Nomogramma Da Wikipedia, l’enciclopedia libera. Nomogramma di Smith che calcola l’impedenza complessa di una linea di trasmissione in funzione della sua lunghezza Un nomogramma, nomografo, o abaco è un dispositivo per il calcolo grafico. Nella sua forma più comune non ha parti mobili, ma è un diagramma bidimensionale che permette il calcolo grafico approssimato di una funzione. Si basa su una rappresentazione dei dati in un opportuno sistema di coordinate non cartesiane. Come il regolo calcolatore, è uno strumento grafico di calcolo analogico. Quindi, come per i regoli, la sua accuratezza è limitata dalla precisione con cui i segni grafici possono essere fisicamente tracciati, riprodotti, letti e allineati. I nomogrammi sono utilizzati soprattutto in applicazioni per cui basta ottenere una risposta approssimata. Oppure, vengono utilizzati per verificare l’ordine di grandezza di un risultato ottenuto con un metodo di calcolo esatto. Mentre, normalmente, i regoli sono degli strumenti di uso generale, i nomogrammi vengono prevalentemente costruiti per eseguire calcoli molto specifici, utilizzando una scala di rappresentazione legata strettamente ai valori effettivi delle particolari funzioni in gioco. Descrizione Un nomogramma, nella sua forma più semplice e comune, è costituito da tre linee opportunamente graduate, dette scale. Due scale servono per i dati del problema, sulla terza scala si legge la soluzione. L’impostazione di base prevede che le scale dei dati siano le due più esterne e i risultati siano letti su quella centrale. Però, spesso, si possono scambiare i ruoli delle scale per risolvere problemi inversi. I dati per eseguire il calcolo vanno individuati sulle scale esterne e congiunti con una retta. Il punto in cui la retta interseca la scala centrale rappresenta il risultato. Sulle scale sono segnate delle tacche ed evidenziati i valori più significativi per facilitare l’esatta collocazione dei numeri. Le scale possono essere lineari, logaritmiche o avere una metrica più complicata. Per calcoli relativamente semplici le scale sono riportate su delle linee rette ma, per calcoli più complicati, è spesso opportuno o necessario utilizzare scale disposte lungo curve più o meno semplici. L’utilizzo è molto semplice, serve solo un righello o un filo teso. Basta posizionarlo in modo che congiunga i punti che rappresentano i dati del problema su due scale e vedere dove interseca la terza scala. Questo permette di calcolare una variabile a partire dalle altre due. A volte vengono rappresentate delle curve aggiuntive che riportano i valori di una o più delle scale fondamentali in una diversa unità di misura o sottoposti ad altre semplici trasformazioni. Esempi Nomogramma per le moltiplicazioni L’esempio più banale di nomogramma è costituito da tre segmenti paralleli ed equidistanti che riportano delle scale lineari. La retta che congiunge i punti a e b sui due assi esterni individua la loro media (a + b) / 2 sull’asse centrale. Se alle scale lineari si sostituisce la stessa scala logaritmica su tutti i segmenti, la stessa operazione fornisce , in quanto è la media tra log(a) e log(b) per le note proprietà dei logaritmi. Se ora si sostituisce la scala logaritmica dell’asse centrale con una scala a densità doppia, si ottiene il nomogramma rappresentato qui a fianco che calcola direttamente il prodotto a * b. Questo semplice esempio mostra come, variando di poco la struttura del nomogramma, si possono ottenere una grande varietà di strumenti di calcolo, solo molto parzialmente rappresentati dagli esempi seguenti. Nomogramma per resistenze in parallelo e lenti sottili Nomogramma per resistenze in parallelo Questo nomogramma serve per calcolare Esso è interessante perché esegue un calcolo nonlineare utile nelle applicazioni utilizzando solo linee rette con scale lineari. A e B vengono segnati sulle scale orizzontale e verticale. Il risultato va letto sulla scala diagonale. Siccome calcola una quantità proporzionale alla media armonica di A e B, questa formula ha molte applicazioni. Alcuni esempi sono il calcolo delle resistenze in parallelo in elettronica e l’equazione delle lenti sottili in ottica. Nell’esempio a fianco, la riga rossa indica che due resistori da 56 e 42 ohm disposti in parallelo producono una resistenza di 24 ohms. Ma indica anche che un oggetto posto alla distanza di 56 cm da una lente la cui lunghezza focale è di 24 cm forma un’imagine reale alla distanza di 42 cm. Nomogramma per il test Chi-quadro Nomogramma per la variabile casuale chi quadro Il nomogramma qui a fianco può essere usato per stimare alcuni valori necessari per eseguire un comune test statistico, il test chi quadrato di Pearson. Questo nomogramma è un esempio di utilizzo di scale curvilinee con graduazioni non equispaziate. L’espressione da valutare è La riga blu mostra come si calcola (9 − 5)2/ 5 = 3,2 La riga rossa mostra come si calcola (81 − 70)2 / 70 = 1,7 Nell’eseguire il test, si applica spesso la correzione di Yates per assicurare la continuità ossia si sottrae 0,5 ai valori osservati. Si può facilmente costruire un nomogramma per eseguire il test con la correzione di Yates. Basta spostare la scala dei valori osservati di 0,5 verso sinistra. Così che le tacche relative ai valori 1.0, 2.0, 3.0, ... si trovino dove attualmente ci sono quelle dei valori 0.5, 1.5, 2.5, ... • • Il nomogramma di Smith (cfr. immagine vicino al titolo), usato in elettronica e analisi dei sistemi I diagrammi termodinamici en:Thermodynamic diagrams e i tefigrammi en:Tephigram, usati per studiare la struttura verticale dell’atmosfera e per eseguire calcoli sulla sua stabilità e contenuto di umidità. Bibliografia [modifica] • • • • • • • • • D’Ocagne M.: “Traité de Nomographie”, Gauthier-Villars, Paris, 1899. D’Ocagne M.: “Sur la résolution nomographique de l’équation du septième degré.” Comptes rendus Paris, 131 (1900), 522-524. D’Ocagne, M.: Calcul graphique et nomographie. Doin. París, 1907. 3ª ed., 1924. Brodetsky, S.: A first course in nomography. 1920. Brodetsky, S.: artícolo Nomography in Glazebrook, R. (ed.): Dictionary of applied physics, vol. III: 635. Macmillan and Co. London, 1923. Parellada García, A.: Gráficas y nomogramas. Dossat. Madrid, 1942. Seco de la Garza, R.: Nomogramas del ingeniero. P. Orrier. Madrid, 1911. Soreau, R.: Nomographie. Théorie des abaques. Chiron. París, 1921. Adams, D. P.: An index of Nomograms. M.I.T. e John Wiley & Sons, New York, 1950 Riferimenti bibliografici a migliaia di nomogrammi pubblicati su riviste. Abaco Da Wikipedia, l’enciclopedia libera. Ricostruzione di un abaco di epoca romana realizzato dal museo RGZ a Magonza nel 1977 L’abaco (sostantivo maschile) è un antico strumento di calcolo, utilizzato come ausilio per effettuare operazioni matematiche; È il primo strumento usato per i calcoli sin dal 2000 a.C. in Cina e utilizzato in seguito anche tra i Greci e i Romani.[1] Etimologia Il termine deriva dal latino abacus, tramite la forma genitiva ἄβακας del greco ἄβαξ, che proviene a sua volta dall’ebraico חשבונייה, “polvere”. Infatti il termine originario si riferiva ai primi abachi costituiti da una tavoletta di sabbia.[2] Funzionamento Un abaco, nella sua forma più comune, è costituito da una serie di guide (fili, scanalature, ...) parallele, che convenzionalmente indicano le unità, le decine, le centinaia e così via. Lungo ogni guida possono essere spostate delle pietruzze (dette calcoli, da cui il termine moderno di accezione matematica) o altri oggetti mobili per eseguire le operazioni aritmetiche. I materiali usati per la costruzione degli abachi e la loro foggia costruttiva variano moltissimo a seconda del luogo e dell’epoca storica. Però il funzionamento si basa sempre sul principio fondamentale che il valore di una configurazione di calculi dipende dal posto che occupa [3], ossia dalla guida su pui è posizionata. Cioè le pietruzze su linee diverse indicano grandezze di ordine diverso, anche frazionarie. Tale principio sarà poi alla base di ogni sistema di numerazione posizionale. Le operazioni facilitate dall’uso dell’abaco non sono soltanto addizioni e sottrazioni, ma anche moltiplicazioni e divisioni, viste rispettivamente come addizioni e sottrazioni ripetute. Inoltre, grazie ad opportune configurazioni fisiche dello strumento e ad opportune tecniche, la velocità di esecuzione dei calcoli può essere ragguardevole [4]. Tuttavia, l’abaco non può essere considerato una calcolatrice meccanica in quanto non dispone di meccanismi. L’operatore deve eseguire manualmente tutte le operazioni, nulla avviene in modo automatico. Storia L’abaco fu in uso in Europa a partire dai periodi degli antichi greci, come riferisce Erodoto (lo stesso storico greco afferma come già gli egizi lo conoscessero); anche nella Roma antica si impiegavano tali strumenti, usando tavolette di metallo con scanalature parallele su cui scorrevano palline mobili oppure tavolette di legno coperte di sabbia. L’uso dell’abaco in Europa durò a lungo: nel tardo Medioevo comparve un abaco a linee orizzontali rappresentanti successive potenze di 10; questo strumento cessò di essere impiegato tra la fine del XVII secolo e l’inizio del XVIII. Nelle immagini seguenti possiamo vedere diversi tipi di abachi utilizzati in Europa nei secoli scorsi. Spesso non erano strumenti trasportabili, ma linee o riquadri tracciati su un piano, dove venivano collocati e spostati dei gettoni. Il più famoso di questi fu l’abaco a scacchiere, utilizzato nelle isole Britanniche, da cui deriva il titolo attribuito al ministro delle finanze inglese: Cancelliere dello Scacchiere. • Nel Medioevo in Europa alla parola abaco si attribuiva solitamente il significato di aritmetica in senso generale: a riprova di questo vi è il titolo di un importantissimo libro di Fibonacci: Liber abbaci, pubblicato nel 1202. Anche presso i popoli orientali erano in uso attrezzi simili: in Cina sono stati ritrovati abachi risalenti al VI secolo a.C., che utilizzavano come calcoli bastoncini di bambù. Sempre in Asia, in Corea, è rimasto, fino al XIX secolo, l’utilizzo di abachi di quest’ultimo tipo. Oltre alla Cina anche in Giappone l’uso di questo strumento è durato a lungo nel tempo (più di quanto sia accaduto nell’Occidente), tanto che ancora nella seconda metà del XX secolo molti negozianti giapponesi utilizzavano un abaco per fare i conti. Nell’abaco giapponese la scanalatura è doppia: la parte inferiore contiene quattro oggetti e quella superiore uno solo, facendo sì che le operazioni ricordino in un certo senso quelle con i numeri romani. Evoluzione dell’abaco è il pallottoliere, perfezionato dai romani che crearono così il primo calcolatore tascabile fu un oggetto indispensabile per i romani ottenuto con grande successo. L’abaco in tempi recenti Ai giorni nostri l’abaco, tranne qualche eccezione nei paesi orientali, viene usato quasi esclusivamente come gioco per bambini. Talvolta viene utilizzato in alcune scuole elementari per insegnare ai bambini a contare e ad eseguire alcune semplici addizioni e sottrazioni. A partire dai primi anni del XX secolo si è diffusa l’abitudine di usare il termine abaco, anche nella variante abbaco, come sinonimo di nomogramma. Scuola d’abaco La parola “abaco”, in questo caso, assunse una definizione più vasta di quella originaria, e comprese anche la disciplina, il testo scritto e la scuola, basti pensare ai modi di dire “andare all’abaco”.[5] Nel periodo medievale e rinascimentale le scuole d’abaco furono i luoghi preposti per la formazione dei tecnici. Fondate nel XIII secolo, per venire incontro alla necessità degli artigiani, dei mercanti, dei tecnici e di altre categorie professionali, di istruirsi e di addestrarsi, sono equiparabili agli odierni istituti professionali. L’insegnamento era basato sulla matematica, spiegata con metodi applicativi; l’allievo, o meglio dire l’apprendista, infatti, imparava tramite i metodi dell’osservazione e dell’esercitazione su problemi congruenti al mestiere che stava imparando. I manuali scritti erano pochi, spesso incompleti ed incomprensibili per un buon numero di apprendisti e redatti in lingua volgare. Benché tra i meriti principali degli abachisti vi fosse l’introduzione delle cifre arabe e la diffusione dell’algebra.[5], presto si verificò una contapposizione tra essi (legati alla notazione romana) e gli algoritmisti, che propugnavano l’uso della nuova notazione. Si noti a questo proposito la prima immagine della galleria, Typus Arithmeticae. Sotto l’egida dell’Aritmetica eseguono calcoli sia Boezio (algoritmista) che Pitagora (abachista).