la Repubblica RSALUTE/ LA RICERCA MARTEDÌ 24 MARZO 2015 39 PER SAPERNE DI PIÙ www.icgeb.trieste.it www.sanraffaele.org/61526.html Ingegneria genetica. A Seattle summit sui microrganismi patogeni trasformati in modo da portare Dna nelle cellule umane e curare malattie Biosimilare Oltre due milioni di italiani soffrono di malattie infiammatorie croniche (artrite reumatoide, malattia di Crohn e psoriasi) ma, per i costi, pochi hanno accesso ai farmaci biologici. Con l’introduzione del biosimilare di infliximab si potrebbero risparmiare 4000 euro all’anno per paziente, per un totale di oltre 3 milioni. I dati al congresso di Bergamo. Farmaco/1 L’anticoagulante orale Dabigatran etexilato (Boehringer Ingelheim) ha ricevuto la rimborsabilità anche in Italia per una nuova indicazione, il trattamento e la prevenzione delle recidive di trombosi venosa profonda (TVP) ed embolia polmonare (EP). Farmaco/2 Ed è disponibile in Italia Ruxolitinib di Novartis, primo farmaco sviluppato e approvato per il trattamento della mielofibrosi, raro e grave tumore ematologico che colpisce le cellule staminali del midollo osseo. I pazienti trattati hanno avuto un aumento significativo della sopravvivenza rispetto alle terapie convenzionali. (al. mar.) La giornata Il 10 aprile è la prima giornata nazionale AOOI della prevenzione otorinolaringoiatrica e diagnosi precoce del tumore del cavo orale. Screening gratis ad accesso libero negli ambulatori di molte città. In Italia sono circa 12 nuovi casi annui/100.000 abitanti. Info su www.giornatapreve nzioneaooi.it © RIPRODUZIONE RISERVATA GIUSEPPE DEL BELLO ENI ritagliati, incollati e inseriti nel Dna umano. Costruiti su misura. A seconda delle esigenze. È l’operazione — la definizione è giornalistica — Trojan horse, letteralmente “cavallo di Troia”, l’ultima frontiera dell’ingegneria genetica che usa virus dopo averne annullato la patogenicità. Obbiettivo: sfruttarli come navicelle per portare geni capaci di curare le malattie. Ci si rifà a virus della famiglia dell’Hiv e di altre famiglie simili: possono essere scomposti, dissezionati, e resi innocui. Togliendo loro la carica patogena, grazie alla semplice (si far per dire) sostituzione di uno o più geni. Se in un organismo viene rivelata la presenza di un difetto del Dna (come, appunto, in un soggetto affetto da patologia genetica) oggi è possibile veicolare all’interno della cellula malata un segmento sano, un gene, utilizzando vettori disarmati. Un esempio tipico, spiega Carlo Federico Perno, ordinario di Virologia all’università Tor Vergata di Roma, è rappresentato dall’Ada, il deficit di adenosin-deaminasi, enzima essenziale per la maturazione e il funzionamento dei linfociti T. Spesso letale già nella prima infanzia, la carenza uccide i bambini non trattati nei primi cinque anni di vita: «Oggi è possibile introdurre il gene dell’adenosin-deaminasi mancante con un virus modificato che andrà a integrare il proprio Dna e il gene mancan- G Ma prima si privano della capacità di moltiplicarsi per non fare danni te all’interno delle cellule. Da quel momento quelle cellule avranno la proteina che le mancava. Ovviamente, il virus-vettore, dovrà essere privo di patogenicità, nel senso che infetterà la cellula senza ucciderla, né danneggiarla». Il cavallo di Troia più impiegato è il virus dell’Aids, lo Hiv. Gli scienziati del San Raffaele di Milano (dove vengono trattati piccoli con questo deficit) e del Centro di Ingegneria genetica di Trieste diretto da Mauro Giacca sono all’avanguardia. «L’Hiv è un virus che, reso innocuo, può essere trasformato in un vettore molto efficace, soprattutto per globuli bianchi e precursori dei rossi — osserva Giacca — e, tra l’altro, può anche essere utilizzato per la terapia stessa dell’Aids». Come si effettua la metodica? «Si tratta di un taglia e cuci — risponde lo scienziato — i geni patogeni del virus vengono rimossi e sostituiti da geni terapeutici. Così, si ottengono particelle di virus che andranno a infettare in maniera innocua le cellule-bersaglio». Ma la terapia genica va oltre le malattie ereditarie, precisa il ricercatore, rappresentando «una prospettiva valida anche per patologie più frequenti, come tumori, cardiopatie e malattie degenerative tipo Parkinson». Ulteriore campo di applicazione, i vaccini. «Per stimolare le difese immunitarie — esemplifica Perno — ci sono due modi: la vaccinazione classica attraverso l’iniezione di una proteina del germe verso cui proteggersi, oppure la generazione di un vettore virale col gene per quella proteina. Così, quest’ultima viene direttamente prodotta nell’organismo, riconosciuta dal sistema immunitario e la risposta diventa molto più valida. Potrebbe valere per molte vaccinazioni che non funzionano efficacemente, come per malaria e tubercolosi, malattie per le quali il sistema immunitario non vede bene l’antigene e, quindi, senza efficace risposta manca l’adeguata protezione». Ma se l’ingegneria genetica utilizza i virus per contrastare tante malattie, alcuni di questi continuano a minacciare milioni di pazienti, spesso insieme. L’Hiv e l’Hcv, Aids ed epatite C, in particolare. Dueinfezioni nello stesso malato esposto alle conseguenze di entrambe le malattie. Dalla cirrosi al tumore del fegato nel caso dell’epatite e dalle malattie sistemiche ai tumori se la responsabilità è del virus Hiv. Sono alcuni dei temi dibattuti durante la Conference on retroviruses and opportunistic Infections (Croi) che si è conclusa a Seattle (Usa) di recente. Qui sono stati presentati i dati avanzati sulla co-infezione Hiv-Hcv e sull’efficacia dei nuovi trattamenti. Il grosso problema, conclude Perno, è che quando «sono contemporaneamente presenti nello stesso organismo, si potenziano a vicenda. L’Hiv rende così più rapida l’evoluzione dell’epatite verso cirrosi e cancro del fegato (anche solo 3-4 anni invece che 20-30 in caso di infezione isolata da Hcv), mentre al contrario, la presenza di Hcv favorisce i danni causati dal virus Hiv. È la condizione che fa aumentare lo stato infiammatorio, a sua volta responsabile del danno ai tessuti di per sé determinato dall’Hiv. Col rischio di sviluppare malattie sistemiche, patologie dell’apparato cardiovascolare e tumori linfatici (linfomi)». In sostanza, in presenza di virus Hcv si registra un deficit immunitario che rende meno valide le terapie antinfettive, mentre nei pazienti con co-infezioni i nuovi farmaci Hcv funzionano benissimo». INFOGRAFICA PAULA SIMONETTI FLASH Dal virus dell’Aids il cavallo di Troia che salva la vita © RIPRODUZIONE RISERVATA TERAPIE. Una nuova cura elimina l’Hcv dell’epatite C in chi ha anche l’infezione da Hiv IDS, buone prospettive con i nuovi farmaci anti-epatite C. Lo dicono gli studi presentati a Seattle sulle co-infezioni: le molecole contro il virus Hcv (epatite C) sono efficaci nei pazienti contagiati contemporaneamente anche dall’Hiv (immunodeficienza acquisita). La risposta al trattamento per questa fascia di soggetti è simile (e quindi molto valida) a quella registrata nei pazienti mono-infetti (Hiv negativi) al virus epatitico. «Di norma, in presenza di Hiv», dice Perno, «le terapie antifettive funzionano meno bene perché il sistema immunitario è compromesso, invece in questo caso nei pazienti portatori di entrambe le infezioni i nuovi farmaci Hcv si sono rivelati particolarmente efficaci». In questo ambito sono stati presentati i dati dello studio Turquoise-I in cui i pazienti infettati contemporaneamente da Hiv e Hcv sono stati sottoposti a un protocollo combinato messo a punto dalla holding farmaceutica Abbvie comprendente A tre farmaci anti-Hcv (Viekira-Pack) in associazione a ribavirina. I risultati pubblicati su Jama sono spettacolari, ribadisce Perno: «Oltre il 90% dei pazienti è guarito definitivamente dall’infezione Hcv. Un successo che potrebbe abbattere le malattie epatiche più gravi, cirrosi e cancro. Ma anche, nello stesso tempo, ridurre i danni collaterali causati all’organismo dall’Hiv col sostegno dell’Hcv. Adesso sappiamo che sono disponibili farmaci potentissimi, ma purtroppo sappiamo anche che avremo difficoltà a stabilire una priorità di trattamento. E questo perché, per ragioni di costi, non si riuscirà a curare tutte le persone infettate da Hcv in Italia. Da un lato auspico un aumento delle risorse, dall’altro l’istituzione di uno schema che, non escludendo alcun paziente infetto, consenta l’accesso immediato ai casi più urgenti. E tra questi, i soggetti con la duplice infezione Hcv e Hiv». (g. d. b.) © RIPRODUZIONE RISERVATA