Paolo Di Marco
Euno
Figlio della libertà
EUNOEDIZIONI
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In copertina: Euno, Francesco Gulina
Finito di stampare nel novembre 2011
da Fotograf - Palermo
Sommario
Premessa
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1. Introduzione
2. Posidonio e Diodoro
3 149-146 a.C. Un passo indietro
4. Dove inizia la storia
5. Enna
6. Enna, il culto tra agricoltura e diritto
7. Il culto del divino al femminile
8. Apamea
9. Antigene e Damofilo, i signori della città
10. L’odio degli ennesi
11. Gli schiavi
12. Il brigantaggio
13. Euno
14. Inizia la rivolta
15. La rivolta
16. Euno diventa re
17. E la vita continua
18. Rupilio in Sicilia
19. I Romani avanzano, Euno cade
20. Lex Rupilia
21. La battaglia per la libertà va sempre combattuta
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Bibliografia
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Prefazione
Euno, un eroe o un cialtrone?
È forse questa la prima riflessione di ognuno dopo
aver letto qualche passo degli scritti di autori dei secoli
passati. In particolare Diodoro Siculo – storico nato ad
Agira e vissuto nel secolo prima della venuta sulla terra di
Gesù Cristo – non ha dubbi al riguardo: Euno è un cialtrone. Altri lo seguono in questo giudizio tanto arrogante
quanto sprezzante.
Altri ancora, ma forse in pochi, hanno tentato di analizzare le gesta di quest’uomo avendo come riferimento
quel fenomeno aberrante che è stato ed è, purtroppo ancora ai giorni nostri, la schiavitù. Un presupposto che se
ben fissato quale metro di valutazione tende a capovolgere ogni giudizio dato con sufficienza o scarsa obiettività.
Euno è stato un uomo – e non una materia grezza parlante – che è vissuto nel II secolo a. C., in una società imperniata sullo sfruttamento degli esseri umani. Anch’egli
schiavo, privato di ogni libertà, subì la marchiatura a fuoco sulla pelle, per essere facilmente identificato quale
proprietà di un altro uomo, di un padrone. Nulla gli era riconosciuto, negata perfino la possibilità di proclamarsi
uomo.
Lui e decine di migliaia di altre persone erano state costrette a patire le pene dell’inferno. Nudi, non possedeva9
no nulla, erano privati di ogni cosa, spogliati anche della
dignità. Ma un giorno dissero basta alle sopraffazioni e si
ribellarono. Uccisero senza pietà e rispetto chi li aveva
umiliati. Non ricorsero ai tribunali per annunciare i giudizi. Le sofferenze, i patimenti erano già la prima sentenza
scritta a lettere di sangue. Annegarono nella voglia di
vendetta e si macchiarono di terribili delitti.
È vero, non disponevano di un progetto di liberazione,
non lottavano per abolire quella condizione tanto inumana, ma più semplicemente fecero esplodere l’umana voglia di dire basta alle quotidiane angherie.
La ribellione, e la conseguente Prima guerra servile, va
letta nel contesto storico e sociale di riferimento. Nel 130
a.C. la schiavitù era una condizione perfettamente normale, anzi in quel tempo ogni essere umano era convinto
che si trattasse di un fenomeno naturale, solo con l’avvento del cristianesimo fu scritto il contrario; si disse, e bene,
che essa rappresentava la negazione dell’umanità.
Euno si ribellò al potere romano semplicemente per
spezzare le sue catene e dichiararsi prima di ogni cosa
«uomo libero». Chi lotta per la libertà non può essere, in
nessun caso e in nessun tempo, definito un cialtrone.
Allora Euno era un eroe?
Forse sì, o forse no. È stato di certo prima di tutto un
uomo, con i suoi pochi pregi e i tanti difetti, propri di
ognuno di noi, stanco di continuare a tenere il capo chino
e subire ogni sorta di umiliante prevaricazione. Si ribellò
e per risposta moltiplicò, forse, la stessa violenza che aveva subito; alla fine venne sconfitto e ucciso.
Rimane comunque forte, impressa a lettere di fuoco
nella storia dell’uomo, la sua immensa voglia di sentirsi libero, di decidere, di avere la capacità di autodeterminare
la propria esistenza. Questo sconvolgente desiderio lo inserisce di diritto fra i tanti, grandi e piccoli uomini e donne, che hanno detto no, in ogni tempo e modo, alle sopraffazioni.
Il cammino proposto in questo volume non ha la pre10
sunzione e non vuole addentrarsi in percorsi scientifici
che non gli competono. Intende solo far filtrare uno spiraglio di luce su avvenimenti poco conosciuti, utilizzando
la percezione del semplice lettore incuriosito.
Sono anni e secoli a noi distanti scarsamente testimoniati e affidati a miti e leggende che il più delle volte celebravano l’irreale per tentare di spiegare il quotidiano.
Nonostante tutto, Euno e i suoi ribelli riuscirono nell’intento di proclamare una verità assoluta: un uomo può
dirsi tale perché affrancato da ogni sorta di catena e responsabilmente consapevole delle sue azioni.
Al di là di ogni ipocrisia, scelgo la voglia di libertà del
singolo e di tutta una terra, i sofismi sono per altri.
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Duemila anni prima che
Abramo Lincoln liberasse l’infelice turba
dei negri, l’umile schiavo Euno,
da questa sicana fortezza, arditamente
lanciava il grido di libertà per i suoi
compagni d’avventura,
il diritto affermando
di ogni uomo a nascere libero
ed anche a liberamente morire
(Epigrafe della statua di Euno, eretta a Enna nel 1960
e collocata nel piazzale antistante il Castello di Lombardia)
1. Introduzione
All’alba il vento inebriante accarezza i cespugli e il sole che sorge risveglia la vita. Avviene per tutti: animali,
piante e uomini. È un continuo miracolo il ripetersi della
vita; è un miracolo che cocciutamente ogni giorno si rinnova non tenendo conto, grazie a Dio, della volontà dell’uomo, delle sue barbarie e dei suoi egoismi. L’uomo,
questo soggetto intelligente, e per questo diverso dagli
animali, non ha mai contribuito al ripetersi di tale prodigio; anzi è stato parte attiva e concludente dei disastri più
inumani scritti a lettere di fuoco nelle pagine della storia.
Il suo essere maligno non ha avuto tempo.
Ogni era, ogni secolo, ogni anno e perfino ogni istante
ha conosciuto la tragedia eletta dall’uomo. Fra le tante, di
certo, la più bestiale è la schiavitù; il disprezzo dell’uomo
sull’uomo. Di questa miseria, le storie degli anni più vicini a noi sono conosciute: la tratta americana o, per arrivare ai giorni nostri, le migliaia e migliaia di migranti venduti a peso d’oro. Per ieri ed oggi le documentazioni e le
testimonianze sono numerose, i tormenti e i dolori dell’altro ieri, invece, sono poco o per nulla conosciuti, oppure, peggio ancora, dimenticati.
Non sono in molti a conoscere – se non chi vive a Enna o ha notizie degli eventi di questo piccolo lembo della
terra siciliana – la storia mista a leggenda di un eroe per
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alcuni, un ciarlatano per altri: Euno. Un uomo in ogni caso, sempre e comunque, alla ricerca della libertà.
Euno era uno schiavo di origine siriana che, dal 136 al
132 a.C., guidò migliaia di uomini e donne contro la potentissima Roma nella Prima guerra servile. Fu un evento
bellico che vide lo scontro fra il potere costituito, la grande Roma alla fine dell’età repubblicana, e gli schiavi alleati con una parte della popolazione libera. La ribellione
ebbe luogo in Sicilia e durò circa un quinquennio. Sulle
date, però, non c’è concordanza fra i vari autori che si sono occupati della rivolta. Se i singoli anni non riescono a
mettere d’accordo tutti, a fare da collante è di certo il periodo. Una parte minoritaria di scrittori, inoltre, arriva
perfino a sostenere che il conflitto ebbe a durare ben
quattordici anni.1
La Città-Stato che governava gran parte dei territori
che si spalmano nell’Europa di oggi subì il colpo, brancolò, ma alla fine riuscì a sconfiggere gli insorti nello scontro
che si sviluppò in un territorio che comprese quasi l’intera Sicilia orientale.
La storiografia ha documentato che in quegli anni, per
la prima volta, un numero consistente di schiavi presenti
nei possedimenti romani e dei suoi alleati in Sicilia, si rivoltò contro i padroni ed elesse la città di Enna a sua capitale; un fatto davvero eccezionale per quei secoli. Purtroppo le notizie che ci sono pervenute al riguardo sono
scarse, ma in ogni caso confermano che mai prima di allora un gruppo di schiavi, diventati centinaia e poi migliaia,
era riuscito a inferire uno scossone tanto devastante a
Roma. Che la rivolta fosse stata un evento davvero eccezionale per il cammino dell’uomo lo testimonia lo storico
del tempo Diodoro Siculo, di Agira. Nella sua Biblioteca
Storica, Diodoro scrive di uno scontro immane fra legioni
1 Guglielmo Capozzo, Memorie su la Sicilia, tratte dalle più celebri accademie e da distinti libri di società letterarie e di valent’uomini nazionali e stranieri. Tipografia di Bernardo Virzì, Palermo 1840.
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romane e schiavi, che divampò in Sicilia dopo sessant’anni di prosperità, seguiti alla vittoria di Roma su Cartagine
nelle guerre puniche. Diodoro testimonia che non si era
mai vista una rivolta di schiavi così numerosa.
Repressa la ribellione e riconquistati i territori siciliani
il Senato romano legiferò la Lex Rupilia.2 Con tale provvedimento normativo, Roma riconosceva la pecurialità
territoriale della Sicilia e garantiva concessioni, quasi autonomistiche all’Isola. Oggi, però, la definiremmo un’operazione del tutto mediatica perché, in concreto, le buone intenzioni non superarono mai il perimetro dell’inchiostro e il divario fra legge formale e legge materiale divenne, conseguentemente, un baratro.
Purtroppo, la normativa in questione si fregia di essere
la prima di una lunga serie di dettati legislativi emanati
per poi non essere concretamente applicati. L’ultimo e
più clamoroso esempio è lo Statuto speciale della Regione Siciliana che, entrato in vigore l’1 gennaio 1948, addirittura prima che venisse approvata e promulgata la Costituzione della Repubblica Italiana, non ha mai trovato
compiuta e positiva applicazione. Proprio in quest’ultimo
caso il dettato normativo si sviluppa con chiarezza, autonomia amministrativa e legislativa molto ampia; concretamente quasi nulla se non la dipendenza volutamente assistenziale per un territorio che avrebbe potuto recitare
altre parti nel grande scenario delle politiche economiche, sociali e di sviluppo del Mediterraneo. Insomma, la
storia si ripete, i buoni propositi dei legislatori rimangono
confinati negli stretti perimetri della carta.
Sono passati oltre duemila anni dall’insurrezione capeggiata da Euno, ma la musica è rimasta uguale, ora come allora: ricchezze a Roma e i drammi alla Sicilia.
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La Lex Rupilia fu promulgata sotto il consolato di Publio Rupilio e Publio Popilio Lenate intorno al 132 a.C. per riorganizzare,
a seguito della Prima guerra servile, il rapporto giuridico tra le città siciliane, il loro territorio e Roma.
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