La dottrina della delegazione di potestà legislativa materiale nel diritto italiano^ francese^ germanico Oper EMILIO CROSA Prof, di ruolo nella E. Università di Pavia SOMMARIO. I. Il problema della distribuzione delle competenze organiche nelle sue prime manifestazioni — I I . Posizione dell'istituto della delegazione nel problema della distribuzione delle competenze — I I I . La separazione dei poteri, base per la risoluzioine del problema della distribuzione, delle competenze, nelle sue prime applicazioni costituzionali —• IV. Evoluzione del principio separatistico nel principio odierno della distinzione fon male e materiale dell'attività statuale — V. Disconoscimento del principio e sua successiva ammissione — V I . La materialità delle funzioni come principio fondamentale per la distribuzione delle competenze organiche e sue conseguenze in ordine all'istitutoi della delegazione — V I I Distinzione fra ordinanze amministrative e ordinanze normative nella letteratura giuridica germanica prebellica — Ammissione della delegazione, carattei'i, limiti, — V I I I . Accoglimento integrale della dottrina nella Costituzione di Weimar — IX. La delegazione negata dai pubbllioisti francesi — Ragioni e dot,trine — X. La delegazione nel sdsitema italiano avanitii lategge 31 maggio 1926 n. lOO •— XI. Conseguenze della precitata legge suWa delegazione — XII. Diversa posizione dei vari sistemi in ordine all'istituto della delegazione — Consideraizioni critiche sulla dottrina germanica — XIII. Diversa posizione dottrinale francese e sue cause — XIV. Il sistema italiano — XV. Conclusione. I. — La distribuzione delle competenze organiche, problema de' più vasti e più ardui della dottrina dello Stato, assillò perpetuamente quanti pubblicisti si sforzarono di esaminare e di chiarire i complessi fenomeni dell'organizzazione statuale. In particolar modo importava determinare a quale organo dello Stato spettasse di legiferare, e, nella competenza riconosciuta per il Principe o per il Popolo, si riassume in ultima sintesi il grande e secolare dibattito per la supremazia dell'uno o dell'altro elemento: contesa risolta storicamente dalle grandi Rivoluzioni dei sec. XVII e XVIII e legislativamente dalle Costituzioni che ne furono la conclusione. In un primo tempo, il concetto di legge, impreciso nella sua nozione obbiettiva, largamente commisto di elementi filosofici e teologici, contrapponendosi alla dottrina del Principe (( lex animata» si unì colla nozione del Popolo, assunse il significato e il valore di espressione di volontà del Popolo, cui è conferita piena efficacia giuridica quando sia la volontà di maggioranza. Si affermò allora il principio, che dovrà avere nello Stato moderno sì grande sviluppo, dell'assoluto valor formale della legge, che, in quella cognizione empirica ed esclusivamente subbiettiva propria del tempo, si ma- f*) Prolusione al corso ufficiale di Ordinamenti degli Stati moderni letta nelrUnive*r«ità di Pavia il 26 novembre 1926. — 192 •nifestò nel principio della subordinazione del Principe alla legge. Di questa corrente di pensiero furono interpreti Marsilio da Padova e Nicola da Gusa. Nelle dottrine di questi insigni precursori del Montesquieu il potere legislativo e il potere esecutivo furono considerati subbiettivamente quale competenza rispettiva del Popolo e del Principe. Acquisiti tali principi alla dottrina politica, essi divennero patrimonio comune della scienza europea. Furono sostenuti dai monarcomachi di cui è caratteristica preminente la distinzione fra le funzioni del Principe, a minister » « custos », (( executor legum » e quelle del Popolo che esercita la potestà legislativa (1). Dimostrarono suprema efficacia nella prima rivoluzione inglese e vi ebbero un'applicazione temperata e corretta dalle necessità dell'attuazione pratica per entrare poscia a far parte della Costituzione britannica colla seconda rivoluzione del 1688. Venivano così precisandosi le posizioni teoriche e storiche dalle quali doveva muovere il Montesquieu per formulare la celebre dottrina della separazione dei poteri, dottrina che forniva una base scientifica per la risoluzione del problema della distribuzione delle competenze organiche (2). Ma, se d'un lato si chiariva la nozione formale e subbiettiva della legge tratta da elementi romanistici, e si affermava la subordinazione del Principe alla legge, secondo la dottrina aristotelica, cui soccorsero di subito le teorie democratiche, anche la nozione materiale della legge si veniva svolgendo in un processo storico di cui è supremamente interessante seguire lo sviluppo, lento nei primi tempi, precipitoso di poi, quando nel travaglio di tre rivoluzioni si precisa veramente il campo della legge e solennemente lo si delimita colle Dichiarazioni dei Diritti. Allora risulta chiara la funzione teorica di quella prima nozione subbiettiva della legge, che ricorrerà ancora nelle Costituzioni moderne, guarentigia cioè esclusiva e suprema dei rapporti che la sola legge ha capacità di regolare. IL — Queste le posizioni che si offersero ai primi Costituenti. 11 dogma della separazione dei poteri porgeva la base per la risoluzione del problema della distribuzione delle competenze organiche. La funzione legislativa, doveva sj)^t|are ai rappresentanti del Popolo, la funzione esecutivà'èr Gov§^^ esclusivamehte subbiettiva che nelle primitive Costituzioni d'America e di Francia otteneva un ulteriore e preciso chiarimento colle Dichiarazioni dei Diritti nelle quali venivan determinati il campo di competenza come pure j limiti della legge comune (3). D'allora le Costituzioni non compirono, nella loroi formulazione, alcun progresso. La discriminazione subbiettiva delle competenze ricorre in ogni (1) Cfr. per quanto detto in questo paragrafo la mia Sovranità popolare, Torino, 1915, passim e bibliografia ivi citata. (2) Cfr. in particolar modo JELLINEK, Gesetz und V&rordnung, Freibourg i. B. 1387, pag. 56 segg. (3) Cfr. su questo punto JELLINEK. Gesett cit. pag. 77 e 99. — 193 — Costituzione, come in ogni Costituzione sono elencate diverse materie di competenza esclusiva del potere legislativo e altre di competenza dell'esecutivo. L'elaborazione posteriore della scienza pubblicistica, muovendo dalle posizioni fissate dalle Costituzioni, dovette procedere a ricercare quali fossero i caratteri differenziali delle funzioni legislativa etd esecutiva per fissarne gli elementi cosiitutivi prescindendo dall'aspetto formale, prescindendo dall'organo che tali funzioni esercita. E, fissata con una certa approssimazione la natura delle due funzioni legislativa ed esecutiva, potè afferiiìare il principio generale della coincidenza in via di massima della competenza formale colla competenza materiale salve le eccezioni previste dalle Costituzioni stesse. Ma pure, raggiunto tale risultato, che acquisì alla dottrina dello Stato moderno in forma scientifica l'antica dottrina della separazione dei poteri del Montesquieu, il problema della distribuzione delle competenze organiche, che pur aveva ricevuto iima base razionale e giuridica di soluzione, non si potè dire esaurito. Il processo empirico e storico di discriminazione delle competenze, preminente nell'evoluzione e nella formazione dello Stato moderno, durava ancora nel periodo costituzionale. L'attività del Parlamento, dominata da cause prevalentemente politiche, come l'attività del Governo, limitata dall'assuzione della forma parlamentare, non permettevano ai principi teorici di affermarsi nella loro pienezza. Necessità pratiche, inerenti al raggiungimento dei complessi scopi di governo, contribuivano a creare o mantenere eccezioni, il prevalere del carattere politico sul carattere tecnico del Parlamento inducevano ad altre eccezioni. Nel secolo XIX si assiste a una progressiva espansione della competenza legislativa e quindi ad una progressiva limitazione della competenza dell'esecutivo con la caratteristica, dovuta alla natura stessa degli organi e all'efficacia formale degli atti che ne promanano, che il Parlamento piti non recedeva dalle posizioni conquistate anche quando cause di vario ordine impedivano ad esso di esercitare la propria competenza. Per una tale necessità, di ordine poliitico e giuridico insieme, soccorse l'istituto della delegazione di competenza legislativa nel Governo. Delegazione che si manifestò nelle due forme in cui le funzioni si presentano, materiale e formale (i). -'^ La delegazione formale ossia la competenza attribuita al Governo di emanare atti dt efficacia pari alla legge è istituto la cui legittimità è da riconoscersi in confronto del sistema costituzionale in atto e non forma oggetto del nostro studio. La delegazione materiale invece, che si pone come istituto per la sua natura e per i su^T scopi di straordinaria importanza per la risoluzione del problema della distribuzione delle competenze, verrà da noi esaminato (1) Sulla delegazione cfr. CRISCUOLI, La delegazione del 'potere legislativo nel moderno costituzionalisTna, Napoli, 1910. Ofr. pure RANELLETTI, Diritto Armninistrativo. Napoli, 1912, 1 pag. 302. Id,, Lezioni di Diritto amministrativo, Napoli 1921. pag. 29 segg. e bibliografia citata in seguito. .«*** — 194 — nel suo comportamento di fronte agli ordinamenti tipici degli Stati moderni : ritaliano, il francese, il germanico. III. — I Costituenti rivoluzionari accolsero integralmente il dogma della separazione dei poteri, lo sancirono solennemente nelle Dichiarazioni dei Diritti (1), lo applicarono secondo lo spirito coi quale il Montesquieu stesso aveva formulato la sua dottrina. /Nella sua traduzione costituzionale e legislativa tale principio riutscì a una separazione di organi o, per dirla con espressione che meglio rifletta la realtà, all'istituzione di tre poteri (2), dì tre au torità indipendenti nello Stato (3). Indipendenti, ma non uguali, che una differenziazione gerarchica, fra gli organi così istituiti, s'inserì immediatamente secondo le esigenze delle prevalenti dottrine sulla sovranità popolare (4). Ma si trattò, come potrebbe apparire dalla lettera delle norme costituzionali, di una concezione esclusivamente subbiettiva, cui corrispondeva una nozione esclusivamente formale delle funzioni? La necessità di tale indagine preliminare risulta assoluta allo scopo di stabilire i limiti delle competenze organiche e per chiarire le posizioni iniziali da cui mossero i Costituenti della Restaurazione per formulare quella dottrina e quelle norme che tuttavia permangono nelle Costituzioni moderne. Orbene, le funzioni, in queste prime carte costituzionali, si distinguono subbiettivamente, come l'applicazione integrale del principio separatistico imponeva. Ma, pur avendosi addirittura una personificazione giuridica (5) delle funzioni, scorgiamo che le norme attributive di competenza risultano dominate dalla concezione materiale delle funzioni (6). Anzitutto le Dichiarazioni dei Diritti defmiscono solennemente la legge come espressione della volontà generale, secondo la dottrina sostenuta dal Rousseau, d'onde promana che la legge si caratterizza per la generalità dei suoi precetti contrapponendosi, per questa sua precisa natura, alla potestà esecutiva la quale si esplica con decisioni particolari. Le Dichiarazioni dei Diritti, di poi, sviluppano la nozione materiale della legge con una ulteriore cognizione dei limiti che possono venire apportati ai diritti naturali degli uomini. E così, sia la definizione filosofica della legge, accolta nelle Costituzioni, di cui è parte integrante, non già come affermazione teorica, ma come principio giuridico suscettivo di ulteriori conseguenze nel sistema costituzionale; e sia la nozione analitica, (1) Cfr. per t u t t e la « Déclaration del 26 agosto 1789, art, 16. (2) Cfr. JELLINEK, A. S. ed. fr. des droits Il» pag de VHomme et du citoyen » 161. (3) Suirapplicazione del principio della separazione nelle Costituzioni rivoluzionarie di Francia del 1791 e dell'anno I I I » e in quella degli Stati Uniti d'America cfr. in special modo CARRÉ DB MALPERG, Contribution à la théorie generale de VEtat, Paris 1922, I I . pag. 36 segg. (4) Cfr. JELLINEK, A. S. ed. fr. 11° pag. 311. (6) Anche nella dottrina stessa del Montesquieu la concezione materiale delle funzioni è immanente. Cfr. CARRÉ, Contrih. cit. 11° pag. 28 sgg. (6) Cfr. noia 2 a pag. 196. — 195 — quale è offerta dalle Dichiarazioni, riguarda la legge per il suo aspetto materiale. In conseguenza di tiali principi, in via di massima, alla differenziazione materiale corrisponde la differenziazione formale e, al particolar valore formale di ogni funzione, corrisponde la differenziazione subbiettiva degli organi. Il principio separatistico risulta in queste Costituzioni appli- ; cato sino alle estreme conseguenze. IL^tere esecutivo non parte- [ cipa in alcuna maniera alla funzione legislativa, OMÙ sua compefenza^TOnrmnl^^ alla sola funzione esecutiva 71). E, reputandosi giusiamenTe che il regolare lesecuziofte^ÌTa legge sia esercizio di potestà legislativa, al Governo non compete facoltà • regolamentare, ma solo può con proclami conformi alla legge or- \ dinarne o ricordarne l'esecuzione (2). Tale rigidezza teorica non potè mantenersi. Il dogma della separazione dei poteri riuscirà prò- i fondamente trasformato nella Costituzione della Restaurazione e i otterrà quell'accezione con cui sarà accolto nelle Costituzioni moderne. IV. — Ai Costituenfi della Restaurazione non era possibile prescindere dalle posizioni 'teoriche fissate dalla Rivoluzione e proclamate dogmaticamente quale suprema conquista della scienza costituzionale. Ma fu compito loro di conciliare le esigenze del principio monarchico, quale fondamento storico e giuridico del « novus ordo » instaurato, con quelle derivanti dairinsopprimibile moto rivoluzionario. Un aspetto, e non di minore importanza, per l'ulteriore svolgimento costituzionale, di questa particolare esigenza sto- • rica e politica si fu la novissima concezione e la applicazione total- ' mente diversa del principio della separazione dei poteri. Qjuestajprincipìo, a ^ ^ maniera meccanica, integrale, .; nelle Costituzioni rivoluzionarie, 6gdjidfì3a.,^ome JJ^^^ 4fìUfi^-jStato,.J^alla^^ JegMatiia. La posizione costituzionale sua; riusciva pertarito, neìla migliore ipotesi, a una condizione di parità organica, non già ad una situazione di supremazia quale il richiamato principio moniarchico esigeva. Si doveva pertanto resti- \ tuire al Principe la <( plenitudo potestatis » insita nella restaura- ' zione del principio monarchico, conciliando tale esigenza fondamentale con quella imposta dalla dottrina della separazione dei poteri. Occorre forse rammentare come l'esigenza teorica di un principio storico e politico coincidesse singolarmente con le necessità reali e pratiche dell'organizzazione statuale? L'effimera applicazione della Costituzione del 1791, come l'applicazione della Costituzione , federale americana dimostrarono e dimostrano che l'esclusione integrale del Capo dello Stato dalla funzione legislativa, sia dal processo di formazione della legge come dall'esercizio della potestà legislativa In senso materiale, non è conciliabile con le esigenze pra- (1) Cfr. SLH. 6, sez. I^ Cosi. 3 settembre 1791. (2) Ibid. — 196 — tiche del funzionamento costituzionale dello Stato (1). E fu questa la ragione preminente per cui la novità costituzionale del 1814 divenne veramente una conquista costituzionale, affermatasi, d'allora, nelle diverse Costituzioni moderne. I La Carta Reale del 1814 assunse la tripartizione ormai clas\ sica delle funzioni statuali. Ma ad ognuna di queste funzioni il Prin' cipe doveva partecipare. Così fu affermato che la funzione legislativa dovesse venire esercitata collettivamente dal Re e dalle due Camere, stabilendosi una parità organica che, nella precisa dizione del testo costituzionale del 1814, passò nelle Costituzioni moderne, nello Statuto Albertino e nelle Costituzioni monarchiche germaniche , prebelliche. Inoltre al Capo dello Stato fu attribuita la facoltà re! golamentare per l'esecuzione delle leggi e per la sicurezza dello ' Stato, competenza che nella Costituzione del 1830 fu limitata dal • divieto di sospensione e di dispensa dalle leggi stesse. La sagacia politica e la finezza giuridica del Costituente francese rifulgono veramente nella loro pienezza. Il dogma della sepal i razione dei poteri è trasformato, non vi ha più separazione orgaIf ,nica, ma distinzione di atti con diverso valor formale, alla separa--' zione è sostituita la coordinazione che si realizza snella personal del Re, si concreta nell'azione del Governo. Ma propriamente, la conciliazione fra le esigenze dottrinarie della Rivoluzione e la esigenza del (( novus ordo » viene attuata dal Costituente coll'ammissione della nozione materiale della legge. La legge, quale era stata considerata nelle Costituzioni rivoluzionarie, quale la dottrina giuridica e filosofica della Rivoluzione insegnava che fosse, volontà generale,^ è assunta 'nel « novus ordo », e tale nozione è possibile, in quanto non pili pregiudizievole, nel suo aspetto politico, alla dignità monarchica, poiché alla formazione della legge il Re partecipa, come il solo Re può sancirla e promulgarla. Ma il Re ancora partecipa alla funzione legislativa e senza necessità d'intervento del Parlamento, se pure in maniera subordinata, con atti di valor formale inferiore, per l'esecuzione delle leggi e per la sicurezza dello Stato. V. — Il principio della separazione dei poteri si risolve così nella Costituzione del 1814 in quello fondamentale dello Stato moderno della distinzione formale e materiale dell'attività statuale. I La diversa natura, come la diversa efficacia giuridica del principio ; sulla struttura organica dello Stato, indussero in un primo tempo i a credere che il principio separatistico riuscisse estraneo alle Goi stituzioni che su quella del 1814 si erano informate. In special ! modo i giuristi germanici (2), seguiti in ciò da larga parte dei co- (1) Cfr. CARRÉ, Cantrib. cìt. Ilo pag. 46 sgg. ;{2) Cfr. LABAND, Droit public de VEmpir AUemand, ed fr. I I , pag. 268 e bibliografia ivi riportata. — JELLINEK, A. S. ed. fr, pag, 161, che riferisce la .scultoria definizione del KANT, Metaphisische Anfangsgrunde der RechtsUhre, Leipzig 1868 T. V I I , § 45-4B secondo cui^ i t r e poteri dello Stato sono d9i< ^ a s i d e rai'si persone morali, — Cfr. pure per le idee analoghe à&ì FICHTE, Gnindlage dcs — 197 — stituzionalisti francesi (1), rigettarono il dogma quale un assurdo » per lo Stato moderno e non fu di minor peso, in questo processo di ^ pensiero, la critica mossa a questo principio per la Costituzione degli Stati Uniti che veramente al dogma della separazione s'inspira (2). Ma, un più approfondito esame dell'ordinamento costituzionale ? dello Stato moderno fece rilevare l'errore in cui la negazione as- ' soluta del principio induceva. Non era possibile non constatare come le Costituzioni moderne, pur riconoscendo nel Principe riassunte le diverse funzioni statuali, e determinando che ad esse il Principe partecipasse direttamente o indirettamente, non distin guessero le funzioni stesse. Gli articoli 3, 5, 68 del nostro Statuto, , sostanzialmente ricorrenti in tutte le Costituzioni monarchiche mo- i i derne, con che si stabilisce l'autonomia del potere legislativo, si 1 ! attribuisce al Re la funzione esecutiva e si istituisce il potere giù- 11 diziario, riescono ad una vera e propria distinzione dell'attività sta- | \ tuale, che nel Capo dello Stato ritrova l'unità sostanziale di vo- ' ' lontà unica dello Stato, determinando non già una separazione di funzioni, ma la coordinazione di esse secondo le esigenze pratiche e scientifiche dello Stato moderno (3). VI. — Ma, riconoscere che la Costituzione dello Stato moderno si fonda sul principio della distinzione dell'attività statuale significa assumere il concetto materiale delle funzioni e formare di questo un principio fondamentale per la distribuzione delle competenze organiche. Subordinata alla concezione materiale delle funzioni statuali starà la differenziazione formale degli atti in cui la volontà statuale si concreta, forma che solo ed esclusivamente si giustifica, in qilanto ad essa corrisponde una differenziazione sostanziale, in quanto la materia della legge è di ordine diverso aalla materia propria degli atti amministrativi. La competenza ri- | spettiva dell'organo legislativo e dell'organo esecutivo è pertanto / Naturrecht, Berlin 1845 T. I I I . pag. 159, Michoud, Theorie. cit., I . Pag. 281. - STFIN Handbuch der Verwaltungshhre, Stuiigait 1888 I . pag. 1 8 ; G. MEYBR, Lehrhuch des deutschen Staatsrechts, Leipzig 1895, pag. 23-24, pag. 122 »egg. (1) Cfr. fra gli altri Duguit, nelle sue varie opere, La séparation des pouvoirs et rassemhUe nazionale de 1789, in « Eevue d'econ. polii. » 1893 pag. 116. UEtat, Paris 1901-1903 II. pag. 281 sgg. — Traiti de droit constitutionneP, Paris 1923, Ilo pag, 106; MOREAU, Le réglement administratif, Paris 1902, pag. 263; OAHEN, La lai et h réglement, Paris, 1903 pag. 27 sgg. Contro sono da notare autori eminenti quali I ' E S M E I N , Elements de droit constitutionnel^. Paris 1914, pag, 461 sgg. MiCHouD, Théorie de la fersonnoUté morale, Paris 1906, I p. 281 sgg. (2) Cfr. in special modo W. V^ILSON, Congressional Government, Boston 1890. pag, 284 sgg. (3) Cfr. in special modo, 0 . MAYER, Le droit administratif allemand. Paris 1904 ed. fr. I» pag. 84 sgg. ; ANSCHUTZ, Begriff der gesetzgebenden Oewalt^, pag. 9 sgg. il quale fa per la Costituzione prussiana la constatazione che il principio risulta stabilito dagli art. 45, 62, 86, ai quali corrispondono i nostri dello Statuto, 5 (45), 3 (62), 68 (86). Cfr. per alcuni rilievi interessanti, ZANOBINI. L'attività amministrativa e la legge in Riv, Dir. Pubb. 192 v, I pag. 381. — 198 — da ricercarsi in questa distinzione materiale delle funzioni, e questa è la portata e il valore degli articoli statutari (1). , Emerge da questa struttura del sistema il principio generale il che ogni organo ha competenza per quell'attività materiale che gli I è propria, salvo le eccezioni stabilite dalla Costituzione. La legislazione materiale sarà pertanto di competenza esclusiva degli orI gani legislativi, e ogni deroga a tale principio sarà da considerarsi eccezionale. La competenza dell'esecutivo sarà delimitata nel campo dell'amministrazione, ma tuttavia gli è riconosciuta una particolare competenza di legislazione materiale, con valor formale pari ad ogni atto proprio della sua funzione, in ordine all'esecuzione della legge, con un limite assoluto nella stessa legge formale. I Senonchè tale distribuzione teorica di competenze risulta nella I prassi costituzionale profondamente modificata dalla necessità, riI velatasi immanente in ogni sistema costituzionale, di demandare al1 l'esecutivo il regolamento di determinati rapporti, per loro intrin' seca natura di legislazione materiale. A questo punto il principio della materialità delle funzioni, come principio fondamentale per la distribuzione delle competenze organiche, assunto dalle Costituzioni moderne, spiega intero il suo valore. Poiché emanare atti in cui ricorrono le caratteristiche della legge materiale è compito esclusivo della legge, qualsiasi atto che ^ tale ufficio compia è legge. Perchè l'atto sia legittimo deve esservi ] una trasmissione di potestà legislativa, una delegazione cioè di l poteri dagli organi legislativi all'organo esecutivo (2). Tale trasmissione di poteri esiste sia che il Parlamento autorizzi all'emanazione di un atto cui sarà conferito il valor formale di legge, sia che l'atto abbia il valor formale proprio degli atti dell'esecutivo, poiché la differenziazione formale ossia la manifestazione esteriore (1) Punto chiarito in parfcicolar maniera dall'ANSCHHUTZ Tkeorieen'^, cit. pag. 9 sgg. Sull'importanza della distinzione materiale delle funzioni statuali cfr. per tutti JELLINEK A . S . ed. fr, cit. Il» pag. 316 sgg. (2) F r a gli autoiri italiani vi è incertezza circa l'ammiiSisione del'espressione delegazione materiale. Accolta come s'è visto dal BANELLETTI, D . A. cit. !« pag 298-299 è oggetto di critiche da pai-te del ROMANO, Principi di Diritto amministrativo''^, Milanio 19123 pag. 25, il quale vorrebbe siotstituire l'espressione di regolamenti per autorizzazione allo scopo di distinguere detti regolancienti da quelli emanati per delegazione formale. Pure in tal senso : ZANOBINI, Sul fondamento giuridico della potestà regohmientare, in Arch. giuridico. 1922 pag. 25. Sulla distinzione fra regolamento dejlegato e legge delegata cfr. ZANOBINI, La delegazione legislativa e Vattribuzione d\i\ potestà regolamentare, in Forò^Ttal." Ì922, I pag, 193 sgg., cfr., pure RAGGI, Il potere discrezionale e la facoltà regolamentare, Milano, in pubblicazÌOTiT''°tJniters: "Cattolica, I. 4, pag. 17. Del resto come risulterà dal seguito dello studio l'ammissione della delegazione dipende dalla soluzione che si dà alla quest'one primordiale della distribuzione dell© competenze. Se si ammetta cioè che principio disoriminatoire delle competenze sia la diist'nzione materiale delle funzioni si accedeirà al concetto di delegazione, se si assume invece un concetto esolusiivamen.te formale delle funzioni si dovrà considerare solo autorizzazione. Come risulta dal testo sostenendo chi sc^rive la prima tesi si accoglie la nozione e la denominazion4> di delegazione materiale. ^ 199 — dell'atto, se è dì regola in funzione della materia contenuta nell'atto stesso, non è capace di mutarne la sostanza intrinseca (1). Ma è questa concezione pacifica nella dottrina degli Stati più tipicamente rappresentativi dei diversi indirizzi costituzionali eueuropei e cioè nella dottrina germanica, francese, italiana? E la dottrina italiana non sarà da modificare profondamente in seguito alla legge 31 gennaio 1926? Esaminare quale sia lo stato di questa dottrina al momento attuale : ecco il compito che ci siamo proposti. VII. — La letteratura giuridica germanica prebellica ammise largamente che l'assegnazione di competenza, stabilita dalle Costituzioni, seguisse il principio della (( separazione dei poteri »; ma in quella accezione definitiva assunta nelle Costituzioni della Restaurazione e fosse, perciò, fondata su di una concezione miatenale delle funzioni statuali (2). Formulata con precisione impeccabile la dottrina della distinzione materiale e formale della legge, riconobbe, come conseguenza indefettibile, che ogni legge materiale è di esclusiva competenza del potere legislativo tranne che la Costituzione stessa avesse assegnata per certe materie competenza specifica ai Governo (3). Gli atti, pertanto, che in virtìi del potere di ordinanza suo proprio, il Governo aveva capacità di emanare erano esclusivamente i regolamenti o provvedimenti amministrativi, atti, cioè, nei quali non ricorre la nozione materiale di legge poiché non modificano i diritti dei singoli, ma vincolano esclusivamente gli organi dell'amministrazione, 1 regolamenti normativi, ossia quelli coi quali si regola una sfera di diritto dei singoli, costituiscono leggi materiali e come tali non entrano — ove non esista un'esplicita norma costituzionale attributiva di competenza — nella capacità normale dell'esecutivo (4). Perchè l'esecutivo possa emanarli oc- (1) Sulla natura giuridica della delegazione cfr, CRISCUOLI, la Delegaz. cifc. pag 184, segg. — sulla legittimità della delegazioriie cfr. RANELLETTI, D. A. cit., 299 e nota con indicazioni bibliografiche. '(2) Cfr. in speciali© modo la dimostraz, defll'ANSCHiJTz., Die. gegenwàrtige Theorien iiber den Begriff der gesetzebenden Gewalt,^, cit. pag. 9 sgg., il diritto prussiano cfr. pure pag, 160 sgg. — per ciò che riguarda le Costituzioni del periodo 1814-1830 e quindi le varie Costituzioni germaniche. LABAND, op. cit, ed, fr, I I pag. 384; JELLINEK,\ Gesetz, cit. pag. 240; 0 . MAYEK, op. oit.. ed. fr. I pag. 92 sgg. — Notevole I'HUBRICH, Das Raichsgericht Ubar den Qesetzes und Verordmmgsbegriff nach BeicJisrecht cit. pag. 10 sgg. in cui si esamina ila Giurisprudenza del Tribunale dell'Impero che accoglie la nozione materiale della legge. Dello stesso autore of r. ancora, Das demokratische Verfassungsrecht des deutschen lieich, 1921, pag. 130 sgg. Contra sostenendo la sola nozione formale della legge, ARNDT, Die. Verfassuìigsurkunde filr den preussischen Staat, pag. 211 sgg. e gli autori citati da Gr. MEYER, op, cit. pag. 5ó5. n. 7. (3) Nella dottrina gerniiariica si distinguono due sorta di ordinanze normative, (Rechtverordnungen), quelle emanate in base a competenza costituzionale e quelle emanate in base a delegazione (delegierte Verordntung o spezialgesetzliche Delegation), cfr. ANSCHUTZ, Theorieen^ cit. pag, 17 ; JELLINEK, Gesetz, cit. pag. 372 sgg. 381, recentemente SCHOEN, Das Verordnungsrecht und die neuen Verfassungen, in Archiv. des offenttUchen Bechts, 1924, pag, 142 sgg. (4) Cfr. in particolar modo LABAND op. cit., ed. fr. I I 381 sgg. ; JELLINEK, — 200 - corre tina disposizione particolare di legge, e tale disposizione altro non è che una delegazione di potestà legislativa (1). Delegazione in senso pubblicistico, esclusa ogni possibilità di assimilazione o di assunzione dell'istituto privatistico, cioè attribuzione di competenza, designazione dell'organo deputato ad emanare la ^ norma (2). |! Di delegazione di poteri è d'uopo parlare poiché i regolamenti j\ normativi sono leggi materiali per la loro natura intrinseca e coI me tali sarebbero di competenza esclusiìva del potere liegislati^ I vo (3), e da emanarsi pertanto come leggi formali (4). La deroga al principio generale avviene per una disposizione di legge formale, che si risolve in una delegazione di competenza ossia in una delegazione di potestà legislativa, poiché l'atto così emanato è un atto di natura legislativa « ratione materiae » di esclusiva competenza del legislatore (5). Come acutamente nota il Carré de Malperg, il concetto di delegazione nella dottrina germanica s'impone per un duplice motivo : in primo luogo perchè il potere dell'esecutivo proviene da una disposizione di legge formale che determina la competenza eccezionale e, in secondo luogo, perchè il potere conferito è il potere stesso che per la Costituzione compete al legislatore (6). Il concetto di delegazione, quale risulta dalla dottrinia germanica, è tuttavia contenuto in limiti rigorosi. Anzitutto il conferimento di una particolare potestà, propria dell'organo legislativo non reagisce sul valore formale dell'atto. In altre parole, quando la legge ' di delegazione non disponga diversamente, il regolamento normativo non assume valore formale di legge, la delegazione è e rimane delegazione materiale (7). Gesett, cit. pag. 384 sgg. ; ANSCHÙTZ, Theoneen^, cit. pag. 14 sgg. Cfr. pure le critiche del Cammeo, Della manifestazione detta volontà dello Stato, in trattato di D, A., I H , pag. 130 sgg. Cfr. pure le vedute del Kelsen, HaupiprobleTne der Sinairechtshhrc, Tùbingen, 1911, pag. 558. (1) Cfr. LABAND op. cit. ed. fr. I I pag. 395; ANSCHUTZ2, Theorieen, cit. pag. 16 sgg. (2) Punto questo specialmente chiarito dal LABAND, op. diit. ed. fr. I I pag. 305 Sulla differenza della delegazione ai Comuni o altri corpi politici per il fatto che la potestà regolamentare dei Comuni è derivata dallo Stato cfr. id. id. pagina 274 sgg. (3) Cfr. JELLINIK, Gesetz, cit. pag. 381. (4) JELLINEK, IOC. cit. si fonda in particolar modo per l'enunciazione riferita sulla discriminazione costituzionale delle competenze. Similmente ANSCHÌÌM, Theorieen^, cit. pag. 15 ®gg. — LABAND, op. cit. ed. fr. I I pag. 384, per cui le \ norme giuridiche (Rechtsvorschriften) debbono dar luogo normalmente a una legge ì formale. Questa dottrina fu assunta completamente nelle Costituzioni germaniche ; postbelliche. Cfr. Cost. del Baden 21 M;arzo 1919, art. 29; Cost. della Baviera del 14 Agosto 1919, art. 74; del W^ui|temberg del 25 Settembre 1919 art. 4 1 ; per la Costifc. di Weimar vedi più oltre. (5) Cfr. in particolar modo ANSCHÙTZ,, Theorieen^ cit. pag. 16 Bgg. (6) CARRÉ DE MALPERG. La question de la déUgation de puissance lègislativ et ìes rapports entre la loi e Vordonnance selon la Oonstitution de Weimof, i» BuUetin de la Societé de legislation comparée, Paria 1925, pag. 335. (7) Concorda in ciò la dottrina italiana Cfr. ZANOBINI. La delegazione d i . pag. 196. E ciò perchè l'ordinanza normativa ha per fondamento Tattribuzione specidloa di competenza stabilita dal legislatore. Quindi per la sua legittimità l'atto deve 'richiamarsi alla legge sul^quale si fonda, legga che pertanto è da considerarsi condizione assoluta ed indefettibile per la sua propria legittimità (1). Ma la legge di dele-i gazione non è solamente condizione per la Maiidità e legittimità dello| atto, tale legge segna pure i limiti entro i quali l'esecutivo può legi-l ferare. La legge formale è nella sua materialità il limite assoluto r per l'esecutivo, e dell'osservanza di questi limiti è giudice l'autorità ^ giudiziaria (2), mentre un simile controllo materiale ed intrinseco ' non è ammissibile nel diritto germanico come nel nostro italiano per la legge formale. Se pertanto non è d^ riconoscersi all'atto di legislazione materiale emanato dall'esecutivo valor formale di legge, ma esso conserva il valor formale proprio degli atti del potere di ordinanza, risulta ancora che tale atto potrà venire modilìcato come abrogato dalla ^stessa autorità che lo emanò. Salvo espressa disposizione contraria, o comunque diversa pure tale atto non è soggetto alle formalità per la pubblicazione, stabilite per la legge (3). Vili. — La distinzione fra ordinanze amministrative e ordinanze normative formulata dalla dottrina germanica prebellica passò integralmente nelle diverse Costituzioni degli Stali e in quella di Weimar (4). Consacrata costituzionalmente la distinzione teorica la dottrina recentissima riprese nella sua integrità anche la dottrina della delegazione mercè 'la quale si legittima l'attribuzione eccezionale di competenza all'esecutivo (3). E, per di più, la delegazione è ammessa e a mezzo di quest'istituto esclusivamente si giustifica quell'eventuale attribuzione di competenza che il Reich facesse in prò' degli Stati per legiferare sulle materie che k Costituzione espressamente riserva al Reich stesso. La Costituzione di Weimar accoglie ancor essa il principio della distinzione dell'attività statuale, ma oltre al principio generale e generico di competenza, specifica ancora largamente le materie il cui regolamento è demandato agli organi legislativi ed esecutivi (6). Così viene attribuita la potestà di legiferare su alcune speciali materie (art. 6) esclusivamente al Reich, ad esclusione cioè ' : (1) (2) Cfr. LABAND, op. cit. ed. fr. LABAND, id. id. I I pag. 409 '" (3) MEYER, Lehfhuch , etc, I I pag, sgg. cit. pag. 395. 673. ^4) Cfr. in paHioolar modo la Costifc. bavarese, art. 61, 67, 75 -, Costdt. del Wùrtemberg art. 36, 41, 62. P e r la Cost. di Weimar cfr. art. 77 e i chiarimenti sul valor© della parola impiegata (Verwaltungsvorscriften equivalente a Verwaltnungsverordnungen) cfr. ANSCHUTZ," Die Verfassung des deutasclieni Reichs^ pag. 139 sgg. ; JACOBI, Das Verordnungsrecht im R.eiche feit dem November 1918 in Archiv. des 0. E. 1920, pagina 332. (5) Cfr. HuBRTCH, Das Demokratische VerfasswigsrecM, cit. pag. 165 sgg. TRIUPEL, Der Weg der GeseHgehung nach der nenen Reichverfassung, in Archiv do.^: O, R. 1920 pag. 470. JACOBI, Das Verordnungsrecht, cit. pag. 274. SCHOEN, Das Verordnungsrecht, cit pag. 142 (6) Qfr. ANSCHUTZ, Die Verfassung^, cit. pag. 37; HXJBRICH, Das demokratische cit. pag. 34. 4. Diritto Pubblico^ dei singoli Stati, e una potestà non esclusiva su altre diverse (art. 7, 8, 9). Inoltre stabilisce (art. 10 e 11) che il Reich può fissare i principi fondamentali che dovranno regolare materie determinate. Come si scorge di subito la potestà legislativa del Reich è graduata dal punto di vista materiale nella sua esplicazione e tale differenziazione determina ancora conseguenze nei riguardi di una possibilità di delegazione. Il potere di ordinanza dell'esecutivo viene regolato dalla Costituzione coll'attribuzione di una competenza istituzionale: l'articolo 48 riguarda l'ordine pubblico e la capacità del Presidente di sospendere le guarentigie costituzionali dei cittadini, l'art. 179, 2, demanda al Governo del Reich i poteri già conferiti con leggi, tuttavia in vigore, al Bundesrat e passati durante il regime transitorio lal Gomitato degli Stati (1). In queste materie e con questi articoli è attribuita al Governo una potestà legislativa materiale di natura istituzionale escludente perciò stesso in maniera assoluta l'applicazione di un qualsiasi concetto di delegazione (2). Quindi l'articolo 77 della Costituzione contempla il potere di ordinanza dell'esecutivo. In questa disposizione costituzionale la dottrina distinguente le ordinanze normative e quelle amministrative trova un'applicazione integrale. Il Governo è autorizzato ad emanare le soie ordinanze amministrative per Fesecuzione delle leggi salvo disposizione contraria della legge (3)7""Cio* significa che la Costituzione di Weimar non ha più accolto quella potestà regolamentare generica in ordine all'esecuzione delle leggi quale era stabilita dalle Costituzioni prebelliche degli Stati e quale anche si riconosceva per la Costituzione Imperiale (4). Ma, se non ha riconosciuta una potestà regolamentare generale e perciò si dimostra singolarmente restrittiva nei riguardi dell'esecutivo, ciò non significa che abbia inibito al Parlamento di attribuire volta a volta competenza al Governo per il regolamento di una particolare sfera di diritto. La sola conseguenza, proveniente da questo fatto, si è che l'attribuzione di competenza dev'essere specifica, diversamente si varierebbe la distribuzione costituzionale delle competenze violando lo spirito e la lettera della Costituzione stessa, la quale deliberatamente sottrasse una potestà generica di ordinanza per volere che il solo Parlamento dovesse volta a volta decidere della convenienza di attribuire una limitata potestà all'esecutivo (5). Queste attribuzioni eccezionali di competenza per l'emanazio- (1) Sono ancora da. ricordare gli art. 88 e 91 riguardanti le yoste e le ferrovie. Vi ha nella dottrina dìscoa^danza sulla natura di queste ordinanze se amministrative o normative, (2) Cfr. JELLINEK, Gesetz cit. pag. 572 sgg. SCHOEN op. cit. pag 142. (5) Cfr. in particolar modo i lavori preparatori che chiariscono la portata dell'art 77 in ANSCHÌJTa Die Verfmsung^, cit. pag. 139 sgg. JACOBI, Das Verordnurìgsrecht, cit, pag. 332. (4) Cfr, ANSCHÙTZ, Theorieen^, cit. pag, 17 sgg. pm la Costituzione pnisfliana del 1850, LABAND, op. cit, ©d fr. I I pag. .384 sgg. (6) ScHOEN, Da^'i Verordnungsrecht, cit. pag. 150. TRIEPEL, Der Weg, cit. — 203 — ne di ordinanze normative sono considerate dalla dottrina germanica come vere e proprie delegazioni di potestà legislativa (1). Che di delegazione si debba parlare, che delegazione sussista veramente in questa attribuzione legislativa di competenza, risulta dai lìmiti in cui sta la competenza fissata dalla Costituzione per l'esecutivo. Il campo della legge materiale è precluso al potere di ordinanza del Governo, salvo per quelle eccezioni viste innanzi, e risulta campo di esclusiva competenza del Parlamento. Perciò, in ogni trasmissione di poteri costituzionalmente riservati al Parlamento, ricorrono quegli elementi caratteristici, quella natura particolare, che s'incontra nell'istituto della delegazione di diritto pubblico. Non è d'impedimento, per l'accoglimento dell'istituto della delegazione, la competenza costituzionale riservata al Parlamento dì emanare la legge materiale : non è amessa cioè l'eccezione d'incostituzionalità. Poiché è da notare che l'organo legislativo trova nella Costituzione esclusivamente limiti di forma, ma è dal punto di vista materiale assolutamente esente da qualsiasi limite d'ordine giuridico (2). Tale franchigia dell'organo legislativo si risolve nella libertà di emanare direttamente le norme giuridiche o di designare ^ un'altra autorità che per un oggetto determinato emani simili norme. Ma in ogni caso si tratterà sempre di esercizio di potestà legislativa materiale costituzionalmente di competenza esclusiva del Parlamento, tale cioè, che; ove sia esercitata da altro organo, questo agirà come delegato dell'organo legislativo, e in virtìi esclusiva della delegazione. La rapida scorsa compiuta sulla dottrina della delegazione, quale fondamento di una potestà normativa del Governo nel diritto germanico, dimostra che tale dottrina è in funzione delle competenze 'stabilite dalla,! Costituzione. La Costituzione, cioè, attribuendo la potestà legislativa materiale esclusivamente all'organo legislativo, limitando alle ordinanze amministrative la potestà del Governo, non procede oltre a questa assegnazione generica di competenza sino a definire in qual forma le norme giuridiche debbano essere emanate e cioè se in forma di legge o di ordinanza, tranne che nel caso tassativo stabilito dagli art. 10 e 11. E, cioè, lai Costi- . tuzione, non 'inibendo che la legislazione materiale sia emanata da organi diversi dal legislativo, ammette che l'organo legislativo pos- ; sa decidere come si debba usare della potestà ad esso attribuita, < se essa debba dar luogo ad una legge formale o ad un atto del ; poterà d'ordinanza. Ma, errerebbe grandemente chi, come il Carré, rifacendosi esclusivamente alla nozione della legge, quale dalla Costituzione risulta essere di natura esclusivamente formale, ne inferisse che non si può parlare di delegazione, poiché il Costi- pag, 470. Suilla necessità di iina legge coeiituzionaile p w il conferime'ntoi della conipetenza eccezionale cfr. la voce isolata di POITZSCH, Verfassungmassigkeit der vereinfacten Gesetzgebung, in Archiv dea 0 . R. 1921, pag. 164 »gg, (1) Cfr. gli autori citati nelle note precedenti. (2) Dottrina di già sostenuta per le Oostituzioni prebelliche, cfr. LABAND, op otY,, ed. fr. I l pag. 394 j JELLINBK, Gesetz, cit. pag. 383; ANSCHUTZ, Theorieen^, p-it. pftg. 17. ^ 2Ó4 ~- tuente, non stabilendo quali materie fossero di esclusiva competenza del Parlamento e quali dell'esecutivo, vien meno la possibilità di trasmissione di potere esclusivo del legislativo in favore dell'esecutivo (1). Evidentemente il chiaro autore francese troppo tenendo presenti la tradizione e la dottrina del suo Paese non considerò che la Costituzione di Weimar, contenendo in limiti assoluti il potere d'ordinanza del Governo, attribuiva perciò stesso in maniera esclusiva la potestà legislativa materiale al Parlamento. E ancora la Costituzione, pur assumendo la nozione formale di legge, e stabilendo quali requisiti dovesse avere e di quali elementi dovesse constare la legge, non stabilì ancora che tutta la legislazione materiale dovesse assumere veste di legge formale permettendo appunto che una parte di essa, per decisione dell'organo legislativo, potesse esplicarsi nella forma di atti del potere di ordinanza. Questi atti, se dal punto di vista formale differiscono, e diverso ne è anche il valore giuridico, promanano .nondimeno tutti dalla competenza che la Costituzione stabilisce per l'organo legislativo, e sono identici quanto alla loro natura. La provenienza da organo diverso del legislativo e il fondamento per la legittimità dell'atto son da ricercarsi esclusivamente in quell'attribuzione specifica di competenza che, per essere propria degli organi legislativi, si risolve, quando sia demandata ad organi diversi, in una delegazione di poteri. IX. — Ben diversamente si prospetta la questione nel diritto francese. La potestà legislativa è attribuita al Parlamento composto dalla Camera dei Deputati e dal Senato con esclusione cioè del GapQ, dello Stato secondo la tradizione repubblicana francese [2). Vi ha un'attribuzione di competenza di ordine materiale o esclusivamente formale? Largamente oscillante è su questo punto la dottrina francese, che sembra tuttavia propendere verso una concezione, formale della legge, stabilendo le materie esclusivamente riservate al Parlamento non già in base ad una regola generale, a una nozione astratta e scientifica della legge, ma in base piuttosto alle disposizioni costituzionali e alla consuetudine (3). La facoltà regolamentare è attribuita dall'art. 3 della legge Costituzionale del 25 febbraio 1875 al Presidente della Repubblica in ordine all'esecuzione delle leggi. Ma, il fenomeno largamente constatato in ogni ordinamento giuridico di una potestà legislativa materiale eserci- )(1) CARRÉ, La quéstion, cit, pag. 414 sgg. (2) Par. 1 art. 1 legge 25 febbraio 1875. (3) Sostengono la nozione esclusivamente formale della legge fra gli altri OAIUIÈ, La quéstion, cit. pag. 424. Il MOREAU, i e régUmmt administratif, Paris 1902 pag. 220, sostiene che la distinzione fra materie naturalmente legislative © naturalmente regolamentari è priva di fondamento e senza senso, schierandosi così violentemente fra i sostenitori della nozione formale. Uguale concetto senza le esagerazioni del MOREAU sostiene il J È Z E , Le contrdle jurid%ctwm.nd des lois, in RévuG de dfoit public, 1924 pag. 415. Del pari si pronunzia il DUGXTIT, Traite\ l^ pag. 760 sgg. Cfr. pure l'esamtì di variie opinioni in ROLLAND, Le prò jet du 17 Janvier e la q^uestion des dGcrets lois. in Bévue de Droit pubblic, 1924 pag. 47 sgg. ~ 90B tata dal Governo iftì seguito ad espressa clausola legislativa si avvera pure nel diritto francese (1). La dottrina colà prevalente nega che in questo caso si tratti di delegazione di potestà legislativa, solo ed esclusivamente si dovrà parlare di attribuzione di competenza. Il ragionamento, vario in estensione e in assolutezza, si fonda principalmente sulla dottrina tradizionale francese della sovranità nazionale la quale esclude, per \a\ sua natura stessa, che qualsiasi organo possa dirsi titolare di una funzione mentre di essa non ne ha che l'esercizio (2). Poiché l'organo non può di-1 sporre di questo potere, non può considerarlo come un diritto j subbiettivo, così esso non può delegarlo (3). Quando l'organo legislativo commetta al Governo di regolare una qualche sfera di diritto non fa che un'attribuzione di competenza, la quale perciò, dev'essere limitata a quelle materie che la legge costituzionale o la consuetudine non hanno stabilito che dovessero venire regolate esclusivamente mediante legge formale (4), ossia a quelle materie riservate al Parlamento per disposizione di legge comune o semplicemente anche perchè di già regolate da una legge comune (5). Si va anche piti oltre e si afferma che, se effettivamente vi fosse delegazione l'eventuale esorbitanza del Governo dai limiti della delegazione sarebbe questione di puro diritto costituzionale, perchè questione riguardante i rapporti fra due organi, soggetta perciò al solo controllo parlamentare e sfuggente ad ogni sindacato giurisdizionale (6). La dottrina francese è, evidentemente, informata al tradizionalismo politico di quella Nazione. La legge è meno l'espressione della volontà generale che l'espressione della potestà del Parlamento investito dalla Nazione della potestà di legiferare. La legge è l'espressione della volontà nazionale. Questo piincipio politico sviluppatosi nella legislazione rivoluzionaria ha decisamente soverchiato la concezione materiale della legge, che, come vedemmo, fu prevalente nella dottrina del Montesquieu e del Rousseau. Tale concezione formale della legge implica che ogni atto del potere d'ordinanza del Capo dello Stato sia da considerarsi per le (1) Si t r a t t a dei regolamenti chiamati dai francesi : réglements d'administration pubblique, cfr, E S M E I N , EUments^ cit. pag. 6 8 1 ; sull'improprietà dell'espressione, cfr. MoHEAU, Le régUment, cit. pag. 132. (2) Cfr. DuGUiT, Traiti^, cit. I V 705-747; CARRÉ, La quéstion, cit. pag. 322. (3) Contro la delegazione si schiera si può dire la totalità degli scrittoai francesi, cfr. E S M E I N , EUments^, cit. pag. 682. sgg. e bib. ivi cit. BERTHÉLEMY, Traifé de droit administratip, Paris 1916 pagg. 99-100; DUGUIT, Tmité'^, cit. IV, loc. cit.; CARBÈ, Théorie, cit. I pag. 891 sgg. JEKE Las 'principcs (jejieravx de D. A..'\ Paria 1925, I pag. 362, Cfr. pure per uno sguardo generale sull'opinione franoeise, RciLAND, Le fwjet cit. pag. 52 sgg. per quanto non sembri chiara la distinzione fra delegazione formale e delegazione materiale. Diverso avviso ©sprime il MOKEAU, LQ réghment cit., pag. 185 sgg. La delegazione è pure ammessa dal Consìglio di Stato franceise, cfr. ESSTEIN, Ele/ment,s\ cit. -pag. 684, e gli autori citati che commentano la decisione del 6 dicembre 1907. (4) Cfr. RoLLAND, Le projet, cit. pag. 63-54. (5) Id Id. op, e Ijoc. cit. (6) Cfr. DUGUIT, Tratte^ cit. I V pag. 750. — 206 I sole sue caratteristiche estrìnseche, e poiché tale atto per la sua \\ forma non è assimilabile alla legge, così della legge non deve ^'' avere alcuna caratteristica, e neanche la natura (1). E' e rimane /atto del potere d'ordinanza devoluto alla competenza del Capo dello Stato perchè riflettente materie che il Parlamento aveva avocato a sé e a un certo momento reputa di demandare alla competenza del Governo. Ma, la distinzione « ratione materiae » degli obbietti esclusivamente riservati al Parlamento è distinzione esclusivamente teorica poiché manca la sola guarentigia efficace: il controllo giurisdizionale sulla costituzionalità della legge d'attribuzione di coinpelenza, E ancora, la distinzione « ratione materiae », che la dottrina formula, non è già fondata su di un principio generale, da cui trarre norma sicura in ogni caso, ma è per larga^ parte oltremodo vaga fondandosi sulla consuetudine costituzionale cui in questo caso è concessa un'estensione veramente eccezionale, chiamata com'è a supplire e ad integrare il testo della Costituzione (2). Ond'è che un chiaro autore, pur es?o contrario alla dottrina della delegazione, riconduce l'attribuzione di competenza alla esecuzione della legge, intendendosi per legge cui si dà esecuzione non già quella che fissa l'eventuale principio giuridico che il regolamento svolge, ma proprio quella -che attribuisce l'eccezionale competenza (3). Ma, ancora, se si assume una nozione esclusivamente formale della legge e dell'ordinanza, perchè dovrebbe esservi un limite « ratione materiae » alla potestà del Parlamento di attribuzione di competenza? Tale limite può considerarsi giustificato quando si assuma una nozione materiale della legge, ma, quan; do t'ale nozione si respinga, ne risulta, come logica conseguenza, che qualsiasi atto che non emani dal Parlamento non è legge ed è perciò legittimo eh© sia emanato da qualsiasi organo competente, sia istituzionalmente sia per disposizione speciale di legge, ossia, in altre parole, non può essere contr'astato il potere illimitato del Parlamento di autorizzare il Governo a regolare con ordinanze qualsiasi materia che non sia riservata in modo esplicito dalla Costituzione. X. — Nel Diritto italiano la legge 31 gennaio 1926 n. 100 ha posto limiti precisi e dato veramente un contenuto normativo a quella generica attribuzione di competenza stabilita dall'art. 6 dello Statuto Albertino, con che si attribuiva al Re la potestà regolamentare in ordine all'esecuzione delle leggi coi limiti ben noti della inibizione di dispensare o di sospendere l'osservanza. Ond'è, che per esaminare quale posizione nel nostro diritto convenga di riconoscere alla dottrina della delegazione, è d'uopo distinguere il periodo precedente alla citata legge da quello successivo. Sotto l'impero della sola norma statutaria la delegazione era (1) Concetto energicamente espresso daU'EsMEiN, EUimnts'^, cit. pag. 676 (2) Cfr. in particolar modo DUGUIT, Traile^ cit. IV pag. 760 sgg.. 767 egg. (3) Cfr. CARRÉ, Gontribution ©te, cit. I pag. 648. N©1 diritto italiano tale *«si, è sostenuta dal ROMANO, Corso di Diritto Coloniale, Boma, 1918 pag. 150, e «volta dallo Z'ANOBINI, Sul fondamento, oit. pag. 26, - . 207 - largamente ammessa per ogni atto dell'esecutivo che si fondasse su un'attribuzione di competenza esplicita della legge, o su una autorizzazione generica all'emanazione del regolamento (1). La dottrina e la prassi costituzionale riconoscevano cioè che in quei campi, per i quali la Costituzione non aveva riservato esclusività dì statuizione al Parlamento, o non aveva mantenuto la prerogativa regia, vìgesse la concezione materiale della legge come principio generale discriminatore delle competenze reciproche dell'esecutivo e del Parlamento. La delegazione anzi, nel nostro diritto concepito come sistema in atto, si manifestava ampiamente nelle due esplicazioni di cui risulta suscettiva : come delegazione formale e come delegazione materiale (2). La dottrina della delegazione era così largamente ammessa, che si considerava attributiva di delegazione la formula ricorrente quasi in ogni legge, con che si demandava all'esecutivo F'emanazione del regolamento (3). Si esclùdeva cioè, per lo più, che tale formula fosse un inutile richiamo alla competenza statutaria, ma significasse invece l'attribuzione di competenza per quelle statuizioni <( praeter legem » necessarie bensì all'esecuzione, ma esorbitanti dai limiti della legge stessa. Perciò che ha riguardo alla sistemazione generale delle competenze, il diritto italiano, come ogni altro, all'infuori di quello germanico post bellico, non accoglieva che il principio generale della separazione deli poteri nella sua definitiva accezione del 1814, quale principio discriminatore delle competenze, con riserva per 'alcune materie attribuite esclusivamente al Parlamento o altre per cui sussisteva la prerogativa regia. In applicazione di questo principio generale risultava singolarmente limitato il campo d'azione in ordine alla funzione legislativa materiale per l'esecutivo, e tale campo, teoricamente, si era ristretto ancor più per il progressivo estendersi della funzione legislativa formale ai campi nei quali un tempo l'esecutivo si era attribuita competenza, con 'che, il regolamento di tali materie, risultava sottratto definitivamente alla competenza di esso (4). Teoricamente si era ristretto, perchè di contro a questa eccessiva limitazione teorica, si constatava, nel nostro sistema, l'incremento veramente eccezionale della decretazione d'urgenza con che l'esecutivo, per deliberazione propria, si arrogava competenza non di sola legislazione materiale, ma pur anco formale. La legge 31 gennaio 1926 n. 100 ha innovato profondamente (1) Gir in partioolar modo^ RANELLETTI, D. A. cit. I pag. 298 sgg., 302; ARANGio Ruiz, Istituzioni di Diritto Costituzionale, TorÌBo 1913, pag. 618 sgg. ; FERRARIS, Diritto Amministrativo, Padova 1922, I pag. 306 e spec. I I pag. 85 sgg, pRESUTTi, Diritto Costituzionale, Napoli 1915, pag. 325 sgg.; CRISCUOLI, La delegazione, cifc. (2) RANELLETTI. D. A. cit. I (3) RANELLETTI, La potestà di Diritto Pubblico 1926 pag. 5. (4) Cfr. RANELLETTI, Pct. Ug. pag. 316. legislativa cit. pag. del 8. Governo, Estratto daila Eivista — 208 — il sistema italiano (1). Il principio della materialità delle funzioni, quale principio discriminatore delle competenze rispettive del Parlamento e del Governo, è superato da una determinazione istituzionale di materie che sono di competenza esclusivamente legislativa o di competenza deL Governo, e da una attribuzione specifica di competenza del Governo in ordine all'emanazione di norme giuridiche, che, anteriormente a detta legge, il Governo non avrebbe avuto se non in virtii di una disposizione di legge formale, ossia per una norma in cui, secondo quanto abbiamo visto sopra, ricorrevano gli estremi della delegazione. Infatti l'art, l'' della citata legge stabilisce istituzionalmente quella competenza delegata, ricorrente quasi in ogni legge, con cui si attribuiva al Governo facoltà di regolare l'esecuzione della legge \ con norme che non solamente rimanessero u infra legem )> ma an' dassero anche « praeter legem ». Ossia il n. 1 dell'art. 1 non è già la ripetizione della norma statutaria, la cui efficacia e valore son da considerarsi in funzione del principio generale discriminatore della competenza e risulta perciò attributiva di competenza per l'emanazione di quelle norme che in maniera diretta possono logicamente dedursi dall'interpretazione della legge su cui esclu, sivamente debbono poggiare, ma è un'attribuzione generale di comI petenza per lo sviluppo logico di ogni legge in ordine all'appliI cazione ed esecuzione di essa, ossia è l'attribuzione di competenza a sviluppare « praeter legem » con il solo limite della legge formale il principio giuridico contenuto nella legge (2). Il n. 2 dell'art. 1, con che si attribuisce al Governo la facoltà • di emanare le norme giuridiche regolanti l'uso delle facoltà spet; tanti al potere esecutivo, restituisce all'esecutivo quella pienezza di competenza che eventuali avocazioni da parte del Parlamento gli avessero sottratto. Ed è sotto questo aspetto rilevante al nostro assunto rendendo superflua in avvenire una delegazione specifica ove si tratti di materia già assunta dal Parlamento, prima dell'emanazione della legge. L'interpretazione più autorevole esclude che questo comma abbia inteso di riguardare le materie di prerogativa regia per le quali è dubbio se non sia riconosciuta! al Governo una potestà legislativa non solo materiale, ma anche forma- fi) Sull'interpretazione di questa legge cfr. RANELLETTI, La potestà cit. e pure con qualche riserva. SALTELLI, Potere esecutivo e norme giuridiche^ Roma 1926. Cfr. pure la relazione Rocco, Atti 'pari. leg. XXVII, Sess. 1924-25, Doc. N . 543, e Gire, del Primo Ministro in Gaiz. uff. 28 gennaio 1926. Cfr. pure ROMANO, Corso di Diritto O o f<tituziov al e,'Psi'dov a,. 1926, pag. 2 5 7 : B O R S I , Appunti di D. A. Padova, 1926 pag. 186; PRESUTTI. Introduzione alle scmme giuridiche e istituz. di Dir. Pnbhl., Campobasso, 1926, pag. 353 segg. (2) Cifr. RANELLETTI, La potestà cit., pag. 4-5 ove pone eliiaramente in luce la sostaziale differenza corrente fra la dizione dell'art. 6 dello Statuto con che ei deferiva al Re una facoltà regolamentare generica e la precisa dizione dell'articolo 1 della legge 51 gennaio'. Per un'interpretazione più resitrittiva cfr. BoRSi D. A. cit. pag. 186. ^ 20^ - le (1). Per di più vi è ancora da osservare che, fermo il limite della legge formale, rimasto integro nell'attribuzione di competenza in esame, il potere di statuizione da parte del Governo non incontra quelle limitazioni, provenienti dal principio generale discriminatore delle competenze, che, ove mancasse questa esplicita disposizione, indurrebbe, data la natura di legislazione materiale delle norme, a ritenere prevalente il principio generale. Il comma terzo riguarda la competenza a regolare l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni dello Stato, l'ordinamento del personale ad esse addetto, l'ordinamento degli Enti ed Istituti pubblici, con esclusione tassativa dei Comuni, Provincie, Istituzioni pubbliche di beneficenza, Università ed istituti di istruzione superiore, ed esclusione pure delle guarentigie dei magistrati ed altri funzionari inamovibili come dell'ordinamento giudiziario, competenza dei giudici, ordinamento del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti. La legge aggiunge il chiarimento, superfluo da un punto di vista strettamente giuridico, che tale competenza è assoluta anche per quelle materie che furono avanti la legge stessa regolate legislativamente. Tale chiarimento risulta superfluo poiché l'intera legge 31 gennaio determina le competenze rispettive del Governo e del Parlamento e perciò, di contro alla nuova fissazione e attribuzione di competenze in base alla precisa disposizione di legge, non può sussistere quella competenza che l'uno o l'altro organo aveva avocato) in ossequio al solo principio generale accolto dallo Statuto e svolto dal sistema italiano. La legge considera ancora la delegazione formale accogliendo così quest'istituto definitivamente nel diritto scritto così com'esso era stato di già pienamente accolto nel nostro sistema costituzionale. Ma, risulta chiaro dall'esame sommario della competenza attribuita dalla legge in esame al Governo, che, per lo più, tali facoltà per essere esercitate avanti la legge stessa avrebbero richiesta una delegazione specifica cui è ora sostituita una competenza istituzionale (2). XI. — Come risulta evidente la legge 31 gennaio 1926 ha mutato profondamente i termini nei quali può ammettersi per il diritto italiano l'istituto della delegazione. Tale istituto presuppone infatti una competenza istituzionale del Parlamento che mediante un atto di volontà del Parlamento stesso viene deferita in modo specifico al Governo. Gli estremi perchè di delegazione si possa parlare consistono nella competenza parlamentare, la quale può risultare da un'espressa disposizione statutaria o legislativa, o può (1) Cfr. RANELLETTI. La potestà cifc. pag. 7. Sulla portata dell'art. 18 dello Statuto e sulla natura giuridica di esso cfr, il nostro studio, La libertà religiosa e lo Statuto Albertino, in Archìvio Giuridico 1926. Le conclusioni riguardanti l'art. 18 sono estensibili agli art. 78 e 79 dello Statuto. (2) Ofr. ROMANO, Dir. Cmt. cit. pag. 265. — 210 — dedursi in applicazione di un principio generale accolto nella Costituzione, e nell'attribuzione, limitata ad un determinato obbietto 0 al regolamento di una limitata sfera giuridica, devoluta al Governo. L"attribuzione di competenza, che in simili casi l'organo legislativo devolve all'esecutivo, conferma la competenza legislativa, te conferma pure, per lo più, la natura materiale di legge per i I provvedimenti da emanarsi, che, secondo il sistema in atto, doI vrebbero dar luogo ad una legge formale. Non ha rilevanza che I il provvedimento governativo emanato in base a delegazione leI gislativa conservi la forma propria degli atti del Governo, non I assuma in altre parole valor formale di legge, poiché fu proprio I il Parlamento a volere siffatta forma, la quale consente anche I un controllo giurisdizionale per conoscere se l'esecutivo si conl tenne nei limiti della delegazione, e consente pure, per la sua più pronta mutabilità, una più immediata corrispondenza alle esigenze cui la legge provvede, .apprezzamenti questi, che con altri, inerenti alla natura di ogni singola legge, possano determinare la volontà del Parlamento. Orbene, dopo la legge 31 gennaio 1926, per gli obbietti espressamente ivi contemplati, non vi ha più luogo a parlare di delegazione. Si tratta sibbene ancora di un'investitura di potestà operata dal Parlamento, simile nel suo aspetto formale alle consuete dele' gazioni, fatto questo determinato dalla mancanza nel nostro sistema di una cfualsiasi distinzione di ordine giuridico fra legge co' stituzionale e legge comune, ma, l'organo legislativo, con questa legge, non riaffermò una competenza propria, trasmessa per ragioni inerenti ad un singolo obbietto, e non perciò di ordine gene; rale, all'esecutivo; il Parlamento non investì il Governo di una po1 testa limitata ad un certo obbietto o per una limitata sfera giuriI dica, jma procedette invece ad una assegnazione di competenza in I vìa generale. La legge, cioè, sostituì al principio generico costituJ zionale discriminatore delle competenze, fissato dagli articoli 3, 5 5 e 6 dello Statuto, norme precise, per cui la funzione^ legislativa dello 1 Stato viene esercitata in maniara principale e con valor formale i assoluto del Parlamento e in maniera.subordinata e con valor formale non più assoluto, ma soggetto a controlli giurisdizionali, a filmiti che la stessa legge conferma, dal Governo. Si tratta cioè •^ di una distribuzione « ex novo » delle competenze fra i supremi organi dello Stato, distribuzione che per sua natura e per il compito che ne è caratteristico è propria delle leggi costituzionali. Ond'è che sotto a quest'aspetto e per considerazioni estrinseche, non certo capaci di alcun'efficacia giuridica nel nostro sistema co,, stituzionale non rigido, tale legge deve considerarsi come un com'f^plemento, uno sviluppo ulteriore dello Statuto, deve cioè considerarsi, con le riserve dianzi esposte sul valore giuridico dell'espressione, come legge costituzionale. Ma, per le materie ivi contemplate non vi ha più luogo a parlare di delegazione. Il Governo nell'esercizio della potestà legislativa materiale di che è competente a termini della legge in esame è investito di una competenza istituzionale che viene a limitare le — 211 ~ possibilità dì controllo giurisdizionale ai soli elementi formali estrinseci e alla cognizione dei limiti dalla stessa legge fissati, competenza propria! in altre parole, tale cioè da escludere eventuali avocazioni del Parlamento, e tale, che ove queste, per qualsiasi ragione, di cui' la principale consiste nell'assenza di limiti giurìdici alla capacità degli organi legislativi, sii avverassero, non sottrarrebbero quei determinato obbietto dalla legge contemplato alla competenza del Governo. E poiché è competenza propria dell'esecutivo, perciò stesso, non può sussistere delegazione, la quale, in ogni caso, è affermazione precisa di competenza parlamentare (1). Di delegazione si potrà parlare, e questa potrà sussistere per quelle materie che lo ; Statuto e la legge 31 gennaio deferiscono esclusivamente al Parla- i mento, quando quest'organo reputi di esercitare la potestà sua propria a mezzo del Governo, e, per espressa disposizione della legge in : esame sussiste, ed è accolta, come già dicemmo, la delegazione : formale. XII. — Come appare dalla rapida scorsa compiuta, l'atteggiamento dei tre diversi sistemi costituzionali europei esaminati, l'italiano, il francese, il germanico, sotto molti aspetti veramente tìpici e rappresentativi delle istituzioni pubbliche contemporanee, risulta radicalmente diverso in ordine all'istituto della delegazione. Esso viene accolto nella sua integrità dal diritto germanico. Risulta istituto non contemplato espressamente dalla Costituzione, ^^ ma emergente in via immediata e diretta dal sistema che la stessa \ Costituzione attuò. Questa infatti, assunto come principio generale sdiscriminatore delle competenze la concezione materiale della leg- ; t gè ed attribuita con eccezioni particolari la competenza per laH^ funzione legislativa materiale al solo organo legislativo, non am-; J mi'se che l'esecutivo potesse per competenza ipropria esercitare |i alcuna funzione legislativa se non in ordine a obbietti espressamen-if te determinati e con limitazioni precise, ed ancor più, con dispo-1/| sizione costituzionale, ne fissò la competenza alle sole ordinanzej | amminis!trative riguardanti l'esecuzione della legge. Risulta per- j ciò necessario legittimare l'attribuzione di competenza all'esecu- | tivo trascendente i limiti costituzionali. Né può opporsi al fatto di j tale attribuzione l'eccezione d'inconstituzionalità, vana comunque | per l'inesistenza di organi nel sistema germanico capaci di con- 1 frollo sugli organi legislativi (2), poiché l'attribuzione di compe- | tenza intorno ad un determinato obbietto non è ne' suoi stessi ele- (1) Sul fatto che la competenza istituzionale escluda la delegazioxie noo vi è oontrasto n d l a teotria. Cfr*. in pairticolar modo JELLINBK, Gesetz, cii. pag. 372. (2) Questa la concezione predominante e .accolta dalla giurisprudenza. La questione è tuttavia largarajente dibattuta. Cfr. in partioolar modo ANSCHUTZ, Die Verfassung^ cit. pag. 136. P e r gli autori favorevoli al controllo di costituzionalità cfr. STIER-SOMLO, recensione all'opera del SCHACK in Archiv des 0. B. 1922, pag. 107. Contrari, ANSCHÌJTZ, citato sopra. WITMAYER, Die WeÀmarer Beichsverfassvng, cit.. pag. 464 sgg. SCHACK, Zur nchterlicJien Priifung eie. in Archiv dea 0 R. 1921 pag. 167. THOMA, Das richterliche Prufiingsrecht, in Archiu des 0. B. 1982 pag. 267 sgg. — 212 mentì intrinseci ed obbiettivi capace di variare le competenze organiche stabilite dalla Costituzione ed è, anzi, caratteristica peculiare e preminente dell'istituto della delegazione di risultare conferma della esclusiva competenza degli organi legislativi, esercitata, per ragioni il cui apprezzamento insindacabile è devoluto allo stesso organo legislativo, dal Governo con atti il cui valor formale è uguale agli atti di cui ha normale competenza. I Né può opporsi che comunque si tratti di semplice attribufzione di competenza, senza che perciò possa dirsi che il Governo I agisce in vece e luogo dell'organo legislativo perchè la natura intrinseca degli atti che l'esecutivo emana risulta senza possibilità di dubbio di legislazione materiale, e tali atti per espressa norma costituzionale sono di competenza esclusiva degli organi legislativi. L'esercizio perciò di un tale potestà risulta essere esercizio di competenza spettante agli organi legislativi e l'atto di autorizzazione è un atto di delegazione di diritto pubblico, ponendosi il Governo in vece e luogo degli organi legislativi e agendo per un espresso comando nei limiti del comando stesso. D'altra parte è ancora da osservare che la Costituzione stabilendo la competenza per gli organi legislativi non impone, se non in via generica, limiti formali, ossia non impone, e non contempla perciò sanzioni di sorta, che l'attività legislativa sia esercitata in maniera diretta. La Costituzione in altre parole stabilisce una competenza generica, alla quale si soddisfa, nella quale si rientra quando un determinato obbietto, il regolamento di una determinata sfera giuridica, sia stata comunque oggetto di deliberazione valida giuridicamente da parte del Parlamento. E ciò sia che il Parlamento abbia dettato le norme atte a regolare certi rapporti così compiutamente da rendere superflue nor^e con]plementari per l'esecuzione della legge, così da annullare praticamente il potere d'ordinanza in ordine a quell'obbietto; sia che il Parlamento pur regolando la materia abbia lasciato margine e quindi abbia reso necesarie norme regolamentari; e sia ancora che il Parlamento abbia semplicemente enunciato un principio giuridico devolvendo all'esecutivo il compito di regolare secondo il principio stesso l'applicazione ed esecuzione della legge; e sia infine che il Parlamento abbia semplicemente esaminato un certo obbietto per demandare il regolamento di esso all'esecutivo. La Costituzione inoltre, se stabilisce limiti di forma per gli organi legislativi, non stabilisce pure che ogni atto di legislazione ...debba emanarsi in quella stessa forma. La Costituzione di We[mar^ [/come ogni altra Costituzione moderna, contempla le funzioni sTaItuali da un punto di vista prevalentemente subbiettivo riconoscenlì do le caratteristiche e l'efficacia di legge formale a quell'atto che I emana, secondo le forme prestabilite, dal Parlamento. Ossia la CoI stituzione stabilisce ancora il principio generale della coincidenza I in massima fra legge formale e legge materiale, ma non irrigidisce I questo principio sino a comminare nullità per ogni atto di legislaIzione materiale che non sia emanato come legge formale. I," Ond'è che risulta costituzionalmente corretto l'atto di attribu- - 210zione specifica all'esecutivo. E in tale atto è da riconoscersi vera e propria delegazione dì diritto pubblico poiché l'esecutivo esercita una competenza che è propria degli organi legislativi. La distribuzione di competenza fissata dalla Costituzione risulta osservata perchè quel determinato obbietto di competenza degli organi legislativi fu veramente oggetto di una deliberazione giuridicamente valida, ossia diede luogo ad una legge formale che disciplinò — in qualunque maniera il disciplinamento è legittimo data la prevalente mancanza di limiti materiali al legislativo ~ la materia stessa, anche devolvendone il regolamento all'esecutivo. XIII. — Nettamente avversa si dimostra la dottrina francese.^ Ma si tratta di una diversa posizione dottrinale, di un atteggiamento del pensiero giuridico francese singolarmente divergente per tradizione storica ed abito politico da quello germanico od italiano ovvero vi ha una diversa sistemazione delle funzioni statuali tale da impedire l'accoglimento dell'istituto della delegazione? Una prima osservazione intanto importa di fare. La dottrina francese nega la possibilità di delegazione ed ammette la possibilità di un'attribuzione di competenza dal legislativo all'esecutivo. Ma questa attribuzione reputa che debba venire limitata a quegli obbietti che né la Costituzione né la consuetudine riservarono esclusivamente al Parlamento. Esaminiamo il primo aspetto dell'opinione francese. Di delegazione non si può parlare perché non si può delegare ciò che non si detiene a titolo di diritto subbiettivo (1). Il Parlamento non può vantare un diritto subbiettivo all'esercizio della funzione legislativa, e non può in conseguenza delegare tale diritto. Il Parlamento ha competenza e può attribuire l'esercizio di essa al Governo. Ma alla delegazione ancora si oppone la Costituzione rigida. Variare le competenze organiche è compito degli organi costituenti e perciò ad essi non può sostituirsi il Parlamento. Noi scorgiamo di subito come tali proposizioni si oppongano sia alla delegazione che all'attribuzione di competenza. Se infatti si assume l'impossibilità giuridica di variare Tordi-1 ne costituzionale delle competenze risulta illegittima sia la dele-^ gazione che l'attribuzione di competenza (2). L'illegittimità sostanziale dell'atto del Parlamento non può essere sanata dalla forma colla quale l'atto del Governo viene emanato, poiché questo in quella precisa forma non è permesso dalla Costituzione e la validità di esso non può dipendere che dall'autorizzazione parlamentare. Se dunque é atto illegittimo di per sé, trascendente la competenza costituzionale, e l'ordine di tali competenze è di spettanza esclusiva degli organi costituenti, illegittimo e inconstituzionale sarà intrin- ^(1) Cfr. in special modo ESMEIN, EUments^. cit. pag. 682 8gg; DUGUIT, Traité^, cifc. IV pag. 747 sgg. (2) Il problema è visto dal DUGUIT, Trcdté^, cit. IV pag. 751 che tuttavia si limita ad affermare : a la conséquence, quelque logiqiia qu'elle soit, est difficile à admettre et cependantfa on ne voit pas très biew comment on peut Fécarter», — 214 — secamente l'atto di autorizzazione in qualunque maniera lo si chiami, in qualunque maniera lo si giustifichi. Questa difficoltà viene superata nella più recente dottrina colla costruzione di una nuova teoria secondo la quale la differenza fra la legge e l'ordinanza in altro non consiste che in una differenza formale risalente agli organi dai quali emanano, e di cui riflettono la subordinazione gerarchica. La Costituzione, secondo tale teoria, permette al legislatore di determinare con legge ordinaria quegli obbietti che saranno da regolarsi dal Governo mediante l'esercizio del potere d'ordinanza, ossia, in altre parole, la Costituzione non discrimina la legge e l'ordinanza dal punto di vista materiale, ciò che significa che la Costituzione non assume altra nozione delle funzioni statuali che quella esclusivamente formale. Se perciò non .; vi è distinzione materiale fra le funzioni, non vi ha luogo a parlare i di delegazione (1). Questa dottrina che sembra a primo aspetto dirimere le varie dilricolta che il diritto francese, per alcune sue peculiari caratteristiche, presenta nella questione che ci occupa, non è certamente accettabile. Invero la forma nella quale si esplicano le diverse funzioni non è se non la guarentigia degli scopi che le funzioni stesse perseguono ossia la guarentigia della distinzione materiale delle funzioni stesse. Intanto importa che un atto di volontà dello Stato abbia il valor formale di legge, in quanto tale atto regola un'attività dei singoli, limita i diritti individuali, pone l'interesse collettivo al disopra dell'interesse individuale, quando un atto, cioè, raggiungendo l'uno 0 l'altro di questi scopi sociah o morali assume ancora tutte quelle caratteristiche peculiari che la scienza giuridica ravvisa nella legge considerata dal punto di vista jnateriale (2). Dati questi scopi supremi è necessario che l'Jatto in cui la legge si concreta abbia requisiti di forma che la distìnguano in maniera certa assoluta, da ogni altra manifestazione di volontà statuale, è necessario che s'imponga coattivamente ad ogni subbietto giuridicamente dipendente dallo Stato in forza esclusiva dei propri requisiti formali. La forma è, in via generale, conseguenza diretta ed immediata della materia, e poiché appunto l'ufficio della forma è di dare alla sostanza della legge quella piena efficacia d'ordine giuridico propria della funzione legislativa si pone come guarentigia della funzione stessa. Ma non è assolutamente concepibile che le Costituzioni abbiano assunto esclusivamente l'aspetto formale delle funzioni statuali rimanendo indifferenti alla natura materiale delle funzioni stesse, alla stessa guisa che non è possibile consi- [{l) Gir, CARRÉ, La quéstion, cìt. pag, 423. E' da ruotare pure k ieoria BOstenuta dallo stasso autore già da noi accennata, Contribution cit. pag. 648 secondo cui i regolamenti delegati tofoverebbero la loro legittimazione nel potere regolamentare per l'esecuzione dalle leggi (art. 5 legge cost. 25 febbraio 1876) © l'emanazione del regolamento altro non sarebbe che l'esecuzione del comando del legislatore. (2) Per ciò cfr. in particolar modo DONATI, / caratteri della legge, m senso materiale, Camerino, 1910. «- 215 — derare l'uomo distinto dagli altri esseri viventi per il solo suo aspetto esteriore, e non è concepibile perchè la forma non è capace di individuare la funzione, come l'aspetto umano non è capace di individuare l'uomo, perchè la forma è e rimane un aspetto semplicemente esteriore della funzione, e si pone, in qualunque maniera la si riguardi, come una guarentigia della funzione stessa, ossia elemento accessorio, seppure indispensabile, non già come la rappresentazione totale ed integrale dì essa. Ma, oltre a ciò, l'asserire che la Costituzione non offre se non una distinzione formale della legge e dell'ordinanza significa distruggere il principio scientifico della distinzione dell'attività statuale come fondamento per la distribuzione delle competenze organiche cui nulla viene sostituito se non la volontà degli organi legislativi. Ma allora, escluso il criterio scientifico della ripartizione delle funzioni, perchè dovrà ritenersi che determinate materie siano di competenza esclusiva del Parlamento ancorché non esista una norma speciale della Costituzione? Se la differenza fra legge e ordinanza è di ordine esclusivamente formale e la ripartizione materiale è di competenza del Parlamento nulla deve vietare al Parlamento di deferire al Governo competenza per il regolamento di qualsiasi rapporto quando non si abbia espresso divieto dalla Costituzione. A questo punto reputiamo opportuno risalire dalla questione specifica che ci occupa ad una più ampia visuale della Costituzione francese ed accennare a più alto e generale problema di cui fattuale costituisce un aspetto singolarmente significativo. ^ La Costituzione francese, forse più d'ogni altra europea, risente della propria origine storica e politica. Essa costituisce un atto fondamentale per il diritto pubblico di quello Stato, ma chi riguardi più addentro di subito scorge come il sistema in atto trascenda violentemente i limiti imposti dagli augusti atti in che la Costituzione si concreta. E si asserisce perciò largamente che il diritto pubblico francese non sia limitato alla Costituzione del 1875, ma comprenda l'intera tradizione politica e costituzionale di quel Paese. Nella Costituzione francese, più chiaramente che non in altra, si manifesta la discordanza fra la legge scritta e il sistema in atto; il problema che si occupa offre un evidente esempio di questo fenomeno (1). La Costituzione! francese, infatti, accogliendo la distinzione fra legge costituzionale e legge ordinaria pone un limite giuridico preciso alla competenza del Parlamento. Data questa sistemazione risulta inibita in maniera assoluta ogni variazione di competenza organica, che, per essere regolata dalla legge costituzionale, è materia sottratta alla potestà del Parlamento. Logicamente perciò la competenza degli organi esecutivi deve rimanere in quei termini assai 1(1) Cfr. OROSA, Osservazioni 'pubhlico, Torino 1926. siM principìi genercdi come foifite di diritto — 2l6 «ambigui e imprecisi stabiliti dall'articolo 3 che conferisce potestà normativa in ordine all'esecuzione delle leggi, potestà cioè (( intra legem )>, senza possibilità giuridica per un'estensione di competenza oltre quei limiti se non mediante l'intervento degli organi costituenti. Ma la prassi costituzionale si manifesta contraria a questa interpretazione costituzionale rigida, il sistema in atto consente potestà al Parlamento di variare la competenze organiche deferendo l'esercizio di potestà legislative materiali al Governo, e una tale estensione di competenza parlamentare, assolutamente necessaria, fenomeno generale di ogni ordinamento costituzionale moderno, non trova ostacoli poiché non esiste la possibilità di controllo giurisdizionale sulla costituzionalità della legge e s'introduce inoppugnabilmente nel sistema in atto. Quale atteggiamento è da assumersi di fronte a tale fenomeno? La constatazione di esso addurrebbe al riconoscimento — in questo preciso punto—di una trasformazione costituzionale all'infuori e al disopra della legge scritta, alla constatazione cioè di un fenomeno largamente osservato in ogni sistema costituzionale, e all'accettazione quindi delle conseguenze di ordine giuridico che tale fatto apporta. Ma la scienza francese è su questo punto singolarmente ferma, e tenta invece di conciliare l'antitesi esistente fra il testo preciso della Costituzione e il fenomeno incontrastabile ricorrendo a dottrine che, ove si fondino sulla sola discriminazione formale delle funzioni, riescono aliai negazione dell'intera tradizione costituzionale francese, o se, invece, si basano sull'incompetenza parlamentare alla delegazione, non possono mantenere un campo di riserva esclusiva per la legge, contrastando così ad un'altra premi nente caratteristica del sistema francese, in ogni caso non riuscendo a superare la difficoltà, insita nel fenomeno stesso, che in qualunque maniera lo si riguardi, risulta esercizio di potestà legislativa materiale da parte dell'esecutivo, esercizio non contemplato dalla Costituzione del 1875 e secondo! lo spirito di essa escluso. Rispondendo perciò alla domanda che ci siamo posti innanzi possiamo dire che la diversa posizione della dottrina francese risulta dovuta a particolari caratteristiche della legge costituzionale escludenti la possibilità di delegazione, ma dobbiamo anche ammettere che il sistema in atto trascendendo la legge scritta ha inserito tale istituto nel sistema riuscendo tuttavia a notevoli limitazioni di esso cosicché non è possibile nel diritto francese ammettere delegazione formale né tanto meno decretazione legislativa di urgenza. XIV. — La situazione del sistema italiano in ordine all'istituto della delegazione, risulta, peri effetto della recente legge, profondamente diversa che non per il diritto germanico e francese. Il po,tere esecutivo italiano detiene, per virtù della legge 31 gennaio ! 1926, una potestà normativa istituzionale in ordine alla facoltà reli golamentare per l'esecuzione delle leggi e per le materie ivi elencate. V \ \ Tale potestà esclude perciò la possibilità di delegazione che tuttavia u può sussistere per le materie particolari riservate dallo Statuto e da quella stessa legge al Parlamento. L'eccezione d'incostituzionalità, —-217 ~~. eccezione tuttavia esclusivamente teorica, che può avanzarsi per la delegazione di diritto pubblico, sia nel sistema germanico e più a , ra.gione nel sistema francese non ha ragione di prodursi nel sistema italiano in cui il Parlamento non incontra teoricamente nella sua i potestà legislativa limiti di ordine giuridico. Ma, poiché l'esecutivo nel sistema italiano ha una particolare competenza di legislazione materiale, qualsiasi particolare attribuzione di competenza da parte del Parlamento all'esecutivo non potrebbe vertìre che su materie espressamente demandate alla competenza del Parlamento; l'atto di quest'organo che attribuisce una competenza limitata nel ien»po e per materia assume le caratteristiche precise di un atto di delegazione di diritto pubblico, investendo l'esecutivo dell'esercizio di una potestà esclusivamente parlamentare, compiuta in vece e luogo del Parlamento e senza traslazione permanente di competenza. Le conseguenze anche di ordine pratico risultanti da questa sistemazione non possono venire taciute. Infatti per gli atti di competenza istituzionale dell'esecutivo il limite giuridico risulta la legge formale (1), ovvero l'intero diritto obbiettivo in quanto si manifesta con valore formale di legge, mentre per gli atti emanati in sede di delegazione il limite è dato dalla legge stessa di delegazione. Mentre gìil atti compiuti per competenza istituzionale hanno sempre il valor formale degli atti dell'esecutivo e sono perciò soggetti a quei controlli giurisdizionali che li sistema prevede, gli atti compiuti in virtù di delegazione potranno assumere il valor formale che la stessa legge di delegazione determina, in ispecie potranno assumere valor formale di legge. XV. — Da quanto abbiamo esposto sulla dottrina della delegazione risulta agevole inferire che tale istituto, riflettente un fenomeno che si verifica in ogni ordinamento giuridico, costituisce un aspetto di un più largo e arduo problema costituzionale: la distribuzione della competenza per l'esercizio della funzione legislativa. La pratica attuazione delle Carte Costituzionali dimostrò largamente come i principi fondamentali teorici fossero assolutamente insufficienti e inadeguati per le esigenze del funzionamento dello Stato. Si fece dapprima giustizia dell'assoluto e meccanico principio della divisione dei poteri secondo il quale la distinzione obbiettiva doveva coincidere esattamente con quella subbiettiva riuscendo ad una tripartizione dello Stato meglio assai che a una distinzione di funzioni; si accolse successivamente con scarsa chiarezza formale, ma con sufficiente risultato pratico il più largo principio generale dell'attribuzione di competenza secondo l'asipetto materiale con larghe eccezioni di cui alcune accolte di già nelle Costituzioni stesse; altre e ben più numerose e da un punto di vista generale più importante, attuate mercè un'attribuzione par- li) Sono da eccettuarsi gli atti di prerogativa (art. 18, 78, 79 della Statuto) in cui è dubbio se la competenza regia noii sia formai© e materiale insiem©. 5. Diritto Pubblico. — 218 - . I tìcolare di competenza all'esecutivo in cui ricorrono gli elementi 'dell'istituto della delegazione. ; Per l'accoglimento di tale istituto, come e più per una razio, \ naie distribuzione di competenza di legislazione materiale fra or; gani legislativi ed esecutivi, ostano non pochi pregiudizi e tradizioI nalismi politici. Fra l'altro la concezione della legge, quale dall'elaborazione teorica dello Stato moderno passò nelle dottrine rivoluzionarie di Francia, influisce ancora potentemente sulla nozione I tutta formale della legge stessa che scorgiamo affiorare in alcuni i autori, predominare in altri specialmente nella dottrina francese. Tale nozione formale, figliata dalle dottrine democratiche che nella legge scorgevano la suprema espressione della sovranità popolare, che dà alla legge una significazione politica preminente sul valor giurìdico, inibisce co' suoi presupposti che il problema della di^ stribuzione della competenza per l'esercizio della funzione legislaV tiva materiale sia affrontato e risolto secondo le esigenze imposte ^^ dal razionale progredire dello Stato moderno, il quale, allontanandosi dalle sue origini storiche e dottrinali, deve svolgersi secondo le esigenze imposte dalla sua stessa natura per la suprema sua missione di regolare la propria attività secondo il diritto. ..^ ' In questo senso il sistema italiano, che riconosce una funzione legislativa materiale in ordine a determinate materie per l'esecu/ tivo, che risolve cioè il problema della distribuzione di competenza / , seguendo le necessità dell'incessante progredire dello Stato, segna { i j e precorre la via di un razionale svolgimento degli istituti costituP^ \ zionali, i quali, sciogliendosi dai ceppi della loro origine storica, li^ beramente si evolvono e si affinano per rispondere alle esigenze .imposte dalla loro stessa natura.