Viviana Cavallaro Il ruolo degli Orti botanici: il Museo Orto Botanico dell’Università di Bari di Viviana Cavallaro Ringrazio la dott.ssa Somma poiché ci dà puntualmente l’opportunità di incontrarci per discutere sul ruolo scientifico e culturale svolto dagli Orti botanici e quindi di esporre il nostro lavoro quotidiano. In primo luogo dobbiamo chiederci cosa sono oggi gli Orti botanici e per questo dobbiamo ripercorrere il passato. Sicuramente sono il frutto della cultura rinascimentale. Il rinascimento segna la nascita degli Orti botanici quali centri di studio della Botanica. Il grande movimento culturale che interessò l’Europa influenzò anche i botanici della metà del Cinquecento che, nell’osservare le piante e la loro armoniosa e coerente corrispondenza alle condizioni ambientali, compresero che l’Uomo non è padrone della Terra ma solo un utilizzatore al pari degli animali e delle piante. Questo nuovo approccio culturale allargò l’interesse dei botanici verso tutte le piante e non più solo verso quelle coltivate o di interesse farmaceutico. Nella seconda metà del Cinquecento il giardino dei semplici si evolve in Hortus botanicus, cioè veri e propri centri di studio e di insegnamento delle scienze botaniche e pertanto annessi alle Università. Fu un italiano Luca Ghini che nel 1543 fondò a Pisa il primo Orto botanico, ad esso seguirono nel 1545 quello di Padova, che oggi risulta il più antico, e quello di Firenze. Nei secoli successivi furono istituiti numerosi Orti, oggi considerati storici, quali quello di Palermo, di Catania, Napoli ed altri sino ad arrivare a quelli di recente istituzione. Tutto il Cinquecento ed il Seicento furono secoli particolarmente fecondi per la botanica, abbiamo opere importanti sino quelle settecentesche di Linneo che rappresentano ancora testi base di riferimento soprattutto per i botanici sistematici. È evidente che con il passare dei secoli il ruolo svolto dagli Orti botanici cambia fino ad arrivare ai giorni nostri quando, utilizzando una definizione proposta da un’organizzazione internazionale qual è la BGCI (Botanic Gardens Conservation International), essi vengono definiti nel 1999 come ‘un’istituzione avente documentate collezioni di piante viventi per scopo della ricerca scientifica, conservazione, esposizione ed educazione’. In questa definizione noi ritroviamo riassunti tutti i compiti che un Orto botanico, soprattutto se universitario, svolge. Va inoltre ricordato che quelli universitari danno maggiori garanzie perché svolgono in primo luogo attività di ricerca con continuità nel tempo. L’orientamento della totalità 35 Il ruolo degli Orti botanici: il Museo Orto Botanico dell’Università di Bari degli Orti Botanici del mondo nei riguardi della conservazione della biodiversità è quella di rivolgere la massima attenzione e cura nella conservazione dei taxa regionali nell’ambito del territorio d’insistenza dell’istituzione botanica. Ricordiamo che nel mondo, secondo una stima fornita dalla BGCI, sono presenti circa 2.500 Orti botanici che conservano all’incirca 100.000 specie, circa il 30% delle piante vascolari, gran parte delle quali vengono conservate nelle banche del germoplasma di cui molti Orti oggi sono forniti. Importante è comprendere come gli Orti ottemperano ai loro compiti ed in particolare consideriamo come l’Orto dell’Università degli Studi di Bari realizza i suoi obbiettivi. Il nostro orto botanico è di recente istituzione, nasce nel 1955 grazie all’impegno della professoressa Eleonora Francini ed è annesso all’Istituto di Botanica. Successivamente nel 1964 diviene Istituto universitario e nel 2000 Museo Orto Botanico. Oggi si estende su un’area di 10.000 mq all’interno del Campus Universitario e pertanto nel cuore della città, posizione importante poiché permette ai cittadini di fruire facilmente di questo bene. Sono presenti oltre 800 specie viventi la maggior parte delle quali appartenenti alla flora pugliese. In particolare sono presenti specie delle liste rosse o che hanno un particolare interesse fitogeografico ed a tal proposito ricordiamo la presenza ad esempio di Eryngium barrelieri Boiss., Periploca graeca L., Ipomoea sagittata Poiret. Sempre al fine di realizzare la conservazione della biodiversità è stata istituita una Banca del Germoplasma configurata come una Seed Bank. Essa nasce nell’ambito di una delle azioni previste dal progetto LIFE03 NAT/IT/000134 ‘Conservazione dell’habitat Thero-Brachypodietea Sic Area delle Gravine’, volto alla conservazione e al recupero dell’habitat prioritario ‘Pseudo-steppe with grasses and annuals of the Thero-Brachypodietea’ (Allegato I - Direttiva 92/43/CEE ‘Habitat’). Nella banca sino ad oggi è stato possibile conservare (ex situ) circa 100 specie con oltre 2 milioni di semi, alcune di queste sono di particolare interesse quali: Acinos suaveolens (S. et Sm.) G. Don, Triticum biunciale (Vis.) K. Richter, Stipa austroitalica Martinovsky ssp. austroitalica, Chamaecytisus spinescens (Presl) Rothm., Thymus spinulosus Ten., Helianthemum jonium Lacaita, Iris pseudopumila Tineo, Crocus thomasii Ten., Alyssum saxatile L., Phlomis fruticosa L., Scrophularia lucida L., Asyneuma limonifolium (L.). Fondamentale ai fini della ricerca è la presenza dell’erbario che possiamo considerare una biblioteca perché ogni campione e quindi ogni pianta, ci dice qualcosa ed ha in sé una mole di dati. L’erbario dell’Orto barese presenta circa 40 mila campioni di cui il più antico risale al 1809, inoltre sono presenti erbari storici quali quelli del Chiovenda e del Palanza che risalgono ai primi anni del Novecento. Di recente l’erbario, grazie a un progetto finanziato dalla Regione Puglia, è stato oggetto di una ristrutturazione e riqualificazione che ha previsto la costruzione di 36 Viviana Cavallaro un ambiente climatizzato, dove la temperatura e l’umidità vengono mantenute costantemente a bassi valori rendendo possibile in tal modo una buona conservazione dei campioni. Nell’ambito dello stesso progetto è stato possibile realizzare un sito web in cui è presente l’erbario on-line che consente una facile consultazione dei campioni. Importante è anche la partecipare a programmi di studio della flora e della vegetazione, di recupero e reintroduzione di specie minacciate o di restauro degli habitat. Non meno importante è il ruolo svolto nel campo della divulgazione e dell’educazione ambientale. Il complesso delle attività divulgative svolte è testimoniato dalle numerose visite guidate rivolte soprattutto alle scolaresche, dalla apertura al pubblico nei giorni feriali, dalla costante partecipazione a manifestazioni quali ‘La settimana della cultura scientifica’ e ‘La notte dei ricercatori’, dalla collaborazione fornita alle scuole soprattutto sulle tematiche dell’educazione ambientale. 37