“ “ Tutti i segreti di un premio speciale

MERCOLEDI 6 OTTOBRE 2004
LA REPUBBLICA 39
DIARIO
DI
LA STORIA DI UN GRANDE EVENTO CULTURALE
Alla vigilia
del prestigioso
riconoscimento
per la
letteratura
I protagonisti
gli esclusi,
le scelte
Ecco come
lo si assegna
La sala della
premiazione
dei Nobel
el suo testamento del 27
novembre 1895
Alfred Nobel, divenuto miliardario per l’invenzione della dinamite, destinò la sua
fortuna alla creazione
di quelli che oggi sono
i riconoscimenti più
famosi e ambìti del
mondo: gli annuali
premi per la letteratura, la fisica, la chimica,
la medicina e la pace,
ai quali la Banca Centrale di Svezia ha aggiunto nel 1968 un
analogo premio per
l’economia. Nobel
morì a San Remo il 10
dicembre 1896, e i suoi
premi furono assegnati a partire dal
1901. Ogni anno la cerimonia ufficiale si tiene il 10 dicembre, in
due solenni eventi paralleli: a Oslo il re di
Norvegia consegna il
premio per la pace, a
Stoccolma il re di Svezia i rimanenti cinque.
Ma i nomi dei vincitori vengono comunicati agli inizi di ottobre,
proprio in questi giorni.
Per partire da casa
nostra, i vincitori italiani sono stati finora
diciannove: sei in letteratura (Carducci,
Deledda, Pirandello,
Quasimodo, Montale
e Fo), cinque in medicina (Golgi, Bovet, Luria, Dulbecco e Levi Montalcini), cinque in fisica (Marconi, Fermi, Segrè,
Rubbia, Giacconi) e uno in chimica
(Natta), economia (Modigliani) e per
la pace (Moneta).
Allargando lo sguardo al mondo intero, le donne insignite del premio sono state trentuno in tutto, di cui due
italiane, variamente distribuite: da
dieci per la pace a due per la fisica.
Benché nessuna abbia vinto un premio intero nell’economia, si può dire
che la moglie di Lucas Robert ne abbia
vinto il cinquanta per cento nel 1995:
grazie alla sentenza di divorzio, che le
assegnava la metà di un eventuale premio futuro. La stessa cosa aveva fatto
Albert Einstein, che girò preventivamente alla moglie l’intero premio:
scommettendo, questa volta, sul sicuro.
Pochissime sono, ovviamente, le
foto di famiglia nell’album dei vincitori: la più affollata è certamente quella
dei Curie, con la madre Marie, il padre
Pierre, la figlia Irene e il genero Frederic Joliot. In altri cinque casi vinsero
padre e figlio, tra i quali Henry e William Bragg in uno stesso anno (1915),
e Manne e Kai Siegbahn a cinquantasette anni di distanza (1922 e 1975),
tutti per la fisica. In altri due casi vinsero marito e moglie, mentre di fratelli si registra invece solo una coppia.
Soltanto due persone hanno preso
due volte lo stesso premio: John Bardeen in fisica, nel 1956 e 1972, e Frederick Sanger in chimica, nel 1958 e 1980.
Altre due hanno meritato due premi
diversi: Marie Curie in fisica e chimica,
e Linus Pauling in chimica e per la pace. Il più giovane vincitore è stato William Bragg, che aveva venticinque anni. Il più sfortunato William Vickrey,
che nel 1996 morí tre giorni dopo aver
ricevuto la notizia della vittoria.
Le persone che hanno rifiutato il
N
NOBEL
ricevuto i padri fondatori della meccanica
quantistica (Planck,
Bohr, Heisenberg,
Schrödinger e Dirac),
cosí come i creatori
dell’elettrodinamica
quantistica (Feynman, Schwinger e Tomonaga) e gli unificatori della forza elettrodebole (Glashow,
Weinberg e Salam).
Stranamente, invece,
nessun premio è mai
stato assegnato per la
relatività: neppure a
Einstein, che ne
avrebbe meritati parecchiì e ne ricevette
uno solo, per un lavoro secondario sull’effetto fotoelettrico.
Molti premi sono andati ai fisici sperimentali, che hanno scoperto in laboratorio le
particelle previste
dalla teoria: dal positrone (Anderson) ai
bosoni deboli (Rubbia).
I vincitori del premio per la chimica sono forse i meno noti al
pubblico, benché fra
essi ci siano nomi quali i già citati Marie Curie e Linus Pauling. Più
fortunati sono i medici, il cui premio comprende ufficialmente
la fisiologia e ufficiosamente la biologia:
nella lista dei laureati
troviamo personaggi
ormai passati alla storia, che hanno legato il loro nome ai riflessi condizionati (Pavlov), alla penicillina (Fleming), all’elica del Dna
(Crick e Watson), al caso e alla necessità (Monod), all’etologia (Lorenz) e
alla lateralizzazione del cervello
(Sperry).
Il premio per l’economia, ultimo
arrivato, riflette la duplicità di una disciplina ancora costretta a barcamenarsi tra fatti e opinioni. A un estremo
si situano gli economisti matematici,
dimostratori di profondi teoremi sulle scelte sociali (Arrow e Sen), l’equilibrio dei mercati (Debreu), la pianificazione (Kantorovich) e la teoria dei
giochi (Nash). All’altro estremo si trovano gli economisti politici, dispensatori di superficiali slogan ideologici: il
più controverso è Milton Friedman,
ultrà del liberalismo e del monetarismo, che fornì a Pinochet la copertura
intellettuale per i suoi esperimenti
economici.
Kissinger e Friedman non sono
però i soli premi Nobel imbarazzanti
della storia. Altrettanto lo è stato Antonio Moniz, premiato nel 1949 per «la
scoperta del valore terapeutico della
lobotomizzazione», una pratica oggi
considerata più uno strumento di tortura che una terapia clinica. O Hermann Müller, vincitore nel 1946 per la
medicina, dopo essere emigrato dagli
Stati Uniti in Unione Sovietica per
proporre a Stalin un programma eugenetico. O Fritz Haber, vincitore nel
1918 per la chimica, dopo aver inventato e inaugurato nella Prima Guerra
Mondiale la prima letale arma chimica (il gas di cloro). Fortunatamente,
però, queste sono eccezioni: la regola
del premio Nobel è quella che gli ha
permesso di diventare, in un secolo,
un diploma di eccellenza che molti sognano di vincere, anche se pochi ci riescono.
Tutti i segreti di un premio speciale
PIERGIORGIO ODIFREDDI
premio si contano, letteralmente, sulle dita di una mano. I russi obbligarono Boris Pasternak (letteratura) a declinare nel 1958. Lo stesso avevano fatto i tedeschi con Richard Kuhn e Adolf
Butenandt (chimica) e Gerhard Domagck (medicina) nel 1938-39, ma essi furono reintegrati dopo la guerra.
Gli unici rifiuti spontanei sono quelli
di Jean Paul Sartre (letteratura) nel
1964 e Le Duc Tho (pace) nel 1973.
Il premio per la pace ha, ovviamente, forti connotazioni politiche. Spesso è stato assegnato a organizzazioni
indiscutibili: l’alto commissariato
Onu per i rifugiati, la campagna contro le mine, i medici senza frontiere, la
Croce Rossa, Amnesty International,
l’Unicef. A volte è andato a figure carismatiche quali il Dalai Lama, madre
Teresa e il dottor Schweitzer, o a simboli della lotta contro l’oppressione
quali Mandela, Sacharov e Martin
Luther King. Troppo spesso, però, è
stato assegnato a coloro che la pace la
fanno solo dopo aver fatto la guerra. Il
caso più controverso è certamente
quello di Henry Kissinger, che l’ha ri-
VLADIMIR NABOKOV
TALORA, nel corso
degli ultimi tre o quattro decenni, mi sono
sorpreso ariflettere sull'attraente somiglianza fra l'inizio del nome di quel
famosopremio Nobel e l'inizio del
mio nome: N-O-B, N-A-B, che delizioso ricorrere di lettere! L'allitterazione, però, è un rapporto ingannevole. D'altra parte penso spesso di
non essere inferiore come scrittore,
ad esempio, a Rabindranath Tagore
(millenovecentotredici) o a Grazia
Deledda (millenovecentoventisei);
ma, ovviamente, devono anche esserci, proprio in questo momento,
numerosi autori non incoronati che
nutrono lo stesso malinconico sentimento.
“
“
NOBEL
cevuto insieme a Le Duc Tho: un movimento popolare sta ora cercando di
farglielo revocare, a causa delle sue responsabilità nel genocidio in Cambogia e nel colpo di stato di Pinochet.
Anche il premio per la letteratura ha
una natura politica, benché meno evidente. Sartre lo rifiutò appunto perché
non voleva un riconoscimento che andava soltanto a scrittori occidentali o
dissidenti. Oltre a Pasternak, il più famoso di questi ultimi fu certamente
Solgenitsyn, che non andò a ritirarlo
nel 1970 per timore di non poter rien-
trare in Unione Sovietica, e lo ricevette dopo essere stato espulso nel 1974.
Un’ulteriore anomalia del premio per
la letteratura è che fra i vincitori ci sono molti scrittori di secondo piano, dimenticabili e dimenticati, ma non i
più grandi nomi del secolo: Proust,
Joyce, Musil, Gadda e Borges, tanto
per rimanere alle lingue europee. Il
che suona ironico, visto che in genere
è proprio questo il premio che riceve la
maggiore attenzione mediatica.
Il premio per la fisica è invece il più
ambíto tra quelli scientifici. L’hanno
DIARIO
40 LA REPUBBLICA
LE TAPPE
PRINCIPALI
MARIE CURIE 1903
E’ la prima donna insignita del Nobel per la
Fisica, assieme al marito Pierre e ad Henri
Becquerel (“per la ricerca sui fenomeni
radioattivi”). Nel 1911 alla Curie va il
premio per la chimica
ALFRED NOBEL 1901
Il Premio nasce per volontà del chimico
svedese scopritore della dinamite. Nel ‘69
ai cinque premi tradizionali (fisica,
chimica, medicina, letteratura, pace) si
aggiunge quello per l’economia
MERCOLEDÌ 6 OTTOBRE 2004
PASTERNAK 1958
Il regime sovietico obbliga l’autore
dissidente del Dottor Zivago a rinunciare
al Nobel. Nel 1970 anche Aleksandr
Solgenitsyn non ritirerà il premio per
timore di non poter tornare in Urss
LA GRANDE MAPPA DEGLI SCRITTORI CHE HANNO VINTO
L’ISOLA DEI FAMOSI
E QUELLA DEI DIMENTICATI
STEFANO BARTEZZAGHI
l Nobel per la letteratura? No: è
molto meglio al plurale: «I Nobel
per la letteratura». Lo diceva già
Giuseppe Pontiggia: «Due sono,
ogni anno, i premi Nobel della letteratura: uno è quello che viene assegnato al vincitore, l’altro è quello
che non viene assegnato a Jorge Luis
Borges». Poi, si sa, Borges morì: e così uscì definitivamente dall’elenco
dei premiabili, perché il Nobel va
solo a scrittori in attività, quanto
meno respiratoria. Allora la battuta
perse la sua malizia ma al Nobel restò l’affascinante e peculiare oscillazione fra singolare e plurale.
La sua logica è apparentemente
binaria, uno e zero: lo vince uno,
non lo perde nessuno. Il Nobel tempera l’agonismo nobile delle più antiche logomachie e quello mercificato degli altri premi letterari con il
fatto di non richiedere alcuna partecipazione. Le persone di buon
senso, infatti, si ribellano a quelle
formule che pure vengono usate
spesso: «lo scrittore XY, candidato
al Nobel». In teoria il Nobel potrebbe infatti arridere a chiunque abbia
pubblicato almeno un libro a proprie spese, un blogger magari bulgaro, un copy-writer, l’autore di una
tesi di laurea. L’unica condizione è
l’esistenza in vita: e certo l’aver
scritto qualche riga, possibilmente
tradotta in svedese. Uno lo vince,
nessuno lo perde.
Eppure il tarlo della pluralità si
insinua in questa apparentemente
impassibile istituzione, un monumento eretto — la significativa circostanza va pur ricordata — dall’inventore della dinamite. Basta leggere la nuda lista di singoli nomi a cui
il premio arrise, a partire da quel
primo laureato del 1901, quel poeta
francese Sully-Prudhomme, contemporaneo di Apollinaire, Valery,
Zola, Huysmans, oggi ricordato più
per il suo Nobel che per la sua letteratura. Ogni singolo nome che
emerge — anno per anno — fa immediatamente ricordare l’iceberg
di nomi alternativi che restano
sommersi. Il marziano che impiegasse il palmares di Stoccolma per
farsi un’idea della letteratura del
Novecento terrestre verrebbe a conoscere Beckett, ma non Kafka,
Proust, Joyce; Simon, ma non Queneau, Perec, Robbe-Grillet, Barthes
e... E quanti altri? Il paradosso del
Nobel è fingere di voler alludere a
una gerarchia in un universo caleidoscopico, che non ha cioè sfaccettature privilegiate.
E così per descrivere la mappa del
Nobel bisogna accettarne la logica
da yin e yang e fare due nomi. Il primo è proprio quello di Jorge Luis
Borges: indubbiamente il più Nobel
fra i non-Nobel, e quindi uno dei
due simboli dell’anomalia. Trattandosi del più ossimorico e paradossale dei grandi scrittori ha le physique du rôle. Autore di grande letteratura e grande meta-letteratura,
capace di affrontare in poche paginette temi come il tempo e l’immortalità, lettore acutissimo e personale, inventore di molti fra i pochi miti della letteratura contemporanea
(la biblioteca di Babele, la lotteria di
Babilonia, il Pierre Menard, l’Aleph....), incarnazione vivente —
con la sua lungimirante cecità —
della propria figura retorica preferita, l’ossimoro, rappresentante perfetto anche di quella nient’affatto
spregevole medietà letteraria, che
parla all’accademico ma anche al
lettore più disarmato... In passato
c’è stato anche chi ha provocatoriamente detto che il vero scandalo del
Nobel mai dato a Borges stava nel
fatto che proprio il nome di Borges
mancava a perfezionare la lista di
mediocrità letterarie premiate a
I
Octavio
Paz
Luigi
Pirandello
Stoccolma. Una divertente cattiveria, che finiva per riconfermare la
grandezza emblematica di Borges e
la modestia altrettanto emblematica del Nobel: un premio che non
ambisce a designare un canone della letteratura contemporanea, ma a
dare ogni anno una scelta di anarchica rappresentanza.
Il secondo nome è quello di Grazia Deledda, il più non-Nobel dei
Nobel. Leggiamo l’elenco: Bjørnstjerne Bjørnson (1903, Norvegia),
Carl Spitteler (1919, Svizzera), Gabriela Mistral (1945, Cile)... vediamo che ogni nazione può vantare
una sua Grazia Deledda.. In Italia
abbiamo anche avuto il caso di Dario Fo, la rivendicazione del diritto
alla burla del premiato e dei premianti. Il caso Deledda è ancora più
significativo, se persino Vladimir
Nabokov la cita come esempio di
Nobel incongruo assieme all’indiano Rabindranath Tagore (già minimizzato da Mario Praz: «io ho un de-
Winston
Churchill
bole per i mobili, e nessun debole
per Rabindranath Tagore»: già, perché il Nobel non l’hanno mai dato a
Praz?)
Che il Nobel sia un affare per chi
lo riceve, a parte l’entità dell’assegno, è poi tutto da dimostrare. Il Nobel mette nel mirino (come in Italia
accadde al pur dignitoso Salvatore
Quasimodo); il Nobel santifica, e bisogna vedere quanto questo giovi o
nuoccia a un autore; mette nel limbo dell’umana immortalità, fra vita
e morte, colui che premia. Il Nobel,
soprattutto, è un’opera letteraria in
sé rispetta gli obiettivi di straniamento e sorpresa ambigua che proprio da un secolo (lo stesso secolo)
la letteratura assegna a se stessa. Accogliendo la propria natura ossimorica, che è poi la natura della letteratura e di ogni altra cosa che sia possibile pensare, ha accettato di non
andare a Borges. Come ci ha insegnato Pontiggia, detto questo è detto tutto.
DIARIO
MERCOLEDÌ 6 OTTOBRE 2004
LA REPUBBLICA 41
WALESA 1983
Il leader di Solidarnosc (Nobel per la pace, 1983)
non andò a ricevere il premio per il pericolo che il
governo non lo avrebbe lasciato rientrare in
patria. Fu la moglie a ritirare il premio al suo
posto
GLI AUTORI
LE IMMAGINI
Stefano Bartezzaghi, saggista. Il suo ultimo libro è In
compagnia della Sfinge (Einaudi). Dario Fo, uno dei
maggiori uomini di teatro
italiani ha vinto il Nobel per
la letteratura nel 1997. Il testo del Sillabario di Vladimir
Nabokov è tratto da un numero monografico della rivista Riga, Marcos y Marcos
1999. Piergiorgio Odifreddi,
matematico, insegna all’Università di Torino
A Firenze, fino al 2 gennaio
2005, è in corso a Palazzo
Strozzi una mostra sul Nobel intitolata “Beautiful
Minds. Un secolo di creatività” L’esposizione illustra, attraverso una serie di
immagini anche inedite e
di ritratti dei vincitori la
storia del premio più prestigioso del mondo, e anche da quali “ambienti”
siano nate le grandi scoperte scientifiche
CHE COSA HA SIGNIFICATO IL PRESTIGIOSO RICONOSCIMENTO PER DARIO FO
I
l Nobel per la letteratura l’ho
preso nel ’97: durante i quarant’anni e più di lavoro in
teatro avevo già ricevuto numerosi premi, ma non avevo mai
avuto la consapevolezza di ciò
che concretamente significasse
il Nobel. Fu un botto, un’esplosione, non soltanto per me, ma
anche in Italia e in molti altri
paesi. Della possibilità che lo
vincessi se n’era già parlato una
quindicina di anni prima e la
notizia, all’epoca, era stata presa malissimo da vari autori tradizionali.
Qualcuno disse che il fatto di
dare il Nobel a
uno che fa l’attore, cioè a una
persona il cui
linguaggio è
soprattutto legato alla gestualità e alla
vocalità (e non
importa che io
avessi anche
scritto più di
settanta testi
teatrali che circolavano da
tempo per il
mondo), poteva essere solo
una boutade.
Invece io sapevo che era tutto
vero. In seguito
la commissione svedese che
attribuiva il
premio fece
marcia indietro: c’era stata una spiata giornalistica, il mio nome era stato
pubblicato con troppo anticipo
e quindi per il regolamento della giuria dei Nobel io dovevo essere fatto fuori. Nel ’97 si tornò a
fare il mio nome. Già un paio di
settimane prima del voto finale
avevo saputo di essere fra i tre finalisti. Ma mi guardai bene dal
parlarne con qualcuno.
Il giorno in cui fu data la notizia ero in viaggio da Roma a Milano in autostrada insieme ad
Ambra Angiolini, con cui stavo
registrando la prima puntata di
un programma per RaiTre. All’altezza di Firenze ci supera
una macchina con a bordo un
giornalista di Repubblica che
sventola un cartello con su
scritto: «Dario hai vinto il Nobel».
Vado a Milano e mi precipito
nel teatro dov’è in scena Franca,
che in quel periodo sta recitando con Albertazzi Il diavolo con
le zinne. In città la reazione della gente è impressionante. Un
tram si ferma e tutti i passeggeri
scendono per farmi le congratulazioni. E il cortile di casa mia
viene occupato da una banda di
ragazzi che prende a suonare e a
cantare facendo un baccano infernale e svegliando l’intero palazzo.
In molti esultano per la mia
vittoria. Ma ci sono anche reazioni feroci, invidie e risentimenti. Per esempio ci rimane
male Mario Luzi, che aveva avuto l’assicurazione di aver ormai
VI RACCONTO COME
È CAMBIATA LA MIA VITA
DARIO FO
vinto il premio. Altri autori italiani, circondati dalle rispettive
confraternite, si risentono moltissimo.
Quanto alle reazioni istituzionali, in Italia il disinteresse fu
totale. Ricevetti qualche lettera
e telegramma da parte di alcuni
politici, come D’Alema, ma solo
messaggi inviati a livello perso-
nale. Non ci fu alcun invito ufficiale al Quirinale. Invece mi festeggiarono molto in altri paesi
europei, come l’Inghilterra e la
Germania, e soprattutto la
Francia, dove venni celebrato
su invito del ministero della
Cultura. I francesi si dichiararono stupefatti dell’indifferenza
dimostrata dal mio paese.
WILLIAM FAULKNER
In Italia mi fecero gran festa
varie città, quando vi approdavo per recitare: Roma, Napoli,
Genova, Palermo... Fu festa in
quasi tutte le città salvo la mia,
Milano, dove il Comune ignorò
l’evento. D’altra parte i miei
rapporti col Comune di Milano
sono sempre stati pessimi. E nel
frattempo la città va sempre
CERIMONIA
Dario Fo
durante la
premiazione
del 1997
Nella foto
grande, Albert
Camus riceve
il Nobel
nel 1957
EUGENIO MONTALE
Sento che questo premio è
stato dato non a me, ma al
mio lavoro, creare dai
materiali dello spirito
umano qualcosa che prima
non esisteva
Gli accademici di Svezia
hanno detto più volte no
all’intolleranza, al
fanatismo crudele, e a
quello spirito persecutorio
dei forti contro i deboli
Discorso di accettazione del
Nobel 1949
E’ ancora possibile la poesia.
Lettura per il Nobel 1975
IOSIF BRODSKIJ
JEAN-PAUL SARTRE
Voi conferite alla mia
opera un aspetto di
permanenza, come quello
che hanno i detriti di un
ghiacciaio nel paesaggio
sterminato della letteratura
Non è lo stesso firmarsi
Jean-Paul Sartre o JeanPaul Sartre, Premio Nobel.
Uno scrittore non deve
lasciare che lo si trasformi
in istituzione
Discorso di accettazione
1987
Motivazione del rifiuto
1964
peggio: ha perso smalto, valore,
iniziativa. Sul piano culturale è
completamente spenta. Drasticamente ottusa verso tutto ciò
che è o può sembrare di sinistra.
Oggi le sole cose a cui il Comune
s’interessa sono quelle “in grande”: la Scala, le sfilate di moda,
le manifestazioni che coinvolgono una certa élite di potere.
Tornando al Nobel, rammento con felicità la cerimonia a
Stoccolma. Fu solo arrivando in
Svezia che colsi l’importanza di
quel rituale secolare e che scoprii che il Nobel per la Letteratura è il più
importante di
tutti. Mentre
gli altri si possono dividere
fra diversi studiosi, quello
per la letteratura assolutamente no. Nella cerimonia,
molto teatrale,
è il Nobel per la
letteratura che
apre la sfilata e
siede vicino alla regina. Io indossavo un
frac che mi
aveva fatto
Gianfranco
Ferré, e siccome me lo sentivo addosso come un costume di scena
avevo il vantaggio di non
sembrare un maître d’hotel come i miei compagni di Nobel;
tutt’al più potevo sembrare un
cameriere.
Nel proprio discorso all’Accademia, il vincitore del Nobel
deve raccontare la propria storia. Io decisi non di leggere un
testo, ma d’improvvisare. Naturalmente l’improvvisazione, in
teatro, richiede sempre una ferrea preparazione. Anche in quel
caso la mia fu un’improvvisazione rigorosa e programmata.
Raccontai la mia vita: l’università mai terminata, l’accademia, le difficoltà... Ma volli farlo
in modo “figurato”. Gli spettatori potevano seguire le varie
tappe del racconto guardando
una serie di disegni: d’accordo
con gli organizzatori, avevo disegnato cinquanta tavole. Queste tavole, che raccontavano i
punti salienti della mia storia,
vennero stampate e distribuite
a tutti i presenti in sala, più di
cinquecento. Così mentre parlavo dicevo: «Andate a pagina
tre e poi quattro e poi cinque», e
tutti ubbidivano divertiti.
Col Nobel è aumentato l’interesse internazionale verso il
mio lavoro. I miei testi erano già
molto rappresentati in Europa e
negli Stati Uniti, ma dal ’97 in
poi sono stati messi in scena con
successo anche in Giappone, in
Cina, in Nuova Zelanda, in Medio Oriente e in Africa. Che cosa
voglio di più?
(testo raccolto
da Leonetta Bentivoglio)
I LIBRI
IOSIF
BRODSKIJ
Dall’esilio,
Adelphi 1988
(contiene Un
volto non
comune.
Discorso per il
premio Nobel)
V.S. NAIPAUL
Leggere e
scrivere,
Adelphi 2002
(con il discorso
tenuto in
occasione del
ritiro del
premio Nobel)
ADELPHIANA.3
(con scritti dei
premi Nobel
Czeslav
Milosz, Derek
Walkott e
un’intervista a
Wislawa
Szymborska),
Adelphi 2004
KONRAD
LORENZ
Vorrei
diventare
un’oca.
L’autobiografi
a e la
conferenza del
Nobel, Muzzio
1997
NORBERTO
FUENTES
Hemingway a
Cuba. Vita,
curiosità e
manie di un
premio Nobel
sull’isola dei
barbudos,
Gamberetti
1996
DUNBAR
NICHOLAS
Anche i Nobel
perdono. Idee,
persone e fatti
della finanza,
EGEA 2003
GEORGE
AKERLOF
Racconti di un
Nobel
dell’economia,
Università
Bocconi 2003
FABIO
CARPI
Nobel,
Gremese
Editore 2001
PIETRO
MIGLIORINI
I premi Nobel,
La Vita Felice
1999