CELLULA VEGETALE Non dobbiamo immaginarcela come qualcosa in più o in meno rispetto alla cellula animale, ma come qualcosa di diverso. Pur in un contesto di analogie morfologiche e metaboliche presenta aspetti peculiari rispetto a una cellula animale: 9Assorbimento di H2O e soluti tramite pompe protoniche (H+-K+ piuttosto che Na+-K+). 9Fotorespirazione (cloroplasto-mitocondrio-perossisoma) in aggiunta alla respirazione cellulare. 9Conversione dei lipidi in zuccheri mediante particolari perossisomi, denominati gliossisomi. 9Formazione di una parete cellulare esterna, più o meno spessa e rigida! PLASTIDI Sono organuli cellulari tipici e fondamentali delle cellule vegetali. Non li hanno solo batteri e funghi eterotrofi e chiaramente tutte le cellule animali. Non sono fondamentali alla vita della cellula come altri organuli quali i ribosomi ad esempio, ma per le cellule vegetali sono assolutamente necessari per mantenere il livello di autotrofia. Sono coinvolti nei processi di fotosintesi e accumulo. 9Si distinguono in cloroplasti, cromoplasti e leucoplasti. 9Sono delimitati da una doppia membrana; costituiti internamente da un sistema di membrane dette tilacoidi e da una sostanza fondamentale detta stroma. 9All’interno delle membrane possono contenere i pigmenti fotosintetici (clorofilla e carotenoidi). 9Sono organelli semiautonomi simili ai batteri (nucleoide con DNA circolare; ribosomi 70S inibiti da antibiotici; divisione per scissione). ORIGINE ENDOSIMBIONTICA DEI CLOROPLASTI ¾I presunti antenati dei cloroplasti erano procarioti fotosintetici che divennero endosimbionti, ossia viventi all’interno di cellule più grandi eterotrofe, inizialmente come prede non digerite o parassiti interni. ¾La cellula ospite sviluppò un sistema di membrane interne e un citoscheletro che inglobarono i procarioti fotosintetici isolandoli all’interno di vescicole. ¾La simbiosi instaurata portò benefici per entrambi gli organismi e la stretta interdipendenza portò alla formazione di un singolo organismo, antenato dei futuri eucarioti, costituito da parti inseparabili. da: “Biologia” (N.A. Campbell, J.B. Reece) CLOROPLASTI Sono gli organuli che effettuano la fotosintesi clorofilliana: immaginate che senza la loro presenza non sarebbe possibile vivere su questo pianeta. Sono organuli complessi di colore verde, il verde della clorofilla. Tale colore è una caratteristica essenziale al ruolo svolto dalla clorofilla nell’assorbire alcune radiazioni solari per svolgere il processo fotochimico. Soprattutto nelle cellule dei parenchimi clorofilliani (foglie e giovani rami primari). - Asse max 4-8 μ, asse min. 1-3 μ, - tra 60 e 100 ma possono arrivare anche a 200 in una sola cellula. - Sono capaci di dividersi indipendentemente dalla divisione del nucleo. Infatti il loro numero può aumentare nel corso dello sviluppo in lunghezza della cellula. Il loro processo riproduttivo sembra essere dipendente dalla esposizione alla luce, e dalla presenza di alcuni ormoni del tipo della cinetina. Le forme sono molto variabili (stella, pallina, nastro spiralato, ecc.), la loro dimensione si può modificare ciclicamente, si possono spostare ed orientarsi in modo confacente rispetto alla luce (variano di posizione in base anche alla qualità di luce che arriva). All’interno del cloroplasto sono visibili delle aree più scure, - maggiore assorbimento di luce e maggiore densità -, dette grana, che definiscono la porzione stazionaria interna al cloroplasto, rispetto ad una sua parte mobile. Ciascun cloroplasto è delimitato da una doppia membrana: la più esterna è facilmente permeabile dai metaboliti, la seconda invece è più difficilmente attraversabile ed il passaggio dei metaboliti è regolato da alcuni trasportatori. I grana sono costituiti da un sistema ordinato di lamelle disposte parallelamente tra loro ed orientate secondo l’asse maggiore del plastidio. Queste lamelle sono sacculi schiacciati, delimitati da membrana ai quali è stato dato il nome di tilacoidi. Per le loro dimensioni si distinguono in due tipi: tilacoidi dei grana e tilacoidi intergrana (o stromatico). Gli intergrana sono molto lunghi longitudinalmente tutto il cloroplasto. e percorrono Quelli dei grana invece sono più piccoli, della forma di una monetina di 0,3-1 micron, sono sovrapposti l’uno all’altro come a formare una pila cilindrica detta appunto grana. Si va dai 40 agli 800 grana per cloroplasto. Le membrane dei tilacoidi contengono il più dei lipidi di un cloroplasto, i vari pigmenti fotosintetici, e la metà delle proteine: infatti qui si svolgono le cosi dette reazioni luminose della fotosintesi, le reazioni del trasporto di elettroni fotosintetico (fotosistema I e II) e la fosforilazione ad esso associata. All’interno del cloroplasto vi è una matrice chiamata stroma o sostanza fondamentale, un compartimento idrofilo ricco di proteine enzimatiche (tra le quali anche quelle della fissazione e riduzione della CO2). Nello stroma del cloroplasto sono presenti numerosissimi ribosomi, più piccoli di quelli presenti sul citoplasma. Sono anch’essi in grado si sintetizzare proteine e per alcuni caratteri che riguardano i meccanismi di assemblaggio polipeptidico, assomigliano molto ai ribosomi dei batteri. Sottoforma di fibrille sottilissime è presente anche il DNA. Gli zuccheri che si formano in seguito alla fotosintesi vengono subito traslocati in tutte le porzioni periferiche della pianta: spesso però la velocità di produzione è troppo elevata rispetto alle possibilità di trasporto per cui una parte degli zuccheri viene trasformata in amido primario o di assimilazione. Solitamente nei cloroplasti sono presenti uno o più granuli di amido. Tali granuli non hanno vita lunga: di notte vengono idrolizzati e gli zuccheri che ne derivano vengono subito trasportati nei parenchimi di riserva. A volte sono rinvenibili anche delle gocce lipidiche. In merito alla struttura interna dei cloroplasti si è osservato che i tilacoidi che collegano i vari grana sono costituiti da un sistema di canali membranosi, visualizzabile a livello tridimensionale. Diversi modelli tridimensionali sono stati proposti per la spiegazione di queste strutture. La membrana dei tilacoidi presenta una struttura granulare, costituita da un foglio bidimensionale di sottounità, ciascuna di circa 120-175 Angstrom(Å). Si pensa che ciascuna di queste sottounità, di forma romboidale, potesse essere l’espressione morfologica dell’unità fotosintetica, detta quantosoma. Tali unità presentano sempre una certa disposizione ordinata, più o meno differente a seconda dei tipi di piante. Queste particelle, quantosomi, sono immerse in un'unica matrice lipidica del classico tipo bistratificato: le particelle sono spesso leggermente più spesse della membrana fosfolipidica, ed è per questo che la superficie delle lamelle appare rugosa. La composizione chimica dei cloroplasti è stata ottenuta attraverso il loro isolamento: 40-60% di proteine, 20-30% di lipidi, 5-10% di clorofilla (oltre il 75% clorofilla a), 24% di carotenoidi, 2-7% di acidi nucleici, 7-10% di residuo minerale. Il pigmento più importante presente nei cloroplasti è la clorofilla, che si distingue in diverse tipologie. Il tipo a, il primo che si è evoluto ed è presente in tutte le alghe e nelle piante superiori, la clorofilla b invece è presente solo in alcune alghe, le più evolute ed in tutte le piante superiori, Briofite comprese. La clorofilla a è costituita da una doppia struttura: un anello porfirinico, costituito da quattro anelli pirrolici con al centro un atomo di magnesio, ed un composto a 20 atomi di carbonio di natura alifatica (catena lipidica) detto fitolo. La b è simile in tutto tranne che per la sostituzione dei gruppi carbossilici (CH3) con dei gruppi aldeidici sull’anello porfirinico. Le due clorofilla presentano spettri di assorbimento piuttosto diversi: i picchi di assorbimento che si raggiungono nelle bande del rosso e dell’azzurro sono sfalsati. Tali molecole si trovano nelle membrane dei tilacoidi, legate sia alle proteine (anello porfirinico), sia ai lipidi (fitolo). da: “Biologia delle piante” (P.H. Raven et alii) da: “Biologia delle piante” (P.H. Raven et alii) Le clorofilla e i pigmenti carotenoidi si trovano sulle membrane dei tilacoidi e sono responsabili della cattura della luce nella fotosintesi. Nei cloroplasti l’energia solare è convertita in energia chimica e la CO2 fissata sotto forma di carboidrati, amminoacidi, acidi grassi; in essi viene accumulato temporaneamente l’amido (amido primario o fotosintetico). Nei cloroplasti oltre alle clorofilla sono presenti anche i carotenoidi: luteina, b-carotene, a-carotene, violaxantina, neoxantina. Essi si rendono manifesti in autunno, quando la clorofilla viene distrutta. Hanno il ruolo: a) di proteggere la clorofilla da processi di fotodistruzione b) assorbire e trasferire energia luminosa alla clorofilla a. Anche i chinoni, come il plastochinone sono presenti in abbondanza nei cloroplasti, e sono presenti sia sui tilacoidi che nello stroma. La loro concentrazione sembra essere notevolmente influenzata dalla intensità luminosa. PROPLASTIDI Rappresentano lo stadio giovanile dei plastidi e si trovano nelle cellule ancora indifferenziate dei meristemi primari. Di struttura semplicissima (dimensioni variabili da 0,5 ad 1µ), sono delimitati da una doppia membrana, con uno stroma interno privo di sistema lamellare. Posseggono la protoclorofilla, collocata in un complesso proteico. Essi sono capaci di sintetizzare amido, ma comunque non producono zuccheri. Presentano numerosi ribosomi e fanno normale sintesi proteica e sintesi di acidi grassi. La trasformazione dei proplastidi in cloroplasti è strettamente dipendente dalla luce, ed avviene a partire dalle cellule meristematiche dell’apice del germoglio. La luce non è l’unico arbitro a dettare le condizioni, come per esempio nelle cellule dell’epidermide (si formano si dei cloroplasti, ma molto rudimentali e con scarsissima efficienza fotosintetica) che ovviamente hanno un ruolo protettivo. - I proplastidi che si differenziano dalle cellule del meristema radicale si trasformano automaticamente in amiloplasti, cioè organuli adibiti alla riserva di amido. Se però le radici vengono fatte crescere alla luce essi si trasformano in cloroplasti, anche se non mostrano mai un sistema lamellare così organizzato come quello dei cloroplasti del fusto. Il passaggio da proplastidi a cloroplasti rappresenta quindi il raggiungimento della capacità fotosintetica. La membrana esterna del cloroplasto presenta un ruolo molto importante nella genesi del sistema lamellare interno. Essa nell’area a contatto con lo stroma si introflette originando delle invaginazioni (tilacoidi). Entrano in gioco la sintesi di numerose proteine che avviene sia nel citoplasma che nello stroma del plastidio. I lipidi sono anch’essi una componente importante dei tilacoidi, e sembra che parallelamente alla loro sintesi il plastidio converta la protoclorofilla in clorofilla. Infine con la formazione dei grana si raggiunge la tappa conclusiva del differenziamento delle membrane fotosintetiche = Infatti i tilacoidi contengono solo il fotosistema I, mentre i grana sia I che il II. Se i semi di Angiosperme germinano al buio, si originano piantine eziolate: - forti scompensi; - maggiore crescita degli internodi; - assenza di clorofilla. La protoclorofilla non si può trasformare (per riduzione, aggiunta di due atomi di idrogeno) in clorofilla. Gli ezioplasti sono comunque più grossi dei proplastidi. Si differenziano solo alcuni tilacoidi sparsi ed un corpo di natura cristallina (strutture tubuliformi disposte in un reticolo cubico o esagonale) detto Corpo Prolamellare. Nel CP è contenuta anche la protoclorofilla. Nello stroma si trovano i ribosomi e qualche fibrilla di DNA. I proplastidi, differenziandosi in plastidi adulti presentano uno sviluppo anormale e vengono detti ezioplasti. Essi rimangono organuli indifferenziati e quindi assomigliano molto ai proplastidi. Se esposti alla luce essi poi diventano cloroplasti. Differenziazione degli ezioplasti in cloroplasti In alcune specie il CP si forma in condizioni naturali nell’arco di una notte (Cucumis sativus e Phaseolus vulgaris) e scompaiono di giorno, mentre in molte altre esso non ha il numero di ore sufficienti per formarsi in maniera naturale. Illuminando giovani piantine eziolate, nel giro di 2-3 giorni queste diventano verdi e acquistano la capacità di normale fotosintesi. Il CP si dissolve velocemente e diventa anche il centro di organizzazione del sistema lamellare operativo dei tilacoidi e grana. Riportando la piantina al buio si rinnesca il processo inverso, si riforma il CP. Tale relazione però non produce sempre gli effetti descritti a tutti gli stadi di sviluppo dei plastidi: nelle fasi di sviluppo giovanile tale reversibilità e bene evidente, ma tende a ridursi quasi a zero nei plastidi che hanno raggiunto lo stadio maturo. Sin dalle prime fasi di sviluppo compaiono delle file di vescicole, mentre nei pressi del CP sono spesso presenti delle gocce lipidiche che verranno poi utilizzate per la costruzione del sistema di lamelle fotosintetiche. Leucoplasti Si indicano così i plastidi incolori di una pianta. Sono organi che hanno principalmente il ruolo di accumulare sostanze di riserva, e si trovano in particolare nei parenchimi amiliferi dei semi, della radice (amiloplasti) e del fusto (ezioplasti). Per questo hanno una elevata capacità sia di sintetizzare amido che, viceversa, di idrolizzarlo. Sono molto più semplici dei cloroplasti. Presentano una doppia membrana lipoproteica, e nello stroma un ridottissimo sistema di membrane (pochi tilacoidI). Dal proplastidio aumentano gli enzimi del metabolismo dei carboidrati (aldolasi, 3fosfogliceraldeide-deidrogenasi); Il più dello stroma di un amiloplasto adulto è occupato da granuli di amido. Come si sa questo non è un carattere esclusivo degli amiloplasti (vedi cloroplasti) ma qui esso è accumulato come sostanza di riserva. Infatti qui esso è chiamato amido secondario, o di accumulo, in quanto deriva dagli zuccheri provenienti dai cloroplasti, dove temporaneamente di giorno si può accumulare un po’ di amido primario. L’amido è la riserva glucidica vegetale per eccellenza, ed in particolar modo esso è utilizzato nel periodo della ripresa vegetativa. I granuli di amido variano molto per numero forma e dimensioni: nella patata troviamo i più grandi, nella castagna i più piccoli. Il centro di formazione dell’amido è chiamato ilo. La forma piuttosto variabile e può essere posizionato al centro dei granuli o in posizioni diverse. Se i centri di accumulo sono due si formano i grani di amido composti (riso e avena). L’amido è un polimero del glucosio (legami alpha1-4). Lungo la catena dell’amido vi sono delle ramificazioni (legami alpha1-6). Infatti la maggior parte degli amidi è separabile in due componenti: l’amilosio (catena lineare di residui glucosidici alpha1-4) e l’amilopectina (molecola ramificata di residui glucosidici con legami alpha1-4 e ramificazioni alpha1-6). L’amilosio, per lo specifico legame alpha1-4 forma delle strutture ad elica. Le due frazioni di amido si trovano nelle cellule in proporzioni diverse. Trattando con iodio, l’amilosio si colora di blu, l’amilopectina di un rosso violaceo meno intenso. Amiloplasto con all’interno 2 granuli di amido con ilo asimmetrico; la matrice è abbondante e la struttura lamellare ridotta. In alcune Graminaceae e Compositae non si forma amido, ma fruttosani (es. inulina), molecole più piccole dell’amido formate da catene di fruttosio; si accumulano nel vacuolo e non nei leucoplasti. La forma del granulo di amido (1-170 µm) permette di risalire alla specie che lo ha generato; ha quindi significato tassonomico e farmacognostico. CROMOPLASTI Sono plastidi colorati per l’abbondante presenza di pigmenti, tra cui i carotenoidi. Questi plastidi sono presenti abbondantemente nei fiori e nei frutti. Sono fotosinteticamente inattivi, e non hanno un particolare ruolo funzionale; - doppia membrana, e nello stroma troviamo vescicole, tubuli, piccoli cristalli, lamelle, gocce lipidiche ecc. Non presentando una struttura interna ripetibile. - I pigmenti che prevalgono sono i carotenoidi, che nella Carota raggiungono il 20-25% del peso secco; oltre a ciò il 58% è costituito da lipidi, 22% da proteine e 3,3% da RNA. I cromoplasti derivano il più delle volte, dalla diretta trasformazione di cloroplasti o amiloplasti (Peperoni, mele, Pomodori, Arance, ecc.), anche se in qualche caso si originano direttamente dalla differenziazione dei proplastidi. Una volta che il cromoplasto si è formato, indipendentemente dalla sua provenienza, non può ritrasformarsi in cloroplasto: ciò confermerebbe la teoria che il cromoplasto rappresenterebbe lo stato gerontico del plastidio. Sono organelli sferici (0,5-1,4 μm) circondati da una membrana singolaPEROSSISOMI con una matrice interna che contiene un corpo di natura proteica cristallino (raccolta di molecole enzimatiche). Giocano un ruolo importante nella fotorespirazione, un processo che consuma O2 e libera CO2 (il contrario di quanto avviene durante la fotosintesi). Nelle foglie verdi sono strettamente associati ai mitocondri e ai cloroplasti. Alcuni perossisomi (gliossisomi) contengono gli enzimi necessari per la conversione dei grassi di riserva in saccarosio durante la germinazione di molti semi. da: “Biologia delle piante” (P.H. Raven et alii) IL VACUOLO Sono dei contenitori presenti all’interno della cellula solitamente di forma tondeggiante delimitati da una doppia membrana lipoproteica chiamata tonoplasto. Il tonoplasto è un tipo di membrana asimmetrica (proteine-lipidi-proteine) in quanto la porzione proteica interna è più grossa di quella esterna. In entrambe le superfici, sono presenti alcune particelle (60-150 Angstrom Å), la cui funzione non è ancora perfettamente nota, ma si pensa siano proteine strutturali ed enzimatiche, importanti nella regolazione del passaggio dei vari metaboliti. E’ esclusivo delle cellule vegetali, ed in merito alla sua origine, si differenzia da dilatazioni del reticolo endoplasmatico, ipotesi attualmente più accreditata. Nelle cellule meristematiche il vacuolo è assente o poco sviluppato, mentre nelle cellule che iniziano ad accrescersi nella prima fase di distensione alcune porzioni del reticolo endoplasmatico iniziano a rigonfiarsi, prendendo il nome di provacuoli. Quando inizia questa dilatazione, i ribosomi iniziano un processo di disancoramento dalla membrana. Ciò non è ancora chiaro come avvenga, ma di fatto, quando il vacuolo si è differenziato, non rimangono più ribosomi ancorati al tonoplasto. Nel periodo giovanile, i vacuoli iniziano a differenziarsi in numero elevato ma con scarsa rilevanza; nella fase di accrescimento per distensione acquisiscono sempre maggiori dimensioni, tendono a fondersi tra loro e ad assorbire una notevole quantità di acqua. A distensione terminata, il numero dei vacuoli e ridottissimo: molto spesso ne rimane uno e di grosse dimensioni (anche l’80-90% delle dimensioni interne della cellula). Qui si evidenzia un aspetto molto importante: la cellula vegetale aumentando di dimensioni non sintetizza nuovo plasma, ma aumenta il volume dei suoi vacuoli. Nella fase di crescita per distensione le cellule vegetali hanno solitamente un ritmo di sviluppo notevole: non essendoci una corrispondente sintesi di plasma, il vacuolo si accresce in proporzione anche per evitare che si creino vuoti d’aria. - Un altro aspetto funzionale della presenza dei vacuoli sta nel fatto che essi aiutano a mantenere un rapporto proporzionale tra superficie cellulare e plasma: il volume della cellula aumenta in virtù dei vacuoli, il plasma rimane stabile ma confinato a contatto con la membrana e quindi in grado di effettuare adeguati scambi con l’esterno. - Oltre a ciò, non essendo sviluppato in questo tipo di cellule un sistema di escrezione dei metaboliti secondari come negli animali, tali sacchi sono anche visti come magazzini di derivati metabolitici secondari o di rifiuto della cellula vegetale. - Essi funzionano anche come osmometri ed hanno così un ruolo importantissimo nella regolazione dell’assorbimento di H2O nella cellula. Oltre a ciò, con i processi osmotici il tonoplasto viene tenuto in tensione trasferendo alla cellula la necessaria turgidità. - In quanto la parete cellulare è abbastanza rigida, di conseguenza nella cellula vegetale si instaurano forti pressioni idrostatiche. Nel vacuolo possono essere accumulate anche sostanze di riserva e proteine enzimatiche. SUCCO VACUOLARE E’ detto succo vacuolare perchè contiene la maggior parte del liquido cellulare; può essere incolore, ma spesso è colorato perché ricco di flavonoidi, ed il pH è solitamente acido. In esso possono trovarsi una varietà molto ampia di sostanze: sali, proteine flavonoidi, alcaloidi, sali inorganici, antociani, ecc. Ciò dipende molto dal tipo di cellula che trattiamo (che funzione presenta), dalla specie e dall’ambiente. Tra le sostanze di riserva, nel seme, sono presenti concrezioni ottenute per disidratazione dette granuli aleuronici (essi contengono riserve fosfate – fitina – e proteine). - idrati di carbonio, da mono a polisaccaridi, liquidi. Glucosio nell’uva, fruttosio nelle pesche, Il saccarosio è abbondante nella barbabietola . - sali inorganici, e tale aspetto dipende molto anche dall’ambiente in cui la pianta vive. Cloruro di sodio, in ambienti salini, Calcio nei terreni calcarei. Tra gli scarti o scorie del metabolismo abbiamo: - Antociani, flavonoli e flavoni, importanti per la colorazione dei petali e dei frutti. - Alcaloidi, Molti di essi sono delle basi, e si trovano sottoforma di sali di acidi organici. Tra questi: Cocaina, papaverina, teina, morfina, caffeina, ecc. - Acidi organici, come l’acido malico e l’acido citrico. - Tannini: si accumulano spesso in cellule specializzate, colore brunastro. Sono prodotti di polimerizzazione dei fenoli. - Terpeni: sono composti derivati dell’isoprene. Si ritrovano in particolari cellule di alcune specie alle quali conferiscono particolari aromi (es. pepe, zenzero, alloro).Tra i terpeni sono rinvenibili anche le resine: esse tuttavia sono sostanze molto complesse, che sono disciolte in terpeni. Molto spesso nei vacuoli si accumula l’ossalato di calcio. Questo sale è insolubile in acqua, per cui è sotto forma solida con strutture cristalline. La cellula vuole spesso eliminare dall’ambiente metabolico l’acido ossalico e acido ossalacetico, inibitore il primo di diversi enzimi plasmatici e il secondo della respirazione cellulare. Fenomeni osmotici: - Sono determinanti per le cellule vegetali per l’assorbimento dell’acqua. Il sistema vacuolare permette tali fenomeni, particolarmente importanti nella fase di crescita per distensione. I fenomeni osmotici sono fenomeni di diffusione. - Particelle di dimensione atomica o molecolare sono in continuo movimento: la loro velocità è regolata dalla pressione e dalla temperatura. Spesso si creano delle condizioni per imprimere direzioni preferenziali: le molecole tendono a spostarsi da zone dove sono più concentrate a zone dove sono meno concentrate. - Il movimento quindi delle molecole da zone a maggior concentrazione verso zone a minor concentrazione prosegue sino a quando la sua concentrazione non diviene uniforme in tutto l’ambiente. Tale fenomeno è detto di Diffusione. Una volta raggiunto l’equilibrio le molecole non smettono comunque di muoversi, ma non hanno più una direzione preferenziale. - Molto più formalmente il movimento di particelle da zone a maggior concentrazione verso zone a minor concentrazione, viene indicato anche come movimento che segue un gradiente di potenziale chimico per una determinata specie chimica. Il movimento delle molecole prosegue sino a quando il potenziale chimico dell’intero dipartimento diventa uniforme. Il potenziale chimico dell’acqua è influenzato dalla temperatura, dalla pressione e dalle particelle e molecole in essa disciolte. OSMOSI: la presenza delle particelle di soluto abbassa il potenziale chimico dell’acqua. Il potenziale dell’acqua pura a pressione atmosferica è uguale a zero (Ψ0), e quindi l’acqua con soluto avrà un valore di negativo (Ψ-a). l’acqua si muove per compensare questo (ΔΨ). Il movimento delle molecole d’acqua (solvente) attraverso una membrana semipermeabile è detto fenomeno osmotico. Un sistema osmotico deve avere due caratteristiche: a) presenza di una membrana semipermeabile; b) presenza di un dispositivo che consenta lo sviluppo di pressione (nell’esempio visto è dato dalla pressione della colonna d’acqua). Nelle cellule vegetali invece la pressione si sviluppa per la presenza di un involucro elastico e resistente che è la parete cellulare. Lo sviluppo di pressione infatti permetterà di controbilanciare il flusso di acqua verso il compartimento dove è meno concentrata proprio perchè tale aumento di pressione farà innalzare il potenziale chimico dell’acqua sino a portarlo a zero. In termini pratici si usa definire la pressione osmotica come quella forza che deve essere applicata sulla superficie di una soluzione (separata dal solvente puro da una membrana semipermeabile) tale da controbilanciare il deficit di potenziale rispetto al solvente ed impedirne conseguentemente l’ingresso per diffusione nel compartimento della soluzione. Come sappiamo all’interno delle cellule viventi numerosi organelli e comparti sono sede di fenomeni osmotici: mitocondri, plastidi, reticolo endoplasmatico. Tuttavia, nelle cellule vegetali, il vacuolo è quello che presenta i fenomeni più importanti per la vita della cellula, e per la sua presenza diventa un osmometro. Plasmolisi Se messa a contatto con una soluzione isotonica, l’acqua entra ed esce dalla cellula in ugual misura, ma se messa a contatto con una soluzione ipotonica, l’acqua in entrata è superiore a quella di uscita, la cellula si rigonfia e si sviluppa la pressione osmotica a causa della presenza della parete. Una fuoriuscita d’acqua si avrà quando la cellula è posta a contatto con una soluzione ipertonica, provocando così al suo interno un restringimento del circostante citoplasma ed un progressivo distacco di questo dalla parete cellulare. Tale fenomeno prende il nome di plasmolisi. Se poi tale tessuto di cellule plasmolizzato viene successivamente immerso in acqua pura, la cellula riacquisisce al suo interno nuova acqua, si rigonfia il vacuolo e si distende il plasma, dando origine al fenomeno della deplasmolisi. Cellule normali Cellule plasmolizzate In questi due fenomeni il plasmalemma ed il tonoplasto si comportano rispetto ai soluti in maniera diversa: Il plasmalemma solitamente lascia passare facilmente anche gli ioni di Sali inorganici mentre nel tonoplasto questo avviene più difficilmente o almeno con maggiore lentezza. Questo comporta a volte che in fenomeni di plasmolisi si verifichi contemporaneamente un certo rigonfiamento del plasma. La parete cellulare controlla i fenomeni osmotici: nel caso visto di un tessuto messo a contatto con una soluzione ipotonica, essa tende a regolare la pressione osmotica, ovvero imprime al plasma quella pressione che serve ad un certo punto ad innalzare il potenziale dell’acqua della cellula sino ad uguagliarlo a quello della soluzione ipotonica esterna, di modo che cessi il flusso di acqua dall’esterno all’interno. A questo punto la cellula è detta turgida, perché la pressione di turgore (PT) è in questa fase identica alla pressione osmotica (PO). La tensione di assorbimento (TA) della cellula, che è data dalla differenza dei due suddetti valori (TA=PO-PT) è ora uguale a zero. Il turgore è determinante per la vita della delle cellule e della pianta: le cellule si accrescono solo quando sono turgide; gli stomi si aprono solo quando le cellule di guardia sono turgide.