LEZIONI DIRITTO PROCESSUALE CIVILE DI ANDREA PROTO PISANI 1 INTRODUZIONE PREMESSA 2. Cenni sulla strumentalità del processo Introduzione Il diritto sostanziale è un insieme di norme dirette a risolvere conflitti di interessi contrapposti, determinando gli interessi prevalenti, attraverso la previsione di poteri, doveri e facoltà. La caratteristica del diritto sostanziale è quello di individuare l’interesse protetto per la quale si chiede tutela. Es. art. 2019 c.c. ciascuno dei contraenti del contratto di lavoro art. 1 legge 604 del 1966, limiti per i licenziamenti. Nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato, il licenziamento per giusta causa ( grave inadempimento del lavoratore). La norma di diritto sostanziale non si limita a stabilire qual è l’interesse protetto, ma anche la conseguenza della violazione di tale interesse. Il diritto processuale è un insieme di norme che disciplinano i meccanismi ( processi) diretti a garantire la norma sostanziale, e si attua in mancanza di una cooperazione spontanea da chi è tenuta.La prima caratteristica del diritto processuale civile è il suo carattere strumentale, in quanto interviene solo quando la norma sostanziale, non sia stata spontaneamente attuata. Sia il diritto sostanziale che processuale hanno una stretta interdipendenza ( cioè dipendenza reciproca), tra il diritto sostanziale e diritto processuale. Il processo è dato dalla strumentalità rispetto al diritto sostanziale che secondo un processualista Giuseppe Chiovenda “ il processo per quanto possibile deve dare al titolare del diritto tutto quello e proprio quello che egli avrebbe diritto di conseguire sulla base del diritto sostanziale.” 2.2 Interdipendenza tra diritto sostanziale e diritto processuale. Il principio dell’autotutela è sancito dagli art. 392-393 c.p. che considera reato il comportamento di Chi al fine di esercitare un preteso diritto, potendo ricorrere al giudice si fa arbitrariamente ragione da sé medesimo. La presenza di questa norma nel nostro ordinamento vieta l’autotutela privata e ciò comporta che il diritto sostanziale esiste quando vi sono delle norme di diritto processuale che possono garantire in mancanza di una cooperazione spontanea viene messa a favore del privato la forza dello Stato. E proprio per via del divieto di autotutela che il diritto sostanziale non può coesistere senza il diritto processuale.Se a livello di diritto sostanziale, non vi fosse la predisposizione di un diritto processuale che si attua nel momento della violazione del diritto sostanziale, si avrebbe un ordinamento monco incompleto, in quanto non garantirebbe l’attuazione del diritto proprio nel momento in cui esso necessita di tutela nel momento della violazione. Dal diritto processuale esiste la vera effettività del diritto sostanziale. Vedi esempi a pag. 7 2.3 ( Rapida esemplificazione). Innanzitutto la tutela del diritto di proprietà e tutte le sue possibili violazioni. Un altro esempio nel contratto di locazione dove il proprietario ha diritto al termine della locazione di ricevere la cosa locata, ma difatti, vi sono delle leggi che limitano invece questo diritto, come ad esempio per gli sfratti. Dove dopo diverse sentenze della …. Che ha vietato al legislatore di bloccare gli sfratti. Altro esempio quello del lavoratore illegittimamente licenziato e del suo diritto al reintegro. Si vedrà che il lavoratore, non sarà reintegrato ma risarcito. Ad esempio in fine dei diritti della personalità e la violazione comporta il risarcimento del danno. Ed inoltre in merito alla libertà sindacale, e soprattutto per art. 28 dello statuto dei lavoratori e della procedura d’urgenza per limitare o far cessare al datore di lavoro la condotta antisindacale. 2 2.4 Descrizione riassuntiva degli obbiettivi principali di un corso sulla giustizia civile. Gli obbiettivi del corso sono i seguenti: 1. Individuare il diritto sostanziale effettivamente esistente quello in sintesi giustiziabile, ed individuare in che modo la Costituzione è stata attuata. 2. Individuare le tecniche utilizzate per la tutela delle situazioni sostanziali. E accertarsi di come queste tecniche sono state attuate. Il processo civile è come una cartina di tornasole per vedere le scelte politiche del legislatore, sul piano della Effettività siano state attuate 3. E vedere attraverso le tecniche di tutela già esistenti, come usarle allargarle o fornire attraverso di esse la tutela alle situazioni di vantaggio. 3 La giustizia nella Costituzione e i giudici che esercitano la giurisdizione civile. 3.1 la giurisdizione Per comprendere il diritti processuale civile si deve partire innanzitutto dalla Carta Costituzione e specialmente dal Titolo IV parte II art. 101- 113 che disciplinano la magistratura, e gli articoli 134 –137 che disciplinano la Corte Costituzionale. Per quanto attiene alla Giurisdizione il fondamento poggia sui seguenti articoli tra loro combinati: 1. Art. 102.1 “ la funzione giurisdizionale è esercitata dai magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario” 2. Art. 101.1 e 2 “ la giustizie è amministrata in nome del popolo” e “ i giudici sono soggetti soltanto alla legge” 3. Art. 24 .1 “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi”. 4. Art. 113.1 “ contro gli atti della Pubblica Amministrazione è sempre ammessa la tutela dei propri interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa. 5. Art. 111.1 “ la giurisdizione si attua mediante un giusto processo regolato dalla legge” Da queste definizioni, si evince che la giurisdizione è una funzione statuale ed espressione diretta della volontà del popolo, che i magistrati devono essere terzi ed imparziali e svincolati da ogni potere piramidale, e che gli stessi giudici sono sottoposti alla sola legge, e che tutti hanno diritto alla funzione giurisdizionale per la tutela dei diritti soggettivi, e quindi anche contro gli eventuali atti della pubblica amministrazione. Inoltre il modo di attuazione è dato da un giusto processo. Accanto alla giurisdizione ordinaria vi è la giurisdizione amministrativa contabile e militare, ed in forza della disposizione transitoria VI, vi è la sopravvivenza delle giurisdizioni speciali alla data di entrata in vigore della costituzione purchè le stesse siano revisionate. Da ciò si evince che la giurisdizione ordinaria assume un carattere privilegiato, e quindi anche le modalità organizzative, di autonomia ed indipendenza dei giudici sono previste da norme costituzionale, quali la 104 – 107. E’ nel sistema costituzione, che vi è la fonte prima della legittimazione democratica dei giudici che amministrano la giustizia in nome del popolo, e che i giudici devono avere una professionalità, per la quale si attua la soggezione del giudice alla legge. Per questo art. 106 i giudici sono selezionati mediante concorso, che è garanzia di professionalità ed indirettamente di garanzia di indipendenza. Una eccezione è costituita dall’art. 102.3 dove vi è la previsione della partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia ma solo per il 3 processo penale delle Corti d’Assise, nonché la possibilità della nomina elettiva di magistrati onorari. Inoltre vi è la istituzione presso sezioni speciali di cittadini “ giudici non togati” che hanno quel sapere tecnico necessario per conoscere e risolvere controversie, che sono estranei alla magistratura art.102.2. Inoltre art. 106.3 prevedeva da parte del C.S.M. l’introduzione dei c.d. Giudici di pace. Che sono stati introdotti con legge 303/1998 in attuazione della costituzione. Vanno comunque detti le particolarità dell’ordinamento giudiziario italiano, che si distingue da paesi che hanno un’analoga struttura politico costituzionale. Sono elementi distintivi: 1. Il potere giudiziario è autonomo ed indipendente da ogni altro potere politico. 2. La garanzia è data dalla costituzione del Consiglio superiore della magistratura organo pluralistico e democratico con funzioni amministrative, e strumentali per l’esercizio della giurisdizione 104-106- 110. 3. Il principio pluralistico si attua attraverso l’adozione del giudice precostituito. 4. L’esclusione di una gerarchia piramidale, ma di tipo orizzontale, ed ogni forma di indipendenza se non solo il vincolo della sottoposizione alla legge. 5. E l’attribuzione al Ministro di Giustizia solo di promuovere l’azione disciplinare e l’organizzazione ed il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia. Mentre durante la precedente Monarchia il detentore del massimo potere della giustizia era proprio al Ministro di Giustizia. 3.2 IL consiglio Superiore della magistratura . Istituto dalla Costituzione art. 105, non è un organo giurisdizionale. E’ presieduto dal Presidente della Repubblica, ed è formato da sedici membri eletti da tutti i magistrati ordinari e da otto componenti eletti dal Parlamento in seduta Comune, scelti tra professori universitari, in materie giuridiche e da avvocati con quindici anni di esercizio della funzione. La sua funzione primaria, è l’organo garante dell’autonomia interna ( rispetto ai capi degli uffici giudiziari) ed esterna rispetto al potere esecutivo, ed è responsabile del suo assetto organizzativo. Il C.S.M. è titolare della amministrazione della giurisdizione che è stata sottratta sia all’esecutivo sia agli organi giudiziari, per eliminare qualsiasi dipendenza sia dal potere politico sia gerarchico tra i magistrati. Nel disegno costituzionale il C.S.M. è un organo di raccordo tra lo status di pubblici funzionari dei magistrati, e la caratteristica della loro funzione di sottoposizione soltanto alla legge. 3.3 la distinzione dei magistrati soltanto per le funzioni e il problema della carriera. Secondo l’art. 107.3 i magistrati si distinguono tra loro solo per la diversità di funzione. Tale articolo fu voluto dal costituente per eliminare, il sistema piramidale del modello francese che era in vigore durante la precedente costituzione. Con l’introduzione di questo articolo, ha comportato la soppressione del sistema di carriera dei magistrati che erano in base a funzioni di grado e per la quale si accedeva a concorsi gestiti dai magistrati di grado superiore, è stato invece introdotto un sistema di progressione di carriera , a ruoli aperti, che viene deliberato dal C. S. M, ma su esame dei consigli giudiziari, che sono organi istituiti presso le Corti d’appello e, costituiti da magistrati eletti da giudici del distretto. Questo sistema introdotto ha lo svantaggio di non effettuare un controllo sulla professionalità ed efficienza dei magistrati. 4 3.4 Cenni sulle norme della costituzione relative al processo. Le norme costituzionali che attengono alla giurisdizione sono: Art. 25 “ nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge”. Questo principio, si attua attraverso una relazione del C.S.M. che conferma che vi deve essere un giudice precostituito per legge. Ma il giudice è una persona, con i suoi ideali, e le suoi opinioni, e che come persona le sue opinioni devono essere rispettate. Ma per la garanzia costituzionale, anche il cittadino, deve sapere prima che la controversia sorga, oltre alla giurisdizione alla quale rivolgersi, anche quale deve essere il giudice alla quale deve essere affidata la controversia. Art. 24.1 “ tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.” In questo articolo si stabilisce il c.d. diritto di azione. La Corte Costituzionale ha affermato che il diritto di azione può subire delle limitazioni, o condizionamenti, ma che non devono precludere, il diritto di azione. Tali limiti sono inerenti la funzionalità all’esercizio della giurisdizione, e la funzionalità del processo. Tali limitazioni sono dati ad esempio dai tentativi obbligatori di conciliazione ad istituti che tendono alla economicità processuale. Una componente importante per il diritto all’azione è il diritto alla prova, in quanto i fatti proposti nell’azione devono essere provati, e le misure cautelari, che potrebbero creare danno all’attore nel caso di una durata eccessiva del processo. Art. 24.2 Cost. “La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento”. Art.111.1 La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge 2.Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata Art. 101 c.p.c Il giudice, salvo che la legge disponga altrimenti, non può statuire sopra alcuna domanda, se la parte contro la quale è proposta non è stata regolarmente citata e non è comparsa. Queste disposizioni costituzionalizzano il principio del contraddittorio, tra le parti in condizioni di parità, ed individuano il minimum di garanzie costituzionali per qualsiasi processo. La corte Costituzionale, ha sancito il principio, secondo la quale non vi può essere decadenza, se l’altra parte non ha avuto conoscenza del processo. Inoltre vi è il principio della garanzia per i non abbienti i mezzi per potersi difendere e stare in giurisdizione. Sancisce l’art. 111 il principio della motivazione della sentenza, per dare la possibilità alla parte soccombente di potere mettere in atto quei processi di impugnazione della sentenza. Ed inoltre il ricorso per cassazione per le eventuali violazioni dei giudici ordinari, mentre per le sentenze del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti, si può ricorrere in cassazione solo per motivi inerenti alla giurisdizione . 3.5 La legge sull’ordinamento giudiziario e i giudici chiamati a rendere giustizia civile. La costituzione, aveva sancito una nuova organizzazione della magistratura, ma nello stesso tempo aveva anche stabilito, che fintanto che non sarebbe stata emanata la nuova legge in conformità con la costituzione, si sarebbero osservate le norme dell’ordinamento vigente. Difatti tale legge è del 1941. successivamente tale legge preannunciata non è stata mai emenata, ma si sono succedete, diverse leggi che non hanno disciplinato in pieno, ma solo alcuni aspetti. 5 Le norme relative al principio di innammovibilità dei giudici, ai poteri di sorveglianza ed alla responsabilità disciplinare dei magistrati. La legge 195/1958 disciplina il C.S.M., questa legge è stata più volte modificata ed integrata. Sino al 2002 questa era la situazione. Con legge n.150/2005, il parlamento ha emanato una legge delega, per avviare la riforma della magistratura. La legge delega contiene: la modifica dell’accesso in magistratura. La separazione delle funzioni tra giudici ordinari e pubblici ministeri. La ridisciplina delle progressione economiche e delle carriere. La ridisciplina dei Consigli Giudiziari. Riorganizzazione del Pubblico Ministero. Modifica dell’organico della Corte di Cassazione. La revisione del sistema disciplinare. Sono stati emanati tutta una serie di decreti, ed alcuni sono stati sospesi dalla attuale legislatura. 3.6 Il giudice di pace Con legge n.30/89, è stato introdotto il Giudice di pace, e sono entrati in funzione il 1 maggio 1995. il giudice di pace, come il giudice conciliatore, è un giudice onorario, non togato e non selezionato mediante concorso pubblico. È soggetto unicamente alla legge, ed è tenuto alla osservanza dei doveri previsti per i magistrati ordinari è sottoposto alla sorveglianza del C.S.M. E’ un giudice a tempo pieno, ed è previsto un compenso sotto forma di indennità commisurato al lavoro realmente svolto. Per la nomina a giudice di pace, occorre la laurea in giurisprudenza e l’abilitazione ad avvocato. Avere da un minimo di anni 30 ad un massimo di anni 70, non esercitare lavoro dipendente ed avere la residenza in un comune della circoscrizione. Sono nominati dal C.S.M., su proposta del Consiglio giudiziario territorialmente competente. Con legge del 2000 è stata inserita la giurisdizione penale per il G. di Pace. 3.7 Il tribunale Con la soppressione delle preture il giudice unico togato di primo grado è solo il tribunale. I tribunali si articolano in una sede principale e nelle sezioni distaccate. Vi sono 166 sedi principali, e 220 sezioni distaccate. Vi sono assegnati i giudici togati professionali, che giudicano sia in materia civile che penale, in composizione monocratica, e nelle materie tassativamente indicate 50bis c.p.c e 40 ord. Giudiz. In materia civile, è giudice d’appello per il giudice di pace. 3.8 La Corte d’appello e la Corte di cassazione. Le corti d’appello sono 26 e tre sezioni distaccate, sono dislocate in ogni capoluogo di regione. Hanno composizione collegiale, competenza di giudice d’appello, alle sentenze civili di primo grado emesse dal Tribunale. La Cassazione ha sede a Roma , è una corte suprema ed ha il compito di fare osservare l’uniforme interpretazione della legge, ed il rispetto in base ai limiti delle diverse giurisdizioni. 6 4. LA STRUTTURA DEL C.P.C. DEL 1942 4.1. Premesse Il codice attuale è stato emanato il 28 febbraio 1940 ed entrato in vigore il 21 aprile 1941. importanti modifiche sono state introdotte attraverso il metodo della novellazione. Le più importanti modifiche sono: 1973, riforma delle controversie individuali del lavoro e della previdenza ed assistenza obbligatoria. 1991, introduzione del giudice di pace. 1998, istituzione del giudice unico di primo grado. 2003, riforma del processo societario. Il precedente codice di procedura civile era del 1865, ed era il codice degli stati Sardi, e prima vi era il Codè Napoleon. Il codice di procedura civile ha carattere dommatico, fu creato da professori universitari quali Piero Calamandrei, Francesco Carnelutti, Enrico Redenti ed un magistrato Leopoldo Conforti. Il carattere dommatico del c.p.c presenta vantaggi e svantaggi: vantaggi consente una rapida individuazione dei principi fondamentali, quali il principio della domanda, del contraddittorio, richiesta tra pronunciato e chiesto ecc. gli svantaggi, vincola l’interprete a caratteristiche dommatiche, che sono ormai superate. Il codice si divide in quattro libri, ognuno diviso in titoli, capi sezioni e paragrafi, e sono: Libro I disposizioni generali Libro II del processo di cognizione Libro III del processo di esecuzione Libro IV dei procedimenti speciali. 4.2. Il primo libro sulle disposizioni generali. Nel primo libro, ha carattere fortemente dommatico, sono ricompresse le disposizioni generali, che dovrebbero essere applicati in tutti i processi disciplinati nei tre libri successivi. Il titolo primo è dedicato agli organi giudiziario, e nel suo interno vi sono tre capi: il giudice, del cancelliere e dell’ufficiale giudiziario, del consulente tecnico, del custode e degli ausiliari del giudice. Il secondo ed il terzo titolo, sono dedicati al pubblico ministero , che nel processo civile assume un carattere marginale. In questi tre titoli, si individuano i soggetti di ogni processo giurisdizionale. Quali le parti ( che sono sia private ed raramente pubbliche) e il giudice. Nel titolo, quarto e quinto vi disciplina l’azione e la giurisdizione, intesi quali i poteri del giudice. L’azione non è altro se non il potere delle parti di fare valere un diritto in giudizio allo scopo di ottenere un provvedimento dal giudice, che si pronunci sulla richiesta di tutela. Il titolo sesto è dedicato agli atti processuale. Il processo è un complesso di atti ordinati nel tempo posti in essere dalle parti e dal giudice. In questo titolo il legislatore si pone il problema dei requisiti dell’atto. C.d. requisiti forma- contenuto. L’atto serve ad ogni fase del procedimento, e ne consegue, che l’atto sarà nullo se privo dei requisiti di forma – contenuto indispensabili al raggiungimento del suo scopo, ma se lo scopo sarà raggiunto o la rinuncia della controparte ad esercitare il potere funzionale, ne comporterà la convalidazione oggettiva o soggettiva dell’atto nullo. Quando un atto è nullo il legislatore si preoccupa che il giudice ne pronunci la nullità, o disponga la rinnovazione dell’atto. 7 4.3. Il secondo libro sui processi a cognizione piena Questo libro disciplina il processo di cognizione, ma sarebbe più giusto dire che disciplina i processi a cognizione piena. I processi di cognizione piena hanno carattere atipico: il loro oggetto può essere qualsiasi diritto affermato indipendentemente da qualsiasi altro requisito. Il processo a cognizione piena si articolerà in tre fasi che il legislatore potrà variamente disciplinare. La fase introduttiva e preparatoria : dove viene individuato il giudice che dovrà conoscere la controversia, le parti, ed il diritto fatto valere in giudizio, e precisare le domande le eccezioni ecc. ed i relativi controlli da parte del giudice dei requisiti minimi, per giungere ad una decisione nel merito. La fase introduttiva o preparatoria del processo delle prove: le prove si suddividono in due grosse categorie: i documenti le ispezioni e le dichiarazioni di scienza. La fase decisoria destinata a sussumere la fattispecie concreta come accertata tramite le prove. Poi vi è una ulteriore rubrica dove viene disciplinata il procedimento innanzi al giudice di pace e dinnanzi al tribunale (quest’ultimo di ben 150 articoli) mentre quello del giudice di pace, ha delle norme di rinvio. La giustificazione è data , dal fatto, che con l’introduzione della legge che inseriva il giudice di pace 353/1990, si sarebbe dovuto riscrivere tutto il libro, invece attraverso la tecnica della novellazione si è potuto inserire questa nuova disciplina del processo. Importanza ha invece, il titolo III che disciplina le impugnazioni, e sono quei controlli che le parti possono provocare sulla validità e sulla giustizia della sentenza. Attraverso le impugnazioni, si ha nel caso di sentenza sbagliata, comporta la sostituzione della sentenza. Il titolo IV disciplina uno speciale processo quello del lavoro. Le controversie in materia di locazione di immobili urbani. 4.4. l terzo libro sull’esecuzione forzata Il primo titolo è dedicato al titolo esecutivo ed al precetto. Questo viene individuato in un requisito speciale di ammissibilità, dei processi esecutivi, che a differenza del processo di cognizione per potersi mettere in moto occorra che abbia dei requisiti ben precisi. Attraverso un titolo esecutivo, si mette in moto un processo di esecuzione forzata, che però può anche essere opposto, e diventare un processo di cognizione piena.Il processo di cognizione forzata, consistono in un complesso di attività giuridiche e materiali, attraverso le quali il titolare del diritto rientra in possesso della sua utilità che altrimenti avrebbe avuto seguito attraverso l’adempimento spontaneo. Attraverso la tecnica dell’esecuzione forzata, vi è la sostituzione di un terzo, l’obbligato, attraverso ala privazione della tutela petitoria e possessoria del bene. Tali processi si distinguono a seconda del contenuto, o dell’oggetto dell’obbligazione o dell’obbligo adempiuto.Il titolo II disciplina: l’espropriazione forzata ( per quanto riguarda l’esecuzione di obblighi di pagare somme di denaro) l’esecuzione forzata degli obblighi di consegna di beni mobili o rilascio di beni immobili. L’esecuzione forzata di obblighi di fare e di non fare (rectius disfare) opere materiali. Il processo di espropriazione si articola nelle seguenti fasi: Il pignoramento :Attraverso la quale si crea un vincolo di indisponibilità giuridica e materiale sui singoli beni. L’intervento dei creditori , per attuare la c.d. par condicio creditorum. La vendita forzata o l’assegnazione, attraverso la vendita effettuato dall’ufficio giudiziario. 8 La distribuzione del ricavato. L’esecuzione forzata incontra due limiti invalicabili. Non si applicherà l’esecuzione forzata alle prestazioni infungibili. L’esecuzione mira all’adempimento spontaneo dell’obbligato, ma non ha un avetela preventiva. 4.5. Il quarto libro sui procedimenti speciali Mentre i precedenti libri, sono sistematici, in questo libro non vi è sistematicità, come per il codice civile in questo quarto libro, sono state inserite, tutti gli istituti, che non sono compresi negli altri libri. Tutti i processi disciplinati in questo libro, hanno carattere tipico. Sono disciplinati in nel primo titolo tutti i procedimenti sommari, per le seguenti motivazioni: per un problema di economicità processuale, e quindi per la tutela di quei procedimenti alla quale la cognizione piena non sia fattibile a livello anche del diritto fatto valer in giudizio. Rientrano in questa categoria il procedimento d’ingiunzione ed il procedimento di convalida dello sfratto. Per evitare che l’attore a seguito della durata lunga del processo di cognizione subisca un pregiudizio ( il casa della dispersione del patrimonio da parte del debitore).Rispondono a questa esigenza i provvedimenti cautelari che mirano a far congelare le situazioni di fatto e di diritti al momento dell’inizio del procedimento a cognizione piena, questo per evitare il danno sulla durata del processo, ed evitare lòa dispersione del patrimonio.quali: sequestro conservativo o giudiziario. Esigenza di evitare che il convenuto abusi del diritto di difesa. Nel secondo titolo sono disciplinati, i procedimenti in materia di famiglia e di stato delle persone. Quali separazione giudiziale e consensuale dei coniugi, giudizio di interdizione ed inabilitazione, e tutte le disposizioni relative all’assenza della persona, come la dichiarazione di morte presunta ecc. Il titolo terzo si occupa di copia e collazione. Il titolo quarto ai procedimenti relativi alla apertura delle successioni. Il titolo quinto al processo di liberazione degli immobili e delle ipoteche. Per quanto riguarda il titolo settimo è stato abrogato, in quanto era di applicazione del diritto internazionale. Il titolo ottavo detta le regole sull’arbitrato. 9 CAPITOLO PRIMO DIRITTO SOSTANZIALE E PROCESSO 1. Rilievi Preliminari Il diritto sostanziale prevede tutta una serie di situazioni giuridiche. Il difetto di cooperazione da parte dei consociati, e soprattutto il divieto fatto dal legislatore di farsi giustizia da se, sfocia, nella predisposizione da parte dello Stato di tutta una serie di mezzi per esercitare la tutela giurisdizionale. Tale tutela si manifesta, con procedimenti provvedimenti e misure coercitive. Nel diritto penale, dove viene fatto divieto, di farsi giustizia, ma nello stesso tempo punisce l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni, nello stesso tempo per il diritto sostanziale viene istituito la funzione di giurisdizionale, che è lo strumento principale per l’attuazione del diritto sostanziale in caso di mancata o difettosa cooperazione da parte dei consociati. Per l’attuazione lo stato mette in atto sul piano dinamico, il sorgere del processo: Il processo rectius sono tutti i procedimenti nella quale si articola la tutela giurisdizionale. L’azione viene esercitata attraverso l’attività delle parti. E la giurisdizione è l’attività svolta dal giudice. Tutto ciò mira a fare ottenere ai titolari delle situazioni di vantaggio i risultati che avrebbe ottenuto attraverso la cooperazione spontanea dei consociati. Tale diritto è sancito costituzionalmente dall’art. 24.comma 1, e tale affermazione si ribadisce nella affermazione di Giuseppe Chiovenda, “per la quale il processo deve dare per quanto è possibile praticamente a chi ha un diritto tutto quello e proprio quello c’egli ha il diritto di conseguire”. Per questo il processo ha carattere strumentale rispetto al diritto sostanziale, ma vi sono delle situazioni che non sono di carattere sostanziale, ma lo stesso processo a carattere strumentale rispetto al potere dell’autorità giudiziaria, di costruire modificare ed estinguere un rapporto giuridico patrimoniale. E sono le c.d. sentenze, costitutive attraverso il processo di determinare utilità di diritto sostanziale. Va ora individuato le diverse situazioni di mancata cooperazione , ed il divieto costituzionale di farsi ragione da se, la giustificazione del processo. 2. Crisi di cooperazione consistente nella violazione di un obbligo di astensione che grava su tutti i consociati al fine di consentire ad un soggetto ( o ad una collettività) il godimento di una res ( sulla base di un diritto reale o personale di godimento). La crisi di cooperazione può riguardare: l’obbligo di astensione di tutti i consociati ( o appartenenti ad uno stato o cittadini) di impedire ad un soggetto, il godimento di una res o cosa ( sulla base di un diritto reale o personale di godimento. La violazione di tale obbligo può concretizzarsi: o nella privazione del titolare del suo diritto sulla cosa o del possesso o della detenzione. o Nella costruzione di opere materiali che limitano il godimento della cosa. o Il compimento di atti materiali, ad efficacia istantanea, anche se ripetuti nel tempo, esempio il passaggio su di un fondo. In tutte e tre le ipotesi vi è una mancata cooperazione, la parte che ha subito tale mancata cooperazione comporta la richiesta della parte dell’intervento del giudice, che deve pronunciarsi nel merito, sarà un processo a cognizione piena. 10 3. Segue in particolare della violazione concretatasi nella privazione del titolare della situazione di vantaggio del possesso o della detenzione della res. Esame della prima ipotesi: nella privazione del titolare del suo diritto sulla cosa o del possesso o della detenzione. La condanna del giudice avrà come contenuto l’eliminazione degli effetti della violazione, e quindi l’obbligo alla restituzione della cosa. Se l’obbligato non ottempererà, il titolare del diritto potrà mettere in moto un processo di esecuzione forzata. Ma in questo modo, con la sentenza, non si avrà la definizione del possesso che fino alla sentenza sarà stato nelle mani dello spossessatore. E quindi il processo non avrà dato “tutto quello e proprio quello”. Questo rilievo pone il suo angolo visuale, sullo scarto tra il diritto sostanziale e quello processuale, e quindi per il periodo in quanto con la tutela non si ottiene una cessazione immediata della violazione il nostro ordinamento predispone il risarcimento del danno. Per limitare lo scarto tra il diritto sostanziale e processuale si possono adottare due strade: l’adozione di un processo di esecuzione sommaria. Mettere in moto la giurisdizione prima che avvenga lo spoglio, attraverso l’inasprimento delle sanzioni per l’inadempimento, costringendo così l’obbligato, ad evitare di tenere tale condotta. 4. Segue: in particolare della violazione concretatasi nella costruzione di opere materiali che limitano il godimento della res. Seconda ipotesi: Nella costruzione di opere materiali che limitano il godimento della cosa. In questo caso vi sarà una sentenza, di condanna, che ordini l’eliminazione delle opere materiali, si dovrà passare poi ad un procedimento di esecuzione forzata per l’eliminazione delle opere che impediscono il godimento del bene. 5. Segue: in particolare della violazione concretatasi nel compimento di atti materiali ad efficacia istantanea, ma suscettibili di essere ripetuti nel tempo. Terza ipotesi : Il compimento di atti materiali, ad efficacia istantanea, anche se ripetuti nel tempo, esempio il passaggio su di un fondo. In questa ipotesi, è un atto ad efficacia istantanea, ma nello stesso tempo suscettibile di essere ripetuto nel tempo. Con la richiesta di tutela, non è come l’esempio sopra, di restituzione della cosa, ma la richiesta di cessazione della molestia e per questo può essere richiesto il risarcimento del danno, proprio perché è un atto ad efficacia istantanea e non permanente. Quindi la sentenza sarà di risarcimento del danno, e solo se l’obbligato in questo caso da sentenza non adempirà, si avrà così, una procedura di esecuzione forzata, mediante espropriazione forzata. Ma si pone un altro quesito, se chi a perpretato la molestia, anche se con la prima sentenza, vi è il risarcimento del danno, ma è un atto ad efficacia istantanea, l’attore deve comunque chiedere che tale molestia non si ripeti, e quindi fa richiesta di una sentenza di tutela preventiva che impedisca il ri presentarsi di tale violazione. Tale tipo di tutela si ottiene nel contenuto della sentenza una condanna con l’ordine di astenersi per il futuro dal tenere ( obbligo di non fare) quel comportamento, è il classico caso di condanna in futuro. 11 6. Considerazioni riassuntive sui rapporti tra diritto sostanziale e processo tratte dall’analisi svolta nei paragrafi precedenti. Dagli esempio su esaminati si evincono tali considerazioni: 1. Il processo a cognizione piena abbinato ad una procedura di esecuzione forzata è in grado di fornire una tutela repressiva della violazione che è stata già effettuata. 2. Che questo tipo di tutela forma uno scarto tra l’utilità del diritto sostanziale con l’utilità conseguita dal diritto processuale. 3. Questo scarto si può ridurre ricorrendo ai procedimenti somari e non al processo di cognizione. 4. Che lo scarto deve comunque anche essere rivolto alla soluzione che prevedano la stessa violazione. 5. Che la condanna ad astenersi dalla condotta ( obbligo di non fare) deve comunque essere attuata attraverso le misure coercitive e non certo attraverso l’esecuzione forzata. 6. Che l’esecuzione forzata non si può applicare ad un obbligo di non fare. 7. Crisi di cooperazione consistente nella violazione di un obbligo originario di consegnare o rilasciare una res oggetto di un diritto reale o personale di godimento. Vi è il caso di un obbligo originario, es obbligo del venditore di consegnare la cosa, oppure al locatore di restituire il bene locato. Se si ricorresse al processo a cognizione piena e dopo la sentenza alla esecuzione forzata vi sarebbero dei tempi notevolmente lunghi e il processo invece di essere a tutela dell’azione, ne comporterebbe un pregiudizio. Per questo sono state introdotte due tecniche per ovviare a questo inconveniente: A. Si ricorre ad un provvedimento ( e non la sentenza del processo a cognizione piena) che viene emanato al seguito di un procedimento sommario nella quale si ingiunge alla restituzione della cosa, oppure ad una convalida di sfratto e quindi avviare la procedura di esecuzione. B. Se invece per ipotesi la cosa locata la condizione o il termine non è ancora scaduta o non si è avverata. Si può chiedere un provvedimento sommario e quindi una condanna in futuro, per premunirsi di un titolo che alla scadenza del termine si potrà avviare la procedura esecutiva. Va inoltre ricordata la eventualità che anche premuniti di una condanna in futuro, il bene che deve essere restituito allo spirare del termine possa perire o essere distrutto o ancora essere disperso dal detentore, in questo caso si applica il sequestro giudiziario. 8. Crisi di cooperazione consistente nella violazione di obblighi di fare materiali fungibili correlati a diritti reali o personali di godimento. Cenni sugli obblighi di fare infungibili. Vi sono inoltre obblighi originari consistenti nel facere correlati a diritti reali o personali di godimento, es. l’obbligo del locatore di tenere in buono stato la cosa locata, oppure l’obbligo del fondo servente. Il carattere fungibile di tale obbligo li rende assoggettabili alla esecuzione forzata. Quindi la sentenza sarà di obblighi di fare, in quanto non si è fatto quello assunto per obbligo. Questo tipo di obbligo non può essere soggetta a condanna in futuro. 12 9. Crisi di cooperazione determinata dalla violazione di obblighi consistenti nell’emanazione di una dichiarazione di volontà. ( c.d. facere giuridici). Si passa ad esaminare il caso di una dichiarazione di volontà sorta da un contratto, oppure da obblighi derivati dalla legge, ( stipula del contratto a seguito del preliminare). Si tratta di un obbligo di facere, ma dovuto non alla consegna di opere materiali o dall’eseguire un dato comportamento, ma bensì di concludere un atto. In questi casi se si ricorresse al processo a cognizione piena e successivamente alla esecuzione forzata vi sarebbe uno scarto troppo grande, tra utilità del processo e diritto sostanziale. In definitiva il tipo di tecnica da applicare sarebbe: ricorrere alle misure coercitive; la sentenza del giudice, che accerta l’obbligo consente anche la modificazione giuridica che sarebbe dovuta derivare dall’adempimento spontaneo e quindi la stipula definitiva del contratto. In questo caso il processo di cognizione assume due ruoli ben definiti: una tutela cognitiva di accertamento del diritto e una tutela esecutiva la conclusione del contratto. 10. Crisi di cooperazione consistente nella violazione di obblighi di non fare diretti ad assicurare il godimento di una “ situazione di libertà”. Si prendono ora ad esame, i casi in cui vi sono la tutela di situazioni di vantaggio dovute a violazione di situazioni di libertà, ed il loro contenuto non patrimoniale. Il processo a cognizione piena non potrà mai garantire quelle caratteristiche che il processo e la tutela richiedono. Per questo vi deve essere un tipo di processo particolare. E si prendono in esame due casi:ù Se vi è stata violazione di tale diritto, si attua delle procedure sommarie, che permettano immediatamente anche la tutela esecutiva con l’ordine di cessare la violazione. Assumere queste forme di tutela anche nel caso in cui la violazione non sia stata ancora consumata, ma che sia solo minacciata. 11. Crisi di cooperazione consistente nella violazione di obblighi di fare diretti ad assicurare il godimento di una “ libertà sostanziale”. Rientrano in questa categoria di libertà sostanziale tutte quelle tutele previste dalla nostra Costituzione, es. l’obbligo del datore di lavoro al reintegro nel posto di lavoro. Anche in questo caso non ci si può rivolgere alla tutela del processo a cognizione piena, ma a procedimenti sommarie ella tutela esecutiva. 12. Crisi di cooperazione consistente nella violazione di obblighi ( originari o derivati) di pagare somme di denaro. In merito alla tutela delle somme di denaro il legislatore mette in atto tutta una serie di tutele a vantaggio del creditore. Quale ad esempio l’espropriazione forzata, ma vi sono diverse forme di tutela: A. Una sentenza di condanna in seguito ad un processo a cognizione piena. B. Un provvedimento sommario, quando il credito non ha una funzione patrimoniale, ad esempio il credito alimentare del coniuge, a dell’alimentato che ha diritto ad una vita dignitosa. In questo caso il ricorso ad un processo a cognizione piena, porterebbe ad un pregiudizio per il creditore. C. Il ricorsa o procedimenti sommari anche per quei crediti dove l’abuso del diritto di difesa comporterebbe un pregiudizio al ricorso alla tutela sommaria. D. Il legislatore predispone anche delle fortme giurisdizionali nel caso anche senza una sentenza si mette in atto una esecuzione forzata anche con un provvedimento esecutivo di carattere stragiudiziale. 13 Inoltre a difesa del credito contro il pericolo che il patrimonio si disperda ad opera del debitore c.d. fumus boni iuris, vengono attuate degli strumenti atti a neutralizzare tale opera. 13. Crisi di cooperazione consistente nella mera contestazione del diritto. Nei casi precedenti si è preso in esame i casi in cui vi sia una violazione di un obbligo, ma vi possono essere casi in cui si può chiedere una tutela preventiva, e cioè prima che la violazione sia consumata. È il caso di chi si vanta di un nome altrui o si vanta di un diritto tipo di passaggio, senza esercitarlo a danno del vero proprietario. In questo caso non vi è una crisi di cooperazione, ma vi è la necessità di ripristinare il proprio diritto, quindi ci si rivolge alla giurisdizione per la tutela del mero accertamento del diritto, in questo caso si elimina l’incertezza causata dalla contestazione o dal vanto. 14. Cenni sulle azioni costitutive c.d. necessarie: la necessità di servirsi del processo non deriva da “alcuna crisi di cooperazione”. Negli esempi sinora fatti il processo assume funzione strumentale rispetto al diritto sostanziale, in quanto mira a garantire l’utilità del diritto sostanziale al titolare del diritto. Sinora comunque vi era una mancata crisi di cooperazione ma vi sono dei casi ad esempio il divorzio, o il riconoscimento di maternità o paternità, che non sono scatenate da una crisi di cooperazione, ma dal semplice fatto che l’utilità si può conseguire solo con un provvedimento giurisdizionale e quindi l’utilizzo del processo è indispensabile. Queste azioni prendono il nome di azioni costitutive necessarie, e che portano alle sentenze costitutive. 15. Giurisdizione non contenziosa. Oltre alla giurisdizione ordinaria, vi è una giurisdizione non contenziosa o volontaria. Alcuni esempi: la nomina o la rimozione dei rappresentanti legali dei minori o degli incapaci, che può essere rimessa liberamente dal legislatore alla potestà amministrativa. La valutazione di porre in essere atti di straordinaria amministrazione a tutela dei minori. E tanti altri esempi ancora. In questo caso il giudice non interviene per risolvere una controversia ma solo a garantire la tutela giurisdizionale dei diritti. 16. Brevi conclusioni e cenni sulla teoria dell’azione. 14 CAPITOLO SECONDO IL DIRITTO FATTO VALERE IN GIUDIZIO: L’OGGETTO DEL PROCESSO E DEL GIUDICATO NEI PROCESSI A COGNIZIONE PIENA. 1. Gli atti introduttivi dei processi a cognizione piena: atto di citazione e ricorso Per aversi processo a cognizione piena occorre che vi sia stata una domanda art. 99 c.p.c. (il principio della domanda). Attraverso la domanda si esercita il diritto di azione, è può essere o un processo di cognizione che può anche essere inserito in un processo iniziato da altri, è può essere: Rito ordinario: i primi tre titoli del libro II Rito speciale del lavoro IV titolo del libro II. L’azione può essere: Atto di citazione dove la domanda viene portata prima a conoscenza della controparte e poi del giudice: in questa citazione la data viene fissata nell’atto di citazione. 163.7 + 168 bis. L’atto di citazione, o vocativo in ius, prima viene notificato al convenuto e poi viene incardinata nel sistema. Ricorso la domanda dove si porta a conoscenza prima al giudice e poi alla controparte. In questo tipo di ricorso è il giudice a fissare la data della prima udienza. 415 Sia la citazione che la domanda hanno degli elementi comuni, e servono alla individuazione della domanda che sarebbe il diritto che si vuole far valere in giudizio. Tali elementi essenziali si trovano nell’art. 125, per la quale i punti 2.3. e 4 sono coincidenti per requisisti all’art. 163.3 e per i processi inerenti al diritto di lavoro l’art. 414 che riprende gli stessi requisisti. Il ricorso alla domanda prima si incardina e poi si comunica al convenuto, in questo caso la vocativo in ius coinvolge anche il giudice. 2. Parti, “ petitum” e “ causa petendi”. La citazione e la domanda, è formato da tre elementi ben distinti: le parti, il petitum e la causa petendi. Le parti: le parti vengono individuate all’art. 163. stabilisce il contenuto della citazione, mentre nel comma 2 e stabilito cosa deve contenere, nel 414.4 ( processo speciale del lavoro). Inoltre nel comma 163.4 è richiesta l’allegazione dei fatti costitutivi, oltre agli elementi di diritto, che è il potere ufficioso del giudice, che individua le norme di diritto sostanziale. Iura novit curia La domanda di citazione individua. l’attore: è colui che propone domanda il convenuto: è colui contro la quale è proposta la domanda. I rappresentati, che possono essere o legali o volontari. o Legali 75, per coloro i quali non sono in grado di stare in giudizio senza un rappresentante, quali l’incapace ed attraverso le leggi che le disciplinano. Le persone giuridiche che devono avere il proprio rappresentante, come le associazioni, comitati. o Volontari o rappresentanza processuale volontaria 77, quale il procuratore generale, con le caratteristiche ed i requisisti previsti. 15 Il petitum, ( oggetto sostanziale) è la determinazione della cosa oggetto della domanda, è in sintesi il diritto sostanziale fatto valere in giudizio 163.(3) e 414 (3). Secondo dottrina dovrebbe essere un oggetto immediato, che individua il provvedimento del giudice, richiesto dall’attore. Oggetto mediato si individua nell’oggetto del diritto fatto valere dal diritto sostanziale, in sintesi il diritto sostanziale3 fatto valere in giudizio.. Ma è preferibile alle disquisizioni dottrinali distinguere un oggetto sostanziale è il diritto fatto valere in giudizio. Oggetto processuale della domanda è il provvedimento richiesto al giudice. La causa petendi ( l’oggetto processuale, o il provvedimento che si chiede al giudice.) o le ragioni della domanda, ovvero l’esposizione dei fatti e degli elementi costituenti le ragioni della domanda art. 163.4 e 414.4, che si rappresenta nel fatto costitutivo ed i fatti costitutivi del diritto fatto valere in giudizio. La causa petendi non è altro che la fattispecie. Es. il credito che nasce da un contratto, non sarà altro che il petitum, la causa petendi, sarà invece il fatto costitutivo del credito, che in questo esempio si fa risalire alla fattispecie del 1173 c.c. Fonti delle obbligazioni. 3. Le difese del convenuto: mere difese, eccezioni e domanda riconvenzionale. L’attore pone in atto la citazione o il ricorso. La controparte il convenuto deve art. 167 e 416, come primo atto difensivo esporre le memorie difensive. Sia l’azione dell’attore che la difesa del convenuto sono protetti Costituzionalmente dall’art. 24,1.2. Il convenuto nelle memorie difensive potrà avere diversi atteggiamenti: le difese in rito, e le difese in merito, quali: 1. la mera difesa: a. prima ipotesi: il convenuto si limita a contestare i fatti costitutivi, posti in essere dall’attore, senza aggiungere alcun fatto ulteriore a quelli esposti dall’attore.Questo tipo di atteggiamento lasciato inalterato il fatto valere in giudizio e non allarga neanche eventuali fatti che avrebbero allargato il settore dei fatti valere in giudizio. A questo punto i fatti esposti dall’attore devono essere provati, per fare valere la propria domanda. b. Seconda ipotesi: che il convenuto, non contesta i fatti ma la fattispecie e quindi la Causa pretendi solo “ in diritto” es. ( il credito vantato dall’attore, non derivava da un contratto ma da un fatto illecito.) 2. Le eccezioni di merito. Questo secondo atteggiamento può concorrere con il primo della mera difesa. Le eccezioni di merito sono fatti impeditivi, modificativi estintivi del ( anche diritti incompatibili) diritto fatto valere in giudizio dall’attore. Questo tipo di atteggiamento lascia invariato il diritto fatto valere in giudizio, ma allarga i fatti giuridicamente rilevanti che serviranno al giudice per pronunciare la sentenza, e quindi dell’esistenza o meno del diritto fatto valere in giudizio. Sino al 1973, le eccezioni erano solo processuali, ma non venivano utilizzate, successivamente hanno assunto una importanza rilevante. Le eccezioni di merito così come stabilito dall’art. 112 possono essere o rilevabili d’ufficio o rilevabili su sola istanza di parte; 16 a. sono eccezioni rilevabili su sola istanza di parte: le eccezioni di: i. prescrizione 2938 ( per non avere fatto valere il diritto nei termini stabiliti questo si prescrive.) ii. di compensazione 1242 ( compensare ad esempio il debito con il credito) iii. di annullamento 1442 ( vizio del consenso incapacità, errore dolo violenza) iv. di rescissione 1449 ( del contratto che è di un anno dalla stipula) v. di inadempimento 1460 ( quando una parte può eccepire che non ha adempiuto in quanto l’altra parte a sua volta non ha adempiuto). b. Sono invece eccezioni rilevabili d’ufficio: e quindi dal giudice l’eccezione di adempimento 1176 o la novazione 1230 ( sostituire l’obbligazione con una nuova obbligazione) di nullità 1421 che può essere rilevata da altri ed anche dal giudice. L’eccezione ha funzione difensiva, e serve a fare rigettare al giudice la domanda dell’attore. Il giudice non ha l’obbligo di pronunciarsi, ed il convenuto non ha il diritto ad una pronuncia del giudice. Il giudice deve pronunciarsi circa l’eccezione sollevata dal convenuto, nel momento in cui l’accoglie. può accogliere una o più eccezioni sollevate dal convenuto. Es. se l’attore presenta domanda di adempimento del contratto e il convenuto eccepisce o che il contratto non è mai stato stipulato, oppure che il contratto è nullo, il giudice potrà rigettare la domanda dell’attore, qualora lo stesso o non da prova dell’esistenza del contratto oppure se rileva che il contratto è nullo. Se le eccezioni di merito non vengono proposte, per causa non imputabile, si può ricorrere alla rimessione in termini. Ma se le eccezioni di merito non vengono proposte per negligenza dell’avvocato si decade dal termine e non si può più riproporre l’eccezione. La prescrizione e l’adempimento sono dei meri fatti costitutivi, mentre invece la compensazione, la rimessione la novazione sono dei fatti giuridici. Es. se la compensazione 34 c.pc o su domanda riconvenzionale, oppure su di una questione pregiudiziale, di un fatto - diritto possono essere oggetto di una apposita domanda. 3. La domanda riconvenzionale, ( allarga l’oggetto del processo e del giudicato), è un altro atteggiamento che il convenuto può tenere. La domanda riconvenzionale è una domanda a tutti gli effetti, e sulla quale il giudice deve pronunciarsi. Il giudice è tenuto a pronunciarsi sulla domanda riconvenzionale, anche nel caso di rigetto della domanda iniziale posta dall’attore. La particolarità della domanda riconvenzionale è che viene proposta nel corso di un processo già instaurato, e che l’attore, e il convenuto del precedente processo. Le domande riconvenzionale possono essere incompatibili quando: a. la domanda di accertamento del diritto di proprietà, a fronte di una domanda iniziale di rivendica, o di riconsegna di un bene locato o dato in comodato. b. La domanda di risoluzione per inadempimento, di nullità, di annullamento a fronte della domanda originaria di esecuzione del contratto. Le domande riconvenzionali proposte dal convenuto possono essere sia difensive, o non aventi funzioni difensive e l’eventuale cumulo si vedrà in seguito. 4. Chiamare in causa terzi : questo è il quarto atteggiamento difensivo. Il convenuto ha la possibilità di chiamare in causa terzi, e risponde ad esigenze lato sensu difensive del convenuto. n.b. la sentenza copre il dedotto ed il deducibile perché le eccezioni rappresentano fatti modificativi estintivi o impeditivi del diritto fatto valere in giudizio, e se non vengono fatte rilevare nel processo, non possono essere dedotti in un altro processo sempre sulla stressa questione. 17 4. Punti e questioni pregiudiziali: i c.d. fatti-diritti. E’ un fatto costitutivo, la domanda rivolta dall’attore ed i relativi fatti, normalmente sono il diritto fatto valere in giudizio dall’attore, che viene azionato con la domanda nell’atto introduttivo del giudizio. Sono elementi impeditivi modificati ed estintivi, le domande riconvenzionali, del convenuto, come le eccezioni di parte o rilevabili d’ufficio, oppure chiamando in causa terzi. Sia l’attore che il convenuto sono soggetti all’art. 2697 l’onere della prova, che sia i fatti costitutivi ( attore) che impeditivi modificati, ed estintivi ( convenuto). I fatti costitutivi, non potranno mai mancare, mentre i fatti impeditivi modificativi ed estintivi, vi possono essere oppure no . Ma indipendentemente da ciò, il giudice deve comunque pronunciarsi sulla esistenza o meno del diritto fatto valere in giudizio. (fenomeno della semplificazione della fattispecie). Sono fatti pregiudiziali, che il giudice deve prendere necessariamente in considerazione gli elementi impeditivi, modificativi ed estintivi per pronunciarsi sulla esistenza del diritto fatto valere dall’attore. I fatti anche se controversi hanno bisogno di prova, e danno sul piano logico questioni pregiudiziali. Gli elementi di diritto al punto 163.3 non saranno indispensabili e vincolanti per il giudice secondo il principio iura novit curia. Sia gli elementi costitutivi, modificativi, impeditivi ed estintivi, rilevanti al fine del diritto fatto valere in giudizio possono essere: o meri fatti oppure fatti-diritti Sono meri fatti sono quei fatti che rilevano unicamente fatti costitutivi, modificativi ecc.. e sono ad es. la colpa nella responsabilità extra contrattuale, prescrizione adempimento. Sono fatti – diritti, quei fatti che oltre ad essere costitutivi impeditivi ecc. sono a loro volta l’effetto di una autonoma fattispecie, che potrebbero a loro volta costituire oggetto di una autonoma domanda.* ( domanda riconvenzionale) es. la qualità di proprietario del convenuto per il risarcimento del danno, oppure la qualità di erede dell’attore ecc. Quando sorge una questione pregiudiziale su di un fatto diritto, il giudice dovrà solo pronunciarsi sul diritto fatto valere in giudizio e non sulla fatto diritto contestato. Es. ………del fatto diritto contestato il giudice lo conoscerà solo incidenter tantum e quindi dovrà considerare solo la domanda iniziale, a meno che una delle parti proponga domanda di accertamento con autorità di cosa giudicata anche del fatto diritto, e che sia la legge ad imporre l’accertamento del fatto pregiudiziale sia coperta da autorità di cosa passata in giudicato art. 34 c.p.c. 18 5. Riepilogo dello schema elementare proposto. Notevole importanza ha la definizione del petitum ( oggetto della domanda) che si individua al punto 3. del 163-414; notevole importanza ha inoltre l’art. 2909, che stabilisce che sul petitum o comunque l’oggetto della cosa giudicata deve essere solo quella accertata nel petitum, mentre per fatti costitutivi, impeditivi o modificativi, ( incidenter tantum) il giudice non potrà mai esprimersi, fatta eccezione che in presenza di fatti-diritti non vi sia una esplicita domanda di parte o per legge, debbano essere accertati con autorità di cosa giudicata * ( in che modo per legge). Riassumendo: la domanda giudiziale verte sul diritto sostanziale fatto valere in giudizio ( petitum), ed il giudice è chiamato ad esprimersi con autorità di cosa giudicata 2909. L’allegazione dei fatti costitutivi, impeditivi, modificativi estintivi, sono rilevanti solo ai fini dell’accoglimento o rigetto della domanda, ma non allarga l’oggetto del giudizio e del giudicato. La cosa giudicata 2909 si forma sull’accertamento del diritto fatto valere in giudizio ( causa petenti).* I fatti giuridicamente rilevanti possono essere o meri fatti o fatti- diritti, non potranno essere dedotti in un nuovo processo al fine di rimettere in discussione il risultato del primo processo. E si esprime secondo la formula che il giudicato copre il dedotto e deducibile. 6. I diritti oggetti del processo e del giudicato. L’ oggetto del processo, viene determinato dal diritto fatto valere in giudizio e dall’azione. Il diritto fatto valere in giudizio è dato da una serie di combinazioni di norme, quali 24 Cost. 99- 81 c.p.c. 2907 e 2697 c.c.. oggetto del processo è il diritto fatto valere in giudizio tramite la domanda dell’attore. Tale diritto si determina sulla base dei tre classici elementi, personae, petitum e causa pretendi. L’oggetto del giudizio si determina tramite gli elementi 3.4 del art. 163 o 414 ( processo del lavoro) dove viene indicato la cosa oggetto della domanda ( petitum) e dei fatti costitutivi ( causa petendi). L’oggetto del processo e del giudicato, è determinato sulla base del diritto fatto valere in giudizio, e quindi della domanda dell’attore, poi vi sono i fatti costitutivi, modificativi o estintivi ( c.d. meri fatti o fatti diritti) che sono conosciuti incidenter tantum, senza autorità di cosa giudicata. Invece il Giudicato sostanziale è il provvedimento sul diritto fatto valere in giudizio. 19 7. L’essenza del giudicato sostanziale. Il principio secondo cui il giudicato copre il dedotto e deducibile e quello secondo cui il giudicato prevale rispetto allo ius superveniens retroattivo. Il giudicato sostanziale, può essere giudicato formale, il giudicato sostanziale, la cosa formale, la cosa sostanziale. Il giudicato sostanziale è l’immutabilità in ordine all’accertamento del diritto fatto valere in giudizio. Nel caso vi fosse un secondo processo, sullo stesso oggetto questo non potrebbe essere ammissibile in quanto vi è già una sentenza. Quindi il giudicato sostanziale ha efficacia diretta. L’essenza del giudicato sostanziale si individua nell’art. 2909. “Cosa giudicata. L’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato [c.p.c. 324] fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa [1306].” Innanzi tutto la sentenza, per fare stato, deve essere passata in giudicato ( cioè non essere stata impugnata). Se non viene impugnata, la sentenza passa in giudicato, e quindi ha effetto, ( valore) per il diritto accertato. La formazione dell’essenza del giudicato sostanziale, ha una duplice funzione, la prima è che il giudicato, non più soggetta ad impugnazione, fa stato a ogni effetto tra le parti, e quindi agisce sia per la conclusione del processo, e opera per l’attuazione del diritto fatto valere in giudizio. Fa stato a ogni effetto tra le parti, è il diritto fatto valere in giudizio, tramite la domanda dell’attore. Vi è inoltre un giudicato riflesso, e si ha quando si porta in giudizio, la prima sentenza, in quanto vi è un diritto dipendente. Es. alla sentenza che accerta la qualità di proprietario, mentre nel secondo processo si agisce per il risarcimento del danno, in quanto Tizio ha scaricato dei detriti sul fondo. In questo caso la prima sentenza si riflette sulla seconda, per un diritto dipendente. Storicamente vi sono due principi in base alla quale si sviluppa il fare stato a ogni effetto: il giudicato copre il dedotto ed il deducibile, si intende che una volta svolto il processo, accertato il diritto, ed i fatti costitutivi modificativi o estintivi, la sentenza copre sia quello dedotto, ( o meglio accertato) e sia il deducibile( quello che eventualmente si è desunto sui fatti, e quello che avrebbe potuto essere desunto). Secondo Andrioli l’accertamento del contenuto della sentenza, tronca il nesso, a la norma generale ed astratta, e crea una lex specialis che è la sentenza. Il giudicato prevale rispetto allo ius superveniens retroattivo ( dichiarato incostituzionale) esempio classico è la dichiarazione della norma generale ed astratta dalla quale si è partiti, come diritto fatto valere in giudizio, e la dichiarazione della incostituzionalità di tale norma, non può agire retroattivamente, annullando la sentenza. La retroattività vale solo per la legge penale, ma non vale per la p.c. Va inoltre affermato, che la sentenza, non contestata attraverso l’impugnazione, è efficace, ed agisce sia per le parti coinvolte nel giudizio, e i loro eredi e aventi causa. Es ( diritto di proprietà). 20 8. La diversa rilevanza del fatto costitutivo nei diritti eterodeterminati e autodeterminati I fatti costitutivi o meglio la causa petendi , hanno una rilevanza diversa a seconda: A. che siano importanti per i fatti costitutivi. B. Che non siano importanti per i fatti costitutivi. vanno individuati a seconda della specie del diritto fatto valere in giudizio, e possono essere eterodeterminati ed autodeterminati. eterodeterminati sono quei diritti che possono sussistere simultaneamente più volte con lo stesso contenuto fra gli stessi soggetti. Rientrano i diritti di credito, a prestazioni di somme di denaro, o di altri beni fungibili, ed oltre al loro contenuto es. 20.000,00 euro, devono anche indicare il fatto costitutivo, es. credito vantato per vendita di merci, somma di denaro dovuta in seguito ad una prestazione professionale, oppure somma di denaro dovuta a seguito di beni fungibili. Il mutamento del fatto costitutivo, comporta il mutamento del diritto fatto valere e quindi anche il mutamento della domanda. Questo tipo di diritti può essere fatto valere più volte, con domande diverse. Sono limiti oggettivi del giudicato, in quanto il fatto costitutivo e diverso. Autodeterminati, sono invece i diritti che non possono sussistere più volte con lo stesso contenuto fra gli stessi soggetti e sono: il diritto di proprietà, i diritti reali di godimento, i diritti della personalità ed i diritti assoluti in genere. In questo caso il fatto costitutivo non è importante, in quanto chi agisce nella domanda ad una azione ad es. a tutela della sua proprietà non può cambiare in quanto o si ha il titolo di proprietario oppure no. Ma può fare valere nella domanda giudiziale, in un secondo processo un diritto dello stesso contenuto, ma di un fatto costitutivo diverso. Es. ho agito la prima volta per l’usucapione del bene, la seconda per l’accensione. Questi diritti, sono stati ben individuati dalla giurisprudenza, rimane invece un cono d’ombra rispetto alle situazioni a confine dei due tipi di diritto, ad esempio, il concorso tra una azione di tipo personale, ad una azione alla consegna di un determinato bene. Va precisato inoltre che in merito alla domanda, del diritto fatto valere in giudizio, prescindano dai fatti costitutivi, nella domanda che si possono presentare, anche in una fase successiva quale la prima udienza, per questi tipi di diritti comporta la non allegazione dei fatti il rigetto per entrambi i tipi di diritto. Per quanto riguarda i diritti eteroderminati, la non presentazione alla domanda dei fatti costitutivi, comporta il rigetto in rito della domanda Per i diritti autodeterminati, rigetto nel merito , in quanto non sono stati presentati i fatti costitutivi della domanda e del diritto fatto valere in giudizio. ( ex art. 2697 onere della prova). 21 9. L’accertamento incidenter tantum dei diritti o rapporti pregiudiziali. Il fatto - diritto, sono fatti modificativi, costitutivi impeditivi, o meglio dei fatti o diritti che rispetto al fatto principale ha carattere pregiudiziale o condizionante. È la c.d. pregiudizialitàdipendenza tra i rapporti, in relazione al diritto soggettivo del giudicato ed ai limiti oggettivi del giudicato.Sono esempio art. 2054, sul risarcimento del danno, causato da chi è alla guida, di un mezzo oppure art. 2043, il risarcimento al danno per qualsiasi fatto doloso o colposo. Si evince che il fatto costitutivo della domanda, è la richiesta di risarcimento del danno, il fatto costitutivo modificativo estintivo, è la causa e quindi il dolo o la colpa e quindi ( fatto-diritto). Ci si pone il quesito se l’accertamento attraverso la sentenza, si forma solo sul fatto principale, oppure anche sul fatto secondario. Questo problema si risolve attraverso l’art. 34, basandosi su due principi: 2. che sulla questione, sia nata una questione pregiudiziale. 3. Che la decisione di cosa giudicata sia sorta, da una domanda tra le parti. Quale eccezione ad esempio di compensazione art. 35. Ovviamente art. 34 esclude che vi sia una formazione del giudicato, quando non vi sia una espressa domanda delle parti. Ed è escluso che il dedotto copra il deducibile, quando della questione pregiudiziale, non sia sorta nel dibattimento, e quindi il dedotto non copre il deducibile in quanto il giudice non ne ha avuto conoscenza. 10. Rapporti giuridici complessi dedotti in giudizio in via frazionata ed estensione o no del giudicato all’intero rapporto. Nel precedente paragrafo, si è preso in esame la pregiudizialità del rapporto: La pregiudizialità in senso tecnico, quando si è alla presenza di due diversi diritti, connessi per pregiudizialità. La pregiudizialità logica, dato tra il nesso di un rapporto, e la sua relazione come parte del tutto.Ne è esempio tra la domanda relativa agli interessi e la sua relazione con il capitale. Oppure la richiesta del canone di locazione ed il contratto di locazione. Nei due esempi il diritto fatto valere in giudizio o petitum si fonda su di un diritto più ampio. Es. nella richiesta degli interessi, il diritto più ampio è dato dal capitale.Nella richiesta del canone il diritto più ampio è il contratto di locazione. La domanda che ci si pone, è se il giudicato si forma sulla singola domanda o sulla pretesa obbligo?L’oggetto del processo si forma: 1) sulla domanda dell’attore, alla quale si pone la singola pretesa obbligo. Risposta a questa domanda è data dall’art. 34 ( la pregiudizialità della domanda e solo su richiesta di questa) . Art. 10 la somma tra capitale ed interesse, art. 31. Per quando riguarda questo tipo di domanda non è accettabile, in quanto si formerebbe due giudicati in contraddizione, non sopportabile dal sistema processuale. ( quindi la pretesa obbligo). Se ne desume che nei contratti a prestazioni corrispettive, l’oggetto del giudicato, non è solo la domanda ma l’intero rapporto. Ad esempio, non si può chiedere la restituzione del capitale, senza gli interessi. Così come non si può chiedere, nel contratto di compravendita prima il pagamento del prezzo, e poi la restituzione della cosa. I due rapporti sono tra loro collegati. 2) La domanda si estende all’intero rapporto di essa, e quindi es. ( gli interessi ed il capitale). Soluzione per questa domanda è data dalla giurisprudenza del codice del 1865, e 1942. si esprime nell’art. 34, di ripescaggio del codice di procedura di un pensiero Chiovendiano. Secondo il suo pensiero, quando si agisce per un diritto a prestazioni corrispettive, forma un tutt’uno sia con l’oggetto fatto valere, in giudizio, che il diritto fatto valere in giudizio 3) Oppure l’oggetto si basa sulla sola domanda posta nella domanda dell’attore o nella risposta del convenuto. Rientra in questa ipotesi, gli articoli, 12 e 13.c.p.c 22 11) Segue: problemi particolari posti dai crediti pecuniari ed in specie di risarcimento del danno. Si pone un ulteriore problema, in merito ai crediti pecuniari ed in materia di risarcimento del danno. Ci si pone il quesito se sono ammissibili più domande parziali ma relative ad un unico credito. Es. se il credito relativo ai capitali, è credito distinto rispetto agli interessi moratori, 1224.1 e se questo a sua volta sia distinto dal credito del maggior danno 1224.2. L’attore può azionare singole domande o deve agire in una unica azione? Ci si pone il problema se vi è una estensione dell’oggetto del processo con la conseguenza del giudicato. In dottrina e giurisprudenza hanno trovato accoglimento le seguenti teorie: A. la prima e che se si fa valere in giudizio, la richiesta di restituzione del capitale e degli interessi, in un secondo giudizio si può agire per il maggior danno. B. La seconda all’opposto della prima definisce di limitare l’oggetto del processo e quindi la sentenza che abbia accolto il pagamento del credito, e degli interessi preclude la richiesta di maggior danno. C. La terza per la quale nella richiesta di danno, sia contrattuale che extracontrattuale, vanno ricomprese a tutte le richieste , così in un nuovo processo, l’aggiunta di una nuova voce è preclusa dal giudicato sostanziale che si è formato nel precedente processo. 12) Impugnative negoziali e individuazione dell’oggetto del processo e del giudicato. Il riconoscere l’oggetto del processo e del giudicato è importante ai fini delle c.d. impugnazioni negoziali. Sono impugnazioni negoziali, quelle norme alla quale il legislatore collega effetti giuridici impeditivi o estintivi, che possono coesistere nello stesso istante. ( cause di nullità del contratto, violenza, dolo, incapacità, stato di pericolo e stato di bisogno). Il giudicato, che accerti l’impedimento o l’estinzione della efficacia di un contratto, ( o una delle altre ipotesi ) preclude la successiva domanda che si fondi su di un altro fatto impeditivi o estintivo. E’ pacifico, che la sentenza che accerti l’esistenza di tale fatto impeditivi o estintivo, precluda la riproposizione di una seconda domanda su di un fatto impeditivi estintivo diverso: es. nella prima domanda si agisce per la nullità di contratto, viene emessa sentenza di accoglimento, la seconda domanda sullo stesso diritto di estinzione per dolo, non può essere ripresentata. Nasce invece, l’esigenza di capire se la sentenza è di rigetto della prima domanda, se si può presentare una seconda domanda ma su di un fatto estintivo, impeditivi diverso. Ci si pone analogo quesito, se il datore di lavoro proponga domanda di licenziamento per giusta causa, e nel momento in cui vi è la sentenza di rigetto, egli possa agire con una ulteriore domanda su di una giusta causa diversa dalla prima. La giurisprudenza non è affatto muta a questo quesito, e individua la soluzione a seconda che l’oggetto del processo e del giudicato, sia così composto: A. se vi è un diritto potestativo ( invalidità dell’atto) a causa di un singolo fatto impeditivi o estintivo. In questo caso il giudicato, di rigetto non preclude l’azione per una nuova domanda su di un fatto diverso. B. Diritto impeditivi ( o invalidità dell’atto) individuato non sulla base di un singolo vizio, ma sulla base di invalidità o inefficacia ( annullamento rescissione ecc) C. sul rapporto giuridico dedotto in giudizio. In entrambi i casi B, C, ad una sentenza di rigetto, è preclusa una successiva azione per gli eventuali vizi che non sono stati dedotti nel primo giudizio. 23 Tale problema si pone solo nel caso che in via principale sia il diritto fatto valere in giudizio. Ad esempio: se nella domanda il petitum è il rapporto obbligatorio, (l’adempimento del pagamento del prezzo) il diritto fatto valere in giudizio, è il diritto al pagamento del prezzo, come fatti costitutivi è il contratto dalla quale deriva l’obbligazione. In questo caso, se le parti non deducono in giudizio il vizio, del contratto, la sentenza non ricadrà sui fatti che non sono emersi nel processo. Qualora su istanza di parte, si deduce in giudizio, l’eccezione di vizio, annullamento ecc. del contratto, in questo caso il dedotto, copre il deducibile, e non sarà più possibile, ripresentare una nuova domanda. Il problema non si pone nel caso in cui il diritto fatto valere in giudizio, sia proprio il contratto, quindi la deduzione in giudizio da parte dell’attore di tale diritto bruci, tutte le eventuali deduzioni e quindi il dedotto copre il deducibile. 13) Concorso di norme e concorso di diritti Il riconoscimento dello schema A, e quindi , il diritto potestativo ( invalidità dell’atto), basato su di un solo fatto impeditivi o estintivo, danno origine al fenomeno, del concorso di diritti, o di azione e con la soddisfazione del primo, estingue il secondo. Il concorso di diritti o di azione ed il concorso di norme. Nella fattispecie, si tratta di quei diritti che hanno lo stesso contenuto economico, che coesistono nello stesso tempo, da una fattispecie centrale, che affonda le origini nello stesso fatto storico, e la soddisfazione del primo estingue il secondo. Il quesito che ci si pone è nel caso di un diritto fatto valere in giudizio, che fonda le sue basi su di uno stesso fatto storico, vi sia una preclusione ad una successiva domanda, fondata su di una fattispecie diversa anche se il fatto storico è lo stesso? Sulla base della affermazione che il diritto sostanziale fatto valere in giudizio sia lo stesso, ( concorso di norme) il giudice applicherà il principio della jura novit curia, il rigetto della domanda preclude una nuova azione sullo stesso fatto storico, e sullo stesso diritto sostanziale. Se invece il diritto sostanziale è riconosciuto diverso rispetto al fatto storico costitutivo avremo un concorso di diritti, in questo caso il giudice non potrà applicare il jura novit curia, in quanto se rileva una norma diversa rispetto a quella presentata sulla domanda, cambia anche la rilevanza rispetto al fatto storico, il giudicato di rigetto della domanda, non sarà preclusiva per una nuova domanda. 14) Il particolare atteggiarsi dei limiti oggettivi del giudicato in caso di giudicato di rigetto. Tutte le precedenti questioni, sia in riguardo agli accertamenti del diritto principale, e dei fatti diritti rilevati nel corso del procedimento, che sia ad istanza di parte, nella sentenza di accoglimento della domanda in linea di massima vale il principio che il dedotto copre il deducibile, il problema sorge sempre, quando vi è una domanda rigettata. Va precisato che sono antecedenti logici necessari tutti i fatti costitutivi, e l’esistenza dei fatti impeditivi, modificativi estintivi, rispetto alla sentenza dichiarativa finale. Mentre rispetto alla inesistenza del diritto, non sono antecedenti logici necessari, l’inesistenza dei fatti impeditivi, modificativi estintivi, anzi l’inesistenza dfi un solo diritto comporta da parte del giudice istruttore il rigetto per inesistenza del diritto di tutta la domanda. Es. se l’erede fa valere in giudizio, il diritto al pagamento del prezzo del contratto, l’inesistenza di un singolo diritto, quale può essere, la non qualità di erede, o l’estinzione del contratto per nullità,oppure il contratto estinto per compensazione, anche solo uno di questi diritti inesistenti comporta, il rigetto della domanda. 24 15) Giudicato e diritti incompatibili. Un diritto si individua, non solo con riferimento al suo oggetto, ma anche ai soggetti che ne sono titolari. I diritti assoluti, vengono dedotti in giudizio sulla base della facoltà-pretesa, per il soggetto attivo e soggezione e singolo dovere violato per il lato passivo. Se ne desume che la sentenza passata in giudicato, copre i fatti dedotti e quelli deducibili, per il diritto fatto valere in giudizio, e non può essere messo in discussione da un successivo giudizio in relazione ad un diritto incompatibile con il primo diritto. Si deduce che ogni diritto, non in contraddizione, ma coesistenti sullo stesso bene, con due soggetti diversi, relativi allo stesso bene godono delle stesso diritto, sullo stesso bene.( es. comproprietà di un bene immobile). La incompatibilità tra due diritti si può rilevare: la incompatibilità diretta: due diritti abbiano elementi oggettivi identici e solo soggetti diversi (comproprietà dello stesso fondo Corneliano). incompatibilità indiretta tra due diritti, un diritto e incompatibile con il diritto pregiudiziale all’altro. Es. Caio, chiede il risarcimento del danno a Sempronio, ma la proprietà del bene non è di Caio, ma di Sempronio. ) ** Tra le stesse parti, qualora vi sia una sentenza, sullo stesso bene non può essere fatto valere un secondo giudizio. Pertanto in un secondo giudizio, non si potrà fare valere la domanda sui fatti costitutivi della prima, a meno che dopo la sentenza non siano sorti fatti costitutivi diversi, in quel caso si può fare valere un secondo giudizio. Oppure quando il diritto fatto valere in giudizio dall’attore è incompatibile con il diritto del convenuto, egli esporrà i fatti idonei alla esclusione del diritto fatto valere in giudizio. Se ad esempio viene dedotto in giudizio il risarcimento del danno, in quanto Caio, afferma che sul bene vi deve essere un risarcimento del danno, ma il danno del bene è un bene del convenuto, a questo punto il diritto dell’attore al risarcimento del danno, è in contrasto ( incompatibile) con il diritto di proprietà del convenuto. In base all’art. 34 . sulla pregiudizialità della domanda, il giudicato sul diritto, si estende anche al diritto che è pregiudiziale per l’attore e quindi il diritto di proprietà del convenuto, in quanto hanno elemento oggettivi identici. Se ne deduce che il diritto incompatibile con il primo diritto potrà essere oggetto di un secondo giudicato. E quindi nello stesso processo, ci saranno due giudicati che avranno efficacia ai sensi art. 2909 ** 16) Il giudicato e “preclusione pro iudicato”. Infine si discute sull’applicazione del 2909, in relazione anche alla applicazione del 324 c. p.c. ( relativo alla sentenza passata in giudicato, cioè non impugnata). Si discute se l’applicazione della sentenza deve essere intesa in modo restrittivo, oppure estensivo. In contrapposizione ci sono due teorie una di Chiovenda e l’altra di Redenti. In senso restrittivo, che la sentenza vale per il diritto fatto valere in giudizio, ed in essa sono anche ricompresi anche gli antecedenti logici. Nel senso estensivo, si fa l’esempio della domanda di esecuzione di sfratto, dove non vengono chieste le mensilità morose. La sentenza di sfratto, renderà esecutivo il diritto fatto valere in giudizio, mentre si potrà agire per la restituzione delle mensilità morose. 25 17) Giudicato interno e giudicato esterno: preclusione, efficacia processuale e autorità della cosa giudicata sostanziale. Vi è un giudicato interno, che è si forma all’interno del processo e prosegue poi per la definizione nel merito della questione. Il giudicato interno, concerne tutte le questioni astrattamente idonee a definire il giudizio, e sono o di rito o di merito, o rilevabili d’ufficio, o su istanza di parte. Sulle questioni di rito e di competenza, possono formarsi delle sentenze che hanno efficacia solo per quel processo e servono alla formazione della sentenza finale. Se la parte soccombente nelle sentenze ad esempio sulla accettazione di una eccezione, non viene contestata dalla parte soccombente, non si possono più sollevare eccezioni per quel fatto. E sono le c.d. ( giudicato interno). Ma potrebbero essere pregiudiziali, per una eventuale impugnazione nel momento in cui, tale eccezioni vengono motivate nella sentenza finale. L’art. 310.2 sancisce che il giudicato interno, non sopravvive al di fuori del processo nella quale si è formato, e nello stesso tempo qualora vi fosse un nuovo processo sulla stessa questione, tale giudicato interno non ha alcuna efficacia nel secondo processo. A questa regolare generale fanno eccezione: o Le sentenze che regolano la competenza, e sono le sentenze della Cassazione per il regolamento di competenza, o per il ricorso ordinario. o Le sentenze pronunciate dalla Cassazione in merito a questioni di Giurisdizione. Per ricorso ordinario o per regolamento o Le sentenze che rigettano la domanda per legitimatio ad causam attiva e passiva In conclusione sulle pronunce dei giudici in merito alle questioni di rito esse hanno efficacia solo all’interno del processo, precludendo che anche all’interno del processo, una volta pronunciatisi possano riaprirsi sulla stessa questione nuove discussioni. Nello stesso tempo non hanno efficacia vincolate per un secondo processo. Non solo non hanno efficacia ai sensi art. 2909, ma anche in merito alla efficacia c.d. panprocessuale, la risoluzione della stessa questione in un secondo processo sulla stessa domanda. Il giudicato esterno, è la sentenza, che esplicherà la sua funzione al di fuori del processo in cui si è formato. Il giudicato esterno sarà a questo punto non solo sulle questioni di diritto, e quindi acquisirà efficacia sostanziale ai sensi art. 2909, anche in relazione a nuovi processi che dovessero sorgere sulla stessa domanda, ma anche in merito alle sentenze della Corte di Cassazione, che acquistano efficacia da una combinazione di norme 310,382,393 c.p.c.. c.d. efficacia panprocessuale. Sia la dottrina che la giurisprudenza sono concordi, nell’affermare che sulle questioni di giurisdizione dal momento che sono rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, non possono sorgere questioni per la C.C, in quanto rientrerebbe nel giudicato interno a meno che la decisione non sia stata impugnata in merito alla questione di giurisdizione. 18) Cenni sulla eccezione di giudicato e sul conflitto tra giudicati. Ai sensi art. 395, in relazione alle sentenze di appello, la revocazione della sentenza va presentata a norma degli art. 325,326. attraverso questa disposizione si attua il principio che se la sentenza, annullata dalla C.C. ha efficacia il secondo giudicato. Tutte queste norme sulla nullità ed il conflitto vengono esaminate in dettaglio nei capitoli successivi. 26 CAPITOLO TERZO LO SVOLGIMENTO DEL PROCESSO ORDINARIO DI PRIMO GRADO 1. L’ISCRIZIONE DELLA CAUSA A RUOLO E LA COSTITUZIONE DI ATTORE E CONVENUTO. Il processo ordinario di cognizione, e gli atti introduttivi del giudizio. Questo tipo di processo, va inoltre comparato, con il processo di primo grado del diritto del lavoro e quello societario. Il processo di cognizione piena costa di tre fasi: A. LA FASE PREPARATORIA B. LA FASE ISTRUTTORIA. C. LA FASE DECISORIA. La fase preparatoria, ai sensi art. 163 la domanda di citazione a udienza fissa è un atto , e costa di altri due sotto atti, che verranno poi presentati dell’attore e dal convenuto. Compilato l’atto di citazione con tutti i requisisti e nel modo indicato dall’art. 163, si notifica tale atto di citazione al convenuto. L’attore entro 10 giorni ( tale termine si dimezza in caso di abbreviazione) deve costituirsi in giudizio art. 165, per provocare l’iscrizione della causa a ruolo. L’attore deve costituirsi in giudizio a mezzo di un procuratore, se le cause sono dinnanzi al Tribunale, al pretore ed alla corte d’appello, mentre per il G.d.P. possono stare senza un procuratore se il valore della causa non eccede gli € 516,46, oppure se eccede con il procuratore art. 82. 317 ( atto citazione dinnanzi al giudice di pace) 417 ( processo del lavoro) 442 ( procedimenti riguardanti le assicurazioni e cause di infortuni), mentre per l’art. 86 possono stare in causa da soli se si ha la qualità necessaria per esercitare l’ufficio di difensore ad es. è un avvocato. l’iscrizione della causa a ruolo , è uno strumento tecnico attraverso la quale la controversia viene incardinata presso l’ufficio giudiziario per trattarla e deciderla. La parte costituita sulla base della nota di iscrizione al ruolo, che è una istanza. Ai sensi art. 168.1 e 71-72- 38 att. (art. 71) Deve contenere le indicazioni delle parti, del procuratore che si costituisce dell’oggetto della domanda della data di notificazione al convenuto e della prima udienza di comparizione. L’atto così composto va depositato presso la cancelleria. Il cancelliere provvede alla iscrizione a ruolo della causa. Nel ruolo generale, il cancelliere forma il fascicolo d’ufficio , nella quale inserisce: i. la nota di iscrizione a ruolo, la copia dell’atto di citazione, delle memorie in carta bollata e non, nella seconda fase verranno poi introdotti in questo fascicolo anche i processi verbali d’udienza, i provvedimenti del giudice gli atti di istruttoria ed infine il dispositivo di sentenza. Mentre nei fascicoli di parte ( a seconda se attore o convenuto vi saranno documenti diversi) sono invece in comune: i documenti prodotti dalle parti, le difese scritte, i documenti successivamente prodotti ed infine il testo integrate della sentenza. Mentre in fase di impugnazione, la copia autentica della sentenza impugnata. i. Il fascicolo dell’attore conterrà: l’originale della citazione, con la notifica alla controparte, ed i documenti che offre in comunicazione. ii. Il fascicolo del convenuto conterrà: la copia dell’atto di citazione notificata, la comparsa di risposta, la procura, ed i documenti che offre in comunicazione. 27 Formatosi il fascicolo d’ufficio, il cancelliere provvede d’urgenza a presentarlo al Presidente del Tribunale, o al giudice di pace se di sua pertinenza, e quindi entro due giorni, con atto scritto in calce alla nota di iscrizione a ruolo, viene designato il giudice istruttore dinnanzi alle quali le parti devono comparire, a meno che il presidente del Tribunale non avochi a se tale procedimento*. Questa è una fase importante sulla quale viene decisa la persona fisica del giudice che deve comunque avere quei requisiti previsti dalla Costituzione, e dall’art. ex 158. difatti su criteri oggettivi determinati dal Consiglio Superiore della Magistratura e da predeterminate tabelle, non vi deve essere il potere discrezionale, ma ci si deve attenere a tali tabelle, anche se le parti non possono rilevare, o comunque controbattere alla eventualità del non rispetto da parte del presidente del Tribunale di tale violazione, mentre può rilevarlo solo il giudice alla quale la competenza della causa era prevista dalla tabella che il Presidente del Tribunale, deve preparare ad inizio anno. Non appena è stato designato il giudice istruttore il cancelliere iscrive la causa e sul ruolo della sezione e su quello del giudice e gli trasmette il fascicolo della causa. Se si tratta di udienza a data fissa ed il giudice istruttore in quella data non ha udienza, viene rimandata alla prima udienza immediatamente successiva alla data stabilita, ed il cancelliere non è tenuto ad avvertire le parti. Il giudice istruttore può anche differire art. 168 bis entro cinque giorni dalla presentazione del fascicolo, con decreto, che l’udienza sia fissata entro un termine massimo di 45 giorni, che il cancelliere provvederà ad avvertire le parti. Il convenuto venti giorni prima della udienza di comparizione (o quello stabilito sull’atto di citazione o l’eventuale data differita) il convenuto art. 166 è tenuto a costituirsi in cancelleria ad eleggere un eventuale procuratore, depositare l’atto di citazione ecc. più che di obbligo si parla di onere. Se il convenuto si costituirà tempestivamente potrà svolgere a pena di decadenza art. 167, tutte le attività previste dal citato articolo. Il convenuto può costituirsi anche dopo il termine dei 20 giorni e comunque sino alla prima udienza art. 171.2 ma restano valide le decadenze previste art. 167. Se invece il convenuto non si costituisce neanche nella prima udienza è dichiarato contumace, e decadono così anche le attività che si potevano compiere nel corso della prima udienza art. 183.5 o entro un termine decorrente dalla prima udienza stabilito sulla base dell’art. 183.6. Fa eccezione la rimessione in termini prevista dall’art. 294, che il convenuto dimostri una errata notificazione o da impedimenti causati da causa a lui non imputabile. * ( tale causa può essere lo sciopero del treno). Oppure per fatti noti. ( il giudice ha conoscenza che vi è stato un terremoto) La parte che si costituisce per prima ( può anche essere il convenuto) nel caso di citazione, egli provvede alla iscrizione a ruolo e quindi alla designazione del giudice istruttore. Tutte le comunicazioni ai sensi art. 170 verranno fatte al procuratore compresa la notificazione della sentenza: Il procuratore ai sensi art. 10 r.d.l. 1578/1933 deve risiedere nel circondario del tribunale al quale è assegnato, ( il presidente sentiti il consiglio dell’ordine può autorizzarlo a risiedere in un’altra località, purchè nel capoluogo egli abbia un ufficio presso un altro procuratore). La notificazione della sentenza art. 285.1 e 330.1 ai fini della impugnazione si effettua presso il procuratore costituito. 28 2. LA COMPARSA DI RISPOSTA DEL CONVENUTO. Ai sensi art. 167 il convenuto deve redigere la comparsa di risposta,art. 167.1 “Nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda, indicare i mezzi di prova di cui intende avvalersi, e i documenti che offre in comunicazione formulare le conclusioni.” Questa prima parte sta ad indicare tutto un insieme di azioni che il convenuto deve compiere necessariamente a pena di decadenza e sono : l’eventuale domanda riconvenzionale, le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio. E ai sensi comma 3, deve chiamare ( eventualmente) il terzo in causa nella stessa dichiarazione di comparsa. Il deve proporre, presuppone che il convenuto debba compiere gli atti, e che la mancanza sia sanzionabile, sia nella decadenza come nella preclusione sul piano del contegno processuale art. 88, c.p.c., Il procuratore deve tenere un contegno di lealtà e proibità ( ved. Art. 38 r.dl. 1578/1933 ) e qualora il giudice art. 116.2 può procedere alla condanna alle spese indipendentemente se si è soccombenti o meno nella azione intrapresa. * L’obbligo del convenuto , è dato dal prendere posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda, tale obbligo non è sanzionato, ( nella norma non vi è una sanzione per il non tenere quella condotta) ma solo come su detto in modo indiretto sul piano della decadenza, e quindi sul non potere svolgere poi quelle azioni, che sarebbero pregiudizievoli per l’esito della controversia. Quando il convenuto si costituisce, inizialmente con l’opposizione e poi non oltre la prima udienza art. 183, contestare i fatti costitutivi, che l’attore afferma. Nel processo ordinario al termine della prima udienza, viene stabilita una seconda udienza di trattazione, oltre la quale termine perentorio non sarà più possibile produrre nuove prove.* Nel processo del lavoro invece, vi è l’obbligo per il convenuto 416.3, di prendere posizione sui fatti, nella memoria difensiva, tale posizione deve essere precisa, e non limitata ad una semplice contestazione , ed a pena di decadenza deve specificare i mezzi di prova della quale intende avvalersi. Se invece si limiterà alla contestazione generica, non articolerà la prova contraria dei fatti edotti dall’attore, e quindi decadrà dalla possibilità di chiedere in un secondo momento l’assunzione della prova che non aveva dedotto. Art. 167.2 “a pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali di merito che non siano rilevabili d’ufficio. Se è omesso o risulta assolutamente incerto l’oggetto o il titolo della domanda riconvenzionale, il giudice, rilevata la nullità fissa al convenuto un termine perentorio per integrarla. Restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti acquisisti anteriormente alla integrazione.” Le domande riconvenzionali, per il processo ordinario devono essere depositate in cancelleria ai sensi art. 170.4. o L’attore: Non viene modificata la data della prima udienza (art. 183), la replica dell’attore alla domanda riconvenzionale, può essere effettuata dall’attore nel corso della prima udienza. o Il convenuto può liberamente replicare alla replica dell’attore, nel corso della prima udienza, oppure su richiesta di memoria scritta e con un termine perentorio di trenta giorni, termine stabilito dal giudice art. 183.6 o L’art. 167, non dice di eventuali limiti sulla ammissibilità della domanda riconvenzionale, nel caso ecceda la competenza del giudice adito. La giurisprudenza concorda sul fatto che la domanda riconvenzionale presentata, sia ammissibile purchè sussista un vincolo di collegamento. 29 Per il processo del lavoro art. 418, la comparsa di risposta che contenga la domanda riconvenzionale, non deve essere notificata all’attore costituito. L’attore inoltre che non si costituisce durante la prima udienza, il convenuta art. 290, viene dichiarato contumace, e la comparsa di risposta dovrà poi ai sensi art. 292.1, notificate personalmente. Art. 418, quando il convenuto propone la domanda riconvenzionale,( 416. 2 deve essere depositata in cancelleria della memoria difensiva, ed a pena di decadenza devono essere proposte le eventuali domande riconvenzionali, e le eccezioni di merito non rilevabili d’ufficio) tra la proposizione della domanda e l’udienza di discussione non devono trascorrere più di 50 giorni. In merito alle domande di accertamento con autorità di cosa giudicata dei rapporti pregiudiziali art. 34. questa è una discussione molto dibattuta, ma secondo il Proto Pisani, questa è ricompressa nell’ambito vasto della domanda riconvenzionale, e fin anche la domanda di accertamento con autorità di cosa passata in giudicato dei rapporti pregiudiziali. Quindi il convenuto nella comparsa di risposta dovrebbe indicare a pena di decadenza tutte le domande di accertamento con autorità…, relativa alla inesistenza di rapporti giuridici pregiudiziali, che invece l’attore afferma esistenti. Inoltre deve indicare quei rapporti giuridici incompatibili con il diritto affermato dall’attore, e quindi il convenuto deve farli valere come eccezioni. Se il convenuto esegue una mera contestazione di tali rapporti giuridici pregiudizievoli, l’attore può a sua volta nel corso della prima udienza, proporre la domanda di accertamento, ai sensi art. 34. Le eccezioni sono soggette a decadenza le sole eccezioni di merito che non siano rilevabili d’ufficio. Le seguenti eccezioni, si presentano nel corso della prima udienza, ed è un atto successivo alla costituzione e sono: Le eccezioni di rito inerenti alla comparsa di risposta del convenuto, vi è la proponibilità di alcune eccezioni quali: o eccezione di incompetenza per territorio derogabile. o eccezione per incompetenza per valore nelle cause relative a somme di denaro e beni mobili. o Eccezione di difetto della giurisdizione italiane. Alcune eccezioni a pena di decadenza, nella prima udienza o difesa successiva all’atto nullo o alla notizia di esso, art. 157.2, quando l’atto di citazione sia incompleto, e per difetto dei requisiti abbiano determinato la mancata conoscenza del processo. Per le eccezioni di merito le eccezioni che non sono rilevabili d’ufficio, devono essere proposte dalle parti a pena di decadenza. Le eccezioni possono essere o sul fatto, o il fatto – diritto. Ai sensi art. 112, è fatto divieto al giudice di potere operare tali eccezioni sul suo sapere privato, ma le eccezioni rilevabili d’ufficio devono essere sulla base dei fatti diritto, espressi nella domanda e nel diritto fatto valere in giudizio. E tali fatti devono emergere dai documenti allegati, es. perizia tecnica acquisita, e non notoria. o L’eccezione di merito può essere un fatto diritto incompatibile con il diritto fatto valere in giudizio ed in particolar modo di un diritto c.d. eterodeterminato e non autodeterminato. Affinché l’eccezione sia valida, bisogna indicare sia il fatto diritto, ma anche il fatto costitutivo. L’espressione proporre eccezioni utilizzata nel comma 2, indica sia l’allegazione del fattodiritto, impeditivi modificativo ed estintivo, oltre ai fatti diritti incompatibili con il diritto processuale. Nel giudizio si fa valere la rilevanza giuridica del fatto, allegato. Se non vengono eccepite, o nel merito o di rito, o rilevabili d’ufficio, questi fatti possono essere fatti valere dal convenuto, dando la possibilità di allegare fatti impeditivi modificativi o estintivi. 30 Art. 167. comma 3” Se intende chiamare un terzo in causa deve farne dichiarazione nella stessa comparsa e provvedere ai sensi art. 269.” – “ il convenuto che intenda chiamare un terzo in causa deve, a pena di decadenza, farne dichiarazione nella comparsa di risposta e contestualmente chiedere al giudice istruttore lo spostamento della prima udienza allo scopo di consentire la citazione del terzo nel rispetto dei termini art. 163 bis.” Dagli articoli combinati tra loro si evince: nella comparsa di risposta deve contenere la chiamata del terzo. La richiesta al giudice dello spostamento della prima udienza. Il decreto del Giudice Istruttore, della fissazione della data della nuova prima udienza. La citazione al terzo, su istanza del convenuto, e la comunicazione alle parti con la quale è fissata la data della prima udienza. Nel processo del lavoro, 420.9 la chiamata del terzo deve essere fatta dal convenuto prima della prima udienza. Quando non si specifica ai sensi degli articoli su citati ed in combinazione tra loro, la chiamata del terzo, può anche comportare una vera e propria domanda giudiziale, oppure quando ci si limiti a mettere il terzo a partecipare al processo con lo scopo di rendergli opponibile il giudicato che si forma nel processo. 3. LA PRIMA UDIENZA EX ART. 183 a. PREMESSA Costituitesi le parti o anche una sola in giudizio, assegnato il giudice istruttore, viene fissata la data della prima udienza, se questa data non è stata differita. Durante la prima udienza il giudice, svolge delle verifiche assolutamente preliminari. Art, 183.1 Se il convenuto non si è costituito, il giudice, controlla la validità dell’atto di citazione ( vocatio ius) oppure in tema di nullità della notificazione. Se il convenuto si è costituito, controlla in tema di nullità della citazione, art. 164.5 oppure in tema di difetto di rappresentanza, ( Art. 182.2.) di assistenza o di autorizzazione, e gli eventuali vizi di sottoscrizione della citazione. E’ alquanto discutibile che in sede di prima udienza, prima delle eccezioni e delle domande debba essere dal giudice verificata l’integrità del contraddittorio Ex art. 102. previsto art. 180.1; inoltre verifica la giurisdizione la competenza la legittimazione ad agire, l’interesse ad agire. Se nessuna delle parti comparisce alla prima udienza, viene fissata una nuova udienza, che il cancelliere provvederà a comunicare. Quando anche nella seconda udienza le parti non compaiano, la causa viene cancellata dal ruolo. La prima udienza dovrebbe avere il ruolo di fissare il thema decidendum ( domande ed eccezioni ) ed il thema probandum ( fatti controversi o comunque bisognosi di prova). Il fine è quello di snellire la preparazione e comunque come vorrebbero gli art. 127 e 175, attraverso la collaborazione semplificare la lite, ed arrivare ad una facile soluzione. Nel 1940 la relazione del c.p.c. si leggeva che il giudice istruttore nella fase di preparazione doveva mettere in luce, liberare il processo dalle strutture e dal livore delle parti rivelando il vero volto della causa. 31 b. l’interrogatorio libero delle parti Sino al 1 marzo 2006, il giudice doveva obbligatoriamente eseguire l’interrogatorio libero delle parti, così come previsto dal processo del lavoro. La funzione dell’interrogatorio libero delle parti era la seguente: chiarire i fatti principali posti sia dall’attore che dal convenuto a fondamento delle, domande e delle eccezioni. Fare emergere fatti che siano fondamento di eccezioni rilevabili d’ufficio, e non ancora posti dal convenuto, oppure fatti costitutivi, non presentati dall’attore. Funzione di favorire l’emersione di nuovi fatti di prova. Favorire la presa di posizione di ciascuna delle parti su fatti affermati. Richieste di chiarimenti circa fatti tra loro logicamente incompatibili. Indicazione dei fatti rilevabili d’ufficio. Favorire la conciliazione della lite. Con la riforma del 2005, tale obbligatorietà è stata eliminata, ma è rimasta la facoltà alle parti di farne richiesta congiuntamente, mentre viene dato potere discrezionale al giudice di disporre in ogni tempo, anche in prima udienza ai sensi art. 117 di convocare le parti ad interrogatorio libero. c. l’indicazione alle parti delle questioni rilevabili d’ufficio Il giudice nella prima udienza di trattazione, anche se non dispone dell’interrogatorio libero delle parti, deve comunque sentire i difensori e chiedere i chiarimenti circa la causa, tutto ciò anche per motivi di economicità processuale. Art. 183.4, mette nelle condizioni il giudice di chiedere alle parti i chiarimenti necessari, il tutto sia per decidere del thema decidendum che del thema probandum. Questo comma, permette al giudice di esercitare il potere di chiedere chiarimenti sui fatti allegati nell’atto di citazione e nella comparsa di risposta, durante il corso della prima udienza di trattazione. Inoltre egli ha il potere di provocare il contraddittorio tra le parti sulle questioni rilevabili d’ufficio. Questioni d’ufficio sono sia le questioni relative ai diritti fatti valere in giudizio, quali, l’applicazione della norma e la sussunzione del fatto sotto la fattispecie concreta. Le parti possono interpretare in modo difforme la norma. Inoltre il giudice nelle questioni d’ufficio relative ai fatti costitutivi concorrenti o alternativi dell’attore, ed impeditivi, modificativi ed estintivi della comparsa di risposta del convenuto. I fatti però devono emergere dall’atto, dalle risposte di parte nell’interrogatorio oppure notori.* ( quali ad esempio la conoscenza di una alluvione. Es nella ricorso alla domanda si chiede il risarcimento del danno, a causa di una alluvione alla assicurazione stipulata. L’alluvione è un fatto notorio.) viene fatto divieto al giudice di utilizzare il proprio sapere privato. La prima udienza di trattazione è importante non solo per quanto riguarda le eccezioni, l’interrogatorio delle parti, ma anche per tutte quelle questioni sia in diritto che in fatto, nel corso della prima udienza devono essere prospettate al giudice, per non incorrere in un irregolare svolgimento del processo. È importante: che i fatti allegati dalle parti a fondamento della domanda devono essere chiari. Le questioni di diritto e le questioni rilevabili d’ufficio devono essere prospettate al giudice nel corso della prima udienza al fine di provocare, successivamente nel modo corretto tutte le eventuali altre richieste. 186.6 Se il giudice per le questioni rilevabili d’ufficio non le rileva durante la prima udienza, a lui non è fatto tale obbligo, ma le può sempre sollevare, nel corso delle altre udienza. Il rilevo da parte del giudice, delle questioni d’ufficio, comporterà invece per le parti, la possibilità che queste siano rimesse in termini, soprattutto se tale di esercitare quei poteri ai sensi art. 183.5. 32 d. Le domande ed eccezioni nuove proponibili liberamente nel corso della prima udienza; la chiamata di terzi su istanza dell’attore; la modifica delle domande ed eccezioni gia’ proposte. Art. 183.5 “Nella stessa udienza l’attore può proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto [167, 180]. Può altresì chiedere di essere autorizzato a chiamare un terzo ai sensi degli articoli 106 e 269, terzo comma, se l’esigenza è sorta dalle difese del convenuto. Entrambe le parti possono precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate “. Da questo comma si desume: A. Che l’attore può nel corso della prima udienza, replicare alla domanda di risposta del convenuto, ed a sua volta può: proporre domanda riconvenzionale c.c. reconventio recoventionis, domanda di accertamento ex art. 34 e le eccezioni , sempre che siano relative allo stesso rapporto o ad un rapporto pregiudiziale. Es. proposta domanda da parte dell’attore di adempimento del credito, il convenuto, eccepisce la compensazione del credito. a. L’attore a sua volta eccepisce sulla eccezione del convenuto. b. Il convenuto può ancora una volta contro replica all’attore, ma devono essere eccezioni su quelle sollevate nella replica dall’attore altrimenti non sono ammissibili. c. Anche l’attore ha ancora una volta possibilità di contro replica , ma sempre a livello delle sole eccezioni. E questo avviene all’infinito, altrimenti si violerebbe il principio costituzionale del contraddittorio tra le parti. B. Sempre nel corso della prima udienza l’attore ha la possibilità di chiamare in causa un terzo, ma sempre in relazione alla domanda di risposta del convenuto. C. Le parti possono comunque così come previsto art. 183.5 “Entrambe le parti possono precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate “. Tali precisazioni non comportano la modifica iniziale della domanda, ma si tratta di un potere di emandatio, con la quale si possono allegare in giudizio fatti nuovi. Questo è anche il momento per l’attore di modificare eventualmente la domanda iniziale, per fatti emersi nel corso del contraddittorio o delle contro repliche. e. L’APPENDICE DI TRATTAZIONE SCRITTA PREVISTA DAL SESTO COMMA DELL’ART. 183. Al termine della prima udienza, qualora tutte le eccezioni le domande le risposte e contro risposte non si siano esaurite il giudice può art. 183.6 “ Se richiesto, il giudice fissa un termine perentorio non superiore a trenta giorni per il deposito di memorie contenenti precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte. Concede altresì alle parti un successivo termine perentorio non superiore a trenta giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove o modificate dell’altra parte e per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande e delle eccezioni medesime. Con la stessa ordinanza il giudice fissa l’udienza per i provvedimenti di cui all’articolo 184 “ Fissa dunque il termine di 30 giorni per depositare le memorie limitate alle sole precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni ecc. Un ulteriore termine di 30 giorni per le repliche di emendatio Atri 20 giorni per indicare le prove contrarie. Concede tale appendice scritta con ordinanza, e fissa una nuova udienza per il contraddittorio, per discutere sulla ammissibilità delle nuove prove. 33 4. LE RICHIESTE ISTRUTTORIE E CENNI SULL’ISTRUZIONE 4.1. Le due eventualità dell’art. 183,6° comma Se ne desumono due aspetti fondamentali: al termine della prima udienza, nessuna delle parti fa richiesta della appendice scritta, e quindi il termine ultimo per le deduzioni istruttorie, sarà la chiusura della stessa udienza. In questo caso il giudice emette una ordinanza per l’assunzione delle prove che avverrà nella successiva udienza, a distanza di non meno 15 giorni e nel caso in quella udienza non basta per l’assunzione della prova, viene fissata l’udienza al giorno successivo. Le parti chiedono l’appendice scritta e quindi decorrono i termini come previsto art. 183.6. 4.2. Il termine ultimo per le deduzioni istruttorie di primo grado Tenendo ben ferme le ipotesi menzionate nei precedenti paragrafi, ne consegue, che la mancata istanza di parte entro la data della prima udienza, preclude la definitiva assunzione di tutte le eccezioni, domanda riconvenzionale e prove che altrimenti non sono state dedotte nel corso della prima udienza precludendo così anche alla difesa, con l’assunzione di ulteriori o tardivi mezzi di prova. Fanno salve le prove presentate e chieste nell’atto di citazione e nelle a risposta di domanda. 4.3. I mezzi di prova disposti d’ufficio ai sensi dell’art. 183,8° comma Il nostro è un tipo di processo rigido, l’unico modo per temperare alla prima udienza di trattazione come termine ultimo sono: La rimessione in termini della parte ex art. 184 bis per decadenze da fatto non imputabile la possibilità per il giudice di disporre mezzi di prova non soggetti a decadenza, e quindi la possibilità per le parti di assumere prove indicate dal giudice entro il termine perentorio da lui assegnato. Tali mezzi di prova sono: o l’ispezione di cose e persone; o la chiamata a deporre delle persone e dei testimoni, che abbiano fatto riferimento ai fatti. o Il giuramento suppletivo. o La consulenza tecnica d’ufficio o La prova testimoniale. L’uso da parte del giudice dei mezzi istruttori d’ufficio non è soggetto a decadenze. 4.4. I ristretti limiti entro cui sono consentite contestazioni tardive Sola lettura ( i rilievi e le riflessioni del professore sulla economicità processuale e la rimessione in termini.) Rilievo importanza ha invece l’ipotesi di contumacia del convenuto. Tale ipotesi non equivale a non contestazione da parte del convenuto o ficta confessio, e quindi l’attore non è esonerato dal provare i fatti contestati. Nel caso invece di costituzione tardiva del convenuto, contumace, egli potrà riassumere le prove solo nel caso in cui vi sia la rimessione in termini art. 294. 4.5. Cenni sull’istruzione e sulla sua direzione da parte del giudice. Questa parte verrà affrontata ampiamente in tema di prove. 34 5. LA RIMESSIONE IN TERMINI DELLE PARTI COSTITUITE EX ART. 184-BIS. Con l’introduzione dell’art. 184-bis nel nostro ordinamento si introduce la rimessione in termini a favore delle parti costituite. Cenni storici: il codice di procedura del 1940, non prevedeva la figura della rimessione in termini, ma prevedeva solo delle ipotesi specifiche, tra cui art.294, per la remissione in termini del contumace.La corte costituzionale, chiamata più volte sull’argomento ha preferito sempre non introdurre un meccanismo di rimessione in termini ( intesa come il potere per la parte decaduta del potere di compiere un atto del processo, e che l’inosservanza del termine perentorio sia dovuto a fatto a lei non imputabile. Con l’art. 184-bis “184bis. Rimessione in termini. (1) — La parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice istruttore di essere rimessa in termini (2).Il giudice provvede a norma dell’articolo 294, secondo e terzo comma.” Oggetto: della rimessione in termini è: i poteri processuali previsti dal 167.2.3 ( riproposizione delle domanda riconvenzionale, eccezioni processuali di merito, la chiamata in causa di terzo). Poteri processuali di proporre nuove domande e nuove eccezioni ( se stimolate dalla domanda di risposta 183.5) Poteri processuali previsti dal 183. Il potere rispetto ai diritti disponibili, a fatti confermati dalla controparte e mai contestati. La decadenza dell’assunzione della prova prevista art. 208. Effetti: è la riattribuzione del potere dalla quale si era decaduti, ovviamente questo prevede sia la ripresa dei poteri di azione che di reazione. Il processo non torna comunque alla situazione prevista agli articolo 180, 183,184, ma alla fase del thema decidendum e del thema probandum. Presupposto: è che il potere processuale non esercitato, per causa non imputabile alla parte. Il fatto per non essere imputabile, non deve essere addebitabile a negligenza della parte o del suo difensore. Azione: per ottenere la rimessione in termini il contumace fa istanza al giudice istruttore su ricorso, nel quale espone i fatti e le prove precostituite che danno prova della sua non responsabilità. Il giudice con decreto fissa una udienza di comparizione tra le parti, che viene comunicato dal cancelliere alle parti. Se i fatti portati a dimostrazione che vengono comunque contestati dalla controparte sono verosimili, il giudice dispone con ordinanza la rimessione in termini. 35 6. FORMA DEI PROVVEDIMENTI DEL GIUDICE E RIMESSIONE ANTICIPATA DELLA CAUSA AL COLLEGIO. 6.1. Ordinanze e sentenze in generale. Il processo è una serie di atti posta in essere dalle parti e dal giudice. I provvedimenti sono delle species d’ atti giuridici emanati dal giudice. Vi sono dei provvedimenti che hanno una efficacia che va al di là del processo, sono una species di lex specialis, mentre vi sono altri provvedimenti che hanno efficacia ordinatoria o strumentale. Tutti i provvedimenti che abbiano efficacia ordinatoria o strumentale devono avere la forma dell’ordinanza. Devono avere forma di sentenza i provvedimenti mediante la quale il giudice statuisce l’esistenza o meno del diritto fatto valere in giudizio. 176. Forma dei provvedimenti. — Tutti i provvedimenti del giudice istruttore [187, 205], salvo che la legge disponga altrimenti (1), hanno la forma dell’ordinanza [134]. Le ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle parti presenti e da quelle che dovevano comparirvi; quelle pronunciate fuori dell’udienza sono comunicate a cura del cancelliere entro i tre giorni successivi [1342, 136, 186]. L’art. 279.1 prevede analoga disposizione per il collegio. Sono comunque atti motivati ma che non pregiudicano la causa. Il giudice che li dispone può anche revocarli, ( su istanza di parte o d’ufficio) non incidono sulla sentenza finale, e non sono soggetti alla impugnazione. Vi sono delle ordinanze che vengono dichiarate non modificabili né revocabili 177.3 inoltre le parti quando la causa viene rimessa al collegio, può chiedere il controllo sulle ordinanze del giudice istruttore . La sentenza è prevista dal nostro ordinamento come forma di eccellenza. 2909 l’art. 279 disciplina i casi in cui deve essere emessa sentenza, e vale sia per il giudice di pace che per il giudice monocratico di tribunale. L’art. 279. stabilisce 5 ipotesi tipiche. La sentenza è forma tipica ed eccezionale, rispetto all’ordinanza che è invece forma generale. La sentenza è definitiva ed irrevocabile e statuisce sul diritto fatto valere in giudizio, è soggetta ai soli mezzi di impugnazione: quali appello, ricorso per cassazione, revocazione regolamento di competenza, opposizione di terzo. Gli articoli 187, 188, 189, individuano i poteri del giudice istruttore. 36 6.2. Sentenze definitive e non definitive occasionate da questioni pregiudiziali di rito e preliminari di merito. Nella fase di istruzione, vi è un giudice che controlla tutta la questione, dopodiché passerà la causa al giudice o monocratico o collegiale a seconda della questione. Ma può accadere che nascano questioni pregiudiziali, che possono essere o nel merito o sul rito. Per pregiudiziale, ( primo problema) si intende la circostanza che il giudice deve conoscere la questione sulla quale deve decidere, e quindi sul diritto fatto valere in giudizio dall’attore e dalla domanda posta da quest’ultimo. Le questioni pregiudiziali di merito sono inerenti all’esistenza o inesistenza del diritto fatto valere in giudizio. Le questioni di rito invece sono pregiudiziali in quanto attengono alla valida instaurazione e prosecuzione del processo, ed in difetto il giudice non può pronunciarsi nel merito. Quando sorge una questione pregiudiziale, c’è la possibilità di chiudere il processo innazi al giudice adito, sulla sola base della questione pregiudiziale, e non di tutto il materiale oggetto della controversia. Ai sensi dell’art. 1871.2.3 in questi due commi si prende in esame la possibilità da parte del giudice istruttore, che qualora nasca una questione pregiudiziale che sia in grado di definire il giudizio, nel merito egli potrà passare il giudizio alla fase decisoria. Se le questioni pregiudiziali, sono attinenti al merito, e da esse ne sorge la veloce decisione, il giudice passerà alla fase decisoria, anche se bi fossero insieme alle pregiudizialità di merito anche quelle di rito. Qualora invece ritiene che la causa non può essere decisa immediatamente in quanto ne mancano gli elementi provvederà ad istruirla, e quando la fase istruttoria sarà esaurita ne disporrà il passaggio del processo nella fase decisoria. Gli articoli 187,( al giudice monocratico) e 279,2 ( al collegio) stabiliscono tutti i casi per la quale i casi in cui la causa possa entrare in fase decisoria. Quando invece il legislatore definisce “ questione preliminare di merito “ intende invece le questioni rilevanti che attengono ai fini dell’esistenza del diritto,. A diffrenza invece 1 187. Provvedimenti del giudice istruttore. — Il giudice istruttore, se ritiene che la causa sia matura per la decisione di merito senza bisogno di assunzione di mezzi di prova, rimette le parti davanti al collegio [189, 277; att. 80bis].Può rimettere le parti al collegio affinché sia decisa separatamente una questione di merito avente carattere preliminare, solo quando la decisione di essa può definire il giudizio [272, 279]. Il giudice provvede analogamente se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla competenza o ad altre pregiudiziali [37 ss., 1641], ma può anche disporre che siano decise unitamente al merito.Qualora il collegio provveda a norma dell’articolo 279, secondo comma, numero 4), i termini di cui all’articolo 184, non concessi prima della rimessione al collegio, sono assegnati dal giudice istruttore, su istanza di parte, nella prima udienza dinanzi a lui (1).Il giudice dà ogni altra disposizione relativa al processo [191, 290, 785, 7893, 7913]. 2 279. Forma dei provvedimenti del collegio. (1) — Il collegio quando provvede soltanto su questioni relative all’istruzione della causa, senza definire il giudizio, pronuncia ordinanza [134].Il collegio pronuncia sentenza [178]:1) quando definisce il giudizio, decidendo questioni di giurisdizione o di competenza [37, 38];2) quando definisce il giudizio, decidendo questioni pregiudiziali attinenti al processo o questioni preliminari di merito [187];3) quando definisce il giudizio, decidendo totalmente il merito;4) quando, decidendo alcune delle questioni di cui ai numeri 1, 2 e 3, non definisce il giudizio e impartisce distinti provvedimenti per l’ulteriore istruzione della causa [340, 3562; att. 125bis, 129, 129bis, 133bis];5) quando, valendosi della facoltà di cui agli articoli 103, secondo comma, e 104, secondo comma, decide solo alcune delle cause fino a quel momento riunite, e con distinti provvedimenti dispone la separazione delle altre cause e l’ulteriore istruzione riguardo alle medesime, ovvero la rimessione al giudice inferiore delle cause di sua competenza.I provvedimenti per l’ulteriore istruzione, previsti dai numeri 4 e 5, sono dati con separata ordinanza [280].I provvedimenti del collegio, che hanno forma di ordinanza, comunque motivati, non possono mai pregiudicare la decisione della causa [177, 1786]; salvo che la legge disponga altrimenti [3082], essi sono modificabili e revocabili dallo stesso collegio, e non sono soggetti ai mezzi di impugnazione previsti per le sentenze [2891]. Le ordinanze del collegio sono sempre immediatamente esecutive. Tuttavia, quando sia stato proposto appello immediato contro una delle sentenze previste dal n. 4 del secondo comma, il giudice istruttore, su istanza concorde delle parti, qualora ritenga che i provvedimenti dell’ordinanza collegiale siano dipendenti da quelli contenuti nella sentenza impugnata, può disporre con ordinanza non impugnabile che l’esecuzione o la prosecuzione dell’ulteriore istruttoria sia sospesa, sino alla definizione del giudizio di appello [3562; att. 125bis, 126].L’ordinanza è depositata in cancelleria insieme con la sentenza. 37 dell’art. 34 quando parla di questioni pregiudiziali, si riferisce ai soli fatti diritto, e soprattutto a quei fatti che riferendosi ai limiti oggettivi del giudicato, riguarda le questioni che attengono al giudicato. ( domanda riconvenzionale). Gli articoli 187 e 279, attengono invece ai fatti pregiudiziali che servono al regolare svolgimento del processo, ed hanno un ambito di applicazione assai ampio. Infatti tali articoli attengono alle questioni pregiudiziali di rito, che concernono requisiti di competenza, giurisdizione legittimazione ad agire ecc. La pregiudizialità, ( secondo problema) la pregiudizialità che comporta il passaggio alla fase collegiale, deve essere astrattamente idonea a definire il giudizio. Questa astratta idoneità è tipica per le questioni pregiudiziali di merito, ma invece non lo è per le pregiudizialità di rito. L’astratta pregiudizialità sul merito si rileva nei fatti diritto che sono costitutivi, modificativi impeditivi ed estintivi, e se tale questione porta alla immediata fase decisoria è chiaro che tale astratta idoneità vale per tutte le questioni. Occorre comunque che il giudice abbia delibato che tale questione sia fondata. Es. se l’attore agisce per l’adempimento di un credito ereditario, e nasce questione pregiudiziale sulla qualità di erede dell’attore, e chiaro che questa pregiudizialità, ( egli non è l’erede) e quindi non è legittimato all’azione, l’azione esercitata passèra alla fase decisoria. Le questioni astrattamente pregiudiziali nel rito invece sono le questioni che attengono ai requisisti extraformale, quali le questioni di competenza giurisdizione, competenza e legittimazione ad agire. Se il convenuto eccepirà una questione attinente alla valida instaurazione del processo, oppure eccepirà la prescrizione o altre questioni sull’esistenza di un fatto impeditivo modificativo estintivo, non avrà il diritto ad ottenere dal giudice una sentenza sulla questione. Il giudice emetterà sentenza solo nel caso tale eccezione sia pregiudiziale, rientrando negli esempi del 187 e 269, passando così il processo alla fase decisoria. La pregiudizialità terzo problema. Quando il giudice a seguito alla rilevanza di una questione di pregiudizialità emette una ordinanza, ed invita le parti a formulare le precisazioni per le conclusioni, che devono essere limitate ai fatti esposti nell’atto introduttivo. Nel momento della rimessione al collegio per la fase decisoria devono essere interamente formulate, in quanto il collegio viene rivestito dell’intera controversia, che può risolvere a prescindere sia dalla questione preliminare di merito che pregiudizialità di rito. Il collegio una volta ricevuto il processo, può ritenere che la questione pregiudiziale: di rito che a data luogo alla rimessione sia valida che esista un fatto costitutivo diverso da quello che ha dato luogo alla rimessione Accerta come esistente un fatto impeditivi estintivo o modificativo. A questo punto emette una sentenza, e chiude il processo negando l’esistenza del diritto fatto valere in giudizio. In questi casi la sentenza sarà sempre di rigetto che avrà l’attitudine ad acquisire l’autorità di giudicato sostanziale. Quando invece il rigetto sarà una di una questione pregiudiziale di rito, la sentenza di rigetto non sarà con autorità di giudicato sostanziale. Se invece il collegio arriverà alla conclusione che non vi sia una questione pregiudiziale nel merito, il giudice non emetterà una sentenza di giudicato sostanziale, è sarà solo una sentenza di rito, dopo di che si passerà ad esaminare tutti i fatti ed al termine si emetterà una sentenza definitiva. Se invece la questione pregiudiziale risultasse inesistente il processo verrà rinviato al giudice istruttore e si avrà così soltanto una perdita di tempo. Inoltre l’art. 279.comma 2 stabilisce che per queste questioni astrattamente idonee o inidonee a definire il giudizio, si debba comunque emettere sentenza e non ordinanza. 38 L’art. 279 stabilisce inoltre varie ipotesi di sentenza definitiva, sia nel merito che nel rito. Sono sentenze definitive: 1. Quelle che decidono su questioni di giurisdizione di competenza o relative ad altre questioni pregiudiziali di rito. ( non giudicato sostanziale)io 2. Quelle che risolvono questioni pregiudiziali di merito. ( giudicato sostanziale) 3. Quelle che decidono il giudizio totalmente nel merito. ( giudicato sostanziale) Pregiudizialità quarto problema. Le sentenze non definitive sul merito creano comunque una preclusione per il giudice di primo grado. Se i termini per l’impugnazione vengono fatti decorrere dali provvedimenti del processo diventano immutabili. Vi è un problema che sorge in caso di estinzione del giudizio e qual è l’efficacia di tali sentenze. Si potrà ripresentare una nuova domanda giudiziale sulla stessa questione, mentre tutti gli atti del processo divengono inefficaci, fatta eccezione per le sentenze nel merito. Per le sentenze su questioni pregiudiziali, per la quale la parte ha chiesto l’autorità di giudicato ( art. 34 la domanda riconvenzionale) ha l’efficacia tipica del giudicato sostanziale. Se invece ne le parti hanno chiesto tale domanda art. 34, non sarà del giudicato sostanziale. Analogo discorso vale per le sentenze definitive su meri fatti. Pregiudizialità quinto problema. Se il giudice invece di emette sentenza emetta un’ordinanza o viceversa. Se il provvedimento definisce il giudizio, per poter esplicare in pieno le impugnazioni occorre la sentenza, se al posto della sentenza emette un provvedimento, le parti per tale ordinanza erroneamente emanata potranno fare istanza al giudice di revoca o di modifica. ( prevale la forma sulla sostanza). 7. LA FASE DECISORIA 7.1. Precisazioni delle conclusioni ed eventuale fissazione della udienza di discussione nelle cause devolute al giudice istruttore in funzione di giudice unico o al Tribunale in formazione collegiale. Una volta esaurita l’istruzione in caso di pregiudizialità vi è la rimessione al giudice o al collegio per definire il giudizio. ( ipotesi esaminata al paragrafo precedente.) Una volta esaurita l’istruzione si passa alla assunzione delle prove. Al termine ai sensi art. 188 e 189 le parti devono precisare le conclusioni. Ai sensi della legge del 1990 di abrogazione del 110 disp.att. il giudice non dovrà fissare nessuna nuova udienza, ma le precisazione per le conclusioni dovranno seguire senza alcune soluzione di continuità. In fatti per l’art. 189, le parti dovranno soltanto precisare le conclusioni gia presentate all’atto della domanda e le conclusioni non potranno allargare l’oggetto della domanda o modificarlo, saranno solo possibili le riduzioni della domanda iniziale, sempre che tale riduzione non costituisca opposizione o da parte del convenuto o dell’attore. A questo punto la causa deve essere decisa, o dal giudice unico oppure dai tre giudici in forma collegiale. La causa può essere decisa, o una trattazione a modulo scritto o una trattazione a modulo misto previsto art. 281 quinquies. Trattazione scritta art. 189 e 190. se la causa viene decisa dal giudice istruttore in funzione di giudice unico, dopo le precisazioni per le conclusioni, e l’eventuale scambio 39 delle memoria di replica art. 190, deposita la sentenza entro 30 giorni, dalla scadenza del deposito delle memorie di replica. Art. 190 le precisazioni per le conclusioni debbono essere depositate entro il termine perentorio di 60 giorni dalla data dell’ultima udienza, e le memorie di replica entro i 20 giorni successivi. A trattazione mista. Al momento dell’atto delle precisazioni per le conclusioni, le parti possono chiedere che la causa venga discussa oralmente davanti al giudice istruttore. Il giudice fissa ai sensi art. 190 l’udienza di discussione della comparsa conclusionale, tali comparse conclusionale devono essere deposte non oltre trenta giorni dalla scadenza del termine. Il giudice depositerà in cancelleria la sentenza entro i 30 giorni successivi. La differenza tra trattazione scritta e mista, e che nella trattazione scritta vi sono le memorie di replica, mentre nella trattazione mista tali repliche Avvengono oralmente, inoltre la sentenza, non viene data lettura immediata del dispositivo di sentenza come invece avviene nel rito speciale del lavoro. Vi può essere una alternativa all’iter previsto dall’art. 281 quinquies. Sempre del giudice istruttore in funzione di giudice unico, il giudice può ordinare la discussione orale della causa nella stessa udienza, oppure la discussione orale può avvenire a istanza di parte in una udienza successiva ed al termine della discussione il giudice da lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragini di diritto e di fatto della decisione assunta. La pubblicazione della sentenza si considera pubblicata con l’iscrizione del verbale, che viene immediatamente deposto in cancelleria. L’immediata pronuncia della sentenza orale e del dispositivo, deve essere fatta con l’iscrizione nel verbale, il giudice non può trascrivere il dispositivo in una fase o memento successivo altrimenti si creerebbe un vizio nella fase di formazione della sentenza, che comporterà o sanzione disciplinare, o all’appello che non potrà comportare la rimessione della causa al giudice di primo grado. Vi è una previsione del C.S.M. del 1988 che ammette questa forma più snella per quelle cause lineari. La fase decisoria dei giudici collegiali. Il giudice istruttore fa precisare le conclusioni rimette la causa al collegio, il giudice istruttore non fissa mai l’udienza ( come era previsto in precedenza). A questo punto la causa viene rimessa al collegio. Il giudice istruttore può fissare anche termini più brevi che però non possono essere inferiori a venti giorni. Le parti entro 60 giorni dalla rimessione devono depositare le comparse conclusionali, e entro 20 giorni per depositare le memorie di replica art. 190. Alla scadenza del termine delle memorie di replica il collegio deve riunirsi del collegio dovrà fare parte obbligatoriamente il giudice istruttore, in camera di consiglio il collegio delibera la decisione e la sentenza è depositata in cancelleria entro 60 giorni che partono o dalla scadenza del termine del deposito, o se ci sono state le repliche dalla scadenza delle repliche. Nella precisazione delle conclusioni però le parti possono chiedere che la causa venga discussa oralmente innanzi al collegio, restano fermi i termini previsti dal 190 e su descritti, ma tale richiesta andrà anche fatta al Presidente del Tribunale alla quale sarà inoltre rimessa la causa, che sarà discussa 60 giorni, o dal deposito delle precisazioni o dalla data delle repliche. Egli provvede sulla base delle richiesta con decreto a fissare la data dell’udienza. Per evitare vizi vi deve necessariamente essere l’udienza di discussione. 40 7.2. Rilievi conclusivi Tutte le fasi su descritte sono state rivolte per evitare l’allungarsi del processo, per evitare il c.d. collo di bottiglia. Se tale riforma verrà attuata potrebbe essere un rimedio contro la lungaggine dei processi. 8. GIUDICE MONOCRATICO E GIUDICE COLLEGIALE DI TRIBUNALE 8.1. La scelta a favore del giudice monocratico. A seguito della modifica dell’art. 48 dell’ordinamento giudiziario il tribunale diventa monocratico, invece è previsto il collegio dall’art. 50 bis. La collegialità deve essere piena e non dimidiata, comunque anche il giudice monocratico è la condizione ottimale per attuare l’identità tra il giudice che assume la prova ed il giudice che decide la causa che porterebbe. Questo è inoltre il parere del 1988 del C.S.M. di introdurre un processo concentrato, dove tutte le fasi del processo preparatoria istruttoria e decisoria venissero affidate alla persona fisica. Mentre sono stati previsti dall’art. 50-bis i casi in cui la causa deve essere rimessa al collegio. 8.2. I rapporti tra giudice monocratico e giudice collegiale di Tribunale Si poneva un problema tra il giudice di tribunale monocratico ed il collegio. Questa problematica è stata risolta, e quindi il giudice monocratico opera per tutte quelle materie e cause che non sono di pertinenza del 50bis, che sono di competenza del collegio. 8.3. Le riserve di collegialità del Tribunale Sono elencate le materie e la competenza prevista dal 50 bis la competenza del collegio. 9. CENNI SUL PROCEDIMENTO DI PRIMO GRADO DAVANTI AL GIUDICE DI PACE. La legge 35371990 ha disposto la differenza tra le cause di competenza del giudice monocratico e le cause di competenza del giudice di pace, in quanto questa figura va ricordato, non ha una professionalità simile al giudice monocratico, ed inoltre in queste cause le parti possono stare anche da sole in giudizio e non necessariamente con un legale. Vi è inoltre una disciplina e cioè tutta una serie di articoli che modificano alcune regole che sono tipiche del processo di cognizione piena. 41 CAPITOLO QUARTO IL CONTENUTO DELLE SENTENZE SOMMARIO 1. LA TUTELA DI MERO ACCERTAMENTO 1.1. Premessa Nel processo a cognizione piena si chiede al giudice che emani una sentenza, in merito al diritto fatto valere in giudizio, e quindi un provvedimento di tutela giurisdizionale che secondo una tripartizione tale tutela può essere: Di mero accertamento Di condanna Costitutivo. 1.2. 1.2.1. La atipicità della tutela. Analisi del diritto positivo:disposizioni generali prive di valore decisivo ai fini del carattere tipico o atipico della tutela di mero accertamento. La tutela di mero accertamento è l’ipotesi nella quale l’attore nella sua azione chiede una sentenza di mero accertamento, e quindi che il giudice statuisca con autorità di cosa giudicato, su l’accertamento di un diritto, il giudice deve statuire se tale diritto esista oppure no. La sentenza di accertamento avrà poi immutabilità intesa che tale accertamento potrà essere fatto valere fra le stesse parti o gli aventi causa. Mentre per altri ordinamenti quali ad esempio quello tedesco, tale tutela di mero accertamento ha un fondamento, per il nostro ordinamento, si deve desumere da più norme. La tutela di mero accertamento nasce come tutela atipica, in quanto ne l’art. 24 Cost. l’art. 2907 c.c. e 99 c.p.c. nulla dicono in merito alla tutela di mero accertamento. Pertanto la tutela di mero accertamento potrebbe avere contenuto tipico e quindi eccezionale. 1.2.2. Segue: disposizioni che prevedono ipotesi tipiche di mero accertamento L’ordinamento italiano non prevede una disposizione esplicita che prevede la tutela di mero accertamento, ma vi sono numerose disposizione che prevedono delle ipotesi tipiche di tale tipo di tutela. 1. Art. 949 rubricato come azione negatoria.2 viene disciplinata la tutela di condanna alla cessazione di turbative o molestie, oltre al risarcimento del danno. Nel primo comma vi è una tutela tipica di azione di mero accertamento negativo, che definisce che il proprietario può agire affinché venga dichiarato l’inesistenza dei diritti affermati da altri sulla cosa. Attraverso l’azione a tutela si può avere da parte del giudice l’accertamento dell’inesistenza del diritto altrui e quindi la pienezza del proprio diritto. Esercitando l’azione negatoria si avrebbe così una sentenza di tutela di mero accertamento. 2. L’art. 2079 in tema di azioni a difesa della servitù, in questa norma sono previsti una serie di provvedimenti giurisdizionale a tutela del diritto di servitù. 42 a. Vi è una prima ipotesi è data dall’accertamento del diritto del proprietario che contesta una servitù inesistente e che comunque il vicino stragiudizialmente esercita a suo danno. Attraverso una tutela di mero accertamento verrebbe accertato il diritto del proprietario ad eliminare il vanto stragiudiziale del vicino che esercita comunque a suo danno il passaggio, e con la certezza data dalla sentenza riacquisirebbe in pieno il proprio diritto. Si desume in definitiva che la tutela di mero accertamento è una tutela di reintegrazione che consiste nella pienezza del godimento del proprio bene. b. L’art. 2079 prevede inoltre una seconda ipotesi nel caso delle turbative e delle molestie sulla propria proprietà, che consiste oltre alla cessazione della molestia anche la rimessione in pristino oltre al risarcimento del danno. 3. L’ art. 1012.2 dove esplicitamente estende all’usufruttuario la legittimazione a proporre le azioni di mero accertamento. 1.2.3. Segue: l’art. 2653, n. 1 C.C. e l’art. 34 c.p.c. Il riconoscimento alla azione di mero accertamento come atipica viene inoltre riconosciuta: Art. 2653 che individua le domande giudiziali relative ai beni immobili soggette a trascrizione, e dispone che devono essere trascritte tutte quelle domande dirette a rivendicare la proprietà o altri diritti reali di godimento sui beni immobili ( che sono azioni tipiche di condanna) sia le domande di accertamento del diritto stesso. Da questo articolo si rileva che è espressamente prevista l’ammissibilità di una azione di mero accertamento. Inoltre la combinazione data dall’art. 2653+2691 ( estensione delle domande anche agli immobili registrati), si deduce che l’azione di mero accertamento oltre ad essere ammessa per i diritti reali di godimento è ammessa anche per i beni immobili, mobili registrati universalità di beni mobili o beni mobili puri e semplici. L’art. 34 c.p.c. prevede che su apposita domanda di una delle parti il giudice deve decidere con autorità di cosa giudicata in ordine all’esistenza o meno di un rapporto pregiudiziale, e che il punto pregiudiziale si è trasformato in una questione. L’importanza di tale norma sta nel riconoscere esplicitamente la proponibilità in via generale di domande di mero accertamento. 1.3. Necessità di stabilire se il nostro ordinamento contenga dei limiti generali alla ammissibilità in concreto della tutela di mero accertamento. La giurisprudenza oltre ad individuare l’ammissibilità della sentenza di mero accertamento ha anche specificato i limiti di tale ammissibilità. Ogni qualsiasi diritto può essere oggetto di una domanda con la pretesa di ottenere dal giudice l’accertamento dell’esistenza o l’inesistenza del diritto, ma non basta essere titolare del diritto per poter avere la tutela. Se bastasse la sola affermazione del diritto per avere tutela la stessa tutela verrebbe svuotata della sua funzione. L’art. 100 c.p.c è costituisce un filtro “ per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse”. Quindi per la tutela di mero accertamento è importante avere l’interesse ad agire, che è un tipico requisito extraformale, in mancanza il giudice respinge la domanda con sentenza definitiva di rito 279. ( vedi capitolo precedente) 43 Ma non basta l’interesse ad agire, ad ammettere in toto la tutela di mero accertamento. Si è visto con riferimento all’art. 34, l’ammissibilità sia della tutela di mero accertamento, ma anche del giudicato che copre il dedotto e deducibile ma su domanda dell’interessato. Quindi una tutela di mero accertamento, non è ammissibile per motivi di economia processuale, qualora si può agire per la tutela di condanna, in quanto con questa tutela si avrebbe sia la statuizione sulla domanda che la condanna, ed a livello di economia processuale è sicuramente meglio. Mentre se si azionasse la sola tutela di mero accertamento ed il giudice statuisse, poi si dovrebbe agire per la tutela di condanna, e questo modo di operare è contrario al nostro ordinamento. Un secondo limite è dato dalla effettività della tutela giurisdizionale. In riferimento al carattere pubblicistica della tutela processuale, in quanto se è possibile attraverso la domanda avere una maggiore tutela, il giudice dovrebbe ai sensi art. 183.5 fare allargare l’oggetto della domanda. Altro interrogativo invece è quello che se prevale la componente privatistica della tutela, il soggetto ha il diritto di scegliere quale tipo di tutela ed in questo caso azionare il solo accertamento della tutela di mero accertamento. 1.3.1. Fondamento costituzionale del principio secondo cui oggetto della tutela di mero accertamento possono essere solo diritti e non meri fatti o norme giuridiche. Oggetto della tutela di mero accertamento devono essere solo i diritti e non i meri fatti o le norme. Questa affermazione trova fondamento nell’art. 24.2. Cost. in quanto il convenuto deve sapere con effettività contro quale diritto azionato dall’attore deve difendersi, e non azionare la difesa su dei meri fatti o delle norme che sarebbero una violazione dell’art. citato. Inoltre l’art. 24 sancisce il diritto di difesa, per tanto l’accoglimento della tutela di mero accertamento, anche se sono diritti fatti valere in giudizio, il convenuto potrebbe azione quel quid di difesa, ma nello stesso tempo non potrebbe prevedere l’oggetto della domanda che diventa imprevedibile ed indeterminato, se poi si considera che se si accettasse la tutela di mero accertamento e successivamente l’attore agisce per la tutela di condanna si avrebbe una lesione del diritto di difesa che il convenuto deve azionare. 1.3.2. Difficoltà di distinguere in concreto norma, diritto, fatto e quindi ricavare da tale distinzione un limite generale all’ammissibilità della tutela di mero accertamento. Premesso: la domanda non statuisce solo su di un diritto ma anche su fatti ed anche su norme che devono anche essere conosciute dal giudice per potersi pronunciare. In dottrina e giurisprudenza si è discusso se è ammissibile la tutela di mero accertamento in ordine a fatti, o anche a norme. Sono esemplificati con degli esempi, sulla domanda di accertamento da parte del lavoratore verso il datore di lavoro in merito al t.f.r, che sta maturando o che maturare. Tale tipo di domanda è stata considerata inammissibile. In merito alla tutela di mero accertamento su norme vi è stato un caso di una norma di carattere tributario attraverso la quale si chiedeva una tutela stragiudiziale di interpretazione della norma stessa. 44 1.4. Considerazioni conclusive. Nell’ordinamento tedesco la tutela di mero accertamento è prevista e disciplinata. Nel nostro ordinamento è una tutela atipica in quanto si desume da delle norme, quali l’azione negatoria e l’art. 34 cp.c., inoltre la tutela deve essere anche non vessatoria da parte dell’attore nei confronti del convenuto, in definitiva di accertare una tutela di mero accertamento per arrecare danno al convenuto. Dall’altra parte vi è l’esigenza di carattere pubblicistico di economia processuale. In definitiva viene rimesso al potere discrezionale del giudice di accettare o meno una tutela di mero accertamento, esaminando caso per caso. 1.5. Natura contenziosa della tutela di mero accertamento: crisi di cooperazione causata dalla mera contestazione del diritto. Dopo aver accertato che la tutela di mero accertamento ha carattere atipico, una volta rilevato i limiti oggettivi vi è un ultimo rilievo. Nel caso non della violazione del diritto, ma il vanto di un terzo sul proprio diritto quando ancora il terzo non ha messo in atto il suo vanto, es. vanto del terzo su di un diritto di servitù, ma a livello di solo vanto ma non esercitato, il proprietario può chiedere attraverso una sentenza di mero accertamento l’esistenza del suo diritto. Con il filtro dell’art. 100 quindi il soggetto deve avere un interesse ad agire, si ha la tutela giurisdizionale volta ad accertare il diritto, ne emerge che il legislatore deve necessariamente prevedere una tutela di mero accertamento altrimenti ci sarebbe una violazione dell’art. 24.1.2 della costituzione. 1.6. Onere della prova e accertamento negativo del diritto. Ai sensi dell’art. 2697 l’onere della prova viene ripartito: Tra attore che deve dare prova dei fatti costitutivi qualora non avrà dato questa prova vedrà respinta la sua domanda. Il convenuto deve dare prova dei fatti modificativi impeditivi o estintivi. In italiana non sono ammesse le azioni di iattanza e sono quelle azioni con la quale si provoca il convenuto ad agire ( ad agendum) o a dare prova ( ad probandum), Invece si pone il quesito su di una tutela di mero accertamento negativo o meglio quando tocca all’attore dare prova di un fatto impeditivi , modificativo o estintivo che spettava al diritto del convenuto, non dando prova di tali fatti l’attore si vedrà rigettata la domanda ed il convenuto si vedrà dichiarato esistente il suo diritto. In questa ipotesi l’attore o il convenuto dovrebbero dare solo prova di un fatto o costitutivo oppure modificativo estintivo impeditivi, ed in questo caso si avrebbe una inversione della prova portando così alla prova diabolica. Invece nella tutela di accertamento negativo l’attore deve dare prova del fatto costitutivo vantato stragiudizialmente dal convenuto e solo quel fatto. Il convenuto d’altro canto deve dare sempre in relazione a quel fatto gli eventuali fatti impeditivi modificativi o estintivi. 45 2. LA TUTELA DI CONDANNA 2.1. Caratteristiche tipiche delle sentenza di condanna secondo la dottrina tradizionale. La sentenza di condanna è una sentenza tipica, e muove da tre dati di diritto positivo, dalla quale si parte per poter eseguire una accurata indagine sulla tutela di condanna. Trova il suo fondamento: 1. Nell’art. 474.1 c.p.c.3. In questo articolo quando si parla di sentenza, sia la dottrina che la giurisprudenza sono concordi nell’affermare che si riferisce alla sentenza di condanna, e non alla sentenza di mero accertamento e nemmeno alla sentenza costitutiva. In questo articolo invece non viene definito quando la sentenza di condanna diventa ad efficacia esecutiva e cioè mette in moto una esecuzione forzata. La risposta a questa domanda la troviamo nell’art. 282, 4 che definisce “ la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti, in più si combina con l’art. 337, dove viene definito che l’esecuzione della sentenza non è sospesa per effetti della impugnazione, se ne desume che l’efficacia esecutiva della sentenza è anticipata rispetto al momento in cui la sentenza<sarà passata in giudicato. 2. Nell’art. 28185 a costruire titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. In questo articolo viene definito che ogni sentenza che comporti il pagamento di una somma o all’adempimento di un’altra obbligazione , come lo sono anche le sentenze che contengono il risarcimento del danno, e che tale sentenza può dare luogo: a. all’iscrizione ipotecaria b. il decreto ingiuntivo. Anche in questa definizione non viene chiarito quando la sentenza diventa esecutiva, se si riferisce all’efficacia del giudicato, oppure all’efficacia esecutiva della sentenza. Nel silenzio della legge dottrina e giurisprudenza sono concordi nel definire che la sola sentenza di condanna, e non gli altri provvedimenti previsti al comma 2 del 2818, costituiscono il titolo sia per l’iscrizione giudiziale, sia per il decreto ingiuntivo. Iscrizione giudiziale: somma di denaro: se la condanna ha per contenuto il pagamento di una somma di denaro e tale somma sarà stabilita nella sentenza, questo permette al creditore insoddisfatto di vantare un diritto reale su di un bene del debitore ponendolo in una posizione privilegiata rispetto ai creditori chirografari, e quelli che si iscrivono successivamente iscrizione giudiziale sul bene del debitore. Altra obbligazione ( di fare non fare ecc.) l’iscrizione sarà la somma che il creditore ha iscritto nella nota di iscrizione, fatta eccezione la possibilità del debitore di chiedere la riduzione di tale somma. Quindi attraverso questa tipo di tutela oltre ad avere l’equivalente monetario è un modo per indurre il debitore all’adempimento spontaneo. 3 LIBRO TERZO- DEL PROCESSO DI ESECUZIONE - Titolo I - Del titolo esecutivo e del precetto. 474. Titolo esecutivo. — L’esecuzione forzata [c.c. 2910 ss., 2930 ss.] non può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile. Sono titoli esecutivi: 1) le sentenze (1), e i provvedimenti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva (2); 2) le cambiali (3), nonché gli altri titoli di credito (4) e gli atti ai quali la legge attribuisce espressamente la stessa efficacia (5); 3) gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli, relativamente alle obbligazioni di somme di danaro in essi contenute [475; c.c. 2699]. 4 282. Esecuzione provvisoria. (1) — La sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti [474]. 5 2818 Provvedimenti da cui deriva. — Ogni sentenza che porta condanna al pagamento di una somma o all’adempimento di altra obbligazione ovvero al risarcimento dei danni da liquidarsi successivamente è titolo per iscrivere ipoteca sui beni del debitore [1565, 2828, 2830, 2874; c.p.c. 96] (1). Lo stesso ha luogo per gli altri provvedimenti giudiziali ai quali la legge attribuisce tale effetto [2836; c.p.c. 655]. 46 Attraverso questo esercizio oltre a munirsi di un diritto reale, comporta lo spingere il debitore ad adempiere spontaneamente. Iscrizione giudiziale comporta due limiti: a. il primo che l’obbligato o il debitore debba essere un soggetto benestante o che abbia un patrimonio immobiliare. b. Il secondo che il creditore abbia disponibilità economiche per anticipare le rilevanti spese di iscrizione di ipoteca. 3. Ai sensi art. 29536 c.c. che sostituisce la prescrizione ordinaria alla eventuale prescrizione breve. Con la sentenza passato in giudicato, si crea l’effetto di sostituire la prescrizione breve originaria ad una prescrizione più lunga prevista per le sentenze di condanna generica ed ai provvedimenti giudiziali che hanno forma dalla sentenza quale il decreto ingiuntivo. 2.2. Duplicità di funzioni della tutela di condanna tutela di condanna e bene oggetto dell’obbligazione. La sentenza di condanna è indispensabile per un ordinamento giudiziario e soprattutto per attuare quella effettività alla legge sostanziale, questo tipo di tutela è quella maggiormente dotata di forza coercitiva. Inoltre la tutela di condanna assume connotati e funzioni diverse a seconda dei diversi bisogni di tutela: La tutela di condanna sia rivolta ad eliminare gli effetti di una violazione già effettuata. Il titolo avrà l’utile praticità di garantire l’utile praticità del diritto sostanziale, o utilità equivalenti es. nella forma del risarcimento del danno: o la violazione consiste nella distruzione dell’oggetto dell’obbligazione. o Il debitore non ha la disponibilità del bene che si era obbligato contrattualmente a consegnare o rilasciare. Qualora però il debitore non abbia un patrimonio anche attraverso l’espropriazione forzata il processo non sarà in grado di assicurare nessuna tutela giurisdizionale. La condanna sia diretta ad impedire che la violazione sia effettuata o ripetuta. In questo caso la condanna sarà quella di prevenire e non di reprimere la violazione, avendo come scopo la finalità di provocare l’adempimento spontaneo. Non si applicheranno le procedure di esecuzione forzata ma l’applicazione di misure coercitive, mirate ad inasprire il mancato adempimento, e stimolare l’adempimento spontaneo. 2953. Effetti del giudicato sulle prescrizioni brevi. — I diritti per i quali la legge stabilisce una prescrizione più breve di dieci anni, quando riguardo ad essi è intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato, si prescrivono con il decorso di dieci anni [c.p.c. 324]. 6 47 2.3. tutela di condanna e bene oggetto dell’obbligazione. La tutela di condanna può essere sia repressiva che preventiva ma per ben capire tale tutela occorre individuare del bene oggetto dell’obbligazione gli effetti della violazione e delle fungibilità o meno della prestazione. Nel caso vi sia la violazione dell’obbligo di pagare una somma di denaro, o di consegnare un bene mobile o immobile, è l’esempio classico di obbligazione fungibile. In caso di obbligazione di una somma il titolare del diritto potrà conseguire l’oggetto dell’obbligazione mediante la surrogazione di un terzo ( esecuzione forzata). Nel caso di una obbligazione periodico, es pagamento a rate o di un mutuo a rate, occorrerà ottenere una condanna in futuro per proteggere il titolare del diritto, o mettere in moto il procedimento di tutela mediante l’esecuzione forzata, qualora vi sia ancora violazione del diritto. Nel caso della violazione di obblighi di fare, occorre che tale obbligazione sia fungile. Se lo è occorrerà avere una sentenza che poi si attua mediante l’esecuzione forzata, che consiste nella sostituzione di un terzo all’obbligato Se il bene è infungibile occorrerà un tipo di condanna diversa che spinga l’obbligato ad adempiere spontaneamente. Questa distinzione tra fungibilità e infungibilità non è sempre così netta nella realtà. Ne è esempio il licenziamento illegittimo da parte del datore di lavoro, che consiste nel momento della reintegra, la fungibilità consiste nel consentire al dipendente l’accesso al luogo di lavoro, e una infungibilità, nella rassegnazione delle mansioni. Per quando riguarda gli obblighi di non fare, è il caso di una obbligazione negativa ed è infungibile, tale obbligo non può essere soggetto alla surrogazione di un terzo, e la condanna sarà comunque suscettibile di esecuzione forzata solo l’obbligo derivato dal disfare restituire pagare. Oppure sempre in caso di obbligazione di non fare vi sarà la condanna in futuro collegata alla tecnica delle misure coercitive, ma ciò detto deriverà solamente dal tipo di obbligazione di non fare. 1. Nel caso in cui la violazione consista in atti ad efficacia continua, es. nella costruzione di un’opera in violazione di una servitù, oppure di un licenziamento illegittimo, oggetto della condanna sarà nel primo esempio di disfare, nel secondo di reintegrare, se tale obbligo sarà fungibile si ricorrerà alla esecuzione forzata, se è infingile alle misure coercitive. 2. Nel caso di violazione con atti ad efficacia istantanea, e quindi suscettibili di essere ripetuti nel tempo. Es. della turbativa nell’esercizio della servitù, oppure atti discriminatori del datore di lavoro, in questi casi la condanna sarà non solo all’obbligazione della violazione del diritto, ma anche l’ordine di non ripetere più la violazione, c.d. condanna inibitoria, e quindi vi si potrà fare ricorso solo con le misure coercitive. 3. Nel caso di violazione con atti ad efficacia istantanea, non suscettibili di essere ripetuti nel tempo, es. turbativa occasionale del diritto di proprietà, la condanna sarà solo verso gli obblighi derivanti dalla violazione dell’obbligazione negativa, e quindi attraverso il risarcimento del danno. 48 2.4. Complessità strutturale e funzionale della tutela di condanna. La tutela di condanna può avere ad oggetto: 1. L’adempimento di obblighi già violati. Se l’obbligo è fungibile la condanna sarà attuata mediante l’esecuzione forzata. Se l’obbligo è tutto o in parte infingile la tutela di condanna si applicherà mediante le misure coercitive. Se l’obbligo violato consiste in un facere, la sua attuazione si avrà con l’accertamento del giudice, che produrrà normalmente quello che si sarebbe dovuto ottenere con l’adempimento spontaneo 2. L’adempimento di obblighi non ancora violati, l’attuazione della condanna si avrà attraverso le misure coercitive.nel caso invece di successive violazioni si avrà: a. la condanna sarà rivolta a reprimere la violazione b. munire il titolare del diritto di un titolo idoneo a reprimere la violazione non appena questa viene compiuta ( condanna in futuro) c. prevenire la violazione attraverso le misure coercitive per impedire l’obbligato di ripetere la violazione. 2.5. 2.5.1. Critica alla impostazione tradizionale della correlazione necessaria tra sentenza di condanna ed esecuzione forzata. Condanna ad obblighi infungibili. L’analisi della tutela di condanna si basa sui seguenti articoli di diritto positivo. Art. 474 c.p.c e 2818 e 2953 c.c. La dottrina ha inteso una forte correlazione tra sentenza di condanna ed esecuzione forzata.ma questa affermazione pone due interrogativi. La sentenza di condanna deve necessariamente essere accompagnata dall’esecuzione forzata, o basta la sola sentenza di condanna. Va premesso che l’esecuzione forzata è idonea a assicurare le sentenze di condanna: al pagamento di una somma di denaro. ( sia se l’obbligazione ha carattere pecuniario, oppure che sia una obbligazione sorte in seguito ad una violazione di diverso contenuto che sia diventata pecuniaria o fungibile) all’adempimento di un obbligo di rilasciare o consegnare un bene mobile o immobile, o di consegnare una cosa determinata, con il procedimento di esecuzione forzata si ottiene la consegna o il rilascio. All’adempimento di un obbligo di fare materialmente o giuridicamente fungibile es l’obbligo del locatore di eseguire la piccola manutenzione per conservare l’immobile in buono stato locativo . La tecnica dell’esecuzione forzata non si potrà invece applicare: 1. agli obblighi di fare materialmente o giuridicamente infungibili. 2. Di obblighi di fare, anche se fungibili che non siano eseguibili da un terzo. 3. Degli obblighi di non fare , azione inibitoria che prevenga la violazione del diritto. La correlazione tra sentenza di condanna e esecuzione forzata comporta queste due importanti conseguenze. In presenza di obblighi ( originari o derivati) o questi obblighi sono suscettibili di monetizzazione, se invece come previsto dalla nostra carta costituzionale, si tratta di diritti della persona, non suscettibili di monetizzazioni non si potrà applicare l’esecuzione forzata. La sentenza di condanna può azione solo una situazione repressiva della violazione ma non l’azione preventiva, per aversi tutela preventiva occorre che all’esecuzione forzata vi siano le misure coercitive. 49 2.5.2. Riesame degli art. 474 n.1 c.p.c., 2818 e 2953 c.c. L’art. 474, anche se disciplina la sentenza di condanna non dice nulla in merito agli obblighi che non sono suscettibili di esecuzione forzata. L’art. 2818 invece prende in esame le diverse sentenze e la loro attuazione mediante esecuzione forzata, anche per le violazioni che ancora non si sono verificate c.d. condanna in futuro. Mentre nell’art. 2953 prevede che la prescrizione breve qualora vi sia una sentenza di condanna, questa diventi più lunga. 2.5.3. Esame delle disposizioni di legge che prevedono esplicitamente ipotesi di provvedimenti di condanna aventi ad oggetto obblighi non suscettibili di esecuzione forzata. Gli art. 474 c.p.c e gli art. 2818 3 2953, impongono una correlazione tra sentenza esecutiva e esecuzione forzata, ma anzi vi sono numerose norme di diritto positivo che esplicitamente ammettano la sentenza di condanna, senza però l’obbligo della esecuzione forzata. Ma vi sono molte norme di diritto sostanziale che attribuiscono alla sentenza di condanna o la funzione repressiva, o la funzione preventiva, si esaminano ora diversi esempi: Gli art. 7 e 9 articoli relativi rispettivamente alla tutela del nome e dello pseudonimo, la stessa norma esplicitamente contengono il contenuto del provvedimento di condanna, che può avere ad oggetto: o Il risarcimento del danno che ha la funzione di eliminare gli effetti della violazione compiuta. o La cessazione del fatto lesivo ( funzione inibitoria) è diretto ad impedire la continuazione della violazione. In questo caso sono diritti di godimento, di una serie di obblighi di non fare a carattere continuativo. I diritti della persona non sono diritti a carattere patrimoniale. L’art. 949 disciplina il diritto di proprietà e l’art. 1079 disciplina il diritto di servitù, queste norme prevedono espressamente che oggetto della condanna possa essere: o Il risarcimento del danno o La rimessione in pristino o L’ordine di cessazione delle turbative molestie ed impedimenti, questo ordine serve ad impedire che la violazione venga ri perpetrata, ad esempio nella servitù il divieto di passare se non se ne ha il diritto. Questi sono diritti a contenuto patrimoniale, e va precisato che la stessa norma prevede la funzione repressiva e preventiva senza il ricorso alla esecuzione forzata.. L’art. 2599 dispone che la sentenza che accerti atti di concorrenza sleale ne inibisce la continuazione e da gli opportuni provvedimenti a finchè vengano eliminati gli effetti., l’art. 2600 inoltre che se tali atti sono compiuti con dolo o colpa, l’autore è tenuto al risarcimento del danno. In questo modello e ben delineata la funzione repressiva della condanna, e la funzione preventiva o inibitoria. o La funzione repressiva è quella di disfare di consegnare o rilasciare, o di astenersi dal compiere, oltre a predisporre il risarcimento del danno. o La funzione preventiva o inibitoria ad impedire la continuazione della violazione tramite la condanna all’adempimento in futuro. Anche in violazione del diritto d’autore, vi è la sentenza sia repressiva che preventiva. 50 Oltre alla funzione repressiva e preventiva il legislatore fa anche ricorso per ottenre l’adempimento spontaneo alle misure coercitive ecco alcuni esempi: L’art. 28 della legge 300/1970 disciplina il procedimento sommario del comportamento antisindacale del datore di lavoro. La disposizione di legge prevede infatti, sia la funzione repressiva, data dalla cessazione del comportamento la funzione preventiva o inibitoria, è dato anche dalla misura coercitiva, che in caso di mancato adempimento da parte del datore di lavoro si applica l’art. 650 c.p. Un ulteriore esempio va ricordato è il diritto alla reintegra al posto di lavoro per illegittimo licenziamento, previsto sempre dall’art. 18 della legge 300/1970. 2.5.4. Conclusioni. In definitiva va ricordato: 1. Nessuna norma di diritto positiva impone ad una sentenza di condanna l’esecuzione forzata. 2. Norme generali e speciali prevedono sia la sentenza di condanna, ma non suscettibile di esecuzione forzata. 3. La tutela di condanna è chiamata non solo alla funzione repressiva ma anche alla funzione preventiva o inibitoria. 4. L’ordinamento ammette diverse ipotesi di funzione preventiva con la sentenza di condanna, ma non correla una azione di esecuzione forzata. 3. LA TUTELA C.D. COSTITUTIVA 3.1. Premessa. Ai sensi dell’art. 2908 c.c. “ nei casi previsti dalla legge, l’autorità giudiziaria può costruire modificare o estinguere rapporti giuridici, con effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa.” Questa norma è importante in quanto solo nei casi previsti dalla legge quindi secondo un principio di tassatività si può ricorrere a questa tutela costitutiva. E’ una norma di carattere dommatico inserita nel codice anche per volere di Chiovenda, ma con ispirazioni al modello tedesco . 3.2. 3.2.1. Tecniche di produzione degli effetti sostanziali:schemi di teoria generale. Norma – potere – effetto. La norma è di carattere generale ed astratta, e disciplina solo quello che la norma stessa determina. I fatti e le pretese invece in relazione alla norma vengono determinati: nel potere contrattuale per quanto riguarda i privati: per la p.a. invece mediante degli atti che fanno sorgere la situazione di potere che viene determinata dalla norma generale ed astratta. Quando in relazione alla p.a. nascono delle contestazioni circa l’esercizio del potere, o della legittimità che il p.a. esercita verso il privato possono nascere delle controversie. E’ possono essere di due tipi: La nullità dell’atto della p.a. che esercita il potere, e quindi l’esercizio di tale azione può essere fatta valere da chiunque ne abbia interesse, in quanto deve essere determinata se la situazione soggettiva fatta nascere dall’esercizio del potere della p.a. è legittima oppure no. Oppure se una delle parti rileva illegittimità verificatasi nelle modalità di esercizio del potere, e chiudi si potrà chiedere la nullità dell’atto oppure l’annullabilità del provvedimento, che dovrà essere impugnato entro un determinato termine da colui o coloro che sono parte passiva ( che subiscono) tale provvedimento. 51 In ambedue i casi il giudice non potrà mai sostituirsi nell’esercizio del potere, ne alla p.a., ne tanto meno ai privati. Compito del giudice sarà quello di determinare se l’esercizio del potere è avvenuto conformemente alla legge, e verificare se tale potere è legittimo, qualora rileva illegittimità sia dell’atto in seguito al procedimento o dell’illegittimità del potere dovrà limitarsi all’annullamento dell’atto stesso. Il contenuto dell’atto sarà modificabile solo nel caso previsto al punto 2, sempre che l’esercizio sia esercitato dalla p.a. che ha il potere e sia legittimato a compiere quell’atto. Il legislatore demanda alla p.a. che diventa titolare del potere, non in toto, ma rimette attraverso la legge al potere della p.a. di determinare solo una parte di questa disciplina. Pertanto la parte residuale, che però è affidata alla legge, non sarà dell’esercizio del potere della p.a.. in questo determinato caso l’esercizio del potere per una parte è determinato dalla p.a. nell’altra parte è determinato dalla legge. In questo specifico caso il giudice rileverà sia nel merito che nella legge, senza incontrare alcun limite dovuto all’esercizio del potere della p.a. In questo caso si verifica il caso di norma-potere effetto. In questo caso si avrà non un mero accertamento da parte del giudice amministrativo, ma una espressione nel merito, in quando potrà verificare se l’atto della p.a. è conforme e quindi legittimo, sia per la parte di rilevanza della p.a. sia per la parte di conformità alla legge. Un analogo esempio si ha nei casi di società o di condominio quando gli atti della maggioranza, sono vincolanti anche per i soci minoritari, ed in questo che si rileva l’importanza del potere. 3.2.2. Norma – fatto – effetto. La norma contenuta in una legge sostanziale che è generale ed astratta ( che pero può anche essere un provvedimento amministrativo) può contenere all’interno la disciplina in caso di conflitto in ordine ai beni oggetto della norma, ed individua anche le situazioni soggettive che sono costitutive, impeditivi modificative o estintivi del diritto stesso. L’effetto che la norma produce è dato proprio dal ricollegarsi alla norma generale ed astratta di un determinato fatto che ne determina l’effetto. Portata in giudizio una determinata situazione soggettiva il giudice dovrà limitarsi ha dichiarare l’esistenza o l’inesistenza del diritto, sulla base dei fatti costitutivi , modificativi estintivi ed impeditivi, senza che le parti per il solo effetto della norma siano tenuti alla spendita di alcun potere dalle parti. Ne è esempio l’art. 922, dove vengono elencati i modi di acquisto della proprietà. Con il relativo esempio. 52 3.2.3. Norma – fatto – potere sull’an – effetto. La norma stabilisce gli interessi in conflitto, in merito al bene stabilisce le situazioni soggettive di pretesa di facoltà e di obbligo e soggezione che si ricollegano a determinati fatti, ma gli effetti sono subordinati all’esercizio del potere sostanziale, che è discrezionale, e deve essere esercitato unilateralmente dalla parte che attribuisce importanza a quel determinato fatto previsto dalla norma. Tali poteri si esercitano su tutti i fatti costitutivi modificativi o estintivi ed impeditivi, ma rispetto al caso precedente dove era la stessa norma che disponeva l’effetto, qui l’effetto è determinato dalla facoltà di esercitare il potere. Ne è esempio l’art. 1454, che stabilisce la diffida ad adempiere. In questo caso la norma sostanziale, predispone che una delle parti del contratto può ( e non deve ) diffidare l’altra parte ad adempiere, questo determina che è una parte che stragiudizialmente mette in atto il potere della norma sostanziale, ed in seguito a tale diffida si può poi agire giudizialmente per la risoluzione del contratto. Un altro esempio è l’art. 1456 che disciplina la clausola risolutiva espressa. Tale ipotesi si esercita mediante l’esercizio dell’azione e durante il processo, rientra nell’alea delle eccezioni in senso stretto che fanno fatte rilevare, in quanto non sono rilevabili in senso lato d’ufficio. Le eccezioni in senso stretto acquisiscono importanza, solo se la parte che ne ha diritto le fa rilevare. Questo tipo di diritto viene definito anche diritto potestativo sostanziale e si basa sulla sola rilevabilità della parte che ha interesse a farla rilevare.questo determina solo an del prodursi dell’effetto, ma la norma non contiene il contenuto degli effetti. Quindi oggetto del giudicato sarà il diritto che si fa valere in giudizio e quindi se si opera per la risoluzione del contratto ai sensi del 1454, il giudice statuirà su quel diritto fatto valere in giudizio. Va precisato il diritto potestativo sostanziale si esaurisce nel momento che viene fatto valere o in via stragiudizialmente o giudizialmente. Quindi nel processo si darà rilevanza non al diritto, ma al diritto potestativo che quindi modifica estingue o impeditivi del diritto previsto dalla norma sostanziale. 3.2.4. Norma – fatto – potere sull’an – accertamento giudiziale – effetto. 3.2.5. Premessa. La norma giuridica detta la disciplina degli interessi in conflitto in merito ai beni e stabilisce anche le situazioni soggettive di facoltà, pretesa obbligo e soggezione, ma tale norma per produrre gli effetti deve essere esercitato il potere sostanziale che la partedeve ricondurre con il fatto riconducibile alla norma ed inoltre la tutela giuridica deve accertare l’esistenze o meno del diritto. Il procedimento del giudice di ricolleggare il fatto costitutivo alla fattispecie e quindi alla norma è la c.d. azione costitutiva, che si sviluppa: l’oggetto del processo è un diritto potestativo a necessario esercizio giudiziale. effetto giuridico, viene collegato dal legislatore all’accertamento giudiziale dell’esistenza del diritto potestativo a necessario esercizio giudiziale. 53 3.2.5.1. Dati sicuri e dati problematici della riflessione dottrinale sul c.d. diritto potestativo a necessario esercizio giudiziario: in particolare l’oggetto del processo e del giudicato. 3.2.5.2. 3.3. Necessità di sottoporre a revisione critica la categoria delle azioni costitutive. La tutela c.d. costitutiva come strumento di attuazione coattiva di pretese insoddisfatte a causa dell’inadempimento di obblighi consistenti nell’emanazione di dichiarazioni di volontà. 54 CAPITOLO V I PRINCIPI FONDAMENTALI DEL PROCESSO 1. IL PRINCIPIO DELLA DOMANDA 1.1. Premesse Con l’affermazione nell’art. 99 c.p.c. “ il principio della domanda” Chi vuole far valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al giudice competente. Tale articolo si combina con il 112 c.p.c.“ Corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. “Il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa e non può pronunciare d’ufficio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle parti. Nonché art. 101 Principio del contraddittorio. Il giudice, salvo che la legge disponga altrimenti (1), non può statuire sopra alcuna domanda, se la parte contro la quale è proposta non è stata regolarmente citata e non è comparsa. In questi tre articoli vi sono racchiusi i principi della domanda, che deve essere esercitata solo da chi vuole fare valere un proprio diritto, la corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, da parte del giudice, ed il contraddittorio tra le parti. 1.2. La “ratio” del principio della domanda. La ratio del principio della domanda si fonda sull’art. 99, e quindi si afferma che chi vuole fare valere un suo diritto deve proporre l’azione davanti ad un giudice, tale azione comunque oltre alla persona che vuole farla valere, può in riferimento all’art. 2907. “Attività giurisdizionale. — Alla tutela giurisdizionale dei diritti provvede l’autorità giudiziaria su domanda di parte [c.p.c. 99] e, quando la legge lo dispone, anche su istanza del pubblico ministero [67, 852, 1025, 117, 119, 125, 336, 417, 418, 848, 2098, 2409, 2450; c.p.c. 69] o d’ufficio. La tutela giurisdizionale dei diritti, nell’interesse delle categorie professionali, è attuata su domanda delle associazioni legalmente riconosciute, nei casi determinati dalla legge e con le forme da questa stabilite [c.p.c. 409 ss.] Il diritto di promuovere l’azione può essere esercitato o da una parte che vuole fare valere un suo diritto oppure nei numerosi casi disciplinati dalla legge tale azione può essere promossa dal Pubblico Ministero. Inoltre si afferma anche un principio affermato nell’art. 111.2 della costituzione è cioè della terzietà ed Imparzialità del giudice, che deve essere sempre pronto alla chiamata in causa da parte del cittadino che intende promuovere l’azione a difesa di un suo diritto che crede leso. In questo si evince che vi è il trincio della domanda da parte di chi vuole affermare un suo diritto, e il principio del giudice che deve rispondere alla domanda.. Ma oltre questo al giudice viene affidato un altro problema quella della sua funzione pubblica, e quindi di esercitare la funzione nell’interesse pubblico, e di stimolare la funzione giudicante ( Calamandrei). Questa figura è il Pubblico Ministero sia nel processo civile che penale. 1.3. Eccezioni al principio della domanda Vi sono delle eccezioni a tale principio né è d’esempio l’art. 336.3, seconda la quale in caso di urgente necessità il tribunale dei minori può adottare anche d’ufficio provvedimenti temporanei nell’interesse del figlio. Ma tale esempio si ritrova anche nel 330, e nel 333. 55 1.4. Art. 99 c.p.c e 2907 c.c. L’art. 99 promuove l’azione da parte di chi vuole fare valere un proprio diritto, in questo articolo oltre ad affermarsi il principio della domanda si afferma anche il principio dell’azione, in riferimento anche all’art. 24 Cost. che afferma “ Che tutti possono stare in giudizio per la tutela dei propri diritti” L’art. 2907, sarebbe inteso come un inutile doppione dell’art. 99, ma fa eccezione in quanto disciplina anche l’azione che oltre alla parte, o meglio alla persona che vuole fare valere un suo diritto può essere mossa, dal Pubblico ministero. Inoltre si afferma un ‘altra importante eccezione, e che se la domanda viene stimolata dalla parte, vi può essere il caso, della titolarità dell’azione che stante all’art. 24 Cost. affermerebbe che tutti possono stare in giudizio. Fornendo una argomentazione al contrario, basta vedere l’art. 69 ed 81, nel primo articolo è la stessa legge che disciplina i casi in cui il pubblico ministero può agire in giudizio, e l’art. 81 afferma che nessuno può stare in giudizio al posto di un altro solo nei casi espressamente disciplinati dalla legge. Questi due articoli, insieme derogano, e comunque tutelano l’art. 24 Cost. 1.5. Il principio della domanda e la sua distinzione da altri principi generali del processo ad esso limitrofi. Il principio della normale correlazione tra titolarità del diritto sostanziale e titolarità del diritto di azione. La ratio della domanda non trova il suo fondamento nella autonomia privata, ma bensì nella correlazione tra la titolarità del diritto sostanziale, e la titolarità del diritto d’azione, che affonda la sua ratio nell’autonomia privata. Principio della domanda e il principio del divieto di utilizzazione del sapere privato da parte del giudice. In questo principio si evince che il giudice non può mettersi a ricercare fatti che non siano desumibili, dagli atti, quindi è fatto divieto al giudice anche in base all’art. 97 disposizioni d’attuazione, di ricevere informazioni sulle cause pendenti dinnanzi a se, e non può ricevere memorie a meno che non siano depositate in cancelleria. Inoltre il giudice non può desumere che fatti notori ( es.lo sciopero, una calamità naturale, quale il terremoto ecc.) Il principio della disponibilità delle prove. Questo è un principio di mera tecnica processuale, e comunque tutte le prove devono essere presentate dalle parti, ed è fatto divieto al giudice del suo sapere privato. Le prove si dovranno evincere dagli atti o da fatti notori. Il principio della domanda e dell’onere delle prove, i due principi non hanno nulla in comune tra domanda ed onere della prova. Le prove sono quelle presentate in giudizio dalle parti, ed ognuno presenterà quelle che riterrà più opportune, e che giovino alla propria causa. Non è espressamente previsto chi debba allegare al giudizio fatti costitutivi, modificativi ed estintivi. Una prova ormai assunta in giudizio può essere usata dal giudice e non importa chi l’abbia dedotta in giudizio. Il principio della domanda e onere della allegazione dei fatti. La parte che fa la domanda individua il diritto fatto valere in giudizio, e per meglio chiarire allegherà dei fatti, questo è un onere perché chi agisce in giudizio deve dare prova delle sue affermazioni, e così se afferma di essere proprietario deve allegare il contratto di proprietà. Ma vi sono dei fatti che possono emergere, e che la parte non aveva presentato, dagli atti del processo, e possono essere le prove . 56 Il principio della domanda e principio iura novit curia. Il monopolio della parte del diritto fatto valere in giudizio, ma non l’interpretazione della norma generale ed astratta ricollegabile a quel diritto. Vi è dunque il principio del monopolio delle parti in contrapposizione al trincio iura novit curia, che esalta il monopolio del giudice. Va precisato comunque in relazione ai diritti autodeterminati, e soprattutto nelle ipotesi di concorso di diritti, che il principio iura novit curia viene ristretto a favore del principio della domanda. 1.6. Principio della domanda e principio d’impulso di parte. Cenni sull’estinzione del processo di cognizione. La domanda giudiziale e il diritto d’azione. Attraverso il principio della domanda si mette in moto il processo attraverso il principio di impulso di parte riguarda la necessità di proseguire o meno il processo, che deve essere sostenuto da un costante impulso di parte, che a differenza del principio della domanda che deve essere sempre rispettato, il principio di impulso di parte riguarda un problema di mera tecnica processuale. Il principio di impulso di parte si attua in questa prima ipotesi disciplinata nell’art. 181.1 e 309, se nessuna delle parti non compare in udienza il giudice riconvoca le parti in una udienza successiva. Se nessuna delle parti compare nella seconda udienza il giudice dispone con ordinanza la cancellazione della causa dal ruolo, e se il processo non viene riassunto entro un anno si estingue. Nell’art. 181.2 e 290 se nel corso della prima udienza, l’attore non compare, o di contumacia dell’attore, il processo prosegue solo se il convenuto ne fa richiesta altrimenti la causa viene cancellata dal ruolo, ed il processo si estingue istantaneamente. L’art. 307.4 disciplina che il giudice non può pronunciare l’estinzione della causa dal ruolo d’ufficio, ma solo su eccezione di parte. Quelli su elencati sono atti di mera tecnica processuale diversa importanza invece hanno le disposizioni che disciplinano le c.d. rinuncia agli atti del giudizio 309 e 629 quindi le parti rinunciano agli atti provocando così che il giudice non si pronunci nel merito, e comportando l’estinzione della causa. L’estinzione del processo: il codice disciplina l’estinzione del processo di cognizione negli art. 306 a 310, mentre per i processi esecutivi dagli articoli 629 a 631. Il processo di cognizione si estingue o a seguito della emissione della sentenza. Per inattività delle parti: o Tale inattività può essere semplice, ed il processo si estingue istantaneamente, oppure dopo una fase di quiescenza di un anno ( in questo periodo una delle parti può mettere in moto il processo attraverso la riassunzione). disciplinata dalla mancata costituzione dell’attore 290; Mancata comparizione dell’attore alla prima udienza 181.2; Mancata comparizione di entrambe le parti alla prima udienza o alla udienza successiva stabilita dal 181.1 e 309. Mancata prosecuzione o riassunzione del processo interrotto o sospeso art. 305 297; La riassunzione viene disciplinata dall’art. 125 disp. Attuazione. In seguito alla mancata riassunzione l’estinzione istantanea viene dichiarata d’ufficio dal giudice. Ma se la causa viene riassunta oltre il termine di un anno, il giudice non può d’ufficio estinguere il processo, fatta eccezione che una delle parti eccepisca tale decorrenza del termine, solo dopo il rilievo di eccezione il giudice potrà emettere ordinanza di estinzione del processo. 57 Un’altra specie di inattività e quella che deriva per legge da un vizio del processo, il giudice deve porre in essere una fattispecie sanante, che è costituita dal fissare o alla parte o alle parti un termine perentorio entro il quale sanare il vizio per fare sfociare il processo in una sentenza o decisione di merito. Art. 164.2.5. 291,102. in questo caso la parte che non effettua l’attività sanante nel termine perentorio fissato dal giudice, questa è definita inattività qualificata in quanto non è un generico difetto d’impulso ma bensì la violazione di una fattispecie sanante. Questo comporta l’estinzione immediata del processo che viene dichiarata dal giudice art. 307. Per rinuncia agli atti d’ufficio. La rinuncia agli atti deve avvenire mediante una dichiarazione di rinuncia e di accettazione ( del convenuto) Tali dichiarazioni devono essere fatte, o dalle parti o dal procuratore se muniti di specifica procura. In caso di rinuncia il rinunciante salvo diverso accordo deve rimborsare le spese alle parti, la liquidazione viene effettuata dal giudice istruttore con ordinanza non impugnabile. L’estinzione del processo sul piano tecnico è una questione pregiudiziale di rito idonea a definire il giudizio. L’art. 279.2 prevede che l’estinzione del processo sia con sentenza, ma lo stesso articolo 308, prevede che la controversia che penda dinnazi al giudice di tribunale, l’estinzione sia pronunciata con ordinanza, tale ordinanza è reclamabile nelle forme previste dal 178, qualora venga respinto il reclamo, ( quindi il processo è estinto) dovrà essere emessa la sentenza ( che è impugnabile nei modi previsti) In caso di accoglimento del reclamo ( quindi il processo non è estinto) emette ordinanza non impugnabile. In caso di errore o da parte del giudice monocratico o collegiale, ed venisse emessa al posto della sentenza l’ordinanza di estinzione del processo, si intenderà a questo ordinanza la forma di sentenza. Gli effetti dell’estinzione del processo, sono descritte dall’art. 310. 1. L’estinzione del processo non preclude una successiva domanda sullo stesso diritto. 2. L’estinzione rende inefficaci tutti gli atti del processo con quattro eccezioni: a. alla estinzione sopravvivono le sentenze di merito pronunciate nel corso del processo, e sono le sentenze non definitive di merito e quindi in merito alla efficacia sopravvivono le sentenze che si sono pronunciate su questione pregiudiziale ( art. 34) e l’efficacia sarà quella del giudicato sostanziale 2909 ed avrà efficacia anche in successivi processi.Se invece sarà una sentenza su di una mera questione pregiudiziale , la sua efficacia sarà quella c.d. panprocessuale, e avrà preclusione esterna, ma servirà solo in caso di un successivo giudizio, nel caso venga riproposta la stessa domanda giudiziale. b. Le sentenze che regolano la competenzae di giurisdizione, e si intendono anche le sentenze pronunciate dalla Corte di Cassazione che avrà efficacia panprocessuale. c. Le prove libere raccolte nel processo estinto avranno valore come argomento di prova nel successivo processo. d. Le ordinanze di pagamento di somme, di ingiunzione e le sentenze cautelari c.d. anticipatorie. Le spese del processo estinto restano a carico delle parti che le hanno anticipate. 58 1.7. La domanda giudiziale e il diritto d’azione. Disquisizione in merito al diritto di azione e diritto sostanziale. 1.8. la domanda proposta a giudice incompetente. La domanda secondo il trincio sancito dall’art. 99 deve essere presentata ad un giudice competente ma la domanda è valida anche se è presentata ad un giudice diverso. 2. IL PRINCIPIO DELLA PRONUNCIATO. CORRISPONDENZA TRA CHIESTO E IL L’art. 112 allarga il principio della domanda estendendo il principio del chiesto e del pronunciato. Sono estranei all’art. 112 le questioni di tipo processuale quali la giurisdizione di competenza e legittimazione ad agire. Il giudice in definitiva deve pronunciarsi su tutta la domanda, ma non oltre la domanda stessa ed in questo incontro sia un limite positivo che negativo. Il limiti positivo: Per verificare che l’art. 112 non sia stato violato, occorre verificare la corrispondenza del pronunciato con la domanda posta così come specificato dall’art. 189. Ed infine la sentenza dichiarativa dell’esistenza del diritto deve pronunciarsi sia sui fatti costitutivi, ed sui fatti impeditivi, modificativi ed estintivi allegati e sulle eccezioni che il convenuto ha sollevato. Il limite negativo: il vizio di ultrapetizione, si ha quando il giudice si pronuncia al di là della domanda dell’attore o su eccezioni in senso stretto che non erano state fatte valere dal convenuto. Questo è il caso di error in procedendo, che vizia la sentenza nel momento della sua formazione, e ne determina la nullità, art. 161.1, che può essere sanato ho attraverso l’appello o il ricorso per cassazione. o Es. 1 sulla domanda del mero accertamento del diritto la sentenza sarà viziata se oltre all’accertamento del diritto vi sarà anche la condanna. o Es. 2 in caso di chiesto della condanna all’adempimento dell’obbligazione, e dei relativi interessi, la sentenza sarà viziata se statuirà oltre alla condanna anche al maggior danno da rivalutazione monetaria. Il vizio di omissione di pronuncia è l’omessa pronuncia sulla domanda subordinata, poiché il giudice ha accolto la domanda principale. Salvo che l’attore vittorioso potrà riproporre quella domanda nell’appello c.d. domanda assorbita. Se invece vi è il rigetto della domanda principale il giudice dovrà statuire sulla domanda subordinata. Il vizio di pronuncia potrà essere totale o parziale: o Omissione totale integra gli estremi del diniego di giustizia e comporta la responsabilità civile del magistrato, è il caso in cui il giudice non compia gli atti del suo ufficio, e quindi la parte può promuovere istanza per ottenere il provvedimento, se il giudice entro 30 giorni dalla data del deposito, non ottemperando, si potrà agire per il risarcimento del danno verso lo stato e la responsabilità civile del magistrato. La domanda rimasta pendente non potrà essere riproposta. 59 o Omissione parziale è un vizio di attività, ed è quando il giudice non si pronuncia su tutta la domanda. Es. oggetto della domanda del capitale degli interessi e del maggior danno, il giudice con sentenza deliberi sul capitale omettendo gli interessi ed il maggior danno. Questo tipo di vizio è di error in procedendo vizia la sentenza nella sua formazione, ed è soggetta alla nullità della sentenza fatta valere o per appello o per cassazione. Se non viene impugnata la sentenza, con il passaggio in giudicato, questa si sana. Se la sentenza è su di una parte della domanda, il non far valere l’impugnazione sana il vizio. Se invece il giudice con la sentenza si è pronunciato solo su di una domanda senza pronunciarsi sull’altra, anche se la sentenza è passata in giudicato si potrà riproporre la domanda dove non vi è stata pronuncia. 3. IL PRINCIPIO DEL CONTRADDITTORIO 3.1. Premesse L’art. 101 disciplina il contraddittorio tra le parti audiatur et altera pars che è un principio fondamentale del processo civile, sancito inoltre dall’art. 24.2 della costituzione. Il principio del contraddittorio, inoltre si ha in quando la domanda è bilaterale, ed entrambe le parti devono poter esercitare il principio del contraddittorio, che trova conferma nell’art. 3 della Costi. Nel principio di uguaglianza. 3.2. Il principio del contraddittorio nella dottrina classica. Secondo la dottrina classica il principio del contraddittorio deve avere lo scopo di contraddire: Garantire l’uguaglianza delle parti nel processo, ciascuna parte deve poter fare quello che fa l’altra. Attraverso il contrasto delle parti il giudice deve essere messo nelle migliori condizioni per decidere. Inoltre l’uguaglianza delle parti deve essere sia sul piano formale che sostanziale. 3.3. Le integrazioni necessarie ( Cenni sull’esistenza giudiziaria ai non abbienti). L’uguaglianza sostanziale delle parti viene sancita dall’art. 24.3 della Cost. sino al 2002, vi era una legge del 1923 che prevedeva il gratuito patrocino dei non abbienti, ma era una legge antiquata, con la legge del 2002, si è avuto comunque un radicale cambiamento per quanto riguarda il patrocinio dei non abbienti. A livello della effettività della eguaglianza sostanziale delle parti questa non sarà mai possibile a meno che non vi sia un potere di intervento del giudice che funzioni da pungolo. 60 3.4. Esegesi dell’art. 101. L’art. 101 “ Il giudice, salvo che la legge disponga altrimenti non può statuire sopra alcuna domanda, se la parte contro la quale è proposta non è stata regolarmente citata e non è comparsa” . Premessa la prima fase che è volta al principio del contraddittorio, una prima analisi della seconda parte dell’articolo del c.p.c, sembrerebbe che la parte se non si costituisca il giudice non può statuire, ma di fatto una simile interpretazione stride con l’istituto della contumacia, quindi l’art. 101, va interpretato: Che il giudice non può statuire su alcuna domanda se la parte contro la quale la domanda è proposta non è stata regolarmente citata, o vi sia un difetto nella notificazione dell’atto. Quindi implica un rispetto del contraddittorio, per la quale la parte deve essere regolarmente citata per potere esercitare tale diritto al contraddittorio. 3.5. Realizzazione posticipata del contraddittorio. Salvo che la legge disponga altrimenti questo inciso, indica l’ipotesi che la legge possa disporre diversamente in merito al principio del contraddittorio e ciò si concretizza nelle ipotesi in cui, avviare il contraddittorio, metterebbe in pericolo lo stesso diritto inaudita altera parte. E sono quei casi in cui: L’avvio della fase del contraddittorio metterebbe a repentaglio l’efficacia del provvedimento giurisdizionale, tipo il sequestro o il decreto ingiuntivo, salvo successivamente fare valere il contraddittorio, attraverso l’impugnazione del decreto ingiuntivo. Il caso il diritto da attuare siano talmenti urgenti da non sopportare un contraddittorio, il diritto alla vita ecc. Non viene fatto valere il contraddittorio per la particolare natura della prova dei fatti costitutivi del diritto fatto valere in giudizio. 3.6. Principio del contraddittorio e legittimazione ad agire. La legittimazione ad agire non può essere inserita nell’esegesi dell’art. 101, invece ha importanza stabilire se il soggetto contro la quale la domanda è stata posta sia legittimato ad agire vedi il caso dell’incapace. 3.7. Cenni sul processo contumaciale. La contumacia dell’attore è disciplinata dalla inattività. Si passa ora ad esaminare la contumacia del convenuto. Per il nostro ordinamento il contumace ha un comportamento neutro, egli può costituirsi in giudizio ed esercitare i suoi diritti oppure rimanere contumace, non esercitando nessun potere e questo non viene visto negativamente dal legislatore. La contumacia del convenuto, non implica l’ammissione dei fatti contestati dall’attore, anzi quest’ultimo ha l’onere di provare i fatti per la quale ha proposto l’azione, sarà senz’altro più agevolato visto l’inattività del convenuto. La contumacia viene pronunciata dal giudice nel corso della prima udienza, se verifica la validità dell’ atto di citazione, in difetto, se questa è nulla ordina la rinnovazione della citazione, e se il convenuto non si costituisce alla seconda udienza, verrò dichiarata la contumacia. La parte dichiarata contumace, potrà costituirsi in ogni stato del processo, fatta eccezione nel momento in cui la causa venga rimessa al collegio, e non può più compiere atti preclusi dallo stato del processo. 61 Con la dichiarazione di contumacia il processo continua ma al contumace gli atti del processo non saranno comunicati, ma vi sono alcune deroghe: Le comparse contenenti nuove domande o domande riconvenzionali andranno notificate a pena di nullità, La mancata notificazione comporta la nullità che può essere rilevata d’ufficio, e potrà essere eccepita dal contumace in caso di costituzione tardiva. L’ordinanza che ammette l’interrogatorio formale ed il giuramento. La mancata notificazione impedisce al giudice di tenere conto della mancata risposta e ne determina la nullità della sentenza che si potrà sanare mediante impugnazione. l contumace andrà notificata anche la scrittura privata che era mancate negli atti precedenti non erano stati notificati. 4. IL PRINCIPIO DI LEGALITÀ E LE PRONUNCE SECONDO EQUITA’ L’art. 113 enuncia il principio secondo la quale il giudice nel pronunciare sulla causa deve seguire le norme di diritto, salvo che la legge gli attribuisca il potere di agire secondo equità. Il giudice inizialmente nel pronunciare la causa deve attenersi alla legge, qualsiasi, ed in caso di cittadino straniero, tenere in considerazione le norme di diritto internazionale. 62 CAPITOLO SESTO I REQUISISTI DI FORMA-CONTENUTO DEGLI ATTI PROCESSUALI E LA RELATIVA DISCIPLINA SOMMARIO 1. I REQUISISTI DI VALIDITA’ DEL PROCESSO IN GENERALE Il processo ha un suo rito ben organizzato dalla legge. Ma può accadere che il processo nel corso del suo svolgimento venga affetto da vizi. Il processo per essere valido deve essere stato validamente instaurato ed anche lo svolgimento deve attenersi alle leggi processuali. Per essere validi sia lo svolgimento che l’instaurazione vanno rispettati determinati criteri: Che gli atti del processo siano posti in essere con il rispetto dei requisiti formali c.d. di forma-contenuto, che sono indicati dalla legge. Gli atti devono svolgersi secondo una sequenza temporale analiticamente predeterminata, nel rispetto anche dei termini perentori, previsti dalla legge o dal giudice, che attua la legge. Gli atti devono essere posti in essere da soggetti ( parti e giudice) che devono essere muniti di requisiti soggettivi c.d. requisiti extra-formali, quali: o costituzione del giudice. o Giurisdizione. o Competenza. o Capacita di essere parte. o Capacità processuale. o Difesa tecnica. o Legittimazione ad agire. o Integrità del contraddittorio. o Interesse ad agire. Si passa ora ad esaminare i vizi che possono derivare dai vizi formali e dai vizi exraformali. Va precisato che l’azione promossa dall’attore mira ad ottenere dal giudice una sentenza non di mero rito, ma che il giudice stabilisca chi ha torto o ha ragione. 2. PREMESSA AI REQUISITI DI FORMA-CONTENUTO Il processo ha alcuni capisaldi che è meglio ripetere. L’azione è il complesso di poteri processuali che si snodano all’interno dei un procedimento in contraddittorio. Il diritto di difesa è un complesso di norme processuali che si svolgono all’interno di un procedimento in contraddittorio. ( non sono sempre doverosi, ma se esercitati servono al regolare svolgimento ed il rispetto delle forme e dei tempi indicati dalle leggi processuali). La giurisdizione è un insieme di poteri del giudice destinati a snodarsi all’interno del procedimento in contraddittorio. Questi poteri esercitati all’interno del procedimento consistono: L’atto di inizio del procedimento, e quindi la proposizione della domanda da parte dell’attore, con cui chiede di fare valere in giudizio un suo diritto. Un insieme di atti che servono allo svolgimento del contraddittorio, quali eccezioni, domande riconvenzionali, rimessione in termini ecc. Il provvedimento emesso dal giudice o sentenza. La caratteristica del procedimento giurisdizionale è dato dalla caratteristica che viene attivato a richiesta di una parte ( attore) ma ogni atto è funzionale all’esercizio del potere giurisdizionale. 63 3. LO SCOPO QUALE METRO DELLA VALIDITA’ E INVALIDITA’ DEGLI ATTI PROCESSUALI. Ogni atto processuale ha dei requisisti di forma –contenuto. Dalla lettura degli art. 121 ( disciplina la libertà di forme per gli atti del processo) dalla lettura 131, si rileva il tipo di forma che la legge prevede per i provvedimenti in generale. Ma attraverso la lettura dell’art. 156, si rileva: 156. Rilevanza della nullità. — Non può essere pronunciata la nullità per inosservanza di forme di alcun atto del processo, se la nullità non è comminata dalla legge.. Può tuttavia essere pronunciata quando l’atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo [121]. La nullità non può mai essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato. Dalla lettura dell’art. 156 , si evince al comma 1 che la nullità non può essere pronunciata se non è prevista dalla legge, e quindi l’atto deve attenersi ad un rigido formalismo. Ma dalla lettura dei comma successivi si viene subito smentiti: comma 2° emerge che pur avendo l’atto tutti i requisisti formali, è comunque nullo quando non raggiunge lo scopo, si deduce che oltre al requisisto della forma l’atto deve essere funzionale al raggiungimento dello scopo, ed inoltre la nullità che ciò comporrebbe può essere sanata. Comma 3° si deduce che se l’atto che ha prodotta la nullità non raggiunge lo scopo, lvi è nullità. Ma la nullità si sana se l’atto raggiunge lo scopo. Es. si propone richiesta di domanda, e viene dato al convenuto il termine di 87 giorni per la domanda di risposta: ( il requisito previsto dalla legge è di 90 giorni) se il convenuto, si presenta all’ udienza, anche se l’atto era nullo, in violazione dell’art. 163 bis, lo scopo dell’atto è stato raggiunto,( si ha in questo caso convalidazione oggettiva) e quindi la nullità è sanata. Ma se tale nullità ha impedito al convenuto di costituirsi l’atto è nullo, e quindi si incomincia tutto da capo. Quindi ai sensi art. 157, la parte che ha convalidato l’atto nell’esempio su menzionato il convenuto, che ha convalidato con la presentazione l’atto che era nullo compie una (convalidazione soggettiva) della nullità, poiché ha rinunciato a far rilevare l’invalidità. 4. LA CONVALIDAZIONE OGGETTIVA, LA CONVALIDAZIONE SOGGETTIVA E LA RINNOVAZIONE DEGLI ATTI NULLI I vizi di forma contenuto sono soggetti alla convalidazione oggettiva, ed alla convalidazione soggettiva art. 156.3. ma si basano sul principio della strumentalità delle forme rispetto allo scopo. L’art. 157 Rilevabilità e sanatoria della nullità. — Non può pronunciarsi la nullità senza istanza di parte, se la legge non dispone che sia pronunciata d’ufficio [158, 164]. Soltanto la parte nel cui interesse è stabilito un requisito può opporre la nullità dell’atto per la mancanza del requisito stesso, ma deve farlo nella prima istanza o difesa successiva all’atto o alla notizia di esso. La nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa, né da quella che vi ha rinunciato anche tacitamente. Al comma 1, viene stabilito che per pronunciarsi sulla nullità occorra l’istanza di parte, a meno che la legge non la disponga d’ufficio. Ma al comma 2° è anche stabilito che il soggetto che deve chiedere nella prima istanza o successiva all’atto, o nel momento in cui ha notizia dell’atto nullo, deve farne richiesta, altrimenti pur avendone avuto notizia incorre nella convalida soggettiva. Le regole che si evincono sono coerenti con il principio di strumentalità. 64 Si noti inoltre che se la parte che aveva motivo di dolersi, non chiede l’annullamento, in seguito non può più dolersi. Art. 157, però non dice nulla in merito all’esercizio del potere del giudice, e si suppone che se il diritto fatto valere in giudizio, fosse viziato e rilevabile d’ufficio sarebbe lo stesso giudice a doverlo rilevare, in quanto il giudice è l’organo terzo garante della legittimità del procedimento. Il giudice ha il compito di eliminare l’atto viziato, e sostituire tale atto.Tale meccanismo è detto della rinnovazione - rimessione previsto all’art. 162 e quindi il giudice che si pronuncia sulla nullità deve provvedere alla rinnovazione degli atti. 5. RETROATTIVITA’ O IRRETROATTIVITA’ DELLE SANATORIE L’art. 156 tace sulla retroattività della convalida. Si presume comunque che la convalida soggettiva ha sempre carattere retroattivo8 in quanto se l’atto nullo, non viene denunciato, e nella successiva udienza il convenuto fa proseguire il processo, e chiaro che la convalida retro agisce al momento della convalida che è il momento dell’atto nullo. Invece si pone il problema in merito alla rimessione – rinnovazione prevista dall’art. 162. Va innanzitutto accertato il tipo di difetto di forma-contenuto, per stabilire se si può retro agire. Es. 1. la domanda è invalida in quanto il petitum o meglio il diritto fatto valere in giudizio non è chiaro. In questo caso l’atto è nullo per due motivazioni. L’attore non ha potuto esercitare il suo diritto processuale, ma neanche le altre parti. ( in convenuto non sa qual è il diritto che l’attore vuole fare valere in giudizio e quindi non sa come difendersi). In questo caso sarebbe il caso di parlare di inesistenza in quanto con un difetto di questo genere con si attiva la possibilità di esercitare poteri processuali correlati. Es. 2 nel caso in cui pur avendo i requisiti di forma – contenuto valido, es. nell’atto non è scritta la data dell’udienza, e quindi si attiva un potere processuale, ma non consente l’esercizio del potere, (processuale del convenuto che non sa in quale data deve presentarsi all’udienza) fermo restando che il convenuto può sempre effettuare una convalida soggettiva presentandosi all’udienza, ma nello stesso tempo, si possono avere due tipi di effetti: o Primo problema: le parti incorrono nell’errore sul rito, e quindi la sanatoria avrà efficacia ex nunc retro agendo alla fase prima del processo. Il primo esempio attua in pieno il principio che l’atto nullo si convalida da solo se raggiunge lo scopo. ( questa è l’ipotesi preferita dal nostro ordinamento) o Secondo problema: La sanatoria opererà si ex nunc ma non retroattivamente e quindi l’atto sarà sanato, ma non rimesso, cioè il diritto non retro agisce. In questo caso è in violazione dell’atto nullo ma non applica il principio dell’art. 156.2 b. in merito ai difetti di forma-contenuto Es. la lettura del dispositivo di sentenza in violazione dell’art. 429.1.2, la giurisprudenza ritiene che questo tipo di difetto un incorra nella nullità prevista dal 156, ma va ricercata altrove, ad esempio nelle sanzioni disciplinari per il giudice che non rispetta questa norma. 65 6. L’ESTENSIONE DELLA NULLITA’ E LA DISCIPLINA DELLE NULLITA’ DELLE SENTENZE. 159. Estensione della nullità. — La nullità di un atto non importa quella degli atti precedenti, né di quelli successivi che ne sono indipendenti [162, 3362; c.c. 2929]. La nullità di una parte dell’atto non colpisce le altre parti che ne sono indipendenti [3361]. Se il vizio impedisce un determinato effetto, l’atto può tuttavia produrre gli altri effetti ai quali è idoneo. Si passa ora ad esaminare l’art. 159, in merito alla estensione delle nullità. I principi enunciati in questo articolo, se non fossero disciplinati, sarebbero desumibili per impliciti. Al comma 1. si desume che la nullità di un atto non si estende ai precedenti atti, la nullità si estende agli atti successivi che siano dipendenti dall’atto nullo. Tale nullità si estende agli atti propulsivi, in quanto sono funzionali al proseguo del processo, quindi la nullità di questo tipo di atto, mentre gli atti probatori che sono eventuali, la nullità di tale atto non condizioni gli altri, ma solo quel singolo atto nullo. Comma 2. si stabilisce che la nullità di un atto indipendente non si trasferisce anche agli altri es. della citazione di più persone, e la errata notificazione ad una persona. Al comma 3 se un atto è affetto da un vizio, ma il vizio non vincola ealtri effetti processuali. Quindi in base al principio della estensione della nullità le nullità non sanate ricadono sugli atti successivi, e tale nullità rischia di ricadere sulla sentenza. Quindi il processo svolto in modo illegittimo produrrà una sentenza illegittima. Art. 161. Nullità della sentenza. — La nullità delle sentenze soggette ad appello [339] o a ricorso per cassazione [360] può essere fatta valere soltanto nei limiti e secondo le regole proprie di questi mezzi d’impugnazione [158, 339, 3601 n. 4]. Questa disposizione non si applica quando la sentenza manca della sottoscrizione del giudice [132 c. 2 n. 5, 354, 383; att. 119]. La nullità della sentenza, comporta che questa può essere impugnata, solo nei limiti di legge e non è soggetta all’istituto della annullabilità. Quindi occorre agire per l’appello e la Cassazione. Tale azione spetta solo alla parte soccombente nelle forme e nei termini previsti dalla legge a pena di decadenza. Questo a tutela della sentenza passato in giudicato, per la quale i soli modi per renderla inefficace e l’impugnazione. Inoltre l’art. 161 racchiude due principi generalissimi quali: trasforma i motivi di nullità in motivi di impugnazione. Il secondo principio nella quale per mancata convocazione o notificazione del convenuto, l’unico modo per appellarsi alla sentenza, e quella della impugnazione. 7. LA DISCIPLINA DEI TERMINI E IL PROBLEMA DELLA RIMESSIONE IN TERMINI. Gli articoli 152, e 153 parlano dei termini perentori alla quale il processo è sottoposta e questi tempi on si possono ne anticipare ne prorogare, nemmeno su accordo delle parti e sono rilevabili d’ufficio dal giudice.. questi termini perentori non vanno confusi con la rimessione in termini. Lettura. 66 8. LA DISCIPLINA DELLA NULLITA’ DELL’ATTO DI CITAZIONE. 8.1. I tre sottratti da cui è composta l’atto di citazione Si passa ora ad esaminare le cause di nullità relative all’atto di citazione. La citazione è un atto unitario che contiene tre sotto atti L’atto di esercizio dell’azione atto protetto costituzionalmente dagli art. 24.1.2. e 99 il principio della domanda e 2907. Sono requisiti di forma contenuti : o 163.2) le generalità delle parti, il petitum e causa petenti sono fondamentali per il diritto fatto valere in giudizio. Tale atto è funzionale al giudice per addivenire infine ad una sentenza, in merito alla domanda proposta. L’ atto di vocativo in ius è l’atto di attivazione del contraddittorio, in conformità all’art. 24. cost. e 101c.p.c. ( principio del contraddittorio). Per questo atto sono requisiti di forma – contenuto: o i punti 1.2. del art. 163, e 163 bis in relazioni ai termini perentori per la quale il convenuto deve poter mettere in atto l’esercizio del contraddittorio e della difesa. L’atto preparatorio è quello definito al punto 4 del 163 l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto, che è funzionale, al diritto fatto valere in giudizio, e alla domanda richiesta. Tale atto è funzionale, all’esecuzione ordinata del processo art. 183 prima udienza di trattazione. 8.2. Gli effetti processuali e sostanziali della domanda giudiziale e il problema della nullita’ di citazione. L’atto di citazione contiene una serie di effetti processuali sostanziali: effetti processuali quale c.d. la perpetuatio iurisdictionis irrilevanza rispetto alla giurisdizione e la competenza rispetto alla legge ed ai fatti nel momento in cui si presenta la domanda. o La litispendenza che il giudice successivamente adito è incompetente in quanto vi è già la proposizione della causa innanzi ad altro giudice. o L’impedimento del giudicato, in caso di impugnazione della sentenza. Effetti sostanziali c.d. preservativi che rendono irrilevanti fatti estintivi, modificativi del diritto fatto valere in giudizio che si verificano durante la pendenza del giudizio, quali interruzione della prescrizione, oppure l’atto di trascrizione prima di un terzo della domanda. Effetti sostanziali attributivi far conseguire all’attore vittorioso, fare conseguire l’utilità in relazione al soccombente che avesse soddisfatto spontaneamente al diritto fatto valere in giudizio. Effetti sostanziali che si conseguono in seguito alla attivazione dell’esercizio del giudizio o anche extragiudiziale del diritto. Ci si chiede se la nullità sia relativa a tutte le parti dell’atto o ai singoli sotto atti. Articolo di riferimento per la risoluzione del problema è l’art. 164. 67 8.3. La disciplina della nullita’ della citazione nel nuovo testo dell’art. 164. La legge 353/1990 ha totalmente riscritto l’art. 164, che disciplina le nullità della citazione. Vanno distinti i vizi relativi alla vocativo in ius da i vizi relativi all’esercizio dell’azione. Vi sono i vizi relativi alla vocativo in ius. Primi tre comma art. 164.omissione o incertezza del giudice, o mancata indicazione delle data del convenuto o dell’attore, oppure termini inferiori a comparire 163.7. o La nullità può essere rilevata d’ufficio, ma solo nel caso di mancata costituzione del convenuto. Quindi il giudice deve rinnovare entro un termine perentorio la prima udienza. Se la rinnovazione non viene eseguita il processo si estingue art. 307.3. o Ma il convenuto se si presenta sana il vizio, ma nello stesso tempo può richieder una nuova udienza di trattazione adducendo che l’atto di citazione era difettoso per i termini perentori a comparire. Questo tipo di nullità ricade sulla vocativo in ius ( contraddittorio). Ma quando la nullità ricade sull’ esercizio dell’azione, a questo punto il giudice che rileva un difetto sul diritto fatto valere in giudizio, anche se vi è stata una costituzione tardiva del convenuto, deve rinnovare la prima udienza di trattazione e chiedere all’attore di integrare la domanda del diritto fatto valere in giudizio, e in difetto passare al 307.3. 8.4. I problemi posti dalla nuova disciplina. Anche la nuova disciplina del 184, pone dei nuovi problemi, esaminiamone alcuni. 8.4.1. Conseguenze della mancata sanatoria della citazione nulla per vizi relativi alla vocativo in ius in ordine ad effetti sostanziali ricollegati alla mera proposizione della domanda giudiziale ( sola lettura) Se l’attore non rispetta nella citazione Ai sensi dell’art. 164.1 l’atto di citazione è nullo se manca dei requisiti, inerenti o alle generalità del convenuto, o il difetto di giurisdizione oppure se manca la data dell’udienza. In sede della prima udienza se il giudice, non vedendo comparire il convenuto, rileva ai sensi dell’art. 291, un errore della citazione, ne dispone la rinnovazione, dell’udienza e quindi la citazione del convenuto. Se l’attore non provvede a notificare tale rinnovazione ai sensi dell’art. 307, il giudice nella seconda udienza disporrà, l’estinzione del processo . 1. Con la rinnovazione del termine si annulla la prima citazione e si riporta con il nuovo atto di citazione rinnovata ed il processo può continuare. 2. Se il convenuto nonostante il vizio della citazione si presenta spontaneamente la sua presenza sana l’atto nullo, e quindi gli effetti sostanziali del processo si intenderanno a partire dalla data della prima notificazione. Ma se il giudice non disporre della rinnovazione quando vi sia un difetto di vocativo in ius, nonostante l’atto di citazione sia perfetto, la mancata rinnovazione comporterà l’estinzione Se anche vi fosse la rinnovazione ma l’atto fosse ancora una volta invalido per motivi inerenti alla vocatio in ius prospetta con l’ipotesi precedente ma la rinnovazione non retro agisce. Va precisato, che la mancata rinnovazione non renderà efficace il diritto sostanziale fatto valere in giudizio, in quanto non vi è stata una sentenza o meglio una statuizione del giudice sulla domanda posta dall’attore. 68 8.4.2. Cenni sulle conseguenze della rinnovazione effettuata oltre il termine perentorio fissato dal giudice o con rinnovazione a sua volta invalida. (sola lettura) se il giudice ordina la rinnovazione della citazione e l’attore non dispone di tale rinnovazione nascono due tipi di problemi: l’attore provvede alla rinnovazione dell’atto, alla nuova data fissata dal giudice, ma oltre il termine perentorio per la rinnovazione predisposto dal giudice. Per motivi di economia processuale tendono a superare l’ostacolo del termine perentorio, e comunque la rinnovazione costituisce efficacia sanante dell’atto di citazione ( primo atto ) invalido. Tale sanatoria non avrà efficacia retroattiva e quindi alla prima udienza, ma opera con la data della nuova notificazione. Nell’ipotesi dell’atto di citazione rinnovato nei termini perentori stabiliti dal giudice, ma ancora una volta invalido nella vocativo in ius, la rinnovazione dell’atto costituisce efficacia sanante, e non retro agisce, ma è efficace alla data della seconda notificazione. 8.4.3. Mancato rilievo tempestivo da parte del giudice di vizi inerenti alla vocativo in ius. Poniamo invece il caso che il giudice nonostante la mancata comparizione del convenuto ometta di rilevare nella prima udienza uno dei vizi dell’atto. Il convenuto costituitosi tardivamente, può eccepire tale omissione di rilevanza di nullità dell’atto, e può chiedere sia la rinnovazione dell’udienza, e la rimessione in termini per esercitare i poteri processuali? Ci sono tre soluzioni a questo problema delicato: 1. Poiché tale potere di rilievo di una simile nullità, non è formalmente limitato alla prima udienza, se ne desume che tale potere può essere esercitato in qualsiasi fase del giudizio di primo grado, facendo regredire il processo ai sensi dell’art. 164. Questo tipo di sanatoria, penalizza l’attore a favore del convenuto, e comporta indirettamente l’abrogazione dell’art. 294. 2. Seconda ipotesi è che viene separata la rinnovazione dalla rimessione in termini. Il giudice potrà rilevare anche d’ufficio la nullità dell’atto di citazione in ogni fase del processo di primo grado, ma non farà retroagire la fase del processo alla prima udienza, e nello stesso tempo non disporrà la rinnovazione in termini al convenuto, quindi dandogli il potere di esercitare tutti i poteri ma limitatamente alla fase del processo in cui versa. Questa ipotesi non sarebbe molto corretta, in quanto se il processo viene rinnovato, dovrà essere anche essere ammessa la possibilità di una rimessione in termini. 3. vi è una terza ipotesi prevista dall’art. 294, il convenuto costituitosi tardivamente può essere rimesso in termini, se la nullità della citazione gli abbia impedito la conoscenza del processo, e sulla base della teoria generale del processo va distinta la rinnovazione dalla rimessione. Va ricordato che vi è sia la convalida oggettiva che soggettiva 157.2 che la nullità si sana, se ad esempio il convenuto nella prima istanza tardiva non eccepisce la nullità, la sua presentazione nel processo senza eccepire sana la nullità. 69 Quindi in merito alla nullità dell’atto di citazione indicati nell’art. 164.1 va precisato: che i vizi inerenti al tribunale davanti alla quale è proposta la domanda 1. E l’errore sui dati anagrafici dell’attore e del convenuto 2. queste mancanze impediscono la conoscibilità del processo quindi il convenuto costituitesi tardivamente deve chiedere sia la rinnovazione ma anche la rimessione. In merito invece alla data, o 163.7, questo non impedisce al convenuto la conoscibilità del processo in questo caso la rinnovazione o la rimessione sono improponibili, e quindi se tale vizio non viene fatto rilevare nella prima udienza di sanano, e non sono neanche più rilevabili d’ufficio. 8.4.4. Conseguenze in appello ( e in Cassazione) delle nullità non sanate della citazione di primo grado per vizi inerenti alla vocativo in ius. Il convenuto soccombente che non abbia sanato con la rinnovazione e la rimessione la citazione, quindi non si sia costituito, può appellarsi per il secondo grado e per la Cassazione. Nel momento della impugnazione della sentenza, non ha rilievo immediato ne l’art. 294 la rimessione in termini e ne tanto meno l’art. 161, prende vigore l’art. 161 e quindi le regole dell’appello . Tale nullità ed impugnazione potrà essere fatta valere dal convenuto soccombente. La nullità non sanata della citazione metterà il giudice dell’appello nella condizione di rimettere la causa ai sensi art. 354 al primo giudice e ne dispone la rinnovazione rimessione. 8.4.5. I problemi posti dal richiamo del 4° comma dell’art. 164 al requisito della esposizione dei fatti e il sottratto preparatorio della prima udienza (sola lettura) Va inoltre precisato in merito alla mancaza o difettosa presentazione nell’atto di citazione del diritto fatto valere in giudizio e dei fatti costitutivi. Qualora il giudice rileva tale nullità dovrà assegnare un termine perentorio all’attore per integrare la domanda o i fatti, e vi sarà in questo modo la rinnovazione dell’atto di citazione, e quindi anche il convenuto potrà presentare le sue difese, il giudice disporrà inoltre una nuova udienza di trattazione. 9. 8.4.6. Problemi minori inerenti alla nullità del sottratto di esercizio dell’azione. (Sola lettura) 8.4.7. Conseguenze in appello ( e in Cassazione) delle nullità non sanate della citazione di primo grado per vizi inerenti all’esercizio dell’azione. LE NOTIFICAZIONI E LE COMUNICAZIONI sola lettura La notificazione è quel procedimento mediante la quale un atto o un provvedimento viene portato a conoscenza legale del destinatario, quindi non è solo l’atto di citazione ma anche una sentenza. Poi tale notificazione a seconda degli effetti è disciplinato minuziosamente dagli articoli 137 e seguenti. 70 CAPITOLO SETTIMO I REQUISISTI EXTRAFORMALI RELATIVI AL GIUDICE 1) LA GIURISDIZIONE 1.1. Premessa La Giurisdizione e la competenza , individuano il complesso di requisisti necessari per l’emanazione di provvedimenti validi da parte del giudici. Giurisdizione e competenza sono due discipline speciali che si differenziano per le seguenti caratteristiche: 1) I poteri del giudice e delle parti di rilevare le relative questioni art. 37 ( difetto di giurisdizione) art. 38 ( incompetenza). 2) Il modo con la quale tali questioni possono essere portate all’esame della Corte di Cassazione. Art. 41,42, 43,45 3) La possibilità di trasmigrazione della causa davanti ad altro giudice, che può avvenire in seguito alla dichiarazione del difetto di giurisdizione o di competenza. ( 367, 382, 50, 44,45). Queste due discipline sono in contrapposizione alla disciplina generale, ed in particolare modo della costituzione del giudice, e quindi la sede principale e quella distaccata, il collegio giudicante la nomina e l’assegnazione del giudice. Da ciò si evince che i vizi relativi alla costituzione del giudice sono rilevabili d’ufficio e danno luogo a nullità insanabile e quindi non sono soggette ne a convalidazione oggettiva ne a sanatoria oggettiva, ma la sentenza di nullità, può essere impugnata. Tale sentenza può essere sanata, qualora non la si fa valere nei limiti e secondo le regole d’appello e del ricorso in cassazione. Il giudice d’appello che dichiara la nullità che si è verificata nel corso del giudizio di primo grado, ripropone ai sensi art. 354 la rinnovazione della causa, innanzi a se e non certo al giudice di primo grado. Se la questione invece è di legittimazione del giudice disciplinata art. da 1 a 50, come giurisdizione o competenza, si applicheranno le discipline speciali e non quelle generali. 71 1.2 La nozione di giurisdizione: le tre questioni dell’art. 37 c.p.c. Si ha difetto di giurisdizione solo nei casi disciplinati dall’art. 37 del c.p.c. 7e dalla legge 218/1995. questa disciplina, riguarda espressamente tali casi: 1) il difetto assoluto di giurisdizione ( la domanda improponibile) nei confronti della pubblica amministrazione. Si ha quando si deduce in giudizio un interesse di fatto, non giuridicamente protetto né come diritto soggettivo, ne come interesse legittimo, nei confronti della P.A. 2) Il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti di un giudice speciale ( perché non è fornito di giurisdizione per la domanda). Va innanzitutto individuato cosa è un giudice ordinario ed uno speciale. a. Il giudice ordinario è istituito con la legge sull’ordinamento giudiziario, è previsto direttamente dalla Costituzione, art. 104-107, che assicurano l’indipendenza e l’autonomia, e la costituzione dell’organo di autogoverno quale è il C.S.M. b. Il giudice speciale non sono previsti dalla legge sull’ordinamento giudiziario, ma l’indipendenza è prevista da leggi ordinarie. La stessa Costituzione vieta la costituzione di un giudice precostituito, ad esempio per una singola controversia, o speciali per una serie di controversie. Ma nello stesso tempo art. 102.2, costituzionalizza, anche grazie alle norme di attuazione della costituzione, le seguenti giurisdizioni speciali: La giurisdizione speciale amministrativa: T.A.R e Consiglio di Stato, con giurisdizione generale di legittimità su materie espressamente previste dalla legge quali, concessioni, urbanistica servizi pubblici. La giurisdizione della Corte dei Conti nelle materie di contabilità pubblica ed altre specificate dalla legge. La giurisdizione speciale dei tribunali militari, in tempo di guerra e di pace, con competenza dei soli reati commessi dagli appartenenti alle forze dell’ordine. Va precisato, che le norme di attuazione della costituzione hanno previsto che i tribunali speciali preesistenti alla entrata in vigore della Costituzione potevano restare in vigore solo in virtù di un preciso adeguamento ai principi costituzionali. Così come sono sopravissute sezioni speciali, istituite presso i tribunali ordinari, competenti in materie precise, quali le Commissioni tributarie, e prevede una specializzazione del giudice su precise materie, e la particolarità tecnica delle questioni coinvolte. Sono in genere composti in modo collegiale da giudici togati, e da esperti nominati per la loro specifica qualità professionale. 3) Il difetto di giurisdizione del giudice italiano ai sensi art. 31 legge 218/1995, o per difetto di collegamento della giurisdizione italiana prevista dalle singole convenzioni internazionali, tra le quali la Convenzione di Bruxelles, e quella di Lugano. Vi può essere derogabilità della giurisdizione italiana, a favore di un giudice straniero o di un arbitro estero solo se tale deroga è provata per iscritto e la causa verte su diritti disponibili. La deroga è inefficace se il giudice o l’arbitro straniero declinano la giurisdizione o comunque non possono conoscere la causa. Art. 7.1.2 legge 218/1995 prevede che se nel corso del giudizio, venga eccepita , la pendenza della stessa domanda, tra le stesse parti, e con il medesimo oggetto dinnanzi ad un giudice straniero, il giudice italiano, se ritiene che il provvedimento del giudice straniero, possa produrre effetto anche per l’ordinamento italiano, sospende* il giudizio. Ma se il giudice 37. Difetto di giurisdizione. — Il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione o dei giudici speciali è rilevato, anche d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo [40, 360, 382]. 72 straniero declina la giurisdizione o il provvedimento non è riconosciuto dall’ordinamento italiano, il giudizio prosegue in Italia, ma vi deve essere la riassunzione della causa, su istanza di parte, se ciò non avviene la causa si estingue La pendenza innanzi al giudice straniero, si svolge secondo la legge dello Stato nella quale il processo si svolge. Nel caso di pregiudizialità di una causa straniera il giudice italiano sospende il processo. Se il provvedimento straniero possa produrre effetti nell’ordinamento italiano. La sospensione ha carattere discrezionale e non necessario. La giurisdizione italiana ai sensi della legge 218/1995, è così disciplinata: 1. Sussiste giurisdizione italiana se il convenuto ( cittadino italiano o straniero) abbia il domicilio o la residenza in Italia, o che vi abbia un rappresentante, che sia autorizzato a stare in giudizio. 2. La giurisdizione sussiste se le parti l’abbiano convenzionalmente accettata, e l’accettazione sia provata per iscritto, o che il convenuto sia comparso nel processo senza eccepire tale difetto di giurisdizione nel primo atto difensivo. 3. Nelle materie civili e commerciali, sussiste la giurisdizione italiana in virtù della Convenzione di Bruxelles, anche quando il convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno stato contraente tale convenzione. ( sono escluse, le cause relative alla capacità delle persone, ai fallimenti, alle procedure concorsuali e la sicurezza sociale.) 4. Per le materie su escluse, la giurisdizione sussiste anche per i criteri stabiliti dalla competenza per territorio. 5. Per la giurisdizione volontaria, la giurisdizione sussiste se il provvedimento riguarda un cittadino italiano o una persona residente in Italia, o quando vi sono rapporti per la quale si possa applicare la legge italiana. 6. in materia cautelare sussiste la giurisdizione Italiana, se il provvedimento deve essere eseguito in Italia, o se il giudice italiano ha la giurisdizione nel marito. 7. vi sono dei criteri speciali dettati dagli articoli 22 ( scomparsa o assenza e morte presunta) 32 ( per la giurisdizione di nullità separazione personale ecc) 37 ( Filiazione) 40 ( adozione) 42 ( protezione dei minori) 44 protezione dei maggiori d’età) 50 ( materia successoria). 8. non sussiste giurisdizione italiana per i beni immobili situati all’estero. Non sussiste giurisdizione italiana verso Stati esteri nell’esercizio della iure imperii, o soggetti pubblici di diritto internazionale, consuetudinario o pattizio che godono di immunità. Vi sono inoltre altre cause di deroga disciplinate dagli articoli 21, 22, per la disciplina delle cause connesse. Per altre questioni di giurisdizione, la cui errata soluzione comporta una violazione di legge denunciabile attraverso i mezzi di impugnazione. 73 1.3 La disciplina delle questioni di giurisdizione alle tre questioni che rilevate dall’art. 37 in merito alle questioni di giurisdizioni vanno così chiarite: 1. difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione. Questo tipo di difetto di giurisdizione es. proposizione di una domanda innanzi al giudice ordinario quando invece la domanda andava proposta al giudice amministrativo. Questo difetto è rilevabile d’ufficio in qualunque grado e stato del processo (fatta eccezione se si forma un giudicato interno sulla giurisdizione). Per la sentenza dichiarativa di effetto assoluto di giurisdizione nei confronti della pubblica amministrazione è sentenza di merito e quindi rigetta la domanda inizialmente proposta. Salvo la riproposizione della domanda innanzi al giudice competente per giurisdizione.so 2. Difetto di giurisdizione dei giudici speciali. La sentenza di Cassazione che si pronunci sul difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti del giudice speciale e viceversa, dispone che il processo possa proseguire innanzi al giudice che avrebbe dovuto essere adito sin dall’inizio della proposizione della domanda. La giurisprudenza è di avviso contrario, e quindi ritiene che dopo tale pronuncia sul difetto di giurisdizione la causa non possa trasmigrare, ed occorre una nuova proposizione di domanda innanzi al giudice competente per giurisdizione.. fatta eccezione per il potere del TAR di fare uso del potere di remissione per errore escusabile. La sentenza emanata dalla Corte di Cassazione in merito al difetto di giurisdizione dal giudice ordinario a quello speciale, comporta che questa sentenza avrà poi efficacia vincolante per il giudice speciale. Invece se sulla questione di giurisdizione si è pronunciato il giudice di merito la sentenza non avrà efficacia vincolante. 3. Difetto di giurisdizione del giudice italiano nei confronti di quello straniero. Legge 218/1995. Per il difetto di giurisdizione del giudice italiano può essere rilevato in ogni stato e grado del processo, soltanto dal convenuto che dimostri per accordo scritto che non era accettata la convenzione del giudice italiano. Viene rilevato invece dal giudice d’ufficio in qualunque stato e grado del processo, qualora il convenuto sia contumace, se la causa concerne beni immobili situati all’estero, in quanto vi è un difetto di giurisdizione per effetto della convenzione di Bruxelles. Se vi sarà una sentenza da parte della Corte di Cassazione sulla competenza del giudice italiana questa avrà efficacia vincolante e la stessa domanda non potrà più essere riproposta innanzi a nessun giudice ordinario italiano. L’esame delle questioni di giurisdizione può essere portato all’esame della Corte di Cassazione, art. 41 che prevede il regolamento di giurisdizione, e quindi fin chè la causa è innanzi al giudice di primo grado non può essere presentata istanza per il regolamento di giurisdizione. A richiesta di ciascuna delle parti. L’istanza si propone con ricorso ai sensi del 364, ed il giudice dove vi è il processo ai sensi del 367, può disporre la sospensione del processo, ma se ritiene che l’istanza, sia manifestatamente infondata o inammissibile non sospende il processo. Quindi la sospensione non è un obbligo del giudice ma una facoltà, questo per evitare l’utilizzo di questo regolamento di giurisdizione per sospendere il processo. 74 1.4 SINTESI DEI RAPPORTI TRA GIURISDIZIONE CIVILE AMMINISTRAZIONE E GIURISDIZIONE AMMINISTRATIVA. 1.4.1 Il sistema costituzionale anteriore al 1865, c.d. Contenzioso amministrativo. E Nella costituzione del 1865, la funzione giurisdizionale ed amministrativa era di competenza del Re. Pertanto vi era una impermeabilità tra le due giurisdizioni, e si divideva in amministrazione attiva e amministrazione contenziosa. I tribunali del contenzioso amministrativo erano gli unici legittimati a provvedere sulle controversie tra cittadini e pubblica amministrazione. In caso di conflitto, si domandava al re di pronunciarsi su tale conflitto di giurisdizione, egli poi delegava al suo massimo organo di consulenza che era il Consiglio di Stato. 1.4.2 Il sistema costituzionale immediatamente successivo al 1865. In seguito alla emanazione della legge 2248 del 1865, cambia radicalmente dal sistema sopra accennato. I poteri non sono più delegati al re, ma nella sovranità popolare. Vengono eliminati i tribunali del contenzioso, fatta accezione della amministrazione attiva. All’art. 2 della su detta legge si introduce un sistema unico di giurisdizione ordinaria sia per il diritto civile o politico nella quale vi abbia interesse la pubblica amministrazione. Quando poi l’oggetto della controversia era un atto emanato dall’autorità amministrativa, il giudice era tenuto a conoscere quell’ atto incidenter tantum, ma non avena il potere di revocare o annullare l’atto. Questo tipo di giurisdizione però metteva in risalto un problema, quando l’atto era illegittimo della pubblica amministrazione il cittadino doveva ricorrere in via gerarchica contro la pubblica amministrazione attiva. Le uniche due motivazioni che potevano spingere il cittadino a chiedere la giurisdizione contro la pubblica amministrazione erano: Fare valere un diritto civile o politico, e quindi la giurisdizione era del giudice ordinario. Oppure la situazione era un interesse che non rientrava nel diritto civile o politico e quindi veniva meno la impermeabilità tra giurisdizione ed amministrazione. E’ proprio in questo ultimo caso che dette vita ad un regolamento di giurisdizione. Era evidente che in questo modo si dava un privilegio al Consiglio di Stato ed alla Cassazione romana di statuire su questioni contenziose che implicavano interessi dello stato a non tutela degli interessi del cittadino. Con il regolamento di giurisdizione, concentravano nelle loro mani, tutte quelle controversie, che per altro venivano in questo modo sottratte al giudice ordinario, nella quale gli interessi in gioco erano gli interessi dello Stato. Con una legge del 1877, si elimino la controversia con il ricorso al Consiglio di Stato, ma rimase di esclusivo appannaggio della cassazione Romana. In questo modo non solo si sottraeva al giudice ordinario tutte le controversie contro la pubblica amministrazione ma la stessa Cassazione diveniva giudice unico di primo e secondo grado. 75 1.4.3 La legge n. 5992 del 31 marzo 1889 e il sorgere del sistema di giustizia amministrativa ereditato dalla costituzione del 1948. Con la legge del 1877 lasciava inalterata la tutela giurisdizionale degli interessi privati che venivano toccati da atti della p.a. Dopo un lungo dibattito dottrinale, nel 1889 fu istituita la IV sezione del consiglio di Stato competente esclusivamente per le controversie genericamente relative ad interessi, fermo restando comunque di agire per via gerarchica contro la p.a. nasceva così la IV sezione del Consiglio di Stato che pur nascendo viziata fu modificata, i limiti inerenti autonomia indipendenza e terzietà sanciti con la costituzione del 1948 solo con una legge del 1982. Questa sezione del C.di S. potevano ricorresse i privati in relazione al corretto esercizio da parte della p.a. inerente ad un concorso, una gara di appalto, o di una concessione. Successivamente è toccato al C.di S. sceverare fra gli interessi di fatto quegli interessi che poi sono divenuti legittimi e per la quale esercitare un controllo dal C.di S. . Solo recentemente il C.di S. esercita il controllo su quelli che sono gli interessi legittimi, contro un provvedimento imperativo della pubblica amministrazione quale: situazione soggettiva del proprietario in merito all’esproprio interessi soggettivi in attesa di espansione interesse soggettivo del proprietario di edificare. ( prima del 1889 questi interessi erano del giudice ordinario). Dopo momenti di espansione della giurisdizione amministrativa, per quanto riguarda gli interessi da tutelare, negli ultimi decenni si assiste ad un fenomeno inverso, sempre più diritti soggettivi, diventano di competenza del giudice ordinario. Si è visto così che l’interesse soggettivo non può essere degradato ad interesse legittimo: Un provvedimento della p.a. che degrada un simile interesse soggettivo ad interesse legittimo, e annullabile o inesistente. Che le fonti di attività vincolata della p.a. possa divenire interesse legittimo del privato quando invece resta un diritto soggettivo dello stesso. Con l’attuazione della Costituzione ci sono dei diritti fondamentali del cittadino che non possono essere degradati ad interessi legittimi della p.a. Negli ultimi anni si è avuto un ampio allargarsi della giurisdizione esclusiva.* Con l’allargamento delle sezioni del C.di S. l’area di conflitto tra giurisdizione ed amministrazione è cambiata radicalmente. Prima con la legge del 1877 si agiva innanzi al giudice ordinario per gli interessi di fatto ora invece si agisce davanti al giudice ordinario per tutelare una situazione soggettiva del privato che sia da qualificare come interesse legittimo con tutte le espansioni e restrizioni che questi interessi nel corso degli ultimi anni hanno incontrato. Ultimamente nascono molte questioni inerenti alla giurisdizione se amministrativa o del giudice ordinario. Invece con la legge del 1877 vi era un regolamento preventivo di giurisdizione, che comportava l’esame attraverso l’impugnazione della questione innanzi alla Corte di Cassazione. Con l’instaurazione di una giustizia amministrativa fu ridotto il numero degli interessi che dovevano essere di tutela del giudice ordinario. 76 * nota n. 1 Punto I La sentenza n. 500/99 della Cassazione riunita a sezioni unite è intervenuta in tema: di risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi e legislativi. Il dlg. 29/93 art. 68 in tema di devoluzione al giudice ordinario della giurisdizione dei rapporti di lavoro dei dipendenti della p.a. Art. 33/34/35 del d.lgs 80/ 98 rinnovata con legge 205/00 in tema di ampliamento della giurisdizione sclusiva del giudice amministrativa con riguardo alle controversie per danni. Queste sentenze e decreti hanno creato uno sconquasso in quello che era il sistema della giustizia amministrativa che si era delineato dal 1865 sino al 1971 con l’istituzione dei tribunali regionali amministrativi. Attraverso queste riforme legislative si è ampiamente allargato sul piano formale l’ampiezza e l’effettività della tutela del cittadino nei confronti della p.a. sia a livello della risarcibilità degli interessi legittimi, e non solo degli interessi c.d. oppositivi. Sono poi state ampliate le ipotesi di giurisdizione esclusiva, infatti al giudice amministrativo sono state devolute tutte le questioni relative al risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica ed anche altri diritti patrimoniali conseguenza di tale diritto. Al giudice ordinario inoltre viene dato il potere di disapplicare i provvedimenti amministrativi se illegittimi ( senza dimenticare che se tale atto è impugnato davanti al g. amministrativo il processo civile viene sospeso.) queste innovazioni sono a garanzia della effettività della tutela del cittadino, per evitare che per avere giustizia debba ricorrere ai due gradi di giudizio, prima dinnanzi al giudice amministrativo, per disapplicare l’atto illegittimo e poi dinnanzi al giudice ordinario. Appare evidente che questo tipo di innovazione sia più che altro volta a scaricare sul giudice ordinario il contenzioso del pubblico impiego lasciando nelle mani della giustizia amministrativa il contenzioso relativo ai pubblici servizi agli appalti l’edilizia e l’urbanistica, in barba al principio di terzietà ed imparzialità soprattutto tenendo conto della formazione del Consiglio di Stato. Attraverso questa nota si vuole spiegare il passaggio la storia della giustizia amministrativa in Italia, e che le recenti innovazioni giurisprudenziali e legislative hanno portato la g.a. in contraddizione con i principi della Costituzione del 1948. Punto II Dei precedenti aspetti storici si è ampiamente parlato nel paragrafo precedente , si prende ora in esame, il sistema amministrativo dopo le riforme del 1907 e del 1923. Il sistema che ne venne fuori era il seguente: - Il consiglio di Stato aveva la giurisdizione in materia di legittimità sostanzialmente eseguiva il controllo sui provvedimenti e sugli atti amministrativi, a seconda della natura degli atti. In particolari materie quale quella relativa al pubblico impiego, il Consiglio di Stato controllava quei provvedimenti che attenevano ai diritti mentre restava a carico dei giudici ordinari le questioni relative ai diritti patrimoniali. - Le sentenze del Consiglio di stato potevano essere impugnate innanzi alla corte di Cassazione ma solo per i motivi attinenti alla giurisdizione, e non più per ogni generica violazione di legge. Si ammise che il C.d.S e il Tar per quelle materie che non erano di esclusiva competenza decideva con sentenza con efficacia limitata al solo processo in corso e senza autorità di cosa giudicata, per le questioni pregiudiziali, fatta eccezione per l’incidente di falso e le questioni relative allo stato ed alla capacità delle persone. Il giudice ordinario, erano eccezionali quelle ipotesi nella quale erano tenuti incidenter tantum le questioni attinenti gli atti e provvedimenti amministrativi. 77 Punto III Questo sistema su esposto guardato dall’angolo visuale del cittadino era un sistema non in grado di dare ed offrire una tutela effettiva. Per queste ragioni: - l’esistenza dei due giudici faceva si che per ottenere tutela occorreva avere prima una pronuncia del giudice amministrativo che annullava l’atto e poi successivamente agire mediante il giudice ordinario per la tutela ed il risarcimento del danno. - Anche nei casi di giurisdizione esclusiva occorreva sempre il doppio giudizio, il primo di carattere amministrativo inerente ai diritti patrimoniali ed il secondo giudizio con il giudice ordinario per il risarcimento o la quantificazione del danno patrimoniale. - Infine era ritenuto interesse legittimo della p.a. anche un interesse di tipo privato correlato però alla p.a., e quindi in generale si negava il risarcimento del danno. Questo sistema anche se sul piano era palesemente ineffettivo, aveva il privilegio di essere diviso a compartimenti stagni sia in relazione alle materie che alle norme di interpretazione. - - Quindi il giudice amministrativo si occupava ed applicava ed interpretava solo le norme inerenti il potere amministrativo. - Il giudice ordinario si occupa ed applicava solo le norme relative ai diritti soggettivi. Quindi per le questioni di controllo di interpretazione delle norme per la giustizia amministrativa si ricorreva e si ricorre al Consiglio di Stato, mentre per l’applicazione delle norme da parte del giudice ordinario alla Cassazione. Questo è il sistema tricefalo, insieme con dalla Corte Costituzionale creato dalla nostra costituzione del 1948. Punto IV La sentenza n.500 del 1999 è stata quella che ha determinato meno cambiamenti anche se lacunosa per alcuni aspetti: ha affermato la piena risarcibilità in relazione ai quegli interessi i pretesivi legittimi collegati ad un’attività esclusiva della p.a. come ad esempio l’interesse ad essere iscritto in un albo professionale, l’interesse ad ottenere una determinata prestazione pecuniaria o servizio dalla pubblica amministrazione questo si inquadra nello schema generale di norma fatto effetto. Sono quegli interessi in definitiva che il potere amministrativo aveva cercato di sottrarre agli interessi legittimi per collocarli negli interessi soggettivi. I cambiamenti maggiori di tale sentenza attengono all’ampliamento a dismisura delle ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, come l’estensione anche al risarcimento del danno ed a tutti i diritti patrimoniali consequenziali, e la rottura della riserva di giurisdizione in merito alle questioni pregiudiziali sorte dinnanzi al giudice ordinario in tema di legittimità dei provvedimenti e degli atti amministrativi. L’ampliamento delle ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo: ridotta la giurisdizione esclusiva in materia di pubblico impiego, tutte le controversie relative agli accordi previsti nello stesso articolo che sono di natura privatistica, come obbligazioni e contratti. Tutte le controversie attinenti i pubblici servizi, compresi la vigilanza sul credito. Tutte le controversie avente ad oggetto gli atti i provvedimenti ed i comportamenti della p.a. ed i soggetti equiparati anche in materia di urbanistica ed edilizia. Il giudice amministrativo alla quale vengono devolute le controversie della sua giurisdizione esclusiva deve conoscere anche tutte le questioni attinenti il risarcimento del danno. Per le controversie dei dipenditi della p.a. dedotte innanzi al giudice ordinario, potrà conoscere incidenter tantum della illegittimità dell’atto amministrativo, senza però che sia necessario l’annullamento di tale atto davanti al giudice amministrativo. 78 Punto V Tutte queste innovazioni hanno cambiato radicalmente la giurisdizione ordinaria da quella amministrativa, sovvertendo completamente quelle regole che dividevano i due settori in compartimenti stagni. Sembrerebbe che questa ripartizione non sia disdicevole, fatta eccezione per un dettaglio, mentre in altri stati come ad esempio la Germania, per il controllo di legittimità della interpretazione della legge interviene un organo unitario, nel caso dell’Italia, il controllo degli atti e delle sentenze del giudice amministrativo spettano al Consiglio di Stato, è ammessa impugnazione per le sole questione di giurisdizione alla Cassazione. Invece per il giudice ordinario il controllo di legittimità spetterebbe alla Cassazione. Da questo emerge una ipotesi di incostituzionalità data dal combinato disposta dell’art. 103 e del 111 ultimo comma. Vi è stata una sentenza della Corte Costituzionale nel merito 204/2004, ma è stata una sentenza timida che non ha preso una posizione ben precisa. Affermando che la giustizia amministrativa può operare solo in particolari materie e non in blocchi di materie. Punto VI Il vecchio sistema previsto nel 1889 era farraginoso e non concedeva effettiva tutela al cittadino. Ma negli ultimi anni sotto la spinta del superamento delle contrapposizioni delle due giurisdizioni, contrapponendo le situazioni soggettive e all’allargamento della giurisdizione esclusiva sotto un certo aspetto ne ha acquistato di effettività ma nello stesso tempo è in contrasto con quelle che sono le norme della nostra costituzione. La giurisdizione amministrativa così come era stata ideata nel 1889 era chiaramente nell’interesse dell’amministrazione oggi sarebbe in netto contrasto con la costituzione del 1948. Va ancora rilevato che sotto un punto di vista di effettività il Consiglio di stato nasce come organo di consulenza amministrativa, e non certo per il controllo di legittimità, nello stesso tempo la consulenza amministrativa è in contrasto con le controversie che possono nascere dall’esercizio del potere amministrativo, questo giudice è ad un tempo stesso consulente e giudice, in barba al principio di terzietà ed imparzialità del giudice proclamata dall’art. 111.2 della costituzione. Sarebbe invece opportuno creare delle sezioni specializzate in diritto pubblico all’interno dell’unica giurisdizione ordinaria. Si è spesso affermato per garantire e giustificare il nostro sistema di giustizia amministrativa che attraverso il sindacato del giudice amministrativo, anche se viziato dall’eccesso di potere è stato più penetrate rispetto al sindacato del giudice ordinario. Si farebbe comunque volentieri a meno di questo vizio, ma si auspicherebbe invece un passaggio al giudice ordinario, in quanto le loro motivazioni e le loro interpretazioni sono più controllabili. Per confermare la teoria a vantaggio del giudice amministrativo la loro redditività in materia di smaltimento del contenzioso amministrativo è di gran lunga inferiore al contenzioso risolto dal giudice ordinario. Punto VII Come affermato non solo al giudice amministrativo viene data la possibilità di interpretare alla stregua del giudice ordinario le norme di diritto comune ma anche di applicare in relazione al codice di procedura civile: il giudice nelle controversie amministrative può disporre dell’assunzione dei mezzi di prova previsti dal codice civile nonché la consulenza tecnica d’ufficio. Alla introduzione nel processo amministrativo di un sistema cautelare modellato sulla falsariga degli arti 669. Ed al trapianto nel processo amministrativo del procedimento d’ingiunzione ex art. 633. Alla luce di quanto su esposta non si comprende la motivazione che spinge il legislatore attuale a volere due sistemi all’interno dello stesso ordinamento. 79 1.4.4 Il codice di procedura civile del 1942 e l’operazione di fusione e generalizzazione compiuta dall’art. 41. La legge del 1877 per ovvie ragioni aveva introdotto l’istituto del regolamento di giurisdizione. Con la stesura del codice di procedura del 1942, si pensava che tale articolo sarebbe stato eliminato, invece per una erronea interpretazione non solo tale articolo 37 è stato riconfermato, con i tre difetti di giurisdizione, del giudice ordinario nei confronti del giudice amministrativo, dei giudici ordinari nei confronti dei giudici speciali, ed in aggiunta il difetto di giurisdizione del giudice italiano, inoltre ha esteso a tutti e tre i difetti di giurisdizione il regolamento di giurisdizione previsto all’art. 41.( questo era un mezzo straordinario previsto dalla legge del 1877). Di questo tipo di regolamento negli anni 50’ si è ampiamente lucrato per ottenere la sospensione del processo., per questo con legge del 1990, si è introdotto il principio che se tale conflitto è manifestatamente evidente il giudice del primo grado non dispone la sospensione ma procede nel processo, nonostante la richiesta di regolamento di giurisdizione. 1.4.5 Cenni sull’art. 362 c.p.c. E rinvio. Un ulteriore articolo che si occupa della giurisdizione è l’art. 362. il primo comma di questo articolo è stato inserito nell’art. 111. 2.3. della Costituzione resta comunque il dato oggettivo che il significato normativo di questo articolo è pressoché nullo. 80 LA COMPETENZA 2.1. La competenza in generale: vista come disciplina speciale con riguardo alla disciplina generale relativa alla costituzione del giudice. La definizione di competenza secondo la teoria generale del diritto che attengono alla competenza del giudice: o la prima che riguarda la giurisdizione intesa come la legittimazione del giudice. o la competenza intesa come la ripartizione tra i vari uffici finanziari della stessa funzione ( giurisdizione amministrativa, tributaria o contabile). Nel senso del carattere positivo della nozione di competenza o La competenza è intesa come la legittimazione tra l’ufficio giudiziario nel suo complesso e gli atti giurisdizionali che mirano alla pronuncia sulla domanda posta dalla parte , quindi la competenza non riguarda il giudice come singolo, ma individua l’ufficio competente , all’interno della quale si potrà poi individuare il giudice, o singolo o collegiale. Va infine distinto tra i vizi che possono nascere rispetto alla costituzione del giudice e quelli relativi alla competenza. L’art. 158 disciplina la nullità in merito alla costituzione del giudice , stabilendone la rilevabilità d’ufficio e l’insanabilità quindi non soggette alla convalida oggettiva e possono essere invece motivi di impugnazione. Vi sono inoltre discipline speciali inerenti alla giurisdizione 37, 41, 353, 367.ed alla competenza art. 7 s.s. 38 42. il vizio di incompetenza è rilevabile d’ufficio, e può dare luogo alla nullità della sentenza di primo grado, con la rimessione al giudice competente di primo grado art. 50. Vanno comunque precisato che non attengono alle questioni di competenza quando: o In presenza di uffici giudiziari complessi, divisi in sezioni, la controversia circa l’affidamento del processo ad una o ad altra sezione non attiene alla competenza in senso stretto ma alla costituzione del giudice o comunque competenza interna. o Per quando riguarda il tribunale principale e sezioni distaccate, non rientra nella competenza, ma sulla costituzione del giudice. o In caso d' affidamento dal giudice istruttore al giudice di tribunale monocratico, quando invece la causa era di competenza del collegio di tribunale, la sentenza emessa dal giudice monocratico non rientrerà nella disciplina della competenza, poiché i due tipi di giudice sono solo articolazioni interne allo stesso ufficio giudiziario .art. 50 quater. Infatti, questo tipo di errore non comporta mai la chiusura del processo, ma la prosecuzione del processo innanzi al giudice legittimamente costituito. 2.2. Il principio della “perpetuatio iurisdictionis”: art. 5 c.p.c. L’ art. 5 c.p.c. stabilisce il momento in cui va individuata la competenza, è la c.d. perpetuatio iurisdictionis,. Questo articolo è stato novellato nel 1990, e stabilisce che la giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo alla legge vigente ed allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda e non hanno rilevanza rispetto ad esse i successivi mutamenti della legge e dello stato di fatto medesimo. Si rileva che non solo si deve fare riferimento alla legge che vige nel momento della proposizione della domanda, e quindi qualsiasi modifica successivi alla proposizione della domanda non sono importanti, è come se nel momento della domanda si cristallizzasse. Il precedente art. 5 non prevedeva la perpetuatio iurisdictionis, ma anzi la stessa legge che prevedeva la competenza doveva specificatamente indicare una disciplina transitoria. Il vecchi art. 5 aveva dato non pochi problemi interpretativi per questo motivo con la legge di modifica e 81 quindi con la novella dell’art. 5 si è voluto disciplinare e specificare la perpetuatio iurisdictionis. 2.3. Individuazione del giudice competente I criteri attraverso la quale individuare il giudice competente sono tre: per materia, per valore per territorio. La competenza per valore ha riguardo della valutazione monetaria dell’oggetto della domanda. La competenza per territorio può essere rilevata d’ufficio, e si distingue in derogabile ed inderogabile, quindi attiene al luogo della controversia, ed alla ripartizione dell’organizzazione giudiziaria. La competenza per materia infine considera l’oggetto della domanda non sotto il profilo della valutazione monetaria, ma per la materia ad es. diritto del lavoro, tributaria ecc. Sia la competenza per valore che per territorio hanno carattere generale. Per questo l’operatore pratico del diritto, nel collocare la controversia dovrà prima di tutto, valutando l’oggetto della domanda, la competenza per materia, se questa non rientra in una competenza speciale, allora dovrà passare al criterio successivo, per valore, e qui potrà essere o per giudice di tribunale o per giudice di pace, e successivamente per territorio. Quando si arriva alla determinazione del giudice competente, si dovrà tener ben preciso il principio costituzionale, dell’art. 25.1 “ che nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge” 2.3.1. Competenza per materia e per valore. La competenza per valore nelle cause di primo grado è così ripartita: il giudice di pace è competente per valore alle cause che attengono beni mobili, che però non superano il valore di cinque milioni di lire, pari a 2ecc euro. Il tribunale è competente per valore per le cause anche se relative a beni immobili, che non siano di competenza del giudice di pace. Si dovrà comunque prestare attenzione alla competenza per materia, poiché se è di una materia esclusiva questi due criteri si annullano. Invece vi sono cosi in cui i criteri in cui i due criteri per valore e materia si combinano tra loro, è il caso della legge che stabilisce che le cause che per valore non superino i trenta milioni di lire e che sono attinenti ai danni prodotti dalla circolazione di veicoli e natanti, unisce sia il criterio per materia che per valore. Competenza per materia: il giudice di pace è competente per qualunque valore , per le opposizioni alle sanzioni amministrative. Il tribunale per tutte le controversie di valore indeterminabile, e le cause che attengono lo stato di capacità delle persone, alle esecuzione forzata ed alla querela di falso. Controversie di lavoro e previdenziale, relativo alle locazioni di beni immobili urbani. Competenza per valore: In base all’art. 10 il valore della causa si determina dalla domanda promossa dall’attore, le eccezioni del convenuto non potranno mai spostare la competenza. L’art. 10.2 stabilisce che se l’attore proponga verso la stessa parte più domanda queste si sommano tra loro, così il valore delle domande, e questo indipendentemente dall’esistenza o meno del diritto fatto valere in giudizio. L’art. 14.1 stabilisce delle deroghe, che nelle cause relative a somme di denaro o beni mobili il valore si determina sulla base della domanda dell’attore o dal valore dichiarato, in mancanza di indicazione resta del giudice adito. Il convenuto in questo caso, comma 2, nella prima udienza di trattazione può contestare, questa tipo di incompetenza non può essere rilevata d’ufficio. In 82 caso di contestazione il giudice decide ai soli fini della competenza, in base a quello che risulta dagli atti. Se il convenuto non contesta il valore questo rimane al giudice adito. 2.3.2. Competenza per territorio. La competenza per territorio può essere derogabile ( per accordo tra le parti) ed inderogabile quando è manifestato un interesse pubblico. L’art. 28 stabilisce che la competenza per territorio può essere derogata per accordo tra le parti, salvo nei casi previsti dallo stesso art. 28 per inderogabilità per legge. Nell’accordo tra le parti, vi può essere l’attribuzione esclusivo di un foro competente, mentre se non vi è l’esclusiva, ma una convenzione, si potrà applicare il foro naturale o quello convenzionale. Se tale clausola è in un contratto dovrà essere approvata per iscritto. In merito ai fori inteso come gli uffici giudiziaria territorialmente competenti, vi sono delle distinzioni: fori generali è il foro per competenza delle persone fisiche e delle persone giuridiche, per la quale si può essere convenuto per qualsiasi controversia.. fori speciali sono quelli determinati specificatamente per determinati tipi di controversie es. art. 20, tale tipo di foro può diventare esclusivo, quando il convenuto ne abbia diritto a preferenza di qualsiasi altro. Fori elettivamente concorrenti, quando l’attore può sciegliere tra due fori concorrenti. Fori Successivamente concorrenti l’attore può scegliere uno in mancanza di un altro. Fori derogabili o inderogabili. Foro in cui è sorto il rapporto, luogo in cui si trova l’azienda o la dipendenza cui è addetto il lavoratore. Se un foro è successivamente concorrente e coincide con quello generale, diventa inderogabile, in quanto il foro generale è stabilito per legge come inderogabile. 2.4. La competenza come requisito di validità dei provvedimenti del giudice e non della domanda giudiziale. Le conseguenze della proposizione di domanda giudiziaria innanzi a giudice incompetente potrebbe dare luogo a due tipi di soluzioni: 1. L’incompetenza del giudice innanzi alla quale è proposta la domanda determina l’invalidità della stessa e quindi non si producono gli effetti sostanziali della domanda. a. Se si accoglie questa soluzione il processo dovrebbe chiudersi in via definitiva con una sentenza declatoria di incompetenza e nello stesso tempo dichiarerebbe nulla la domanda giudiziale. 2. L’incompetenza del giudice innanzi alla quale è proposta la domanda, non influisce sulla domanda ma sui soli atti emanati dal giudice, e si intende che il giudice non può procedere nell’istruzione, e di emanare una sentenza valida. a. In questa ipotesi invece solo gli atti del giudice sarebbero viziati, e quindi il giudice incompetente ma la domanda giudiziale non sarebbe viziata. La scelta operata dal nostro legislatore è proprio questa, anche se alcune disposizione ad una prima lettura sembrerebbero affermare il contrario. Art. 99 e 2943. infatti l’art. 50 c.p.c. stabilisce che la causa possa essere riassunta dinnanzi ad un giudice competente, e quindi non è invalida la domanda ma solo la competenza. Quindi il giudice incompetente emetterà sentenza di incompetenza, sarà poi compito delle parti riassumere la causa innanzi al giudice competente riproponendo la stessa domanda. 83 2.5. Rilevabilità delle questioni di competenza ( art. 38 c.p.c.): vecchia e nuova disciplina a confronto. Il vecchio articolo 38 disponeva: Incompetenza per materia e per territorio erano inderogabili, rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio. L’incompetenza per valore era rilevabile anche d’ufficio in ogni momento del processo di primo grado. Incompetenza per territorio era derogabile, rilevabile solo su eccezione del convenuto nella comparsa di risposta, o nel primo atto difensivo del giudizio di primo grado, indicando il giudice ritenuto competente. Si rileva che per la vecchia disciplina la competenza per materia e territorio erano inderobaili, e quindi per il legislatore di notevole importanza, mentre la competenza per valore aveva un’importanza minore, mentre in merito alla competenza per territorio sembrava scarsamente importante. Nel nuovo articolo 38 : L’incompetenza per materia e valore sono inderogabili, rilevabili d’ufficio, non oltre la prima udienza di trattazione . L’incompetenza per territorio diventa derogabile rilevabile solo su eccezione del convenuto nella comparsa di risposta ,con contestuale indicazione del giudice ritenuto competente. Per quanto riguarda la competenza per materia, era già stato stabilito dalla novella dell’art. 428, che stabiliva la competenza del giudice di lavoro, così come previsto nell’art. 409 che disciplina le cause di competenza del giudice del lavoro. Tale incompetenza viene eccepita dal convenuto, nella memoria difensiva, e rilevata dal giudice nel corso della prima udienza così come previsto dall’art. 420. 2.6. 2.6.1. Efficacia delle decisioni sulla competenza e modalità attraverso cui la Cassazione può essere investita di questioni di competenza. ( art. 42-42 e 44-45 c.p.c.) L’efficacia delle sentenze declinatorie delle competenza del giudice di merito e il regolamento di competenza d’ufficio. ( art. 44, 45) L’art. 187.1 statuisce che il giudice istruttore se ritiene la causa matura per la decisione, può metterla nella fase decisoria senza assumere i mezzi di prova, e rimetterla al collegio. 187.2 Il giudice istruttore può rimettere al collegio affinché decida separatamente una questione di merito, che abbia carattere preliminare, solo se la questione può definire il giudizio. 187.3 Il giudice istruttore se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o di competenza o altre pregiudizialità, può disporre che vengano decise unitamente al merito. In merito al giudice di tribunale collegiale (come per l’art. 187) art. 279.1 il collegio definisce il giudizio decidendo anche su questioni di giurisdizione o di competenza. Il collegio quindi emetterà sentenza declatoria definitiva quando ai sensi art. 279.1.2.3, deciderà o sul giudizio o su questioni pregiudiziali ecc, quando invece deciderà su questioni attinenti solo la competenza o la giurisdizione , emetterà una sentenza non definitiva ma che impartirà distinti provvedimenti per l’ulteriore istruzione della causa. 84 Per tanto le sentenze declatoria vengono disciplinate ai sensi degli art. 44. e 45. Per l’art. 44 stabilisce che il giudice originariamente adito, dichiari d’ufficio la propria incompetenza per ragioni di valore o di territorio derogabile, ed ha indicato un altro giudice competente per valore o per territorio inderogabile. L’attore se vuole può esperire impugnazione attraverso però il regolamento di competenza. Se non impugna può riassumere ai sensi art. 50 entro massimo sei mesi, dinnanzi al giudice indicato competente la causa, e quindi non solo il processo continua, ma non sarà più possibile sollevare questioni di competenza, ne per le parti e ne per il giudice. Se invece il giudice abbia dichiarato la propria incompetenza per ragioni di materia o di territorio, inderogabile, non si può applicare la disciplina prevista dall’art. 44, ma si applica la disciplina prevista dall’art. 45. il primo giudice incompetente la rimette al secondo giudice che ritiene competente, quindi attore non potrà come previsto ai sensi dell’art. 44 applicare il regolamento di competenza, o la riassunzione della causa. Il secondo giudice adito, potrà chiedere egli stesso regolamento di competenza alla cassazione che deciderà in via definitiva e vincolante. In seguito alla novella del nuova art. 38, questo ultimo articolo risulta completamente sconvolto pertanto si considera un residuato storico, che non trova reale applicazione. 2.6.2. il regolamento ( necessario) di competenza su istanza di parte. Gli articoli 42 e 43 disciplinano il regolamento necessario e facoltativo di competenza. Questo è un mezzo di impugnazione in senso tecnico, che può essere proposto soltanto dopo che sia stata emanata una sentenza in tema di competenza. Art. 42, regolamento necessario di competenza nel caso sia emessa una sentenza solo sulla competenza e non nel merito, possono essere impugnati ai sensi dell’art. 42. Es. se vi è una sentenza definitiva con la quale il giudice accoglie una eccezione di incompetenza proposta dal convenuto ( l’attore sarà legittimato alla impugnazione) a o che la rileva d’ufficio saranno legittimati all’impugnazione la parte soccombente. Nel caso di sentenza definitiva di rigetto, con la quale il giudice rifiuta l’eccezione di incompetenza sollevata dal convenuto questi sarà legittimato ad impugnare. Questo tipo di impugnazione ha un vantaggio quello di accelerare il processo, qualora nei termini brevi non viene sollevata impugnazione, non si potrà più sollevare una eccezione sulla competenza. Nel caso però di competenza per materia e per territorio inderogabile, il regolamento necessario di competenza sarà il giudice ai sensi art. 45 ha proporre regolamento di competenza d’ufficio. Art. 43 regolamento facoltativo di competenza, è un mezzo di impugnazione quando sia stata emessa sentenza che sia pronunciata sia nel merito che sulla competenza. Tale impugnazione si può eseguire, sia con i mezzi ordinari di impugnazione sia con il regolamento facoltativo di competenza. Vanno pero puntualizzati due aspetti: La parte che può impugnare la decisione con regolamento facoltativo di competenza. Il rapporto tra i due mezzi di impugnazione ordinaria e del regolamento. Occorre che questa sentenza emessa a seguito di trattazione del processo, e dove vi sia stata sollevata una eccezione in merito alla competenza e sia stata respinta dal giudice. Nella 85 sentenza emessa che sarà di rigetto della domanda proposta dall’attore, quindi l’attore sarà soccombente ed avrà l’interesse a impugnare tale sentenza, il convenuto che è vittorioso della prima sentenza, potrà riproporre eccezione di incompetenza nel corso dell’appello proposto dall’attore. Alla luce della spiegazione su data, visto che l’attore impugnerà tale sentenza nei modo ordinari, il soccombente e quindi il convenuto potrà mediante il regolamento facoltativo di competenza impugnare la sentenza che ha visto rigettata la sua istanza. Al comma 2 dell’art. 43, se la parte soccombente però decide di impugnare in via ordinaria non potrà chiedere l’applicazione dell’impugnazione tecnica del regolamento facoltativo di competenza. Si evince nel comma 3 che il convenuto ha due strade da percorrere: 1. impugna in via ordinaria la sentenza nel merito. 2. che alla sentenza del merito, prima impugna mediante il regolamento facoltativo sdi competenza che riguarda la competenza e dopo ricorre alla impugnazione ordinaria. Nel caso invece di vi sia la soccombenza ripartita, sia l’attore a proporre l’appello, al convenuto non è preclusa la possibilità di esercitare regolamento di competenza per la competenza. Al comma 3 viene inoltre specificato. Che la parte che esercita il mezzo di impugnazione ordinaria gli è preclusa la possibilità di esercitare il regolamento di competenza. Se invece il regolamento di competenza viene presentato prima dell’impugnazione ordinaria, il termine per l’impugnazione ordinaria decorre dalla sentenza di regolamento di competenza. Se invece l’impugnazione ordinaria viene proposta dopo il regolamento, il processo di impugnazione resta sospeso ino a quando non ci sarà la sentenza della Cassazione sulla competenza. Se la Cassazione riterrà il giudice incompetente la causa ai sensi dell’art. 50 sarà riassunta, dinnanzi al giudice competente ma sarà cassata la sentenza nel merito. L’art. 48.1 prevede che nel caso vi sia la richiesta di regolamento di competenza il processo resta sospeso, sino all’ordinanza che emette il regolamento di competenza. Il regolamento di competenza deve essere proposto entro 30 giorni dalla comunicazione della sentenza, su istanza di parte, a pena di decadenza. La corte si pronuncia con il procedimento in camera di consiglio. 2.6.3. Efficacia delle pronunce della Cassazione sulla competenza. Quando viene chiesto il regolamento di competenza alla Cassazione, la sentenza che cassa la competenza, e questa decisione sarà vincolante per tutti i giudici dell’ordinamento. La questione di competenza a seguito di questa sentenza non potrà più riaprirsi, sia nel processo ordinario, sia in un secondo processo. Questo tipo di sentenza però con comporta l’estinzione del diritto di azione e quindi il diritto fatto valere in giudizio. Inoltre le eventuale sentenze sulla competenza emesse nel corso del primo processo non avranno alcuna efficacia. La sentenza di cassazione emessa sul regolamento di competenza avrà efficacia panprocessuale, ed opererà non solo nel primo processo ma anche nel secondo. 86 2.6.4. Rapporti fra competenza e merito. Il problema relativo alle questioni di competenza dipenda anche dall’accertamento di fatti, proposti dal convenuto stesso nel momento in cui ha sollevato eccezione di incompetenza. Es. la competenza per territorio, in genere si determina in base al domicilio del convenuto. Quindi se vi è una richiesta di inadempimento da parte dell’attore, il convenuto dalla allegazione dei fatti potrebbe dimostrare non solo che l’attore non ha eseguito la prestazione nel domicilio del convenuto, ma che ha eseguito la prestazione non al domicilio, e di conseguenza il convenuto non sarebbe nemmeno inadempiente. Il vecchio codice stabiliva che per questo tipo di problemi non si dovevano allegare i fatti ma che si basava su di una istruzione sommaria. L’art. 38. 3 sancisce per l’appunto il principio che per le questioni di competenza per materia territorio e valore, la sentenza sulla competenza si dovrà basare su quello presente sugli atti, e quando vi è l’eccezione di competenza da parte del convenuto il giudice assume sommarie informazioni per decidere sulla competenza, e quindi non sono ammessi fatti da allegare., ma le sommarie informazioni comporta l’assunzione di prove in senso tecnico. Invece per quanto riguarda per la competenza per materia, qualora il diritto fatto valere dall’attore risulti inesistente, ed emerga un diverso valore o materia della domanda il giudice rigetterà in toto il diritto azionato. 3. ASTENSIONE, RICUSAZIONE E RESPONSABILITÀ DEL GIUDICE. Il giudice deve essere terzo ed imparziale. Il principio della imparzialità viene risolto dall’art. 25.1 della Costituzione, ma anche dall’istituto dell’astensione e della ricusazione. Difatti l’art. 51, disciplina i casi in cui il giudice ha l’obbligo di astenersi. I cinque casi previsti sono tassativi. Se il giudice nei casi previsti dall’art. 51, non si astiene può essere ricusato da uno delle parti, entro due giorni dall’udienza, la ricusazione comporta l’immediata sospensione del processo, ed il giudice ricusato gli viene fatto divieto di compiere atti. La decisione di ricusazione avviene emessa dal presidente del Tribunale e non è impugnabile. Il giudice nel giudicare è solo soggetto alla legge, gli errori del giudice appartengono alla fisiologia del processo. Quando una sentenza è viziata o errata si provvede alla impugnazione che altro non è che un controllo oltre che nel merito anche nel modo di ragionare del giudice. 87 CAPITOLO OTTAVO I REQUISISTI EXTRAFORMALI RELATIVI ALLE PARTI Requisiti extraformali relativi alle parti. I requisisti extraformali relativi alle parti sono: La legittimazione ad agire Il litisconsorzio necessario la capacità di essere parte. La capacità processuale Dalla rappresentanza volontaria. Dalla difesa tecnica. L’interesse ad agire. 1. La legittimazione ad agire. 1.1. La legittimazione ordinaria e straordinaria. La legittimazione ad agire o legittimatio ad causam, indivia il soggetto che è legittimato ada agire in giudizio o a far valere il diritto sostanziale di cui è titolare. Fondamento di questo principio è l’art. 81, ( nessuno fuori dai casi stabiliti dalla legge può esercitare un diritto altrui) e 69 c.p.c ( azione del pubblico ministero) e la’rt. 24. 1 Costituzione. La ratio di tale principio si afferma che nessuno può agire in giudizio se non è titolare del diritto sostanziale, questo principio vale anche per la legittimazione passiva o meglio per il convenuto di essere titolare del diritto sostanziale, per la quale è citato in giudizio. Questa è la legittimazione ordinaria, ma lo stesso articolo 81 stabilisce che nei casi previsti dalla legge vi può essere una legittimazione straordinaria, o meglio il soggetto che agisce in giudizio è diverso dal titolare del diritto sostanziale. La legittimazione straordinaria. La ratio della legittimazione ordinaria è chiara, ma quando la legge permette di esercitare il diritto sostanziale a chiunque ne abbia interesse ma solo nei casi stabiliti dalla legge, come nel caso dell’art. 61 c.p.c. dove si disciplina la legittimazione ad agire al pubblico ministero. Es. se un creditore che vanta un credito dal suo debitore, questo è inerte ed a sua volta non agisce nei confronti del creditore, così come disciplinato dall’art. 2900, il creditore, del debitore può agire al posto nel debitore nei confronti del creditore. In questo caso vi un esempio di legittimazione straordinaria. Ulteriore esempio è il caso dell’usufruttuario che si vede violato nel diritto di negazione della servitù sul fondo che conduce in usufrutto. In questo caso l’usufruttuario agisce con una legittimazione straordinaria a posto del proprietario per il rispetto della servitù. Dai due esempi se ne deduce che in presenza di un diritto dipendente vi è la legittimazione straordinaria. 88 1.2. Problemi processuali. Anche se non vi sono norme a tale riguardo il difetto di legittimazione ad agire ordinaria o straordinaria, costituisce una questione rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo. Quindi la verifica del rapporto sostanziale nella legittimazione ordinaria si base su quanto affermato dall’attore e non sulla sua effettiva esistenza. Quindi se il convenuto disconosce la titolarità dell’attore al credito vantato, ma non disconosce il debito, vi è una questione di merito e non di rito. Questo rileva sulla questione della rilevabilità o meno d’ufficio di tale legittimazione. Questo per quanto riguarda la legittimazione ordinaria. Per quanto riguarda la legittimazione straordinaria va esercitato il controllo sull’accertamento effettivo della titolarità da parte del terzo del diritto dipendente. Per questo motivo in caso di legittimazione straordinaria, comporta alla partecipazione in giudizio del legittimato ordinario. 1.3. Cenni sul pubblico ministero L’art. 75 ordinamento giudiziario dispone due diverse modalità di partecipazione da parte del pubblico ministero nel processo civile: Il pubblico ministero agente. Ha il potere di azione solo nei casi stabiliti dalla legge, egli in questi casi è un legittimato straordinario che fa valere in giudizio in nome proprio un diritto altrui, ma oltre ai casi previsti dalla legge, vi sono altri casi che si desumono dalla legislazione come: in materia di stato civile. In materia di interesse dei minori. In materia societaria Il pubblico ministero interveniente, o obbligatorio, nei casi previsti dall’art. 70.1 nei casi che egli stesso potrebbe promuovere. Nelle cause matrimoniali comprese quelle di separazione dei coniugi. Nello cause riguardante lo stato di capacità delle persone. Negli altri casi previsti dalla legge. o Facoltativo in ogni causa nella quale ravvisa un interesse pubblico I poteri del pubblico ministero così come previsto dall’art. 72. Ha gli stessi poteri delle parti e esercita tali poteri nelle forme previste dalla legge. Ma il pubblico ministero che interviene in una causa che non poteva proporre ha dei poteri limitati, sia in merito alle prove, può produrre documenti e dedurre prove ed andare alla ricerca di fonti materiali di prova, non gli è fatto divieto di utilizzazione del suo sapere privato ed può supplire ad un difetto del potere del giudice prendendo conclusioni in merito alle domande proposte dalle parti. o Per quanto riguarda invece le eccezioni può sollevare eccezioni solo in merito a quelle rilevabili d’ufficio. Per le cause in cui il suo intervento è obbligatorio egli può proporre revocazione straordinaria, quando la sentenza è l’effetto di collusione delle parti per frodare la legge, e va proposta entro trenta giorni da quando si è scoperta la collusione. Se invece scopre tale collusione nei termini previsti per l’impugnazione, può proporre l’impugnazione. 89 1.4. Le c.d. Azioni dirette . Le azioni dirette sono ipotesi particolari di legittimazione straordinaria previste in autonome fattispecie del codice civile. Esempio del 1595 del sublocatore: 1676 del subappaltatore: 148 per inadempimento da parte del coniuge agli obblighi di contribuzione. Tutti questi articoli prendono in esame le azioni dirette, quindi lo schema che se ne desume per l’art. 1676, il sub appaltatore dell’appaltatore, qualora non vede soddisfatto il suo credito può rivolgersi per il pagamento alla committente esercitando nei confronti di questo ultimo un’azione diretta. Quindi a seguito della domanda diretta viene dedotto in giudizio il rapporto tra il sub appaltatore e dell’appaltatore, ma anche il rapporto tra l’appaltatore e la committente. Attraverso la domanda si mira ad ottenere che la committente paghi direttamente al subappaltatore. Quindi la sentenza sarà con una funzione esecutiva satisfattiva. Quindi il processo di cognizione assolve sia all’accertamento del credito, ma anche alla funzione esecutiva. Ed infine tra il rapporto tra l’appaltatore e la committente si instaura una situazione di indisponibilità del credito dell’appaltatore, in quando la committente ha dovuto soddisfare il sub appaltatore. Non rientra in questi casi invece come azione diretta il risarcimento del danno chiesto all’assicurazione dal danneggiato, in quanto questo tipo di risarcimento è previsto dalla legge. 2. IL LITISCONSORZIO NECESSARIO 2.1. Prima esemplificazione ART. 102. Litisconsorzio necessario. — Se la decisione non può pronunciarsi che in confronto di più parti, queste debbono agire o essere convenute nello stesso processo (1). Se questo è promosso da alcune o contro alcune soltanto di esse, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio in un termine perentorio [152] da lui stabilito [2682, 3073, 331, 354, 375, 383, 420]. Dalla lettura dell’articolo è chiaro il termine di litisconsorzio, e quindi se la decisione riguarda più parti, è una litisconsorzio. Ma la litisconsorzio necessario si ha solo nei casi espressamente previsti dalla legge, e sono: Art. 784 8disciplina le divisioni o tra coeredi, o anche tra le comunioni, e si intende anche la comunione condominiale, o il caso di condebitori e coocreditori. Art. 247 evidenzia il caso del “ presunto padre, la madre ed il figlio sono litisconsorzio necessario Art. 2900 per il creditore che agisce per l’azione surrogatoria, del credito deve dichiarare, anche il debitore che intende surrogarsi. La legge 990/1969 art. 23, stabilisce che il danneggiato dal sinistro automobilistico oltre ad agire nei confronti della società assicuratrice deve chiamare nel processo anche il responsabile del danno. Domanda ( è anche il caso dell’obbligato in solido previsto dal codice della strada. 196 e per l’obbligazione in solido, in generale). 784. Litisconsorzio necessario. — Le domande di divisione ereditaria o di scioglimento di qualsiasi altra comunione debbono proporsi in confronto di tutti gli eredi o condomini e dei creditori opponenti se vi sono [123, 22, 23, 102; c.c. 713 ss., 1111 ss., 2646]. 90 2.2. La Disciplina Processuale La disciplina processuale è contenuta nel comma 2 del 102 e poi dai seguenti articoli. 268, 307.3, 354, 383. Di seguito sono specificate le diverse ipotesi: A. Art. 102.2, quando il giudice si rende conto di essere alla presenza di una litisconsorzio, e nella domanda una delle parti, non l’ha proposta nei confronti di tutti gli altri litisconsorzi, il legislatore prevede un meccanismo di sanatoria che agisce retroattivamente. Questo è un vizio exstraformale. Tale vizio viene rilevato d’ufficio dal giudice, che ordina l’integrazione delle parti mancanti, per il contraddittorio, entro un termine perentorio che egli stesso stabilisce. a. Se le parti non ottemperano all’ordine del giudice, il processo per effetto dell’art. 307.3 si estingue, il giudice istruttore emana una ordinanza di estinzione, mentre il giudice monocratico, emana sentenza. b. E’ invece prevista una sanatoria art. 268.2, nel qual caso il litisconsorte pretermesso si presenti volontariamente, riavvia il processo. B. se invece la domanda viene fatto solo nei confronti di alcuni litisconsorzi necessari, tale domanda produce tutti gli effetti sostanziali e processuali. Con la combinazione dell’art. 331, e 354, per le parti non convocate sarà il giudice a convocare le altre parti. Es. del disconoscimento di paternità dove viene citata solo il figlio. Ma con la convocazione della madre, tale domande impedisce la decadenza, e permette la riassunzione del processo. C. se la domanda è viziata dalla integrità del contraddittorio, e poiché tale vizio e rilevabile anche d’ufficio in qualsiasi stato e grado del giudizio. Se tale vizio, viene rilevato in appello o in cassazione la sentenza viziata viene annullata. Il processo riprende, tramite la rimessione al giudice di primo grado, davanti al giudice che deve riassumere il processo entro il termine perentorio di sei mesi dalla notificazione della sentenza di nullità. D. Infine quando vi è una sentenza passata in giudicato, dove vi era l’assenza di un litisconsorte necessario, secondo la dottrina e la giurisprudenza, vi è una incapacità del giudicato sostanziale a produrre i suoi effetti, sia nei confronti del litisconsorte pretermesso, sia nei confronti di quelli che si sono costituiti, è definito inutiliter data. Tale vizio non può essere convertito, con l’impugnazione ai sensi art. 161.1, e quindi convertito con una impugnazione. 2.3. L’ambito Di Applicazione Il mancato rispetto della regola del litisconsorzio necessario, mette in evidenza il problema dell’ambito di applicazione dell’ art. 102. questo articolo trova applicazione nei casi sotto esposti: Ipotesi determinata dalla proposizione della domanda di un legittimato straordinario., in questo caso la legge è chiara fuori dai casi espressamente previsti dalla legge, che derogano al principio generale, nel caso di legittimato straordinario, nel processo deve anche costituirsi il legittimato ordinario. Ipotesi determinate dalla deduzione in giudizio di un rapporto plurisoggettivo. Per questo tipo di ipotesi vi sono quattro soluzioni: 91 la prima il litisconsorzio necessario si avrebbe solo nei casi previsti dalla legge e sono lo scioglimento di comunione e divisione ereditaria, non che nel caso di riconoscimento di paternità. Ma fuori da questi casi in presenza di un rapporto plurisoggettivo , spetta al giudice valutare che tutti i soggetti siano stati convocati, e può disporre coattivamente l’intervento degli altri soggetti, non indicati nell’atto dell’attore. Ma questo è solo un potere ufficio quindi se il giudice non lo esercita la sentenza ha tutti gli effetti verso coloro che sono intervenuti al processo. La spiegazione è chiara, ma la prassi vuole invece che in questi casi siano convocati tutti gli altri soggetti che fossero stati pretermessi nella domanda iniziale dell’attore. Es ne sono i casi di modificazione dello status familiare o delle domande di annullamento di contratti plurisoggettivi. La seconda soluzione è data dal fatto che ogni qualvolta che sia dedotto in giudizio un rapporto plurisoggettivo vi sia litisconsorzio necessario, anche al di fuori dei casi espressi dalla legge. Ma anche se l’ipotesi è chiara nella prassi invece basta prendere ad esame il caso di più coodebitori o coocreditori, comporta che non è obbligatorio la partecipazione di tutti i soggetti anche se si tratta di un rapporto plurisoggettivo. La terza soluzione accolta sul piano formale dalla giurisprudenza e dalla dottrina che in caso di rapporti plurisoggettivi si avrebbe litisconsorzio necessario, anche se al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, ma deve essere esercitata un’azione costitutiva. Quarta soluzione accolta dall’ordinamento. Partendo dall’art. 1306 che disciplina le obbligazioni indivisibili e per la quale, si applica il litisconsorzio necessario, indipendentemente se l’azione fatta valere in giudizio sia costitutiva di condanna o di mero accertamento, il rapporto però deve essere indivisibile e che non si possa applicare l’art. 1306. ecco le ipotesi per la quale non operi l’art. 1306 e si applichi il litisconsorzio necessario: Azioni contrattuali dove è dedotto in giudizio un contratto bilaterale, dove le parti sono collettive, e per questo tipo di contratto sia richiesta un provvedimento che accerti l’efficacia reale del contratto. Quindi questo tipo di domanda darà vita a litisconsorzio necessario: E un contratto ad efficacia reale cioè sia indivisibile Sia un contratto a prestazioni corrispettive Questo non permette l’operatività prevista dal 1306. mentre l’esempio previsto all’art. 2932, poiché l’obbligazione è divisibile non darà vita al litisconsorzio necessario. Ipotesi di azioni reali, tipo ad esempio la domanda avente un diritto di godimento reale contro più soggetti, es. demolizione di un abitazione illecitamente costruita. In questo caso opera il litisconsorzio necessario, in quanto vi è l’interesse in gioco di più proprietari e non opera l’art. 1306 ( sulla solidale passiva ed attiva). In ipotesi di domande, che mirano alla costituzione modificazione o estinzione degli status famigliari, o su effetti reali sulla proprietà indivisa. Anche in questo caso opera il litisconsorzio necessario. E’ estranea al litisconsorzio necessario il caso della delibera di impugnazione dell’assemblea, in questo caso l’annullamento opera verso tutti i condomini, o anche dell’impugnazione delle delibere delle società. Ipotesi di litisconsorzio necessario disposte dal legislatore propter opportunitatem. Il legislatore può prevedere anche ulteriori ipotesi di litisconsorzio necessario, la partecipazione necessaria dei creditori che si oppongono al giudizio di divisione . 92 3. LE PARTI 3.1. Premessa: i diversi significati del termine. Nel diritto processuale le parti sono i soggetti diversi dal giudice. Il concetto di parte è un concetto polivalente in quanto al termine parte il legislatore ha attribuito diversi significati: 1. Ai meri soggetti degli atti processuali. Esistono diverse norme che indicano le parti come i soggetti che agiscono o sono chiamati a contraddire in processo nell’esercizio dei poteri processuali, gruppi di norme che indicano la proposizione dell’istanza, o la costituzione di parte, la comparizione la proposizione delle eccezioni, la comunicazione degli atti del processo ecc. 2. I soggetti degli effetti del processo. in questo caso le parti sono ricollegati a norme che indicano come parti i titolari dei diritti oneri obblighi, come norme in tema di responsabilità per le spese ed i danni processuali. In queste norme contrassegnano col termine parti soggetti degli effetti del processo, e sono soggetti che non coincidono i i soggetti degli atti processuali, come ad esempio il rappresentato e non il rappresentante. 3. I soggetti degli effetti della sentenza. Il termine parti è adoperato dal legislatore in senso sostanziale come titolare del rapporto dedotto in giudizio. 3.2. Acquisizione e perdita della qualità di parte. Nel rito ordinario di cognizione la qualità di attore e convenuto si acquisisce con l’atto di citazione. Nel processo del lavoro la qualità di attore si acquisisce con il deposito del ricorso, e quella di notificazione con la notifica del ricorso.Nel processo di espropriazione forzata la qualità di parte di creditore procedente e debitore esecutato si acquisisce con il pignoramento. La perdita della qualità di parte si ha in seguito al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio. Si perde la qualità di parte in seguito alla estinzione del processo. 3.3. Capacità di essere parte processuale. La capacità di parte processuale è uguale alla capacità giuridica e spetta sia alle persone fisiche che alle persone giuridiche, ai sensi dell’art. 75 c.p.c. possono essere parti le associazioni non riconosciute, i comitati le società di persona, ed anche il condominio. Quindi la morte del rappresentate legale non incide sul processo. La capacità processuale l’art. 75 stabilisce che le persone fisiche che non hanno la capacità d’agire non possono stare in giudizio se non per mezzo dei loro rappresentante o assistite o autorizzate secondo le norme che regolano la loro capacità. Le persone giuridiche le associazioni i comitati le società di persona stanno in giudizio per mezzo di chi le rappresenta, o norma della legge o dello statuto. Le parti inoltre possono stare in giudizio anche mediante un rappresentante volontario art. 77, mediante una procura per iscritto. Vi è inoltre la capacità processuale passiva dello Stato in giudizio. Per la legge 260/1958 l’amministrazione dello stato sta in giudizio nella figura del ministro competente e le citazioni devono essere notificate all’avvocatura dello Stato, in cui ha sede il distretto giudiziario dove è incardinata la causa. In caso di difetto o di errore del ministro competente durante la prima udienza, l’avvocatura dello Stato potrà eccepire tale errore e dovrà indicare la persona alla quale l’atto doveva essere notificato. Il giudice disporrà la rinnovazione dell’atto e ne prescrive il termine. I vizi relativi alla citazione in giudizio art. 182.2 detta la disciplina dei vizi di rappresentanza assistenza autorizzazione: il vizio è rilevabile dal giudice d’ufficio che il giudice deve assegnare un termine alle parti per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza. Questa sanatoria non ha carattere retroattivo. 93 3.4. Il regime di invalidita’ della sentenza. 1) La sentenza pronunciata contro un soggetto privo della capacità di essere parte. Es persona fisica morta prima della notificazione di citazione, o persona giuridica inesistente, da luogo a sentenza inesistente art. 161.2 2) La sentenza di vizi di capacità processuale va distinto: in caso di domanda proposta da o contro un falsus procurator, e non vi sia stato il rilievo del vizio, la sentenza non è imputabile alla parte. In caso di falsa rappresentanza dell’attore perché la domanda non è a lui imputabile In caso di falsa rappresentanza del convenuto perché non vi è stata attivazione del contraddittorio. La sentenza di pronuncia in questi casi possono essere di due tipi. O assoggettare alla disciplina dell’art. 161.2 e ritenere la sentenza inesistente. Oppure in caso di falsus procurator del convenuto la sentenza di contumace involontario. In difetto di rappresentanza legale dei minori e degli incapaci che sono stati in giudizio, la se non vi è stato il rilievo del vizio la sentenza si assoggetta alla disciplina dell’art. 161.2. In ipotesi di difetto di autorizzazione se il vizio non è rilevato o sanato, si assoggetta la sentenza all’art. 161.1 ( inesistenza). 3.5. Cenni sulla difesa tecnica. Il nostro ordinamento non consente alla parte di stare in giudizio personalmente ma richiede l’intermediazione di una difesa tecnica. Art. 82 La parte può stare personalmente in giudizio davanti al giudice di pace per le cause che non eccedono il milione altrimenti può chiedere anche verbalmente al giudice autorizzazione in considerazione del tipo di causa anche se eccede il milione. Nei giudizi innanzi agli altri giudici le parti devono stare in giudizio con il ministero di un avvocato legalmente esercente. Dinnanzi alla corte di Cassazione di un avvocato iscritto in apposito albo. La procura viene rilasciate nei modo e nelle forme previsti dagli art. 81.82. tutti gli atti vengono ricevuto e compiuti dal difensore. L’art. 86 prende in ipotesi della parte che può stare in giudizio da sola se è egli stesso un avvocato. 3.6. Le conclusioni desumibili dalla disciplina delle nullità formali ed extraformali. Il principio fondamentalissimo del processo di cognizione e che mira ad una pronuncia di merito, dire chi ha ragione e chi ha torto, mentre sono eccezionali le ipotesi di violazione delle norme disciplinatrici del processo. Tutta la disciplina del processo mira attraverso l’eliminazione di taluni vizi nella quale si potrebbe incorre per giungere infine ad una sentenza. Il processo potrebbe concludersi con una sentenza di mero rito solo nel caso vi fosse una nullità dell’atto introduttivo o per mancanza indicazione o incertezza del diritto fatto valere in giudizio, o per un difetto di legitimatio ad causam, o per un difetto di interesse ad agire, o per un difetto di giurisdizione. Per risolvere questo tipi di vizi vi sono tutta una serie di articoli e di sanatorie di rinnovazione ecc. 94 3.7. Cenni sulla disciplina delle spese del processo Il processo ha un suo costo, costo di organizzazione delle strutture materiali e personali dello Stato. Lo stato fa fronte alle spese del processo attraverso le imposte e le tasse. Invece per i costi sostenuti dalle parti vige un regime particolare. Art. 90, fatta eccezione per il patrocinio gratuito, ciascuna delle parti deve provvedere alle spese degli atti che compie e a quelle che chiede e deve anticiparle per gli atti necessari del processo, quando tale anticipazione gli è imposta dal giudice o dalla legge. Questa è una disciplina provvisoria in quanto quando il processo arriva a conclusione e vi è una sentenza. La’rt. 91 si basa sulla soccombenza e dispone che il giudice con la sentenza disponga anche la parte soccombente al pagamento delle spese a favore dell’altra parte vittoriosa. Vi è una deroga al principio disposta dall’art. 91 e tale deroga e disciplinato dall’art. 92. Art. 93 il difensore può chiedere nella stessa sentenza che il giudice disponga la distrazione delle spese la lui sostenute o anticipate. Vi è inoltre la previsione della responsabilità aggravata disposta dall’art. 96. 4. L’INTERESSE AD AGIRE 4.1. I limiti entro cui la nozione ha rilievo pratico ( sola lettura) 4.2. La distinzione tra interesse ad agire e legittimazione ad agire. L’interesse a contraddire. ( sola lettura) 95 CAPITOLO NONO CONNESSIONE, LIMITI SOGGETTIVI DEL GIUDICATO, INTERVENTI E SUCCESSIONE NEL PROCESSO. 1. LA CONNESSIONE 1.1.LA LITISPENDENZA, CONTINENZA E CONNESSIONE 1.1.1. Litispendenza e continenza Si ha litispendenza quando una stessa causa è proposta davanti a giudici diversi. Per aversi litispendenza occorre che il diritto fatto valere in giudizio sia lo stesso, come le stesse siano le parti, ma la causa viene proposta dinnanzi a due giudici diversi. Esempio: attore propone innanzi al tribunale di Prato, per la risoluzione del contratto. Il Convenuto propone innanzi al Tribunale di Firenze, per la risoluzione del contratto. Se le due cause procedessero si avrebbero due problemi: il primo è dato dall’inutile dispendio della attività processuale. Il secondo che entrambi i giudici emetterebbero sentenza , che potrebbero essere contraddittorie. ( rectius) in questo caso, il giudicato che si forma per primo, bloccherebbe la prosecuzione del secondo. Nasce dunque da questo tipo di problema l’esigenza sia per motivi di economicità processuale, sia per un’uniformità del giudicato, che le due cause vengano riunite eliminandone una.. Interviene a questo scopo: L’art. 39.1 c.p.c. “Se una stessa causa è proposta davanti a giudici diversi, quello successivamente adito, in qualunque stato e grado del processo, anche d’ufficio, dichiara con sentenza la litispendenza [42, 43] e dispone con ordinanza la cancellazione della causa dal ruolo [279]. Il secondo giudice adito emette questa sentenza senza neanche valutare se il primo giudice è competente. E’ stabilita dal legislatore la forma della sentenza, in quanto solo la sentenza potrebbe essere soggetta ad impugnazione, ed in questo caso si potrebbe impugnare mediante il regolamento necessario di competenza perv. All’art. 42. se il giudice avesse sbagliato sarebbe questo un caso di denegata giustizia. Si ha inoltre litispendenza nel caso in cui sempre innanzi a giudici diversi, le stesse parti, facciano valere diritti tra loro incompatibili. Esempio la prima domanda posta innanzi ad un giudice dove si chiede l’adempimento del contratto. Al secondo giudice l’oggetto della domanda è la risoluzione sempre dello stesso contratto. Si ha sempre litispendenza anche nel caso in cui due cause sono state instaurate davanti allo stesso ufficio giudiziario in questo caso è disciplinato dall’art. 273, non vi è la soppressione di uno dei procedimenti ma la riunione, per evitare il problema del diniego di giustizia questa volta si avrà la forma dell’ordinanza. Quando vi è una litispendenza parziale si ha la continenza Si ha continenza, quando, una causa ( continente) ne ricomprende un’altra ( contenuta), ma proposte innanzi a due giudici diversi. Es. azione di restituzione del capitale comprensivo degli interessi, e azione per la restituzione del capitale. ( è evidente che le due azioni si ricomprendono). Quando invece pur avendo litispendenza, ( quindi le stesse parti innanzi a due giudici diversi, l’attore eserciti una azione di mero accertamento ed il convenuto eserciti una azione di condanna, in questo caso, non vi è litispendenza, ma continenza, in quanto vi è una richiesta di giudicato diversa. 96 Art. 39.2 Nel caso di continenza di cause, se il giudice preventivamente adito è competente anche per la causa proposta successivamente, il giudice di questa dichiara con sentenza la continenza e fissa un termine perentorio [153] entro il quale le parti debbono riassumere la causa davanti al primo giudice [50, att. 125]. Se questi non è competente anche per la causa successivamente proposta, la dichiarazione della continenza e la fissazione del termine sono da lui pronunciate [42, 44]. Questo articolo prevede una commistione tra dichiarazione di competenza e continenza. Art. 39.3 La prevenzione è determinata dalla notificazione della citazione [137 ss., 163] Si prevede che vi sia la notificazione della citazione del secondo processo, però la norma parla solo di citazione, e non di ricorso. La Cassazione ha sancito che per il rito speciale del lavoro si ha litispendenza, con il deposito del ricorso in cancelleria. Fa eccezione il procedimento per ingiunzione. 1.1.2connessione: premessa Si ha connessione quando vi è il collegamento tra rapporti sostanziali diversi, e l’oggetto ( petitum) delle diverse domande giudiziali, presentano degli elementi uguali: gli elementi sono: 1) vi può essere una identità totale o parziale, quando uno o due elementi necessari per l’individuazione del rapporto giuridico o domanda giudiziale. I tre elementi sono rappresentati da: a. Le Parti del processo. b. Il Petitum o oggetto c. Causa petendi o titolo o fatto costitutivo Quando vi è l’identità totale o parziale di tutti e tre gli elementi si ha o il fenomeno della litispendenza, o di continenza. 39 2) La pregiudizialità – dipendenza, che si instaura tra rapporti sostanziali. Un diritto o rapporto giuridico, è un elemento costitutivo, modificativo, impeditivi o estintivo di una fattispecie ( o norma sostanziale) dalla quale deriva lo stesso rapporto giuridico. Da un punto di vista processuale tale pregiudizialità è il nesso di pregiudizialità dipendenza che si crea tra rapporti sostanziali che istaura un collegamento con la domanda giudiziale o petitum ( c.d. pregiudiziale) assume rilevanza di fatto costitutivo, modificativo, impeditivi o estintivo con un diritto fatto valere in giudizio ( c.d. domanda dipendente o pregiudicata) 3) La mera identità di questioni di fatto o di diritto, e per la quale soluzione dipende in tutto o in parte la decisione su ciascuna controversia. Sulla base dei tre criteri su esposti la connessione può essere oggettiva o soggettiva. Soggettiva, è si attua solo quando più domande giudiziali, sono connesse solo per essere proposte dalle stesse parti, o contro le stesse parti, che si affermano titolari dei rapporti giuridici dedotti in giudizio. Oggettiva nella quale si ricomprendono tutte le ipotesi di collegamento tra la domanda giudiziale e gli elementi che attengono alla fattispecie ( o norma) del rapporto giuridico dedotto in giudizio. o Identità di questioni di fatto o di diritto. o Identità parziale o totale di fatto costitutivo o causa petendi. o Pregiudizialità – dipendenza tra rapporti sostanziali. o Identità di rapporto fatto valere in giudizio o petitum che si divide: Connessione per incompatibilità e per alternatività ( quando l’identità investe solo gli elementi oggettivi del rapporto dedotto in giudizio Connessione per identità di petitum e causa petendi, quando oggetto delle domande è un rapporto plurisoggettivo. Una distinzione ulteriore è data dalle stesse parti, che presentano la stessa domanda giudiziale. 97 1.1.3 Segue: i valori in gioco Qualunque sia il tipo di connessione che collega i rapporti giuridici, tutto ciò influisce sul modo di svolgimento del processo, e soprattutto sulla possibilità del simultaneus processus ( processo simultaneo). Il legislatore infatti prevede che in caso di connessione, la trattazione e la decisione delle cause debba avvenire in modo congiunto. Prevede nello stesso processo il cumulo di domande, così come previsto in diversi articoli, 103,4,5,6,7 ecc. ma vi è anche il caso di controversie presentate separatamente ma riunite, in quanto rientrano nella gestione dell’art. 40, 274 c.p.c e 151 dis.att. In seguito alla connessione ma anche al simultaneus processus , vi sono delle deroghe previste dagli art. 31-36, e 40.6.7 che derogano sulla competenza. Si applica questo tipo di trattamento di favore per giustificare ed assicurare due principi fondamentali: Un principio di carattere pubblicistico dato dall’economia nello svolgimento dell’attività processuale. Con il cumulo processuale il giudice accerta fatti simili, che erano presenti in più controversie, o di interpretazione di una norma, è ciò lo fa in un’unica volta , con notevole risparmio se avesse trattato le singole controversie una ad una. Il principio del valore dell’armonia, questa costituisce una delle maggiori ragioni del fenomeno della connessione di più procedimenti. Nel caso di domande giudiziali, che si basano sulle stesse questioni di fatto o di diritto. Con la sentenza il giudice si esprime una unica volta sul quel fatto o diritto, avendo una sentenza “ armoniosa”. Se invece la controversia venisse discussa da più giudici, si avrebbe una disarmonia della sentenza. Nell’accertare in un processo simultaneo le domande giudiziali connesse unicamente per identità di questioni di fatto o di diritto, il processo mira ad accertare il fatto ed a dare risoluzioni autentiche evitando così la formazione di giudicati diversi, che potrebbero essere in contrasto. In presenza di connessione per una identità parziale di causa petendi. Es. lo stesso fatto storico, che è fatto costitutivo di più rapporti giuridici sostanziali. Vengono presentate più autonome domande giudiziali. Non effettuando il processo simultaneo lo stesso fatto storico potrebbe essere accertato in modo diverso in ogni processo. Per aversi una uniformità, dal momento che il fatto storico è lo stesso, i singoli processi vengono raggruppati in un unico processo, si avrà un’unica sentenza, che vale per tutti. In questo caso specifico, a differenza di quello sopra la difformità sta nell’accertamento del fatto storico conosciuto incidenter tantum da parte del giudice, e non influisce sulla sentenza. Sarebbe invece più dannosa una sentenza in relazione ad un rapporto di pregiudizialitàdipendenza. Innanzi tutto vi è a livello sostanziale un nesso di pregiudizialità in quanto l’oggetto del processo ( petitum ) è un fattispecie o norma può essere o un fatto costituivo oppure modificativo estintivo impeditivi. Il rapporto dipendente è anch’egli un’autonoma fattispecie ma collegata all’oggetto. Trattando in due processi separati, in uno la domanda pregiudiziale e nell’altro la domanda dipendente si potrebbe avere un giudicato in contrasto, in quanto gli stessi fatti se collegati, permetterebbero anche al giudice una migliore trattazione anche al fine della verità, ed il formarsi di un giudicato uniforme. L’eventuale giudicato, se le cause fossero separate darebbe vita ad un conflitto tra giudicati, dando luogo al contrasto logico tra giudicati. Vi è una massima applicazione del processo simultaneo quando ad esempio vi sono più comproprietari, se questi agissero disgiuntamente per far valere il loro diritto di proprietà di avrebbe un formarsi di più giudicati, invece con la connessione di tutte le domande si avrebbe il formarsi di un unico giudicato armonioso. 98 La connessione del processo può comunque portare ad un rallentamento del processo, in quanto lo stesso giudice deve disporre di più atti. Lo stesso legislatore per salvaguardare il giusto processo e la sua effettività, nonchè le garanzie costituzionali, ha disposta nell’art. 40.2, no n permette la connessione del processo, quando al processo principale o la domanda giudiziale proposta prima, questo processo è in una fase avanza che la connessione ne creerebbe un pregiudizio, e non permetterebbe alle cause successivamente riunite una buona trattazione, o addirittura ritarderebbe o renderebbe più gravoso il processo. Questo ultimo problema mette in risalto la problematica che in presenza, di questo tipo di interesse viene sacrificato sia il principio della economia processuale, sia il principio della uniformità di interpretazione. Viene rimesso quindi all’interpretazione del giudice lo stabilire quale valore ha la precedenza in quanto ilo legislatore non fornisce una chiave di lettura o un principio che deve avere un valore primario rispetto ad un altro. Schema di connessione per pregiudizialità Schema di connessione per identità di diritto fatto valere in giudizio 1.2 connessione di domande proposte tra le stesse parti 1.2.1 Premessa: l’art. 10 comma 2° Art. 10 Determinazione del valore. — Il valore della causa, ai fini della competenza, si determina dalla domanda a norma delle disposizioni seguenti. A tale effetto le domande proposte nello stesso processo contro la medesima persona si sommano tra loro, e gli interessi scaduti, le spese e i danni [c.c. 1282, 1223 ss., 2043 ss.] anteriori alla proposizione si sommano col capitale [31, 104]. In tale articolo si evince che il giudice competente è innanzitutto quello relativo alla domanda principale. Nel comma secondo invece si dispone per la somma delle domande. Chiaramente la connessione è data dalle parti che sono le medesime. Il simultanee processus, prevista in questo articolo deroga alle regole principali sulla competenza. 1.2.2 Connessione per mera identità di soggetti. Si ha questo tipo di connessione quando più domande sono connesse per il semplice fatto di essere presentate da e contro le medesime persone che ( si affermano ) titolari del diritto fatto valere in giudizio, ma che tra queste domande non vi è connessione oggettiva. Es. vi sono degli eredi, e vi sono più debitore che agiscono ognuno, con una domanda diversa. Chi per la restituzione di un debito, chi per la restituzione del mutuo, chi per l’estinzione o risoluzione di un contratto. Il cumulo delle domande deve essere fatto dall’attore e non può essere rilevato d’ufficio dal giudice. Questo è un tipo di cumulo, es. Azione di riconsegna del bene compravenduto. Tale cumulo è espressamente previsto dall’art. 104. Questo tipo di cumulo è previsto dal legislatore per la semplice economia processuale, che è importante per la fase iniziale del processo. Ma questo tipo di cumulo, qualora le parti in causa sono molte, può pregiudicare il diritto, e quindi per quel principio della giusta durata del processo, si può chiedere la separazione dei procedimenti cumulati, art. 103.2 richiamato dall’art. 104.2. tale separazione deve avvenire su istanza di tutte le parti, solo nel caso il cumulo, comproverebbe un rallentamento o renderebbe più gravoso il processo. 99 Il potere di scioglimento può anche essere esercitato dal giudice d’ufficio. Il provvedimento di scioglimento è pronunciato con ordinanza. Nel caso la controversia sia affidata al collegio, ed il collegio ritiene che una delle decisioni sia matura, mentre le altre necessitano di ulteriori indagini, con ordinanza dispongono la separazione delle cause art. 279.5. la sentenza che emette per la decisione matura, ha carattere di sentenza definitiva suscettibile di impugnazione. Tutto ciò è possibile in quanto tali cause sono connesse per la sola mera identità di soggetti. In questo caso l’esigenza di riunire i processi per il criterio della economia processuale è sacrificata a vantaggio della rapidità delle decisioni. L’art. 104, inoltre prevede la sola ipotesi che sia lo stesso attore a cumulare ad inizio più domande. Si discute invece in merito alle eventuali domande riconvenzionali, proposte sulla domanda iniziale ad opera delle stesse parti. La giurisprudenza si è espressa favorevolmente, in quanto anche se le cause sono riunite, possono essere sempre divise su istanza delle parti. 1.2.3 Connessione per identità di fatto costitutivo non contestato. Per connessione di identità di fatto o causa petendi, o oggetto della domanda, fra stessi soggetti. È l’esempio dell’attore che agisce per la consegna dell’immobile locato, e il convenuto propone domanda riconvenzionale, per la determinazione della liquidazione della identità per la restituzione del fondo, in quanto si tratta di fondo commerciale. In questo caso vi sono le parti identiche e la stessa causa pretendi, e non vi è la contestazione dell’oggetto. Se il convenuto contestasse all’attore la sua qualità di proprietario non si potrebbe applicare questo tipo di connessione. Questo tipo di connessione opera per un motivo di armonia della decisione. Viene disciplinato dall’art. 104 disciplina il cumulo iniziale e 36,( la domanda riconvenzionale).. Il legislatore inoltre per superare l’eventuale ostacolo della competenza assoggetta questo tipo di connessione alle deroghe previste proprio dalla competenza dell’art. 10.2. e 36. Inoltre l’art. 34 in merito ai limiti oggettivi del giudicato, stabilisce che il giudice può conoscere solo incidenter tantum delle questioni pregiudiziali. Tale tipo di connessione viene richiesta dall’attore, in quanto non può essere rilevata dal giudice, è solo l’attore che può conoscere tale connessione, mentre il giudice conoscere nel corso del processo solo incidenter tantum, delle questioni pregiudiziali. Resta comunque intesa che se dalla connessione delle due cause ne nasce una questione di ritardo per l’altra si può sempre disporre la separazione art. 279.2. Il giudice inoltre per motivi di economia processuale, può disporre la riunione ai sensi art. 274, Una volta venuto a conoscenza, e ciò può avvenire: Che le stesse cause siano proposte innanzi allo stesso giudice, o a giudice diversi ma facenti parte dello stesso ufficio giudiziario. In questo caso il giudice dispone la riunione ai sensi art. 274. Se invece sono state proposte innanzi a uffici giudiziari diversi trova applicazione l’art. 40.1.2. il giudice può comunque per i motivi su scritti proporre anche in questo caso la separazione delle cause. 100 1.2.4 Connessione per pregiudizialità: concetto di pregiudizialità. Va innanzitutto chiarito il concetto di pregiudizialità. Esistono due tipi di pregiudizialità, logica e tecnica. È il collegamento esistente fra due entità ( o diritti) e l’esistenza o l’inesistenza dell’una comporta la pregiudizialità dipendenza dell’altra. La pregiudizialità logica è dato dal nesso di dipendenza, che intercorre tra il singolo effetto giuridico ( pagamento delle rate) e del rapporto giuridico ( contratto di mutuo o rapporto obbligatorio). La dipendenza è data dalla esistenza del rapporto di pretesa – obbligo dipende l’esistenza del rapporto obbligatorio. Quindi tale pregiudizialità logica si manifesta, sempre all’interno di questo tipo di rapporto giurdico, e la relazione esistente tra l’intero rapporto ( contratto obbligatorio) e la frazione ( pagamento di una rata o la controprestazione). Esempi: Il pagamento della rata del mutuo è data dall’esistenza del contratto di mutuo. Quindi vi è la pretesa del pagamento della rata in quanto tale obbligo scaturisce dal contratto di mutuo. Si desume quindi che se vi sono domande in rapporto di pregiudizialità, quale una domanda che opera per il pagamento delle rate del mutuo ed una domanda che opera per l’estinzione del mutuo opera una connessione per pregiudizialità- logica del petitum o oggetto della domanda. Quindi le due domande sono comprese l’una nell’altra pur non coincidendo. Poniamo invece il caso che in un altro processo si sia chiesto il pagamento della rata del mutuo, senza dedurre nel processo il fatto costitutivo del mutuo ( il contratto). La sentenza che obbliga il convenuto a pagare la rata del mutuo, fa anche ordine dell’esistenza del mutuo stesso. A questa sentenza si applicano i limiti oggettivi del giudicato, che si estendono sempre all’intero rapporto, quindi il riconoscimento nella sentenza di pagamento delle rate di mutuo del contratto di mutuo. Poniamo il caso che vi siano due autonome domande, la prima che chiede il pagamento della rata del mutuo, la seconda l’estinzione del mutuo. Le due domande sono pregiudiziali ma è una pregiudizialità logica, in quanto la prima domanda è una frazione dell’intero rapporto giuridico, è il caso di parziale identità del petitum, basato sulla pretesa obbligo del pagamento della rata ed il rapporto complesso di cui il pagamento fa parte ( contratto di mutuo). In questo caso vi è continenza di cause ai sensi art. 39 . Quando invece si deduce in giudizio la sola pretesa obbligo data dal rapporto delle rate del mutuo, o dei singoli canoni di locazione, senza tenere conto del rapporto giuridico più complesso di cui fa parte, si parla di pregiudizialità logica, ma in questo caso non si ha continenza, ma connessione. Nella pregiudizialità tecnica invece si ha quando vi è un nesso di pregiudizialità dipendenza che intercorre tra rapporti giuridici diversi ( la successione) dove l’esistenza di un rapporto dipende dell’esistenza o inesistenza dell’altro. ( la qualità di erede ) In merito a questo tipo di pregiudizialità, se il rapporto giuridico pregiudiziale è ritenuto inesistente, non sarà ritenuto esistente anche il rapporto dipendente. Se invece se il rapporto condizionate è ritenuto esistente, non è definito anche che il rapporto condizionato sia esistente. La pregiudizialità dipendenza affonda le sue radici nel diritto sostanziale e quindi se la stessa norma giuridica fa dipendere l’esistenza di una determinata situazione giuridica dalla esistenza o meno di un fatto materiale, che però è un fatto che indica un’altra situazione giuridica o meglio un’altra norma sostanziale. 101 Quindi nella domanda dell’attore si presenterà la domanda per il rapporto pregiudiziale, il convenuto proporrà domanda sul rapporto dipendente. Detta con molta semplicità il petitum della domanda pregiudiziale è parte della causa pretendi. Sono esempio di pregiudizialità- dipendenza la qualità di erede ed il credito ereditario. Tra il diritto di proprietà ed il risarcimento dei danni arrecati al bene. Nel codice di procedura penale sono disciplinate la connessione dagli art. 31 cause accessorie, 34 accertamenti incidentali 35 eccezione di compensazione 36 cause riconvenzionali. Art. 31 predispone che in caso di domanda pregiudiziale o condizionante la domanda dipendente deve essere riunita dall’attore ab inizio la domanda di accertamento della qualità di attore, e cumulata con la domanda di adempimento del credito ereditario. Art. 34 invece prevede l’ipotesi in cui in processo originariamente relativo alla sola causa dipendente sorga una questione pregiudiziale. La questione pregiudiziale sorga esplicitamente su richiesta del convenuto, ma con accertamento di autorità di cosa giudicata, attraverso questo accertamento proponendo domanda riconvenzionale. A questo punto nasce una questione pregiudiziale sul fatto diritto costitutivo. Anche in questo articolo vi è la deroga sulla competenza, disc. Dall’art. 10. 1.2.5 Segue: Disciplina processuale. Con riferimento all’art. 31 l’attore ab inizio deve chiedere la cumulazione delle due domande, derogando al principio della competenza così come prevede la deroga dall’art. 31 indicando l’art. 10. In caso invece originariamente il processo adito avesse ad oggetto la sola domanda dipendente o la sola domanda pregiudiziale, le due domande ai fini della competenza per valore non si sommano. il legislatore cerca di salvare la competenza del giudice originariamente adito, evitando la somma delle due domande. Il legislatore mira in modo particolare alla connessione della domanda pregiudiziale e quella dipende e viceversa in un unico processo, in quanto si pone il problema se per evitare il formarsi di un giudicato non armonioso, il secondo processo debba essere sospeso 295 in attesa della definizione del primo processo. Oltre a quanto previsto dagli art. 31 e 34 : A. art. 40 prevede che se le due domande sono proposta innanzi a giudici diversi per valore o materia le due domande devono essere proposte innanzi al Tribunale, per connettere le due domande in un unico processo. B. Per quanto attiene invece alla questione della competenza territoriale del giudice. Art. 31 prevede che la domanda dipendente possa essere proposta innanzi al giudice della domanda principale. C. Gli art. 34,35 e 36 la domanda pregiudiziale o dipendente possa essere proposta sempre al giudice della causa originaria. D. Se le domande sono proposte separatamente davanti allo stesso ufficio, l’art. 274 ne dispone la riunione con decreto del giudice. E. Se le domande sono proposte innanzi a uffici giudiziari diversi le due domande possono essere riunite ex post. Se è diverso il giudice competente per valore o materia innanzi al tribunale. Se il giudice non è competente per territorio davanti al giudice dove è stata proposta la domanda principale o pregiudiziale. 102 F. La riunione avviene con la definizione in rito, mediante sentenza 279.2, emessa dal giudice che non è competente o quello presso la quale è stata proposta la domanda pregiudiziale. Fissa alle parti un termine perentorio per la riassunzione davanti al giudice di tribunale o al giudice della causa principale. Questa sentenza è impugnabile mediante il regolamento di competenza. Art. 40 inoltre dispone che la riunione delle due domande debba avvenire non dopo la prima udienza di trattazione, in quanto lo stato di avanzamento della domanda principale o pregiudiziale, non consentirebbe la riunione e l’esauriente trattazione della domanda. Questo tipo di riunione è stata voluta dal legislatore non per motivi di economia processuale, quanto per evitare ilo formarsi di un conflitto logico tra giudicati. Il processo simultaneo è dovuto essenzialmente per avere un’armonia di giudicati, pertanto in caso non si riesce a riunire le due domande ai sensi dell’art. 295 è disposta la sospensione del secondo processo. Non è infine possibile la simultaneità della trattazione delle due domande, quando queste sono in due gradi diversi, resta comunque il dubbio circa la sospensione del secondo processo. Una volta realizzato il processo simultaneo se il giudice istruttore ritiene di rimettere al collegio affinché possa decidere separatamente su di una questione di merito che ha carattere preliminare l’intero giudizio. La questione di merito può essere anche la stessa domanda dipendente se questa è idonea a definire l’intero processo. Se il collegio ritiene che la domanda pregiudiziale è effettivamente idonea a definire il giudizio emette la sentenza con la quale definisce nel merito l’intera controversia. Se invece la questione viene interpretata in modo difforme dal giudice istruttore, egli può rimettere al collegio la domanda pregiudiziale, ed il collegio emette sentenza non definitiva, mentre per la domanda dipendente il giudice istruttore continua l’istruzione. Con l’emissione di una sentenza non definitiva, può essere o di impugnazione immediata oppure oggetto di riserva di impugnazione in questo modo si evita la biforcazione del processo. Se vi è l’impugnazione immediata vi è la biforcazione del processo, quello relativo alla domanda dipendente prosegue in primo grado, mentre quella relativa alla causa pregiudiziale in appello. Apparentemente sembra che con la biforcazione del processo si debbano necessariamente formare due giudicati diversi. Invece ai sensi dell’art. 336 e trattandosi di una sentenza non definitiva, l’eventuale giudizio di cassazione travolge anche la prima sentenza che in tanto si fosse formata nel primo processo. 103 1.2.6 Segue: art. 35. L’art. 35 disciplina la figura di pregiudizialità dipendenza che sostituisce la compensazione. Come norma sostanziale è previsto l’art. 1241 e 1243, mentre l’art. 35 è di coordinamento di tipo processuale. La compensazione di due debiti può essere volontaria legale e giudiziale. La compensazione non può essere rilevata dal giudice d’ufficio, in quanto egli non può conoscere dell’eventuale contro credito del convenuto. Quindi l’attore che agisce per il pagamento del credito, il convenuto in sede di eccezione dovrà far valere il suo contro credito. Per aversi la compensazione legale, la compensazione deve avere ad oggetto una somma di denaro o una quantità di cose fungibili dello stesso genere, che devono essere egualmente liquidi ed esigibili. L’art. 35 stabilisce che quando il convenuto oppone in compensazione un credito, e questo contro credito eccede la competenza per valore del giudice inizialmente adito, il giudice: se il credito non è contestato o che sia facilmente accertabile può decidere solo in merito alla eccezione. Questa affermazione e di deroga al principio originario che se la causa eccede la sua competenza deve rimetterla al giudice superiore. A questo punto il giudice può decidere sulla sola questione dipendente e condannare il creditore al pagamento della prestazione è questo il caso della condanna con riserva di eccezione. oppure deve rimettere la controversia al giudice superiore per la decisione riguardante la compensazione. Altrimenti deve rimettere tutta la controversia che riguarda sia l’oggetto pregiudiziale che la causa dipendente al giudice superiore. Difatti l’art. 34 stabilisce che quando il giudice conosce una questione pregiudiziale, egli deve statuire con efficacia di giudicato del fatto diritto fatto valere in giudizio, ed in virtù di ciò l’art. 35 può permettere al giudice di rimettere tutta la causa al giudice superiore. La giurisprudenza divide eccezione di compensazione a seconda che: Il credito è il contro credito nasca da uno stesso rapporto giuridico ed rapporto di conto corrente rapporto agrario. In questa ipotesi il contro credito deve essere eccepito nell’ambito del processo altrimenti non è più deducibile. Oppure che il credito nasca da rapporti giuridici diversi. In questo caso la mancata deduzione nel corso del primo processo comporta che il convenuto possa instaurare successivamente un autonomo giudizio. L’eccezione di compensazione ha una disciplina particolare stabilità dall’art. 35, e quindi viene a conoscenza solo come questione pregiudiziale. Il contro credito non può essere azionato in via di opposizione al decreto ingiuntivo. La compensazione legale e giudiziale prevista all’art. 1243 non viene eccepita ma opera di diritto, dichiarata dal giudice ex nunc, quando il debito opposto non è liquido ma è di facile e pronta liquidazione. Se questo debito è il liquido il giudice ha due facoltà: dichiarare la compensazione soltanto per quella parte che riconosce esistente , e per il resto ne dispone nel processo. Sospendere la condanna sino all’accertamento del credito il liquido proposto dal convenuto in compensazione. 104 1.2.7 Segue art. 36 ( e connessione per incompatibilità). L’art. 36 contiene deroghe al principio di competenza per garantire il processo simultaneo, delle cause riconvenzionali e della domanda principale, ed applica gli stessi principi disciplinati dagli art. 34 e 35. lla domanda dell’attore il giudice conosce anche della domanda riconvenzionale e delle eccezioni da egli presentato, e può statuire su queste solo se non eccedono la competenza, se eccedono la competenza egli deve rimettere la causa al giudice superiore fatto eccezione, che non abbia emesso condanna con riserva di eccezioni. Non va dimenticato che l’art. 36 oltre alle deroghe su esposte, concerne e disciplina il possibile contenuto delle domande proposte dal convenuto. L’art. 36 disciplina quindi il caso di connessione oggettiva, e non certo soggettiva, anche se la domanda riconvenzionale può essere chiesta anche per sola identità di parti. Per collegare il legame che unisce domanda principale e riconvenzionale, bisogna tenere presente qual è lo scopo che il convenuto intende conseguire con la proposizione della domanda riconvenzionale. 1. Il convenuto che presenta domanda riconvenzionale in seguito alla presentazione da parte dell’attore, questa domanda è solo un modo da parte del convenuto per approfittare dell’iniziativa processuale dell’attore, per far valere anche egli un diritto che vanta nei confronti dell’attore, senza contestare la domanda iniziale. Si veda par. 1.2.2. 2. vi è una ipotesi espressamente prevista dall’art. 36, dove la domanda riconvenzionale dipende dal titolo dedotto in giudizio. Esempio il convenuto chiamato in causa dall’attore per il pagamento del prezzo del bene, attraverso la domanda riconvenzionale chiede la consegna del bene. In questo caso vi è identità parziale della causa pretendi, in quanto l’attore non contesta il contratto ma a sua volta chiede che il bene gli venga consegnato. Quindi l’attività del convenuto non ha carattere difensivo. Da un punto di vista processuale: a. Il cumulo processuale è favorito dalla deroga proposta dall’art. 36 per quanto riguarda il territorio. b. Non si può applicare la condanna con riserva di eccezioni e della rimessione delle controversie al giudice superiore, in quanto manca la pregiudizialità dipendenza. c. Il nostro codice inoltre prevede che le due cause possono essere separate in fase istruttoria o in fase decisoria ai sensi art. 104 e 103 e 279, quando dalla loro riunione ritarderebbe o renderebbe più gravoso il processo. 3. L’ art. 36 prevede la domanda riconvenzionale dipende dal titolo che appartiene alla causa come mezzo di eccezione. E’ questo un caso di pregiudizialità dipendenza costituita dalla causa principale e la domanda riconvenzionale, il petitum della domanda riconvenzionale è una questione pregiudiziale relativa ad un fatto impeditivo modificativo estintivo del diritto oggetto della domanda. In questo caso il convenuto non si limita a sollevare un’eccezione ma ripropone domanda riconvenzionale su di un fatto diritto. Esempio l’attore muove l’azione di esecuzione del contratto, il convenuto eccepisce l’inadempimento ma contestualmente attraverso la domanda riconvenzionale chiede al giudice di statuire per la risoluzione. Il giudice deve poi pronunciarsi sulla domanda riconvenzionale, mentre sulle eccezioni deve solo pronunciarsi in caso intenda accoglierle. Quindi la posizione del convenuto non è di mera difesa. Questo tipo di schema di pregiudizialità dipendenza e uno schema di diritti incompatibili, in quanto l’accoglimento della richiesta dell’attore comporta il rigetto della domanda riconvenzionale del convenuto e viceversa. Questo tipo di rapporto comporta sotto un aspetto puramente processuale: 105 4. 5. 1.2.8 a. che si possa applicare la condanna con riserva di eccezioni, sempre che la domanda non si fondi su di un titolo controverso. b. La rimessione di entrambe le controversie al giudice superiore competente per materia valore sulla causa riconvenzionale pregiudiziale. c. Le due controversie possono essere sempre separate ai sensi art. 104.2 e 103.2 e 279.5. Vi è incompatibilità anche nel caso la domanda principale abbia come petitum un diritto o un rapporto che sia modificativo impeditivo estintivo, mentre la domanda riconvenzionale deduce in giudizio una situazione costitutiva. ( caso contrario di quello esaminato sopra) Esempio l’attore attraverso la domanda chiede l’annullamento o la rescissione o la nullità del contratto, il convenuto attraverso la domanda riconvenzionale chiede invece l’adempimento. Tra domanda e domanda riconvenzionale vi è una pregiudizialità logica, ed è interamente contenuto nella domanda mossa dal convenuto, che è una domanda dipendente. La domanda del convenuto non svolge un ruolo difensivo. Sotto un profilo processuale: a. Non trova applicazione la condanna con riserva di eccezione. b. Per evitare il formarsi di un giudicato contraddittorio inibisce la separazione delle cause ai sensi dei soliti tre articoli. Vi è il caso in cui il convenuto si affermi titolare di un diritto autonomo e incompatibile rispetto al rapporto dedotto in giudizio dall’attore. Esempio l’attore muove azione per la rivendica del bene il convenuto riconvenzionalmente chiede che venga accertato il diritto di proprietà del bene in quanto è egli il proprietario. In questo caso la d. riconvenzionale ha funzione difensiva , e vi è una connessione per medesimo petitum. Le due domande sono incompatibili, in quanto l’accertamento del titolo di proprietario dell’attore comporta il rigetto della domanda del convenuto e viceversa. Anche in questo caso non può essere applicato l’istituto della separazione delle cause, per evitare il formarsi di due giudicati contraddittori. Segue: sospensione per pregiudizialità prevista dall’art. 295. Si esamina l’eventualità della sospensione necessaria del processo in presenza di cause connesse per pregiudizialità, ogni qualvolta non è possibile la trattazione simultanea delle due cause. Questa eventualità si può avere quando le due cause pendono in gradi diversi del giudizio. Il giudice deve svolge prima un accertamento logico e quindi accertare quale è la domanda pregiudiziale e quella dipendente. Poi deve svolgere un accertamento di dipendenza giuridica il formarsi del giudicato sulla domanda pregiudiziale comporta un riflesso sulla lite dipendente. Successivamente il giudice statuisce sulla domanda dipendente venendo così a crearsi un giudicato contraddittorio. Per evitare ciò il legislatore ha previsto l’istituto della sospensione necessaria del processo come strumento alternativo al simultaneus processus. Pertanto qualora i due processi sono in due gradi diversi la causa dipendente deve essere sospesa.Circa l’interpretazione di questa norme si sono cimentate la dottrina e la giurisprudenza, anche se entrambi sostengono che questa disciplina vada applicata solo a fattispecie di connessione per pregiudizialità e di processi tra le stesse parti. La dottrina da delle ampie interpretazioni. Quando non è possibile la trattazione congiunta della causa avente ad oggetto la domanda pregiudizievole e quella dipendente deve essere disposta la sospensione della causa dipendente. Questo tipo di sospensione può pregiudicare l’effettività della tutela ed i tempi della durata del processo. Contro il provvedimento che dichiari la sospensione del processo è consentito provocare il controllo della Corte di Cassazione mediante il regolamento di competenza. 106 1.2.9 Connessione per subordinazione La connessione per subordinazione è un tipo di connessione soggettiva ed a volte oggettiva. Questo schema di applica quando l’attore propone una prima domanda in via principale ed una seconda domanda in via subordinata. Esempio l’attore chiede in via principale l’annullamento del contratto in via subordinata l’esecuzione del contratto.In questo tipo di domanda il giudice penderà in considerazione la domanda subordinata in caso di rigetto della domanda principale. La domanda subordinata è c.d. sospensivamente condizionata. Questo tipo di domanda ai sensi dell’art. 346, in caso di accoglimento della domanda principale può essere riformata dal giudice d’appello. Questo impugnazione può essere esperita dalla parte vittoria che attraverso la riforma della sentenza di primo grado, vuole che il giudice esamini la domanda subordinata o assorbita. Anche in questo caso la domanda subordinata sarà sospensivamente condizionata in quanto in appello si chiede la riforma della domanda principale. 1.3 CONNESSIONE DI DOMANDE PROPOSTE TRA LE PARTI DIVERSE. 1.3.1 Premessa. Nella connessione di domande proposte tra parti diverse si ripropongono schemi di connessione analoghe ai casi gia indicati. 1.3.2 Connessione per identità di questione di fatto o di diritto. Lo schema previsto dall’art. 103, si identifica quando le domande presentate da più parti vengono riunite in quanto l’oggetto della domanda ed il petitum sono comune a tutte le domande. Questo è il tipico esempio di connessione per mera identità di questioni di fatto o di diritto. Esempio, più lavoratori della stessa ditta, chiedono nella domanda la differenza retributiva o l’indennità di mensa ecc. oggetto quindi e l’interpretazione della norma o lo stesso contratto collettivo. Il giudice quindi deve interpretare la stessa norma e per questo motivo è prevista la riunione. Un ulteriore esempio può essere per i contratti in serie, tipo il contratto dell’Enel o Telecom. Attraverso il cumulo processuale di queste domande si consente al giudice di interpretare fatti simili o la stessa norma una sola volta, tale riunione mira semplicemente ad una economia di giudizi, più che al valore di armonia del giudicato. Quando le domande saranno riunite in un unico processo sarà sempre possibile la separazione ai sensi art. 103.2 e 279.5. Nelle controversie di lavoro il giudice deve riunire tali domande fatta eccezione se tale riunione renda troppo gravoso o comunque ritardi il corso del processo. 1.3.3 Connessione per identità di fatto costitutivo. Questo schema è costituito dal fatto che più rapporti giuridici dipendono dallo stesso fatto costitutivo. Esempio più soggetti agiscono per il risarcimento del danno che deriva dallo stesso fatto illecito. Più creditori agiscono contro l’erede del de cuius per i debiti ereditati. Il fatto costitutivo è lo stesso, nel primo esempio il fatto costitutivo è il fatto illecito nel secondo esempio l’obbligazione del debitore originario il de cuius la qualità di erede. Tutte le domande presentate autonomamente devono essere connesse per mera identità parziale di causa pretendi. In questi casi il legislatore disciplina il principio del simultaneo processo disciplinato dall’art. 103, derogando però ai principi sulla competenza. Quando ricorrono i presupposti è sempre possibile sia in fase istruttoria o decisoria la separazione dei processi. Nella sentenza prevista ai sensi dell’art. 279 è una sentenza definitiva soggetta ad impugnazione. 107 1.3.4 Connessione per identità del rapporto plurisoggettivo dedotto in giudizio. Questo è lo schema per connessione per identità di oggetto o di petitum, in questo tipo di ipotesi viene dedotto in giudizio un rapporto plurisoggettivo. In merito al rapporto plurisoggettivo può dare luogo al litisconsorzio necessario, ma vi sono anche delle ipotesi, dove pur esistendo un rapporto plurisoggettivo questo non dia vita al litisconsorzio necessario. Da un punto di vista processuale, il rapporto plurisoggettivo può essere dedotto da uno contro uno di tutti i contitolari e questo non determina invalidità del procedimento instaurato. Lo stesso rapporto plurisoggettivo può essere dedotto disgiuntamente da più contitolari contro uno o più contitolari. In questo caso si sarà alla presenza di domande connesse per identità di petitum o causa pretendi. In questo caso risulti importanti la simultanea trattazione di tutte le domande, in quanto se venissero trattati separatamente si avrebbe un formato di giudicati contraddittori. Questo fenomeno viene disciplinato dalla legge e dalla prassi giurisprudenziale in diversi modi: 1. L’art. 1306 che disciplina le obbligazioni solidali stabilisce anche che la sentenza pronunciata tra le parti esplica efficacia solo verso il creditore o debitore che ha agito e non verso gli altri, se ne desume la non necessaria coincidenza delle parti del rapporto sostanziale e le parti del processo. Il rapporto obbligatorio solidale si distingue: 1.a obbligazioni solidali a causa comune è un obbligazione che fonda le sue origini nel medesimo fatto es. il contratto, ed i rapporti interni si tra le diverse parti si presumono uguali. Esempio tipico, è un contratto di compravendita dove vi sono più compratori per un unico bene indivisibile. Quindi alla consegna del bene i coodebitori devono pagare il prezzo al creditore, ed i debitori diventano coopropietari dello stesso bene indivisibile.. questo è il tipico esempio di rapporto giuridico unico con pluralità di parti. A questo tipo di rapporto si applica lo schema su previsto dal 1306 come rapporto obbligatorio solidale, ma nello stesso tempo con espresso richiamo dell’art. 1317 ( le obbligazioni indivisibili). Pertanto trova applicazione il principio che la parte che agisce e legittimata da tutti gli altri coopropietari, il caso di legittimazione disgiunta, e quindi il singolo comproprietario può agire disgiuntamente in giudizio per rivendicare il bene da chi lo detiene o lo possiede. Rientra in questo tipo di schema anche le impugnazioni delle delibere assembleari nelle società per azioni. Difatti l’impugnazione può essere eseguito anche da uno o più soci, e l’eventuale sentenza di annullamento della delibera agisce però verso tutti i soci. Però se più soci agiscono per l’impugnazione della delibera, tutte queste autonome domande andranno riunite in un unico processo in quanto hanno ad oggetto lo stesso petitum e la stessa causa pretendi. 1.b obbligazioni solidali ad interesse uni soggettivo, sono obbligazioni contratte nell’interesse esclusivo di uno dei debitori, ed i rapporti interni ricadono espressamente sulla parte nel cui interesse è nata l’obbligazione solidale, tipico rapporto di questo genere è il rapporto esistente tra il debitore e fideiussore da una parte ed il creditore dall’altra. Il fideiussore ed il debitore sono obbligati in solido affinché il garante ( fideiussore) adempia all’obbligazione, ed una volta adempiuto ha diritto di regresso nei confronti del debitore principale. Questo tipo di rapporto esce dallo schema di connessione per identità di rapporto uni soggettivo. 108 2. l’importanza di riunire tutti i rapporti in un unico processo deriva dall’importanza di avere un giudicato che sia uniforme. Difatti l’art. 2378.5 dispone obbligatoriamente la riunione di tutte le domande, poiché il formarsi di una sentenza contraddittoria causerebbe inevitabili disastri. Difatti deriva anche da questo obbligo per l’uniformità del giudicato, anche l’impossibilità prevista dall’art. 103. 1 della separazione delle cause sia in fase istruttoria che decisoria, anche per le cause riunite ab origine. Se ne deduce che ne nasce un terzo genus di litisconsorzio che non è né facoltativo né necessario, ma nella fase d’instaurazione è facoltativo ma necessario nello svolgimento per evitare il formarsi di un giudicato contrastante. 1.3.5 Connessione per incompatibilità. Questo tipo di schema rientra nella connessione per identità di petitum, ed ha ad oggetto rapporti autonomi ed incompatibili, che corrono tra soggetti diversi. Va appena ricordato che quando si è in presenza di diritti incompatibili con riferimento alla sentenza ed ai limiti oggettivi, in quanto il dedotto copre il deducibile, quindi in caso il giudice afferma che il titolare del diritto azionato è l’attore essendo il diritto sostanziale incompatibile ( qualità di proprietario) automaticamente il convenuto sarà dichiarato non proprietario del bene. Questo tipo di sentenza però non avrà efficacia verso il terzo che si dichiarerà titolare dello stesso bene o diritto contestato tra le precedenti parti. Quindi se il terzo muoverà un’azione contro una delle due parti del precedente processo per il riconoscimento della qualità di proprietario si verrà a formare un giudicato in contraddizione con il primo. Per ovviare a questo tipo di contraddizione l’art. 2378.5 prevede la riunione delle cause connesse per incompatibilità, proposte separatamente ma contestualmente ed una volta cumulate non possono più essere separate. Se invece le domande sono proposte in termini sfasati non è eliminabile il formarsi di due giudicati contraddittori. Questo formarsi di sentenza sarebbe di grave pregiudizio per il terzo e quindi il legislatore ha previsto a tutela del terzo sia dei rimedi preventivi che successivi: rimedio preventivo. questo tipo di intervento è facoltativo e previsto dall’art. 105.1 prevede che il terzo possa presentare in un giudizio tra due parti una autonoma domanda dove chieda l’accertamento del suo diritto. La sentenza accerterà chi dei tre è il titolare del diritto e questa sentenza eviterà il formarsi di un giudicato contraddittorio. Il rimedio successivo è facoltativo e consiste nell’opposizione di terzo ordinario 404.1 è un mezzo straordinario di impugnazione è può essere fatto valere senza limiti di tempo, dal terzo che è stato pregiudicato da una sentenza emessa tra altre due parti ma che pregiudica un suo diritto. Se il terzo vince viene riconosciuto il suo diritto e così la sentenza precedente sarà cancellata dal mondo giuridico. 1.3.6 Connessione per alternatività. Questo è lo schema di connessione per identità di oggetto o petitum, rappresenta una sottospecie della connessione per incompatibilità, ed è la incompatibilità tra rapporti obbligatori che hanno elementi oggettivi identici. Si ha quando l’attore deduce in giudizio due soggetti al fine di stabilire chi sia l’autore del fatto illecito per il risarcimento del danno. Questo tipo di connessione è assai frequente in quanto può essere lo stesso convenuto o l’attore che può chiamare in causa il terzo a dimostrazione che egli è il titolare effettivo attivo o passivo del rapporto. 109 Connessione per pregiudizialità: in particolare la garanzia. Questa connessione per pregiudizialità si caratterizza per il rapporto pregiudiziale o condizionante che intercorre tra due soggetti, o tra uno soggetto ed uno dei due soggetti del rapporto precedente. vi sono una serie molto ampia di fattispecie che si ricollegano a questo schema: A. Primo settore In questo schema si pone l’esempio della garanzia del fideiussore. Il creditore muove azione contro il fideiussore che è la garanzia posta dal debitore principale. In questo caso il rapporto sarebbe tra l’attore ed il debitore, mentre il fideiussore è il granate. Quindi quando l’attore muove la richiesta di pagamento al fideiussore egli deve pagare in virtù del rapporto di garanzia esistente con il debitore principale. In merito al processo il rapporto tra creditore e debitore principale è il petitum mentre il rapporto proposto contro il debitore originario è la causa pretendi. Esempio: il danneggiato dall’incidente stradale, agisce sia verso il conducente sia verso il proprietario del veicolo, cumulando nello stesso processo due domande connesse per pregiudizialità. Ulteriore esempio è la responsabilità del datore di lavoro per il fatto illecito commessa dal dipendente. Da un punto di vista sostanziale questi esempi riconducono alla pregiudizialità dipendenza, in quanto il riconoscimento del danno del conducente ( dipendente) conduce alla responsabilità del proprietario dell’autoveicolo ( del datore di lavoro), e che entrambi i due soggetti sono coobbligati per il risarcimento chiesto dall’attore. Da un punto di vista processuale, le due domande principale e dipendente sono proposte ab ordine dall’attore. B. Secondo settore Ulteriore ipotesi e quando opponibilità del contratto nullo al terzo acquirente. La dichiarazione di nullità del primo contratto ricade inevitabilmente sul terzo acquirente, e quindi la domanda mossa dall’attore è di pregiudizialità dipendenza. In questo schema l’attore deve proporre azione di annullamento del contratto non verso il terzo, ma verso il contenete del suo contratto, mentre nello schema prima esposto l’attore può muovere la causa contro il terzo.yui C. Terzo settore In questo settore è disciplinata la garanzia, si ha la garanzia, quando un soggetto garantito, deve essere rimborsato per una sua eventuale soccombenza dal garante. L’attore muove l’azione nei confronti del garantito, il giudice condanna il garantito a pagare. Successivamente attraverso l’azione di regresso, il garantito di fa restituire dal garante la somma. La garanzia viene attuata solo nel momento della proposizione della controversia principale. Ma per evitare questo doppio pasaggio si fa in modo che la condanna del garante avvenga contestualmente a quella del garantito, in modo tale da munirsi di un titolo esecutivo, nei confronti del garante. La domanda di garanzia è domanda eventuale o subordinata, che verrà esaminata solo nel caso di accoglimento della domanda principale. La pronuncia sulla domanda di garanzia è sospensivamente condizionata a che venga accolta la domanda principale. In caso di rigetto della domanda principale, la seconda domanda è assorbita. Questo tipo di dipendenza è disciplinata dagli articoli: Art. 32 ( favorisce il simultaneo processo) della domanda principale e della domanda di garanzia quindi l’azione di regresso viene esaminata dal giudice della causa principale in deroga ai criteri del principio originario di competenza per territorio. Quando invece le due domande eccedono la competenza per valore del giudice adito questo entro un termine perentorio deve rimettere la causa al giudice superiore per la riassunzione. 110 Art. 106 ( chiamata in causa su istanza di parte del terzo). Disciplina sia la chiamata in causa del terzo per esercitare la domanda di regresso, sia la semplice chiamata in causa del terzo. L’art. 108 disciplina anche l’eventualità che il garante compare e chiede di estromettere il garantito se questo accette e se le altre parti accettano sarà lui a proseguire la causa. Il garante sta in giudizio in nome proprio e del garantito, ma nello stesso tempo la sentenza emessa dal giudice avrà efficacia per entrambi. Questa possibilità non si applica qualora il garante abbia esercitato la domanda di recesso nei confronti del garantito. Per non creare confusione non rientrano in questo tipo di garanzia le garanzie reali quali pegno ed ipoteca e neanche le garanzie personali, quale la fideiussione. Passiamo quali sono gli esempi di garanzia: garanzia per evizione o garanzia del trasferimento dei diritti. Garanzia propria la garanzia per evizione e un tipico esempio di garanzia: si ha un terzo rivendica un diritto su di un bene compravenduto. La disciplina processuale prevede che il compratore convenuto dal terzo che pretende di avere diritti sulla cosa, deve e quindi non ha l’obbligo di chiamare in causa il venditore ma l’onere. Se non lo fa e viene condannato, egli non potrà rivalersi sul venditore, perdendo così il diritto di garanzia. Quindi il compratore deve chiamare in causa il venditore per garantirgli l’esercizio del suo relativo diritto dipendente. Garanzia da vincoli di coobbligazione. Garanzia propria Questo tipo di garanzia si manifesta nella relazione tra obbligo e quindi pagamento da parte del fideiussore ed il diritto di regresso da parte del fideiussore nei confronti del debitore principale. Il fideiussore chiamato in causa deve chiamare in causa anche il debitore principale, così facendo qualora venga condannato potrà esercitare azione di regresso nei confronti del debitore principale. Se le due domande venissero presentate in due processi separati, nel primo processo il creditore nei confronti del fideiussore, e nel secondo processo l’ azione di regresso tra il fideiussore ed il debitore principale, potrebbe succedere che il giudice neghi l’esistenza del rapporto pregiudiziale. Per questo è importante nel caso di chiamata in causa del fideiussore che questi chiami in causa il debitore principale. Assicurazione sulla responsabilità civile. Garanzia propria Non rientra in questa fattispecie la responsabilità civile dovuta alla circolazione degli autoveicoli, ma la garanzia dovuta dall’assicurazione per contratto. Vendita a catena garanzia impropria. Nelle vendite a catena, in consumatore finale chiamerà in causa il dettagliante che gli ha venduto il prodotto, questo ultimo a sua volta chiamerà in causa le altre parti, il grossista ed il grossista la ditta fornitrice. Rientrano in questa fattispecie anche l’inesatto adempimento dello spedizioniere e questo a sua volta sul sub spedizioniere ecc. 111 2. I LIMITI SOGGETTIVI DELLA SENTENZA CIVILE ( sola lettura) 2.1 Premessa Si esamina ora i limiti soggettivi di efficacia della sentenza, norma emblematica è l’art. 2909 il quale limita l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato alle sole parti e ai loro eredi o aventi causa. 2.2 Punti fermi. La sentenza non può manifestare alcuna efficacia contro o a favore di terzi, anche se si affermino titolari di rapporti autonomi ed incompatibili. Il rapporto giuridico non si individua solo per i suoi requisisti oggettivi ma anche per quelli soggettivi, e questo esclude a priopri qualsiasi collegamento con l’efficacia della sentenza. Il terzo che vedesse leso un suo diritto autonomo dalla sentenza emessa tra le parti che hanno partecipato al processo può solamente porre due tipi di rimedi: rimedio preventivo. questo tipo di intervento è facoltativo e previsto dall’art. 105.1 prevede che il terzo possa presentare in un giudizio tra due parti una autonoma domanda dove chieda l’accertamento del suo diritto. La sentenza accerterà chi dei tre è il titolare del diritto e questa sentenza eviterà il formarsi di un giudicato contraddittorio. Il rimedio successivo è facoltativo e consiste nell’opposizione di terzo ordinario 404.1 è un mezzo straordinario di impugnazione è può essere fatto valere senza limiti di tempo, dal terzo che è stato pregiudicato da una sentenza emessa tra altre due parti ma che pregiudica un suo diritto. Se il terzo vince viene riconosciuto il suo diritto e così la sentenza precedente sarà cancellata dal mondo giuridico. Lo svantaggio di questo tipo di rimedio è dato dal fatto che si perde un grado di giurisdizione. La sentenza ha efficacia verso i legittimati straordinari ma questa possibilità rientra nel litisconsorzio necessario, e quindi una sentenza pronunciata contro un legittimato straordinario falso sarebbe inutiliter data in quanto l’art. 102 prevede che in caso di legittimazione straordinaria, sia dedotto e presente in giudizio il legittimato ordinario. La sentenza ha efficacia a favore o contro chi è succeduto a titolo universale o particolare, nel rapporto oggetto della sentenza dopo che questa sia passata in giudicato, analogamente per il successore a titolo universale durante la pendenza del processo. 2.3 Le incertezze derivanti dall’art. 111 gli art. 1306 e 2377 c.c. Anche nel caso dell’impugnazione della delibera assembleare o nel caso delle obbligazioni solidali la sentenza emanata contro le parti che hanno azionato l’azione ha efficacia anche nei loro confronti. 2.4 Nessi di dipendenza giuridica tra rapporti sostanziali e il problema della efficacia riflessa. Il problema che si pone invece è nel caso della sentenza emanata su di un diritto pregiudiziale, la sentenza che afferma questo diritto, ha efficacia riflessa sul diritto dipendente? Il nostro legislatore non ha dato risposte univoche a questo tipo di problema. Per quanto attiene l’efficacia riflessa della sentenza sul rapporto dipendente l’art. 1595 c.c. che in tema di nullità del contratto di locazione, sancisce che se il contratto è nullo, lo è anche nei confronti del sub conduttore, è questo un esempio di efficacia riflessa. Invece nel caso della simulazione ed altri casi ancora non prende in esame l’efficacia riflessa per il diritto dipendente. Come rimedio al manifestarsi di un’efficacia riflessa della sentenza va esplicato il rimedio di terzo revocatoria 404.2 112 2.5 Segue: le soluzioni prospettate in dottrina. Conclusioni. Vi sono diverse tesi prospettate in dottrina. Tesi dell’efficacia riflessa generalizzata, secondo Allorio, il nesso esistente tra il diritto pregiudiziale ed il diritto dipendente ricollega automaticamente tale efficacia. Tesi restrittive che invece escludono sotto un piano interpretativo l’allargarsi della interpretazione dell’art. 2909 2.6 La posizione dei creditori. Vi sono infine tre categorie di terzi che sarebbero coinvolti nella efficacia riflessa. Per quanto attiene i creditori, la sentenza pronunciata verso il debitore, per l’accertamento di diritti patrimoniali suscettibili di espropriazione forzata relativa ai crediti, potranno partecipare alla eventuale espropriazione e questo coinvolge anche quei creditori rimasti estranei al processo. 2.7 Terzi titolari di diritti connessi per mera identità di fatto storico ( ovvero questioni di fatto o di diritto). Nel caso di terzi titolari di diritti compatibili ed autonomi, che sorgono in seguito allo stesso fatto storico è esclusa l’efficacia riflessa della sentenza, in quanto il giudice statuisce solo sull’oggetto della domanda e conosce dei fatti solo incidenter tantum. 2.8 Terzi titolari di diritti autonomi e compatibili, suscettibili di subire un pregiudizio di mero fatto. Anche nei confronti di questi terzi titolari di diritti totalmente autonomi ed incompatibili con quello oggetto del processo e del giudicato, non rientrano nell’efficacia riflessa. 3 L’INTERVENTO VOLONTARIO ( sola lettura) 3.1 premessa. L’art. 105 disciplina l’intervento volontario del terzo nel processo di cognizione di primo grado. Dal suo ambito di applicazione esula sia il processo d’appello ma anche l’intervento del creditore processo di espropriazione forzata. Prima dell’introduzione dell’art. 105 nel codice del 1942 vi era una disciplina generica che non faceva nessun riferimento ne all’interesse, ne tanto meno ai soggetti legittimati. L’art. 105 si è limitato a specificare le situazioni sostanziali legittimanti i terzi ad agire, senza definire le categorie di intervento. 3.2 le varie specie di intervento disciplinate dal primo comma dell’art. 105. L’art. 105 disciplina l’intervento volontario, definendo che chiunque può intervenire in un processo già istaurato tra altre parti per fare valere un proprio diritto, u verso di una parte o verso tutte le parti, in relazione all’oggetto del processo. Ma può anche intervenire per sostenere le ragioni di una parte, quando vi ha un proprio interesse: analizziamo il contenuto dell’articolo. Vi sono tre ipotesi disciplinate da questo articolo di intervento volontario: la prima: 113 Il terso faccia valere o nei confronti di entrambe le parti una domanda, questa domanda è connessa per identità oggettiva del petitum ( oggetto del processo e quindi il diritto sostanziale). Il diritto che fa valere è oggettivamente lo stesso diritto fatto valere dall’attore nella domanda, ma è soggettivamente diverso. L’attore agisce per il riconoscimento nei confronti del convenuto della sua qualità di proprietario del fondo Corneliano. Il terzo venuto a conoscenza del processo, istaura anch’egli un autonoma domanda, ma nello stesso processo affermando che è egli il proprietario del fondo. Vi è una connessione per incompatibilità, in quanto l’oggetto del processo è lo stesso diritto “ la qualità di proprietario,” ma l’affermazione dell’attore e incompatibile con il diritto del terzo. L’art. 105 disciplina l’intervento volontario, quindi è facoltativo da parte del terzo. Qualora il terzo non esercitasse questa facoltà di intervento, nel momento della pronuncia della sentenza che attesti la qualità di proprietario dell’attore nei confronti del convenuto questa sentenza sarebbe per lui un pregiudizio sul suo diritto e qualità di attore. Per evitare che il pregiudizio dell’incertezza di una sentenza di questo genere comporterebbe per il terzo in relazione al suo diritto il legislatore ha predisposto due tipi di intervento: preventivo quale l’intervento volontario disciplinato dall’art. 105. In questo modo l’accertamento del diritto avviene nel corso del processo già instaurato e per lo stesso giudice può valutare ampiamente la qualità di proprietario. Se egli interviene in questo processo ha tutti i poteri previsti dalla disciplina processuale sia in materia di domanda riconvenzionale, di eccezioni e di allegazione di fatti e prove. Il rimedio successivo è data dalla opposizione di terzo revocatoria esperibile mediante il 404 dopo la sentenza emessa tra attore e convenuto originario e quindi ex post. In questo modo può ottenere l’eliminazione di una sentenza che pregiudica il suo diritto. La seconda. Il terzo faccia valere un suo diritto non verso tutte e due le parti ma solo verso di una, per identità di titolo, o meglio per identità di fatto costitutivo. Il terzo venuto a conoscenza di un’azione mossa dall’attore che faccia valere il suo diritto di risarcimento del danno nei confronti del convenuto. Il terzo interviene in quanto egli è stato danneggiato dallo stesso fatto illecito commesso dal convenuto, in questo caso il fatto costitutivo è lo stesso. Il diritto fatto valere dal terzo è un diritto compatibile. Il terzo in questo caso non sarebbe soggetto alla efficacia riflessa della sentenza, ma nello stesso tempo non potrebbe agire dopo la sentenza con l’opposizione di terzo revocatoria. Ma dovrà azione un autonomo processo nei confronti del convenuto per il risarcimento del danno. Per motivi di economicità processuale egli può intervenire mediante l’intervento volontario nel processo, con una sua autonoma domanda, e nello stesso tempo viene immesso in tutte le facoltà processuali. La terza Quando il terzo faccia valere verso una delle parti in gioco una domanda per connessione sia del diritto fatto valere in giudizio, esempio titolo di proprietario, ma anche per la stessa identità di fatto costitutivo, esempio il comproprietario che venuto a conoscenza del processo, per il risarcimento causato dal convenuto che è il vicino di fondo. In questo caso è un processo litisconsortile, in quanto il terzo ha la stessa qualità di proprietario ed agisce per lo stesso fatto. Esperendo l’intervento volontario, egli entra negli stessi poteri processuali. Se non esercita l’intervento volontario egli sarebbe soggetto solo alla efficacia favorevole della sentenza ma non alla efficacia sfavorevole, per la quale dovrebbe azione un autonomo 114 processo. E’ per motivi di economicità processuale che è preferibile esercitare le facoltà che l’art. 105 mette a disposizione del terzo il legislatore. 3.3 l’intervento adesivo dipendente ex art. 105, 2°comma. Si esamina ora l’art. 105 2 comma “ Può altresì intervenire per sostenere le ragioni di alcuna delle parti, quando vi ha un proprio interesse.” Si disciplina in questo comma l’intervento del terzo, a sostenere le ragioni di una delle parti, ma nel proprio interesse, quindi il diritto azionato, o il diritto ostacolatati, il terzo ha in interesse nel sostenerlo. Il legislatore e la giurisprudenza hanno stabilito cosa il legislatore intendesse con il termine interesse chi è il soggetto che può applicare tale intervento: l’interesse a difesa del diritto soggettivo del terzo, e non nel senso del interesse processuale il terzo deve essere titolare del diritto o di un rapporto giuridicamente dipendente. Il rapporto giuridicamente dipendente, costituisca la legittimazione ad agire, ma nello stesso tempo che questo rapporto pregiudiziale non allarghi l’oggetto del processo. Questo tipo di intervento si chiama l’intervento adesivo semplice o dipendente, in quanto la parte che interviene ed in relazione alla dipendenza pregiudizialità del rapporto dipendente. La giurisprudenza si è spesso chiesta se vi è una efficacia riflessa della sentenza nei confronti del terzo per il diritto dipendente. Tale efficacia si ha solo se favorevole è esclusa in caso non sia favorevole, ma nel secondo processo sul diritto dipendente il terzo potrà contestare la sentenza emessa nel primo processo sul rapporto pregiudiziale. E’ l’esempio del credito principale nel confronto del fideiussore. Ed il terzo in questo caso potrà dolersi mediante l’esperimento di terzo revocatoria disciplinato dall’art. 404. In definitiva il terzo può intervenire solo in presenza di un diritto dipendente dall’oggetto della domanda del processo “ intervento adesivo dipendente”. L’intervento adesivo dipende viene esperito sia nel caso vi sia una efficacia riflessa che non vi sia una efficacia riflessa della sentenza. Si pone ora il caso in cui l’efficacia riflessa della sentenza sul rapporto pregiudiziale travolga anche il diritto dipendente. Attraverso l’intervento adesivo, il terzo potrà esperire tutte le difese, domande riconvenzionali, eccezioni, prove. In questo modo egli partecipa alla formazione della sentenza, e non potrà esercitare l’azione di terzo revocatoria. Ed evitare il danno causato dalla efficacia riflessa della sentenza. Nel caso invece in cui il terzo non sia soggetto alla efficacia riflessa della sentenza sul rapporto pregiudiziale, esperendo l’intervento adesivo dipendente egli ha tutte le garanzie processuali, e quindi potrà giustificare il suo intervento non sulla base di evitare il danno della sentenza riflessa, ma contribuire al formarsi di una sentenza con tutte le parti del processo. I poteri processuali che il terzo può esercitare conoscono due varianti: 1. La prima che l’intervento adesivo dipendente venga esercitata da un legittimato in via straordinaria esempio dei figli che intervengono nell’annullamento del matrimonio. In questo caso le parti godono di tutti i diritti processuali e possono esperire qualsiasi azione compresa l’impugnazione della sentenza. 1.a Ma se il terzo non poteva intervenire in quanto non godeva della legittimazione ad agire anche straordinaria , egli aveva solo una legittimazione in una causa che non avrebbe nemmeno potuto proporre, i poteri processuali vanno distinti: 1.b nel processo di primo grado ha pieni poteri. La giurisprudenza nega nell’intervento adesivo dipendente la possibilità di impugnazione della sentenza. 2. La seconda è che il terzo sarebbe travolto dalla efficacia riflessa del rapporto pregiudiziale. 115 4 LA CHIAMATA IN CAUSA SU ISTANZA DI PARTE. L’art. 106, “ afferma che ciascuna parte può chiamare nel processo un terzo al quale ritiene comune la causa o dal quale pretende essere garantita” la chiamata del terzo in garanzia si è vista in precedenza quando si è parlato della connessione, si prende in esame invece l’espressione usata dal legislatore di “ comunanza di cause”. Connessione per identità degli elementi oggettivi del petitum o per alternatività ( per identità di questioni). Si divide per la chiamata in caso del terzo obbligato, o del terzo pretendente. 1. Il terzo pretendente, il convenuto non contesta in questo caso l’esistenza del suo obbligo, ma contesta il fatto che l’obbligo egli non debba eseguirlo nei confronti dell’attore, ma anche di un terzo. In questo caso, sia l’attore che il convenuto chiamano in causa il terzo. In questo modo si punta all’accertamento del proprio obbligo, e così come previsto e risulta dall’art. 109, si può anche chiedere l’estromissione dell’obbligato, che si rende disponibile ad eseguire la obbligazione. 2. La chiamata in causa del terzo obbligato. In questo caso il convenuto contesta di non essere lui l’obbligato ad eseguire l’obbligazione ma un terzo, a questo punto non è legittimato alla chiamata in causa, ma è legittimato l’attore, esempi di questo genere sono la chiamata in caso del conduttore, per le molestie di terzi sulla cosa locata, o del depositario e la cosa da depositare. Connessione per identità di titolo ( causa pretendi, fatto costitutivo) c.d. fatto storico. esempio di chiamata in causa di terzo, è data dalla obbligazione parziaria, quando il condebitore chiamato in giudizio, chiama in causa gli altri condebitore per la loro quota, e viceversa del con creditore. Altro esempio, il convenuto chiamato in causa per il fatto illecito, e quindi per il risarcimento del danno, chiama in causa il terzo alla quale dovrebbe essere anche risarcito il danno, per dimostrare di non essere lui il colpevole e di non essere tenuto a risarcire il danno. Connessione per identità di oggetto e di titolo ( causa pretendi e fatto costitutivo). Rientrano in questo esempio, i rapporti plurisoggettivi, che però non danno luogo a litisconsorzio necessario, vi sono numerosi esempi. Il condebitore chiamato in causa per una obbligazione solidale, chiama in causa gli altri con creditori al fine di accertare di non essere tenuto al pagamento della obbligazione ed avere il rigetto della domanda, oppure viceversa, il con creditore che chiama in causa il condebitore e questo chiama in causa gli altri condebitori, al fine che attraverso la sentenza, egli possa esercitare azione di regresso nei confronti degli altri condebitori. Chiamata in causa di terzi titolari di diritti giuridicamente dipendenti da quello oggetto del processo originario, ne sono esempio, la chiamata in causa del venditore della cosa, o del terzo datore d’ipoteca, la chiamata in causa del terzo senza che questi proponga una nuova domanda, permette a questi ultimi di rendere opponibile il giudicato sul rapporto pregiudiziale. Invece attraverso la chiamata in causa di diritti dipendenti, esempio dell’assicuratore, o del fideiussore e che questi chiamati in causa non propongano una nuova domanda comporta che essi possono proporre opposizione in caso di giudicato a loro sfavorevole. Ad esempio la chiamata in causa del subconduttore, comporterebbe che la sua chiamata in causa, ed il formarsi del giudicato sul rapporto pregiudiziale, impedirebbe a quest’ultimo di esperire l’azione di terzo revocatoria. Infine tutto quanto previsto nell’articolo 105, sul intervento volontario, e delle attività processuali all’art. 106 e quindi alla chiamata in causa del terzo. 116 5 LA CHIAMATA IN CAUSA SU ORDINE DEL GIUDICE. 5.1 premesse. L’art. 107 dispone la chiamata in causa del terzo da parte del giudice. La chiamata del terzo è un atto alla quale provvede sempre una parte, mediante citazione in giudizio e ciò vale anche per l’art. 105 e 106, in questo caso specifico, la chiamata è valutata dal giudice: il giudice valuta se è il caso che il processo si svolga anche verso un terzo. Egli poi ordina ad una delle parti del processo attore o convenuto la chiamata in causa del terzo, se le parti non ottemperano all’ordine del giudice, è sanzionata con la cancellazione della causa dal ruolo, alla quale segue l’estinzione del processo, se le parti entro un anno non provvedono a riassumere la causa, citando anche il terzo. Il giudice inoltre può ordinare in ogni momento in causa il terzo e non è soggetto alle rigide preclusioni imposte alla chiamata in causa del terzo da parte delle parti. 5.2 ambito di applicazione dell’art. 107. Connessione per identità degli elementi oggettivi del petitum o per alternatività ( per identità di questioni). In questo caso, esaminato anche nel paragrafo precedente, per evitare il rischio di una doppia soccombenza del convenuto, prima verso l’attore originario e poi verso il terzo, è preferibile accertare anche con il terzo. Qualora le parti non abbiano provveduto alla citazione, 106, o siano emersi elementi nuovi può essere il giudice a disporre la chiamata in causa del terzo, nelle modalità su previste. Connessione per pregiudizialità: al rapporto dedotto in giudizio e pregiudiziale altro rapporto di cui è titolare il terzo. Si prendono in esame, duie esempi per meglio capire l’ambito di applicazione e le motivazioni. - Il creditore agisce contro il fideiussore, è importante la chiamata in causa del debitore principale. - L’istituto previdenziale agisce nei confronti del datore di lavoro, per omissione contributiva, è importante la chiamata in causa del terzo, in questo caso il prestatore di lavoro subordinato ( dipendente operaio ecc.) Trattandosi in questo caso di diritti dipendenti, nel confronto del terzo, per evitare il formarsi di giudicati contrastanti, ed anche perché durante il processo è più agevole accertare il diritto dipendente. Per quanto riguarda la chiamata in causa del terzo la dottrina è concorde nell’affermare che il giudicato che si formerà avrà autorità di cosa giudicata anche nei confronti del terzo. Connessione per pregiudizialità: chiamata in causa del terzo titolare di un rapporto giuridicamente dipendente da quello oggetto del processo originario: in questo caso, in seguito al comportamento di una delle parti del processo attore o convenuto il giudice subodori che vi sia rischio per i terzi, verso la quale vi potrebbe essere un giudicato riflesso, es. subconduttore creditori, per dolo o collusione, a questo punto egli chiama in causa il terzo. Questa chiamata non allarga l’oggetto del processo. Connessione per identità di oggetto e di titolo ( causa pretendi, fatto costitutivo): chiamata in causa di contitolari del rapporto plurisoggettivo già oggetto del processo originario. Anche in questo caso in presenza di rapporti plurisoggettivi, il giudice abbia l’impressione che il principio del contraddittorio funzioni male, per evitare l’emanazione di una sentenza ingiusta, nei confronti degli altri contitolari dispone la chiamata in causa del terzo. 117 5.3 la possibile compressione del principio della domanda. Negli ultimi due esempio del paragrafo precedente, si dimostra che non vi è una compressione del principio della domanda, poiché rimane inalterato l’oggetto del processo. In merito invece al secondo caso, non vi è compressione del principio della domanda in quanto il giudice della questione pregiudiziale avrebbe dovuto conoscerla incidenter tantum. Mentre il principio di compressione della domanda è molto alto nel primo esempio. 5.4 l’intervento “iussu iudicis” nel corso del giudizio di secondo grado. Dottrina e giurisprudenza concordano sulla che la chiamata in causa da parte del giudice possa avvenire solo nel corso del processo di primo grado. Ma secondo il Proto pisano, questa teoria non convince, in quanto sono in gioco diritti connessi per pregiudizialità dipendenza. 6 I RIFLESSI DELLA LEGGE 353/1990 SUGLI INTERVENTI. Sola lettura Con la novellazione della legge 353/1990 vi sono dei risvolti sulla disciplina degli interventi: Intervento volontario art. 105, questa disciplina e l’art. 268 prevedono che il terzo per il suo intervento volontario, solo nel processo di primo grado, ha come termine ultimo per comparire, sino all’udienza per le precisazioni conclusive, quindi in qualsiasi udienza sino a questa può sempre intervenire fatta eccezione che nel momento in cui interviene, gli sono precluse quegli atti che si sono compiuti sino a quel momento, quindi poniamo il caso che si costituisca nell’udienza delle precisazioni, egli non potrà presentare eccezioni, domanda riconvenzionale e prove. Se invece si costituisce durante la prima udienza di trattazione egli avrà tutte le facoltà previste per le parti. Da questa preclusione si desumono una serie di limiti: l’intervento del terzo, comunque farà determinare l’esistenza di un diritto incompatibile sulla domanda posta dall’attore, e che la sentenza che si forma tra le parti gli è di pregiudizio, anche se in appello potrà sempre esperire opposizione di terzo ordinaria 404. Per quanto riguarda invece l’intervento verso i terzi per la quale la sentenza ha solo una efficacia riflessa, saranno solo dei terzi di pietra cioè non potranno esperire alcun potere salvo l’opposizione di terzo revocatoria. Potrà invece favorire l’intervento di altri contitolari per evitare un pregiudizio al proprio diritto. Oppure l’intervento del terzo, per mera connessione di fatto storico, che intervenga verso solo una delle parti. Chiamata in causa su istanza di parte 106. la chiamata del terzo da parte del convenuto deve avvenire nel momento della costituzione in giudizio. L’attore invece qualora ritiene di far intervenire il terzo deve chiedere al giudice durante la prima udienza di trattazione di essere autorizzato a chiamare in causa il terzo, ma solo se questa chiamata è dipeso dall’intervento difensivo del convenuto. Il terzo chiamato in causa deve costituirsi, e se a sua volta intende chiamare un terzo deve farne dichiarazione a pena di decadenza nella comparsa di risposta. Quindi il giudice autorizzando la chiamata in causa del secondo terzo e così via, poiché potrebbe essere una chiamata a catena, dovrà spostare l’udienza di trattazione 183 per permettere anche al terzo ed i successivi, di esercitare il diritto di difesa. Chiamata in causa per ordine del giudice 107. il giudice può chiamare in qualsiasi momento del processo il terzo in causa, e sino al momento delle precisazioni per le conclusioni, i poteri della parte non sono limitati, ma anzi può esercitare qualsiasi potere, presentare domanda riconvenzionale eccezioni, in qualsiasi stato del processo e soprattutto può esercitare visto lo stato del processo, quei poteri che alle altre parti sono precluse. 118 7 LA SUCCESSIONE A TITOLO UNIVERSALE NEL PROCESSO. ( Sola lettura) 7.1 Mutamenti soggettivi di carattere sostanziale che si verificano a carico delle parti nel corso del processo. 7.2 la portata normativa dell’art. 110 e cenni sull’interruzione del processo. 7.3 l’ambito di applicazione dell’art. 110. 8 LA SUCCESSIONE A TITOLO PARTICOLARE NEL DIRITTO CONTROVERSO. ( sola lettura) 8.1 premesse. 8.2 Significato dell’espressione trasferimento tra vivi a titolo particolare e dell’espressione diritto controverso. 8.3 individuazione delle ipotesi di successione a titolo particolare nel diritto controverso. 8.4 disciplina processuale. 8.5 la salvezza delle norme sull’acquisto in buona fede e trascrizione. 8.6 la successione a titolo particolare mortis causa. 119 CAPITOLO DECIMO 1. PREMESSE 1.1. Toponomastica e cenni sulla natura delle prove. Le prove rinvengono la loro disciplina sia nel codice civile che nel codice di procedura anche se sono unitarie sono divise in due codici. Il carattere processuale delle norme sulle prove, è quella di offrire al giudice strumenti per la conoscenza del fatto, anche se alcune prove possono avere carattere solo processuale, o vi sono prove di carattere sostanziale. Per quanto riguarda la natura di prova nel c.c. va precisato che le norme hanno carattere generale e quindi se si riferiscono indistintamente a diversi rapporti sostanziali es: art. 2721 ( ma non sono ammissibili a prove quelle norme che dettano uno specifico rapporto giuridico vedi la filiazione legittima o naturale). 1.2. Pluralità di significati del termine “prova”. Al termine prova si attribuiscono una pluralità di significati, ma tutti servono alla conoscenza da parte del giudice dei fatti. Il termine prova può indicare: 1. gli strumenti di conoscenza dei fatti, vengono anche chiamati fonti materiali di prova se sono documenti, altrimenti sono fonti di rappresentazione, questi strumenti sono tre: a. L’ispezione. b. Il documento c. La dichiarazione di scienza. 2. Il procedimento mediante la quale gli strumenti di conoscenza dei fatti vengono acquisisti in giudizio. 3.L’attività logica di conoscenza dei fatti. 4.Il risultato logico della conoscenza dei fatti 1.3. la diversità tra attività di conoscenza del diritto e attività di conoscenza del fatto da parte del giudice. I vincoli del giudice e la libertà dello storico. Per quanto attiene : 1.l’attività logica della conoscenza dei fatti, è un’attività del giudice e riguarda: l’interpretazione della norma generale ed astratta, sotto la quale sussumere il diritto fatto valere in giudizio dall’attore: quaestio iuris) il giudice: a. non è mai vincolato dalle indicazioni delle parti anche se concordi. b. Non è vincolato dal divieto di utilizzazione del suo sapere personale, in quanto in questo caso egli può liberamente spaziare. c. Non è vincolato al rispetto dei procedimenti fatta eccezione agli art. 12 e 14 preleggi in merito alla interpretazione delle norme. d. L’attività di applicazione ed interpretazione della legge è soggetta al controllo della Cassazione. e. L’accertamento dell’esistenza o meno dei fatti costitutivi, modificativi impeditivi ed estintivi: quaestio facti. E’ vincolato alle indicazioni delle parti ( soprattutto nei diritti disponibili) Per i fatti controversi, o per i diritti indisponibili fatti bisognosi di prova: i. E’ fatto divieto di utilizzazione del sapere personale con eccezione fatta per i fatti notori. ii. Deve utilizzare solo le prove acquisite su istanza di parte, e non ha poteri istruttori. iii. Può utilizzare solo le prove proposte e richieste dalle parti. 120 iv. Vincolato al rispetto di modalità di formazione della prova. v. Deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento 116 fatta eccezione per le prove legali. vi. Se al termine del processo risulti non provato o non pienamente provata rif. Art. 2697 c.c. ( onere della prova). vii. L’accertamento del fatto non è soggetto a controllo diretto piena da parte della Cassazione, ma il controllo diretto attraverso la motivazione della sentenza. 2. LA DETERMINAZIONE DEI FATTI DA PROVARE ( Thema probandum) E IL PRINCIPIO C.D. DELLA NON CONTESTAZIONE. 2.1. L’individuazione dei fatti principali. Per individuare i fatti principali occorre muovere dall’individuazione ed interpretazione della norma, e della fattispecie legale. Dopo l’interpretazione della norma, vengono assunti i fatti di rilievo ( di norma) L’attore dei fatti costitutivi. Il convenuto dei fatti impeditivi modificativi ed estintivi. 2.2. I fatti secondari. Può accadere che le parti o il P.M. non sono in grado di provare attraverso una “fonte materiale di prova” ( ispezione documento dichiarazione di scienza) il fatto principale, mentre provando un fatto secondario, si dimostra e si prova il fatto principale. Es per la dimostrazione della colpa da fatto illecito, si deve dare prova della colpa del conducente, sono fatti secondari ad esempio la strisciata della frenata, lo stato di ubriachezza del conducente. In questo modo il giudice attraverso i fatti secondari noti giungerà alla conoscenza del fatto principale. Dal fatto secondario noto si giungerà al fatto principale ignoto ( questo procedimento prende anche il nome d prova critica o indiziaria). 2.3. il principio c.d. della non contestazione. Solo i fatti rilevanti possono formare oggetto di prova ma non tutti i fatti rilevanti hanno bisogno di prova. Es. l’attore muove per un’azione di adempimento contrattuale. Il convenuto eccepisce la prescrizione del contratto. In questo caso non vi è la contestazione da parte del convenuto del contratto ma vi è una eccezione di prescrizione. Il contratto è un fatto certo e non contestato ed in definitiva viene posto fuori dal thema probandum. Il convenuto a questo punto darà prova della prescrizione, l’attore dell’inadempimento. 2.4. I limiti alla operatività del principio della non contestazioni. I diritti indisponibili sono quei diritti assoluti che valgono verso tutti erga omnes, e sono diritti che non si possono alienare, e solo l’integrità fisica, onore del nome ecc. Il principio di non contestazione incontra dei limiti: 1. per i diritti indisponibili, vedi es. della nullità del matrimonio o delle cause di tra privati e nelle cause di lavoro. 2. In merito ai contratti poiché per legge è prevista la forma scritta ab substantiam. 3. Ai processi contumaciali poiché per il nostro ordinamento la contumacia è un fatto neutro. 4. Nei processi dove si è provocato l’intervento del terzo titolare del diritto dipendente. 121 2.5. il giudizio di rilevanza. E’ un giudizio che il giudice è tenuto ad emettere in merito ad un fatto secondario che prova un fatto principale. In questo caso il giudice emetterà una ordinanza, dove deciderà se il fatto secondario provato ha rilevanza e quindi importanza ai fini della prova del fatto principale. Nel giudizio di rilevanza, il giudice dovrà collegare la norma generale ed astratta sotto la quale sussumere il diritto fatto valere in giudizio. 2.6. la prova dei fatti inverosimili, impossibili, già provati. I fatti inverosimili sono bisognosi di prova alla stregua degli altri fatti. I fatti impossibili anche questi non devono essere provati. Mentre i fatti già provati non hanno bisogno di prova, così come disciplinato dall’art. 209. 3. IL PRINCIPIO DELLA DISPONIBILITA’ DELLE PROVE 3.1. i soggetti su iniziativa dei quali le prove possono essere acquisite al giudizio: le soluzioni astrattamente possibili. L’art. 115, mette in evidenza il principio della disponibilità delle prove. Innanzitutto nell’articolo su menzionato viene stabilito: A. Il principio della disponibilità delle prove secondo la quale le prove vengono acquisite in giudizio solo su iniziativa delle parti. Questo principio salvaguarda al massimo il principio dell’imparzialità psicologica del giudice. B. Il principio inquisitorio secondo la quale oltre alle parti, possono essere acquisite le prove anche dal giudice. C. Il principio dei poteri istruttori d’ufficio, lasciando oltre alle parti anche tale potere d’iniziativa al giudice nel rispettto del suo sapere personale. Quindi se al termine dell’istruttoria, residuano delle lacune tale potere del giudice, può riguardare solo fonti materiali di prova ( fatti secondari) che possono essere emersi o dal contraddittorio tra le parti, o dagli atti del giudizio. Questo principio non mette a repentaglio l’imparzialità del giudice, poiché il processo ha la tendenza a scoprire le verità materiali dei fatti. 3.2. Distinzione del principio della disponibilità delle prove da principi limitrofi. La ratio del principio di disponibilità delle prove, va distinta dal principio della domanda. Nel principio della domanda, il soggetto deve essere legittimato ad agire. Nel principio di disponibilità delle prove divide la ratio in due parti. Nell’essere titolari del diritto sostanziale e nella titolarità del diritto d’azione. La differenza tra il principio della domanda ed il principio delle prove è dato: le prove possono essere acquisite in giudizio o su iniziativa o dell’attore, o del convenuto, o dal pubblico ministero o oppure su istanza del legittimato straordinario. 122 3.3. I diversi modelli accolti dal nostro diritto positivo. Le prove nel nostro ordinamento sono accolti nei diversi tipi di processo: 1) processo a cognizione piena davanti al tribunale collegiale. Le prove oltre alle parti, vi sono numerose deroghe e sono le seguenti: a) L’ispezione può essere disposta d’ufficio se indispensabile. b) Il potere attribuito al giudice di deferire giuramento suppletivo o estimatorio. c) La prova testimoniale, iniziata su richiesta di parte, il giudice può rivolgere al testimone tutte le domande che ritiene utili a chiarire i fatti. Se il testimone, riferisce che sui fatti e che tali fatti sono a conoscenza dei fatti il giudice istruttore può disporre d’ufficio che siano chiamate a deporre. d) Il giudice può disporre d’ufficio la consulenza tecnica. e) In tema di esibizione delle scritture contabili 2711 c.c. f) La facoltà da parte del giudice ha la facoltà di disporre l’interrogatorio libero delle parti. 2) Processo ordinario di cognizione davanti al tribunale monocratico e giudice di pace. In questo tipo di processo vi è un’ulteriore deroga art. 281 ter, il giudice può disporre d’ufficio la prova testimoniale, formulandone i capitoli. Soprattutto quando, dalla prova testimoniale emergono fatti o persone che possono conoscere i fatti. Il giudice può in tal caso convocare quella persona non indicata nel processo come testimone senza però intaccare il divieto del suo sapere personale. 3) Nel processo del lavoro l’art. 421.2 capovolge il metodo del processo di cognizione piena,dando al giudice il potere d’ufficio di ammettere e richiedere ogni mezzo di prova, per due motivazioni ben precise sono state date al giudice questa facoltà. a) Per accelerare vista l’importanza del processo del lavoro. b) Il raggiungimento della verità materiale. 4) Nel processo con la partecipazione obbligatoria del P.M. nel 1942 era stata introdotta la possibilità per quanto riguarda i diritti indisponibili la chiamata in causa del P.M. che poteva ( visto che comunque è un giudice) cercare più prove grazie ai suoi poteri. Questo potere viene comunque utilizzato per i processi sanati dagli articoli 419 e 714 in merito al giudizio di interdizione ed inabilitazione. 3.4. Cenni sui fatti notori L’art. 115.2 dispone che il giudice può porre a fondamento “ le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza” questi sono i c.d.fatti notori, quali calamità naturali, sciopero, l’indice di svalutazione monetaria. Un fatto per essere notorio deve comunque rientrare nella esperienza comune di una molteplicità di persone. Il giudice che voglia integrare alle questioni rilevabili d’ufficio e fare ricorso al notorio dovrebbe provocare il contraddittorio tra le parti 183.3. 123 4. LA VALUTAZIONE DELLE PROVE 4.1. Premesse L’art. 116 enuncia un altro principio in materia di prove. “ Il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga diversamente.” In questo caso il giudice deve valutare le prove, non esistendo una definizione di “ prudente apprezzamento” con i metodi empirici quali possono essere, o le scienze quali le statistiche o la miglior scienza ed esperienza. 4.2. Prova diretta e prova indiretta. I mezzi di prova o prova servono a portare a conoscenza sia i fatti principali ed attraverso di esse i fatti secondari. Le prove sono tre: le ispezioni, il documento, la dichiarazione di scienza. La prova può essere: diretta sul fatto oggetto di percezione da parte del giudice. Tipico esempio di prova diretta è l’ispezione che si fonda sulla percezione, e sulla attività logica di deduzione o presunzione. Indiretta sulle modalità mediante il quale il giudice viene a conoscenza del fatto. Tali mezzi sono il documento e la dichiarazione di scienza, il giudice si avvale del documento che può servire al thema probandum ma non sempre prova il fatto principale ma non può provare anche il fatto secondario, dalla quale si desume il fatto principale. 4.3. La deduzione. La deduzione è l’attività logico razionale. La premessa maggiore è rappresentata dalla massima di comune esperienza premessa minore è data dalla percezione, quale può essere un documento. Le massime di comune esperienze possono appartenere a tutti i campi del sapere, psicologia, medicina biologia ecc. la maggiore o minore sicurezza di tale massima è data dalla maggiore o minore deduzione o dal grado di certezza e probabilità. 4.4. Esempi di massime di comune esperienza. Le massime di comune esperienza possono essere utilizzate sia da sole, oppure per dedurre da dichiarazioni di scienza o da documenti o l’esistenza del fatto. 4.5. La prova critica o per presunzione (artt 2727, 2729 c.c.) Attraverso l’ispezione e avvalendosi delle presunzioni stabilite dall’art. 2727 e 2729 ( presunzioni stabilite per legge) si può arrivare partendo da un fatto secondario ad un fatto principale. Alla conoscenza di un fatto secondario. 4.6. Breve sintesi schematica le fonti materiali di prova sono: la prova diretta ispezione: il fatto principale si conosce mediante la percezione. La prova indiretta documento e dichiarazione di scienza. La conoscenza del fatto nel processo si parte da una percezione che può avere ad oggetto: a) Un fatto principale. b) Un fatto secondario: che si acquisisce da un fatto principale con la percezione + la deduzione. Da un fatto rappresentativo ( documento o dichiarazione di scienza). Dal fatto rappresentativo + deduzioni ( o da un fascio di deduzioni) Da un fatto secondario, che è dato da un fatto secondario + deduzione del fatto secondario noto per giungere al fatto principale ignoto. 124 4.7. Prova libera e prova legale. La prova libera è quando il giudice individua liberamente secondo la massima di comune esperienza. Rientra nell’attività logica razionale del giudice. L’errore del giudice in merito alla prova libera sarà controllata in Cassazione in modo indiretto. La prova legale è predeterminata dal legislatore:. E’ attività giuridica del giudice, che attraverso la sussunzione del fatto percepito sotto la norma generale ed astratta prevista dal legislatore. Se il giudice commette un errore per quanto riguarda la prova legale, vi è la violazione di legge e quindi può essere esercitato il controllo mediante impugnazione in Cassazione. Il nostro ordinamento accoglie la prova libera, anche se il principio del libero apprezzamento del giudice deve essere ispirato alla legalità. La prova libera non equivale però ad arbitrio da parte del giudice egli deve avere particolare riguardo: 1. Al rispetto del divieto di utilizzazione del sapere privato, non può utilizzare fatti principali o secondari avvenuti fuori dal processo. 2. Le prove devono essere assunte nel contraddittorio. 3. Rispetto delle modalità di acquisizione dei mezzi di prova. 4. La motivazione da parte del giudice in modo coerente e determinato. 5. Il rispetto del principio di legalità, che sancisce quelle prove che sono ammissibili solo se la legge lo permette. 5. ESEMPI DI PROVE LIBERE E PROVE LEGALI: LA TESTIMONIANZA E LA CONFESSIONE 5.1. La testimonianza. Una prova libera per eccellenza è la testimonianza è consiste in una dichiarazione di scienza di un terzo che narra un fatto da lui conosciuto nel passato. La testimonianza incontra anche dei limiti di ammissibilità, e da rigide modalità di acquisizione. Il limite di ammissibilità sono di due specie: soggettivi non sono altro che regole di prova legale che a priori stabiliscono che alcuni terzi non sono ritenuti ammissibili. Quindi questi terzi non possono essere ascoltati e non vi è alcuna possibilità di rimettere tale testimonianza alla capacità del giudice. Vi erano gli articoli 247 e 248 incostituzionali che non permettevano l’assunzione come testimone di alcuni parenti, residua invece l’art. 246. Limiti oggettivi sono stabiliti dagli articoli 2721 e 2726 ma che riguardano la prova per contratti. Vi sono inoltre dei limiti di stretto diritto 2722 e 2725 c.c. Mentre per gli articoli si possono superare in seguito ad un giudizio di verosimiglianza. Un ulteriore limite è posto dall’art. 621, l’opposizione di un terzo nell’espropriazione mobiliare. Le prove inoltre sono, assunte secondo modalità ben precise art. 244 a 257 e art. 102 e 107 disposizione di attuazione. 125 5.2. La confessione. La confessione è una dichiarazione di scienza, resa dalla parte o personalmente o mediante un procuratore speciale che ha per oggetto la verità di fatti ad essa sfavorevole e favorevole all’altra parte. La confessione ha efficacia di prova legale: se proviene da persona capace di disporre del diritto oggetto del processo. Se verte su diritti disponibili di chi esercita la confessione. Altrimenti la confessione è liberamente apprezzata dal giudice. La confessione è invalida se è determinata da violenza o da errore di fatto incolpevole. Se proviene dal difensore, dal sostituto processuale, l’incapace il fallito. La confessione ha efficacia di prova legale se l’altra parte non contesta la verità dei fatti o di eventuali circostanze aggiunte, in caso di contestazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice. La confessione può essere: giudiziale, che può essere resa o spontaneamente o provocata es. interrogatorio formale. Stragiudiziale fatta alla parte o a chi la rappresenta ha la stessa efficacia probatoria di quella giudiziale, se è fatta ad un terzo od è contenuta in un testamento è liberamente apprezzata dal giudice. La confessione stragiudiziale può essere usata come prova nel processo. Se è rappresentata da un documento. 6. LE PROVE RAPPRESENTATIVE Le prove o fatti rappresentativi sono: il documento e la dichiarazione di scienza. Sono le prove rappresentative fatti che sono creati per rappresentare altri fatti ( e possono essere sia fatti principali che secondari). I fatti rappresentatiti sono fonte di rappresentazione I fatti secondari sono fonte di presunzione. I fatti rappresentativi reali sono documento-fotografia. I fatti rappresentativi personali dichiarazioni di scienza. Il documento è un oggetto capace di rappresentare il fatto che si forma nella immediatezza del fatto, ed ha due caratteristiche: dura finchè è distrutto. Poiché si è formato prima del processo e nelle immediatezze del fatto, è sottratto alle influenze corrutruci o inquinanti che possono essere esercitate dalle parti in conflitto. La dichiarazione di scienza rappresenta un fatto avvenuto e percepito nel passato, non si forma nella immediatezza del fatto ma nel corso del processo ed è soggetta alle influenze corrutrici ed inquinanti delle parti in conflitto tra loro. 126 7. LA PROVA DOCUMENTALE E’ disciplinata dagli art. 2699 a 2720 del c.c. 7.1. L’atto pubblico. E’ disciplinato dall’art. 2699 che ne descrive la redazione e dall’art. 2700 che ne attesta la piena prova sino a querela di falso ( efficacia probatoria). Falsità materiale a)La provenienza dell’atto e del pubblico ufficiale che lo ha redatto. Falsità ideologica c) data, luogo dove il documento si è formato. d) Le dichiarazioni delle parti. e) Di tutti i fatti che il P.U. attesta avvenuti in sua presenza. L’atto può essere affetto da falsità materiale o ideologica. Falsità materiale riguarda la contraffazione del documento Falsità ideologica che il documento redatto dal pubblico ufficiale non concerne la veridicità. Questo tipo di falsità può essere fatta valere sia in sede civile che penale. 7.2. La rappresentazione di dichiarazioni. Per le dichiarazioni l’efficacia di prova a querela di falso copre l’estrinseco e non l’intrinseco.9 Per le dichiarazioni di volontà ( come ad esempio il contratto) efficacia sarà desunta dagli articoli 1321 e s.s. Dire che il contratto così formato veda solo l’estrinseco, l’intrinseco ad esempio il vizio di volontà o la simulazione del contratto non sarà data dalla querela di falso, ma dalla contestazione e successivamente dalla prova del vizio o della simulazione. Per quanto invece riguarda la dichiarazione di scienza l’atto pubblico di tali dichiarazione copre solo l’estrinseco e quindi non parla della efficacia probatoria della dichiarazione di scienza. Quindi l’eventualità dell’azione probatoria non sarà con riferimento alle prove ma delle norme di efficacia di tali dichiarazioni di scienza. Le dichiarazioni di terzi per avere valore probatorio devono essere assunte nei modi previsti dagli articoli 244 s.s. fatta eccezione nel caso di audizione di testi a futura memoria come previsto dagli articoli 692 s.s. ( tale dichiarazione potrà essere usata nel processo a patto che la sua assunzione sia avvenuta con le modalità previste dall’art. 244 s.s.) quindi se le dichiarazioni di scienza di terzi fossero prese mediante atto pubblico, non avrebbe valore probatorio. Le dichiarazioni di scienza delle parti, vanno valutate sotto due profili: se sfavorevoli all’interesse di chi le rende ( contra se) se favorevoli all’interesse di chi le rende ( pro se). Le dichiarazioni contra se hanno valore confessorio ed efficacia di prova legale, sia che siano rese in giudizio o che si siano formate fuori del processo. Queste ultime poi se sono la combinazione ( 2700 dell’atto pubblico e 2735 di confessione stragiudiziale diventa una prova indiretta complessa ma con notevole valore probatorio. Per le dichiarazioni pro se acquistano efficacia probatoria solo se si formano nel processo, ed hanno efficacia di prova legale se rese nelle forme particolari del giuramento, quindi anche se sono per atto pubblico non avranno efficacia probatoria per il processo. Un atto pubblico comunque contiene sia dichiarazioni di scienza che dichiarazioni di volontà. 9 La dichiarazione di scienza è un atto mediante la quale il soggetto dichiara di avere conoscenza di un fatto giuridico es. la dichiarazione mediante la quale il creditore dichiara di aver ricevuto un credito. E’ una dichiarazione di scienza la confessione che consiste in fatti a se sfavorevoli e favorevoli ad altri. La dichiarazione di volontà è un fatto umano, e quindi alla volontà di costruire modificare o estinguere un rapporto giuridico oltre a volerne gli effetti. 127 7.3. La rappresentazione di altri fatti. A differenza delle dichiarazioni di scienza del terzo che per avere efficacia probatorio debbono necessariamente formarsi nel processo per quanto riguarda le dichiarazioni di scienza rese dal notaio o dal pubblico ufficiale ad es. verbali degli ispettori del lavoro, verbali del curatore fallimentare ecc. hanno valore probatorio vedi paragrafo 9.4 e 10. 7.4. La scrittura privata. La scrittura privata è un documento formato da parte degli stessi autori delle dichiarazioni, mentre l’atto pubblico viene formato da un soggetto diverso dagli autori delle dichiarazioni. Ai sensi dell’art. 2702 la scrittura privata fa piena prova se chi lo ha sottoscritto lo riconosce, o se tale scrittura è autenticata dal notaio o dal pubblico ufficiale. L’essenza della scrittura privata, e nel ricollegare all’autore le dichiarazioni della scrittura stessa. Quindi fa piena prova se è autentica la sottoscrizione e vi sono diverse modalità. 1. Autentica della scrittura da notaio o P.u. 2. Attraverso i mezzi di prova per riconoscerla previsti dall’art. 216. 3. Dal riconoscimento esplicito anche stragiudiziale. 4. Dal riconoscimento tacito ai sensi art. 214 e 215. a.Se la parte verso la quale la scrittura è prodotta non la disconosce. b. Se la parte alla quale è attribuita la scrittura è contumace. Se però si costituisce può disconoscerla. Il sistema previsto dal codice è rigido o viene disconosciuta e se questa è autentica a piena prova fino a querela di falso. La scrittura priva di sottoscrizione è una dichiarazione contra se ed ha efficacia probatoria solo nei casi previsti dall’art. 2707. Riassumendo: 1. La scrittura non sottoscritta non è scrittura privata. 2. La scrittura con sottoscrizione autentica, riconosciuta o no a piena prova fino a querela di falso. 3. La scrittura non autentica non riconosciuta o disconosciuta non ha nessuna efficacia probatoria. 4. La scrittura giudizialmente verificata ha piena efficacia probatoria. 7.5. Le la scritture provenienti da terzi. Per le scritture provenienti da terzi va precisato: Le scritture che contengono dichiarazioni di scienza, esse non hanno nessuna efficacia probatoria. Le scritture che contengono dichiarazioni di volontà ( a patto che tali scritture siano fornite da persone che nell’ambito del processo abbiano assunto il ruolo di parte) , come il contratto o di un negozio giuridico, tale atto però deve avere come previsto dall’art. 2704 data certa. Quindi la scrittura privata che non abbia data autenticata non può essere ammessa. Fatta eccezione se non dopo la data di avvenuta registrazione del contratto, o dal giorno della morte o sopravvenuta impossibilità fisica di coloro che hanno sottoscritto la scrittura o dal giorno che la scrittura è stata riprodotta in atti pubblici, o dal giorno in cui si verifica un altro fatto che stabilisca in modo eguale l’anteriorità della formazione del documento. Es. i contratti di godimento, per la vendita di universalità di beni, e la vendita di beni mobili, le locazioni 999. 128 7.6. Cenni sugli altri documenti. Vi sono comunque altre scritture che sono disciplinate dagli art. 2699 a 2720 c.c. Il telegramma 2705 ha efficacia probatoria come la scrittura privata, è consiste nella circostanza che l’originale è sottoscritto consegnato o fatto consegnare dal mittente. Vi è un unico problema in merito alla conformità della copia all’originale, tale conformità si presume sino a prova contraria. In merito delle carte e dei registri domestici prev. Dall’art. 2707 e 2708 sono liberamente apprezzabili. Le scritture contabili tra imprenditori hanno efficacia di prova ( libera e non legale), salvo se queste non vengono contestate. Nelle controversie tra imprenditori, le scritture contabili possono avere efficacia anche verso l’imprenditore, perchè si presume che ad una posta attive di un imprenditore corrisponda una posta passiva dell’altro imprenditore. Le copie degli atti pubblici e delle scritture private depositate hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale, in quanto si può sempre verificare la veridicità di tale copia con l’originale depositato, tali copie non devono comunque presentare cancellature abrasioni ecc, in quel caso sono liberamente apprezzabili. Le copie fotografiche e fotostatiche trasmesse via fax hanno la stessa efficacia delle copie autentiche se si tratta di atti pubblici se questa non è disconosciuta. Il disconoscimento deve avvenire nel corso della prima udienza o subito dopo che questa sia presentata. Art. 215 c.p.c. Le riproduzioni fotografiche e cinematografiche le registrazioni fonografiche 2712 provano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime. o La contestazione non è soggetta ai limiti temporali previsti dall’art. 215. o La non contestazione opera non come non contestazione dei fatti, ma come non contestazione della conformità o della riproduzione all’originale. o In caso di contestazione è sottoposta al prudente apprezzamento del giudice, che potrà eventualmente valutare con l’ausilio di un consulente tecnico la fedeltà della riproduzione. 129 8. GLI ARGOMENTI DI PROVA 8.1. Censimento degli argomenti di prova La prima parte dell’art. 116 sancisce che il giudice deve valutare le prove secondo il suo libero apprezzamento, nel secondo comma sancisce “ che il giudice può desumere argomenti di prova dalle risposte delle parti ( in sede di interrogatorio libero o non formale) e dal loro ingiustificato rifiuto a consentire le ispezioni che il giudice che ha ordinato ed in generale dal contegno delle parti nello stesso processo.” Gli argomenti di prova enunciati nell’art. 116 trovano ulteriore conferma nei seguenti articoli: art. 200 c.p.c. in caso di tentativo fallito da parte del consulente tecnico le risposte date dalle parti e riportate nel verbale redatto dal consulente tecnico, saranno ai sensi dell’art. 116.2 valutate dal giudice. L’art. 310 prende in ipotesi, le prove che dovessero essere valutate dal giudice nel caso di un secondo processo sulla stessa domanda. Le ispezioni, le consulenze tecniche e la testimonianza avranno anche nel secondo processo valore probatorio. Mentre per la confessione che si è resa nel corso del primo processo, avrà efficacia probatoria. La coneffione del primo processo presentata nel secondo varrà come confessione stragiudiziale, e quindi non avrà efficacia probatoria, perché formatasi al di fuori del secondo processo. L’art. 232.2 se la parte non si presenta o si rifiuta di rispondere nel corso dell’interrogatorio formale, il giudice o il collegio potrà ritenere ammessi i fatti dedotti dall’interrogatorio. Secondo sempre il prudente apprezzamento. L’art. 421 il giudice quando lo ritiene necessario può ordinare la comparizione per interrogare liberamente sui fatti della causa, anche quelle persone che sono incapaci a testimoniare. La categoria degli argomenti di prova è una categoria eterogenea in quanto affonda in diverse parti del codice e in diversi modi. 1. Il mero contegno processuale, tratto da fatti secondari di cui il giudice ha immediata percezione. 2. Dalle risposte che le parti rendono in sede di interrogatorio libero, le risposte date nel corso di tale interrogatorio sono dichiarazioni di scienza che possono essere sia pro se ( a favore di chi le rende) sia contra se ( contro chi le rende ed a favore dell’altra parte). 3. Le prove raccolte nel processo estinto. 4. Le dichiarazioni di scienza rese dalle parti davanti al consulente tecnico nel tentativo di riconciliazione, o le dichiarazioni rese dal terzo incapace a testimoniare. Questa categoria è eterogenea in quanto oltre ad ammettere fonti materiali di prova, quali l’ispezione e le dichiarazioni di scienza, ammette anche meri fatti secondari e fonti di presunzione. Sono accomunati da un unico dato che tutti si formano all’interno del processo. 8.2. L’efficacia degli argomenti di prova. E’ pacifico che gli argomenti di prova hanno meno valore rispetto alle prove sancite nel 116.1. Vediamo in coso consiste la differenza tra prova e argomenti di prova. Non sono presunzioni, in quanto le presunzioni riguardano solo i fatti secondari. Seconda la dottrina gli argomenti di prova non sono in grado da soli di fondare una prova, ma servire al solo convincimento del giudice. Per i processi dove sono in gioco diritti indisponibili il giudice non può formare il suo convincimento sulle dichiarazioni rese durante l’interrogatorio libero delle parti anche se contra se. Le prove raccolte durante il processo estinto non bastano da sole a formare il convincimento del giudice. Il giudice non può formare il suo convincimento su fatti di origine estraprocessuale. Si esclude inoltre a fatti secondari di origine processuale. 130 9. LA CONSULENZA TECNICA:INTEGRAZIONE DEL SAPERE DEL GIUDICE NELLA PERCEZIONE E NELLA DEDUZIONE 9.1. Le diverse attività che possono essere demandate al consulente tecnico. Per le individuazioni dei fatti principali o secondari, o anche per l’individuazione delle massime di comune esperienze, sono necessari dei saperi tecnici che mancano al giudice. L’istituto della consulenza tecnica, il consulente aiuta ed integra il sapere del giudice, per meglio determinare il fatto. Art. 61, 191, 207 e 89 e 92 dispos.attua. Il consulente tecnico può svolte due tipi di attività: attività di percezione del fatto che può essere fatto principale o secondario attraverso l’ispezione. Questo ruolo gli viene demandato dal giudice, che al termine dell’ispezione informerà il giudice oralmente ma secondo l’art. 195 per iscritto. Il consulente tecnico viene nominato dal giudice. L’attendibilità del consulente tecnico è preventiva, la consulenza tecnica per il modo in cui si forma ha alto valore probatorio. La consulenza tecnica di ispezione può essere demandata al consulente ma può anche accadere che sia il giudice insieme al consulente ad eseguirla Attività di deduzione viene allo stesso modo demandata dal giudice per percepire dei fatti secondari per giungere al fatto principale ignoto ad esempio la consulenza tecnica del medico legale per definire il danno riportato, oppure di un consulente che sia in grado di valutare delle scritture contabili o il saldo di un conto. Se attraverso questo tipo di consulenza si dimostra il fatto la consulenza ha valore probatorio se invece è solo attività di deduzione servirà al convincimento del giudice. Oppure il giudice demanda al consulente tecnico solo la ricerca di regole tecniche ehe poi egli stesso applicherà alla valutazione del fatto. In questo caso questo tipo di consulenza non è mai fonte di prova, ma serve al giudice per valutare le prove e ricostruire il fatto. 9.2. Le garanzie da cui è circondata la consulenza tecnica. Nello svolgimento della consulenza tecnica debbono essere rispettate un insieme di regole. Il giudice sceglie il consulente tra le persone iscritte in appositi albi, e con ordinanza gli specifica l’incarico demandato, il giudice può anche disporre la rinnovazione dell’indagine affidatagli e per gravi motivi può sostituire il consulente tecnico. Il consulente tecnico deve essere altamente imparziale. Con il consulente tecnico assicura il rispetto del principio del contraddittorio, ed è permesso alle parti di nominare dei propri consulenti tecnici. 9.3. il controllo del giudice sugli accertamenti del consulente tecnico. La consulenza tecnica non è vincolante per il giudice, pertanto egli può discostarsi anche dalla consulenza tecnica, di sua nomina o sulla consulenza tecnica fornita dalle parti. In questo caso egli può nominare altri periti o chiedere la rinnovazione dell’atto. Il giudice inoltre effettua un controllo sulla perizia tecnica che non è mai un controllo pieno ma che attesta due particolari risvolti: il rispetto delle regole formali del procedimento, che si conclude con la relazione. Ed il controllo della motivazione redatta dal consulente. o Il giudice può sempre disporre la rinnovazione della consulenza. o In presenza di gravi motivi predisporre la sostituzione del consulente. o Può disporre l’audizione del consulente in camera di consiglio. Il controllo del giudice sul consulente ricorda da vicino il controllo di legittimità esercitato dal giudice amministrativo sui provvedimenti amministrativi.. Il giudice può controllare in toto una consulenza tecnica solo nel caso del giudice speciale, in quanto è egli stesso un tecnico. La consulenza tecnica non formatasi nel rispetto delle regole da vita a nullità insanabile, ed il giudice non può formarsi su di essa il proprio convincimento. 131 9.4. la consulenza tecnica privata e gli accertamenti effettuati da organi tecnici della pubblica amministrazione. Non ha nessuna efficacia probatoria la consulenza tecnica privata o stragiudiziale, ed è la consulenza tecnica redatta da un incaricato delle parti al di fuori del processo senza le necessarie garanzie di contraddittorio. Tale perizio, anche in caso di mutamento del luogo o della morte della persona può in questo caso essere compilato relazione tecnica ma con le garanzie previste dall’art. 696 in materia di consulenza tecnica preventiva. Anche se tale consulenza non avrà il valore probatoria della consulenza tecnica, ma potrà essere ascoltato il perito come testimone. Vi sono dei casi in cui alla pubblica amministrazione sono devoluti compiti istituzionali di controllo, ad esempio in materia di sicurezza sul lavoro, tali funzionari sono tenuti dalla legge, oltre che al controllo della stessa anche all’imparzialità, e tali controlli vengono iscritti in dei verbali, che sono delle perizie stragiudiziali. A differenza della perizia che si può espletare nel 696, che il perito è di parte, nel caso del pubblico funzionario non è nominato dal giudice ma direttamente dalla legge. Le perizie così formatesi hanno valore probatorio, a differenza delle perizie stragiudiziali di parte che non hanno valore probatorio. 10. IL PROBLEMA DELLE PROVE ATIPICHE Poiché le fonti di prova immaginate dal legislatore sono tre l’ispezione il documento e la dichiarazione di scienza, con queste tre fonti di prova si abbraccia quasi tutto quello che si può abbracciare come prova. L’unica atipicità potrebbe riguardare il modo di acquisire la prova, e quindi l’atipicità può riguardare le singole fonti di prova ed il modo in cui sono acquisite e si formano. Tali fonti di prova si sono acquisite o formate con modalità diverse da quelle previste dal codice civile. Le scritture contenute dichiarazioni di terzi sono inammissibili in quanto violano l’art. 244. Le perizie stragiudiziali sono in violazione dell’art. 191. Anche le prove assunte in modo illegittimo, queste non possono essere acquisite. Di prove atipiche si parla inoltre di prove raccolte in un diverso giudizio, la legge stabilisce pero solo in relazione a beni indisponibili quali la vita o che tali prove siano state acquisiste in un processo tra le stesse parti di prove assunte in un giudizio civile ( di provenienza di un giudizio penale) definito con sentenza che abbia acquisito autorità di cosa giudicata). 11. LE PRESUNZIONI 11.1. premesse. Gli articoli dal 2727 al 2729 disciplinano le presunzioni che sono di tre tipi: Presunzioni legali assolute. - Presunzioni legali relative. - Presunzioni legali semplici. La definizione di presunzione “ le presunzioni sono le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire ad un fatto ignorato”. 11.2. Le presunzioni legali assolute. Le presunzione legali assolute sono delle autonome fattispecie astratte e genarli volte alla spiegazione che un fatto previsto dalla norma sia indice di presunzione. Così il legislatore disciplina un fatto secondario, che sia volta a spiegare un fatto principale, ed al ricollegarsi di questo fatto alla norma giuridica si ricollega il prodursi dell’effetto. Questo non ha nulla a che vedere con la prova ma dimostra la ratio alla base delle presunzioni. Pertanto sono presunzioni legali assolute, le presunzioni in materia di successioni stabilite dagli art. 596, 597 e 598. le successione ereditaria è nulla, se è fatta a nome o per interposta persona al tutore, del notaio ecc. Altra fonte di presunzione sono i figli legittimi concepiti in costanza di matrimonio ecc. Se ne desume che il fatto ricollegato alla norma generale ed astratta dia origine alla presunzione. 132 11.3. Le presunzioni legali relative. Invece sono tecniche adoperate dal legislatore come impeditivi, e non costitutiva della fattispecie legale. In presenza di un fatto costitutivo, es. il possesso un fatto impeditivi presunto è che il possesso è previsto dal legislatore di buona fede. Sta alla parte dare la prova contraria. Pertanto sono fonti di presunzioni semplici il possesso di buona fede 1147. La proposta e l’accettazione 1335 Il contratto di mandato si presume oneroso 1709. Il contratto di deposito si presume gratuito ecc. 11.4. le presunzioni semplici. Consistono nel ragionamento del giudice da fonti materiali di prova anche attraverso un fatto notorio per giungere alla conoscenza di un fatto secondario ignoto, dalla quale si desume l’esistenza o meno del fatto principale noto. L’esistenza del fatto ignoto può essere desunta solo in caso di presunzioni gravi, precise e concordanti., in questa definizione appare che il legislatore più che dettare delle regole rigide abbia voluto avvertire il giudice che nel libero apprezzamento di osservare tali regole. 12. CONFESSIONE ( GIURAMENTO) E PROCESSO LITISCONSORTILE Si passa ora a parlare della efficacia della prova legale della confessorio nel processo litisconsortile. Le disposizioni che riguardano questo argomento sono gli art. 2733 e 2738.3 in entrambe le norme di diritto sostanziale, si evince che in caso di confessione di litisconsorzio necessario tali confessioni sono rimesse al libero apprezzamento del giudice. Entrambe le norme si riferiscono al litisconsorzio necessario, e non fa distinzione tra il litisconsorzio necessario determinato dalla deduzione in giudizio di un rapporto plurisoggettivo, e dal litisconsorzio necessario proposto da un sostituto processuale. Si evince che nel litisconsorzio necessario operato dal sostituto la confessione resa dal sostituto non vincola il sostituito, che può tranquillamente dare prova contraria di quanto affermato dal sostituto. E questa è la dimostrazione dove il terzo soggetto ad una sentenza riflessa per un rapporto pregiudiziale dipendente può attraverso l’apposizione di terzo revocatoria, denunciare il dolo o la collusione a suo danno, e questo per dare la prova contraria di quanto affermato dal sostituto. Questa è la dimostrazione che le due norme su citate non si applicano solo al litisconsorzio necessario in senso stretto. Invece nel caso di connessione per incompatibilità o alternatività, la confessione di un fatto comune ha efficacia di prova solo verso la parte da cui è stata resa e se l’altro litisconsorte con vorrà farla sua disporrà per la separazione ai sensi del 102 della causa riunita. 13. L’ONERE DELLA PROVA 13.1. premesse. L’art. 2697 sancisce l’onere della prova. Questa norma è una norma in bianco dalla quale si evince che vi è un onere soggettivo delle parti, ed una regola di giudizio per il giudice. Per essere riempita tale norma occorre: L’identificazione del diritto fatto valere in giudizio. La sussunzione di tale diritto in una fattispecie legale astratta L’interpretazione della fattispecie sotto la quale individuare i fatti rilevanti come quelli costitutivi, e dall’altro lato i fatti modificativi estintivi impeditivi. L’onere della prova è ripartita tra attore e convenuto. Il giudice sotto un profili pratico assume una regola processuale, quando al termine del giudizio il fatto risulti incerto o un fatto rilevante. 133 13.2. La distinzione tra fatti costitutivi, modificativi, impeditivi, estintivi. Distinguere tra fatti costitutivi e modificativi impeditivi estintivi è abbastanza semplice in quanto vi sono autonome specie. Per i fatti costitutivi possono essere, nelle obbligazioni individuare i fatti costitutivi attraverso il contratto i fatti illeciti, o nella promessa unilaterale. Nei fatti estintivi l’adempimento, nella remissione, nella compensazione, nella confusione nella impossibilità sopravvenuta, nella prescrizione. La difficoltà si pone in merito al binomio fatti costitutivi e fatti impeditivi, che non essendovi dei criteri logico formali, vi sono dei criteri empirici . L’onere della prova nella dinamica del processo e come regola di giudizio rivolta al giudice. 13.4. La valutazione equitativa, il giuramento suppletorio ed estimatorio come temperamenti alla rigidità dell’onere della prova. 14. RILIEVI CONCLUSIVI. 13.3. 134 CAPITOLO UNDICESIMO LE IMPUGNAZIONI. 1. LE IMPUGNAZIONI IN GENERALE 1.1. Caratteristiche generali. 1.1.1. Premesse I mezzi di impugnazione sono un rimedio tipico ed unico per provocare il controllo sulla validità della giustizia delle sentenze. I mezzi di impugnazioni, sono protetti costituzionalmente. Non vanno confusi i mezzi di impugnazione, atti a provocare il controllo di una sentenza, dalle impugnazioni, che sono invece dirette alla eliminazione di un atto giuridico. I mezzi di impugnazione sono elencati nell’art. 323 ed hanno le seguenti caratteristiche: si dirigono verso un provvedimento del giudice. Il provvedimento da impugnare è la sentenza e non l’ordinanza, a meno che il giudice abbia emanato per errore ordinanza al posto della sentenza, allora si impugna l’ordinanza. Legittimati ad impugnare sono coloro che hanno assunto la qualità di parte nel processo, che si è concluso con la sentenza che si intende impugnare. La legittimazione ad agire o l’interesse deriva dalla soccombenza che può essere totale o parziale. I mezzi di impugnazione sono rimedi che spettano alla parte soccombente per sostituire la sentenza impugnata con altra sentenza, che si pronuncia sul merito della controversia. 1.1.2. Classificazione dei mezzi di impugnazione. I mezzi di impugnazione si classificano a seconda del legittimato a proporli o un terzo. Sono mezzi di impugnazione di una parte 323, l’appello, il ricorso per cassazione, il regolamento di competenza, la revocazione, l’opposizione di terzo revocatoria. Legittimato ad agire è il terzo attraverso l’opposizione di terzo revocatoria 404.1.2; il giudice per l’impugnazione deve essere un giudice diverso da quello che ha emanato la sentenza, mentre le impugnazioni che devono essere rivolte allo stesso giudice che ha emesso la sentenza , sono per la revocazione e l’opposizione di terzo revocatoria. I motivi dell’impugnazione possono essere tipici o a carattere illimitato. Il singolo mezzo di impugnazione può essere strutturalmente strutturato in due fasi: 1. Fase rescindente diretta a verificare i motivi della sentenza. 2. La fase rescissoria che mira a sostituire la sentenza impugnata con una nuova sentenza. I mezzi di opposizione ordinaria possono essere impugnati entro un anno dalla pubblicazione della sentenza ( mediante il deposito in cancelleria) o i termini accelerati, che decorrono dalla notificazione della sentenza. I mezzi straordinari di impugnazione che non sono soggetti al termine di un anno, ma dal momento in cui la parte ne ha avuto conoscenza. 135 1.1.3. I termini per impugnare. Il legislatore distingue i mezzi di impugnazione a seconda del termine di decadenza per l’opposizione. Sono mezzi di impugnazione soggetti al termine di un anno i mezzi di impugnazione c.d. ordinaria e sono: il regolamento di competenza, l’appello, il ricorso per cassazione e la revocazione solo per gli errori di fatto, o se la sentenza è contraria ad una sentenza precedente emessa fra le parti con autorità di cosa giudicata. Sono mezzi di impugnazione straordinari, perché si possono proporre dopo che la sentenza è passata in giudicato, e quindi non sono soggetti a nessun termine e sono la revocazione per i soli motivi previsti al 395. 1.2.3.6, e la revocazione del pubblico ministero 397 e l’opposizione di terzo revocatoria. Fa eccezione l’opposizione di terzo revocatoria ordinaria per la quale l’impugnazione deve avvenire entro 30 giorno a decorrere dalla data in cui la parte o il pubblico ministero hanno avuto conoscenza del vizio. Vi sono due eccezioni: Il termine massimo dell’impugnazione è di un anno dalla pubblicazione,( 325,326, 327) ma se la sentenza viene notificata il termine diventa breve di 30 giorni. Il termine di decadenza di un anno non si applica al convenuto rimasto contumace in primo grado, ma che dimostri di avere avuto conoscenza del processo o a causa della nullità della citazione, o della notificazione. Il termine per l’impugnazione decorrerà a danno del contumace involontario solo dal giorno in cui egli avrà conosciuto della sentenza. 1.1.4. I vizi della sentenza e l’evoluzione dei rimedi attraverso cui fare valere le invalidità della sentenza. Secondo una ripartizione tradizionale i vizi della sentenza possono essere o errores in procedendo o errores in iudicando Gli errores in procedendo sono i vizi dell’attività processuale e determinano l’invalidità della sentenza e possono consistere: mancanza di requisisti extraformali non sanati o sanabili; difetto di giurisdizione e di competenza di legittimazione ad agire, di litisconsorzio necessario, di interesse ad agire.In nullità formali non sanate.Vizi che attengono alla sentenza di difetti di condizioni o extraformali o requisito formali della sentenza. Errores in iudicando è il vizio del giudizio che determinano l’ingiustizia della sentenza. Essi inquinano direttamente, tali errori possono consistere in errori nella individuazione o nella interpretazione della norma, sotto quale sussumere il diritto fatto valere in giudizio Errori attinenti alla quaestio iuris o alla quaestio facti. 1.1.5. Azioni di impugnativa e gravami. Sotto un profilo storico vanno distinti i mezzi di impugnazione in due modi: le impugnazioni o i gravami. Le impugnazioni sono i rimedi attraverso le quali si denunciano su istanza della parte soccombente i vizi della sentenza. Esse mirano ad accertare l’esistenza del vizio, e nel caso positivo ad eliminare la sentenza viziata, ed in un secondo momento viene sostituita la sentenza viziata. Rigida è la separazione tra la fase rescindente e quella rescissoria. I gravami si esercita la doppia giurisdizione, presupposto per tale esercizio è la soccombenza non la denuncia di un vizio, la funzione è quella di provocare sulla base di allegazione di fatti un nuovo giudizio, e la sentenza emessa al termine sostituisce la prima. 136 1.2. LA DIRETTIVA DELL’UNITA’ OGGETTIVA E SOGGETTIVA DEL PROCEDIMENTO DI IMPUGNAZIONE. Premessa Gli articoli da 331 a 335 dettano una disciplina di unità sia oggettiva ( quindi del diritto fatto valere in giudizio) sia di unità soggettiva ( delle parti che hanno preso parte al processo) e questo per evitare in astratto, che parti che hanno partecipato al primo processo di primo grado, non partecipino al processo di secondo grado, determinando così una biforcazione del processo, e del grado di appello. 1.2.1. Giudizio di primo grado svoltosi fra due sole parti. Vi può essere il caso del processo tra due sole parti, quindi la parte soccombente è solo una, in questo caso non vi sono problemi, la parte soccombente promuove appello ed impugna la sentenza, in quanto vi è una soccombenza totale. La situazione si complica quando vi è una soccombenza ripartita. Esempio l’attore ha proposto azione per la restituzione del capitale e degli interessi, e del maggior danno. La sentenza viene pronunciata per la restituzione del capitale e degli interessi, senza il maggior danno. In questo caso l’attore è vittorioso per le prime due domande ma soccombente per la terza. Il convenuto è soccombente per le prime due, ma vittorioso per la terza. In questo caso sono legittimati ad impugnare entrambi, in quanto entrambi per una parte del diritto sono soccombenti. 1.2.1.1.L’impugnazione incidentale. Il legislatore in caso di soccombenza ripartita, prende in considerazione attraverso l’art. 333 l’impugnazione principale e quella incidentale. La disciplina dell’art. 333 è volta ad evitare la biforcazione di un processo che nel primo grado era stato unitario, pertanto l’impugnazione principale, come termine non è inerente al diritto fatto valere in giudizio, ma l’impugnazione principale è quella presentata per prima, quella incidentale è quella presentata dopo. L’impugnazione principale viene proposta mediante la forma dell’atto di citazione, quindi chi voglia per primo appellarlo deve farlo in questo modo art. 342. la controparte alla quale è stato notificato l’impugnazione può a sua volta impugnare, ( incidentale) ma con forme e termini diversi a quelli dell’appello principale. L’art. 343 disciplina l’appello incidentale che a pena di decadenza nell’atto di comparsa di risposta, ed all’atto di costituzione in cancelleria, quindi venti giorni prima della data dell’udienza. Nel processo di lavoro invece vi è una diversità tra impugnazione principale e impugnazione incidentale. L’art. 434.2 dispone che il ricorso deve essere depositato in cancelleria entro trenta giorni dalla notificazione della sentenza, o quaranta se la notificazione è stata effettuata all’estero. L’appello incidentale 436, l’appellato deve costituirsi almeno dieci giorni prima dell’udienza, mediante deposito in cancelleria del fascicolo e di una memoria difensiva che deve contenere una esposizione dettagliata delle difese, oltre ai motivi specifici per la quale fonda l’impugnazione, la memoria di costituzione deve essere notificato alla controparte 10 giorni prima dell’udienza a pena di decadenza. 137 1.2.1.2.La riunione delle impugnazioni separate. Qualora tutte e due le parti soccombenti ripartite, presentino contemporaneamente appello, entrambi avrebbero proposto appello principale, ( e questo può accadere nella pratica, se entrambi, presentano l’atto di citazione nello stesso giorno) il legislatore ha previsto ai sensi art. 335 la riunione dei due processi, per evitare biforcazioni inutili. Può accadere che all’appellato venga notificato l’atto di citazione e questi invece di proporre appello in via incidentale, propone appello principale. In questo caso vi è un errore perché la forma corretta sarebbe quella dell’appello incidentale, la giurisprudenza è concorde nel ritenere che questo tipo di violazione sia di tipo di forma, e prevede una convalidazione oggettiva per il raggiungimento dello scopo come previsto all’art. 156, ed i due processi vengono comunque riuniti. Nel caso i due processi che andavano riuniti, non si riuniscono per errore, la giurisprudenza prevede che il formarsi della sentenza del primo processo, rende improcedibile il secondo. 1.2.1.3.L’impugnazione incidentale tardiva. L’impugnazione esaminata nel paragrafo precedente prendeva in considerazione l’impugnazione tempestiva, invece è disciplinata una impugnazione tardiva. In caso di soccombenza ripartita, una parte propone nel termine ultimo impugnazione. L’altra parte, invece potrebbe aver perso il potere di impugnazione per decorrenza dei termini, per acquiescenza o per aver accettato la sentenza di primo grado ed avervi adempiuto spontaneamente. La parte soccombente riceve la notificazione dell’impugnazione principale a questo punto l’art. 334, predispone una impugnazione incidentale tardiva, che costituisce una rimessione in termini, per riacquisire il potere di impugnare. Lo scopo della rimessione tardiva e quella di non stimolare le impugnazioni, ma qualora una delle parti parzialmente soccombente, voglia proporre impugnazione, l’altra parte anche se tardivamente venga messa nelle condizioni di difendersi. Questo tipo di impugnazione non è una impugnazione autonoma ma condizionata all’accettazione della impugnazione principale. L’impugnazione principale deve corrispondere ad una reale spendita del potere di impugnare, ma se invece tale impugnazione è proposta da parte non legittimata ad impugnare, o dopo il decorso dei termini per mancata integrazione del contraddittorio ecc. questa impugnazione è inammissibile e quindi di conseguenza anche la controparte non potrà esercitare l’opposizione tardiva o qualora l’ha presentata questa viene rigettata insieme alla impugnazione principale. Sino al 1989, il tema della impugnazione tardiva aveva angustiato gli operatori giuridici in quanto tale impugnazione era ammissibile in quanto era lo stesso capo della sentenza oggetto di impugnazione. Questa era una limitazione oggettiva individuata dalla giurisprudenza praeter legem, e questo aveva determinato, una notevole incertezza, nell’applicazione di questo tipo di impugnazione. In seguito ad una sentenza della Cassazione è stato modificato il precedente indirizzo giurisprudenziale, stabilendo che le impugnazioni tardive non incontrano alcuni limiti oggettive dell’impugnazione tardiva. Quindi alla stregua sono parti legittimate alla impugnazione sia le parti contro la quale è stata proposta l’impugnazione, e sia quelle chiamate ad integrare il contraddittorio 331. Nasce un ulteriore problema che residua alle limitazioni soggettive del precedente orientamento in merito alla garanzia propria ed impropria. 138 1.2.1.4. L’acquiescienza. L’art. 329, recita che diventa improponibile una impugnazione di una sentenza, quando l’acquiescenza risulta o per espressa accettazione o da atti incompatibili, con la volontà di impugnare: quindi l’impugnazione di una sentenza può essere anche parziale, e questo comporta l’accettazione di altre parti della sentenza. Quando si è in presenza di acquiescenza, si intende accettata la sentenza, e quindi l’impugnazione è esclusa. L’accettazione della sentenza può essere esplicita, con una dichiarazione di accettazione della sentenza, o tacita che risulti con comportamenti incompatibili con la volontà di impugnare. Vi in fine la c.d. acquiescenza tacita o qualificata. L’impugnazione parziale della sentenza, comporta l’acquiescenza tacita per le parti della sentenza che non sono impugnate. Ed il passaggio in giudicato di quelle parti di sentenza che si intendono accettate. L’impugnazione parziale della sentenza, a volte però non comporta l’espressa accettazione dell’altra parte della sentenza, ma questo dipende dalla domanda, o dal diritto fatto valere in giudizio, a volte corrisponde ad una parte della domanda che però coinvolge un diritto più complesso. L’impugnazione parziale della domanda pregiudiziale, non implica che la parte inerente al diritto dipendente sia accettata. Comunque la riforma della sentenza, anche parziale, travolge anche le parti della sentenza dipendente. 1.2.2. Giudizio di primo grado svoltosi fra più parti. Gli articolo 331 e 332 disciplinano invece le cause con pluralità di parti, e quando queste al termine del processo di primo grado possono essere scindibili o inscindibili. 1.2.2.1.Cause inscindibili. L’art. 331 “ integrazione del contraddittorio in cause inscindibili” prende in esame l’eventualità dell’appello del processo di secondo grado di un processo di primo grado e la relativa sentenza, che il processo si sia celebrato tra più parti in quanto rientranti nel litisconsorzio necessario. Quindi se la citazione di opposizione viene fatta solo verso una delle parti, il giudice rileva d’ufficio durante la prima udienza di trattazione del processo di secondo grado, questo vizio, quindi non chiude il processo con una sentenza di mero rito, ma bensì mette in moto una sanatoria, e consiste nel fissare un termine perentorio entro la quale le parti devono integrare il contraddittorio, mediante la notificazione alle altre parti che avevano partecipato al processo di primo grado. Se il contraddittorio è integrato il vizio originario è sanato con efficacia ex tunc, Se il contraddittorio non viene integrato, non comporta come nel giudizio di primo grado l’estinzione del giudizio, ma comporta l’inammissibilità dell’impugnazione, che è un provvedimento di mero rito che chiude il giudizio. Sul piano pratico, tale inammissibilità, comporta il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, con preclusione per quanto riguarda l’appello ( ma se è ancora nei termini e ne ricorrono i presupposti può proporre revocazione ordinaria o il ricorso per Cassazione). La dichiarazione di inammissibilità non comporta per il litisconsorte pretermesso la preclusione di impugnare se è ancora nei termini. 139 1.2.2.2.Cause scindibili. Questa possibilità è disciplinata dall’art. 332 che rubrica “ notificazione dell’impugnazione relativa a cause scindibili”. Il primo comma di questo articolo prevede innanzi tutto che in presenza di più parti coinvolte nel processo di primo grado, (quando però non si è in presenza di parti, rientranti nel litisconsorzio necessario e quindi inscindibili), il legislatore prevede che in caso di impugnazione, da parte di una parte, il giudice deve proporre un termine entro la quale notificare alle altre parti l’impugnazione in modo tale che se questi vogliono possono impugnare a loro volta mediante l’impugnazione incidentale, la notificazione non viene eseguita verso quelle parti per la quale il potere di impugnazione è precluso o escluso. Si parla di sola notificazione, quindi queste parti una volta ricevuta la notificazione possono a loro volta impugnare oppure restare assenti al processo. Questo comporta che innanzi tutto il processo è sospeso sino a quando il termine scada per la eventuale impugnazione delle parti alla quale è stato notificato l’atto. Verso le parti che non si iscriveranno al processo di secondo grado la sentenza passerà in giudicato, mentre per le parti che avranno impugnato, proseguiranno nel processo di secondo grado o d’appello. Il legislatore ha previsto questo tipo di notificazione per evitare alle parti non interessate a costituirsi in giudizio, ma anche per evitare a quelle parti interessate che avrebbero potuto proporre a loro volta impugnazione una biforcazione del processo. 1.2.2.3.Connessione sostanziale e regime processuale. Sola lettura Per le ipotesi di litisconsorzio necessario la partecipazione di tutte la parti al processo di secondo grado è inscindibile. Mentre nel caso di litisconsorzio facoltativo, o meglio di connessione per mera identità di questioni di fatto o di diritto rientrano nell’alea del 332, e quindi le parti sono scindibili. In ipotesi di connessione per mera identità di titolo o causa pretendi o fatto costitutivo, anche in questo caso siamo alla presenza del regime di scindibilità. Per la connessione per mera identità del diritto fatto valere in giudizio essendo una ipotesi di litisconsorzio unitario o quasi necessario, rientra nell’alea delle cause inscindibili e quindi sotto il 331, ma pur avendo la stessa identità di diritto fatto valere in giudizio in caso di obbligazioni solidali si rientra nell’alea del 332, ed è ormai giurisprudenza consolidata. Per quanto riguarda la connessione per incompatibilità, rientrano nell’alea del 331, in quanto la non simultaneità di trattazione dei due diritti darebbero luogo a giudicati contrastanti, e quindi rientrano nella inscindibilità. 1.2.2.4.In particolare: la connessione per pregiudizialità dipendenza (sola lettura) Per quanto riguarda la connessione per pregiudizialità dipendenza rientrerebbe nell’alea del 331, inscindibilità, salvo comunque che ogni caso andrebbe analizzato singolarmente. 1.2.2.4.1. L’intervento adesivo dipendente (sola lettura) In caso di intervento adesivo dipendente, o di chiamata in causa o su istanza di parte o per ordine del giudice, art. 105,106,107, se il terzo debba intervenire nel processo di secondo grado. Se la sentenza ha efficacia, anche nei suoi confronti, in quanto si tratta di un diritto dipendente, rientra nell’alea del 331, per inscindibilità. 140 1.2.2.4.2. Primo schema di connessione per pregiudizialità –dipendenza. In caso di pregiudizialità dipendenza, nella fattispecie la garanzia, il legislatore divide in: garanzia propria, i fenomeno di garanzia da trasferimento di diritti, quali i coobbligati, garanzia impropria, i fenomeni derivanti da assicurazione per responsabilità civile, vendita a catena ecc. anche in questo caso rientrerebbe in quanto trattasi di connessione per pregiudizialità dipendenza nelle cause inscindibili previste dall’art. 331. anche se le diverse ipotesi di interventi in garanzia vanno esaminate ad una ad una per vedere in relazione al giudicato se possono restare nell’alea del 331, o del 332. 1.2.2.4.3. Secondo schema di connessione per pregiudizialità – dipendenza.( sola lettura). Anche per quanto riguarda questo schema di pregiudizialità dipendenza, si aggiunge anche l’elemento soggettivo, e quindi oltre al diritto dipendente vi è unità di parti. Anche in questo caso rientra nelle cause inscindibili, salvo però verificare caso per caso, a seconda della sentenza e dei diversi tipi di garanzia o diritti dipendenti attivati. 1.2.2.4.4. terzo schema di connessione per pregiudizialità – dipendenza. ( sola lettura) anche in ipotesi di diritto dipendente quale quella del locatore e del sub conduttore si è in presenza di cause inscindibili, che rientrano nell’alea del 332. 141 1.3. REGIME DI IMPUGNAZIONE DELLE SENTENZE NON DEFINITIVE. 1.3.1. Premessa. Il nostro ordinamento prevede la possibilità di impugnare le sentenze non definitive art. 340. le sentenze non definitive che si possono impugnare sono quelle previste all’art. 278, quale la condanna generica provvisionale, ( provvedimenti cautelari) e nel art. 279 punto 4, le sentenze del collegio relative alle questioni di giurisdizione di competenza, o questioni pregiudiziali, o sentenze che definiscono il giudizio nel merito. Queste sentenze non sono definitive in quanto non sono sentenze di condanna e comunque non a conclusione del processo, ma sono o sentenze con efficacia panprocessuale, o endoprocessuale , ma ciò non toglie che possono comunque essere impugnate. L’art. 340 prevede che la parte soccombente, possa fare espressa riserva di appello, se promuove la riserva potrà impugnare tale sentenza non definitiva, insieme alla sentenza definitiva che chiude il processo. Oppure può promuovere l’appello nei termini previsti e cioè entro 30 giorni dalla pronuncia della sentenza, e comunque non oltre il termine della successiva udienza di prosecuzione del processo. Se la sentenza non definitiva non viene impugnata questa passa in giudicato, è vi è una preclusione, essa acquisisce efficacia di giudicato interno. Se viene fatta riserva questa rimane priva di effetto, se poi non si prosegue con l’impugnazione. La previsione legislative dell’appello prevede il principio di integrità oggettiva del processo di impugnazione, con questo tipo di impugnazione si ha una rottura di tale principio, in quanto mentre il processo di primo grado prosegue, vi sarà un secondo processo di impugnazione su di una questione inerente lo stesso oggetto del processo di primo grado. Questo procedimento si presta a critiche in quanto nel vecchio codice del 1942, verso questo tipo di sentenze non definitive era possibile esperire impugnazione differita, facendo espressa riserva nel corso del giudizio di primo grado. Ma se pur questa teoria è affascinante non si deve perdere di vista un dato importante che non è sfuggito al legislatore del 1950, in quanto tale impugnazione si rivolge anche alle sentenze di condanna generica e provvisionale, dove questa sentenza diventa un titolo esecutivo per dare vista ad un procedimento di esecuzione forzata, quindi la non previsione di una impugnazione ( cosa invece prevista) sarebbe di grave pregiudizio per la parte soccombente. Anche se questo tipo di impugnazione crea nello svolgimento del processo di primo grado: A. Effetti della proposizione dell’impugnazione immediata. B. Effetti dell’accoglimento dell’impugnazione immediata. C. Effetti dell’estinzione del giudizio nel corso del quale la sentenza non definitiva è emanata. 1.3.2. Effetti della proposizione dell’impugnazione immediata. In merito alle questioni di giurisdizione il nostro ordinamento prevede il regolamento di giurisdizione che viene promosso innanzi alla corte di Cassazione. Per evitare l’uso distorto di tale strumento ( evitare così scopi dalla parte che sa di agire nel torto di allungare i tempi del processo a fini dilatori), quando vi è la non manifesta fondatezza del regolamento di giurisdizione, il giudice istruttore del processo di primo grado, continua il processo, a meno che le parti concordemente non chiedano la sospensione del processo sino alla sentenza della Cassazione sul regolamento di giurisdizione. Quando invece si è alla presenza di sentenze non definitive soggette al regolamento necessario di competenza, queste sono sottratte al regime delle impugnazioni delle sentenze 142 non definitive, in quanto si applicano le disposizione del regolamento necessario di competenza. Se il giudice dispone la sospensione del processo: A. se il processo di appello si conclude con la conferma della sentenza non definitiva, il processo di primo grado deve riprendere, nei modi previsti dall’art. 125 disposizione di attuazione,( riassunzione della causa), senza pero aspettare il passaggio in giudicato della sentenza d’appello. B. Nel caso invece di non accoglimento, nascono pregiudizio per la prosecuzione del processo di primo grado, qualora in attesa di tale sentenza il processo non sia stato sospeso ma abbia proseguito. 1.3.3. Effetti dell’accoglimento dell’impugnazione immediata. (Sola lettura compresa nota n. 5) Sino al 1950, per evitare gli effetti disastrosi della sentenza di rigetto della impugnazione di sentenza non definitiva era previsto che allora fosse stata disposta la sospensione del processo, nel momento della emissione della sentenza il processo riprendeva ai sensi del 129 bis disp.att. Ma con la novella del 1990, lasciando intatta la fase di ripresa del processo, è stato aggiunto il secondo comma all’art. 336. la volontà del legislatore era quella di incidere sugli effetti che la sentenza di riforma della sentenza , in relazione a quegli atti a contenuto esecutivo. Quindi il legislatore ha previsto, che gli effetti della sentenza di appello di riforma ricadano solo su gli atti dipendenti da tale sentenza, ed i provvedimenti che dipendono da tale sentenza e che gli effetti decorrono solo dal passaggio in giudicato di tale sentenza. Quindi il processo di primo grado può essere eventualmente sospeso, in seguito al ricorso, e quindi la sentenza della Cassazione non produce immediatamente a seguito della emissione della sentenza la caducazione degli atti dipendenti. 1.3.4. Effetti dell’estinzione del giudizio nel corso del quale la sentenza non definitiva è stata emanata. Va ora presa in considerazione l’eventualità che il soccombente abbia fatto riserva di opposizione ma il processo invece di arrivare a sentenza definitiva si estingue, per< altre cause ( per inattività delle parti ecc.). L’art. 310 prevede che in seguito alla estinzione del processo di primo grado la sentenza non definitiva diventa definitiva, dal giorno in cui passa in giudicato la sentenza che pronuncia l’estinzione del processo. Ovviamente la sentenza non definitiva deve essere inerente a questioni di merito, poichè sono le uniche che hanno l’attitudine ad acquistare efficacia sostanziale. Ma se a seguito della estinzione del processo. Era stata emessa una sentenza non definitiva relativa ad una mera questione, il passaggio in giudicato della sentenza di estinzione apre il via ai termini di impugnazione da parte di chi ha chiesto la riserva, e quindi, l’oggetto della impugnazione non sarà la mera questione, ma avrà lo stesso oggetto del giudizio di primo grado, con una singolare particolarità: che il giudice d’appello potrà conoscere della inesistenza del diritto tramite la sola questione posta in appello, e la sentenza di secondo grado avrà la piena idoneità ad acquistare autorità di cosa giudicata sostanziale. Nota n. 6 per il regime di impugnazione delle sentenze non definitive di appello, comunque le disposizioni di legge sono l’art. 361, e 360 terzo comma . questa disposizione equipara tale sentenze e la loro impugnazione alla disciplina prevista dall’art. 340, sia relative a sentenze non definitive su questioni di merito che di mere questioni. Il suggerimento comunque e quello di effettuare sempre la riserva quando si è alla presenza di sentenze non definitive, per evitare di vedersi preclusa la possibilità di impugnazione. 143 2. L’APPELLO. 2.1. La funzione. La funzione dell’appello è quella di assicurare il c.d. principio del doppio grado di giurisdizione, ma ha anche un altro effetto quello di provocare il controllo da parte di un altro giudice su di una sentenza emanata dal giudice di primo grado. Mentre per il processo penale, questo principio è sancito dalla costituzione, per il processo civile, è lo stesso art. 24.2 che sancisce l’inviolabilità del diritto di difesa. Nell’ottocento invece l’impugnazione avveniva in quanto per via della organizzazione in modo gerarchico, la sentenza emanata dal giudice superiore di secondo grado, poteva eliminare la sentenza emanata dal giudice di primo grado. 2.2. Le caratteristiche dell’appello. L’appello è un mezzo di impugnazione a motivi illimitati. Nessuna disposizione del codice indica i motivi dell’appello. Sono appellabili tutti gli errori del giudice di primo grado, inerenti sia agli errores in procedendo ( vizio d’attività processuali, o gli errores in iudicando vizio di giudizio, che può essere sulla ricostruzione della fattispecie questio facti o sull’interpretazione della norma questio iuris. L’appello è riservato alle sole parti che hanno preso parte al processo di primo grado. Sono giudici d’appello come previsto dall’art. 341, e quindi la domanda si propone al giudice di tribunale nella quale vi è la circoscrizione del giudice di primo grado. Quindi per le sentenze del giudice di pace al Tribunale della stessa circoscrizione, per le sentenze del giudice di tribunale al corte di appello della stessa circoscrizione. Sono appellabili tutte le sentenze di primo grado art. 339, a meno che non sia escluso dalla legge o dall’accordo tra le parti. Le parti per espresso accordo possono rivolgersi direttamente alla Cassazione per le sole quaestio iuris della sentenza di primo grado saltando il processo di secondo grado. Poi vi sono previste dalla legge i casi in cui non sono appellabili. Le sentenze emesse secondo equità art. 114, su richiesta concorde delle parti, ma possono essere soggette al controllo per Cassazione. Le sentenze del giudice di pace pronunciate secondo equità ma si possono appellare per errori di procedibilità, per violazione di norme costituzionali, o comunitarie. Le sentenze pronunciate in materia di opposizione agli atti esecutivi, di opposizione all’esecuzione. Le sentenze di tribunale che si sono unicamente sulla competenza, e che sono suscettibili di regolamento necessario, che si propongono solo alla Cassazione. 2.3. L’OGGETTO DEL GIUDIZIO D’APPELLO. 2.3.1. Premessa. Attraverso l’appello di secondo grado, le parti possono, o ampliare l’oggetto del giudizio, rispetto all’area di cognizione e decisione del processo di secondo grado, l’oggeto del processo di secondo grado si determina attraverso: L’appello principale. L’appello incidentale. La riproposizione di domande e di eccezioni non accolte in primo grado. La proposizione di nuove eccezioni, nuove prove, e modificazioni della domanda di primo grado. 144 2.3.2. l’appello principale, l’appello incidentale e la funzione dei motivi specifici di impugnazione. L’appello principale si propone nei termini previsti dalla legge, e cioè entro 30 giorni dalla notificazione della sentenza, nella forma della citazione. Nell’appello devono essere specificati l’esposizione sommaria dei fatti ed i motivi specifici dell’impugnazione. La contestazione non deve essere su dei meri fatti ma deve indicare la sentenza o parte di sentenza per la quale si chiede la modifica. Si delinea l’oggetto dell’impugnazione, e quindi si indicano le censure che si muovono al giudice di primo grado. Se si impugnano parti della sentenza, le parti che non si impugnano assumono autorità di cosa giudicata. In caso di soccombenza ripartita vi può essere l’impugnazione incidentale, che va proposta in seguito alla notificazione dell’impugnazione mediante la forma della comparsa di risposta anche in questo caso, devono essere indicati o motivi espliciti di impugnazione. Va ricordato che tale appello incidentale può essere fatto nei termini, ma anche tardivamente. Si approfondiscono ora i motivi specifici di impugnazione: 1. vi è una prima ipotesi, dove il giudice per poter esaminare il rapporto controverso deve conoscere il rapporto sostanziale controverso. L’esempio del manuale, prende ad ipotesi il caso, in cui nella senteza di primo grado di condanna, il giudice abbia condannata oltre al pagamento del capitale degli interesse e della rivalutazione monetaria. L’opposizione verte invece solo sull’ipotesi che il debito di valuta, non è soggetto a rivalutazione monetaria. Il giudice di secondo grado, a questo punto dovrà solo conoscere della questione della rivalutazione, e non prenderà in esame tutto il rapporto e l’oggetto del giudizio di primo grado. 2. La seconda ipotesi è invece che fermo restando il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado relativa alla parte degli interessi e del capitale, nei motivi di opposizione altre alla contestazione del diritto del debito di valuta e della rivalutazione monetaria l’opponente presenterà tutti i fatti di diritto che costituivano l’oggetto del processo di primo grado. 2.3.3. La riproposizione di domande e di eccezioni non accolte in primo grado La disciplina dell’art. 346 si occupa delle domande e delle eccezioni sulla quale non vi sia stata una parte soccombente e quindi il giudice non sia pronunciata nel processo di primo grado, ma che se non vengono espressamente riproposte in appello si intendono rinunciate. Va chiarito il termine domande non accolte, per queste domande non si parte delle domande respinte dal giudice in quanto su queste ha statuito, ma quelle domande dove il giudice illegittimamente non si è pronunciato, oppure rientrano in queste domande la domanda subordinata, in quanto l’accoglimento della domanda principale ha comportato l’assorbimento della domanda subordinata, ma se nel processo di impugnazione si vuole fare valere la domanda subordinata, va presentata nell’appello. Per eccezioni non accolte , vanno esaminate muovendo da due principi: sono eccezioni non accolte, quelle eccezioni che nel corso del processo di primo grado, il giudice non ha preso in quanto ha preso in esame un eccezione diversa e quindi questa eccezione era assorbita in nell’altra. Eccezioni non accolte perché respinte, l’eccezione che era volta alla prova di un fatto modificativo impeditivo estintivo dichiarando inesistente il diritto fatto valere in giudizio, anche tali eccezioni erano rigettate. 145 In questi casi il convenuto risulta vittorioso, ma se vuole provocare l’esame di tale eccezione deve ottemperare all’onere della riproposizione dell’eccezione. Pertanto, questo tipo di eccezioni o domande non vengono devolute automaticamente al giudice, ma è necessario per il giudice d’appello un impulso di parte. In questo caso il convenuto dovrà attivarsi in modo tale che su queste domande ed eccezioni rientrino nel processo di secondo grado, con le strutture proprie del processo di primo grado. Quindi queste domande ed eccezioni, si presenteranno nella comparsa di risposta che va depositata 20 giorni prima dell’udienza. Per quanto riguarda invece le eccezioni assorbite e che possono essere anche rilevate d’ufficio, sono riproponibili sino alla udienza di precisazioni delle conclusioni. 2.3.4. La proposizione di nuove eccezioni, nuove prove e la modificazione della domanda di primo grado ( lo ius novorum). Le parti nell’appello possono limitare l’oggetto della domanda, rispetto alla domanda proposta nel processo di primo grado, ed entro limiti ristretti possono ampliare il thema probandum ed il thema decidendum c.d. ius novorum 345. In aderenza a quanto sancito dall’art. 345, nel processo di secondo grado non possono essere proposte nuove domande ( e non nuovi documenti) e qualora ciò avvenisse , il giudice deve dichiarale inammissibili, ma quella domanda può essere riproposta in un autonoma giudizio però di primo grado, e non di impugnazione. Per esigenze di economia processuale si possono chiedere i frutti accessori maturati dopo, la sentenza impugnata ed i danni sofferti, e la prassi ha anche aggiunto che si può chiedere la restituzione di quanto corrisposto a seguito alla esecuzione provvisoria della sentenza di primo grado. Lo ius novorum opera anche in merito alle eccezioni, difatti non si possono proporre nuove eccezione, che non siano rilevabili d’ufficio, quindi anche nel processo d’appello si ripropone la stessa regola del processo di primo grado, che le eccezioni proponibili sino al termine della prima udienza ( eccezioni in senso stretto) sono improponibili oltre la prima udienza del processo di secondo grado.Per le eccezioni in senso lato possono essere riproposte sino alle precisazioni per le conclusioni. Il comma 3 del 345, prevede che non sono ammesse nuove prove a meno che il collegio, non ritiene che queste siano indispensabili ai fini della decisione della causa. Questa norma va pero esaminata analiticamente. Nel testo di legge che era stata proposta alle Camere ( legge Vassalli 1988) si faceva espresso riferimento il divieto di riproposizione di nuove prove e nuovi documenti, invece il testo approvato parla semplicemente di prove e non di documenti, e l’assunzione delle nuove prove sono assoggettate al requisito della indispensabilità ed alla dimostrazione che nel processo di primo grado per cause non imputabili, tali prove non erano state proposte. Si desume sia dal dibattito dottrinale sia dall’applicazione per analogia della norma 437 che permette in appello la riproposizione di nuovi documenti, e nel silenzio della norma si ritiene che i documenti essendo prove già precostituite, sono liberamente producibili, ma con le stesse preclusioni previste dall’art. 184, e cioè non oltre la prima udienza di trattazione. Il legislatore infine tace sulla possibilità o meno di modificare la domanda in appello. Secondo il Proto Pisani, nel giudizio d’appello si può modificare la domanda in base alla riproposizione di fatti nuovi allegati. Se ciò non fosse vi sarebbe un trattamento impari tra attore e convenuto. 146 2.4. IPOTESI IN CUI LA STRUTTURA DEL GIUDIZIO D’APPELLO NON CONSENTE LA PIENA REALIZZAZIONE DEL PRINCIPIO DEL DOPPIO GRADO DI GIURISDIZIONE. Il principio del doppio grado di giudizio, nel nostro ordinamento, non è costituzionalizzato, ma è comunque previsto dal nostro ordinamento e si realizza con i limiti previsti dalla struttura dell’appello. Il giudice d’appello esamina a volte solo una porzione del thema probandum e del thema decidendum, ma in una serie di ipotesi egli si trasforma, in unico giudice in presenza di fatti e diritti che non sono stati esaminati nel processo di primoa grado, violando di fatto il principio del doppio grado di giurisdizione e ciò si verifica: Alle domande subordinate assorbite che vengono esaminate su richiesta dalla parte solo dal giudice di secondo grado. La riforma in appello della sentenza definitiva, che presenti una questione preliminare o di rito che comporta non la rimessione della causa al giudice di primo grado, ma lo svolgimento in appello, in quanto dal giudice di primo grado era ritenuto assorbito. La deducibilità in appello di fatti modificativi, impeditivi estintivi, posti alla base di eccezioni rilevabili d’ufficio, o fatti costitutivi rilevanti ipso iure posti a modificazione della domanda. La deducibilità in appello di nuove prove. I fatti sopravvenuti allo ius superveniens retroattivo. E la denuncia di una nullità del processo di primo grado, questo non viene rimesso al giudice di primo grado ma viene stabilito dal giudice d’appello. 2.5. IL PROCEDIMENTO DEL GIUDIZIO D’APPELLO. L’art. 359 rinvia per il procedimento d’appello alle norme previste per il procedimento di primo grado fatta eccezione per quelle norme che siano incompatibili con l’art. 359. Il giudizio di appello del giudice di pace si svolge davanti al giudice di tribunale in composizione monocratico. Il giudizio d’appello contro le sentenze di primo grado, si volgono davanti alla corte d’appello, che giudica collegialmente in un numero invariabile di tre. E’ una collegialità piena, sia per la istruzione la trattazione e la decisione. Fase preparatoria. L’appello principale si presenta attraverso l’atto di citazione art. 342. ( appellante) L’appellato (in caso di soccombenza ripartita anche in via incidentale), mediante la comparsa di risposta, che deve essere presentata in cancelleria 20 giorni prima dell’udienza, che è fissata nell’atto di citazione presentata appellante Se l’appellante non si costituisce sarà l’appellato a costituirsi in giudizio così come previsto dall’art. 168. Nella comparsa di risposta che contiene l’appello incidentale, 292 dovrà essere notificato all’appellante che non si è costituito, venti giorni prima dell’udienza, a pena di decadenza 166. Nel processo del lavoro invece la comparsa di risposta non deve essere notificata, a pena di decadenza. Art. 436.3 L’art. 343.2 prevede che se l’interesse a proporre appello incidentale sorge da l’interesse non dell’appellante principale ( ma da quello incidentale) la parte chiamata in causa dovrà costituirsi durante la prima udienza di trattazione. 147 Fase istruttoria Durante la prima udienza di trattazione il giudice dovrà: Effettuare le verifiche preliminari che riguardano la regolare costituzione del giudizio e qualora lo ritiene necessario ordina l’integrazione del contraddittorio 331 ( cause inscindibili esempio, litisconsorzio necessario, se tutte le parti non sono state citate il giudice ne ordina l’integrazione, fissa un termine entro la quale deve essere fatta la notificazione alle parti e qualora lo ritiene opportuno fissa l’udienza di comparizione.) Per le cause scindibili, qualora nell’atto di citazione non sia stata notificata alle altre parti, ordina la notificazione alle altre parti, entro il termine da lui stabilito, e indica anche la data dell’udienza di comparizione 332. Provvede alla riunione degli appelli proposti contro la stessa sentenza 335. Dichiara l’eventuale contumacia dell’appellato. Dispone la convocazione delle parti e tenta il tentativo di riconciliazione art. 350. Controlla che non vi siano ipotesi di inammissibilità o improcedibilità. Il giudice esamina anche l’inibitoria della provvisoria esecutività della sentenza di primo grado, ( l’art. 282 dispone che la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva) in quanto la proposizione dell’appello non è sospensiva della sentenza di primo grado. 337. la richiesta di inibitoria sarà effettuata quando si teme che dalla durata del processo, la parte possa per gravi motivi essere insolvente. L’art. 351 prende in esame il procedimento di inibitoria, va precisato che la parte che vi ha interesse, propone istanza ( o al giudice monocratico o al presidente del Collegio dell’appello) l’istanza di inibitoria può essere presentata o nella prima udienza o anche prima della prima udienza. Il collegio si esprime con ordinanza non impugnabile. Se il collegio prende in esame l’inibitoria prima della prima udienza di trattazione si aprono due possibilità: 1. il presidente del collegio ordina, con decreto in calce al ricorso, la comparizione delle parti in camera di consiglio, ed il collegio delibererà con ordinanza non impugnabile. Se ricorrono gravi motivi ( periculum in mora) dispone la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza, con il decreto nella quale convoca le parti in camera di consiglio. Questo è un provvedimento emanato senza contraddittorio, quindi inaudita altera parte, equiparabile al decreto ingiuntivo. 2. Durante il contraddittorio nell’udienza di discussione della inibitoria il collegio potrà confermare modificare o revocare l’inibitoria . ( l’iter processuale è lo stesso previsto dall’art. 373 e quindi l’ordinanza non impugnabile, ma anche l’istituto delle cauzioni) tale provvedimento rientra anche nei termini del 669, sexies. Va precisato, che il collegio emana, così come previsto dal 351, ordinanza con la quale convoca le parti, ed ordinanza non impugnabile quando emette l’inibitoria, o la revocazione o modificazione della stessa. Fase decisoria. Esaurite le attività preliminari, art. 350 e 351, il processo d’appello potrebbe prendere due strade: 1. non devono essere svolte attività istruttorie, e quindi se insorgono questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito ma idonee a definire il giudizio, il processo entra nella fase decisoria, a seguito pero di una deliberazione preventiva su tali questioni, quindi si precisano le conclusioni ed il processo entra in fase decisoria. 148 Finita la fase istruttoria, venga disposta l’assunzione di nuove prove ( che può essere o a richiesta di parte o di ufficio) o la rinnovazione totale o parziale delle prove assunte nel processo di primo grado. La particolarità del processo di appello e che dinnazi al collegio le prove vengono assunte davanti alla collegialità stessa del collegio e non dinnanzi ad un singolo giudice. Chiusa l’istruzione il giudice invita a formulare le precisazioni per le conclusioni, ed il processo entra in fase decisoria art. 352 e 190. Quando non vi è la necessità di assumere nuove prove su istanza delle parti, si può anche precisare le conclusioni oralmente ed il collegio o il giudice, potrà emettere la decisione ( come avviene per il processo del lavoro). 2. Nel processo di appello è previsto solo l’opposizione del terzo attraverso l’opposizione di terzo revocatoria, quando la prima sentenza sia stata di pregiudizio del terzo, che non era a conoscenza. Lo stesso art. 344, afferma che invece non è possibile ne l’intervento del terzo su istanza di parte 106, ne l’intervento del terzo per ordine del giudice 107. Secondo il Prof. Proto Pisani invece l’intervento del terzo, o su istanza di parte o del giudice dovrebbe essere anche ammesso nel processo di appello soprattutto quando il terzo è titolare di un rapporto giuridicamente dipendente o soggetto alla efficacia riflessa della sentenza. 2.6. LE INVALIDITÀ DELLA FASE INTRODUTTIVA DEL GIUDIZIO D’APPELLO 2.6.1. la nullità dell’atto di citazione d’appello. Le invalidità del giudizio di appello sono di tre specie: 1. Nullità dell’atto di citazione, è una invalidità che si trova anche nell’atto di citazione del processo di primo grado. Nessuna norma fa riferimento espressamente alla nullità dell’atto di citazione, ma si desume implicitamente dal rinvio che l’art. 359, fa espressamente alle norme del processo di primo grado. Va ricordato che l’atto di citazione è formato da dei sotto atto: della vocativo in ius , e quindi la omissione o assoluta incertezza circa il giudice adito, le parti la data della prima udienza, assegnazione di un termine inferiore a comparire, saranno sanate con efficacia retroattiva, o con la costituzione spontanea dell’appellato, oppure con la rinnovazione dell’atto di appello della citazione, entro il termine perentorio stabilito dal giudice. Il sotto atto della editio actionis si ripropone nella mancata indicazione dei motivi specifici della impugnazione, tale azione presuppone la circoscrizione della parte della sentenza o tutta che va impugnata e quindi il rapporto controverso ( o diritto sostanziale). Questo atto di citazione così viziato è sanabile, ex nunc nella forma prevista dall’art. 164, e quindi il giudice chiede all’attore fissando un termine per integrare la domanda, se non lo fa il processo si estingue. 2. L’inammissibilità è una figura tipica del processo di impugnazione 3. L’improcedibilità è una figura tipica di impugnazione. 149 2.6.2. L’inammissibilità. L’inammissibilità si ha quando manca un presupposto anteriore ed esterno all’atto di appello, è rilevabile d’ufficio e non è sanabile. Art. 331 che prevede l’integrazione del contraddittorio nelle cause inscindibili ( litisconsorzio necessario) se le parti non provvedono alla integrazione non uniformandosi all’ordine del giudice di convocare le parti, l’appello è inammissibile. Ricorre quando l’appello è proposto oltre i termini previsti art. 325 dei trenta giorni 326, 327, nonchè in caso di acquiescienza 329. E’ proposto appello contro una sentenza inappellabile. In caso di appello incidentale se è proposto oltre il termine previsto dall’art. 343. Art. 334 se l’impugnazione principale è dichiarata inammissibile, anche l’impugnazione incidentale tardiva è inammissibile. Art. 345 Le domande nuove sono dichiarate inammissibili d’ufficio. Art. 358 l’appello dichiarato inammissibile non può essere riproposto, anche se non è decorso il termine fissato dalla legge. Va precisato che la nullità è suscettibile di sanatoria, mentre l’inammissibilità è una sanzione molto più rigida e non è sanabile. 2.6.3. L’improcedibilità. L’improcedibilità si ha quando in seguito alla proposizione della domanda di appello le parti difettano di determinate attività previste dalla legge. Le ipotesi di improcedibilità sono due e tassativamente previste dall’art. 348: l’appellante non si è costituito nei termini l’appellante si è costituito nei termini ma non si è presentato alla prima udienza, ed omette di comparire all’udienza successiva che è fissata dal collegio con ordinanza non impugnabile. L’appello dichiarato improcedibile non si può più riproporre anche se non è decorso il termine fissato dalla legge 358. Va precisato che la mancata costituzione dell’appellante sia nella prima che seconda udienza comporta l’improcedibilità e la non riproposizione dell’appello, e questa è una sanzione molto rigida. Ma l’art. 348 non parla dell’appello incidentale. Ma la mancata presentazione nella seconda udienza sia dell’appellato che dell’appellante comporta sempre la perdita del potere di impugnazione. 2.7. L’ESTINZIONE. Il processo di appello si estingue: In seguito alla sentenza di appello; per rinuncia agli atti del giudizio 306; per inattività delle parti 307. L’art. 338 stabilisce che in seguito alla dichiarazione di estinzione fa passare in giudicato la sentenza impugnata, salvo che siano modificati gli effetti con provvedimenti pronunciati nel procedimento estinto. Tra inammissibilità ed improcedibilità ed estinzione non vi è una perfetta aderenza, le prime due come si è visto sono molto rigide, mentre l’estinzione sopraggiunge in seguito o alla rinuncia agli atti o per inattività. Questo comporta in merito alle ordinanze emanate nel corso 150 del processo che in seguito alla rinuncia o alla estinzione essi perdono di efficacia. Ne è esempio art. 351, inibitoria, l’ordinanza che sospende l’esecuzione della sentenza di primo grado, in seguito alla estinzione del processo di appello, perde efficacia e la sentenza di primo grado passa in giudicato. Invece nel corso del processo di appello, possono essere emanate delle sentenze non definitive di merito. Se nel corso del processo di secondo grado vi è una questione preliminare di merito, (es. l’attore chiede l’accertamento della prescrizione, il giudice d’appello ritiene che la prescrizione non esisteva dando ragione all’attore) egli passa ad assumere le prove che dimostrano la prescrizione, contemporaneamente emana una sentenza non definitiva di merito, questa sentenza, anche se non è idonea a definire completamente l’appello, comunque riforma una parte della sentenza, a questo punto la sentenza di primo grado in seguito alla estinzione non può più passare in giudicato, in quanto tale sentenza è stata parzialmente modificata. Ma se la sentenza non definitiva non modifica o riforma parzialmente la sentenza di primo grado, questa in seguito alla estinzione passa in giudicato. 2.8. PROVVEDIMENTI EMANABILI DAL GIUDICE D’APPELLO. La disciplina dei provvedimenti emanati dal collegio si ricava dall’art. 279. Il primo comma stabilisce che il collegio emana ordinanza sulle questioni relative alla istruzione della causa senza definire il giudizio, pronunciando ordinanza, se ne deduce che il collegio emana ordinanza, ogni qualvolta non si pronunci sulle questioni che l’art. 279 da 1° 5 che stabiliscono quando il collegio debba emettere sentenza e sono: 1. Questioni di giurisdizione e competenza. 2. Quando definisce il giudizio decidendo su questioni pregiudiziali attinenti al processo o questioni preliminari di merito. 3. Quando definisce il giudizio totalmente nel merito. 4. Quando decide sulle questioni previste 123 e non definisce il giudizio ma impartisce provvedimenti per istruire ulteriormente la causa. 5. Quando valendosi della facoltà divide le cause che erano state riunite. Le sentenze non definitive possono essere emanate in caso di pronuncia su questioni preliminari di merito, ( che sono astrattamente idonee a definire il giudizio) o su questioni pregiudiziali di rito ( che sono atrattammente idonee a definire il giudizio, ma non definiscono il giudizio di appello). E queste sono: A. Sentenze occasionate da motivi di rito inerenti il giudizio d’appello. B. Sente occasionate da motivi di rito riguardanti il procedimento o la sentenza di primo grado. C. Sentenze occasionate da motivi di merito. 2.8.1. Sentenze occasionate da motivi di rito inerenti al giudizio d’appello. Questo tipo di sentenza viene emessa in seguito al controllo preliminare da parte del giudice dell’appello sui requisiti formali ed extraformali dell’atto di citazione e queste sentenze dichiarano la nullità dell’atto di citazione dell’appello o per difetto inerente alla editio actinis, o inerente la inammissibilità o la improcedibilità o per la estinzione del processo di appello. Questa sentenza non modifica in alcun modo la sentenza impugnata e questo comporta, il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado. 151 2.8.2. Sentenze d’appello di conferma. Rientra nella disciplina delle sentenze occasionate da motivi di rito inerenti il giudizio di appello, queste sentenze possono essere o di conferma o di riforma della sentenza di primo grado. Le sentenze di conferma il giudice d’appello dopo avere esaminato tutte le questione statuisce di confermare la sentenza emessa dal giudice di primo grado. E questo si realizza quando il giudice d’appello ritiene: A. che l’opposizione fatta dall’attore è infondata. B. Nonostante le censure mosse il collegio ritiene che la decisione del giudice di primo grado vada confermata per i seguenti motivi: sulle questioni di diritto fatte valere dalle parti o rilevate dal giudice di primo grado secondo il principio iura novit curia. In seguito ad eccezioni non accolte e riproposte nel processo di secondo grado. Sulla base di nuove eccezioni. Sulla base di nuove prove proposte. Di rinnovazione di atti nulli. Quando la sentenza di conferma è basata su diversa soluzione delle questioni di diritto questa sostituisce la sentenza di primo grado che si considera riformata. 2.8.3. Sentenze definitive d’appello di riforma occasionate da motivi di rito inerenti al giudizio di primo grado. Le sentenze definitive di riforma possono essere emanate per motivi inerenti alla giurisdizione alla competenza o altri errores in procedendo, relativi al giudizio di primo grado. Se esaminiamo la questione inerente la giurisdizione va precisato. Le parti possono nel caso della giurisdizione optare per due strade: A. chiedere in appello la riforma della sentenza declinatoria della giurisdizione; B. Adottare il rimedio straordinario del regolamento di giurisdizione art. 41 direttamente alla corte di cassazione. Art. 353 prevede infatti che la sentenza di appello si pronuncia, ( vedi la declatoria di giurisdizione), il giudice d’appello rimetterà entro un termine perentorio la causa al primo giudice e le parti dovranno riassumere la causa innanzi a lui. Questa sentenza poiché ha contenuto rescindente potrà essere opposto in Cassazione, ma in questo caso si interrompe il termine per il passaggio in giudicato della sentenza . La sentenza di appello di riforma per i motivi inerenti alla competenza si ha solo nel caso, nel processo di primo grado, in seguito alla eccezione del convenuto della eccezione o per territorio derogabile, o per valore il giudice si conferma competente, e si è pronunciato nel merito, solo in questi casi si può procedere in appello, altrimenti si ricorre al regolamento di competenza dinnanzi alla Cassazione Art. 42. In questo caso la sentenza che affermi l’incompetenza così come previsto l’art. 336, sarà una sentenza di riforma relativa alla competenza, ma nello stesso tempo per la parte della sentenza nel merito ( parte dipendente) il giudice dell’appello rinvierà la causa innanzi al giudice competente per la riassunzione. Esempio: es. competenza territorio tribunale Caltanisetta e Firenze il giudice d’appello riforma la sentenza per la competenza ed afferma essere competente Firenze rimanda la causa al giudice competente per la riassunzione. Esempio: Viene presentata una causa al giudice di pace, il convenuto eccepisce l’incompetenza affermando essere competente il Tribunale. Il giudice di pace conferma la sua competenza per valore e statuisce anche nel merito. Il convenuto promuove appello, l’appello 152 è accolto il giudice di pace non era competente, in questo caso non rinvia la causa al giudice competente per valore, ma il Presidente trattiene la causa per lo svolgimento del processo di primo grado.La scelta del giudice di appello è chiara, egli è giudice di primo grado per quella causa perché e giudice di tribunale, mentre nel precedente caso la riassunzione della causa dinnanzi al giudice competente è fondamentale in quanto è un’altra giurisdizione. In caso di altri generi di errores in procedendo, il giudice d’appello che statuisce sulla nullità dell’atto, una volta dichiarata la nullità deve disporne per la rinnovazione art. 354 L’art. 354, prevede delle forma tassative nella quale in relazione agli errores in procedendo, il giudice d’appello una volta emessa la sentenza sulla nullità ( altri due casi giurisdizione e competenza su esaminati) deve rimettere la causa al giudice di primo grado, le ipotesi previste dal legislatore sono: errore nella notifica della citazione art. 160 in questo caso va precisato in merito ai due sottoatti di cui è composta la citazione. 1. In caso di difetto della vocativo in ius che attiva il contraddittorio non è preclusiva della sentenza nel merito, per questo motivo la nullità di questo atto potrà essere fatta valere solo nelle forme dell’appello. 161, ed in questo caso il giudice di appello deve applicare quanto previsto dal 354. ultimo comma che prevede la rinnovazione degli atti nulli, e decidere nel merito. 2. Il vizio inerente il sotto atto della editio actionis che individua il diritto fatto valere in giudizio è più grave in quanto il convenuto non sa su quale diritto deve difendersi, ed il giudice su cosa deve statuire, nel caso di questo errore l’unica sanatoria prevista è quella dell’art. 164, che il giudice chieda l’integrazione della domanda , ma nel processo d’appello non è prevista la proposizione delle nuove domande, quindi il questo caso il giudice d’appello dovrà annullare l’intera sentenza. Così come previsto art. 354.1 ( nullità della sentenza) mancata integrazione del contraddittorio ( 102 litisconsorzio necessario). Estromissione di una parte che non doveva essere estromessa 108 e 109. Nullità della sottoscrizione della sentenza di primo grado 161.2. Dichiarazione errata di estinzione del processo di primo grado. 2.8.4. Sentenze definitive di riforma occasionate da motivi di merito. Le sentenze di primo grado possono essere modificate per motivi di merito nei seguenti casi: diversa soluzione delle questioni di diritto censurate.ù diversa soluzione delle questioni di fatto mediante o nuove prove o quelle già dedotte nel giudizio di primo grado. Una diversa norma individuata dal giudice secondo il principio iura novit curia. Attraverso l’esame di nuove eccezioni. Esame di nuovi fatti in seguito alla emanazione di una norma efficace retroattivamente. Nel caso di rinnovazione di atti nulli stabiliti in appello. In queste ipotesi la sentenza di appello avrà sempre carattere sostitutivo. 2.9. Rilievi conclusivi. Con la emanazione di nuove leggi che hanno riformato il processo di appello è evidente che: L’effetto preclusivo di sospensione della sentenza di primo grado, 282, 337, in caso di proposizione di appello, fatta eccezione per l’inibitoria. La sentenza di secondo grado non è sostitutiva nelle ipotesi di rimessione al giudice di primo grado, o di conferma della sentenza di primo grado. L’effetto devolutivo opera in modo automatico. Lo ius novorum è fortemente compresso nella nuova disciplina. 153 3. IL RICORSO PER CASSAZIONE 3.1. LA CORTE DI CASSAZIONE. La Corte di Cassazione è posta al vertice delle impugnazioni, mentre il ricorso per cassazione è un mezzo di impugnazione. La complementarietà dei due istituti si riflette sulle condizioni per esperire il ricorso che è inscindibile dai due organi. L’art. 65 dell’ordinamento giudiziario stabilisce i compiti o la c.d. funzione di nomofilachia della Corte di Cassazione. Ruolo della Cassazione Assicurare l’esatta osservanza ed uniforme interpretazione della legge Garantire l’unità del diritto oggettivo nazionale. Vigilare sul rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni e regolare i conflitti di competenza e attribuzione. La Corte di Cassazione ha sede a Roma ed ha giurisdizione su tutto il territorio che è soggetta alla sovranità dello Stato. La corte di Cassazione deve controllare che i giudici osservino ed interpretano la legge nel suo significato generale, che viene applicata ad una serie indefinita di casi, e la c.d. giurisprudenza. Il processo di appello ha la funzione soggettiva, che consiste nel rivedere il processo ed è azionato da chi secondo il suo parere si è visto dare torto dal giudice di primo grado. L’impugnazione di Cassazione ha una funzione oggettiva intesa come la corretta interpretazione della norma generale che può essere stata disattesa dal giudice di primo e secondo grado. Lo scopo della corte di Cassazione è uno scopo di carattere costituzionale, infatti l’art. 3 garantisce che ogni cittadino è uguale innanzi alla legge, ed anche l’interpretazione della norma deve essere uniforma. Fondamenti del codice. L’art. 70 del c.p.c. e l’art. 379 stabiliscono che per il processo di Cassazione, dopo le parti ha diritto a parlare il P.M. la sua presenza è obbligatoria proprio a garanzia dell’interesse del cittadino 3 ma anche a garanzia dell’interesse pubblico della esatta interpretazione della legge. L’art. 363 invece disciplina che il procuratore generale presso la Corte di Cassazione possa promuovere l’appello, e questo non nell’interesse privato, ma proprio nell’interesse pubblico, che quando le parti hanno ormai accettato la sentenza, è il procuratore generale, che promuove l’azione per garantire l’esatta interpretazione della legge. Questo istituto non è di fatto applicato, anche se una legge del 2006 ha puntato al rafforzamento di questo strumento, che si può applicare a quelle sentenze che non sarebbero impugnabili, quali decreto in sede di reclamo cautelare 669 terdecies, il decreto camerale 739. Cenni critici: Affinché la corte possa esercitare la sua funzione di nomofilachia accorre che la corte sia uniforme e che le diverse sezioni, si coordinano, per evitare invece il fenomeno opposto di aversi la composizione di interpretazioni diverse sulla stessa norma. Per questo sino nate le sezioni Unite, proprio per evitare il fenomeno su scritto. Altrimenti un diverso orientamento sarebbe dato, invece di tante sezioni all’interno della Corte un’unica sezione, come negli stati uniti, formate da quindici giudici, ma per fare ciò occorra che diminuiscano gli appelli. La corte di cassazione riceve durante l’anno numerosi appelli circa 60.000 a fronte di uno smaltimento di 35.000 il problema più grande è dato dalla non uniforme interpretazione da parte della stessa corte delle norme. Infine il Prof. Proto pisani si dilunga sulle possibilità di riforme della Corte di Cassazione. 154 3.2. LA CORTE DI CASSAZIONE E LE ALTRE MAGISTRATURE SUPERIORI. In Italia si assiste ad un fenomeno del tutto particolare, la Corte di Cassazione che dovrebbe svolgere il ruolo di nomofilachia, non può entrare nelle sentenza emesse dal Consiglio di Stato e della Corte dei Conti per la corretta interpretazione del diritto, ma solo per questioni di giurisdizione ( vedi nota 1 capitolo 8). Ne comporta che la Cassazione a ben vedere non adempie a quello che è il suo ruolo istituzionale dell’uniforme interpretazione del diritto nazionale. Il professore si dilunga nell’illustrare il metodo usato negli stati uniti ad esempio la Corte suprema, come ad esempio riunire in un’unica corte anche il controllo delle leggi in merito alla costituzionalità. Inoltre illustra gli aspetti storici delle due corti ed il modo con la quale negli ultimi anni sono riusciti ad integrarsi, ma soprattutto a dividersi bene i ruoli. La Cassazione interpreta la legge. La Corte Costituzionale, si accerta che sia conforme alla Costituzione. 3.3. I PROVVEDIMENTI DENUNCIABILI IN CASSAZIONE. L’art. 360 indica che sono suscettibili di ricorso per cassazione tutte le sentenze che sono pronunciate o in grado di appello o in un unico grado. Nel nostro sistema vi sono numerose sentenze che vengono pronunciate in un unico grado e sono: le sentenze che decidono dell’aooposizione agli atti esecutivi, l’opposizione all’esecuzione, l’opposizione di terzo all’esecuzione, le opposizioni in sede di stribuzione. Le decisioni in tema di fallimento. L’art. 111.7 ammette il ricorso in cassazione verso tutti quei provvedimenti che hanno la forma di sentenza, in queste rientrano anche quelle emesse dai giudici speciali, fatta eccezione per il Consiglio di Stato e la Corte dei Conti, in deroga all’art. 362.1 Per sentenza, così come interpretato dalla cassazione si intende qualsiasi provvedimento che abbia i seguenti requisisti: essere relativo a diritti avere attitudine al giudicato formale e sostanziale. La corte di cassazione è stata larga nell’attribuire tale garanzia non solo alle sentenze di definizione del giudizio di primo grado, ma anche a tutti quei provvedimenti a cognizione sommaria. 3.4. LE CARATTERISTICHE DEL RICORSO PER CASSAZIONE. Mezzo di impugnazione a motivi limitati: il ricorso in Cassazione a differenza dell’appello e un mezzo di impugnazione a motivi limitati, l’art. 360 ne elenca i soli 5 casi previsti dalla legge. Azione di impugnativa. Lo scopo dell’azione è quello di ottenere dalla Corte una decisione sulla controversia, che affermi l’esistenza del vizio e quindi l’annullamento della sentenza cassata. Quando la corte si pronuncia sul vizio, il processo viene rimesso, alla tribunale d’appello, ma non lo stesso giudice. Per questo il processo di Cassazione ha due fasi: Fase rescindente, l’oggetto del processo sono i motivi ed i fatti fatti valere con il ricorso, se questi vengono accettati si passa alla fase successiva. Fase rescissoria davanti al giudice d’appello che riesamina la questione in merito al motivo cassato entrando anche nel merito della questione 155 3.5. I motivi di ricorso e i provvedimenti della Corte. 3.5.1. Motivi attinenti alla giurisdizione. L’art. 360 al punto 1 indica i motivi di giurisdizione, va dunque richiamato l’art. 37 ( difetto di giurisdizione ) e l’ art. 41 ( regolamento di giurisdizione) Del giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione. Del giudice ordinario nei confronti dei giudici speciali. Del giudice italiano. Sembrerebbe che gli unici motivi siano questi, ma vi è una interpretazione estensiva, se pur pericolosa che vi fa rientrare altre due motivazioni: la violazione del principio della domanda o della corrispondenza tra chiesto e pronunciato. In questo caso il giudice si pronuncia su di una cosa non domandata è il caso dell’extra petita o omette di pronunciarsi su parte della domanda in entrambi i casi il giudice incorre in un eccesso di potere. La violazione di un precedente giudicato sostanziale. Il valore del giudicato impedisce che tra le parti vi possa essere la riproposizione della domanda sullo stesso oggetto. La pericolosità di questo allargamento, sta che si potrebbe ricorrere al regolamento di giurisdizione fuori dai casi previsti dall’art. 37 e richiamato dal 41, portando la Corte di Cassazione ad allargare anche il controllo verso le sentenze del Consiglio di stato e della Corte dei Conti. Inoltre i due casi su esposti sono comunque impugnabili per Cassazione ma rientrano la prima ipotesi al punto 4 dell’art. 360, e la seconda ipotesi al n. 5 del 360. Va precisato che il ricorso alla cassazione può essere eseguito sia verso la sentenza emessa dal giudice ordinario e da quello speciale, in un unico grado o quella di appello, e contro le decisione sul rito, e non nel merito del consiglio di Stato, della Corte dei conti del giudice ordinario o amministrativo con il regolamento di giurisdizione. L’art. 382 al comma 1 prevede che la Corte quando si pronuncia sulla questione di giurisdizione, statuisce sulla questione e indica il giudice competetene. L’art. 382 al 3 comma prevede invece che quando la Corte si pronuncia determinando il difetto di giurisdizione cassa senza rinvio, in quanto se il giudice italiano non è competente non vi è altro giudice alla quale inviare la questione. Esaminiamo in dettaglio le due ipotesi. La sentenza sulla quale è promosso il ricorso in Cassazione per difetto di giurisdizione ha però anche deciso nel merito la questione. La corte accoglie il ricorso, riconosce il difetto di giurisdizione. Cassa la sentenza in quanto il difetto di giurisdizione è riconducibile nell’art. 382.3, in quanto non vi è un giudice nell’ordinamento fornito di giurisdizione. Cassa la sentenza impugnata ed indica il giudice fornito di giurisdizione, il giudice alla quale viene attribuita la causa non potrà più statuire sulla questione di giurisdizione in quanto questa è cassata. Quindi il processo può trasmigrare in questo modo dal giudice speciale a quello ordinario ma non viceversa in quanto l’art. 367.2 dove viene espressamente prevista la trasmigrazione della causa innanzi al giudice ordinario e la riassunzione entro 6 mesi onere che tocca alle parti. Nel caso in cui la Corte rigetti il ricorso in quanto infondato la sentenza passa in giudicato. 156 La sentenza impugnata per motivi di giurisdizione il primo giudice adito ha declinato la giurisdizione e non ha deciso nel merito. La corte di cassazione accoglie il ricorso ritenendo che il giudice abbia erroneamente negato la sua giurisdizione. Ci sono due possibilità: 1. cassa e rinvia al giudice d’appello( se la sentenza di primo grado, era stata riformata in appello ed aveva deciso nel merito ritenuto sussistente la giurisdizione) come previsto dall’art. 383.1 2. cassa la sentenza e la rinvia al giudice di primo grado che aveva pronunciato la declatoria di giurisdizione. 3.5.2. Violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza. La violazione delle norme che attengono alla competenza tra il giudice ordinario viene fatto ricorso alla Cassazione solo se la sentenza impugnata si sia pronunciata sulla sola questione di competenza. E’ la sentenza in rito che pronunci o la incompetenza del giudice adito o la competenza unico metodo esperibile in questi casi è il regolamento di competenza. 1. Mentre per il ricorso in Cassazione per non incorrere nella decadenza decorre da 60 giorni dalla notificazione della sentenza, salvo il termine annuale previsto dall’art. 327, per il regolamento di competenza il termine e di 30 giorni dalla comunicazione della sentenza. 2. Solo per il regolamento di competenza, si può essere assistiti da un difensore che non sia abilitato in Cassazione in deroga all’art. 82. 3. Il regolamento di competenza è deciso in camera di consiglio. La Corte può accogliere il ricorso, e quindi cassa il difetto di competenza ed indica il giuidice, nessun altro giudice potrà statuire sulla questione. La causa sarà riassunta entro 6 mesi dalle parti. Questa sentenza ha efficacia vincolante anche nel caso di riproposizione della domanda, qualora non si riassuma la causa innanzi al giudice indicato dalla Corte o per estinzione del primo processo. 3.5.3. Violazione o falsa applicazione di norme di diritto. Il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto è il fulcro delle decisioni della Corte, proprio in osservanza della nomofilachia. Tutti gli errores in procedendo sono ampiamente ricompresi nel 3 comma del 360. gli errori sono di due tipi: falsa applicazione di norme di diritto: quando ciò il giudice ha applicato alla fattispecie concreta una norma diversa da quella corretta. Questo è un errore di individuazione della norma generale ed astratta, sotto la quale sussumere la fattispecie concreta. Invece non rientra nella fattispecie la errata individuazione sulle quaestio facti della norma, in quanto la errata individuazione della quaestio iuris comporta inevitabilmente una non corretta applicazione alla quaestio facti. Violazione di norme di diritto. Il giudice ha individuato la norma corretta ma ne ha fatto una interpretazione errata. La definizione norma di diritto prevista al comma 3.36°, il legislatore ha voluto indicare le leggi statali, gli atti aventi forza di legge, le leggi regionali delle regioni autonome, i regolamenti tutti, il diritto internazionale, gli usi le consuetudini ecc. con legge 40/2006, il ricorso è stato esteso anche alle violazioni o falsa applicazione dei contratti ed accordi collettivi nazionali di lavoro. La corte per le violazioni su descritte cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altro giudice di pari grado a quello che ha adottato la sentenza. 157 Davanti al giudice di rinvio, svolgerà la fase rescissoria art. 392/3/4. che emetterà una nuova sentenza priva del vizio della prima. La corte può emettere ho una sentenza completamente rescindente, ma anche in parte rescissoria, questa ultima ipotesi da due forme distinte: A. ) La corte enuncia il principio di diritto alla quale il giudice di rinvio deve uniformarsi. In questo caso la Corte inizia la fase rescissoria, che poi sarà completata dal giudice di rinvio, la corte indica la norma da applicare ai fatti della causa sia in merito alla errata interpretazione sia in merito alla errata individuazione della norma. Questa sentenza ha efficacia vincolante: per il giudice di rinvio che deve applicare il principio del diritto indicato dalla corte. Deve essere applicata anche dal giudice in caso di riproposizione della domanda in seguito alla estinzione del processo, o per mancata riassunzione del processo di rinvio. Il principio di diritto non sopravvive alla norma dichiarata incostituzionale, ed applicata dalla Corte di Cassazione. Questo principio di diritto ha nei confronti di tutti gli altri giudici una efficacia di precedente vincolante, è tramite queste enunciazioni che la Corte Suprema esercita la nomofilachia. L’art. 148 disp. Di attuazione predispone che il giudice della Corte enunci specificatamente tale principio di diritto, di fatto tale giudice disattende tale disposizione rinviando tale principio nella motivazione della sentenza cassata e lasciando al giudice di rinvio il compito di interpretare tale motivazione. Presso la Corte vi è l’ufficio di Massimario, che è un ufficio amministrativo, che ha il compito di estrarre le massime dalle decisione della Corte Suprema, sul piano sistematico è coerente con la funzione di nomofilachia, e questo può ridurre le conseguenze negative della mancata applicazione dell’148 disposizione di attuazione. B.) La corte decide la causa nel merito qualora non sono necessari ulteriori accertamenti nei fatti. Con la legge di riforma 353/1990, la Corte può decidere per il motivo al punto 3. quindi la Corte Cassa la sentenza, esercitando la decisione rescindente, ma anche quella rescissoria.. quindi non enuncia il solo principio di diritto ma lo applica alla fattispecie concreta, e quindi la sentenza fa efficacia di giudicato sostanziale. L’art. 384.4 dispone che non sono soggette a Cassazione le sentenze erroneamente motivate ma è la stessa Corte si limita a correggere la motivazione” Esempio: il giudice nel merito in dichiarazione dell’esistenza o inesistenza del diritto, accerta la sussistenza enunciando e motivando sia l’art. 2049, sia l’art. 2050. la cassazione dopo l’appello ritiene che l’art. 2050 non sia applicabile rigetta il ricorso e si limita a correggere in diritto la motivazione. Esempio: il giudice del merito ha accolto la domanda di risarcimento in base all’art. 2050, ed il soccombente si rivolge alla Cassazione, indicando che la norma da applicare è la 2043. la corte suprema disattendendo le indicazioni delle parti indica una ulteriore norme l’art. 2049, rigetta il ricorso e corregge la sentenza nella motivazione. 158 3.5.4. Nullità della sentenza nel procedimento L’art. 360, punto 4 stabilisce per nullità della sentenza o del procedimento. Con questo motivo, possono essere fatti valere tutte le violazioni di legge processuale o errores in procedendo, che viziano la sentenza direttamente, o perché intervenuti direttamente nella formazione della sentenza o indirettamente dalla nullità del procedimento così come previsto art. 159.1. Possono essere vizi che si sono verificati o in primo grado o nel processo di appello. Processo di primo grado, i vizi possono essere: non rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio ( vedi. Incompetenza ) requisito per l’ammissione in cassazione e che sia stato eccepito o rilevato durante il processo di primo e che sia stato oggetto del processo di appello o di riproposizione 346, altrimenti matura una preclusione e non si può agire per il ricorso in Cassazione. Rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado 8 difetto di legittimazione ad agire o di interesse ad agire) tale vizio sarà deducibile in cassazione solo se il giudice di primo grado non si sia pronunciato, e quindi tale vizio sia stato oggetto di appello o di riproposizione. Se invece ne il giudice di primo grado e secondo abbiano rilevato o d’ufficio o su eccezione di parte tale vizio, questo sarà rilevabile d’ufficio dalla Cassazione, indipendentemente che sia un motivo specifico di ricorso. La sentenza rescindente e quindi di accoglimento del ricorso fondato sul punto 4, può seguire una fase rescissoria, dinnanzi ad un giudice diverso dalla corte e quindi può essere: 1. cassazione senza rinvio 2. cassazione con rinvio. Cassazione senza rinvio ai sensi del 382.3. in questo caso la Corte cassa senza rinvio “ in quanto la causa non poteva essere proposta o il processo proseguito”. Prima ipotesi: Mentre per improponibilità della causa ( quale difetto di legittimazione, difetto di interesse ad agire, assenza di una norma che tutelasse il diritto, mancata perfezionamento della condizione per il risarcimento del danno) si ha l’ipotesi della causa che non poteva essere proposta, travolge tutti gli atti del processo. Seconda ipotesi: La cassazione invece per improseguibilità (anche se una fattispecie estintiva) inammissibilità o improponibilità travolge soltanto l’atto di cui si è dichiarato l’invalidità degli atti successivi. Se questa ipotesi si sia verificata durante il giudizio di appello, la corte cassa la sola sentenza di appello, facendo retrocedere alla sentenza di primo grado e questa sentenza passa in giudicato. In quanto il giudice d’appello non poteva giudicare nel merito, quindi il processo si considera già chiuso. Al di fuori delle due ipotesi su descritte deve sempre seguire una fase rescissoria e quindi si avrà: Cassazione con rinvio: questa è la regola generale. Dopo che la corte nella fase rescindente ha appurato il vizio, deve affidare e quindi rimettere il giudizio ( fase rescissoria) ad un giudice che comunque statuisca anche sul diritto fatto valere in giudizio. Il giudice di rinvio, proprio in conseguenza dell’art. 383.1 e 159.1 degli atti nulli che travolgono gli atti successivi, il giudice di Cassazione dovrà rimettere il processo al giudice d’appello, in quanto risponde alla regola generale sancita nell’art. 353. Se invece vi sono dei motivi specifici, così come previsto dall’art. 354, in queste ipotesi tassative è previsto la sentenza cassata con rinvio al giudice di primo grado, in quanto la Cassazione ha rilevato che il giudice d’appello avrebbe dovuto rinviare il giudizio al giudice di primo grado per nullità del giudizio. 159 Si passa ad esaminare alcuni tipi di errores in procedendo che possono essere fatti valere con questo motivo di ricorso, ed i provvedimenti che di volta in volta la suprema corte dovrà adottare in relazione agli articoli 382.3 e 383.1.3; A). nullità della sentenza come atto: 1. es. del vizio per i requisiti formali mancanza del dispositivo: si esamina l’art. 132 che dispone i requisiti della sentenza, al punto cinque si parla del dispositivo. Tenendo conto della previsione dell’art. 156, quando parla di nullità comminata dalla legge , ma soprattutto “ quando manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo. In questo esempio la mancanza del dispositivo di sentenza comporta la nullità della sentenza. La Corte accertata tale nullità, secondo la regola generale dell’art. 383.1 deve cassare e rimettere la causa al giudice di pari grado alla sentenza cassata. Questo è un vizio molto grave e quindi il giudice della Corte ( questo vizio può sopravvivere al passaggio in giudicato) qualora riguardi itale difetto la sentenza di primo grado, la corte dovrà cassare e rinviare al giudice di primo grado, ai sensi del 383, poiché ricorre una delle ipotesi eccezionali previste nell’art. 354. 2. Es. vizio di extrapetita: Un altro vizio della sentenza è la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato 112, poniamo il caso che il giudice si sia pronunciato, e che abbia commesso l’errore di extrapetizione, abbia pronunciato oltre quello che era stato chiesto. In questo caso non vi sarà il rinvio ad altro giudice ma la corte si limiterà a cassare quella parte della sentenza eccedente e non corrisponde al chiesto. 3. Es. vizio relativo alla costituzione del giudice Se invece vi è un vizio relativo alla costituzione del giudice così come previsto all’art. 158, e la corte ritiene fondato questo motivo, cassa la sentenza e rinvia al giudice di pari grado secondo la regola generale del 383. 4. Es. vizio nel processo di lavoro:Un’altra violazione delle norme relative alla formazione della sentenza si possono verificare nel processo del lavoro. Il giudice è obbligato a dare lettura alla chiusura della udienza di discussione, e depositare la sentenza entro 15 giorni in cancelleria. Può Accadere che il giudice ometta di leggere il dispositivo, e depositi la sentenza, questa sarebbe una violazione grave ( ed andrebbe punita con sanzione a carico del giudice) mentre invece comporta la nullità della sentenza. Quando la corte rileva tale nullità della sentenza cassa e rinvia al giudice o di primo grado, se la sentenza riguarda il giudice di primo grado o a quello d’appello se la sentenza riguarda quello d’appello. 5. Es. vizio del dispositivo: 4Può accadere sempre nel processo del lavoro, che il giudice nel depositare la sentenza cambia il dispositivo letto in udienza con un altro, la sentenza è nulla e se viene dedotta nel processo di cassazione e viene riscontrata la Corte cassa e rinvia la giudice di pari grado. 160 B). Nullità non sanate del procedimento: in forza del principio generale previsto all’art. 159, i vizi verificatesi nel corso del procedimento si traducono in nullità della sentenza, sempre che non siano stati sanati precedentemente. Questo tipo di vizio possono riguardare o i requisisti extra-formali , o i requisiti di forma contenuto: difetto di requisiti extraformali. Questo tipi di vizio possono essere insanabili, in quanto impediscono una decisione sul merito e sono: il difetto di legittimazione, e il difetto di interesse ad agire 8 la causa non poteva essere proposta. Il difetto di difesa tecnica e il difetto di rappresentanza o di autorizzazione 8 il processo non poteva proseguire vedi art. 182. Per questo tipo di errori la giurisprudenza ammette la sanatoria solo nel corso del processo di primo grado, ma se non vengono sanati comportano un difetto. In questo caso la corte cassa senza rinvio, in quanto o non via era la legittimazione o la causa non poteva essere proseguita. Ci sono vizi extraformali che possono essere sanati anche in gradi successivi e che dopo la sanatoria può essere emessa una decisione nel merito: rientrano in questa categoria il difetto di partecipazione del litisconsorzio necessario, quando la corte rileva tale vizio cassa e rinvia il processo al giudice di primo grado così come previsto dall’art. 383.3; se invece il giudice anche avendo rilevato il vizio, abbia messo in moto il meccanismo di sanatoria, ma il meccanismo di sanatoria non sia stato portato a termine dalle parti e ciò nonostante il giudice si sia pronunciato nel merito: Se tale vizio si è verificato nel processo di primo grado, la cassazione cassa senza rinvio. Se tale vizio si è verificato nel processo di appello ( mancata integrazione del contraddittorio) la corte deve cassare il solo provvedimento di appello, ( il processo non poteva essere proseguito) e la sentenza di primo grado passerà in giudicato. Difetto di requisiti di forma –contenuto. Premessa.L’art. 156 prevede una ampia gamma di meccanismi di sanatoria per le nullità dovute alla mancanza dei requisiti di forma contenuto. La convalidazione oggettiva per il raggiungimento dello scopo, alla convalidazione soggettiva per la mancata deduzione del vizio ad opera della parte nel cui interesse è stabilito il requisisto mancante. Quando viene rilevato il vizio il giudice può disporre la rinnovazione degli atti art. 162. La sanatoria prevista tramite l’appello ai sensi art. 161 Può accadere che nonostante tutti questi meccanismi di sanatoria l’atto nullo non venga sanato e si riverberi sulla sentenza determinandone una nullità per derivazione: 1. vi è una prima categoria, che nonostante non siano sanati consentono comunque una pronuncia nel merito. Se tale nullità si è verificata nel giudizio di appello la suprema corte rilevato il vizio deve cassare e rinviare al giudice d’appello, che deve adottare una sentenza rescissoria e rinnovare gli atti nulli. Se tale nullità rilevano nel giudizio di primo grado vale la regola dell’art. 383, fatta eccezione che ricorrano i casi previsti all’art. 354 ( nullità dell’atto di citazione in produttivo), obbligano la corte a cassare ed a rinviare al giudice di primo grado, in forza del 383.3 2. vi è una seconda categoria di nullità formali che impediscono una decisione nel merito comportano la cassazione senza rinvio e sono. 161 Quelle ipotesi in cui il giudice avrebbe dovuto chiudere la causa in rito ed invece si è pronunciato anche nel merito. ( es la parte aveva eccepito l’estinzione del processo per inattività delle parti ed invece il giudice nonostante ciò si è pronunciato sul merito). In questo caso la Cassazione dovrà cassare senza rinvio. Se l’errore è stato commesso dal giudice d’appello per inammissibilità o improcedibilità o estinzione la cassazione dovrà cassare la sola sentenza di appello e passerà in giudicato la sentenza di primo grado. Una sottospecie è la nullità dell’atto di citazione introduttiva in primo grado insanabile per difetto del diritto fatto valere in giudizio, in questo caso non è proponibile nel giudizio d’appello in quanto vi è l’improponibilità di domande nuove, allora la cassazione casserà la sentenza senza rinvio. Vi sono infine alcune ipotesi del tutto residuali per quanto previsto al punto 4 del 360 ( nullità della sentenza o del procedimento, potrebbe portare ad una decisione anche nel merito della controversia, così come si rileva da una attenta lettura dell’art. 384. come esempi si può enunciare, : il vizio della sottoscrizione della sentenza di appello, denunciato in cassazione in relazione alla violazione o falsa applicazione di norme di diritto che vengono dichiarati infondati. Oppure la sentenza di primo grado appellato per un difetto di interesse ad agire, che la corte ritiene invece esistente, di avviso contrario alla sentenza di appello. 3.5.5. Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto Il motivo di ricorso previsto dal 369 punto 5 “ per omessa ed insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”. Questo punto è quello che da maggiori problemi sotto un profilo ermeneutica, in quanto minaccia di snaturare la funzione caratteristica e lo scopo istituzionale della Corte di cassazione. Già con il codice del 1865, per questo tipo di difetto in mancanza di una esplicita normativa attraverso questa motivazione furono presentate numerose cause, travestite divenendo questo un motivo ominubus ( citazione di Calamandrei). Il legislatore del 1940 prima poi quello del 1950 ed infine del 2006 hanno deciso di reagire alla estensione interpretativa specificando il motivo relativo alla quale tale formula deve essere applicata. Si deve trattare di un fatto decisivo per il giudizio, di un fatto o principale o secondario che valutandolo da un altro punto di vista avrebbe comportato una decisione di merito diversa. Viene anche precisato che il fatto deve essere controverso, è questo è comprensibile per i diritti disponibili, lo è meno per i diritti indisponibili. Inoltre non deve essere fatto valere in giudizio una pura e semplice quaestio facti, ma il vizio della motivazione del giudice che partendo dalla ricostruzione di un fatto lo ha ricostruito in un determinato modo invece che di un altro, se ne desume che la corte non dovrà accertare il fatto, ma solo il ragionamento del giudice in merito ad esso, quindi la corte si limita a controllare la giustificazione. E’ su questa labile distinzione che si fonda il punto 5, vi è inoltre un ulteriore rilievo ed è che i giudici, che esercitano nella corte provengono da una più o meno lunga carriera di primo e secondo grado e molto probabilmente hanno la forma mentis di guardare sempre al fatto controverso. Difatti si è sempre discusso sulla soppressione di tale punto, ma ciò comporterebbe l’implica nullità della sentenza per omissione della motivazione e quindi si passerebbe al punto 4 del 360. 162 La motivazione richiesta al punto 5 è il punto esatto nella sentenza in cui il giudice deve dare conto del perché a ragionato in un modo invece che di un altro, questo motivo trova maggiore applicazione nelle prove, ed in particolare modo nel 116.1 dove viene enunciato il principio “ il giudice valuta le prove secondo il suo libero apprezzamento, per evitare che in questo punto questo principio degradi ad arbitrio del giudice. Vediamo ora quale può essere il motivo di ricorso: a. un primo giudizio rilevenate è quello sui mezzi di prova, il giudice di merito ha amesso dei mezzi di prova non rilevanti oppure non ha ammesso quelli rilevanti. Qualora attraverso la prova si voglia dimostrare un fatto principale, e sussumere questo sotto una fattispecie e vedere se rientra tra i motivi, modificativi, costitutivi estintivi o impeditivi, questo ragionamento rientrerebbe nel punto 3, in quando il giudice avrebbe sussulto il fatto sotto una fattispecie diversa, in definitiva come errore di diritto. Quando invece oggetto del mezzo di prova del quale si deve dimostrare rilevanza, è un fatto secondario che serve a provare un fatto principale, il giudice deve stabilire se talae fatto appartiene al thema probandum, ed in secondo luogo se dal fatto secondario sia possibile desumere il fatto principale. Questo tipo di errore è denunciabile al punto 5. b. anche la violazione delle norme di ammissibilità dei mezzi di prova rientra nel punto 5 sempre che tale ammissibilità si subordinata all’accertamento del fatto. Es. i patti aggiunti al contratto con data anteriore al contratto, invece i patti aggiunti al contratto dopo la stipulazione e le prove per testimoni, hanno più verosimiglianza, per questo motivo potrebbe sorgere una impugnazione ai sensi dell’art. 5. c. uno dei maggiori settori nella quale trova applicazione è quello della valutazione delle prove, dove il giudice alla presenza di una prova legale non viene lasciato spazio per il prudente apprezzamento, tale violazione da vita ad un error in procedendo, ed il controllo della corte verrà suscitato al punto 4, vale invece la regola solo in presenza della prova libera e per presunzione in questo caso si avrebbe una violazione dell’art. 116 e di conseguenza applicazione il punto 5 del 360. Sulla base dei rilievi su esposti a cosa si riferisce dunque la omessa e contraddittoria motivazione? Il primo esempio scolastico è quello della omissione totale della motivazione della mancanza grafica del requisiti previsto all’art. 132. Molto più realistica è la mancanza parziale a livello grafico della motivazione limitandosi ad uno specifico punto di fatto, principale o secondario, il vizio si manifesta alla omessa motivazione di un fatto secondario, o di una fonte di presunzione prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio. Un’ ulteriore difetto di motivazione è quella logica, ma tale motivazione è inconsistente e generica è faccia un generico rimando alle prove assunte senza riferimento specifico, oppure faccia riferimento ad un ragionamento in palese contrasto con una legge naturale o una massima di comune esperienza. ( l’acqua calda non scotta) Si parla invece di motivazione insufficiente, quando il vizio interessa quella parte di motivazione in cui il giudice da conto della deduzione o del ragionamento per presunzioni, che partendo dal fatto secondario arriva a quello principale. Questo è il cuore della valutazione delle prove. Si possono verificare due ipotesi: 163 il giudice non da conto delle ragioni che lo hanno indotto a scegliere quella massima di comune esperienza, ed ha commesso in questo caso un errore di valutazione. La motivazione è contraddittoria, o incoerente o utilizza nella prova per presunzione massime di comune esperienza contraddittorie. Proprio in questo tipo di ipotesi è estremamente difficile trasformare la corte prima nella valutazione del fatto e poi del vizio. La Corte quando accoglie il ricorso, cassa con rinvio al giudice di pari grado a quello che ha pronunciato la sentenza, affinché il giudice di merito ripeta il giudizio di fatto e ne dia conto in modo esaustivo. 3.5.6. La riforma dell’art. 384 e la possibilità di decisione della causa nel merito da parte della Corte di Cassazione. L’art. 384 è stato riformato dalla legge 40/2006, questa norma dispone che la Corte può decidere anche nel merito, presupposti per l’applicazione della norma sono: il ricorso sia accolto; per la decisione nel merito non siano necessari ulteriori accertamenti; per quanto riguarda il primo requisito non vi sono dubbi. Il secondo requisisto si presta a due interpretazioni: tutti i fatti rilevanti sono stati accertati nella sentenza impugnata , e quindi la Corte deve applicare il principio di diritto, così come ricostruita dal giudice di merito. Non è necessario assumere nuovi mezzi di prova, pur dovendo accertare l’esistenza o inesistenza di fatti rilevanti per il giudizio, ma tale accertamento può essere fatto sia sulla base delle prove già acquisiste, ma che il giudice di merito non ha valutato in quanto si erano rilevate superflue. L’applicazione della seconda ipotesi, comporta lo snaturamento della Corte portando tali giudici a giudizi di fatto dovuti all’accoglimento del ricorso. La Corte può pronunciarsi anche nel merito solo nel caso abbia accolto il ricorso, per i motivi previsti dai punti 1- a 4, e l’impugnazione avviene sulla base di fatti gia accertati. Quando vi è una sentenza del giudice di merito, che accolga il diritto azionato, e venga proposta impugnazione, la corte accoglie il ricorso in iure ( punto 3 del 360 per violazione o falsa applicazione di una norma di diritto…) sulla base dei fatti già accertati, verifica o l’inesistenza del fatto costitutivo, o l’esistenza del fatto modificativo impeditivo o estintivo, cassa la sentenza in quanto accerta l‘inesistenza del diritto azionato senza che sia necessario l’accertamento di fatti ulteriori. si è chiesto il diritto agli alimenti, il giudice di merito ha accolto la richiesta dell’attore. Viene proposto ricorso ai sensi del punto 3 dell’art. 360, la Corte accerta l’inesistenza del rapporto di parentela e quindi la prima sentenza viene rigettata. Se invece la Corte accoglie il ricorso ma ritiene che debba essere applicata una norma diversa da quella applicata dal giudice di merito, dichiara l’esistenza del diritto azionato, ma per una norma diversa, quindi a questo punto hanno rilevanza anche i fatti che nella precedente sentenza non erano stati considerati. La corte cassa la sentenza e rinvia al giudice per l’accertamento degli ulteriori fatti. Se invece il giudice di merito ha dichiarato l’inesistenza del diritto e si impugna la sentenza in iure punto 3 art. 360. La corte che accetta il ricorso, non potrà rinviarla al giudice di merito e quindi sarà costretta a decidere la causa anche nel merito. Esempio, respinta la domanda di esecuzione del contratto per nullità, vengono assorbite nella sentenza tuitte le altre questioni, quali eccezione di prescrizione compensazione ecc. il giudice 164 di merito anche se a rigettato la domanda ha però accertato tutti i fatti dedotti in giudizio, e quindi l’accoglimento del ricorso da luogo alla Corte di decidere anche nel merito in quanto non si potrebbe rinviare al giudice del merito. La sentenza emessa dalla Corte che statuisce anche nel merito è impugnabile art. 391 ter, oltre che per revocazione, art. 395.4, anche per i motivi 1.2.3. e 6 del 395 o per opposizione di terzo revocatoria. Il ricorso viene proposto sempre alla Corte di Cassazione. Può pronunciare o la revocazione o accoglie l’opposizione del terzo revocatoria, e decide la causa nel merito, quando non sono necessari accertare ulteriori fatti. Oppure può dichiarare ammissibile l’opposizione di terzo revocatoria o la revocazione e se sono da accertare ulteriori fatti la rinvia al giudice che a emesso la sentenza anteriormente cassata. 3.6. IL PROCEDIMENTO DI CASSAZIONE Fase preparatoria Il procedimento per cassazione inizia con la notificazione del ricorso, su istanza del ricorrente alla controparte nei modi previsti dall’art. 137. Entro 60 giorni dalla notificazione della sentenza impugnata 325, oppure entro 1 anno dalla pubblicazione 327; Il ricorso entro 20 giorni dall’ultima notificazione ( se vi fossero più parti) va depositato in cancelleria a pena di improcedibilità, deve essere corredato della copia autentica della sentenza e della relazione di notificazione, della procura speciale, ( se conferita con atto separato) gli atti ed i documenti sulla quale si fonda il ricorso ( a pena di improcedibilità). L’istanza del ricorrente con la quale ha richiesto al giudice di merito la trasmissione del fascicolo d’ufficio alla Cancelleria della Corte. 369. Il ricorso a pena di inammissibilità deve contenere una serie di elementi 366, l’esposizione sommaria dei fatti della causa ed i motivi per la quale si chiede la cassazione. Il dlgs 40/2006 ha introdotto il 366 bis, che prevede a pena di inammissibilità L’illustrazione del motivo di ricorso deve ( in riguardo all’art. 360 punto 1,2,3 e 4,) che si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto che consenta alla Corte di pronunciare un corrispondente principio di diritto. Per quanto riguarda il 360 punto 5 prevede che l’illustrazione di ciascun motivo deve indicare la chiara indicazione del fatto controverso, in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria. L’art. 366 prevede la specifica indicazione degli atti processuali dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sulla quale si fonda il ricorso. La dichiarazione di inammissibilità o di improcedibilità impedisce la riproposizione del ricorso. La parte intimata Può costituirsi in giudizio con il controricorso entro 40 giorni dalla notificazione del ricorso principale. Deve depositare in cancelleria entro 20 giorni dalla notificazione 370. Se xor9oe. Se la parte intimata non si costituisce in giudizio, dovrà limitare la difesa alla sola partecipazione alla discussione orale, e non potrà presentare memorie scritte di cui all’378. 165 Il controricorso ha carattere difensivo, si possono eccepire gli eventuali motivi di inammissibilità o di improcedibilità o dimostrare l’infondatezza delle censure proposte dal ricorrente. In caso di soccombenza reciproca l’intimato, può con il contro ricorso, proporre ricorso incidentale 333, 334, il ricorrente principale resisterà notificando a sua volta il contro ricorso art. 371. Vi è infine il ricorso incidentale condizionato, all’accoglimento del ricorso principale. Questo ricorso è stato creato per consentire alla parte teoricamente soccombente, per consentire di provocare il riesame di una questione sfavorevole a condizione che venga accolto il ricorso principale. E’ il caso del convenuto che si vede respinta una eccezione di prescrizione nel processo di appello, ma nello stesso tempo il giudice d’appello respinge la domanda dell’attore ( che diventa soccombente) il convento ( è praticamente vittorioso). L’attore propone ricorso per cassazione, il convenuto che è praticamente vittoriosa ma su base teorica soccombente promuovere ricorso in cassazione. Sulla questione di eccezione di prescrizione? Per un verso la risposta è negativa, ma dall’altro viene data la possibilità al convenuto di promuove impugnazione incidentale condizionata. Quindi, se l’azione mossa dal all’attore viene accetta, dovrà essere accettata anche la richiesta del convenuto, ma se la domanda dell’attore venisse rigettata, sarebbe rigettata anche quella del convenuto. Questa ipotesi però vale solo per le eccezioni respinte, non si applica per le domande o le eccezioni assorbite. Scaduti i termini per il deposito del controricorso contro l’ultimo ricorso incidentale, il cancelliere trasmette il ricorso al Presidente della C.C. che assegna il ricorso o alle sezioni unite o alle sezioni semplici. E’ facoltà o del presidente o dei presidenti di sezione chiedere per i ricorsi più rilevanti, che l’ufficio del massimario rediga una relazione delle massime relative ai precedenti giurisprudenziali, su le questioni di diritto sollevate, il riassunto dello svolgimento del processo ed il parere circa la necessità della pronuncia avvenga in camera di consiglio o in seguito a discussione. L’art. 374 disciplina quali sono i casi in cui la corte deve decidere a sezioni unite. Obbligatoriamente per motivi attinenti alla giurisdizione. A discrezione del presidente sui ricorsi che presentano una questione di diritto decisa in senso difforme alle sezioni semplici, o quelle che presentano questioni di massima di particolare importanza. Sui ricorsi di secondo grado del Tribunale superiore delle acque, contro le decisioni del Consiglio nazionale forense e contro i provvedimenti del C.S.M. in materia disciplinare. In tutti gli altri casi, il presidente della sezione fissa l’udienza di discussione, e nomina il relatore. Venti giorni prima dell’udienza il cancelliere deve comunicare la data della stessa alle parti, che se si sono costituite possono presentare memorie scritte fino a 5 giorni prima dell’udienza. Copie degli atti che sono depositate dalla parti sono comunicate dal cancelliere al P.M. L’udienza di discussione è descritta dall’art. 379: il consigliere incaricato fa relazione della causa. I difensori e le parti espongono le loro difese. Il P.m. formula oralmente le sue conclusioni. La corte si ritira quindi in camera di consiglio e delibera immediatamente la decisione. 166 Lo svolgimento dell’udienza di discussione non è un passaggio obbligatorio. Può accadere che si via un procedimento semplificato, ad esempio: per il regolamento di giurisdizione o di competenza. Tutte le volte dove il Presidente ritiene di dover dichiarare l’inammissibilità del ricorso principale o incidentale. Quando deve ordinare l’integrazione del contraddittorio, o disporre la notificazione dell’impugnazione a norma del 332. Dichiarare l’estinzione del processo per motivi diversi alla rinuncia quali improcedibilità o per cessazione della materia del contendere. Rigettare o accogliere il ricorso principale ed incidentale. In tutti questi casi ai difensori delle parti ed al P.m. va notificato venti giorni prima il decreto del relatore, che ha disposto la trattazione in Camera di consiglio. Le parti possono depositare le memorie scritte 5 giorni prima dell’udienza 378, ed hanno facoltà se compaiono di essere sentiti, in particolare modo nei casi di pronuncia di inammissibilità, o di pronuncia su regolamento, o nei casi di manifesto o non manifesta infondatezza. La cassazione pronuncia ordinanza e succintamente motivata. Questo è un modo semplice e rapido per evitare che quei ricorsi che non dovevano essere proposti vengano discussi con dispendio di attività processuale. Il processo in cassazione si muove su impulso di ufficio e non di parte, e non è soggetta all’estinzione per inattività delle parti. Il processo invece può estinguersi per rinuncia art. 390 la parte ed il suo difensore redigono un atto sottoscritto personalmente, sia per il ricorso principale che quello incidentale, prima che venga cominciata la relazione d’udienza. Alla rinuncia il presidente provvede con decreto, a meno che non si debbano pronunciare altri ricorsi contro lo stesso decreto allora viene emessa la sentenza. Non sono ammesse prove costituende, ma solo la produzione di documenti relativi alla nullità della sentenza impugnata o alla ammissibilità del ricorso e controricorso. La norma è stata interpretata in modo estensivo e si possono presentare anche documenti relativi alla procedibilità o proseguibilità, oppure a presentare documenti che dimostrano la cessazione della materia del contendere, quale certificato di morte ( cause di divorzio) o di transazione Piccolo riepilogo. Se il ricorso è rigettato passa in giudicato la sentenza impugnata. Se il ricorso è accolto: 1. per l’accoglimento di ricorso per questioni di giurisdizione art. 360.1 a. se è affermata la competenza del giudice ordinario, invece del giudice che aveva emanato la sentenza impugnata, si avrà cassazione con rinvio al giudice d’appello o di primo grado, a seconda che la giurisdizione fosse stata negata nei confronti del giudice di primo grado o d’appello. b. Se è negata la giurisdizione del giudice ordinario, affermata dal giudice che aveva emesso la sentenza, vi sarà cassazione senza rinvio, sia nel caso della ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione nei confronti della p.a. sia nel caso di difetto di giurisdizione del giudice italiano. c. Difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti del giudice speciale, si avrà cassazione con rinvio ed il processo prenderà avvio innanzi al giudice speciale. ( la giurisprudenza è orientata alla cassazione senza rinvio.) 167 2. In ipotesi di ricorso art. 360 punto 2 ; violazione delle norme sulla competenza: a. si avrà cassazione con rinvio e prosecuzione del processo innanzia la giudice ( in genere di primo grado) competente. 3. in ipotesi art. 360 punto 3 di accoglimento del ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto. a. Enunciazione del diritto e rinvio della causa ad altro giudice di pari grado a quello che ha emesso la sentenza. Oppure la decisione nel merito da parte della Cassazione, a seconda che siano necessari altri accertamenti oppure no. 4. In ipotesi art. 360 punto 4 .per nullità della sentenza e del procedimento. a. Cassazione con rinvio al giudice di primo grado. b. Cassazione con rinvio al giudice d’appello. c. Cassazione senza rinvio quando la causa non poteva essere proposta oi il processo proseguito, annullamento della sentenza di primo grado o della sola sentenza d’appello. d. Decisione della causa del merito qualora non siano necessari nuovi accertamenti del fatto. 5. In ipotesi art. 360 punto 54 ricorso per omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione. a. Cassazione con rinvio ad altro giudice di pari grado a quello che ha pronunciato la sentenza cassata. 3.7. Il giudizio di rinvio. Quando vi è la cassazione con rinvio, entro un anno dalla pubblicazione della sentenza di Cassazione con rinvio, per potersi svolgere la fase rescissoria, occorre la riassunzione mediante o atto di citazione, o per ricorso ( processo del lavoro), che va notificata alla controparte o ad una delle parti della fase rescindente. Deve essere prodotta copia autentica della sentenza. Va precisato, che il processo di rinvio non è la continuazione del processo di appello, ne la rinnovazione, ma è la fase rescissoria che è volta a colmare il vuoto aperto dalla controversia di merito e dalla pronuncia di annullamento. L’art. 393 comporta che la mancata riassunzione della causa nel termine previsto, o il verificarsi di una causa di estinzione, comporta l’estinzione dell’intero processo, l’unico provvedimento che rimane in piedi è la sentenza della cassazione “ e conserva l’effetto vincolante anche nel nuovo processo che si sia instaurato con la riproposizione della domanda. Nasce un problema nel caso la sentenza di appello si sia chiusa su di una questione di rito, dichiarando ad esempio l’inammissibilità o l’improcedibilità o l’estinzione. In questo caso cassata la sentenza impugnata, e l’estinzione del giudizio di rinvio, si avrà una correzione alla interpretazione del 393 facendo sopravvivere la sentenza di primo grado. L’art. 394 stabilisce che il giudizio di rinvio è stabilito dalle norme sul procedimento relative al procedimento al giudice alla quale la Corte ha rinviato la causa ( nella maggioranza dei casi al giudice d’appello. Le parti non possono prendere posizioni diverse rispetto alla sentenza cassata e quindi non si possono allegare nuovi fatti, o nuove eccezioni o nuove istanze probatorie. Fa eccezione il giuramento decisorio che è sempre ammissibile. Questo dimostra che il giudizio di rinvio ha maggiori preclusioni rispetto a quello di appello. Ma il divieto previsto ai comma precedenti cade an relazione alle seguenti ipotesi. 168 Ma se la sentenza di cassazione prevede di prendere nuove conclusione nel giudizio di rinvio sorga dalla stessa sentenza di cassazione. 394 u.c. Questa ipotesi prende vita tutte le volte che si sia verificata una nullità processuale che abbia impedito ad una parte la spendida di poteri processuali conseguenti. Per questo motivo nel giudizio di rinvio dovrà essere permesso alla parte di esercitare quei poteri processuali che non ha potuto spendere a causa della nullità. ( motivo punto 4) Oppure la cassazione ha cassato per il motivo al punto 3, enunciando il principio di diritto alla quale il giudice di rinvio deve uniformarsi, ed in relazione alla nuova prospettazione giuridica diventano rilevanti fatti ulteriori rispetto a quelli accertati nelle precedenti fasi del procedimento. Anche in questo caso sarà permesso alle parti la spendida di poteri istruttori e potranno essere aggiunti nuovi documenti non prodotti nel giudizio di merito o per caso fortuito o per forza maggiore. La sentenza del giudice di rinvio potrà a sua volta essere impugnata in cassazione qualora presenta vizi o a violato il principio di diritto. 3.8. la revocazione. La revocazione è un mezzo di impugnazione a motivi limitati, e si atteggia ad impugnazione ordinaria o straordinaria, a seconda che i motivi siano palesi, cioè conoscibili dalla parte sin dal momento della pubblicazione della sentenza o occulti solo a seguito della scoperta di fatti in precedenza non conosciuti. Giudice competente della revocazione è lo stesso giudice ( come ufficio giudiziario) che ha pronunciato la sentenza impugnata. Sono impugnabili le seguenti sentenze: in revocazione ordinaria solo le sentenze di appello o quelle pronunciate in un unico grado. O le sentenze di cassazione. Mai le sentenze di primo grado appellabili La revocazione straordinaria le sentenze di appello o pronunciate in un unico grado e le sentenze di primo grado passate in giudicato. Se la parte ha conoscenza dei motivi di revocazione straordinaria durante il corso dei termini per appellare lo deve fare mediante appello e non con la revocazione, il termine per l’appello è prorogato dal giorno della conoscenza del motivo e raggiunge comunque i 30 giorni 395.4.5- 396 La revocazione ha una duplice fase rescindente e rescissoria. La fase rescindente, ha ad oggetto il motivo della revocazione, e se si accerta tale motivo segue la fase rescissoria. La fase rescissoria ha per oggetto il rapporto sostanziale e si conclude con una sentenza nel merito. 402. Quando la decisione del merito della causa non devono essere assunti nuovi mezzi di prova, la sentenza rescindente che pronuncia la revocazione può contestualmente pronunciarsi sul merito 402.1 La sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione non può essere più impugnata per revocazione ma con i mezzi di impugnazione ordinaria. Appello o ricorso per cassazione o seconda che la sentenza è di primo o secondo grado. 169 Procedimento: la revocazione si propone con atto di citazione per il processo di cognizione nel processo del lavoro, con il ricorso alla domanda. Deve contenere a pena di inammissibilità il motivo di revocazione, ed in caso di revocazione straordinaria le prove relative alla sussistenza del motivo e del giorno in cui la parte ha avuto conoscenza del motivo stesso 398. La citazione deve essere depositata in cancelleria del giudice adito entro 20 giorni dalla notificazione, deve essere allegata copia autentica della sentenza impugnata. Le parti devono costituirsi entro lo stesso termine, mediante comparsa di risposta.399. La revocazione non sospende l’efficacia esecutiva della sentenza, ma per gravi ed irreparabili motivi può essere chiesta al giudice la sospensione, ed il giudice provvede nelle forme. La proposizione della revocazione non sospende il termine per proporre ricorso per cassazione, ma il giudice adito su istanza di parte può sospendere il processo di cassazione o di appello, sino alla pronuncia della sentenza sulla revocazione, quando non sia manifestatamente infondata la revocazione. 398. I motivi della revocazione ordinaria sono indicati al 395. punto 4 e 5 Punto 4. Se la sentenza è affetta da un errore di fatto… Il motivo in esame deve essere un errore di fatto: Che deve risultare dagli atti o documenti della causa. Non controverso, quindi non deve trattarsi né di un errore di giudizio, ne di un errore di valutazione di fatto, ma di un errore nella percezione “ un errore svista. Questo errore potrebbe essere paragonato all’errore di calcolo, che si può rilevare nella sentenza, questo errore svista si desume dagli atti o altri documenti della causa. Punto 5 “ se la sentenza è contraria ad altra avente fra le parti autorità di cosa giudicata purchè non abbia pronunciato sulla relativa eccezione” seconda la giurisprudenza consolidata: tale impugnazione concerne solo il giudicato esterno giacche le violazioni del giudicato interno sono ricorribili per cassazione. Le sole eccezioni di giudicato esterno, che non sia fatta valere o nel corso del giudizio di primo o secondo grado. Ma se l’eccezione è stata sollevata, il rimedio esperibile contro tale omissione è l’errore di giudizio nel ricorso per cassazione. L’art. 395.5 è importante in quanto sottrae l’eccezione di giudicato a qualsiasi preclusione ed individua nella scadenza dei termini per proporre la revocazione ordinaria come motivo ultimo per sollevare tale eccezione. Poiché tratta della violazione di un precedente giudicato, come un vizio della seconda sentenza, a pena di decadenza deve essere fatto valere con la revocazione ordinaria. E’ tale motivo si riferisce all’ipotesi che l’oggetto dei due processi deve essere lo stesso diritto fatto valere in giudizio, ma vale anche nel caso della c.d. efficacia riflessa del giudicato, quando è un diritto dipendente sulla quale si è formato un precedente giudicato. I motivi di revocazione straordinaria, sono indicati ai punti 1.2.3 e 6 dell’art. 395. Al punto 1 dell’art. 395, se la sentenza è “l’effetto del dolo di una delle parti in danno dell’altra”, il motivo in esame prende in considerazione non il dolo bilaterale( perv. 397n.2 ed in parte dal 4°4.2) ma il dolo unilaterale, che rappresenta la violazione del dovere di lealtà che impone alle parti ed i difensori. Si deve trattare del dolo revocatorio, non solo il comportamento sleale che si sia effettuato nel processo, con affermazioni a allegazioni false, ma si deve essere realizzato con artefici e raggiri, che in genere possono essere di carattere extraprocessuali. Tale dolo deve aver pregiudicato la difesa avversaria. 170 Esempio del manuale la mancata comunicazione della morte di uno dei conviventi del conduttore che faceva venir meno l’indice di affollamento richiesto per la proroga leale del contratto di locazione. Al punto 2 “ se si è giudicato in base a prove riconosciute o dichiarate false dopo la sentenza oppure la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza.” Questo motivo concerne tutte le prove, con l’esclusione della falsità del giuramento, che ai sensi dell’art. 2738, non può mai costituire motivo di revocazione della sentenza, ma solo domanda di risarcimento del danno, anche nel caso della condanna penale di falsa testimonianza. Questi motivi si applicano comunque anche alla falsità della consulenza tecnica,. La falsità deve essere riconosciuta dalla parte che si è giovata della prova falsa. La dichiarazione di falsità è o una sentenza civile o penale passata in giudicato che abbia accertato la falsità. Tale prova deve essere precostituita alla domanda di revocazione e tale prova deve avere avuto efficacia causale sul convincimento del giudice. Al punto 3, “ se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario”. I documenti ritrovati devono avere il requisito della decisività, ed essere importanti per l’accertamento del fatto accertato in sentenza. Per sussistere tale motivo occorre che la parte non solo non sia stata in grado di produrre documento, ma non abbia nemmeno potuto chiedere l’esibizione o per ignoranza incolpevole ( dovuta a forza maggiore o a fatto dell’avversario). O che pur avendone chiesto l’esibizione alla parte avversaria o ad un terzo, questi non l’abbia presentata e che la non presentazione del documenti ritenuto importante abbia influito negativamente sul giudice falsando i fatti. Punto 6 “ se la sentenza è effetto di dolo del giudice accertato con sentenza passata in giudicato” questa tutela in esame è specifica contro comportamenti dolosi del giudice, mentre l’azione di responsabilità del dolo o per colpa grave assicura solo il risarcimento. In questa ipotesi di revocazione andrà proposta entro 30 giorni decorrente dalla scoperta del dolo, o della falsità della prova, o è stato recuperato il documento o è passato in giudicato la sentenza che abbia accertato il dolo del giudice. Vi è la revocazione del pubblico ministero. Nelle cause nella quale è obbligatorio l’intervento del pubblico ministero, art. 70 si nelle sentenze d’appello o pronunciate in un unico grado e le sentenze di primo grado passate in giudicato, possono essere impugnate per revocazione straordinaria nelle due ipotesi previste dall’art. 397. Art. 397, punto 1 “ quando la sentenza è stata pronunciata senza che il pubblico ministero sia stato sentito, nella mancata partecipazione qualora l’intervento era obbligatorio, comporta un vizio ma la sentenza non è inutiliter data ma è impugnabile oltre alle parti dal p.m. entro 30 giorni dal momento che ha avuto conoscenza della sentenza, 325 326. Art. 397, punto 2 quando la sentenza è l’effetto della collusione posta in essere dalle parti per frodare la legge”. In questo caso il p.m. che ha partecipato al processo ed ha avuto conoscenza della collusione può impugnare per revocazione entro 30 giorni dalla scoperta della collusione. In questo caso la collusione è dovuta al dolo bilaterale posto in essere dalle parti, allo scopo di frodare la legge sostanziale ed trarne un vantaggio, questo tipo di frode può essere denunciata solo dal p.m. 171 La revocazione della sentenza della Corte di cassazione, in seguito ad una sentenza della corte Costituzionale è stata introdotto l’art. 391 bis tale articolo afferma che se la sentenza di Cassazione è affetta da errore di fatto ai sensi art. 395, punto 4. La parte interessata può chiedere la revocazione, entro il termine perentorio di 60 giorni dalla notificazione della sentenza, o da un anno dalla sua pubblicazione nelle forme previste dall’art. 365 ss. Su questo ricorso la Corte si pronuncia in camera di consiglio, ed in questo caso è un impugnazione straordinaria, e quindi la revocazione non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, anche se tale la sentenza fosse stata impugnata e respinta l’impugnazione dalla Corte di Cassazione. Con questo tipo di revocazione non è nemmeno sospesa l’esecuzione della Cassazione, ne è sospeso il giudizio di rinvio o il termine per riassumerlo. 3.9. L’opposizione del terzo E’ un mezzo di impugnazione eccezionale permesso ai terzi, che non hanno assunto la veste di parte in senso formale nel processo. L’art. 404 disciplina due mezzi di impugnazione notevolmente diversi, la prima parte, è la c.d. ordinaria, la seconda e l’opposizione c.d. revocatoria che è proponibile dagli aventi causa e dal creditore. L’opposizione di terzo ordinaria, l’unica fra tutte le impugnazione che non è soggetta ad alcun termine di decadenza. L’opposizione di terzo revocatoria deve essere proposta entro il termine perentorio di trenta giorni decorrente dal giorno in cui si è scoperto il dolo 325 o la collusione 326. Giudice competente è lo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, il procedimento e la decisione la sospensione dell’esecuzione sono disciplinate dagli art. 405,406, 407. Sono impugnabili le sentenze passate in giudicato o comunque esecutive. Se la sentenza è stata impugnata dalle altre parti, la revocazione si propone al giudice d’appello, in modo tale che lo stesso giudice possa riunire le impugnazioni separate. Questo tipo di impugnazione è riservata ai terzi che sono lesi dalla sentenza inter partes, poiché il terzo non può essere soggetto alla efficacia riflessa della sentenza inter alios. Si fa l’esempio della sentenza che sancisce la proprietà tra Tizio e Caio. Ma Caio non è il vero proprietario ma Mevio, che dalla prima sentenza ne ha avuto un pregiudizio per il suo diritto. Sono legittimati: i terzi titolari di diritti autonomi ed incompatibili rispetto al diritto oggetto immediato della sentenza resa inter alios. L litisconsorzi necessari pretermessi I falsi rappresentanti, in ipotesi di rappresentanza volontaria, legale o organica. In tutte queste ipotesi vi può essere una fonte oggettiva di incertezza nelle relazioni sociali, circa la titolarità o il contenuto del diritto del terzo. L’esecuzione della sentenza può arrecare al terzo un danno da esecuzione. Il terzo che non è soggetto alla efficacia riflessa della sentenza, può attraverso questa impugnazione vedere accertato il suo diritto ed eliminare la sentenza che lo pregiudica dal mondo giuridico. 172 I motivi di impugnazione sono costituiti volta volta: dalla titolarità da parte del terzo del diritto autonomo ed incompatibile rispetto al diritto oggetto della sentenza resa inter alios. Dalla violazione della regola del litisconsorzio necessario. Dalla falsità della rappresentanza. Questa impugnazione qualora accerti l’inesistenza del diritto fatto valere attraverso l’impugnazione dal terzo, lascia impregiudicata la sentenza inter alios. Se invece viene accertato il diritto del terzo rescinde per quanto necessario gli effetti reali della sentenza resa inter alios. Nell’ipotesi del litisconsorzio necessario, l’opposizione di terzo si atteggia a mezzo di impugnazione in due fase rescissoria e rescindente. Nella prima fase si accerta la fondatezza del motivo che comporta la rescissione della sentenza. Nella fase rescindente viene decisa nel merito, previa rimessione al giudice di primo grado. Nell’ipotesi della falsa rappresentanza, e un mezzo di impugnazione a sola fase rescindente che in caso di fondatezza si limita a rescindere la sentenza resa inter alios. Per quanto riguarda l’opposizione di terzo revocatoria questo è un mezzo di impugnazione riservato ai creditori, agli aventi causa in genere ed ai terzi titolari di rapporti giuridicamente dipendenti soggetti alla efficacia riflessa forte della sentenza sul rapporto pregiudiziale resa inter alios. È un mezzo di impugnazione a motivi limitati, visto che le motivazioni possono essere o il dolo o la collusione. Si atteggia a mezzo di impugnazione sia a fase rescissoria che rescindente. La fase rescindente si accerta dell’esistenza del motivo, in caso affermativo si passa alla fase rescissoria dove vi è una sentenza nel merito. 173 CAPITOLO DODICESIMO LA TUTELA SOMMARIA 1. La tutela sommaria in generale 1.1. Premessa: azioni tipiche tra tutela rafforzata e funzionalità dell’ordinamento processuale. Il processo a cognizione piena è un processo atipico è un grande contenitore dove vi è qualsiasi tipo di tutela del diritto. Ma il processo a cognizione piena pur dando tutela non riesce a dare tutela con carattere di urgenza, questo carattere di urgenza si trova disciplinato nel IV libro del c.p.c. della tutela sommaria. Il carattere della tutela sommaria è la tipicità, e sono processi alla quale si può fare ricorso non sulla base della titolarità del diritto, ma sulla base di specifici presupposti speciali di ammissibilità previsti per ogni tipo di tutela. In questo libro si trova maggiormente rappresentata la volontà del legislatore del 1942 che non poteva basare tutto il diritto sulla tutela del lavoro e sulla persona. All’interno però di questi processi tipici vi sono anche dei tipi di processi con un alto tasso di atipicità vedi l’art. 700. 1.2. Connotati della cognizione piena. La tutela sommaria suscita perplessità in quanto può sembrare confrontata con la cognizione piena di qualità inferiore, ma questa inferiorità concerne solo le garanzie processuali e non certo la qualità logica della cognizione. Per ben comprendere il proprium della tutela sommaria va confrontata con la cognizione piena: A. la cognizione piena ha la predeterminazione delle forme, in cui un atto va redatto, dai termini da rispettare, dai poteri, doveri e facoltà delle parti processuali e del giudice con riferimento: 1) dalla allegazione alla domanda dei fatti, delle eccezioni che sono poste a fondamento della domanda stessa. 2) La tipicità deui mezzi di prova precostituiti o costituendi, la predeterminazione delle modalità di assunzione delle prove, e la determinazione dei doggetti per la quale iniziativa possono essere assunte le prove nel giudizio. 3) I termini che le parti devono rispettare, nelle tre fasi del processo, preparatoria,istruttoria e decisoria., ùe alle .e B. Dalla realizzazione piena del contraddittorio anticipato, dando così la possibilità alle parti prima della decisione, di fare valere tutte le proprie difese. La sentenza in giudicato formale, viene attribuita la autorità di cosa giudicata sostanziale, che ha valore fra le parti e gli eredi o aventi causa. In definitiva il processo a cognizione piena mira all’accertamento della verità ed al raggiungimento della certezza. 174 1.3. Connotati della cognizione sommaria. Accanto al processo a cognizione piena il nostro ordinamento riconosce una miriade di processi, che sono definiti sommari, e che presentano deviazioni allo schema processuale sopra esposto. Lo svolgimento del processo sommario può seguire due strade: Il processo sommario, deroga alla regola principale del processo a cognizione piena, in quanto in questo processo il contraddittorio viene anticipato prima della sentenza. Nel processo sommario, il giudice emette una sentenza, ma senza rispettare il contraddittorio, solo sulla base della domanda dell’attore e dei fatti costitutivi della domanda, mentre il convenuto non potrà allegare i fatti, impeditivi modificativi o estintivi. Un’altra deviazione al processo a cognizione piena è data che si può eseguire il contraddittorio in via anticipata, o meglio prima della decisione del giudice, ma questa anticipazione di contraddittorio non è determinato dalla legge ma è un potere discrezionale del giudice, e quindi la tutela sarà sommaria, non perché parziale ma superficiale. Il processo sommario può concludersi con diversi tipi di sentenza: provvedimenti sommari non cautelari ed hanno la stessa utilità o equivalenti ad una sentenza emessa al termine di un processo a cognizione piena. Provvedimenti sommari cautelari che sono provvedimenti inidonei a dettare una disciplina immutabile al diritto controverso, ma che assicurano una tutela provvisoria. Questo tipo di processo, non mira alla certezza, ma alla verosimiglianza ed alla probabilità. La differenza tra i due tipi di processi è la seguente: Il processo a cognizione piena è regolato da schemi di procedura predeterminati dalla legge e minuziosi, e rappresenta la regola del processo. Processo sommario è caratterizzato da regole semplificate, e la gestione del processo è rimessa alla discrezionalità del giudice, per permettere una accelerazione dell’intervento giurisdizionale. Quindi rappresenta un’eccezione del sistema processuale, ma non per questo meno valido. 1.3.1. Esigenze soddisfatte dalla tutela sommaria: economia di giudizi. Il processo sommario soddisfa le seguenti esigenze: esigenza di economia di giudizi, ossia evitare il costo di un processo a cognizione piena, quando non è giustificato in relazione ad una contestazione effettiva. Esigenze di evitare l’abuso di diritto di difesa, usato dal convenuto per prolungare un giudizio per la quale sa di avere torto. Effettività di tutela, ogni volta questa tutela possa essere compromessa dai tempi fisiologici del processo a cognizione piena. Il processo a cognizione piena è un processo che materialmente ha un costo altissimo, e quindi andrebbe evitato quando manchi una contestazione effettiva ed il diritto è disponibile dalle parti. Per questo motivo e per evitare di ingorgare la giustizia con processi inutili il legislatore, ha predisposto che in presenza di titoli esecutivi di formazione stragiudiziale, non si debba mettere in moto un processo a cognizione piena, ma applicare una tutela sommaria ed avviare la fase esecutiva. 175 Fanno parte di questo tipo di titoli: la cambiale in regola con il bollo. la scrittura privata autenticata. l’atto pubblico. le ordinanze che irrogano sanzioni amministrative. Con un titolo esecutivo, il debitore che non voglia pagare, o perché il titolo di credito abbia dei problemi , potrà opporsi al provvedimento di esecuzione. Basti pensare ad esempio alla cambiale, che è gia un titolo esecutivo di per se, il debitore che non la paga, in via generale, è perché non ha voglia di pagarla. La tecnica mediante la quale si mette in moto l’esecutorietà di tali titoli di credito è il procedimento monitorio, consiste nell’ottenere una sentenza di condanna che imponga al debitore di pagare. La domanda viene posta dal creditore che ottiene tale provvedimento esecutorio. In questo caso non vi è stato il contraddittorio, ed è un provvedimento emesso inaudita altera parte. Il procedimento monitorio può essere sottoposto a due tipi di condizioni, sospensivo, e risolutivo: monitorio puro, ( condizione sospensiva). L’efficacia di questo provvedimento può essere e vincolato alla non contestazione del debitore, se invece contesta si passa al successivo procedimento. Monitorio documentale ( condizione risolutiva) dovuta alla eventuale opposizione da parte del debitore. Si fa inoltre ricorso al processo sommario, quando in presenza di diritti disponibili, vi è il riconoscimento e la non contestazione della domanda, ed anche nell’ipotesi di contumacia del convenuto. 1.3.2. Segue: evitare l’abuso del diritto di difesa. Il ricorso alla tutela sommaria, così come il legislatore l’aveva predisposto era per evitare l’abuso dei mezzi di difesa da parte del convenuto. Vi è inoltre l’ipotesi in cui nel processo a cognizione piena, dove risultano controversi, sia i fatti costitutivi, che i fatti modificativi, impeditivi o estintivi, e poiché l’onere della prova vale sia per il convenuto che per l’attore, una volta raggiunta la prova sui fatti costitutivi si può prendere in considerazione l’emanazione di un provvedimento di condanna, e della deliberazione della inesistenza dei fatti impeditivi modificativi o estintivi, con l’emissione di un provvedimento di titolo esecutivo in forma forzata che possa dare vita ad un procedimento di esecuzione. Il debitore d’altro canto potrà continuare a difendersi ed a promuovere i fatti delle sue eccezioni. E’ la tecnica con della condanna con riserva delle eccezioni. 1.3.3. Segue effettività della tutela. L’ultima esigenza alla base della tutela sommaria e la sua effettività. Poiché i tempi del processo a cognizione piena sono decisamente lunghi il ricorso alla tutela sommaria, può avere luogo per due motivi: Durante il processo a cognizione piena potrebbero esservi dei fatti o atti idonei che potrebbero rendere inutile la sentenza esecutiva ad esempio la distruzione del bene o la dispersione della garanzia patrimoniale. Oppure quando si è alla presenza di diritti indisponibili, che sono i diritti di libertà, ( quali diritto agli alimenti, mantenimento ecc) e che la durata del processo a cognizione piena sarebbe fonte di un grave pregiudizio non risarcibile ex post. Per aversi l’effettività della tutela sommaria nelle ipotesi su citate, occorre mettere in atto questo tipo di tutela a scapito del processo a cognizione piena. Si passa ora ad esaminare tutti i provvedimenti di tutela sommaria, che sfociano in un provvedimento immutabile del diritto, o meglio provvedimenti sommari non cautelari . 176 2. IL PROCEDIMENTO DI INGIUNZIONE 2.1. Premessa. Procedimento monitorio puro e documentale. Il procedimento d’ingiunzione è un procedimento monitorio, che svolge la funzione di evitare il costo di un processo a cognizione piena, quando però non vi sia una contestazione effettiva da parte del convenuto. Il giudice emana un provvedimento di condanna senza aver eseguito il contraddittorio e sposta al convenuto, la decisione attraverso l’opposizione se iniziare un processo a cognizione piena.Vi sono due tipi di modelli: il procedimento monitorio puro, è caratterizzato dal fatto che la domanda è fondata su fatti meramente affermati ma che non sono provati in alcun modo. Il provvedimento emanato senza il contraddittorio sarà sospensivamente condizionato, o meglio diventerà efficace solo se la controparte nei termini stabiliti non si opporrà, solo a quel punto tale provvedimento acquisirà efficacia. Il procedimento monitorio documentale si basa sulla circostanza che il fatto proposto nella domanda è provato documentalmente, il provvedimento emanato dal giudice senza il contraddittorio, sarà fondato sulla prova fornita dall’attore del documento, e quindi la sentenza sarà risolutivamente condizionato, che può essere anche dichiarato provvisoriamente esecutivo. In caso di opposizione proposta dal debitore, la provvisoria esecuzione potrà sopravvivere sino alla sentenza del processo di cognizione piena e successivamente dopo di questa. 2.2. Il modello italiano. Il modello italiano è contenuto nell’art. 633 c.p.c. che è la trascrizione di diverse leggi, e costituito da una ibrida fusione tra i due modelli il monitorio puro e quello documentale. Il legislatore ha predisposto che la domanda può essere fondata o su fatti provati documentalmente, o anche in ipotesi di fatti meramente affermati dall’attore, e li ha assoggettati ad un unico schema. Pertanto il provvedimento emanato in assegna di contraddittorio, non perde efficacia in seguito all’opposizione ma dall’accoglimento dell’opposizione stessa. Tale provvedimento può essere dichiarato provvisoriamente esecutivo, e tale provvedimento può sopravvivere sia all’opposizione che al giudizio di primo grado instauratosi a seguito dell’opposizione del convenuto. 2.3. I requisisti speciali di ammissibilità 2.3.1. I requisisti relativi all’oggetto. Il procedimento d’ingiunzione ha una notevole importanza pratica, è un processo tipico, e si può utilizzare solo quando sussistono requisiti speciali, che sono richiesti dal legislatore, e sono requisiti ulteriori rispetto ad i requisiti generali e extraformali del processo. I requisiti indicati dall’art. 633 si dividono in requisiti relativi all’oggetto, e requisiti relativi alla documentazione. Sono requisiti relativi all’oggetto: si può ricorrere al procedimento d’ingiunzione ed è limitato alle sole azioni di condanna, tutti i diritti che possono costituire oggetto e sono: 1) Il diritto di credito ad una somma di denaro liquida ed esigibile ( esclusi i crediti derivanti da fatto illecito), sono inclusi gli interessi moratori e il maggior danno determinati ex lege. 2) Il diritto alla consegna di una determinata quantità di cose fungibili, individuate nel genere dal creditore che deve anche indicare una somma di danaro corrispondente al valore di mercato che è disposto ad accettare. 3) Diritto alla consegna di cosa mobile determinata. 177 2.3.2. I requisiti relativi alla documentazione. Una volta individuato il diritto oggetto del procedimento per ingiunzione vanno individuati quali sono gli elementi probatori allegati alla domanda che devono essere forniti dall’attore per l’accoglimento della domanda. Va precisato che non siamo alla presenza delle prove intese come nel processo a cognizione piena ma l’art. 633, dispone i requisiti delle prove, ma nello stesso tempo deroga alle norme previste per le prove del processo a cognizione piena. all’art. 633. comma 2: - punto n. 1) deve darsi prova scritta del diritto: in questa affermazione non è la prova scritta intesa dell ‘art. 2699, quando parla dell’atto pubblico e del 2702, ma vi è una deroga prevista dall’art. 634 che sancisce che sono prova scritta le polizze, le promesse unilaterali per scrittura privata ed i telegrammi. Ulteriore deroga all’art. 2710 è rappresentato dal comma 2 del 634, in quanto stabilisce che i crediti relativi alle forniture di merci e per prestazioni di servizi fatte da imprenditori, sono prove scritte anche gli estratti autentici delle scritture contabili, anche se si vanta un credito nei confronti di una persona che non è imprenditore. - Al punto n.2 e 3) si qualificano i crediti in base ai soggetti che ne sono titolari. Per i crediti relativi a prestazioni professionali la domanda deve essere accompagnata dalla parcella, e se l’ammontare non è determinato sulla base delle tariffe obbligatorie occorre che vi sia una valutazione di congruità, da parte del Consiglio dell’ordine. Così sono anche prove le parcelle giudiziarie come stabilito al punto. 2. va polemizzato che questi due punto anno tutta l’aria di costituire un trattamento di favore per queste categorie. Tutti questi requisiti e quindi le relative domande possono essere dichiarate provvisoriamente esecutive (642 e 648 ) e vengo meno solo a seguito dell’opposizione. Vi è infine un problema di grossa rilevanza nella ricostruzione del procedimento d’ingiunzione se gli elementi di documentazione degli art. 634 e 636 debbano essere considerati prove o requisiti formali: se sono considerati requisiti formali, il giudice accertato che sussistano i requisiti deve rilasciare il decreto ingiuntivo. Inoltre se sono considerati requisiti formali, si è alla presenza di norme eccezionali, che però non sono estensibili in via analogica se sono considerate prove la domanda proposta non potrà essere accolta, in quanto il giudice deve valutarli secondo il suo prudente apprezzamento. La crisi profonda del processo a cognizione piena ha indotto la giurisprudenza ad allargare l’oggetto ed i requisiti inserendo anche nelle prove scritte la fattura e la bolla d’accompagnamento, a volte anche dichiarazioni o scritture contenente dichiarazioni di terzi. 2.4. Il procedimento 2.4.1. La fase preparatoria. Il procedimento è descritto dagli art. 638-640-641: il ricorso è l’atto introduttivo, deve avere oltre ai requisiti generali perv.art. 125, ed oltre al contenuto, anche: l’indicazione delle prove che si producono. L’indicazione del procuratore che ricorre, oppure se è ammessa la costituzione personale, la dichiarazione di residenza o l’elezione del domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito. In difetto possono essere fatte le notificazioni presso la cancelleria Se la domanda riguarda cose fungibili, deve contenere la dichiarazione della somma di denaro che il ricorrente sarebbe disposto in mancanza della prestazione in natura. Il ricorso deve essere depositato presso la cancelleria, insieme con i documenti che si allegano, i documenti allegati non possono essere più ritirati, sino al termine stabilito nel decreto ingiuntivo, questo per permettere alla parte avversaria di guardare i documenti e decidere se proporre opposizione. 178 2.4.2. La fase istruttoria. Il procedimento per ingiunzione è un procedimento sommario, e la fase istruttoria è estremamente ridotta. Una volta depositato il ricorso, il giudice prende cognizione del fascicolo contenente il ricorso ed i documenti. E’ una cognizione che ha per oggetto solo i fatti allegati dal ricorrente, quindi è priva di contraddittorio, è una cognizione sommaria, e quindi superficiale. 2.4.3. La fase decisoria. Il giudice nell’esaminare la questione ha diverse possibilità: 1) se ritiene insufficientemente giustificata la domanda, o perché la documentazione non rientra negli art. 634-636, o perchè ritiene che i mezzi probatori non sono idonei a provare la controprestazione, dispone che il cancelliere dia notizia al ricorrente, invitandolo a reintegrare le prove a) se si tratta di domanda di cose fungibili e ritiene che la somma richiesta non sia congrua chiede al ricorrente di produrre un certificato della Camera di Commercio, dal quale risulti il prezzo delle cose. b) Se il ricorrente non risponde all’invito, o non ritiri il ricorso, o la domanda non sia accoglibile, il giudice rigetta la domanda con decreto motivato Tale decreto non pregiudica la riproposizione della domanda in quanto non ha valore di accertamento negativo del diritto. 1) Se il giudice ritiene che sussistano le condizioni con decreto ingiunge all’altra parte o di pagare il prezzo, o di consegnare la cosa o di pagare la somma che il creditore è disposto ad accettare. Il termine di adempimento è di 40 giorni, con avvertimento che il convenuto può presentare opposizione, oppure adempiere, e se non adempie si procederà ad esecuzione forzata. Il decreto ingiuntivo non è provvisoriamente esecutivo, ma il giudice può attribuirgli tale efficacia: se il credito è fondato su cambiale, assegno circolare, certificato di borsa, atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato. Se vi è pericolo di grave pregiudizio nel ritardo, ( si intende quando vi è l’ipotesi che il debitore sia in caso di impossidenza, o che possa disperdere il patrimonio), ma in questi casi il giudice può imporre una cauzione. Il decreto ingiuntivo esecutivo è titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Il ricorrente deve notificare al debitore per copia autentica e secondo le norme generali, il ricorso ed il decreto di accoglimento, entro il termine di 60 giorni dalla pronuncia. La notificazione determina la pendenza della lite. Se la notificazione non avviene entro il termine di 60 giorni diventa inefficace, il debitore può chiedere tale inefficacia o proporre opposizione. 2.5. Il giudizio di opposizione. L’opposizione è la forma tipica di impugnazione del decreto di ingiunzione. L’opposizione si propone con atto di citazione, se è soggetta al rito ordinario, con il ricorso se la controversia è soggetta al rito del lavoro. A seguito dell’opposizione diventa un processo di primo grado ed a cognizione piena, i termini di comparizione sono però ridotti a metà. In questo tipo di atti le parti risultano invertite. E solo un’inversione formale che non comporta inversione dell’onere della prova, che graverà sul creditore opposto. 179 Se al termine del giudizio, residuano dei dubbi circa i fatti costitutivi, l’opposizione sarà accolta, ed il giudizio si concluderà con una sentenza dichiarativa dell’inesistenza del credito. L’opposizione ha una doppia funzione è un giudizio che ha per oggetto l’accertamento sulla esistenza o meno del credito. Ma è anche un giudizio di impugnazione in senso tecnico. Se il decreto ha dei difetti dei requisisti speciali di ammissibilità, non è pero di ostacolo alla decisione sul fondamento della domanda dedotta in giudizio, proposta dall’opponente. Se invece la nullità derivi da uno dei requisiti generali di ammissibilità quali ad esempio l’incompetenza la mancanza di legittimazione ecc. il giudizio di opposizione si concluderà con una sentenza di mero rito. Nel corso del giudizio di opposizione può avvenire: A. Il giudice nel corso della prima udienza di comparizione, con ordinanza può emettere la provvisoria esecutorietà del decreto d’ingiunzione, se l’opposizione non è fondata su prove di pronta soluzione ( si intende prove che possono essere acquisite nell’ambito della stessa udienza) a meno che non sia stata già concessa. Oppure può accadere che il creditore offra una cauzione per l’ammontare delle eventuali restituzioni spese e danni, ed a questo punto il giudice conceda la provvisoria esecutorietà e successivamente si può iscrivere ipoteca giudiziale. Dove i fatti costitutivi del credito siano provati documentalmente la concessione della provvisoria esecutorietà è giustificata. Non è invece giustificata quando il creditore non è riuscito a dare a pieno tale prova. In sintesi la provvisoria esecutorietà viene concessa: se i fatti costitutivi del credito sono provati mediante prove documentali in senso tecnico e non sono contestati dall’opponente. Le eccezioni dell’opponente non sono fondate su prova scritta, o non sono di pronta soluzione. La norma del 648, prevedeva che il giudice dovesse concedere la provvisoria esecutorietà quando il creditore offriva la cauzione, con sentenza della Corte costituzionale il deve è stato sostituito con il può e quindi è un potere del giudice, che deve accertare superficialmente l’esistenza dei fatti costitutivi, ed il fumus dei fatti modificati, impeditivi ed estintivi. B. C. L’opponente chiede al giudice la sospensione della provvisoria esecutorietà. Con questo si riequilibrano le posizione delle parti ed il principio del contraddittorio. Ma questo tipo di sospensione non è revoca comunque per la cancellazione della ipoteca giudiziale. Se il processo si estingue per inattività delle parti ai sensi art. 653, la sentenza del decreto ingiuntivo e la provvisoria esecutorietà diventano sentenza che acquista efficacia esecutiva. D. Il giudizio di opposizione si possa concludere: Il giudice può respingere l’opposizione presentata dall’opponente, per cui dichiara la legittimità del decreto e l’esistenza del diritto, il decreto diventa immutabile art. 653.1, ed il titolo esecutivo è costituito proprio dal decreto ingiuntivo. Il giudice può accogliere l’opposizione, con una sentenza dichiarativa della inesistenza del diritto, il decreto è eliminato dal mondo giuridico. Il giudice può accogliere parzialmente l’opposizione. Con una sentenza che dichiara l’illegittimità del decreto e l’esistenza del diritto. Oppure la legittimità del decreto e l’esistenza del diritto fatto valere in giudizio, ma per un quantum diverso, in questo caso il decreto resta efficace ma per un importo o quantum diverso. 180 2.6. Mancata opposizione. Se entro il termine stabilito dall’art. 641 non sia proposta opposizione, il giudice che ha pronunciato il decreto lo dichiara esecutivo. Il giudice comunque, deve ordinare la rinnovazione della notificazione, quando risulta o appare probabile, che l’intimato non abbia avuto conoscenza del decreto. Vi è la dichiarazione di esecutività anche quando il debitore non si sia costituito. 2.7. Altri mezzi di impugnazione ed efficacia di giudicato. Il decreto divenuto esecutivo può: Essere impugnato con revocazione art. 395.1.2.5.6 Con l’opposizione di terzo art. 404, in pregiudizio dei diritti del terzo Con l’opposizione tardiva art. 650, per mancata tempestiva conoscenza del decreto a causa o di irregolarità nella notificazione, o per caso fortuito, o per forza maggiore. L’opposizione non è più ammessa decorsi dieci giorni dal primo atto di esecuzione del decreto ingiuntivo. Il decreto quando è immutabile è perchè è affine alla sentenza passata in giudicato, e pertanto poiché è equiparata a questo regime l’unico mezzo di impugnazione è proprio l’impugnazione. 3. IL PROCEDIMENTO DI CONVALIDA DI SFRATTO. 3.1. Premessa: struttura e funzione nella disciplina positiva vigente. Il processo a cognizione piena, viene applicato quando vi è una pretesa contestata, quando invece siamo alla presenza di una mera pretesa insoddisfatta, vi sono delle tecniche alternative, che permettono di raggiungere il risultato ma con meno dispendio sia di attività processuali, proprio in funzione della economia processuale. Il procedimento di convalida di sfratto è un procedimento speciale di cognizione: Sul piano strutturale, questo procedimento speciale attua sia le forme che la garanzia del processo a cognizione piena. Infatti il convenuto è regolarmente citato, ed al termine il giudice emetterà una ordinanza di convalida di sfratto, ma che avrà lo stesso valore della sentenza quindi un accertamento immutabili in tutti i giudizi tra le parti 663. Sul piano funzionale questo procedimento speciale viene applicato per motivi di economia processuale, ed anche per volontà politica di fornire il locatore di un titolo esecutivo. Differente invece è l’ordinanza immediata di rilascio 665, che mette nelle condizioni il locatore attore di disporre di un titolo esecutivo, ma nello stesso tempo per il convenuto che abbia manifestato la volontà di proseguire il processo in una cognizione piena. Questo provvedimento di condanna con riserva delle eccezioni presentate dal convenuto. 3.2. Ambito applicativo del procedimento per convalida di sfratto. Questo tipo di processo è un processo tipico ed è disciplinato dagli art. 657 e 658. Vediamo l’ambito di applicazione della disciplina. Il nostro ordinamento ha previsto per i contratti ad uso abitativo i contratti di locazione a canone libero legge 431/1998, che hanno come durata quattro anni rinnovabili per altri quattro anni., salvo la disdetta per i giusti motivi previsti all’art. 3 della stessa legge. Alla seconda scadenza il locatore può comunicare al conduttore che non intende rinnovare il contratto nemmeno a nuove condizioni, mediante raccomandata ar inviata sei mesi prima della scadenza del contratto. 181 Per i contratti a canone vincolato la durata non può essere inferiore a tre anni rinnovabile per altri due. Alla scadenza del periodo di proroga il locatore può comunicare mediante raccomandata a.r. lettera di disdetta entro 6 mesi prima della scadenza del secondo rinnovo. i contratti di locazione ad uso non abitativo legge 392/1978 contiene analoga disciplina Il codice prevede diversi modi in cui il locatore possa agire per ottenere la restituzione dell’immobile. L’art. 657 comma 1 prevede che il locatore intima mediante la raccomandata l’intenzione di non rinnovare il contratto ( neanche a nuove condizione) ma contestualmente cita il conduttore innanzi al giudice per ottenere un provvedimento di condanna ( in futuro) al rilascio dell’immobile locato, che diverrà esecutivo alla scadenza del contratto. Si evincono due particolarità da questo modo di procedere: - la licenza per finita locazione è un atto sostanziale di disdetta. - La citazione contestuale è un atto processuale che mira a premunirsi di un provvedimento con efficacia esecutiva che viene azionata alla scadenza del contratto. L’art. 657 comma 2 prevede un’altra ipotesi. Il locatore ha disdettato il contratto. Alla scadenza il conduttore non lo restituisce. Il locatore intima al conduttore lo sfratto, e lo cita per ottenere un provvedimento di condanna al rilascio. L’art. 658 prevede l’intimazione di sfratto per morosità, questo articolo deroga dalla disciplina dell’art. 1455 e 53 del c.c. e ne attua una diversa. Il conduttore che sia in ritardo nel pagamento del canone. Questa disciplina permette al locatore di intimare lo sfratto. - Con la citazione il locatore mira, al pagamento del canone o delle spese condominiali, ed a ottenere così una risoluzione del contratto. - Un provvedimento di condanna al rilascio dell’immobile. 3.3. Il procedimento 3.3.1. La fase introduttiva. Il giudizio sia che si attui il 657 o il 658. si redige atto di citazione che deve avere i requisiti previsti al 125, più il requisito dell’art. 660.3. la competenza è del Tribunale. L’intimazione deve contenere la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio da parte del locatore nel comune dove ha sede il giudice adito, altrimenti gli atti potranno essere notificati presso la cancelleria. Tra il giorno della notificazione e l’udienza non devono essere inferiori di 20 giorni. L’intimazione deve essere notificata. Se la notificazione non è stata intima in mani proprie, si può notificare a mezzo raccomandata. 3.3.2. L’ordinanza di convalida ex art. 663. Nel momento in cui avviene la licenza di intimazione dello sfratto ( 657.1.2 – 658). Si possono verificare diverse ipotesi: a. non compaia il locatore ( il processo si estingue ma prevalgono la disdetta dell’atto di citazione). b. non compaia il conduttore il giudice può disporre la rinnovazione della notificazione quando risulta o appare probabile che l’intimato non abbia avuto conoscenza della citazione o non sia potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore. Il processo si conclude in forme semplificate, al posto della sentenza vi è un’ordinanza esecutiva. L’ordinanza di convalida di sfratto ha la stessa attitudine del giudicato sostanziale, e questo lo si desume dall’art. 669. la mancata costituzione del convenuto da vita alla ficta confessio, e quindi ad ammissione, il 182 giudice si limiterà a valutare i fatti allegati dall’attore e sulla base di questo emettere la sentenza. c. il conduttore compaia ma non sollevi contestazioni. Come al B ma la sua non contestazione ha carattere definitivo.ta d. Che il conduttore compaia e si opponga. Il processo prosegua nelle forme del processo a cognizione piena. Anche in questo caso come nel processo d’ingiunzione questa facoltà è rimessa al conduttore Nello sfratto per morosità il locatore per ottenere la convalida deve attestare in giudizio o personalmente o mediante il suo procuratore che la morosità persiste, ed il giudice può imporre una cauzione per danni e spese. Infine il locatore può chiedere al giudice, il decreto d’ingiunzione per i canoni scaduti e le spese. Questo decreto è immediatamente esecutivo e può essere soggetto ad impugnazione. Il soggetto che si oppone toglie efficacia al decreto ma il contratto è comunque risolto.,le ni Qualora il convenuto non compaia può comunque opporsi ai sensi del 668, dimostrando di non averne avuto notizia, o per caso fortuito o forza maggiore, e comunque non può più opporsi se sono decorsi più di 10 giorni dalla esecuzione. Attraverso questo sistema si punta ad una remissione in termini per poter esperire l’opposizione, ed una vera e proprio impugnazione. Questo tipo di procedimento disciplinato dagli art. 657 e 658 è un tipico processo tipico è si può applicare tassativamente a quanto previsto negli articoli, in difetto si avrebbe una violazione di legge. 3.3.3. L’ordinanza immediata di rilascio dell’art. 665 c.p.c. L’ordinanza immediata di rilascio è disciplinata dall’art. 665. Ove il conduttore compaia e contesti il diritto del locatore, ma tale contestazione non si fonda su prova scritta. Il locatore, con istanza può chiedere al giudice di emettere comunque l’ordinanza e riservarsi le eccezioni. La sentenza pronunciata dal giudice e immediatamente esecutiva, ma può anche essere subordinata alla prestazione di una cauzione Questo ordinanza non definisce il giudizio per due ragioni: sul piano strutturale, essa costituisce la figura tipica della condanna con riserva delle eccezioni del convenuto, e successivamente il giudice valuta se accogliere o meno le eccezioni sollevate dal convenuto. Sul piano funzionale è una tipica applicazione della tutela sommaria, per evitare l’abuso dell’eccesso di difesa. Va precisato che questa disposizione lascia aperto lo spazio a numerose lacune. La corte di cassazione recentemente si è pronunciata sui numerosi dubbi stabilendo che nel momento in cui il giudice statuisce sulle eccezione il provvedimento mantiene unicamente efficacia esecutiva. 3.4. Il regime delle impugnazioni. Il regime delle impugnazione e applicabile sia nel caso di violazione di legge processuale che di legge sostanziale. Ma non sono di agevole soluzione in quanto, tale provvedimento è non impugnabile. 183 3.5. Considerazioni conclusive: differenze tra il decreto ingiuntivo e la convalida di sfratto. Il decreto ingiuntivo è un provvedimento emanato in mancanza di iun contraddittorio anticipato, mentre la convalida di sfratto applica il contraddittorio in quanto il convenuto è citato e convocato. 4. LA CONDANNA CON RISERVA 4.1. Funzione e struttura della condanna con riserva. Il processo a cognizione piena e decisamente lungo, a volte il convenuto può mettere in atto dei sistemi per allungare ulteriormente tali termini, mette in atto quella che si chiama abuso di difesa. In questi casi si può chiedere al giudice di emettere una sentenza di condanna con riserva. Per poter emettere questo tipo di sentenza il giudice deve accertare solamente i fatti costitutivi, e successivamente emettere il provvedimento che diviene immediatamente esecutivo, mentre rinvia ad una fase processuale successiva la cognizione in merito alle eccezioni del convenuto, l’efficacia del provvedimento è comunque condizionata all’accoglimento delle eccezioni. Questo è un tipo di tutela sommaria e parziale in quanto va a danno del convenuto, che ha bisogno della fase di prosecuzione del processo per accertare i fatti impeditivi modificati o estintivi. Questo tipo di tutela comporta non pochi problemi, anche se è molto ambita dal creditore in quanto offre una esecuzione anticipata, rispetto alla esecuzione piena sul merito della controversia. Vi è una sua pericolosità intrinseca. Innanzitutto la compressione del diritto di difesa e del contraddittorio tutta a vantaggio del creditore. Numerose questioni di illegittimità costituzionale sono state sollevate in merito a questo tipo di condanna, ma la Corte costituzionale si è pronunciata in senso negativo, in quanto non vi è il dovere ma il potere da parte del giudice di applicare questo tipo di condanna, e poi un ulteriore elemento di applicazione e quando in prima battuta le prove presentate dal convenuto sembrano infondate. In definitiva elementi fondamentali per l’applicazione sono: la prova piena o la non contestazione dei fatti costitutivi del diritto azionato. La deliberazione sommaria circa l’infondatezza delle eccezioni sollevate dal convenuto. 4.2. Ipotesi tipiche di condanna con riserva. Nell’ambito dell’ordinamento italiano, queste sono ipotesi tipiche di condanna con riserva. Si trova fondamento di questa tipicità nell’art. 1462, muovendo dalla autonomia contrattuale, un diritto di una parte può essere compresso a favore dell’altra. In questo caso le eccezioni sollevate dal convenuto, possono essere compresse a favore del creditore adempiendo la obbligazione sempre che a prima facie le eccezioni sembrino infondate. Un ulteriore tipicità si trova nell’art. 35 c.p.c. e ne prevede due possibilità: il titolo dell’attore non controverso il titolo dell’attore facilmente accertabile in tutte e due queste ipotesi il contro credito del convenuto sia contestato in quanto ecceda la competenza del giudice adito. In questo caso il giudice può rimettere la causa al giudice competente per valore, ma pronunciare anche una sentenza di condanna con riserva sul credito fatto valere in via principale. Art. 36 c.p.c. si riferisce alle cause riconvenzionali, e fa espresso richiamo alla norma precedente. 184 Rientrano ancora in ipotesi di condanna con riserva la cambiale e l’assegno, nonchè l’ordinanza immediata di rilascio di immobile locato prevista dal 665. vi sono ulteriori ipotesi dove si possono applicare il provvedimento di condanna con riserva, nel caso dell’enfiteuta, e nell’esecuzione forzata. Va comunque ribadito che il legislatore ritiene che sia doveroso da parte del giudice applicarle quando: i fatti costitutivi siano non contestati o pienamente provati le eccezioni siano di lunga indagine e appaiono a prima facie infondate. Questo tipo di provvedimento può essere emesso sia in forma di ordinanza che di sentenza. La sentenza di condanna appartengono alla specie di sentenza e sono destinate a sopravvivere anche al giudizio relativo alle eccezioni. Le ordinanze di condanna con riserva si consolidano in presenza di estinzione del giudizio di opposizione. Mentre è incerta l’ordinanza nel merito dell’art 665, secondo l’orientamento della cassazione in ipotesi di estinzione del processo sopravvive la sua esecutorietà. 5. due esempi di ricorso alla tecnica della tutela sommaria non cautelare per esigenze di effettività della tutela giurisdizionale. 5.1. procedimento ex art. 148 c.c. 5.1.1. esigenze di effettività. Gli art. 147 e 148 del c.c. rubricano i doveri verso i figli e l’obbligo dei genitori ed in mancanza di questi gli ascendenti legittimi o naturali di mantenere la prole. Per vedere soddisfatto questo tipo di tutela se si applicasse il processo a cognizione piena, visto la durata comporterebbe una mancata soddisfazione della tutela ed un danno irreparabile, per questo vengono disposte forme di tutela urgente, che intervengono sulla violazione e ne evitano la ripetizione. 5.1.2. struttura scelte di diritto sostanziale e processuale per la tutela del diritto al mantenimento. Per risolvere il problema posto al punto primo si applica la tutela prevista dal 148.2c.c. qualora chi dovrebbe provvedere al mantenimento non adempia con istanza al tribunale, nella forma del decreto ingiuntivo si chiede tutela sommaria, per ottenere la condanna dell’inadempiente al pagamento del mantenimento. La condanna sommaria verrà notificata al debitore, ma anche al terzo debitore, che per liberarsi dall’obbligazione dovrà pagare al creditore principale. Il debitore potrà sempre impugnare tale decreto, ma questo rimarrà esecutivo sino al termine del processo di cognizione piena. 5.2. il procedimento di repressione della condotta antisindacale ex art. 28 legge 300/70 5.2.1. procedimento. Il legislatore degli anno 70 ha messo a punto a tutela del diritto di libertà sindacale ed al fine di ottenerne la effettività un procedimento sommario. E’ un procedimento speciale che assicura una tutela giurisdizionale effettiva in caso di violazione. Per poter aversi il ricorso al provvedimento il datore di lavoro deve aver violati i diritti di libertà sindacale ed il diritto di sciopero. Sono legittimati ad agire gli organismi delle associazioni nazionali che vi hanno interesse. L’atto introduttivo è il ricorso e va presentato al tribunale del luogo ove ha avuto luogo il comportamento denunciato. 185 Il giudice convocate le parti e assunte sommarie informazione entro il termine di due giorni pronunci un decreto motivato, questo è un termine ordinatorio. Le parti verranno convocate o mediante la notificazione del ricorso, oppure visto i tempi brevi anche per via telefonica o telegrafica. Questo procedimento è atipico sia per quanto riguarda l’instaurazione del contraddittorio, sia per quanto riguarda l’atipicità delle prove. Il decreto di accoglimento sarà nell’ordine di cessazione del comportamento illegittimo e nella rimozione degli effetti. Il decreto e immediatamente esecutivo la sua attuazione è assicurata sia dall’esecuzione forzata ma anche da una sanzione penale. A questo decreto si può promuovere opposizione entro il termine di quindi giorni dalla comunicazione del provvedimento, questa fase non sospende l’efficacia del provvedimento sino alla conclusione del processo a cognizione piena che sarà nelle forme del rito del lavoro. 5.2.2. considerazioni sulle scelte tecniche dell’art. 28. Le particolarità di questo provvedimento sono: A. attribuzione ad un soggetto collettivo, il sindacato. Se il comportamento antisindacale e plurioffensivo, questo tipo di tutela sommaria, non si può applicare, ma si applicherà alla eventuale opposizione mediante l’uso della continenza. , B. specialità delle regole processuali. E’ che un procedimento sommario in contraddittorio, che ha l’attitudine a dettare una disciplina immutabile. C. adozione di un particolare strumento sanzionatorio. Che ha due scopi ben precisi, ha una funzione repressiva che tende ad eliminare gli effetti della violazione, e la funzione preventiva ad ottenere l’adempimento spontaneo e futuro da parte del datore di lavoro. 6. I provvedimenti anticipatori di condanna emanabili nel corso del processo a cognizione piena. 6.1. Premessa. Con l’introduzione dei nuovi articolo 186 bis e 186 ter sono stati introdotti due tipi di provvedimenti anticipatori di condanna: l’ordinanza per il pagamento delle somme non contestate e l’ordinanza di ingiunzione. Nel 1995 è poi stato introdotto un ulteriore articolo il 186 quater che non è un provvedimento di tutela sommaria, come i precedenti due ma un provvedimento anticipatorio a cognizione piena. 6.2. l’ordinanza di pagamento delle somme non contestate ex art. 186 bis. 6.2.1. in generale un articolo simile al 186 bis esisteva sia nel rito speciale del lavoro art. 423, oppure il procedimento di convalida di sfratto 663 ecc. con l’introduzione di questo nuovo articolo si aggiunge all’interno del processo a cognizione piena la richiesta e successivamente la formazione di un titolo esecutivo ( sentenza) per permette all’attore di avere il pagamento delle somme non contestate, e questo prima che la controversia arrivi al termine. Importanza dell’articolo sono: a. oggetto del provvedimento di condanna sono solo il pagamento delle somme non contestate, e non anche altri adempimenti derivanti da obbligazioni. b. Che per poter ottenere il provvedimento occorre: b.1 l’istanza di parte. b.2 La non contestazione proveniente dalle parti costituite. 186 c. Questo provvedimento può essere chiesto sino alla udienza per le precisazioni delle conclusioni. d. Efficacia del provvedimento è dato dal fatto che costituisce esecutivo, ma non per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. e. E’ una ordinanza sempre revocabile, e quindi non potrà mai pregiudicare la decisione della causa, e potrà essere modificata e revocata sia da parte del giudice istruttore, o eventualmente dal collegio. Questo tipo di provvedimento può essere emanato solo se non vi è contestazione da parte delle parti regolarmente costituite. Non si può applicare in caso di contumacia. In caso di estinzione del processo egli resta efficace. 6.2.2. i presupposti. L’art. 186 bis parla di non contestazione di somme, si deve individuare qual è l’oggetto, di questa norma. Vi sono due interpretazioni: se la non contestazione sia dovuta all’oggetto del diritto, e quindi il provvedimento sarebbe un vero e proprio riconoscimento della domanda. Se invece la non contestazione sia dei fatti costitutivi, e quindi la verifica in iure da parte del giudice possa ammettere tale provvedimento sulla sola base dei fatti affermati dal convenuto. Si desume in definitiva che la non contestazione sia: 1. La non contestazione del convenuto regolarmente costituito, dei fatti posti a fondamento dall’attore sul diritto di credito, e che il convenuto non abbia proposto eccezioni di merito; 2. Il giudice in iure deve accertare l’idoneità dei fatti proposti dall’attore, e l’assenza di fatti impeditivi, modificativi o estintivi che emergono e che sono rilevabili d’ufficio. 3. La deliberazione si fonda sulla infondatezza sia delle eccezioni di rito, e sia gli impedimenti di rito rilevabili d’ufficio. Il può attribuito al giudice presuppone che egli non vi abbia un obbligo. Questo tipo di sentenza non può essere emanata nel corso dell’udienza di prima comparizione ma il momento giusto e a partire dalla prima udienza di trattazione, al momento delle precisazioni per le conclusioni. 6.2.3. la natura del provvedimento. Si passa ora ad esaminare la natura del provvedimento. Se si equipara il 186 bis al 423 rito speciale del lavoro, si vedrà che le due discipline sono incompatibili e quindi se ne desume che il provvedimento emanato a seguito dell’attuazione su richiesta di parte del 186 bis. Questo provvedimento è soggetto a revocazione così come previsto dall’art. 177 e 178. 187 6.3. l’ordinanza di ingiunzione ex art. 186 ter. Questa norma trapiantata all’interno del processo a cognizione piena ha lo stesso procedimento per ingiunzione così come contenuta negli art. da 633 a 656. Vi sono dei presupposti speciali di ammissibilità e sono: l’oggetto di questa norma è lo stesso dell’art. 633: il credito di una somma liquida ed esigibile, credito di una determinata quantità di cose fungibili, o la consegna di una cosa mobile determinata. Gli elementi di documentazione del credito sono la prova scritta. Questo tipo di provvedimento può essere richiesto: vi può essere una richiesta della ordinanza pura e semplice, non provvista di provvisoria esecutività, fondata sui requisiti di prova, potrà essere richiesta nella prima udienza di comparizione art. 180 . se invece si richiede una ordinanza con la provvisoria esecutorietà andrà richiesta nel corso della prima udienza di trattazione 183. devono ricorrere gli stessi presupposti previsti dal 632, e la controparte non sia contumace. Non verrà concessa l’ordinanza nel caso il convenuto si sia costituito ma abbia disconosciuto la scrittura privata con querela di falso. In caso di contumacia ricorrono i presupposti dell’art. 642 1 comma e se da tale ritardo ne nasca un pregiudizio, vi può essere una imposizione della cauzione. In caso di costituzione tardiva del convenuto egli possa chiedere sia la sospensione della provvisoria esecuzione, e sia la revoca dell’ordinanza, sempre che lo stato di avanzamento del processo lo permetta. un In caso di costituzione del convenuto non si può chiedere la provvisoria esecuzione senza il versamento della cauzione. Il momento finale in cui può essere richiesta e sino al momento delle precisazioni per le conclusioni. Il giudice ove lo ritenga necessari e per le seguenti motivazioni può revocare l’ordinanza.: Il giudice sulla base di una nuova valutazione ritiene che la domanda dell’attore non sia accoglibile. Emerga la fondatezza delle eccezione non basate su prova scritta. Il giudice rilevi d’ufficio l’esistenza di fatti impeditivi, modificativi o estintivi. In caso di revoca, l’ordinanza di ingiunzione esecutiva diviene titolo per la cancellazione dell’ipoteca giudiziale. In caso di sentenza definitiva tale ordinanza viene assorbita nella sentenza ed in caso di accettazione della domanda dell’attore. In caso di rigetto l’ordinanza è destinata a perdere immediatamente di efficacia. L’ordinanza diviene invece immutabile, ove il processo si estingua per inattività delle parti. 188 6.4. l’ordinanza successiva alla chiusura dell’istruzione 186 quater. Questo tipo di ordinanza si distingue dalle altre due in quanto sono di tutela sommaria: L’ordinanza disciplinata dall’art. 186 quater è un provvedimento anticipatorio a cognizione piena o meglio viene richiesta e pronunciata dopo che vi è stato il contraddittorio tra le parti. I presupposti per l’emanazione dell’ordinanza sono: che sia finita l’istruzione e che si siano assunte le prove vi deve essere l’istanza di parte non oltre le precisazioni per le conclusioni oggetto dell’istanza sono il pagamento di somme di denaro la consegna o il rilascio di beni mobili o immobili. - L’ordinanza è emanata dal giudice istruttore, nei limiti entro cui ritiene raggiunta la prova L’ordinanza è titolo esecutivo, è revocabile ma con la sola sentenza che definisce il giudizio. L’emanazione della sentenza finale assorbirà questa ordinanza e con essa anche l’efficacia della esecuzione forzata. Il legislatore ha inoltre previsto che con l’ordinanza le parti perdano interesse al processo facendolo estinguere, in questo modo viene meno il diritto di difesa per questo motivo il legislatore ha previsto un’ appello all’ordinanza. Dopo la pronuncia dell’ordinanza il processo si estingue l’ordinanza acquista l’efficacia della sentenza impugnabile. A seguito dell’estinzione si può proporre appello, i termini decorrono dal giorno in cui viene emessa la sentenza di estinzione del processo. L’ordinanza acquista efficacia di sentenza impugnabile sull’oggetto se alla parte alla quale sia stata intimata l’ordinanza non manifesta entro trenta giorni dalla pronuncia, con ricorso notificato all’altra parte che il giudice pronunci la sentenza. 189 CAPITOLO TREDICESIMO LA TUTELA CAUTELARE 1. Effettività della tutela giurisdizionale e tutela cautelare 1.1 Premessa. Il divieto di autotutela privata sancito dal nostro ordinamento comporta che il processo debba avere la sua effettività. Ogni ordinamento poggia le sue basi su questa affermazione anche se vi sono ostacoli di varia natura che si frappongono alla effettività della tutela. 1.2 I rimedi agli ostacoli non ascrivibili alla durata del processo. I primi ostacoli sono dati dal fatto che tra il momento in cui sorge il diritto e quello della violazione, e il ricorso alla tutela giurisdizionale. Il ricorso alla tutela giurisdizionale avviene sempre dopo la violazione o la mancata cooperazione, quindi il processo non potrà mai dare quella utilità che invece avrebbe avuto se vi fosse stata la cooperazione spontanea, e quindi questa mancata utilità si traduce in risarcimento del danno. Il nostro ordinamento prevede tutta una serie di norme, basti pensare all’esatto adempimento contrattuale, o a forme di garanzia quale il pegno e l’ipoteca, questo per ridurre lo scarto tra utilità e diritto sostanziale, che in presenza di violazione saranno raggiunti mediante il processo. 1.3 I rimedi agli ostacoli dalla durata del processo a cognizione piena. Un secondo ostacolo oltre alla effettività utilità e dato dalla durata del processo a cognizione piena che per garantire in modo completo la garanzia del contraddittorio, ha forme sofisticate, anche se vi sono delle forme di accelerazione quale il rito speciale del lavoro, questo tipo di processo ha comunque la sua fisiologica durata. Ma il. Tempo occorrente per ottenere una sentenza esecutiva, può causare un danno all’attore che abbia ragione causandogli un pregiudizio irreparabile, questo è il periculum in mora o meglio il danno marginale che la durata del processo causa o concorre a causare. In tutti i sistemi giuridici per evitare ed allo scopo di neutralizzare questo effetto negativo della durata del processo, vengono attuati degli strumenti processuali o il ricorso a tutela sommaria. Il nostro ordinamento conosce diversi rimedi atti a neutralizzare i danni causati dalla mancata effettività o per ridurre il danno marginale. A livello sostanziale vi è la previsione di obblighi che in genere si ottengo pero nell’ipotesi di accoglimento della domanda da parte del giudice, ne sono esempi, l’obbligo al possessore di buona fede di restituire i frutti, opponibilità ai terzi aventi causa dal convenuto per dei motivi di invalidità o inefficacia del contratto ecc. A livello processuale per ridurre i danni causati dalla durata del processo, è prevista dal legislatore la condanna in futuro che permette di premunirsi di una sentenza esecutiva che si aziona immediatamente alla eventuale futura violazione, oppure attraverso la tecnica dei titoli esecutivi stragiudiziali, al creditore premunito fa saltare del tutto il processo di cognizione. A livello processuale sono inoltre attuati quegli strumenti ti tecnica di tutela sommaria, che sulla base di un accertamento sommario del diritto dell’attore fumus boni iuris questi provvedimenti abbiano: 1. Anticipano l’acquisizione del materiale probatorio. 2. Si incide sulla disponibilità giuridica o materiale del bene. 190 1.4 I rimedi agli ostacoli derivanti dalla durata del processo esecutivo. Per ovviare ai danni che anche il processo ad esecuzione forzata può avere sono posti in atto degli strumenti che possano ridurre questo tipo di danno, quali, esecuzione immediata, assegnazione e vendita delle cose deteriorabili ecc. 1.5 Cenni sugli ostacoli derivanti dalla lentezza patologica o dalla disfunzione dei processi a cognizione piena ed esecutivi. Quando il processo sia a cognizione piena ha una durata eccessiva, vi è anche il caso che gli strumenti posti a ridurre questo danno siano a loro volta lunghi in questo caso si ha un fallimento del diritto. 1.6 Inquadramento della tutela cautelare nell’ambito dei rimedi diretti a neutralizzare i danni che possono derivare all’attore che ha ragione a causa ( a anche a causa ) della durata del processo a cognizione piena. Per ridurre i danni causata dalla durata del processo il legislatore ha messo a punto una tutela sommaria cautelare ed una tutela sommaria non cautelare. La tutela cautelare consiste quando pur sulla base del diritto sostanziale, o quando si posseggono titoli esecutivi di natura stragiudiziale, manchi la collaborazione da parte del consociato, quindi per evitare che la durata del processo arrechi un danno all’attore vengono attuati i sistemi che abbiamo parzialmente esaminati nel capitolo precedente. 1.7 Il significato costituzionale della tutela cautelare: tutela cautelare atipica, tutela cautelare tipica e tutela sommaria non cautelare. Per evitare che la durata del processo arrechi un danno all’attore che ha ragione vengono applicati da quasi tutti gli ordinamenti e compreso il nostro quei sistemi di tutela cautelare. La tutela cautelare atipica è quindi rappresentata da un minimun, che nessun legislatore ordinario non dovrà applicare per evitare l’entrata in crisi dell’intero sistema, ha anche dei parametri sempre previsti dal legislatore, che egli stesso per evitare che anche questa tutela non sia effettiva deve imporre: sottrarre alla valutazione del giudice in ordine alla irreparabilità del pregiudizio ed al contenuto della misura cautelare, prevedendo misure cautelari tipiche, per la quale il periculum ed il provvedimento sia già determinati dalla legge. ( tutela cautelare) Sottrarre sempre al giudice qualsiasi indagine stabilendo che il giudice debba valutare la misura cautelare solo in base al fumus. Prevedere ipotesi tipiche di tutela sommaria non cautelare che possano sfociare in provvedimenti a cognizione sommaria, che se non sono opposti dal destinatario passivo possano sfociare in una disciplina definitiva. Questo tipo di tutela deve essere comunque applicata solo in presenza di urgenza, per garantire l’effettività della tutela. Il legislatore possa prevedere con riferimento a specifici diritti che possano essere fatti valere anche in processi di cognizione piena, processi sommari sganciati dalla necessita di accertamento concreto del requisito del periculum, che sfociano in provvedimenti sommari: a. che siano privi di attitudine al giudicato b. Che nello stesso tempo siano dotati di efficacia, che diventa effettiva qualora non venga attuata una opposizione con conseguenza del passaggio ad un processo a cognizione piena, entro un termine perentorio fissato dalla legge o dal giudice. Provvedimenti sommari semplificativi esecutivi. 191 1.8 I rapporti fra tutela sommaria cautelare e tutela sommaria non cautelare. Gli esempi su svolti, sono gia inseriti a seconda del tipo di provvedimento nel nostro ordinamenti come misure cautelari proprio per garantire l’effettività e l’utilità all’attore che ha ragione, gli strumenti sono i seguenti: la tutela sommaria cautelare, che si caratterizza in un provvedimento sommario idoneo a definire e dare una disciplina definitiva al rapporto controverso. La tutela sommaria non cautelare che sfocia in un provvedimento sommario, ma che attraverso la tecnica del provvedimento sommario semplificativo esecutivo. 2 LA STRUTTURE DELLA TUTELA CAUTELARE 2.1 Procedimento sommario destinato a sfociare in un provvedimento provvisorio, cioè idoneo a dettare una disciplina definitiva del rapporto controverso. La tecnica della tutela cautelare consiste nel chiedere al giudice un provvedimento sommario, o al termine di un procedimento o in un sub procedimento( nel corso del processo a cognizione piena), che sia egualmente sommario basato sulla valutazione: A. del fumus boni iuris che tale diritto costituisce oggetto del processo a cognizione piena. B. Del periculum in mora cioè del danno che sarebbe causato all’attore dalla durata o a causa della durata del processo a cognizione piena. La caratteristica della tutela cautelare è la provvisorietà, e la sua inidoneità, mentre i provvedimenti sommari non cautelari ( decreto ingiuntivo, convalida di sfratto) di dettare una disciplina definitiva del rapporto controverso, in caso di mancata opposizione. 2.2 Provvisorietà del provvedimento, non necessariamente anche degli effetti. Nella misura cautelare va separato il carattere di provvisorietà dalla effettività. La provvisorietà, questo provvedimento non sarà mai in grado di reggere di per se in modo definitivo, in quanto è solo anticipatorio del processo a cognizione piena , essi perdono efficacia qualora se il diritto per la quale sono stati emessi venga dichiarato inesistente, o di essere assorbito nella sentenza al termine del procedimento a cognizione piena che accerti l’esistenza del diritto. Effettività. Mentre il provvedimento è provvisorio, gli effetti invece non vanno di pari passo. Se al termine del processo a cognizione piena viene dichiarato esistente il diritto, il provvedimento emanato e gli effetti che si erano ottenuti si acquisiscono definitivamente. Se al termine del processo venga riconosciuto il diritto in riferimento ai provvedimenti medio tempore, si ha ad esempio la conversione del sequestro conservativo, in pignoramento. Se viene emessa sentenza definitiva che accerti l’esistenza del diritto, il provvedimento sarà definitivo e quindi assorbirà il provvedimento sommario. 192 2.3 La strumentalità del provvedimento cautelare. Secondo la dottrina il provvedimento a caratteristica di strumentalità, e vi sono due specie: la strumentalità rigida e che il provvedimento emanato diviene inefficace se entro il termine perentorio non viene avviato il processo a cognizione piena e quindi si estingue. La strumentalità attenuato, secondo la quale il provvedimento provvisorio cautelare emanato prima del processo a cognizione piena conserva la sua efficacia provvisoria anche se la causa non viene instaurata, o dopo l’instaurazione si estingua. In questo caso tale provvedimento non si può riproporre in un nuovo processo, ma tale provvedimento è sempre revocabile dal giudice, qualora sorgano elementi nuovi. L’art. 669, disciplina questo tipo di strumentalità, difatti indica quali sono i provvedimenti a strumentalità rigida, o attenuata. 3 TIPOLOGIA DELLE MISURE CAUTELARI. 3.1 pericolo da infruttuosità e da tardività. Esistono due diverse specie di pericola in mora: il pericolo da infruttuosità del provvedimento a cognizione piena. Durante la durata del processo, proprio a causa del protrarsi di questo ultimo la sentenza finale non possa più essere attuata. Fanno parte di questa categoria: 1. il sequestro conservativo. 2. il sequestro giudiziario. Questo per evitare che al termine del processo il bene sia inesistente, invece con il sequestro si mira alla fruttuosità della sentenza. Questo tipo di misura cautelare deve prevenire il danno causato dalle more del processo. Questo tipo di provvedimento è detto conservativo, e mira a preservare la situazione sino al termine della sentenza. il pericolo da tardività del provvedimento a cognizione piena. La durata del processo con l’insoddisfazione del diritto possa essere causa di pregiudizio si pensi: 1. all’assegno provvisorio in tema di alimenti. 2. l’ordinanza di reintegra immediata nel posto di lavoro del sindacalista. 3. I provvedimenti d’urgenza prev. All’art. 700. questo tipo di provvedimento. Attraverso questo tipo di provvedimento si mira ad accelerare in via provvisoria la soddisfazione del diritto. La misura cautelare ha la funzione anticipatoria della soddisfazione del diritto. Questo tipo di provvedimento sono misure cautelari anticipatorie. Il periculum in mora va distinto che vi sia o meno un danno irreparabile. Sono ad esempio pregiudizi irreparabili, il danno che sarebbe causato se non fosse applicato il sequestro conservativo, e tutti gli altri tipo di provvedimento e ai loro vantaggi. Il danno irreparabile può consistere o nella distruzione o dispersione di una res materiale e infungibile e la lesione di un interesse non patrimoniale non suscettibile di equivalente monetario. Questo tipo di tutela è costituzionalmente doverosa. 3.2 Corrispondente distinzione tra provvedimenti cautelari conservativi e anticipatori. ( inglobato nel paragrafo precedente.) 3.3 In particolare del periculum in mora che assurga agli estremi della irreparabilità del pregiudizio, rendendo costituzionalmente doverosa la tutela cautelare. ( inglobato nel paragrafo precedente.) 193 3.4 Sistema cautelare totalmente “atipico e sistema “tipico” temperamento da una misura cautelare atipica a carattere residuale: i vantaggi della tipicità e la necessità di un margine di tipicità. In tutti i sistemi giuridici vi sono previsti diverse tutela che si raggruppano sotto due concetti ben definiti: Sistema totalmente atipico. E previsto un unico procedimento atipico previsto dal legislatore, che deve essere di volta in volta individuato dal giudice, in funzione del periculum in mora, questo sistema è utilizzato in Francia e parzialmente in Germania. Questo tipo di sistema presenta dei rischi una notevole ampiezza di carattere discrezionale nelle mani del giudice, che sarebbe poi lui a valutare l’ampiezza di applicazione e caso per caso della irreparabilità del pregiudizio. Sistema temperato da una misura cautelare atipica a carattere residuale. In questo tipo di sistema, che poi è quello adottato dal nostro codice del 1942, egli disciplina sotto norme genarli ed astratte, le diverse misure cautelari, dando quindi la caratteristica di tipicità. Accanto alle norme tipiche, vi è un articolo 700 che è di tutela atipica, e quindi da utilizzare solo nei casi residuali, ma di fatto questo articolo, viene ampiamente utilizzato per chiedere la tutela per tutti quei diritti di contenuto non patrimoniale che non rientrano nella tutela tipica. 3.5 Ipotesi di misure cautelari tipiche nelle quali si prescinde dall’accertamento in concreto della sussistenza del requisito del periculum in mora. Per evitare un eccessivo potere discrezionale del giudice, vi è la tipicizzazione del periculum in mora. Inoltre il legislatore ha previsto che la sola tutela cautelare venga applicata attraverso procedimenti sommari, sul semplice accertamento del fumus, in quanto il legislatore in questo tipo di tutela ha previsto l’esistenza del periculum. Rientrano in questa categoria le azioni a tutela di spoglio e manutenzione, la reintegrazione o la manutenzione del possesso. 3.6 Misure cautelari tipiche e tutela sommaria non cautelare. In merito al superamento della tutela sommaria tipica sulla semplice base prevista dal legislatore sul solo accertamento del fumus senza il periculum vi sono due diverse tecniche: Il provvedimento sommario di natura cautelare venga dato carattere provvisorio e strumentale, e quindi la sua inidoneità a dettare una disciplina definitiva dell’intero rapporto. al provvedimento sommario di natura non cautelare, è idoneo a divenire definitivo se il processo a cognizione piena non si istaura o si estingue. 4 LA PERICOLOSITÀ INTRINSECA DEI PROVVEDIMENTI CAUTELARI: LE CAUZIONE ED I POSSIBILI RIMEDI. La tutela cautelare non presenta vista la sua sommarietà quella caratteristica che è invece tipica del processo a cognizione piena, e può accadere che tali misure cautelari siano fonte di un danno ingiusto a carico del destinatario passivo del provvedimento cautelare o controparte. Per evitare questo ulteriore danno il nostro sistema ha introdotto le cauzioni previsti dall’art. 669, esse costituiscono un provvedimento contro-cautelare. Questo mira a stabilire l’eguaglianza delle parti. Questo però richiede che l’attore abbia disponibilità economiche sufficienti per prestare la cauzione. Altrimenti non si avrà un equilibrio delle parti. Le garanzie inoltre possono essere prestate solo in presenza di diritti a contenuto patrimoniale, e non per quei diritti che non hanno un carattere patrimoniale, basti pensare ai diritti indisponibili. Questo strumento è ampiamente utilizzato, quello del ricorso alla tutela cautelare meno usato invece sono le garanzie. 194 5 I PROVVEDIMENTI CAUTELARI PREVISTI DAL CODICE DI PROCEDURA. 5.1 IL SEQUESTRO GIUDIZIARIO. 5.1.1 Premessa. Nel prima sezione introdotta nel 1990, vi è la disciplina comune delle misure cautelari, nella seconda sezione sotto la voce sequestro, sono disciplinati due provvedimenti cautelari molto diversi tra loro: il sequestro giudiziario il sequestro conservativo. Questi sono i tipici provvedimenti cautelari, che hanno lo scopo di conservare, il bene, sino alla sentenza principale. Alla fine del processo vi sarà una sentenza di condanna o alla consegna o al rilascio, oppure una sentenza di condanna al pagamento di una somma. L’art. 670 disciplina il sequestro giudiziario, e prevede due ipotesi: il sequestro giudiziario di beni il sequestro giudiziario di prove. 5.1.2 Presupposti. L’art. 670 stabilisce che il giudice può autorizzare il sequestro giudiziario dei beni mobili o immobili aziende o altre universalità di beni, quando ne è controversa la proprietà o il possesso, ed è opportuno provvedere alla loro custodia o alla loro gestione temporanea. Quindi i presupposti per l’emanazione del sequestro sono: a. L’esistenza di una controversia sulla proprietà o sul possesso della cosa. La dottrina e la giurisprudenza sono concordi che l’espressione controversia ecc. si riferisca alle azioni a tutela sul diritto reale, ma anche le azioni che mirano alla consegna del bene, che è la conseguenza di accoglimento di domande di nullità, annullamento rescissione ecc. Il presupposto per la pronuncia della misura cautelare, è l’ammissibilità giuridica alla pretesa della consegna del bene, quindi è inammissibile la richiesta da parte dei soci di una società, il sequestro dei beni sociali, anche nella ipotesi che vi sia lo scioglimento di un solo socio dalla società. b. Il bene sottoposto alla misura cautelare deve essere custodito e gestito temporaneamente. Si pensi ad esempio ad un bene immobile. L’articolo non indica i presupposti del periculum in mora, per predisporre la custodia e la gestione, vi è un riferimento comunque all’art. 921 del cp.c. del 1865, che il bene soggetto alla misura cautelare possa in attesa della sentenza definitiva essere deteriorato, sottratto o alterato, e questo riferimento è precisamente affermato nell’art. 676, nulla dice a proposito del fumus. 5.1.3 Ambito applicativo. Il sequestro giudiziario è strumentale al provvedimento principale e dunque mira alla fruttuosità pratica della consegna del bene all’accoglimento della domanda di rilascio del bene. Quindi il sequestro si dispone solo per i beni determinati, infungibili e suscettibili di detenzione. Quindi il sequestro deve avere ad oggetto beni mobili immobili aziende o universalità di beni. Vi è un dubbio circa la possibilità di considerare beni anche i diritti di credito, i quali il titolo di credito e le azioni di società a responsabilità limitata. Per le azioni, non vi è problema in quanto è previsto per le azioni il sequestro, e il diritto di voto del custode. Anche il titolo di credito come la cambiale è sequestrabile, con delle particolarità, dovute dalla legge che le regola e nel rispetto del particolare regime di circolazione. 195 5.1.4 Contenuto del provvedimento e sua attuazione. L’art. 676 prevede che nel disporre il sequestro giudiziario, il giudice nomina un custode e stabilisce i limiti ed i criteri dell’amministrazione delle cose sequestrate, e particolari cautele per rendere idonea e sicura la custodie ed evitare la divulgazione dei segreti. Il giudice può nominare custode tra i due contendenti quello che offre maggiori garanzie e dà cauzione. Il custode ha obblighi e diritti, disciplinati negli articoli 521,522 560. Il sequestro avviene togliendo dal possesso chi lo detiene e dandolo in custodia. Il custode deve essere nominato nello stesso provvedimento che autorizza il sequestro, e devono essere indicati i limiti della custodia, o della gestione. Può essere custode anche il detentore o il possessore del bene oggetto della controversia, quindi egli continuerà a possedere il bene ma solo come custode e sarà soggetto a sanzioni penali in caso di mancata osservanza degli obblighi. Il sequestro giudiziario si esegue a norma dell’art. 605. non è prevista la trascrizione del sequestro giudiziario, per i beni immobili. 5.1.5 Funzione dell’istituto. Controversa è la funzione se il sequestro svolge funzione solo contro gli atti di disposizione materiale del bene o anche contro atti di disposizione giuridica. Qualora si applica in modo estensivo l’art. 111,. 4 il sequestro sarà solo della disposizione materiale del bene. Ma se il bene oggetto del sequestro è sia oggetto del processo e diritto oggetto del trasferimento sarà anche soggetto alla misura cautelare contro la disposizione di atti giuridici. Quando vi è il sequestro di beni mobili, o universalità di beni mobili il sequestro è cautela sia contro gli atti di disposizione materiale che di disposizione giuridica. Questo si applica attraverso la custodia, e la responsabilità civile e penale. Se il sequestro ha ad oggetto beni immobili, il sequestro mira solo a conservare la consistenza materiale del bene, sia che sia direttamente o indirettamente controverso.. la cautela contro atti di disposizione giuridica, si attua attraverso la trascrizione delle domande giudiziali, ai sensi degli art. 2652753. questa trascrizione mira a neutralizzare i danni che potrebbero derivare all’attore, da atti di disposizione giuridica del bene che il convenuto potrebbe mettere in atto, nel corso del processo. E attraverso la trascrizione sarà un atto opponibile al terzo. La trascrizione delle domande giudiziale è cancellabile solo in caso di sentenza di rigetto passata in giudicato. 196 5.2 IL SEQUESTRO CONSERVATIVO 5.2.1 Funzione ed effetti. Il sequestro conservativo è disciplinato dagli art. 2905 e 2906 c.c. art. 671 e per l’esecuzione 678, 679 686 c.p.c; questi articoli del c.c. è la loro collocazione permettono di individuare con assoluta chiarezza la funzione della misura cautelare. Il sequestro conservativo come l’azione surrogatoria e quella revocatoria, consentono di conservare il patrimonio del debitore, che viene posto a garanzia dell’adempimento delle sue obbligazioni. Il sequestro conservativo, mira invece ad impedire che tali atti vengano posti in essere, ha una disciplina più semplice. L’azione revocatoria mira a conservare il patrimonio del debitore, contro quegli atti di disposizione del patrimonio posti in essere dal debitore, in frode ai creditori. Questa azione prevede una difficile prova della sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge. L’art. 2905 prevede che il creditore può chiedere il sequestro conservativo dei beni del debitore, secondo le regole stabilite dal c.p.c., l’art. 671, dispone che il giudice su istanza del creditore, che ha il fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, il giudice può autorizzare tale sequestro conservativo di beni mobili o immobili del debitore o delle somme e cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge gli permette il pignoramento: per garanzia del credito, è la garanzia generica prevista dall’art. 2740, che assiste tutte le obbligazioni e trova attuazione nella forma coatta della espropriazione forzata. Le stesse modalità di esecuzione sono previste dall’2906, per la quale non hanno effetto in pregiudizio del creditore, le azioni di disposizione del bene fatte dal debitore, del bene sequestrato. Il sequestro conservativo è dunque un vincolo giuridico sui beni del debitore. Questo è un atto ad efficacia relativa, in quanto il debitore non perde la detenzione del bene, ma solo la disponibilità sullo stesso a compiere atti giuridici. Il sequestro conservativo mira a conservare la fruttuosità pratica di una futura espropriazione forzata, ed è strumentale ad una sentenza di condanna al pagamento di una somma di denaro, senza però l’attuazione coattiva dell’espropriazione forzata. La indisponibilità del bene creata per il sequestro conservativo, anche se modellata sul pignoramento è differente da questa: il pignoramento crea un vincolo c.d. a porta aperta, della quale potranno giovarsi tutti i creditori di quel debitore. Il sequestro conservativo crea un vincolo c.d. a porte chiuse in cui di tale misura cautelare potrà giovarsi solo il creditore procedente. L’art. 689 dispone che tale sequestro è strumentale alla sentenza di condanna, quando viene emessa la sentenza di condanna esecutiva, tale sequestro si converte automaticamente in pignoramento, quindi il sequestro mira alla conservazione del bene sino alla condanna. Il sequestro conservativo di fatti è disposto solo su beni mobili, immobili e diritti di credito ma non certo le universalità di beni o ad aziende, quindi sono suscettibili solo i singoli beni che fanno parte delle universalità di beni o i singoli beni mobili o immobili dell’azienda. Possono anche essere sottoposti a sequestro conservativo: beni mobili; beni immobili; diritto di credito; i singoli beni facente parte o delle universalità di beni, o dell’azienda; le quote della società a responsabilità limitata le azioni, ed i titoli di credito in genere; Per le società di persona è ammessa la liquidazione della quota del debitore. 197 5.2.2 Fumus boni iuris. Sono ammessi al sequestro conservativo, i creditori che si affermano titolari di un diritto di credito avente ad oggetto una somma di denaro, o una certa quantità di cose fungibili, non certi i titolari di diritti di credito, aventi ad oggetto una prestazione di consegnare o il rilascio di una cosa determinata. Il credito non deve essere necessariamente liquido, ma che sia determinabile, per due ragioni, che nel momento della concessione del sequestro, possa essere commisurato il valore dei beni da assoggettare al sequestro. E l’applicazione preista dall’art. 496 del principio di proporzione tra il valore del credito ed i beni pignorati. L’art. 1356, dispone il sequestro conservativo, anche in coso di pendenza della condizione. È invece escluso il requisito della certezza, quando questa indica il grado di certezza necessario perché si abbia titolo esecutivo. Non è ammissibile il sequestro conservativo, in presenza di un titolo giudiziale esecutivo, in quanto con tale titolo il creditore può iscrivere ipoteca giudiziale, ed iniziare l’esecuzione. Il sequestro conservativo sembra invece ammissibile in presenza di un titolo esecutivo di formazione stragiudiziale. 5.2.3 Periculum in mora. Il periculum in mora e tipicizzato dal legislatore nell’art. 671, ed è costituito dal timore disperdere la garanzia del proprio credito. Può accadere che per il periodo di durata del processo il debitore ponga in essere atti di disposizione in danno dei creditori, e per evitare tale pericolo che il leslatore ha ideato il sequestro conservativo. La valutazione di tale pericolo è rimessa al prudente apprezzamento del giudice, ma la giurisprudenza ha creato alcuni criteri di massima: si desume da alcuni elementi oggettivi della consistenza del patrimonio, in rapporto alla entità del credito, o da comportamenti oggettivi tenuti dal debitore, che mirano a depauperare il patrimonio. 5.2.4 Limiti dell’istituto. Il sequestro conservativo è solo uno strumento cautelativo, mettendo al riparo il creditore da una futura insolvenza del debitore. Ma non è idoneo a tutelare il danno ad esempio derivante dal ritardato pagamento della retribuzione del lavoratore, o il danno causato al creditore per il ritardato pagamento. In questi casi si attuano altre forme di tutela. 198 5.3 LE DENUNCE DI NUOVA OPERA E IL DANNO TEMUTO. 5.3.1 Premessa Le azioni di enunciazione sono previste dal nostro codice ma solo a tutelare i diritti di proprietà, e sono provvedimenti sommari atti a dare giurisdizione urgente. 5.3.2 La denuncia di nuova opera ex art. 1171 c.c. L’art. Denunzia di nuova opera. — Il proprietario [832], il titolare di altro diritto reale di godimento o il possessore, il quale ha ragione di temere che da una nuova opera, da altri intrapresa sul proprio come sull’altrui fondo, sia per derivare danno alla cosa che forma l’oggetto del suo diritto o del suo possesso, può denunziare all’autorità giudiziaria la nuova opera, purché questa non sia terminata e non sia trascorso un anno dal suo inizio [2813]. Questa norma tipicizza tanto la situazione soggettiva, quanto il periculum in mora: la situazione soggettiva il legittimato attivo è o il proprietario o il titolare di un diritto reale di godimento. Il periculum in mora è caratterizzato dalla situazione di pericolo che deve essere determinata dalla ragionevole timore che un’attività umana in itinere, possa causare un danno. Tipica è la costruzione di una nuova opera o sul proprio fondo o sul fondo altrui , e che da tale opera si abbia il fondato timore di ritenere che causi un danno. Il danno deve essere ingiusto ( es. inosservanza delle distanze legali) ed incidere su interessi giuridicamente protetti. Il legislatore ha tutela della proprietà ha previsto un provvedimento cautelare notevolmente incisivo, o avviare un processo a cognizione piena, oppure la richiesta di una tutela sommaria. Per l’ottenimento di tale tutela si deve dare prova del semplice danno, quindi viene rilasciata la misura cautelare dove è provata l’illegittimità della costruzione e la sua potenzialità dannosa. La misura cautelare tende a neutralizzare: il periculum da infruttuosità pratica, quando in attesa di provvedimento principale, si faccia smettere la costruzione. Non è più esperibile la tutela sommaria nel caso l’opera sia stata già conclusa, o che sia iniziata da un anno,. Il periculum da tardività del provvedimento principale e quindi il diritto violato rimanga in uno stato di insoddisfazione durante il periodo necessario a fare valere il diritto. Comma 2. L’autorità giudiziaria, presa sommaria cognizione del fatto, può vietare la continuazione dell’opera, ovvero permetterla, ordinando le opportune cautele: nel primo caso per il risarcimento del danno prodotto dalla sospensione dell’opera, qualora le opposizioni al suo proseguimento risultino infondate nella decisione del merito; nel secondo caso, per la demolizione o riduzione dell’opera e per il risarcimento del danno che possa soffrirne il denunziante, se questi ottiene sentenza favorevole, nonostante la permessa continuazione [c.p.c. 688 ss.]. Il provvedimento cautelare può essere emanato dal giudice, sulla base di una cognizione sommaria del fatto e può vietare la continuazione dell’opera, oppure permetterla con le dovute cautele. In caso ordini la sospensione dell’opera questo provvedimento è un’anticipazione parziale del contenuto della sentenza di accoglimento, il provvedimento però non può contenere l’ordine di demolizione. Il legislatore prevista comunque la pericolosità di questa azione ha previsto il versamento di una cauzione, nel caso sia disposta il divieto di continuazione dell’opera ed anche nel caso di prosecuzione. 199 Questa misura cautelare ha una carattere bilaterale del periculum in mora, in quanto oltre ad esservi il pregiudizio per l’attore vi è anche pregiudizio per il convenuto. La cauzione prevista dal giudice deve prevedere il relativo risarcimento del danno per il convenuto che la sospensione dell’opera possa causare se risultano infondate le richieste dell’attore. La cauzione prevista dal giudice Il risarcimento del danno per l’attore qualora risultino fondate se vi è una sentenza favorevole all’attore. La cauzione può funzionare se l’attore è in grado di prestarla, ma nel caso di un soggetto non abbiente, il giudice deve concedere tale misura senza subordinarla a cauzione. 5.3.3 La denuncia di danno temuto ex art. 1172 c.c. 1172. Denunzia di danno temuto. — Il proprietario [832], il titolare di altro diritto reale di godimento [982, 1021, 1022, 1031, 1079] o il possessore, il quale ha ragione di temere che da qualsiasi edificio, albero o altra cosa sovrasti pericolo di un danno grave e prossimo alla cosa che forma l’oggetto del suo diritto o del suo possesso, può denunziare il fatto all’autorità giudiziaria e ottenere, secondo le circostanze, che si provveda per ovviare al pericolo [c.p.c. 688]. L’autorità giudiziaria, qualora ne sia il caso, dispone idonea garanzia per i danni eventuali [1179]. l’art. 1172 ancora una volta è a tutela della proprietà ed il possesso. In quest’articolo oltre ad essere tipicizzata la cautela e tipicizzata anche il periculum. Il periculum in mora di un danno grave e prossimo che può derivare al bene oggetto della proprietà, o dal possesso da un edificio albero o altra cosa. La particolarità di questa norma è che si mira a sanzionare un illecito di pericolo, quindi la misura cautelare è mirata ad eliminare una situazione di pericolo che non ha ancora causato un danno. Il provvedimento che il giudice andrà ad emanare è un provvedimento atipico, in quanto il legislatore tenendo conto della generalità del periculum, il provvedimento sarà adattato di volta in volta e secondo le circostanze in relazione alla funzione dello scopo del pericolo previsto dall’astante. Questo provvedimento mira ad evitare il danno che una sentenza tardiva, possa causare ( si pensi ad un immobile pericolante). 5.3.4 Le denuncie e la tutela inibitoria. Le denuncie di nuova opera e di danno temuto, come l’azione negatoria sono azioni di tipo preventivo, che mirano a prevenire o ad impedire la continuazione dell’illecito e non solo ad eliminarne gli effetti. Trattandosi in questo caso di tutelare un diritto soggettivo, e di impedire il danno, il provvedimento che si andrà a chiedere sarà solo un provvedimento sommario che metta al riparo dal pericolo e sia anticipatorio della sentenza del processo a cognizione piena. Il diritto della controparte sarà solo compresso, ed egli potrà svolgere poi tutte le sue difese. 200 5.4 I PROVVEDIMENTI DI ISTRUZIONE PREVENTIVA. 5.4.1 Premessa. Sino ora si sono esaminati provvedimenti cautelari diretti a tutelare un diritto sostanziale. Si passa ora ad esaminare provvedimenti cautelari diretti a tutelare un diritto processuale quale il diritto alla prova. La parte che teme la perdita di un mezzo di prova o di un oggetto di prova, può prima dell’inizio del processo a cognizione piena chiedere un provvedimento per acquisire tale prova. Prevedono questo tipo di provvedimento gli articoli: 692 testimoni a futura memoria; 696 accertamento tecnico ed ispezione giudiziale; 670 sequestro giudiziario di libri, registri e documenti; 752 opposizione dei sigilli da parte del giudice nelle aperture di successione; Le leggi che disciplinano i brevetti sui marchi d’impresa, il diritto d’autore, il diritto di brevetto per invenzioni industriali; ecc. 5.4.2 L’audizione di testi a futura memoria, la consulenza tecnica e l’ispezione preventiva. 692 testimoni a futura memoria; chi abbia il fondato motivo di ritenere che uno o più testimoni possano mancare, può chiedere che questi vengono sentiti. Sotto il profilo del periculum in mora, il periculum è dato dalla prematura scomparsa dei testimoni, che non avrebbero modo di testimoniare perché scomparsi. L’art. 693.3 dispone che nel ricorso che si andrà a proporre devono essere indicate, anche i fatti in relazione alla quale i testimoni debbono essere ascoltati, e l’esposizione sommaria delle domande ed eccezioni. Inoltre questo tipo di provvedimento può anche essere chiesto durante la causa o nelle fasi di sospensione e interruzione del processo. I testimoni che vengono sentiti devono essere ascoltai nel rispetto dell’art. 191s.s.. questo vale anche per la l’accertamento tecnico e l’ispezione preventiva. 696 accertamento tecnico ed ispezione giudiziale prende in considerazione di un accertamento tecnico o di una ispezione preventiva in relazione alla perdita dell’oggetto di prova. Sotto un profilo di periculum in mora, si pensi a tutte quelle merci deteriorabili, che in attesa di un giudizio andrebbero perse. Per quanto riguarda il fumus boni iuris, in questo tipo di provvedimento non si va ad anticipare la sua fondatezza in relazione al diritto sostanziale, ma la stessa ammissibilità a mezzo di prova. Una volta che la prova sarà assunta dovrà essere redatto verbale ai sensi art. 207; le prove assunte con questo tipo di provvedimento, saranno vincolate alla valutazione soggettiva del giudice di merito del processo nella quale la prova sarà ammessa, e ne dovrà dichiarare l’ammissibilità. L’art. 696 bis prevede anche la tecnica della consulenza preventiva, che è del tutto sganciata dal requisito del periculum in mora. 5.4.3 Il sequestro giudiziario prove. Art. 670.2 il giudice può autorizzare il sequestro giudiziario di libri, registri, documenti ecc…. Oggetto del sequestro, sono solo i libri, registri documenti ecc. I presupposti per il rilascio di questa misura cautelare sono: L’astratta idoneità del documento o altro bene a fornire gli elementi di prova. Il giudice sulla base di una cognizione sommaria dovrà valutare se tale prova è rilevante per l’esistenza o inesistenza del diritto che si fa valere in giudizio. L’opportunità della custodia temporanea. La sussistenza della controversia sul diritto all’esibizione o alla comunicazione. 201 Secondo una interpretazione prevalente l’esibizione e la comunicazione non sarebbe un provvedimento coattivo, ma che la parte verso la quale la richiesta è diretta ottemperi oppure no . Ma che qualora la parte non ottemperi questo sia un argomento di prova contro la parte. Qualora la parte verso la quale l’ordine è emanato e vi sia il timore da parte di questo della distruzione, si può chiedere il sequestro giudiziario, 670.2 e la relativa nomina del custode. 5.5 I PROVVEDIMENTI D’URGENZA. 5.5.1 struttura e funzione dei provvedimenti d’urgenza nell’ambito della tutela cautelare e della tutela giurisdizionale in genere. 700. Condizioni per la concessione. “Fuori dei casi regolati nelle precedenti sezioni di questo capo [669bis ss.], chi ha fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per far valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile, può chiedere con ricorso [125] al giudice i provvedimenti d’urgenza, che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito.” Questo articolo posto al termine dei procedimenti cautelari, è un procedimento sommario a tutela della irreparabilità ed imminenza del pericolo per il proprio diritto, e per evitare il pregiudizio del protrarsi dello stato di insoddisfazione. Questi provvedimenti d’urgenza sono caratterizzati da una duplice atipicità: il periculum in mora sono ha tutela di qualsiasi diritto, per neutralizzare il periculum in mora. Il contenuto del provvedimento questo deve essere individuato dal giudice, secondo le circostanze, sulla base della idoneità ad assicurare provvisoriamente gli effetti della futura decisone nel merito della questione. 5.5.2 Atipicità del diritto d’azione ed esigenza di evitare che la durata del processo torni a danno dell’attore che ha ragione. Vi sono due importanti rilievo sia di portata teorica che pratica: A. attraverso la tutela atipica dell’art. 700, si mette in moto il diritto di azione e di tutela a carico dello Stato, ma anche una tutela sommaria, per evitare che l’imminenza e l’irreparabilità creino un danno maggiore. B. Attraverso la previsione che la durata del processo non deve andare a danno dell’attore che ha ragione. 5.5.3 L’origine dell’art. 700. Negli altri ordinamenti francese e tedesco, sono presenti articoli che disciplinano questo tipo di tutela, e su iniziativa di Chiovenda, che si aprì nel 1942, il dibattito che sfocò poi nella formulazione dell’art. 700, grazie a Calamandrei e Carnelutti. 5.5.4 L’importanza del compito svolto dall’art. 700 e i limiti intrinseci alla sua funzione di norma di chiusura. Questa fu pensata come norma di chiusura per dare sbocco a quelle esigenze di tutela urgente che non erano state considerate meritevoli di specifici procedimenti. In seguito alla nuova costituzione e l’emersione di nuovi diritti, ha comportato uno spostamento di centralità di questo articolo. Dagli anni sessanta in poi questa norma è divenuta invece lo strumento di tutela azionato per una moltitudine di diritti. I limiti di questa norma invece si delineano della forte discrezionalità concessa al giudice, non solo in merito al provvedimento, ma soprattutto all’utilizzo dell’istituto che rappresenta la norma stessa. 202 5.5.5 L’ambito applicativo dell’istituto. Si esamina ora l’ambito applicativo di questo istituto: 1. Fuori dei casi regolati nelle precedenti sezioni di questo capo ; partendo dall’analisi di questa affermazione, questo articolo non si applica: 1. quando vi è gia una disciplina che cautela come misura cautelare in modo tipico il periculum in mora, ad esempio il diritto di credito, e ne può tutelare il credito per in periculum diverso da quello già disciplinato. 2. Non si può neanche applicare alle misure cautelari tipiche disciplinate fuori dal libro IV, come ad esempio l’assegno provvisorio degli alimenti, o l’ordinanza di reintegra nel posto di lavoro ecc. 3. Non si applica quando a favore di un diritto sia già previsto un procedimento sommario tipico, o una fase sommaria urgente. 4. Neanche per sospendere l’efficacia esecutiva di un provvedimento giurisdizionale, o uno di formazione stragiudiziale. In via ordinaria, da questa interpretazione si desume che il ricorso all’art. 700 è ante causam, o meglio a tutelare quei diritti che vanno poi fatti valere in un processo a cognizione piena, ma nel termine ordinario, non viene indicato, se è un processo a cognizione piena, o quello appartenente al rito speciale del lavoro, o ad altri riti speciali. diritto e’ inconfutabile che per i diritti a tutela di interessi semplici, l’ambito di applicazione dell’art. 700 era valido, si era invece posto il quesito se si poteva estendere anche agli interessi legittimi, ed esteso anche alla giurisdizione speciale amministrativa. Nel 1985 vi è stata una importante sentenza della Corte Costituzionale che ha affermato che l’art. 700 si applica anche ai provvedimenti amministrativi. 5.5.6 I requisiti della “irreparabilità” del pregiudizio. 5.5.6.1 Analisi della dottrina. Questo istituto non ha tipicizzato il periculum in mora, ma si evince che il danno irreparabile è dato dalla durata del processo ordinario, in dottrina vi sono tre teorie sull’individuazione dei criteri idonei ad indicare il pregiudizio diventa irreparabile. 2. La tesi di Satta, o tesi restrittiva, secondo la quale rientrano nel pregiudizio ed irreparabilità solo i diritti assoluti. Mentre questo tipo di tutela non si può applicare ai diritti di credito e alle azioni costitutive ( status della persona divorzio ecc). 3. Secondo la teoria del Montesano, si è alla presenza di un pregiudizio irreparabile, quando nel tempo occorrente al processo ordinario, l’attore non possa esperire alcun provvedimento efficace a tutela del danno minacciato per la sua posizione di inferiorità. 4. La teoria di Andrioli è quella che si fonda su di una ricostruzione empirica ma è anche la più accettabile, in quanto afferma che l’ambito applicativo è stabilito per quei diritti o per quelle violazioni che non sono suscettibili di reintegrazione in forma specifica, quindi non risarcibile, o per quei diritti che non sono suscettibili di valutazione patrimoniale. 203 5.5.6.2 La necessità di recuperare l’importanza della persona del titolare del diritto. Dopo le diverse teorie circa l’irreparabilità del pregiudizio, si deve muovere necessariamente per stabilire un criterio dal rilievo centrale della persona quale soggetto titolare dei singoli diritti. Muovendo dalla persona e più agevole individuare il requisito della irreparabilità del pregiudizio: Il pregiudizio è irreparabile quando deriva dalla violazione o dalla minaccia di violazione di un diritto a contenuto o funzione non patrimoniale, quali i diritti della personalità, dell’identità personale, l’immagine l’onore ecc, nonchè le libertà protette costituzionalmente, diritto dei genitori per educare la prole, diritto alla libertà, manifestazione del pensiero ecc. Il pregiudizio è irreparabile quando deriva dalla violazione o dalla minaccia di violazione di diritti a contenuto patrimoniale ma a funzione non patrimoniale, come ad esempio, i crediti da mantenimento, il diritto del lavoratore alla reintegra al posto di lavoro, o trasferito. Il pregiudizio irreparabile può essere anche applicato per analogia a quei diritti quando a tutela di un diritto reale di godimento si debba essere nella possibilità in via d’urgenza di vincere la resistenza possessoria, e quindi la giurisprudenza a indicato quei diritti, quali accedere al fondo del vicino, il diritto al conduttore alla manutenzione dell’impianto locato ecc. 5.5.7 La pericolosità dell’art. 700. Vi è una pericolosità intrinseca di questo tipo di provvedimento e si ha quando a favore del riconoscimento del diritto dell’istante, o attore si comprima una libertà del convenuto. Si pensi inoltre quando per i provvedimenti urgenti vi siano, dei danni causati dalla situazione economica nella quale versa o la parte istante o il convenuto e dal pregiudizio che un simile provvedimento può arrecare. Quindi il giudice nell’emanare il provvedimento d’urgenza, deve stare attento e valutare la richiesta della domanda evitando che nel corso di un procedimento a cognizione piena la sua sentenza venga invertita, creando dei danni che possono essere a volte irreparabili. Non provvedere alla cauzione a danno dei non abbienti. Limitare al minimo la superficialità della cognizione per evitare quei danni irreparabili. Valutare comparativamente il danno che subirebbe l’istante dal non accoglimento e quello che ne subirebbe la controparte. Quindi il provvedimento andrebbe concesso sempre. Quando ad un diritto dell’istante a contenuto non patrimoniale, per la controparte sia di carattere patrimoniale. Il danno derivante all’istante sia maggiore a quello della controparte. Modellare il provvedimento quando è possibile cercando di limitare o neutralizzare i danni dell’istante, e quando possibile, la contro cautela della cauzione. 5.5.8 I requisiti “dell’imminenza del pregiudizio”. Per quanto attiene il requisito dell’imminenza del pericolo, la tutela dell’art. 700 si applica sia quando il pregiudizio si sia gia verificato o sia se è solo minacciato. Quindi il provvedimento è volto ad ottenere un provvedimento inibitorio e quindi preventivo, ed una funzione repressiva. 204 5.5.9 Il contenuto dei provvedimenti d’urgenza. Il contenuto del provvedimento d’urgenza è volto ad anticipare quello che poi sarà la decisione sul merito della cognizione piena. Quindi il contenuto del provvedimento sarà sia conservativo che anticipatorio. Vi poi diversi quesiti se questo provvedimento si possa applicare al mero accertamento di un diritto, o se possa servire per disapplicare una norma incostituzionale ecc. 5.5.10 La tutela dei c.d. diritti di libertà. Con l’espressione dei diritti di libertà si collocano tutti quei diritti fondamentali che sono riconosciuti direttamente ed indirettamente dalla Costituzione. Attraverso la tutela dell’art. 700, si attiene uno tutela più veloce e soprattutto si previene la minaccia della violazione o si ottiene una tutela veloce per l’applicazione cosa che un processo a cognizione ordinaria non potrebbe garantire e comunque non con la stessa velocità. 6. LA DISCIPLINA DEI PROCEDIMENTI CAUTELARI IN GENERALE. 6.1 Premessa. Sino alla emanazione della legge 353/1990 la situazione da un punto di vista processuale delle misure cautelari era di tipo cautoccio, in quanto non dava le opportune garanzie previste dalla nostra costituzione. In attesa di una normativa precisa che ridisciplini tutti i provvedimenti sommari questa legge ha dettato una disciplina unitaria del procedimento cautelare in genere, ha introdotto capo III sezione I procedimenti cautelari in genere. Questa disciplina indica la forma della domanda, la competenza prima e dopo della causa ecc. nello stesso tempo indica questa disciplina a quali provvedimenti va applicata 669.quatordicies sequestri; provvedimenti in tema di denuncia di nuova opera e di danno temuto provvedimenti d’urgenza, a tutti gli altri provvedimenti cautelari previsti dal codice tutte le leggi speciali. Per i provvedimenti di istruzione preventiva, si applica solo la disposizione relativa al provvedimento negativo 669 septies. 6.2 La competenza. La competenza è disciplinata dagli articoli: 669, ter quater quinquies, e d inoltre 316 c. p.p. per quanto riguarda il sequestro conservativo richiesto dalla parte civile. La competenza innanzi tutto si divide se è una causa già avviata a se una causa ancora da avviare ( ante causam). L’art. 669 ter stabilisce che se la causa non è ancora avviata, ante causam, questa si propone al giudice competente a conoscere poi della causa nel merito. Anche se il giudice competente fosse il giudice di pace, la richiesta deve essere rivolta al tribunale. Art. 669 quater stabilisce che qualora sia iniziata una causa la richiesta va inoltrata al giudice che conosce la causa. Ma se il giudice anche per la causa non è stato ancora designato, si provvede ai sensi del 669 ter 3. comma. In seguito alla presentazione del ricorso,( sia ante che post causam) il cancelliere formato il fascicolo, lo presenta al presidente del Tribunale, il quale provvede a designare il magistrato alla quale è affidata la trattazione. 205 6.3 Il procedimento. Sia che il procedimento sia ante o post causam, il procedimento è lo stesso. La domanda si propone con ricorso, che viene depositato in cancelleria del giudice competente. Il ricorso deve avere tutti i requisiti previsti all’art. 125: Indicazione dell’ufficio giudiziario, o del giudice istruttore in caso di domanda proposta in corso di causa. Indicazione delle parti. Individuazione del diritto sostanziale per la quale si richiede la misura cautelare, della specie e del contenuto del provvedimento cautelare che si chiede, e se il provvedimento deve essere emanato senza la convocazione della controparte. L’esposizione dei fatti costitutivi e del diritto fatto valere in giudizio. L’indicazione del periculum in mora che costituisce requisito di ammissibilità. Indicazione dei mezzi probatori che si intende valersi per provare sia il fumus che il periculum. Il giudice una volta conosciuta della causa ha due soluzioni, non attivare il contraddittorio o attivare il contraddittorio. Se attiva il contraddittorio 669 sexies 1 comma. Sia la costituzione che l’art. 669 dispongono che vi sia il contraddittorio. Una volta presentata la domanda, che il cancelliere, l’ha portata a conoscenza del giudice. Il giudice fissa la data dell’udienza. Spetta all’istante notificare alla controparte la citazione. Il giudice può qualora lo ritiene opportuno a secondo del tipo di misura cautelare richiesta, comunicare anche per le vie brevi alla controparte, mediante telegramma, fax ecc, la data dell’udienza. Il giudice una volta attivato il contraddittorio, sente le parti o i loro avvocati ed al termine accetta o rigetta il provvedimento richiesto. Non attiva il contraddittorio. Ai sensi dell’art. 669 sexies 2. comma, quando dalla convocazione della controparte potrebbe pregiudicare l’effettività del provvedimento cautelare, il giudice acquisiste sommarie informazioni, emette il provvedimento ad esempio il sequestro conservativo o il sequestro giudiziario, in questo caso non il contraddittorio in rispetto dei principi costituzionali viene posticipato. Nello stesso decreto fissa la data entro la quale le parti devono presentarsi innanzi a lui, e che non superi 15 giorni. Fissa per l’istante un termine perentorio per l’istante di 8 giorni per notificare il ricorso ed il decreto. Durante l’udienza successiva il giudice potrà confermare, modificare o revocare il provvedimento emanato con decreto. 206 6.4 Il provvedimento negativo ovvero di rigetto. Il vecchio testo dell’art. 640, non prevedeva un provvedimento di rigetto, ma l’art. 669 septies ha disciplinato la disciplina al riguardo del rigetto della domanda, che può avvenire per i seguenti motivi: rigetto per incompetenza; potrà essere emessa solo nel caso di processo ante causam, ma lo stesso articolo prevede la riproposizione della domanda innanzi al giudice competente, senza nessun tipo di preclusione. rigetto per motivi di rito o per motivi di merito. 1. Motivi di rito, quali ad esempio la giurisdizione, difetto di legittimazione ad agire, nullità non sanata della domanda, difetto di legittimatio ad processum o di difesa tecnica, , il difetto di requisito speciale di ammissibilità del periculum e del fumus. 2. Motivi di merito quali l’inesistenza della norma che attribuisca la protezione, la mancata prova del fumus, dell’esistenza di fatti modificativi impeditivi o estintivi. Se vi è il difetto di questi requisiti è preclusa la riproposizione della domanda, ma se si verificano mutamenti delle circostanza o vengono dedotte nuove ragioni si può ripresentare la domanda. Le spese giudiziali, in caso di provvedimento di rigetto pronunciato ante causam. E’ evidente che le spese debbano essere stabilite in quanto con il rigetto, non vi sarà un’instaurazione di un processo, e quindi le spese devono essere stabilite. Le spese di condanna sono immediatamente esecutive. La forma di rigetto è l’ordinanza e non il decreto e ciò dimostra che il rigetto, non può essere emesso senza l’attivazione del contraddittorio. 6.5 Il provvedimento di accoglimento di misura cautelare chiesta ante causam. L’art. 669 octies disciplina l’ordinanza di accoglimento della domanda a seconda ante causam a seconda che si tratti di provvedimenti cautelari soggetti a rigida strumentalità, ( sequestri) o della strumentalità attenuata o allentata. Rigida strumentalità, il provvedimento e la procedura prevedono che antro 60 giorni deve essere iniziata la causa, o entro un termine perentorio stabilito nell’ordinanza dal giudice, tale termine può partire o dalla data del ordinanza o dalla sua notificazione. Se non viene istaurato il processo il provvedimento diventa inefficace, tale inefficacia si asterrà anche al processo che si estingue dopo la sua instaurazione. A strumentalità attenuata o allentata, riguarda tutti i provvedimenti diversi dal sequestro, il provvedimento conserva la sua efficacia anche se non viene istaurato il giudizio. Questo provvedimento non può essere invocato in un altro processo. Può essere revocato dal giudice che lo ha emanato, se si verificano dei mutamenti delle circostanze anteriore al provvedimento e di cui si viene a conoscenza. Può perdere l’efficacia, qualora venga istaurato il processo di primo grado, che emani una sentenza di inesistenza del diritto. Questi provvedimenti devono contenere la condanna alle spese. 207 6.6 La disciplina dell’inefficacia del provvedimento e delle restituzioni. Art. 669 novies stabilisce i casi in cui il provvedimento può essere o divenire inefficacie. Il provvedimento perde efficacia: se trattandosi di sequestro il processo a cognizione piena non venga instaurato nei termini perentori. Se trattandosi di sequestro il processo a cognizione piena si estingue per inattività delle parti o per rinuncia a gli atti del processo, o per rigetto in rito della domanda. Se non è versata la cauzione entro il termine fissato dal giudice. Se il diritto per la quale era stata chiesta la misura cautelare viene dichiarato inesistente, con sentenza passata in giudicato, o con un lodo arbitrale depositato 6.7 La revoca e la modifica. L’art. 669 decies stabilisce che nel corso del processo istaurato, egli può qualora emergano degli elemento o fatti nuovi, che vengono conosciuti dopo ma che sono inerenti a fatti prima del provvedimento egli può revocarlo, o modificare questo si applica a tutte le misura cautelari, deve essere su istanza di parte. Per mutamenti nelle circostanzi si può intendere anche qualsiasi prova, che non è stata dedotta e che avrebbe potuto essere deducibile durante l’udienza o allegata alla domanda del procedimento cautelare.’ 6.8 La cauzione. La cauzione ha la funzione vera e propria di contro cautela, fermo restando comunque nel rispetto dei principi costituzionali, la non applicazione per la parte che sia non abbiente. La mancata prestazione della cauzione rende inefficacia il provvedimento cautelare, tale inefficacia viene emanata dal giudice che ha emanato il provvedimento. L’art. 669 undicies, accogliendo l’orientamento giurisprudenziale, ha determinato che la cauzione deve essere versata, sia in caso dell’ordinanza di accoglimento della domanda di misura cautelare, sia nel caso della ordinanza di conferma con la quale il giudice del reclamo conferma il provvedimento cautelare. 6.9 L’attuazione. I provvedimenti cautelari, diversi dai sequestri prima della legge del 1990, non avevano alcuna disciplina specifica e ci si doveva rimettere ad contrasti ed incertezze interpretative. L’ art. 669 duodecies ha risolto di fondo la disciplina di attuazione di queste misure cautelari, escluse quelle dei sequestri. Le attuazioni delle misure cautelari che hanno ad aggetto somme di denaro, si applicano attraverso l’art. 491. L’attuazione delle misure cautelari aventi ad oggetto obblighi di consegna di rilascio, fare o non fare avviene sotto il controllo del giudice. Tutte le altre questioni che non si attengono alle misure cautelari vanno affrontate nel processo a cognizione piena. L’esecuzione dei sequestri trova attuazione negli art. 677. 208 6.10 Il reclamo. Prima dell’introduzione dell’art. 669 terdicies, non vi era un istituto di reclamo che controllasse l’operato del giudice in relazione alle misure cautelari. Questo articolo prende in considerazione così diviso: A. provvedimenti suscettibili di reclamo. Sono suscettibili di reclamo: 1. L’ordinanza cautelare emanata al termine del procedimento prima dell’inizio del processo. 2. L’ordinanza emanata nel corso della causa di merito. In ambedue i casi vi è stato il rispetto del contraddittorio. 3. L’ordinanza con la quale sia stato rigettato il provvedimento cautelare . le ordinanze con che si pronunciano sulla revoca e sulla modifica. 4. Non è suscettibile di reclamo, invece il decreto emanato inaudita altera parte, in quanto in seguito al provvedimento viene fissata dal giudice un’udienza e quindi si applica il contraddittorio. B. Motivi del reclamo. Errores in procedendo, violazioni sulla competenza, di legittimazione del giudice nella sua designazione, di modalità di applicazione del contraddittorio, in sintesi violazioni delle norme procedurali. Errorer in iudicando errori commessi dal giudice inerenti l’interpretazione delle norme, o delle prove, o errori circa i fatti in accertamento del fumus e del periculum. C. giudice competente. Competente a valutare tale reclamo è il collegio della quale però non deve fare parte il giudice che ha emanato il provvedimento, ma nello stesso tempo il collegio deve avere la maggiore vicinanza territoriale al giudice che ha emanato il provvedimento. In sintesi al collegio dello stesso tribunale. Se il provvedimento è emanato dalla Corte d’appello, si ripropone alla corte d’appello ma ad altra sezione. D. il procedimento. Il reclamo va proposto entro quindi giorni o dalla pronuncia in udienza dell’ordinanza o comunicazione o entro 15 giorni dalla notificazione. Poiché questo non è un mezzo di impugnazione non si applica il termine di un anno così come previsto per le impugnazioni all’art. 327. 1. il reclamo di propone mediante ricorso depositato in cancelleria, e questo deposito è sufficiente a rispettare i termini previsti. 2. Deve essere attivato il contraddittorio tra le parti, sentite le parti o i loro avvocati al termine. 3. Il procedimento si svolge in camera di consiglio. 4. Il presidente nomina i componenti del consiglio tra le quali un relatore. 5. Il tribunale può assumere informazioni e acquisire documenti. 6. Se vi è stato l’intervento del Pubblico ministero, egli ha le stesse facoltà delle parti. 7. La pronuncia sul reclamo avviene entro 20 giorni dal reclamo con ordinanza non impugnabile, con la quale si conferma si modifica o revoca il provvedimento. E. l’assenza di efficacia sospensiva o l’inibitoria. Il reclamo non sospende l’efficacia dell’esecuzione del provvedimento, ma se tale provvedimento può causare un grave danno, il presidente del Tribunale può disporre con ordinanza non impugnabile la sospensione dell’esecuzione o subordinarla ad una cauzione. F. La struttura e la funzione del reclamo. Sul piano strutturale è un rimedio a motivi illimitati in fatto ed in diritto, che possono anche essere sopravvenuti al processo. Sul piano funzionale il reclamo serve ad esercitare un controllo sul diritto di difesa. 209 6.11 L’ambito di applicazione degli art. 669-bis a 669- terdecies. 6.11.1 Premessa. L’art. 669 quaterdicies disciplina l’ambito di applicazione di tutti gli articoli sin qui esaminati. E si applica: ai provvedimenti di sequestro: ai provvedimenti in tema di denuncia di nuova opera e di danno temuto. Ai provvedimenti d’urgenza, ed a gli altri provvedimenti previsti dal codice civile e dalle leggi speciali. 6.11.2 la nozione di provvedimento cautelare. I provvedimenti cautelari sono provvedimenti sommari aventi la funzione di assicurare l’effettività della tutela giurisdizionale, tramite la neutralizzazione del pregiudizio grave ed irreparabile. 6.11.3 I provvedimenti sommari sottratti alla disciplina degli artt. 669 bis e seguenti. Non fanno parte dei provvedimenti cautelari. Anche se presentano affinità di funzione o di struttura di provvedimento. Sono escluse i provvedimenti sommari idonei a dettare una disciplina definitiva del rapporto controverso, quali: il procedimento per ingiunzione, 633, la convalida di sfratto, procedimento di verifica dei crediti, procedimento per la repressione della condotta antisindacale. Sono esclusi i provvedimenti sommari esemplificativi- esecutivi. Sono esclusi i provvedimenti di condanna con riserva di eccezioni. 6.11.4 I provvedimenti cautelari diversi dai sequestri, dalle denunce e dai provvedimenti d’urgenza soggetti alla disciplina degli art. 669-bis e seguenti. Non si può applicare la disciplina prevista dagli articoli 669 bis- terdecies a quanto previsto: art. 446 in tema di assegno provvisorio, e si può chiedere sia ante causam o nel corso del processo già instaurato. Agli articolo 1109, in materie di delibere dei partecipanti alla comunione, delle delibere assemblee di condominio o dei soci nelle società. Possono essere applicate anche ad un decimo dei soci o del capitale soci per le impugnazioni delle delibere delle assemblee, dal pubblico ministero, per gravi irregolarità degli amministratori ecc. 6.11.5 L’applicazione degli artt. 669 bis e seguenti ai procedimenti possessori. Vi è stata una modifica dell’art. 703 che disciplinava dei procedimenti possessori, con l’aggiunta dei commi 2.3. che riportano alla attuazione delle misure cautelari come previsto dagli articolo 669 bis terdicies. 210 CAPITOLO QUATTORDICESIMO I PROCEDIMENTI IN CAMERA DI CONSIGLIO. 1. Caratteristiche essenziali della giurisdizione contenziosa ( o costituzionalmente necessaria). Costituzionalmente è posta una tutela giurisdizionale intesa come l’attività posta in essere da un giudice. Tale tutela può avere o funzioni giurisdizionalmente necessarie che non necessarie ( che il legislatore è libero o meno di attribuire al giudice) Fa parte della giurisdizione costituzionalmente necessaria, coincide con l’area contenziosa, che per quanto riguarda la tutela dei diritti soggettivi degli status e degli interessi legittimi. Essere titolare di una posizione di vantaggio comporta la titolarità del diritto di azione, questa esigenza si traduce nel processo a cognizione piena, destinato a concludersi con un provvedimento avente attitudine al giudicato formale e sostanziale contenente un accertamento idoneo al giudicato sostanziale.. 2. Una precisazione: possibilità di prevedere provvedimenti sommari-semplificativiesecutivi privi di attitudine al giudicato. Anche se la regola è il processo a cognizione piena, non esclude che il legislatore possa prevedere in relazione a specifici diritti, la possibilità di esercitarli in procedimenti sommari semplificativi esecutivi, destinati a concludersi in provvedimenti che abbiano come per i procedimenti esecutivi di formazione stragiudiziale efficacia esecutiva, ma che non abbiano la caratteristica del giudicato formale o sostanziale. E che la sentenza emanata al termine di questo procedimento potrà sempre essere messo in discussione attraverso un processo a cognizione piena, e nel processo a cognizione piena tale sentenza verrà assorbita nella sentenza finale. 3. L’area delle funzioni giurisdizionali non necessarie e della giurisdizione volontaria. Le funzioni giurisdizionali non necessarie sono quelle funzioni che il legislatore può affidare o meno al giudice. Questa è una funzione ulteriore a quella giurisdizionale e che il legislatore potrebbe rimettere ad altri organi invece che al giudice. Apparentemente sembrerebbe che in ipotesi del seguente genere, in casi di amministrazione di atti nell’interesse dei minori incapaci, persone giuridiche. Nella liquidazione di patrimoni separati delle persone giuridiche. In ipotesi del riconoscimento delle persone giuridiche. E tante altre ipotesi ancora, non è necessaria la giurisdizione del giudice. Ma queste funzione sono state devolute dal legislatore al giudice nella funzione di organo terzo ed imparziale, proprio perchè vi sono in gioco non solo l’interesse particolare della persona, ma anche tutta una serie di tutele che solo un giudice può applicare. 211 4. IL PROCEDIMENTO CAMERALE EX ART. 737 SS. 4.1 Il significato ed il valore della cognizione piena. Va precisata la grossa differenza che vi è tra il processo a cognizione piena che si contraddistingue dalla tutela volontaria, in quanto il processo a cognizione piena oltre alle forme molto rigide ed i termini oltre alla allegazione di fatti e documenti che la sentenza venga emessa al termine del contraddittorio e che la sentenza abbia attitudine al giudicato formale e sostanziale. 4.2 Le caratteristiche principali del processo ex art. 737 ss sostanziale sommarietà della cognizione. Il processo sancito nel 737, si potrebbe definire uno schema di processo, semplificato a contraddittorio rudimentale, dominato dalla discrezionalità del giudice che lo determina nelle modalità di svolgimento e che si conclude con un decreto motivato reclamabile in ogni tempo e modificabile o revocabile. Questo provvedimento è richiesto mediante la forma del ricorso. Quando è un provvedimento collegiale deve essere nominato un giudice relatore che riferisce in camera di consiglio. Quando è necessaria la presenza del pubblico ministero devono essere trasmessi anche a lui gli atti. Il giudice può assumere informazioni. Al termine viene emesso decreto motivato, salvo che la legge disponga diversamente. Questo provvedimento è reclamabile innanzi alla corte d’appello, o al tribunale in composizione collegiale entro il termine perentorio di 10 giorni dalla comunicazione del decreto, se è verso una sola parte se invece e verso più parti dall’ultima notificazione. Quando deve intervenire anche il p.m. egli può impugnare entro 10 giorni dalla comunicazione. La pronuncia sul reclamo avviene nelle stesse forme del provvedimento iniziale. L’efficacia di tale provvedimento parte da quando scadono i termini per il reclamo. Quando viene chiesta la modificabilità e la revocabilità, vengono salvati gli interessi dei terzi. Queste regole vengono applicate a tutti i provvedimenti in camera di consiglio. Rilievi importanti sono: che questo è un decreto che prevede art. 739 che possa essere emesso anche contro più parti, e se ne desume che le altre parti siano state convocate a partecipare al processo. L’art. 737 non dice come sono applicate le modalità del contraddittorio, non dice nulla sulle modalità della fase decisoria , afferma invece che i provvedimenti vengono emanati in camera di consiglio, e quindi senza udienza pubblica. 4.3 Affinità e differenze con i processo sommari relativi a diritti. Questo tipo di processo non ha nulla a vedere con la tutela sommaria per due fondamentali motivi: rispetto al procedimento sommario tipo il decreto ingiuntivo, il decreto camerale non prevede nessun rimedio oppositivo che garantisca la parte soccombente. In questo tipo di procedimento manca anche il requisito del periculum in mora. 212 4.4 Assenza di attitudine al giudicato. La revocabilità e modificabilità in ogni tempo è la dimostrazione della mancanza di tale provvedimento ad avere attitudine a giudicato sostanziale, e quindi del dedotto che copre il deducibile. Quindi il provvedimento è revocabile: Per motivi di legittimità, quando in seguito a nullità formale ed extraformali non si siano sanate nel corso del procedimento. Per motivi di merito quando vengono allegati prove o fatti allegati che preesistevano al momento del decreto o che sono sopravvenuti. Quindi in presenza di fatti già esistenti si avrà la revoca ed avrà efficacia ex tunc, nel secondo caso ex nunc. 5. Esame di talune ipotesi cui si applica la procedura camerale ex art. 737 ss. Si passa ad esaminare l’ambito di applicazione del 737, con riguardo a talune fattispecie in via tipica alla quale si applica questo procedimento. 5.1 Piano dell’indagine. Prima di esaminare le diverse fattispecie vanno fatte alcune distinzioni: questa procedura ha carattere o unilaterale o bi o plurilaterale. Ed i diversi diritti e le posizioni soggettive in relazione al provvedimento camerale che si richiede. 5.2 A).Autorizzazioni al compimento di atti negoziali; B).Nomine di rappresentanti; C). rimozione di rappresentanti e amministratori; D). provvedimenti nell’interesse dei minori e incisione sulla potestà parentale. Le fattispecie rimesse al rito camerale si sintetizzano nel seguente modo. Autorizzazioni concesse a compiere atti negoziali ai rappresentanti di minori, incapaci e gruppi. Questo è un provvedimento unilaterale e consiste nel chiedere al giudice l’autorizzazione sulla base di una valutazione a compiere per conto del minore, incapace o un gruppo un atto negoziale. Questa autorizzazione a volte può intervenire anche in merito ad un conflitto virtuale, quale l’autorizzazione al matrimonio del minore che abbia compiuto sedici anni. di un conflitto reale, quando vi fosse il rifiuto di consenso del coniuge in regime di comunione legale al compimento di un atto di straordinaria amministrazione, la cui stipulazione è nell’interesse generale della famiglia o dell’azienda. Nei casi su esposti sarebbe il caso dell’autorizzazione bi o plurilaterale. Nomina di rappresentanti a minori o incapaci o di curatori di patrimoni separati. In questo caso si chiede al giudice di integrare attraverso la nomina del rappresentante la capacità del minore o dell’incapace e quindi di consentire al rappresentante la gestione del patrimonio separato. Il provvedimento funge a requisito di validità per gli atti che l’amministratore porrà in essere. Questo sarebbe un provvedimento unilaterale. Vi è invece l’ipotesi che il giudice sia chiamato a supplire al rifiuto di un genitore di compiere atti nell’interesse del figlio oppure di nominare rappresentanti che suppliscano al cattivo funzionamento di amministratori di una società. In questo caso il provvedimento del giudice a carattere o bilaterale o plurilaterale, e sarà rivolto alla nomina o di un amministrare nel caso del figlio o di un nuovo amministratore o di un liquidatore nel caso della società, il quale loro potere sarà autorizzato dal provvedimento del giudice. 213 Infine vi sono un folto gruppo di provvedimenti camerali bilaterali dove il giudice è chiamato a rimuovere rappresentati o amministratori sia nell’interesse di minori, di incapaci o della gestione di patrimoni comuni o sociali. Rientrano in queste ipotesi i casi: dell’amministrazione del coniuge che abbia male amministrato di rimozione del tutore per negligenza o abuso di poteri. Di revoca dell’amministratore di condominio “ se vi sono fondati sospetti di regolarità”. Di revoca per giusta causa dei liquidatori giudiziali di società di persona. Di revoca dei sindaci di società per azioni in caso di gravi irregolarità. In tutti questi casi il provvedimento interviene su situazioni di conflitto di interesse ed incide pesantemente anche sul diritto soggettivo delle persone. Infine un’ultima ipotesi è quella dove il giudice viene chiamato ad emettere un provvedimento non solo a tutela degli interssi del minore ma in conflitto di interessi con gli interssi del genitore che va ad incidere fortemente sulla potestà parentale . Le ipotesi sono numerose, in caso di decadenza della potestà del genitore per condotta contro il minore o anche pregiudiziale per il figlio. 6. Procedimento camerale ex art. 737 ss e gestione di interessi in ipotesi di autorizzazioni, nomine e rimozioni di rappresentanti.. 7. Procedimento camerale ex art. 737 ss e gestione di interessi dei minori configgenti con la potestàparentale. 8. risultati dell’indagine condotta e prospettiva di indagini ulteriori. 9. ricorso al Procedimento camerale ex art. 737 ss nella tutela giurisdizionale di diritti o di status. 10. processi aventi ad oggetto sia la gestione di interessi di tutela giurisdizionale dei diritti incisi in tale gestione. 11. ipotesi di risorso disordinato ed abnorme alla procedura camerale ex art. 737 ss, con variazioni in punto di forma del provvedimento e di giudicato. 12. rilievi conclusivi.. 214 CAPITOLO QUINDICESIMO L’ESECUZIONE FORZATA. 1. PREMESSE GENERALI 1.1. Osservazioni introduttive. Lo scopo del processo a cognizione piena è la tutela giurisdizionale in mancanza di cooperazione da parte dei consociati. Quindi attraverso la tutela si ottengono dei provvedimenti che sanciscono chi ha ragione e chi ha torto, ma nello ste3sso tempo quando si tratta di beni, anche la soddisfazione concreta del diritto. Pertanto il modo di operare per ottenere l’adempimento o la soddisfazione sono due: Attraverso le misure coercitive si spinge sotto la minaccia di un danno maggiore la controparte a cooperare. Oppure mediante l’esecuzione forzata, si fa in modo di immettere un terzo che si sostituisce all’obbligato, in questo caso l’ufficiale giudiziario per la soddisfazione per la parte che ha ragione del suo diritto sostanziale, e della parte non adempiente gli viene privata tramite l’esecuzione forzata il possesso o la proprietà del bene. La tutela della esecuzione forzata è rimessa all’organo giudiziario, mentre sia il codice civile che quello di procedura distinguono i processi di esecuzione forzata in base< all’oggetto dell’obbligato che non ha adempiuto. Espropriazione forzata, in ipotesi di inadempimento di un obbligo originario o derivato di pagare una somma di denaro. L’esecuzione per consegna o rilascio, in ipotesi di inadempimento dell’obbligo di consegnare un bene mobile o rilasciare un bene immobile. L’esecuzione di obblighi di fare o di non fare in caso di inadempimento di eseguire o di distruggere un’opera effettuata in violazione di un obbligo di non fare. 1.2. Il titolo esecutivo. Ai sensi art. 474 dispone che l’esecuzione forzata non potrà avere luogo senza un titolo esecutivo. Pere il processo esecutivo non basta come nel processo a cognizione piena l’esistenza del diritto, ma requisito di ammissibilità è il titolo esecutivo. Prima caratteristica è che il titolo esecutivo deve essere liquido ed esigibile. Il titolo è liquido quando è determinato nel suo ammontare, ed esigibile quando non è soggetto a termine o condizione. Problematico è invece individuare il criterio della certezza, e si passa dalla sentenza passata in giudicato, alla condanna di primo grado. I provvedimenti sommari ecc. la certezza viene offerta dal titolo esecutivo, che attesta l’esistenza dei fatti costitutivi dei crediti liquidi ed esigibili. Sono titoli esecutivi 474.2 1. Le sentenze ed i provvedimenti, alla quale la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva, e si intendono le sentenze di condanna, anche se la sentenza può essere suscettibile di impugnazione o che sia stata impugnata. Tutti gli altri atti alla quale la legge espressamente efficacia esecutiva e sono: l’ordinanza di pagamento delle somme non contestate. il verbale di conciliazione in materia di lavoro. il decreto ingiuntivo non contestato e dichiarato esecutivo. l’ordinanza di convalida di sfratto ecc. 215 2. Le scritture private autenticate, con riferimento alle somme di denaro, le cambiali ed altri titoli di credito alla quale la legge attribuisce efficacia esecutiva. 3. Gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli. Il titolo esecutivo in ordine al grado di certezza, non fa nessuna distinzione tra la provenienza, se da sentenza, o da scritture private o da atti ricevuti da notaio.Invece può reagire diversamente in caso di opposizione di merito all’esecuzione, o sulle particolari specie di impugnazione del provvedimento giudiziale. 1.3. La fase preliminare della notificazione del titolo esecutivo e del precetto. La fase preliminare della esecuzione forzata è la notificazione al debitore del titolo esecutivo e del precetto. Scopo del precetto è quello di spingere il debitore all’adempimento spontaneo, entro un termine non inferiore a 10 giorni, è concesso il termine di 60 giorni per le espropriazioni per l’esecuzione contro la pubblica amministrazione, tal precetto contiene l’avvertimento che qualora non si adempie si provvederà alla esecuzione forzata. Quando vi è un pericolo per il creditore del ritardo nell’adempimento può chiedere al capo dell’ufficio competente di essere autorizzato immediatamente senza aspettare il termine di dieci giorni. Il precetto ha un duplice scopo: spingere il debitore all’adempimento. Oppure lo stesso può promuovere opposizione ed instaurare così un processo a cognizione piena, in quanto nel nostro ordinamento non è previsto da parte dell’ufficio competente al controllo del titolo esecutivo e che mentre si procede alla esecuzione, siano sorte o lo stesso titolo non sia più idoneo. Ad esempio sospensione della esecutività a seguito di riforma del provvedimento, estinzione dell’obbligazione per adempimento prescrizione ecc. Esempio della cambiale per la quale vi sia stato il disconoscimento di firma. O che tale titolo, in quanto l’atto notificato era una sentenza di mero accertamento e non di condanna. E’ previsto inoltre che a seguito della opposizione da parte del debitore, possa chiedere al giudice la sospensione del titolo esecutivo. Il debitore può contestare il diritto del creditore, di precedere ad esecuzione forzata, non solo prima dell’inizio dell’esecuzione , c.d. opposizione a precetto, proposta con atto di citazione, al giudice che ha promosso l’esecuzione egli può eventualmente sospendere la causa, e se per competenza per valore o materia e un altro giudice può rimetterla ad altro giudice assegnando un termine per la riassunzione della causa. 1.4. L’opposizione all’esecuzione ex art. 615. Opposizione alla esecuzione è un modo di tutela con secco al debitore contro il controllo del titolo esecutivo e per promuovere il rimedio contro un provvedimento che potrebbe rivelarsi ingiusto. L’oggetto del processo è l’accertamento o meno del diritto processuale di agire ad esecuzione forzata. Motivi di rito, quando si contesta la qualità di titolo esecutivo, quando si contesta la presenza dei requisiti di liquidità o esigibilità, o che il provvedimento è stato riformato, o se atto è stato sospeso dal giudice. Motivi di merito quando si contesta che il diritto sostanziale, non esiste per inesistenza dei fatti costitutivi, o per l’esistenza di fatti modificativi, impeditivi estintivi. Va distinto tra titolo esecutivo di formazione giudiziale o stragiudiziale. 216 1. Se di carattere giudiziale, non si può contestare la sentenza, o i fatti modificativi estintivi impeditivi, in quanto vige il principio che il giudicato copre il dedotto ed il deducibile, oppure si può impugnare la sentenza, ma questa non perde efficacia a meno che il giudice di secondo grado su istanza di parte non si pronunci sulla sospensione del precetto. Unici motivi per l’opposizione al precetto sono transazione o adempimento o prescrizione. 2. Se il titolo esecutivo sia di formazione stragiudiziale, attraverso l’opposizione si mette in moto un processo sull’accertamento dei fatti impeditivi modificativi o estintivi. Si può esercitare opposizione anche nelle ipotesi eccezionali, in cui la legge ammette che il titolo esecutivo possa valere anche a favore o contro soggetti diversi dal titolo quali: terzo datore di ipoteca, sub conduttore ecc. L’opposizione può essere esercitata anche nel coso non di contestazione dell’an, ma del quomodo o della pignorabilità dei beni. La decisione dell’opposizione è emessa con sentenza non impugnabile solo per Cassazione. 1.5. La sospensione dell’esecuzione. L’opposizione all’esecuzione non ha efficacia sospensiva automatica della esecutività del titolo, ma occorre che sia il giudice attraverso una sentenza ad rendere sospeso tale provvedimento. Il rimedio della opposizione serve a garantire la effettività del diritto di difesa del debitore.v 2. L’ESPROPRIAZIONE FORZATA 2.1. Osservazioni introduttive. L’espropriazione forzata è disciplinata dagli articoli 483 a 604 c.p.c e dagli articoli 2910 a 2929 del c.c. questo tipo di processo viene posto a garanzia della soddisfazione del creditore di somme di denaro, ed il processo di esecuzione è molto complesso. Nel processo di esecuzione vige il principio della domanda, e del contraddittorio, anche se le parti ( debitore ) si trovano in una posizione di disuguaglianza. Il processo inizia su istanza del creditore, in rispetto del contraddittorio, il debitore venga avvisato mediante la notificazione del precetto, che si intende iniziare l’esecuzione forzata, ma egli deve essere avvisato di qualsiasi provvedimento che il giudice emani e deve essere preventivamente sentito. Il diritto di difesa del debitore si realizza, o nel processo di cognizione che si attiva mediante l’opposizione. La norma base dell’espropriazione è l’art. 2910, secondo la quale il creditore per conseguire quanto gli è dovuto, può espropriare i beni del debitore secondo le regole del codice civile e di quello di procedura. Il debitore ha una responsabilità che gli deriva dall’art. 2740, in quanto egli risponde dell’adempimento delle proprie obbligazioni, con tutti i beni presenti e futuri, così come stabilito dall’art. 2910 in caso di inadempimento di una obbligazione pecuniaria il creditore può assoggettare i beni del debitore ad espropriazione forzata, tali beni sono sia beni mobili, immobili, crediti che il debitore vanta nei confronti di terzi. I beni devono avere un valore di scambio, e devono essere suscettibili di essere trasferiti, non rientrano i diritti quali l’uso o l’abitazione o beni indisponibili. 217 Eccezionalmente possono essere espropriati beni di terzi e non del debitore, 2910.2 quali beni vincolati da garanzia del credito a sono oggetto di un atto che è stato revocato perché compiuto in pregiudizio del creditore. Il debito e responsabilità sono inscindibili. Il terzo risponde con alcuni suoi beni per un debito altrui nel caso di pegno ipoteca e alienazione in frode ai creditori. 2.2. L’espropriazione forzata in generale. L’espropriazione avviene nei modi stabiliti dal codice civile e quello di procedura. Per poter eseguire l’espropriazione occorre la notificazione del titolo esecutivo e del precetto che diviene inefficace entro il termine di 90 giorni, dalla notificazione se non incomincia l’espropriazione. Se viene proposta opposizione, il termine si sospende e riprende solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado che rigetta l’opposizione, o della comunicazione della sentenza d’appello che sia di rigetto. Il processo di esecuzione forzata si distingue a seconda che abbia ad oggetto: Beni mobili, che si trovano presso il debitore o espropriazione mobiliare 513 a 542. Crediti del debitore verso terzi o beni mobili del debitore verso terzi o espropriazione presso terzi 543 a 554. Beni immobili espropriazione immobiliare 555 a 598. Beni indivisi 599 a 601. Beni di proprietà di terzi soggetti a responsabilità per debiti altrui o espropriazione contro il terzo proprietario 602 a 604. Le disposizioni da 483 a 512 dettano i principi generali relativi agli istituti cardine dell’espropriazione e sono: Il pignoramento 491 a 497. L’intervento dei creditori 498 a 500 Vendita ed assegnazione 501 a 508. Distribuzione del ricavato 509 a 512. Gli articoli 483 a 490 disciplinano i modi e le forme dell’espropriazione forzata in generale. Giudice competente è il Tribunale, per ragioni di materia. Il giudice dell’esecuzione è persona fisica e viene nominato dal capo dell’ufficio giudiziario, entro 2 giorni dalla presentazione da parte del cancelliere del fascicolo dell’esecuzione. Il giudice dell’esecuzione è immutabile per tutta la durata del processo di espropriazione ed esercita tutti i poteri intesi al più sollecito e leale svolgimento del processo. Determina le modalità della vendita e dell’assegnazione dei beni espropriati. Sono estranei al giudice dell’espropriazione tutti gli atti di opposizione. I provvedimenti del giudice dell’esecuzione sono emessi sotto forma di ordinanze modificabili e revocabili sino a quando l’ordinanza non abbia avuto esecuzione, il giudice prima dell’emanazione di tale provvedimento deve ascoltare le parti. Il giudice dell’esecuzione ha il potere dovere di verificare d’ufficio i requisisti extraformali.( giurisdizione competenza ecc.) alcuni requisisti di forma contenuto, previsti dal legislatore a garanzia della legittimità del procedimento. Il controllo può effettuarlo d’ufficio il giudice, oppure può essere stimolato su istanza di parte, debitore o creditore, ed il giudice sia in caso di esito positivo o negativo della verifica deve pronunciarsi con ordinanza, ordinanza suscettibile di opposizione agli atti esecutivi, il ricorso è solo per Cassazione. Se la verifica ha esito negativo, accerta cioè l’esistenza di difetti, emette una sentenza in rito che chiude il processo, che potrà essere impugnata con ricorso per Cassazione. 218 Il processo di espropriazione forzata può estinguersi per rinuncia o per inattività delle parti. L’estinzione viene dichiarata con ordinanza, che può essere reclamata innanzi allo stesso giudice. Per il reclamo il giudice provvede con sentenza appellabile. 2.3. IL PIGNORAMENTO 2.3.1. Il pignoramento in generale. Il pignoramento è l’atto con la quale inizia l’espropriazione forzata, 492 che disciplina il pignoramento. Il pignoramento è provocato dal creditore mediante titolo esecutivo, viene eseguito dall’ufficiale giudiziario, egli non ha l’obbligo di effettuare alcun controllo, anche solo formale sia sulla regolarità del titolo sia sull’appartenenza al debitore dei beni da pignorare. La funzione del pignoramento è quella di assoggettare i beni pignorati ad un regime di indisponibilità. Il motivo per la quale il legislatore ha imposto questo vincolo è per evitare che durante il tempo necessario per procedere alla vendita forzata, il debitore disponga dei beni pignorati, vendendoli ed in questo modo vanificando il processo di espropriazione. Oggetto del pignoramento sono: la proprietà e la nuda proprietà, l’usufrutto ma non l’usufrutto legale, i diritti patrimoniali in materia di brevetti, in materia di diritti d’autore, titoli di credito, quote di società a responsabilità limitata. 2.3.2. Il pignoramento presso il debitore. Il pignoramento presso il debitore è disciplinato dagli art. 513 a 521 e dal codice civile 29132914 e 2915; Su richiesta del creditore munito del titolo esecutivo e del precetto l’ufficiale giudiziario, può ricercare le cose pignorate nella casa del debitore, o nei luoghi a lui appartenenti o sulla stessa persona del debitore, osservando le opportune cautele nel rispetto del decoro della persona. Per casa del debitore si intende: si intende la sua dimora abituale, compreso lo studio professionale, l’azienda il magazzino. Sono escluse la dimora temporanea a titolo di ospitalità, l’albergo, l’abitazione a causa di servizio, la casa di cura, il posto letto, la casa familiare dove il debitore non vive più in seguito a separazione. Il pignoramento comporta la legittima violazione della libertà di domicilio prevista dalla Costituzione per questo l’esecuzione è affidata ad un ufficiale giudiziario, che per vincere le resistenze del debitore può avvalersi dell’ausilio della forza pubblica. Qualora i beni da pignorare si trovino presso terzi, il motorino nel garage del vicino, o i quadri nella galleria d’arte occorre che il creditore con ricorso al presidente del Tribunale, venga autorizzato l’ufficiale giudiziario con decreto. L’ufficiale giudiziario può pignorare le cose che il debitore spontaneamente consente ad esibirgli. L’ufficiale giudiziario, durante il pignoramento deve preferire cose di facile e pronta liquidazione, nei limiti del valore di realizzo pari all’importo del credito precettato più la metà del valore, e quindi deve preferire denaro contante, oggetti preziosi e i titoli di credito o altri beni di sicura realizzazione. L’ufficiale deve redigere verbale delle cose assoggettate al pignoramento, e del loro relativo valore, deve depositarlo entro 24 ore in cancelleria ed entro 2 giorni il cancelliere, deve consegnare il fascicolo entro 2 giorni al presidente del tribunale che nomina il giudice dell’esecuzione. In merito ai beni mobili, per rendere effettiva la indisponibilità del bene occorra che il possesso passi nelle mani di un custode, spesso però affidare ad un terzo la custodia, anche in relazione alle spese che a volte possono essere spropositate o addirittura superare il valore dei 219 beni pignorati. I beni mobili sottratti al debitore vengono affidati al debitore come custode mediante un verbale di nomina che però lo assoggetta alla responsabilità penale prevista dall’art. 388 bis. Una volta che l’ufficiale giudiziario abbia sequestrato i beni nel domicilio del debitore potrebbe capitare che i beni pignorati non siano del debitore ma di un terzo. L’art. 2914 disciplina che comunque il terzo debba dare prova del suo possesso ma che deve avere data certa anteriore al pignoramento, altrimenti si vedrà espropriati i beni che sono suoi, ma che non riesce a dare prove del suo possesso o titolo di proprietario. Il terzo per poter separare il suo bene da quello del debitore pignorata deve esercitare l’azione prevista Art. 619 di opposizione di terzo alla esecuzione, tale opposizione deve essere presentata al giudice dell’esecuzione ma per evitare che il bene venga venduto deve chiedere anche la sospensione dell’esecuzione 624. l’opposizione da il via ad un processo a cognizione piena, l’istanza va comunque presentata al giudice dell’esecuzione che deve pronunciarsi sulla sospensione. La prova del bene del terzo, non può essere data da testimoni, o per presunzioni. Il terzo oppositore deve provare con atto scritto avente data certa anteriore al pignoramento, oltre che dell’acquisto della proprietà del bene, anche la prova di averlo affidato al debitore a titolo diverso della proprietà. Esempio del restauratore di quadri. Oppure la prova testimoniale ammissibile se la professione o il commercio del terzo o del debitore rendono verosimile la proprietà del terzo dei beni pignorati. 621 2.3.3. Il pignoramento presso terzi. Il pignoramento potrà concernere crediti che il debitore vanta nei confronti di terzi, debitor debitoris o di beni mobili del debitore che sono in possesso di terzi. Questo procedimento è disciplinato art. 543 a 549. L’espropriazione di crediti, è quella più efficace rispetto alla crisi di funzionalità prevista dall’espropriazione mobiliare e immobiliare. La procedura applicata all’espropriazione dei crediti, vale anche per i beni mobili verso terzi. Occorre un preventivo accertamento che il debitore vanti un credito nei confronti del debitor debitoris. Il creditore deve formare un atto complesso sulla base dell’art. 543 redatto dal creditore e poi notificato al debitore ed al terzo, dall’ufficiale giudiziario. Viene rivolta l’ingiunzione al debitore di non sottrarre il credito dal suo creditore a danno del creditore pignorante. Non saranno opponibili a tale pignoramento le cessioni dei crediti, anche se accettate, che non abbiano data certa prima del pignoramento, così come non saranno opponibili al creditore pignorante gli atti di estinzione del credito per volontà del creditore, quali la novazione o la rimessione di debito salvo che non risultino da atto avente data certa anteriore al pignoramento. Per via della notificazione al terzo, egli da quel momento è tenuto a trattenere la somma del credito del creditore pignorante più la metà della somma, ed è obbligato come custode 543. Il terzo viene citato a comparire o personalmente o mediante mandatario speciale in una udienza fissata dal creditore davanti al tribunale del luogo della residenza del terzo, affinchè renda la dichiarazione così come prevista art. 547. La citazione del terzo è importante al fine di stabilire se tale credito è esistente ed in che misura, ma il pignoramento non si è ancora perfezionato. Durante l’udienza potranno verificarsi le seguenti eventualità: 1. Il terzo compare ( oppure mediante raccomandata) rende dichiarazione positiva delle somme della quale è debitore. Il pignoramento si perfeziona., e l’espropriazione segue il suo corso. 2. Il terzo compare ( oppure mediante raccomandata) dichiarazione positiva ma nascono contestazioni sia dal debitore o anche dal creditore. 220 3. Il terzo compare e dichiara ( oppure mediante raccomandata) di non dovere nulla al debitore esecutato. 4. Il terzo non compare ( non invia raccomandata), oppure compare ma non rende la dichiarazione. Nella prima ipotesi il pignoramento si perfeziona nelle altre occorrerà un accertamento giurisdizionale. L’art. 548 prevede che su istanza del creditore inizi un processo a cognizione piena, la sentenza di questo giudizio, se accerta l’esistenza del diritto del debitore nei confronti del terzo fissa un termine perentorio per la prosecuzione del processo. Durante il processo a cognizione piena il pignoramento è sospeso ex lege, e riprende solo dopo la sentenza e si perfeziona a quel punto il pignoramento. Il pignoramento presso terzi rispetta pienamente i principi generali in tema di responsabilità patrimoniale. Inoltre il processo intrapreso dal creditore nei confronti del debitor debitoris, è un caso di legittimazione straordinaria. 2.3.4. Il pignoramento immobiliare. Il pignoramento immobiliare è previsto dagli art. 555 a 559. il creditore deve individuare i beni da pignorare e deve indicarli esattamente, con tutti gli estremi indicati dal codice per la corretta individuazione dell’immobile. L’atto scritto dal creditore viene notificato al debitore a cura dell’ufficiale giudiziario,. Dopo la notificazione l’ufficiale giudiziario provvede alla trascrizione del pignoramento nei registri immobiliari. Mediante tale iscrizione si ottiene il vincolo di indisponibilità. L’art. 555 nulla dice sulla custodia del bene, ma si intende ex lege che il debitore ne è custode. Le eventuali trascrizioni di vendita del bene immobile dopo l’iscrizione non costituiscono pregiudizio per il creditore. Questo pero crea un pregiudizio al terzo che abbia acquistato mediante atto scritto prima del pignoramento ma che abbia trascritto con data successiva al pignoramento la responsabilità per debito altrui. A questo punto il terzo potrà agire come previsto ai paragrafi precedenti. 2.4. L’INTERVENTO DEI CREDITORI. 2.4.1. I requisisti e gli effetti dell’intervento. Il processo di espropriazione forzata è lo strumento di attuazione della responsabilità patrimoniale, è pertanto il nostro ordinamento prevede anche la par condicio creditorum. Tale par condicio deve essere esercitata anche nel processo di espropriazione. Alla espropriazione singolare possono partecipare creditori ulteriori rispetto a quello pignorante.I creditori si dividono in tre precise categoria: 1. Creditori intervenienti muniti di titolo esecutivo. 2. Creditori intervenienti tempestivi e tardivi. 3. Creditori intervenienti chirografari e muniti di diritto di prelazione. La norma base di questo tipo di intervento sono stabilite dagli art. 499 a 500.I requisisti di ammissibilità sono i seguenti: Essere creditori muniti di titolo esecutivo. Essere creditori che al momento del pignoramento avevano gia eseguito un sequestro sui beni pignorati. Essere creditori muniti di pegno o un diritto di prelazione risultante da pubblici registri. Essere creditori titolare di un credito risultante dalle scritture contabili. Questi creditori hanno il diritto di partecipare alla distribuzione della somma ricavata, ed hanno il diritto di partecipare alla espropriazione del bene pignorato. 221 2.4.2. Creditori intervenienti muniti o non muniti di titolo esecutivo. 2.4.3. Creditori intervenienti tempestivi e tardivi. 2.4.4. Creditori chirografari muniti di un diritto di prelazione. 2.4.5. L’accertamento del credito dei creditori intervenuti. 2.4.6. Intervento e pignoramento successivo. 2.5. La vendita, l’assegnazione forzata e l’opposizione di terzo all’esecuzione 2.5.1. La vendita forzata in generale. 2.5.2. Gli effetti sostanziali della vendita forzata 2.5.3. La natura della vendita forzata e la sua stabilità. 2.5.4. L’assegnazione forzata. 2.5.5. L’opposizione di terzo all’esecuzione. 2.6. La distribuzione del ricavato. 2.7. La stabilità dei risultati dell’espropriazione forzata e l’opposizione agli atti esecutivi. 2.8. L’espropriazione dei beni indivisi. 2.9. L’espropriazione contro il terzo proprietario. 2.10. L’estinzione del processo. 3. L’ESECUZIONE FORZATA IN FORMA SPECIFICA. 3.1. Osservazioni generali. 3.2. L’esecuzione forzata per consegna o rilascio. 3.3. L’esecuzione forzata obblighi di fare e di non fare. 4. CONSIDERAZIONI IN TEMA DI TUTELA SPECIFICA E TUTELA RISARCITORIA. 222 CAPITOLO SEDICESIMO CENNI SU ALCUNI PROCEDIMENTI SPECIALI. 1. I PROCESSI DI SEPARAZIONE E DI DIVORZIO 1.1. La separazione consensuale. 1.2. La separazione giudiziale 1.3. Il processo di divorzio 2. L’EFFICACIA IN ITALIA DELLE SENTENZE STRANIERE 2.1. Premessa 2.2. Il sistema previsto dal codice 2.3. Cenni sul sistema emergente dalle convenzioni di Bruxelles del 1968 e di Lugano del 1988 223 CAPITOLO DICIASETTESIMO IL PROCESSO DEL LAVORO 1. Premessa Con l’introduzione della legge 533 del 1973, di riforma del titolo IV le secondo libro si è introdotto un rito speciale per quanto riguarda il diritto del lavoro. Caratteristiche sono: la ripetitività e la tipicità di tale rito, rivolte ad accelerare lo svolgimento del processo, rispetto al rito ordinario che è molto lento. E la caratteristica della tutela di diritti di rango costituzionale, e ridurre al minimo lo scarto tra verità formale e verità materiale. Si è voluto l’introduzione di un rito speciale, per risolvere le controversie in materia di lavoro individuali, rivolte alla tutela giurisdizionale, in quanto tale tutela è rivolta ad una tutela della parte debole quale può essere il lavoratore, rispetto al datore di lavoro. Altra particolarità è data dalla strutture, quale, tipicità e ripetitività, e l’esigenza di ridurre al minimo lo scarto tra verità formale e materiale. Con l’introduzione della riforma, si è avuto prima il pretore unico specializzato nella controversie del lavoro, e poi con la riforma del 1990/353, l’introduzione del giudice monocratico, e l’applicazione alla sentenza di primo grado, della provvisoria esecutorietà, per la durata della fase di un eventuale appello. 2. L’ambito di applicazione del rito speciale e il tentativo obbligatorio di conciliazione. 2.1. I NN. 1 e 2 dell’art. 409 Il legislatore del 1973, ha voluto, inserire una norma, che riunisse le cause del lavoro non per il loro petitum, ma bensì a tipi di rapporto disciplinati nell’art. 409 nei diversi punti, affidando inoltre una interpretazione espansiva della norma stessa. Al punto n. 1) “ rapporti di lavoro subordinato privato, anche se non inerenti all’esercizio di una impresa.” si disciplina che per potersi affidare al rito speciale del lavoro, occorra avere un rapporto subordinato, privato. la subordinazione anche se non è all’interno dell’esercizio di una impresa, l’importante che vi sia una subordinazione. ( sono escluse le controversie inerenti al lavoro dei detenuti). Privato che attiene non per quanto attiene ne il pubblico ne gli enti pubblici. Per meglio esemplificare art. 2095, rientrano nella tutela anche senza tenere conto della distinzione tra operai impiegati o dirigenti, e non importa che vi sia una impresa ad esempio, rientra nella categoria prevista dal punto, quali il lavoro domestico, o al servizio di comunità religiose ecc. Va anche precisato, che la controversia può essere per un lavoro subordinato, in atto, estinto o da costituire ( o alle conseguenze della sua mancata costituzione). Ulteriore caratteristica, è l’irrilevanza del diritto fatto valere in giudizio abbia la sua fonte, nel contratto collettivo e quindi nella legge, o nel contratto individuale. Al punto n. 2 ) “ rapporti di mezzadria, di colonia parziaria, di compartecipazione agraria, di affitto a coltivatore diretto, nonché rapporti derivanti da altri contratti agrari, salva la competenza delle sezioni specializzate agrarie.” Con sentenza della Corte di Cassazione dopo un periodo di incertezza, si è applicato a tutte le cause inerenti al punto . 2 anche quelle di competenza delle sezioni specializzate. Con successiva legge è stato specificato, che tutte le cause, previste al punto 2 sono di pertinenza del rito speciale. 224 2.2. il n. 3 dell’art. 409 e l’introduzione della equivoca nozione di lavoro parasubordinato. I NN 4 e 5 dell’art. 409 cenni sulla C.C. privatizzazione del pubblico impiego Nel processo del lavoro invece, vi è l’obbligo per il convenuto 416.3, di prendere posizione sui fatti, nella memoria difensiva, tale posizione deve essere precisa, e non limitata ad una semplice contestazione , ed a pena di decadenza deve specificare i mezzi di prova della quale intende avvalersi. Se invece si limiterà alla contestazione generica, non articolerà la prova contraria dei fatti edotti dall’attore, e quindi decadrà dalla possibilità di chiedere in un secondo momento l’assunzione della prova che non aveva dedotto. Per il processo del lavoro art. 418, la comparsa di risposta che contenga la domanda riconvenzionale, non deve essere notificata all’attore costituito. L’attore inoltre che non si costituisce durante la prima udienza, il convenuta art. 290, viene dichiarato contumace, e la comparsa di risposta dovrà poi ai sensi art. 292.1, notificate personalmente. Art. 418, quando il convenuto propone la domanda riconvenzionale,( 416. 2 deve essere depositata in cancelleria della memoria difensiva, ed a pena di decadenza devono essere proposte le eventuali domande riconvenzionali, e le eccezioni di merito non rilevabili d’ufficio) tra la proposizione della domanda e l’udienza di discussionenon devono trascorrere più di 50 giorni. Nel processo del lavoro, 420.9 la chiamata del terzo deve essere fatta dal convenuto prima della prima udienza. Il processo del lavoro. Nel processo del lavoro invece, vi è l’obbligo per il convenuto 416.3, di prendere posizione sui fatti, nella memoria difensiva, tale posizione deve essere precisa, e non limitata ad una semplice contestazione , ed a pena di decadenza deve specificare dei mezzi di prova della quale intende avvalersi. Se invece si limiterà alla contestazione generica, non articolerà la prova contraria dei fatti edotti dall’attore, e quindi decadrà dalla possibilità di chiedere in un secondo momento l’assunzione della prova che non aveva dedotto. Per il processo del lavoro art. 418, la comparsa di risposta che contenga la domanda riconvenzionale, non deve essere notificata all’attore costituito. L’attore inoltre che non si costituisce durante la prima udienza, il convenuta art. 290, viene dichiarato contumace, e la comparsa di risposta dovrà poi ai sensi art. 292.1, notificate personalmente. Art. 418, quando il convenuto propone la domanda riconvenzionale,( 416. 2 deve essere depositata in cancelleria della memoria difensiva, ed a pena di decadenza devono essere proposte le eventuali domande riconvenzionali, e le eccezioni di merito non rilevabili d’ufficio) tra la proposizione della domanda e l’udienza di discussionenon devono trascorrere più di 50 giorni. Nel processo del lavoro, 420.9 la chiamata del terzo deve essere fatta dal convenuto prima della prima udienza. Nel processo di lavoro invece vi è una diversità tra impugnazione principale e impugnazione incidentale. La’rt. 434.2 dispone che il ricorso deve essere depositato in cancelleria entro trenta giorni dalla notificazione della sentenza, o quaranta se la notificazione è stata effettuata all’estero. 225 Appello: L’appello incidentale 436, l’appellato deve costituirsi almeno dieci giorni prima dell’udienza mediante deposito in cancelleria del fascicolo e di una memoria difensiva che deve contenere una esposizione dettagliata delle difese, oltre ai motivi specifici per la quale fonda l’impugnazione, la memoria di costituzione deve essere notificato alla controparte 10 giorni prima dell’udienza a pena di decadenza. 226