DIOCESI DI ROMA CORSO DI FORMAZIONE PER DOCENTI DI SCUOLA CATTOLICA "L’INSEGNAMENTO DELLE SCIENZE" ANNO SCOLASTICO 2010/2011 23 febbraio 2011 Il punto sull’evoluzionismo Prof. Roberto Fondi Tre puntualizzazioni per gli interessati ai problemi dell’evoluzione biologica Roberto Fondi 1 – Distinguiamo bene i termini Ancora oggi la maggior parte degli specialisti, e di conseguenza anche coloro che si impegnano a divulgarne le idee, non si curano di distinguere fra le espressioni di “evoluzione”, “evoluzionismo”, “teoria dell’evoluzione”, “teoria di Darwin” e “darwinismo”. Il risultato è che per il vasto pubblico tutte queste espressioni vogliono dire praticamente la stessa cosa, mentre in realtà non è affatto così. EVOLUZIONE – È quel grandioso fenomeno naturale per il quale la vita sulla Terra non si è perpetuata ab initio in maniera uniforme, bensì ha variato ripetutamente di configurazione neltempo e nello spazio, rivelando – sia pure soltanto in prospettiva molto ampia – un progressivo incremento di complessità: prima i battèri o procarioti, poi gli eucarioti unicellulari e infine gli eucarioti vegetali e animali, con il genere umano tra gli ultimi arrivati. Questo fenomeno è attestato e ribadito pressoché quotidianamente dai rinvenimenti fossili e perciò corrisponde a un indiscutibile dato di fatto. EVOLUZIONISMO – Corrente di pensiero secondo cui il suddetto fenomeno consisterebbe in un mero processo naturale di “discendenza con modificazione da progenitura comune”, cioè aderente all’ordinaria logica deterministico-causale del post hoc, ergo propter hoc e pertanto pienamente rappresentabile tramite il modello canonico lineare dell’albero genealogico o cladistico-filogenetico. Qui si ha a che fare con un vero e proprio “paradigma scientifico” nel senso di Thomas Kuhn, cioè una sorta di postulato accettato a priori dall’immaginario collettivo e sulla base del quale vengono costruite ipotesi, pianificati programmi di ricerca, interpretati i risultati ottenuti dalla messa in atto di tali programmi ed organizzata la didattica in ambito sia scolasticouniversitario (lezioni) che pubblico (musei ed esposizioni). Questo paradigma può essere messo in discussione. TEORIA DELL’EVOLUZIONE (intesa in senso generale) – Dovrebbe designare l’intero insieme delle attività teoretiche finalizzate a dare una spiegazione scientifica del fenomeno dell’evoluzione; se non che, succede che tale fenomeno viene pressoché universalmente assunto non così come oggettivamente si presenta in base ai risultati della paleontologia, ma come lo concepiscono i seguaci dell’evoluzionismo. In questo secondo caso, “teoria dell’evoluzione” diventa dunque sinonimo di “evoluzionismo”. TEORIE DELL’EVOLUZIONE (intese in senso particolare) – Ce ne sono molte ed hanno come unico obiettivo quello di spiegare come, ovvero mediante quali meccanismi, ha potuto verificarsi il fenomeno generale messo in evidenza dalla paleontologia. Ricordo, senza pretendere di essere completo: la teoria di Lamarck, il primo neodarwinismo (di Weissman), il neolamarckismo (di Cope, Déperet ed altri), la nomogenesi di Berg, l’aristogenesi di Osborn, l’ologenesi di Rosa, la cosmolisi di Blanc, la teoria dell’age and area di Willis, il tipostrofismo di Schindewolf, l’emicazione di Nilsson, il secondo neodarwinismo o teoria sintetica (di Dobzhansky, Huxley, Mayr, Simpson e vari altri), la teoria dello space, time, form di Croizat, il modello dei punctuated equilibria di Eldredge e Gould, la teoria neutralista di Kimura, la teoria semantica di Barbieri e la teoria costruttiva di Sarà. TEORIA DI DARWIN – Ci si domanderà perché non l’ho inclusa nel suddetto elenco Non l’ho fatto perché essa, semplicemente, non esiste. Se è infatti innegabile che Darwin, nella prima edizione di Sull’origine di specie, fece pieno affidamento sul meccanismo deterministico “variazioni fortuite – selezione naturale”, è altrettanto innegabile che nelle edizioni successive della medesima opera egli divenne progressivamente più incerto e confuso in proposito, tanto da sconfessare apertamente l’importanza della selezione naturale e ricadere nel più puro lamarckismo. Con ogni probabilità, a Darwin non interessava affatto stabilire come realmente si è svolta l’evoluzione dei viventi, ma soltanto far radicare nella mente del pubblico accademico e profano l’idea paradigmatica per cui tutte le creature, compreso l’uomo, non si conformano a modelli o archetipi implicanti l’esistenza di fattori olistici o “super-ordinatori”, ma sono soltanto il risultato di lunghi e lenti processi di natura meramente meccanica. (NEO)DARWINISMO – Questo, invece, esiste eccome e rappresenta da oltre mezzo secolo la posizione teorica “ufficiale” del mondo accademico. Nella sua formulazione più ortodossa, esso considera il fenomeno dell’evoluzione biologica come nient’altro che il prodotto di mutazioni fortuite, segregazioni, ricombinazioni ed effetti di deriva genetica a livello dei genotipi, sui fenotipi dei quali agisce poi la selezione naturale conservando quelli meglio adattati all’ambiente ed eliminando tutti gli altri. Azzardarsi a criticarlo comporta il rischio di essere additati con disprezzo come retrivi “creazionisti” o seguaci del cosiddetto Intelligent Design, e pertanto nemici del progresso scientifico. 2 - Gli organismi viventi sono sistemi semiotici Le origini della Vita di Giovanni Monastra si presenta come un lungo articolo che si legge tutto d’un fiato e che, pur indirizzandosi essenzialmente ai docenti e agli alunni di scienze della Scuola superiore, non sarebbe male ricevesse attenzione anche dai docenti e dagli alunni di biologia e di scienze naturali delle Università. Non è facile, infatti, trovare messe in evidenza in maniera altrettanto corretta, chiara e concisa, le profonde crepe esistenti nel paradigma scientifico evoluzionistico, che pure continua ad essere pervicacemente imbandito come verità rivelata ai nostri figli fin dai banchi della Scuola elementare. Molto tempo fa, io stesso affrontai il medesimo tema con due libri, il primo dei quali scritto in collaborazione con il genetista Giuseppe Sermonti (Dopo Darwin. Critica all’evoluzionismo, Rusconi Libri, Milano 1980) ed il secondo pubblicato appena qualche anno dopo a cura dello stesso Monastra (Organicismo ed evoluzionsmo. Intervista sulla nuova rivoluzione scientifica, Il Corallo/Il Settimo Sigillo, Padova/Roma 1984). Poiché quei libri non hanno certo contribuito ad assicurarmi simpatia nell’ambiente accademico, per lungo tempo ho deciso di concentrarmi pressoché esclusivamente nello studio e nella didattica, imponendomi di non tornar sull’argomento fino a quando non sentissi di avere buone ed ulteriori frecce per il mio arco o non subentrasse un clima culturale più aperto e maturo. Clima che mi sembra abbia cominciato ad instaurarsi a partire dal 1997, quando cioè sono nati – anche con il mio contributo, ma soprattutto grazie all’energica personalità di Marcello Barbieri, embriologo dell’Università di Ferrara – l’Associazione Italiana di Biologia Teorica (sito internet: www.biologiateorica.it) e la rivista Systema Naturae. Barbieri, che già aveva pubblicato La teoria semantica dell’evoluzione (Boringhieri, Torino 1985), a suo tempo passata pressoché inosservata, è attualmente tra i capifila di una nuova corrente della Biologia, denominata Biosemiotica, la quale sembra avere tutti i titoli per candidarsi a sostituire la “teoria sintetica” neodarwiniana. Secondo questa corrente, la cellula ed i viventi in generale non sono semplicemente sistemi fisico-chimici nei quali avvengono trasformazioni energetico-materiali ed immagazzinamenti e trasferimenti di informazione, ma sono soprattutto sistemi “semiotici”: entro i quali e fra i quali si verificano cioè continuamente scambi di segnali il cui significato viene tradotto in base a determinati codici. È dunque ormai chiaro che nella cellula vivente esiste qualcosa che agisce come intermediario fra il mondo dei geni (il genoma o genotipo) e il mondo delle proteine (il proteoma o fenotipo), regolando il funzionamento di entrambi. Da oltre due decenni, Barbieri (1985, 2000, 2003) ha indicato questo intermediario nel complesso dei ribosomi o ribotipo e ne ha fatto il tema conduttore della sua “teoria semantica dell’evoluzione”. In sostanza, che cosa dice la biosemiotica? Una cosa molto semplice, ma dalle grandi e rivoluzionarie implicazioni culturali: la cellula e i sistemi viventi in generale non sono enti fisici caratterizzati semplicemente dalla dualità materia-energia (fenotipo o hardware, ovvero l’apparato corporeo) ed informazione (genotipo o software, ovvero il sistema macromolecolare adibito ad immagazzinare e a trasmettere ai discendenti le informazioni-istruzioni per “costruirli”), bensì sono realtà trinitarie in cui alla componente energetico-materiale e alla componente informazionale si aggiunge una componente semantica (ribotipo o codeware, ovvero il sistema macromolecolare adibito a “tradurre” le informazioni-istruzioni ereditarie in apparato corporeo), rappresentata cioè dai codici che assegnano determinati significati ad ogni segnale ricevuto o emesso. Ogni informazione, infatti, sarebbe suscettibile di acquistare i più diversi significati, se non esistessero codici (come quello genetico universale e come quelli linguistici delle comunicazioni umane) fissati in memorie intrinseche al bios. Pronunciato contemporaneamente ad uno spagnolo, ad un italiano e ad un francese, ad esempio, il suono “burro” (ossia la medesima informazione per tutti e tre gli ascoltatori) starà a significarerispettivamente un asino, un particolare derivato del latte e una parola del tutto incomprensibile: tutto dipenderà dai codici linguistici ai quali tale suono sarà sottoposto. Per loro stessa natura, insomma, gli organismi viventi risultano essere sistemi fisici dotati e costruiti in virtù di codici assegnanti significati, e Barbieri sostiene di poterne addirittura descrivere la logica di funzionamento mediante precisi algoritmi matematici suscettibili di condurre ingegneri e tecnici a riprodurne artificialmente le proprietà. Ma allora se i viventi, lungi dal ridursi a soli edifici energetico-materiali, sono anche e soprattutto sistemi semiotici, cioè “forme impregnate di significato”, allora tutto l’edificio imbastito da Darwin e dai suoi moderni epigoni – che pretende di spiegare tutto con la mera dialettica del “caso” e della “necessità”, proclamata ieri da Jacques Monod e oggi da Richard Dawkins – mostra di essere un castello di carte. Ben lungi dal poter descriversi come il prodotto di un “orologiaio cieco”, la natura si presenta governata da enti che fino ad oggi si ritenevano esclusivi della mente o psiche e che invece risultano essere inseparabili dal suo medesimo tessuto fisico: veri e propri archetipi goethiano-junghiani (cioè riedizioni in veste scientifica moderna delle idee-forme platonicoaristoteliche) che, come scrive Monastra, la trasformano in un tutto coerente ed unitario del quale “ordine, armonia, leggi regolative, forma, complessità, gerarchia di livelli costituiscono i fili conduttori”. Personalmente nutro la duplice convinzione (1) che il problema dell’origine delle forme viventi continui oggi a rimanere aperto così come lo era prima dell’avvento dell’evoluzionismo, e (2) che molto di più non ci non ci sia consentito di sapere tramite il metodo di indagine comunemente denominato scientifico, per via dei suoi stessi ed intrinseci limiti legati essenzialmente all’attività dell’emisfero cerebrale sinistro. Com’è noto tale attività è costantemente impegnata a frantumare, incasellare e classificare in termini analiticoquantitativi univoci, separati ed “oggettivi” una realtà che invece, come l’emisfero cerebrale destro è spesso in condizioni di intuire, risulta essere intrinsecamente unitaria e perciò includente anche il qualitativo, l’equivoco e il “soggettivo”. 3 – Due caratteristiche fondamentali della storia della vita Chi studia senza alcun preconcetto la storia della vita sulla Terra quale risulta dalla documentazione paleontologico-stratigrafica, finisce per scontrarsi con due peculiarità fondamentali ed incontrovertibili, che possono essere riassunte nel modo seguente. Prima peculiarità La storia della vita è caratterizzata dal succedersi di insiemi di organismi a differente grado di complessità – dalle specie agli ecosistemi - ciascuno dei quali è comparso in modo repentino, ha vissuto per un tratto di tempo più o meno lungo senza subire sostanziali cambiamenti e, alla fine, si è estinto in modo altrettanto repentino come era apparso. Questo succedersi di gruppi organici, d’altra parte, si è verificato nel senso di un generale eprogressivo aumento di complessità. Sono infatti comparsi prima i procarioti o batteri, poi gli eucarioti monocellulari o protisti e infine gli eucarioti pluricellulari: piante, funghi e animali. Tra gli eucarioti, sono comparsi prima le piante marine, poi gli animali marini e, infine, i funghi, le piante e gli animali di terraferma. Tra le piante, sono comparse prima quelle a spore e poi quelle a seme. Tra le piante a seme, hanno fatto la loro apparizione prima quelle senza fiori e poi quelle dotate di fiori. Tra gli animali, troviamo prima i fossili delle strane forme a corpo molle tipiche dei livelli sedimentari tardo-precambriani, poi quelli relativi ai numerosi phyla cambriani, dei quali i 20 circa attuali rappresentano la parte sopravvissuta. Tra gli animali dotati di scheletro osseo, sono comparsi prima gli agnati, poi i pesci e successivamente gli anfibi, seguiti dai rettili e, finalmente, dagli uccelli e dai mammiferi. Tra le famiglie di mammiferi apparse per ultime vi è anche quella degli ominidi (ovvero primati caratterizzati da andatura bipede), rappresentata prima dalle scimmie australopitecine (includenti le specie impropriamente denominate “Homo” habilis e “Homo” rudolfensis) e, successivamente, dal genere umano (Homo) propriamente detto. Quanto a quest’ultimo, esso è stato prima rappresentato da almeno una specie dai tratti brutali, comparsa intorno ai 2-2,5 milioni di anni fa ed includente forme classificate come H. erectus, H. antecessor e H. neanderthalensis; poi, a partire da almeno 150- 200.000 anni fa, dalla nostra specie H. sapiens. Seconda peculiaritàIl fenomeno precedentemente descritto non è equiparabile allo sviluppo di un albero, in quanto i vari gruppi di viventi non mostrano affatto di essere collegati fra loro da sicuri ed evidenti legami di “discendenza con modificazione”, ovvero implicanti connessioni genetiche o ereditarie dirette con gruppi progenitori precedenti (secondo l’ordinaria logica causale del post hoc, ergo propter hoc). A parte i processi cosiddetti “microevolutivi” - che si collocano per lo più a livello intraspecifico e che consistono in meri aggiustamenti o adattamenti di un qualcosa che già esiste alle fluttuazioni ambientali -, lungo tutto l’arco della storia della vita la comparsa di ogni novità biologica risulta essere avvenuta all’insegna della discontinuità, esprimendosi, come si è detto, con una straordinaria varietà di forme, le quali non mostrano affatto di essere derivate le une dalle altre, ma semplicemente di essersi succedute nel corso del tempo. Insomma, il fenomeno della discontinuità spazio-temporale implicita al Systema Naturae (inteso come insieme di tutti i viventi attuali e passati) è strutturale e non può essere attribuito a mera carenza di documentazione paleontologica. Darwin si afferrò ad un tale pretesto appunto per scavalcare o sminuire le difficoltà che i fossili opponevano alla sua teoria; ma pochi paleontologi, oggi, sarebbero disposti a concordare con lui su questo punto fondamentale. In effetti, benchè la fossilizzazione sia in se stessa un processo dipendente da situazioni ambientali piuttosto particolari, le documentazioni in proposito rimangono abbondanti; e malgrado ogni anno nuove forme fossili vengano riportate alla luce e descritte, ciascuna nuova acquisizione non invalida affatto il quadro delle conoscenze precedenti, ma semplicemente ne precisa e ne raffina i particolari, confermandone però regolarmente i connotati di discontinuità. Se i “vuoti” fossero dovuti semplicemente ad insufficiente documentazione paleontologica, essi dovrebbero tendere a colmarsi e a farsi sempre meno evidenti via via che le ricerche proseguono e tale documentazione si arricchisce; invece, come si è visto, le cose vanno in maniera contraria. Qualche libro in italiano consigliabile agli insegnanti di scienze Fred Hoyle – L’universo intelligente (Mondadori, Milano 1992). Marcello Barbieri – I codici organici. Nascita della biologia semantica (Pequod, Ancona 1995). Giovanni Monastra – Le origini della vita (Il Cerchio/Ithaca, Rimini/Castel Bolognese, 2000). Michele Sarà – L’evoluzione costruttiva (Utet, Torino 2005) AA. VV. – Seppellire Darwin? (Il Cerchio, Rimini, 2007). Lorenzo Rossi – Gli ultimi Neandertal (The Boopen Editore – www.criptozoo.com, Cesena 2008). M. Piattelli Palmarini & J. Fodor – Gli errori di Darwin (Feltrinelli, Milano 2010). --------------------------