Il Laboratorio Nazionale di Nanotecnologia del CNR

ISSN 2284-0354
settembre | ottobre
periodico di cultura dell’Università del Salento
periodico di cultura dell’Università del Salento
ISSN 2284-0354
settembre | ottobre
www.ilbollettino.unisalento.it
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Il Laboratorio Nazionale di Nanotecnologia del CNR NANO:
“C’eravamo anche noi”
Giuseppe Gigli; Gabriella Zammilloa
Direttore ff, NNL - CNR NANO; Tecnologo, NNL - CNR NANO
a
P
romossa dall’European Commission’s Research e
dall’Innovation Framework Programme H2020
(2014-2020) attraverso le Marie Skłodowska-Curie
actions, anche quest’anno la notte del 26 settembre
è stata dedicata interamente alla ricerca e ai suoi
protagonisti, la “Notte dei ricercatori” appunto, il
grande evento che, da ormai 9 anni, porta la scienza
ed i ricercatori tra i cittadini, i giovani, gli studenti,
coinvolgendo migliaia di persone sui grandi temi della
ricerca.
Una grande festa, un mix di competenze, passione,
ingegno, creatività, entusiasmo finalizzato non solo a
richiamare l’attenzione e l’interesse di appassionati e
addetti ai lavori ma, anche a rafforzare il rapporto tra
scienza, scuola e società, avvicinare i giovani al mondo
della ricerca ed incoraggiarli ad intraprendere carriere
scientifiche.
L’ex monastero degli Olivetani dell’Università del
Salento si è così trasformato, nell’ideale luogo di incontro
e di crescita culturale, che ha visto i ricercatori alle
prese con la diffusione del sapere privato degli steccati
tra discipline e separazioni tra mondo scientifico,
umanistico e vita quotidiana. Guide entusiaste di
un percorso culturale che l’Università del Salento
ha intitolato “Smart Salento Research” “teso, per
quanto possibile, a coniugare le tematiche territoriali
con quelle ambientali e dell’innovazione”, e a cui i
ricercatori del Laboratorio Nazionale di Nanotecnologia
dell’Istituto Nanoscienze del CNR hanno segnato
le tappe, rispondendo ai numerosi perché, tra
NANOzoom, NANOhands-on e NANOGigantografie,
dando vita ad un entusiastica dimostrazione dei passi
compiuti nel tempo da un cammino soltanto ipotizzato
circa cinquanta anni fa.
Cosa sono le nanotecnologie
Era il 1959 e al meeting dell’American Physical
Society, durante il discorso intitolato “There’s Plenty
of Room at the bottom”, il fisico Richard Feynman
dichiarò: “[…] un fisico potrebbe sintetizzare qualunque
sostanza chimica descritta da un chimico[…]. Dategli
le istruzioni e lui la sintetizzerà mettendo gli atomi
nei punti indicati dal chimico, in modo da ottenere la
sostanza voluta.”.
Feynman, profeta nel prevedere la possibilità di
manipolare la materia, ipotizzò di scrivere “l’intera
enciclopedia britannica sulla testa di uno spillo” e,
da buon visionario, argomentò di applicazioni nano in
elettronica, chimica, biologia, medicina. Alle domande
fondamentali della biologia: “qual è la sequenza del
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DNA?”, “dove si trovano le proteine?”[…] rispose
invitando semplicemente a guardare l’oggetto e aggiunse
che gli atomi a piccola scala si comportano secondo le
leggi della meccanica quantistica, diversamente da
come si comporterebbero a grande scala.
Tutto ciò che ha quindi dimensioni inferiori a un
micrometro (millesimo di millimetro) ha proprietà
peculiari che non si manifestano a scala superiore
e pertanto può essere oggetto di applicazioni
nanotecnologiche. Più le dimensioni dell’oggetto si
avvicinano alla scala nanometrica, maggiore è il numero
di atomi di superficie rispetto alle condizioni iniziali
osservate macroscopicamente.
Ma quanto è grande un nanometro (milionesimo di
millimetro)? Per averne un’idea, basti osservare che la
cruna di un ago misura circa un millimetro; un globulo
rosso, circa un micrometro; un filamento del DNA,
circa 2,5 nanometri; un atomo, circa un decimo di
nanometro…
Se Fyenman tenne a battesimo le nanotecnologie, fu
però Norio Taniguchi, nel 1974, a coniarne il termine per
descrivere la fabbricazione di materiali con precisione
nanometrica e poi Eric Drexler, nel 1986, a definire ciò
che divenne noto come nanotecnologia molecolare.
Quanto sia grande l’interesse verso questo settore
di ricerca, lo provano gli investimenti dedicati negli
ultimi 20 anni. La manipolazione della materia a
livello nanometrico ha infatti rivoluzionato la scienza
lasciando intravedere possibilità di sviluppo di
nuove tecnologie in settori come energia, ambiente,
elettronica, scienze della vita… tutti ambiti di ricerca che
fanno del Laboratorio Nazionale di Nanotecnologia del
CNR NANO un polo di riferimento per molte industrie
italiane ed internazionali, con le quali sono stati avviati
laboratori di ricerca congiunti finalizzati allo sviluppo
di nuovi prodotti ed applicazioni.
Un po’ di storia di NNL
Il Laboratorio Nazionale di Nanotecnologie (NNL)
dell’Istituto di Nanoscienze del CNR è un centro di ricerca
multidisciplinare, situato presso il Campus scientifico
dell’Università del Salento a Lecce. All’interno dei suoi
circa 12mila mq di laboratori e facilities, operano oltre
150 ricercatori tra fisici, chimici, biologi ed ingegneri
con l’obiettivo di sviluppare nuovi concetti, dispositivi
e applicazioni basati su approcci nanotecnologici
bottom-up (self assembling e ingegneria molecolare
di molecole organiche, polimeri e biomolecole) e topdown (nanotecnologie/litografie di ultima generazione
applicate a materiali semiconduttori), oltre che di
valorizzare i risultati di ricerca e trasferire le conoscenze
acquisite al tessuto industriale.
Curiosando tra le linee di ricerca
L’attività di ricerca di NNL è dedicata prevalentemente
allo sviluppo di nuovi nanomateriali e dispositivi con
funzionalità altamente innovative rispetto allo stato
dell’arte. Particolare attenzione è riservata ai settori
della biotecnologia, fotonica avanzata, computazione
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quantistica, energie rinnovabili, ambiente e scienze
della vita.
Notevoli sono infatti le competenze raggiunte dai
ricercatori di NNL nei settori della diagnostica, della
miniaturizzazione dei sensori, della microfluidica e
del drug delivery tant’è che non solo è stato possibile
realizzazione sistemi denominati “lab-on-a-chip”, veri
e propri “laboratori in chip”, destinati a rivoluzionare
il campo diagnostico e terapeutico, ma finanche
costruire nanoparticelle ad hoc, in laboratorio, capaci
di attaccare e distruggere cellule cancerogene senza
intaccare le cellule sane. Biosensori altamente sensibili
in grado di effettuare diagnosi precoci, chip per
screening, identificatori di biomarcatori, dispositivi
miniaturizzati a basso costo, di facile lettura, capaci di
analizzare rapidamente centinaia di migliaia di proteine
con cui sarà possibile poter prevenire o curare molto
precocemente diverse malattie.
Le avanzate competenze nel campo dei dispositivi
optoelettronici innovativi, rendono NNL competitiva
anche sul mercato del lighting, dei display e del
fotovoltaico per la fabbricazione di nuove sorgenti di
luce OLED, ultrasottili e ad elevata efficienza (fino al
doppio delle attuali lampade a basso consumo) e per la
realizzazione di celle fotovoltaiche di terza generazione
basate su materiali molecolari e ibridi, concorrenziali
non solo in termini di costi ridotti, ma anche per alcune
caratteristiche peculiari, come per esempio la possibilità
di essere istallati verticalmente, la semitrasparenza
e il colore modulabile, che ne permettono facile
integrazione in edifici e vetrate.
Ad NNL, la ricerca su materiali e dispositivi organici
non conosce confini. Se per un verso, l’attenzione si
focalizza sullo sviluppo di nuove tecnologie e materiali
biomimetici innovativi, come le nanofibre polimeriche,
filamenti migliaia di volte più sottili di un capello,
altamente flessibili, le cui applicazioni spaziano dal tessile
alla medicina rigenerativa, dalla catalisi ai dispositivi
optoelettronici, per l’altro, non trascura i Nanocristalli
colloidali, dei quali ne fa un’ulteriore oggetto di ricerca.
I nanoscristalli colloidali, sono infatti oggetti con
dimensioni dell’ordine di 3-100 nanometri, costituiti
da svariati materiali inorganici (semiconduttori, ossidi,
metalli), in grado di esibire proprietà optoelettroniche,
magnetiche e catalitiche. Sono utilizzati come materiali
attivi in celle solari di ultima generazione, OLED,
nanocompositi e markers per applicazioni diagnostiche
in vivo, ma possono essere impiegati anche per la
realizzazione di nuove sorgenti quantistiche che
emettendo un singolo fotone per volta, di grande utilità
nella realizzazione di comunicazioni ottiche altamente
sicure, come nel caso della crittografia quantistica.
È indubbio che il controllo delle tecnologie quantistiche
è determinante per differenti applicazioni di nuova
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generazione in cui la dimensione dei dispositivi è
prossima al nanometro. Una delle sfide più affascinanti
su cui lavorano i ricercatori di NNL consiste peraltro nel
trovare, attraverso la fotonica avanzata e la spintronica
(moderna branca della scienza che permette di sfruttare
una proprietà dell’elettrone per memorizzare dati in
molecole magnetiche) nuovi sistemi di memorizzazione
ed elaborazione dati per una nuova generazione di
computer ultraveloci.
Computer ottici di questo tipo ridurranno
notevolmente, in futuro, le perdite energetiche
abbassando le soglie di attivazione e minimizzando le
dissipazioni in calore, ma allo stesso tempo, favoriranno
operazioni ad altissima velocità e maggiore sicurezza e
riservatezza nella trasmissione dei dati.
I contenuti della Notte
1. Da Enigma al computer quantistico
Marco Mazzeo; Gabriella Zammillo in collaborazione
con la Farnesina.
Tutti i computer di oggi fanno la stessa cosa
dell’ENIAC del 1946. Questa frase potrebbe sembrare
paradossale in quanto assistiamo ad una continua
crescita della potenza di calcolo dei processori ma in
realtà essi non fanno altro che elaborare informazione
mediante transistors e porte logiche a livello di bit
(1 e 0) seguendo le leggi della fisica classica. L’unica
differenza tra un computer di 70 anni fa e un portatile
di oggi non è qualitativa, ma quantitativa: mentre
l’ENIAC consisteva di 18000 valvole termoioniche
(gli antenati dei transistors odierni), un processore
moderno possiede miliardi di transistors diventati
sempre più piccoli nel corso del tempo fino a dimensioni
di una decina di nanometri. Tuttavia, fino a che
punto sarà possibile ridurre le dimensioni dei singoli
transitors sapendo che prima o poi ci si imbatterà
nelle leggi fisiche del microcosmo dove domina la
fisica quantistica? Al di sotto di certe dimensioni
intervengono problemi di diffrazione della luce nella
fabbricazione (rendendo i contorni dei dispositivi
meno netti) e gli stessi transistors non riescono più
a trattenere la carica elettrica per via del principio
quantistico di indeterminazione di Heisenberg, il quale
grossolanamente afferma che “quanto più localizziamo
una particella nello spazio, tanto più essa tende a non
essere trattenuta sul posto”. Il futuro del computer è
perciò strettamente legato allo sviluppo di nuove idee e
tecnologie che sappiano sfruttare la tendenza dei quanti
a non essere singolarmente imbrigliati, più che eludere
la fisica dei quanti.
Oggi, grazie alle nanotecnologie e alla fotonica, nei
laboratori di tutto il mondo si stanno battendo strade
prima insperate in cui si sfruttano le proprietà “folli”
della natura quantistica della realtà. Ad esempio,
il principio di sovrapposizione scoperto da Erwin
Shroedinger, uno dei padri fondatori della meccanica
quantistica, afferma che se una particella quantistica
(come un elettrone o un fotone) può vivere in due stati
alternativi, in certe circostanze esso le sperimenta
entrambe simultaneamente. Questa folle proprietà
implica che se un fotone è libero di passare attraverso
due piccole aperture, esso le attraverserà entrambe senza
dividersi (processo di interferenza); se un elettrone
può “girare” su se stesso in senso orario o antiorario,
esso potrà ruotare simultaneamente nei due sensi
(sovrapposizione di spin); se infine un elettrone può
essere confinato in due piccole buche molto vicine, esso
potrà trovarsi in entrambe, ancora una volta senza mai
dividersi (sovrapposizione delle posizioni). Esperimenti
condotti con la luce e fenditure o cavità, con spin
elettronici e campi magnetici e con giunzioni Josephson,
hanno ormai confermato il principio di sovrapposizione
a livello dei singoli quanti che, ormai, possono essere
prodotti e manipolati quasi singolarmente. Ed in effetti
vari tipi di dispositivi che sfruttano queste proprietà di
fotoni ed elettroni potranno a breve essere adoperati
nella tecnologia dei computer al fine di manipolare
l’informazione a livello dei bit quantistici o q-bit. Poiché
ognuno di questi due stati può essere definito come
un 1 o uno 0, a causa della sovrapposizione, lo stato
quantistico sarà una miscela simultanea di 1 “e” 0, con
arricchimento di informazione pari alla differenza che
passa tra l’informazione contenuta sulla superficie di
un mappamondo (sfera di Bloch) e quella contenuta nei
soli due poli nord e sud.
Presso NNL del CNR NANO si stanno conducendo
ricerche in tal senso in cui, ad esempio, dallo
sfruttamento del comportamento dei fotoni intrappolati
in microcavità, riempite con molecole o semiconduttori,
è possibile realizzare dispositivi e porte logiche di nuova
generazione che utilizzano le proprietà quantistiche di
queste particelle. Questo è stato peraltro il tema di fondo
della sessione “Da Enigma al computer quantistico”,
presentata nell’ambito della Notte dei Ricercatori,
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con cui si è voluto mettere in evidenza come l’idea di
computazione stia cambiando grazie alla meccanica
quantistica e alle nanotecnologie. L’evento, realizzato in
collaborazione con la Farnesina e col prezioso supporto
del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, ha
potuto vantare dell’esclusiva esposizione al pubblico
della “Macchina Cifrante ENIGMA”, custodita ora
presso la Farnesina, ma usata durante la seconda
guerra mondiale dall’esercito tedesco. La Macchina
cifrante, che fu decodificata da Alan Turing, il fondatore
del computer universale e dell’intelligenza artificiale,
che per l’indiscusso valore storico e culturale, se per
un verso ha richiamato alla mente il nostro passato,
dall’altro ha lasciato intravedere la speranza che presto
si possano condurre i singoli dispositivi quantistici a
poter elaborare informazioni ad un livello più profondo
di quello della fisica classica, con grandi ricadute che
dalla fisica di base muovono verso la tecnologia dei
computer, l’informazione e la crittografia.
2. Lab on chip, microfluidica e chimica
Valentina Arima, Alessandra Zizzari, Antonella
Zacheo, Monica Bianco, Elisabetta Perrone, Rosaria
Rinaldi.
Negli ultimi anni, i chimici stanno esplorando il
mondo della microfluidica e dei dispositivi Lab on
chip (acronimo che significa “Laboratorio in un chip”)
come nuovi strumenti per la sintesi di prodotti e lo
studio di interazioni su scala del micro/nanometro.
Attualmente, nell’ambito della ricerca, vengono
realizzati microreattori in flusso continuo applicati a
svariati ambiti della chimica sintetica, che risultano
estremamente promettenti particolarmente nel
campo della radiochimica e della catalisi in quanto
permettono di ridurre i volumi di solvente contaminati,
di lavorare in maggiore sicurezza e di effettuare reazioni
più velocemente che con le metodologie standard,
incrementando notevolmente rese e selettività. Inoltre,
grazie al confinamento del liquido, la microfluidica
permette di effettuare studi di base sulle interazioni
chimiche tra molecole e interfacce liquide o solide per
esplorare interessanti proprietà di fluidi e superfici.
Nell’ambito di questa tematica, presso lo stand del
CNR-NANO di Lecce sono state mostrati una serie
di microreattori prodotti presso i nostri laboratori
con moderne tecnologie di microfabbricazione. Tali
prototipi hanno trovato applicazione nella sintesi e
purificazione di vari prodotti chimici e tutto questo
è stato sviluppato in collaborazione con gruppi di
ricerca europei. Molti dei dispositivi mostrati sono
stati utilizzati per effettuare un intero processo di
produzione di radiofarmaci per Tomografia a Emissione
di Positroni (PET), analisi comunemente utilizzata
nella diagnosi delle malattie tumorali. Presso lo stand,
abbiamo spiegato i vantaggi di produrre radiofarmaci in
un sistema microfluidico rispetto ad un sistema di tipo
tradizionale, e mostrato dispositivi in grado di effettuare
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uno scambio di solvente tra acqua/acetonitrile. Un’altra
applicazione mostrata ha riguardato la produzione di
composti aromatici, in un sistema microfluidico in cui
è inserita una resina catalitica. I microreattori e i Lab
on chip hanno stupito per la loro apparente semplicità
e per la loro documentata efficienza; molte domande
hanno riguardato come si possano produrre, quanto
sia facile utilizzarli e, soprattutto, le prospettive future.
Quest’ultima è stata la domanda a cui è stato più difficile
dare una risposta: i tempi della ricerca non sono quelli
di un’industria ed ogni nuova rivoluzione tecnologica
richiede voglia di cambiamento, apertura mentale,
ma anche sostenere costi non indifferenti. L’interesse
manifestato dei partecipanti all’evento “Notte dei
ricercatori” ha mostrato che il lavoro quotidiano dei
ricercatori suscita curiosità particolarmente nelle nuove
generazioni e questo, chiaramente, ci rende fiduciosi
nel futuro.
3. Dai nanocristalli alle microparticelle…
Loretta L. del Mercato, Alessandra Quarta, Luigi
Carbone, Concetta Nobile, Marzia M. Ferraro, Laura
Gioia Passione, Riccardo Scarfielo, Giuseppe Gigli, Ross
Rinaldi.
Le Nanoscienze e Nanotecnologie costituiscono
una branca giovane della ricerca scientifica, che
mira allo studio, fabbricazione e caratterizzazione
di strutture artificiali con lo scopo di controllarne, su
scala nanometrica, le principali proprietà chimicofisiche. L’interesse accademico ed industriale verso i
nano-materiali è stato stimolato dalla scoperta che le
proprietà chimiche, elettriche, ottiche e magnetiche
dei materiali cambiano quando le dimensioni di questi
sono ridotte ad un numero piccolo di atomi. Nuovi
termini, come nano-tubi, nano-wire, quantum dot,
sono ormai divenuti familiari nel gergo scientifico.
Questi nano-oggetti sono, difatti, tra le unità materiali
più piccole realizzate dall’uomo e rappresentano le
unità fondamentali di dispositivi e/o architetture più
o meno complesse nelle più disparate applicazioni.
Per esempio nell’industria microelettronica, nanomateriali e nuovi approcci tecnologici basati su di
essi sono intensivamente esplorati per sviluppare
dispositivi su nano/micro-scala, per soddisfare alla
richiesta sempre più pressante di miniaturizzazione. In
campo biomedico, invece, la possibilità di manipolare e
assemblare materiali nuovi con biomolecole e farmaci
ha aperto nuove frontiere nei settori diagnostico e
terapeutico, attraverso lo sviluppo di assembly sopramolecolari e dispositivi artificiali potenzialmente utili a
diagnosi più efficienti, e terapie biomedicali innovative.
Esempi in questo campo sono rappresentati da nanocapsule, come i liposomi, in grado di caricare farmaci,
trasportarli agli organi di interesse e rilasciarli in
modo controllato; oppure nano-compositi, formati da
nano-particelle magnetico-fluorescenti e biomolecole
assemblate, che consentono un’analisi più veloce
(visualizzazione rapida in fluorescenza) e più selettiva
(“accumulazione” magnetica delle nanoparticelle al
sito bersaglio) di cellule e tessuti. In questo contesto
si inseriscono le attività di ricerca dei laboratori di
Nanochimica, Biofisica e Biologia, alcune delle quali sono
state illustrate presso lo stand di NNL del CNR NANO.
I poster, in forma di ‘gigantografie’, hanno mostrato
come utilizziamo le nanotecnologie per produrre
materiali intelligenti che siano in grado di migliorare il
nostro stile di vita, la nostra salute e l’ambiente in cui
viviamo. Una galleria di immagini, proiettate all’interno
dello stand, ha permesso di mostrare le forme e le
proprietà dei micro- e nano-materiali svelate all’occhio
umano mediante l’uso di microscopi sofisticatissimi,
quali microscopi elettronici e microscopi confocali.
Le attività dimostrative hanno illustrato ai visitatori
come preparare alcuni dei materiali presentati e le
loro proprietà, tra cui le proprietà fluorescenti di
nanoparticelle colloidali con diametro dai 2 ai 6 nm, e
come è possibile variare il colore di emissione dal blu
al rosso, variando semplicemente di pochi nanometri le
dimensioni delle nanoparticelle. I ricercatori hanno poi
illustrato come le diverse tipologie di nano-particelle
possono essere inserite in micro-particelle polimeriche
per ottenere materiali compositi le cui proprietà̀
derivano dall’unione sinergica delle proprietà̀ dei
singoli costituenti, che ne permettono l’impiego in
molteplici applicazioni tecnologiche. Ai più curiosi è
stata mostrata in tempo reale la procedura di sintesi di
micro-particelle utilizzate dai ricercatori per lo sviluppo
di (i) sensori di molecole biologiche in grado di muoversi
all’interno di cellule viventi, (ii) vettori di farmaci
antitumorali in grado di essere manipolati dall’esterno
del corpo umano, e (iii) micromotori a propulsione di
ossigeno in grado di muoversi autonomamente.
4. Nanocarriers per la Nanomedicina
Nemany Hanafy, Concetta Nobile, Maria Luisa de
Giorgi, Ross Rinaldi, Stefano Leporatti.
La nano-medicina ossia la nanotecnologia applicata
alla medicina ha dimostrato la sua capacità di
migliorare l’efficienza dei farmaci e il loro assorbimento
cellulare, poiché è in grado di risolvere il problema della
resistenza ai farmaci anticancro. La riduzione della
tossicità dei farmaci in seguito al loro incapsulamento
in nano-vettore è l’obiettivo specifico per indirizzarlo
solo sulle cellule tumorali ed evitare le cellule sane.
Il nano vettore è usato per proteggere le cellule sane
dall’esposizione alla tossicità e definito come vettore
unico per il rilascio controllato del farmaco. Il nostro
obiettivo è quello di sviluppare nano-carriers con
particolari proprietà fisiche e chimiche per evitare
citotossicità, per prevenire la coagulazione del sangue e
per incapsulare molecole cargo.
5. Il Gatto che graffia la cellula: la Nanomeccanica
per la Nanomedicina
Mariafrancesca Cascione, Daniele Vergara, Antonio
Gaballo, Giuseppe Maruccio, Ross Rinaldi and Stefano
Leporatti
Da numerosi decenni il legame tra biomeccanica e
medicina è oggetto di notevole attenzione da parte della
comunità scientifica. Dal punto di vista biologico, è
ormai noto come un’alterazione dello stato di salute delle
cellule implichi una variazione della funzione cellulare
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e viceversa; tale variazione si esprime anche attraverso
una differente risposta meccanica agli stimoli indotti
dall’ambiente esterno. Il nostro obiettivo è stabilire una
connessione tra struttura cellulare, funzione biologica,
proprietà meccaniche e stato di salute/malattia
umana. A tal fine le nanotecnologie contribuiscono
fornendo tecniche innovative per studiare le cellule. In
particolare, nei nostri laboratori è stato recentemente
assemblato “Cat” (Gatto) , uno strumento capace di
visualizzare le cellule in 3D con risoluzioni elevate,
un sistema integrato di ultima generazione composto
da un microscopio Confocale laser, un microscopio a
forza Atomica e un microscopio a riflessione interna
totale in fluorescenza, ciascuno capace di raggiungere
risoluzioni di milionesimi di millimetro, consentendoci
così: di investigare gli oggetti biologici direttamente nel
loro ambiente naturale (soluzioni buffer, in situ, in vitro
se non in vivo) senza la necessità di alcun trattamento
preliminare purchè il campione sia adeso ad un
substrato; di estrarre informazioni circa l’elasticità
della cellula analizzata; di correlare i risultati ottenuti
allo studio dell’adesione cellulare e confrontarli con le
variazioni strutturali del citoscheletro e di ottenere, in
tal modo, lo studio completo “tridimensionale “della
cellula.
6 Energie alternative ed efficienza energetica: il ruolo
chiave delle nanotecnologie molecolari
M. Mazzeo, V. Maiorano, A. Rizzo, A. Genco, S. Carallo,
A. Maggiore, M. Pugliese, F. Mangione, S. Gambino, D.
Simeone, F. Mariano, G. Gigli
La nanotecnologie molecolari rappresentano uno dei
livelli più avanzati e ambiziosi delle nanotecnologie,
essendo intrinsecamente orientate all’applicazione
nello sviluppo industriale e in grado di offrire soluzioni
concrete ai problemi tecnologici nella direzione
dell’efficienza energetica e della tutela dell’ambiente
e della salute dell’uomo. L’implementazione e il
consolidamento di tecnologie innovative basate su
materiali plastici e ibridi organico/inorganico di nuova
concezione, a basso costo di produzione e ridotto
impatto ambientale offrono notevoli opportunità in
tal senso. Per l’incremento di efficienza nel settore
energetico e dell’illuminazione artificiale, gli OLEDs
(Organic Light Emitting Diodes) rappresentano una
classe di dispositivi molto promettenti con un’efficienza
luminosa o di potenza teorica raggiungibile di 200
lm/W. Offrono una capacità imparagonabile di
modulare la tonalità di colore, incluso il bianco con
elevato indice di resa cromatica e potranno essere
implementati su pannelli di larga area eventualmente
flessibili con tecniche di basso costo quali, evaporazione
termica, spin coating, tecniche roll-to-roll. Nel campo
delle energie alternative, la gamma di celle solari di
“terza generazione” è ampia e comprende classi di
dispositivi in diversi stadi di maturazione tecnologica:
celle full-organic (la cui parte attiva è totalmente
organica, molecole di basso peso molecolare o polimeri),
celle ibride organiche-inorganiche basate nanocristalli
colloidali di semiconduttori inorganici, assemblati
in forma di films ultrasottili mesoporosi di ossido di
titanio fotosensibilizzati nel visibile con sensibilizzatori
organici o materiali perovskitici, o dispersi in matrici
polimeriche foto- ed elettro-attive. Di particolare
rilevanza sono le le celle fotovoltaiche basate su
perovskiti che hanno raggiunto in soli due anni un’
efficienza del 20%. Nell’ambito della manifestazione i
ricercatori del CNR NANO hanno illustrato dispositivi
organici di nuova generazione. Molta la curiosità
suscitata dagli OLED, soprattutto tra i bambini, alle
prese per la prima volta con sorgenti plastiche ad
emissione di luce.