; - articoli 193/bis e 193/ter; - articoli 276, 277, 278, 279, 280 e 281; - articolo 328, commi 2, 3, 4, 5 e 6; - articoli 329 e 330; - articolo 603. 2. Resta salva la facoltà di emanare, entro l'1 settembre 2000 regolamenti che individuino eventuali ulteriori disposizioni incompatibili con le norme del presente regolamento. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica Italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Legge Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 "Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 248 del 24 ottobre 2001 Art. 1. 1. L'articolo 114 della Costituzione è sostituito dal seguente: "Art. 114. - La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione. Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento". Art. 2. 1. L'articolo 116 della Costituzione è sostituito dal seguente: "Art. 116. - Il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale. La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol ècostituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano. Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata". Art. 3. 1. L'articolo 117 della Costituzione è sostituito dal seguente: "Art. 117. - La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea; b) immigrazione; c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose; d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi; e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie; f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo; g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali; h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale; i) cittadinanza, stato civile e anagrafi; l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa; m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; n) norme generali sull'istruzione; o) previdenza sociale; p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane; q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale; r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno; s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali. Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza. La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite. Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive. La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni. Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato". Art. 4. 1. L'articolo 118 della Costituzione è sostituito dal seguente: "Art. 118. Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze. La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell'articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali. Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarieta'". Art. 5. 1. L'articolo 119 della Costituzione è sostituito dal seguente: "Art. 119. - I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio. La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante. Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite. Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i principi generali determinati dalla legge dello Stato. Possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento. E' esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti". Art. 6. 1. L'articolo 120 della Costituzione è sostituito dal seguente: "Art. 120. - La Regione non può istituire dazi di importazione o esportazione o transito tra le Regioni, né adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni, né limitare l'esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale. Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione". Art. 7. 1. All'articolo 123 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma: "In ogni Regione, lo statuto disciplina il Consiglio delle autonomie locali, quale organo di consultazione fra la Regione e gli enti locali". Art. 8. 1. L'articolo 127 della Costituzione è sostituito dal seguente: "Art. 127. - Il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della Regione, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione. La Regione, quando ritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o di un'altra Regione leda la sua sfera di competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell'atto avente valore di legge". Art. 9. 1. Al secondo comma dell'articolo 132 della Costituzione, dopo le parole: "Si può, con" sono inserite le seguenti: "l'approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante". 2. L'articolo 115, l'articolo 124, il primo comma dell'articolo 125, l'articolo 128, l'articolo 129 e l'articolo 130 della Costituzione sono abrogati. Art. 10. 1. Sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite. Art. 11. 1. Sino alla revisione delle norme del titolo I della parte seconda della Costituzione, i regolamenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono prevedere la partecipazione di rappresentanti delle Regioni, delle Province autonome e degli enti locali alla Commissione parlamentare per le questioni regionali. 2. Quando un progetto di legge riguardante le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e all'articolo 119 della Costituzione contenga disposizioni sulle quali la Commissione parlamentare per le questioni regionali, integrata ai sensi del comma 1, abbia espresso parere contrario o parere favorevole condizionato all'introduzione di modificazioni specificamente formulate, e la Commissione che ha svolto l'esame in sede referente non vi si sia adeguata, sulle corrispondenti parti del progetto di legge l'Assemblea delibera a maggioranza assoluta dei suoi componenti. Il principio di sussidiarietà è regolato dall'articolo 118 della Costituzione italiana il quale prevede che "Stato, Regioni, Province, Città Metropolitane e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio della sussidiarietà". Tale principio implica che le diverse istituzioni debbano creare le condizioni necessarie per permettere alla persona e alle aggregazioni sociali di agire liberamente nello svolgimento della loro attività. L'intervento dell'entità di livello superiore, qualora fosse necessario, deve essere temporaneo e teso a restituire l'autonomia d'azione all'entità di livello inferiore. Il principio di sussidiarietà può quindi essere visto sotto un duplice aspetto: in senso verticale: la ripartizione gerarchica delle competenze deve essere spostata verso gli enti più vicini al cittadino e, quindi, più vicini ai bisogni del territorio; in senso orizzontale: il cittadino, sia come singolo sia attraverso i corpi intermedi, deve avere la possibilità di cooperare con le istituzioni nel definire gli interventi che incidano sulle realtà sociali a lui più vicine. La crescente richiesta di partecipazione dei cittadini alle decisioni e alle azioni che riguardano la cura di interessi aventi rilevanza sociale, presenti nella nostra realtà come in quella di molti altri paesi europei, ha dunque oggi la sua legittimazione nella nostra legge fondamentale. Quest'ultima prevede, dopo la riforma del Titolo V, anche il dovere da parte delle amministrazioni pubbliche di favorire tale partecipazione nella consapevolezza delle conseguenze positive che ne possono derivare per le persone e per la collettività in termini di benessere spirituale e materiale. In effetti l'applicazione di questo principio ha un elevato potenziale di modernizzazione delle amministrazioni pubbliche in quanto la partecipazione attiva dei cittadini alla vita collettiva può concorrere a migliorare la capacità delle istituzioni di dare risposte più efficaci ai bisogni delle persone e alle soddisfazione dei diritti sociali che la Costituzione ci riconosce e garantisce. Da un lato alcune amministrazioni pubbliche hanno già intrapreso iniziative volte a favorire la sussidiarietà orizzontale e dall'altro la società civile si è mossa nella stessa direzione con azioni concrete sostenute peraltro da una parallela attività di sensibilizzazione dell'opinione pubblica, di ricerca e di documentazione e, più in generale, di approfondimento scientifico del fenomeno. I cittadini attivi, applicando il principio di sussidiarietà (art. 118 ultimo comma della Costituzione), si prendono cura dei beni comuni. Entrambi, volontari e cittadini attivi, sono "disinteressati", in quanto entrambi esercitano una nuova forma di libertà, solidale e responsabile, che ha come obiettivo la realizzazione non di interessi privati, per quanto assolutamente rispettabili e legittimi, bensì dell'interesse generale. Quando la Costituzione afferma che i poteri pubblici "favoriscono le autonome iniziative dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà", essa legittima da un lato i volontari tradizionali, che da sempre svolgono attività che si possono definire di interesse generale, e dall'altro quei soggetti che si definiscono cittadini attivi, persone responsabili e solidali che si prendono cura dei beni comuni. I cittadini attivi, in quanto non proprietari bensì custodi dei beni comuni, esercitano nei confronti di tali beni un diritto di cura fondato non sul proprio interesse, come nel caso del diritto di proprietà, bensì sull'interesse generale. Ciò che giustifica il loro impegno è infatti solo in parte un loro interesse diretto e immediato alla produzione, cura e sviluppo dei beni comuni. C'è anche questo, certamente (e infatti questo può essere un elemento che differenzia i volontari dai cittadini attivi) ma ciò che spinge i cittadini attivi a prendersi cura dei beni comuni è la solidarietà. In sostanza, i volontari sono "disinteressati" in quanto vanno oltre i legami di sangue per prendersi cura di estranei, i cittadini attivi sono "disinteressati" in quanto vanno oltre il diritto di proprietà per prendersi cura di beni che sono di tutti. In entrambi i casi, si tratta di un'evoluzione quanto mai positiva della specie umana, che dimostra in tal modo di saper uscire dalla ristretta cerchia familiare e dall'individualismo proprietario per aprirsi al mondo. LEGISLAZIONE SCOLASTICA ISSR di TRIESTE - Prof. M. Poillucci 1 L’autonomia delle istituzioni scolastiche Legge BASSANINI n.59 del 15 marzo 1997 Articolo n.21 ISSR di TRIESTE - Prof. M. Poillucci 2 L’autonomia delle istituzioni scolastiche Art. n.21 “L'autonomia delle istituzioni scolastiche e degli istituti educativi si inserisce nel processo di realizzazione della autonomia e della riorganizzazione dell'intero sistema formativo…” ISSR di TRIESTE - Prof. M. Poillucci 3 L’autonomia delle istituzioni scolastiche - Autonomia: Decentramento - Flessibilità - Scuole con personalità giuridica ISSR di TRIESTE - Prof. M. Poillucci 4 L’autonomia delle istituzioni scolastiche Autonomia: - Organizzativa - Didattica - Ricerca sviluppo ISSR di TRIESTE - Prof. M. Poillucci 5 L’autonomia delle istituzioni scolastiche È finalizzata alla realizzazione della flessibilità, della diversificazione, dell'efficienza e dell'efficacia del servizio scolastico, alla integrazione e al miglior utilizzo delle risorse e delle strutture, all'introduzione di tecnologie innovative e al coordinamento con il contesto territoriale. Autonomia organizzativa ISSR di TRIESTE - Prof. M. Poillucci 6 L’autonomia delle istituzioni scolastiche È finalizzata al perseguimento degli obiettivi generali del sistema nazionale di istruzione, nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie e del diritto ad apprendere. Autonomia didattica ISSR di TRIESTE - Prof. M. Poillucci 7 L’autonomia delle istituzioni scolastiche Le istituzioni scolastiche autonome hanno anche autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo nei limiti del proficuo esercizio dell'autonomia didattica e organizzativa. Autonomia ricerca e sperimentazione ISSR di TRIESTE - Prof. M. Poillucci 8 L’applicazione dell’autonomia (DM 765/97) - Adattamento del calendario scolastico Flessibilità dell’orario Articolazione flessibile del gruppo classe Organizzazione iniziative di recupero e sostegno Attivazione insegnamenti integrativi facoltativi Organizzazione di attività con altre scuole Iniziative di orientamento scolastico e professionale ISSR di TRIESTE - Prof. M. Poillucci 9 L’applicazione dell’autonomia (DPR 275/99) PIANO OFFERTA FORMATIVA (P.O.F.) ISSR di TRIESTE - Prof. M. Poillucci 10 L’applicazione dell’autonomia (DPR 275/99) PIANO OFFERTA FORMATIVA (P.O.F.) È un documento di impegni tra la scuola e il territorio incentrato sul rapporto tra scuola-studenti e famiglia. È approvato dal Consiglio di istituto ed elaborato dal Collegio dei Docenti su indicazioni preliminari del Consiglio stesso ed ha durata annuale. Il POF è un documento pubblico ISSR di TRIESTE - Prof. M. Poillucci 11 L’applicazione dell’autonomia (DPR 275/99) PIANO OFFERTA FORMATIVA (P.O.F.) ISSR di TRIESTE - Prof. M. Poillucci 12 Il nuovo sistema scolastico formativo Legge 53/03 Art.3 a) riforma degli ordinamenti e degli interventi connessi con la loro attuazione e con lo sviluppo e la valorizzazione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche; b) Istituzione del Servizio nazionale di valutazione del sistema scolastico; c) Sviluppo delle tecnologie multimediali e della alfabetizzazione nelle tecnologie informatiche, nel pieno rispetto del principio di pluralismo delle soluzioni informatiche offerte dall’informazione tecnologica, al fine di incoraggiare e sviluppare le doti creative e collaborative degli studenti; d) Sviluppo dell’attività motoria e delle competenze ludico-sportive degli studenti; ISSR di TRIESTE - Prof. M. Poillucci 13 Il nuovo sistema scolastico formativo Legge 53/03 Art.3 e) della valorizzazione professionale del personale docente; f) delle iniziative di formazione iniziale e continua del personale; g) del concorso al rimborso delle spese di autoaggiornamento sostenute dai docenti; h) della valorizzazione professionale del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA); i) degli interventi di orientamento contro la dispersione scolastica e per assicurare la realizzazione del diritto – dovere di istruzione e formazione; ISSR di TRIESTE - Prof. M. Poillucci 14 Il nuovo sistema scolastico formativo Legge 53/03 Art.3 l) degli interventi per lo sviluppo dell’istruzione e formazione tecnica superiore e per l’educazione degli adulti; m) degli interventi di adeguamento delle strutture di edilizia scolastica. ISSR di TRIESTE - Prof. M. Poillucci 15 L’autonomia scolastica di Giacomo D’Alterio La Legge 7 agosto 1990 n. 241, che detta le nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto d’accesso ai documenti amministrativi, meglio nota come legge sulla “trasparenza amministrativa”, crea rispetto al passato un nuovo rapporto tra la Pubblica Amministrazione ed i cittadini. Nasce quindi, forte l’esigenza, di dar voce, ma soprattutto piena applicazione all’articolo 5 della Costituzione, che sancisce che la Repubblica Italiana riconosce e promuove le autonomie locali, attua nei servizi dello Stato il più ampio decentramento amministrativo e adegua i principi e i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento. La parola autonomia autòs + nòmos, sé stesso + legge, darsi da sé una regola o meglio un criterio di indirizzo; quando è riferita ad un Ente pubblico indica la facoltà di realizzare le finalità istituzionali assegnate dalla Legge, autoregolando le proprie attività, mentre il decentramento amministrativo avvicina i luoghi di formazione delle decisioni ai contesti socioeconomici nei quali vivono ogni giorno i cittadini. Il decentramento amministrativo si realizza secondo il principio di sussidiarietà, in base al quale le funzioni devono essere assegnate al livello di governo in cui possono essere meglio esercitate nell’interesse delle comunità locali con la conseguente attribuzione della generalità dei compiti e delle funzioni amministrative agli Enti Locali, al fine di favorire l’assolvimento di funzioni e compiti di rilevanza sociale all’Autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini. Ma quando è avvenuta dal punto di vista normativo la piena autonomia scolastica? Con il DPR 8 marzo 1999 n. 275, il regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, che altro non è, che il Decreto applicativo dell’articolo 21 della Legge 15 marzo 1997 n. 59, la Legge Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle Regioni ed agli Enti locali per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa. Ma cos’è l’autonomia in un contesto così specifico, come quello scolastico? 2 L’autonomia scolastica è la capacità di progettare e realizzare interventi educativi di formazione e istruzione finalizzati allo sviluppo e alla crescita della persona umana. Gli interventi educativi previsti devono essere coerenti con i diversi contesti territoriali e con la domanda delle famiglie, con l’obiettivo di migliorare l’efficacia del processo d’insegnamento e d’apprendimento, al fine di garantire agli alunni il successo formativo mediante l’utilizzo di risorse umane, economiche e strutturali. Il processo dell’autonomia si è avuto con: − il dimensionamento ottimale delle scuole (1); − l’attribuzione dell’autonomia e della personalità giuridica riconosciuta alla scuola, intesa come capacità giuridica di essere soggetto di diritto, distinto dalle persone fisiche che concorrono a formarlo all’interno di un ordinamento giuridico, con la facoltà di poter compiere in nome proprio, atti giuridici; (1) Nota: articolo 4 comma 2 del DPR 18/06/1998 n. 233 3 − il conferimento della qualifica dirigenziale ai capi d’istituto con l’introduzione di un’Area separata di contrattazione, l’Area V del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL). In quest’ottica il dirigente scolastico deve, − assicurare la gestione unitaria della scuola; − ne ha la rappresentanza legale; − è responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio scolastico; − ha autonomi poteri di direzione, coordinamento e valorizzazione delle risorse umane nel rispetto delle competenze degli organi collegiali; − organizza l’attività scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia; − è titolare delle relazioni sindacali; 4 − promuove interventi per assicurare la qualità dei processi pedagogici e la collaborazione delle risorse culturali, professionali, sociali ed economiche del territorio. Alla luce del nuovo contesto normativo diventa inevitabile conferire la funzione direttiva ai responsabili amministrativi, che dal 1° settembre 2000 diventano dopo favorevole frequenza di un apposito corso di formazione professionale direttori dei servizi generali e amministrativi. In un unicum normativo il dirigente scolastico e il direttore dei servizi generali e amministrativi (DSGA) sono chiamati a condividere la gestione di una complessa unità organizzativa. Il DSGA ha autonomia operativa e responsabilità diretta nella definizione ed esecuzione degli atti amministrativo – contabili, di ragioneria ed economato anche con rilevanza esterna, coadiuva il dirigente scolastico nelle funzioni organizzative e amministrative e coordina il personale ATA posto alle sue dirette dipendenze. 5 L’autonomia didattica L’autonomia didattica non significa libertà di autodeterminazione nell’individuare percorsi formativi, perché questi si concretizzano in un ordinamento scolastico nazionale la cui peculiarità sostanziale è legata al valore legale dei titoli di studio. Un’autonomia intesa non tanto nel muoversi senza alcun tipo di vincolo in piena libertà d’azione e d’agire, basta semplicemente non andare contra legem; ma muoversi in modo flessibile e dinamico all’interno di un quadro precostituito di norme. Quindi, nel quadro normativo di riferimento lo spazio autonomistico delle istituzioni scolastiche, si concretizza in una flessibilità di gestione e non in una libertà di gestione. La scuola concorre a formare e istruire prima l’uomo e poi il cittadino. L’autonomia didattica s’esercita nel rispetto delle tre libertà richiamate dalla legge n. 59/1997: 1. la libertà d’insegnamento; 2. la libertà di scelta educativa delle famiglie; 3. il diritto ad apprendere degli alunni. 6 L’autonomia didattica è finalizzata alla realizzazione degli obiettivi nazionali del sistema istruzione. L’autonomia didattica s’esprime nel curricolo vale a dire il piano di studi, che deve essere coerente con gli obiettivi generali ed educativi dei diversi tipi ed indirizzi di studi stabiliti a livello nazionale. La struttura del curricolo si compone di tre livelli: 1) una parte prescrittiva, con le attività e le discipline fondamentali, il monte ore annuale da dedicarvi, gli obiettivi e gli standard d’apprendimento determinati a livello nazionale; 2) una parte opzionale, che integra il curricolo lasciato all’autonoma determinazione delle scuole con una pluralità di offerte tra le quali gli alunni hanno il diritto di scegliere; 3) una parte facoltativa con l’arricchimento del curricolo attraverso attività e discipline aggiuntive, programmate e realizzate con l’accordo di soggetti esterni alla scuola (enti locali e/o agenzie formative). 7 La legge nell’ottica dell’autonomia didattica obbliga le scuole ad adottare procedure e strumenti di verifica e valutazione della produttività scolastica e del raggiungimento degli obiettivi previsti dal Piano dell’Offerta Formativa (POF). La verifica del raggiungimento delle finalità del sistema - istruzione s’esercita in due fasi: - verifica degli standard di qualità del servizio – istruzione; - verifica degli obiettivi d’apprendimento raggiunti. Le verifiche sono affidate all’INVALSI, l’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema dell’Istruzione, così come la valutazione dell’efficienza e dell’efficacia del sistema scolastico. Il Piano dell’Offerta Formativa Il Piano dell’Offerta Formativa (POF) è il documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale della scuola, esprime la progettazione curricolare, educativa ed organizzativa, che le singole scuole adottano nell’ambito dell’autonomia. 8 Il Piano è il progetto di studio e di formazione curricolare, che ogni scuola propone e s’impegna a predisporre in favore della collettività scolastica. Il Piano è elaborato dal punto di vista didattico dal Collegio dei docenti, è proposto con la partecipazione di tutte le componenti presenti all’interno della scuola sulla base degli indirizzi generali di gestione e amministrazione definiti in Consiglio d’istituto, che adotta il POF. La Carta dei Servizi è trasferita nel POF, mentre il Piano Educativo Individualizzato è trasversale al POF. Il Piano Educativo Individualizzato è il documento nel quale sono descritti gli interventi finalizzati alla piena realizzazione del diritto all’educazione, all’istruzione ed all’integrazione scolastica. Il POF deve attuare iniziative individualizzate di recupero e di sostegno in modo da prevedere la costruzione e la realizzazione di percorsi individuali d’apprendimento. Il POF utilizza i seguenti indicatori: • flessibilità rispetto alle scelte; 9 • integrazione innovative e coerenza progettuale; • responsabilità. Il Piano dell’Offerta Formativa è pubblico ed è consegnato alle famiglie all’atto dell’iscrizione. Il Contratto di Lavoro del comparto scuola ha introdotto le funzioni strumentali al Piano dell’Offerta Formativa per valorizzare la professionalità del personale docente e per realizzare e gestire il Piano dell’Offerta Formativa. Le funzioni strumentali sono identificate con delibera del Collegio dei docenti in coerenza con il Piano dell’Offerta Formativa che, contestualmente ne definisce criteri di attribuzione, numero e destinatari. L’autonomia organizzativa L’autonomia organizzativa riguarda: − l’adattamento del calendario scolastico; 10 − la programmazione pluriennale dell’orario del curricolo in non meno di cinque giorni settimanali e nel rispetto del monte ore annuale previsto per le singole discipline e attività obbligatorie; − l’impiego e la distribuzione flessibile dei docenti nelle varie classi e sezioni in funzione delle eventuali opzioni metodologie ed organizzative adottate dal Piano dell’Offerta Formativa; − l’ottimizzazione del tempo scuola e l’introduzione di innovative tecnologie; − l’integrazione con il contesto territoriale di riferimento. L’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo Le scuole esercitano autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo tenendo presente le esigenze del contesto culturale, sociale ed economico delle realtà locali e curando tra l’altro: − la ricerca didattica sulle diverse valenze delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e sulla loro integrazione nei processi formativi; 11 − la documentazione educativa e la sua diffusione all’interno della scuola; − gli scambi di informazioni, esperienze e materiali didattici; − l’integrazione fra le diverse articolazioni del sistema scolastico e con soggetti istituzionali competenti. Le scuole possono promuovere accordi di rete o aderire ad essi per il raggiungimento delle proprie finalità istituzionali. L’autonomia finanziaria Le scuole hanno diritto a una dotazione finanziaria essenziale costituita dall’assegnazione statale. La dotazione statale si suddivide in assegnazione ordinaria e perequativa ed è senz’altro vincolo di destinazione, che quello dell’utilizzazione prioritaria per lo svolgimento delle attività d’istruzione, formazione e orientamento di ciascuna tipologia e di ciascun indirizzo di scuola. L’assegnazione ordinaria ha carattere uniforme e risponde a parametri fissi. 12 L’assegnazione perequativa di natura integrativa ed eventuale serve a supportare le scuole in difficoltà economiche e con disomogeneità territoriali. I fondi previsti dalla legge 16 dicembre 1997 n. 440, sono finalizzati all’implementazione, al potenziamento e all’ampliamento dell’Offerta Formativa. Il Decreto Interministeriale n. 44 del 1° febbraio 2001, stabilisce le istruzioni generali sulla gestione amministrativo – contabile delle scuole per l’autonoma allocazione delle risorse, per la formazione del programma annuale, per la gestione delle risorse e per la scelta dell’affidamento dei servizi di cassa. La gestione finanziaria della scuola s’esprime in termini di competenza, è improntata a criteri di efficacia, efficienza ed economicità e s’ispira a principi di trasparenza, annualità, universalità, integrità, unità e veridicità. L’attività amministrativo – contabile si svolge sulla base di un programma annuale. 13 L’autonomia funzionale Le scuole sono espressione di autonomia funzionale, in quanto l’autonomia concessa alle scuole non è per fini generali, ma in funzione della definizione e della realizzazione di educazione, formazione e istruzione. La delega di funzioni nasce dall’esigenza di rispondere alle specifiche esigenze dei cittadini. L’autonomia funzionale, consiste nel riconoscimento alle istituzioni scolastiche di funzioni e competenze proprie dell’Amministrazione scolastica centrale e periferica relative a: − carriera scolastica e rapporto con gli alunni, quindi iscrizioni, frequenze, certificazioni, documentazione, valutazione e riconoscimento degli studi compiuti all’estero, valutazione dei crediti scolastici e dei debiti formativi, partecipazione a progetti territoriali e internazionali, realizzazione di scambi educativi internazionali, disciplina degli alunni. 14 − amministrazione e gestione del patrimonio e delle risorse finanziarie, la scuola riorganizza la gestione dei servizi amministrativi e contabili in considerazione del nuovo assetto istituzionale e della complessità dei compiti affidati per garantire all’utenza un efficace servizio. Le scuole concorrono alla specifica formazione e aggiornamento culturale e professionale del personale amministrativo. − stato giuridico ed economico del personale, vi rientrano tutti i provvedimenti di apertura, chiusura e sospensione della partita di spesa fissa, il riconoscimento dei servizi, la ricostruzione e la progressione di carriera, le assenze ingiustificate avente effetto di trattamento economico, la cessazione dal servizio per dimissioni volontarie, il collocamento a riposo per limiti d’età e per anzianità di servizio. 15