NU INF MER LU O S EN PE ZA CIA AV LE IAR IA Volume 19 - Numero 7-8 Luglio-Agosto 2006 ISSN 0394-9303 NU OS R ME NU Volume 19 - Numero 7 - 8 Luglio - Agosto 2006 LE CIA PE ISSN 0394-9303 R ME Nei prossimi numeri: Le acque minerali naturali Rapporto annuale 2005 sulla legionellosi in Italia Istituto Superiore di Sanità Presidente: Enrico Garaci Direttore Generale: Sergio Licheri Viale Regina Elena, 299 - 00161 Roma Tel. +39-0649901 Fax +39-0649387118 a cura del Settore Attività Editoriali Poste italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale 70% DC Lazio – Roma w ww w w w w w . i s s . i t w. . i s s iss .i .it t ma – Ro Lazio DC 70% stale in ab bona men to po S.p.A. – Sped – Spe S.p.A. italiane italia ne Poste xx xxxx xxxx xxxxxxxxxxxxxxx x xxxx xxxx xxxxxxxx xxxx xxxx xxxxxxxx xxxx xxxx xxxx x izion e dizione in abb oname nto pos tale 70% DC Laz io – Rom a Volume dell’Istituto Superiore Superiore di di Sanità Sanità 19 dell’Istituto Luglio - Numero 7 - 8 Agosto 2006 de d ellll’I ISSN 0394 ’Is -9303 sttit itu de d o S ellllutto Influenza aviaria e pandemia: S up ’Is ’I pe stt u er Volum arriverà mai un'altra "spagnola"? rio io e 19 it it re r e d utt u Luglio - Numer Influenz dii S xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx o - Agos o 7 - 8 a av o Sa to 20 an Su xxxxxxxxxxxxxxxxxx arriverà iaria e pand S nit ISSN ità up mai un emia: 0394 06 à Influ -9303 pe 'altra er xxxxxx en ag xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx r xxxxxxarri za"sp no av io la" io xxve xx iaria ? xxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx re r xxaixxxx e pand xxxxxx xxrà e m xx xxxx un dii d xxxx 'altxx x em xxxxxx xxxx raxx S "spa ia: xxxxxx S xxxx xxxxxx an gnol a xx xx xxxx xxxxxx nit a"? xxxx xxxxxx xxxx xx it xx xx xx xxxx xxxxxx xxxx xxxxxxxxxx à à xx xx xx xxxx Poste Poste italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale 70% DC Lazio – Roma NU E IAL PEC OS Influenza aviaria e pandemia Caratteristiche biologiche dei virus influenzali Epidemiologia ed evoluzione di H5N1 Sorveglianza in Italia Ruolo dell’avifauna selvatica Diagnosi virologica Il vaccino pandemico: problemi e strategie di produzione Il vaccino pandemico: il ruolo dell’industria Il Piano Pandemico Italiano Intervento di formazione dell’ISS in Cina Inserto BEN Bollettino Epidemiologico Nazionale Fattori di rischio di morte in occasione delle ondate di calore: risultati di uno studio caso-controllo Il grado di dipendenza come indice della vulnerabilità degli anziani in occasione delle ondate di calore w w w. i s s . i t ME RO SP ECIA LE dell’Istituto Superiore Superiore di di Sanità Sanità dell’Istituto L’Istituto Superiore di Sanità SOMMARIO Gli articoli Influenza aviaria e pandemia: arriverà mai un'altra "spagnola"? . . . . . . . . . . . . . . . . . . Caratteristiche biologiche dei virus influenzali e loro dimensione ecologica in relazione al rischio di pandemia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Influenza aviaria: epidemiologia ed evoluzione di H5N1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La sorveglianza in Italia dell'influenza aviaria nelle specie aviarie domestiche e selvatiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Ruolo dell'avifauna selvatica nell'ecologia dell'influenza: 14 anni di studio longitudinale in Italia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Diagnosi virologica dell'influenza: dall'epidemia stagionale all'emergenza pandemica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il vaccino pandemico: problemi e nuove strategie di produzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il vaccino pandemico: il ruolo dell'industria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il Piano Pandemico Italiano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L'intervento di formazione dell'Istituto Superiore di Sanità per il controllo dell'influenza aviaria in Cina: un modello da replicare? . . . . . . . . . . . . . . . . 3 5 9 12 15 18 21 25 27 30 Bollettino Epidemiologico Nazionale (Inserto BEN) Fattori di rischio di morte in occasione delle ondate di calore: risultati di uno studio caso-controllo, Bari (estate 2005) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . i Il grado di dipendenza come indice della vulnerabilità degli anziani in occasione delle ondate di calore: qualche indicazione proveniente dallo Studio Argento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . iii è il principale ente di ricerca italiano per la tutela della salute pubblica. è organo tecnico-scientifico del Servizio Sanitario Nazionale e svolge attività di ricerca, sperimentazione, controllo, consulenza, documentazione e formazione in materia di salute pubblica. L’organizzazione tecnico-scientifica dell’Istituto si articola in Dipartimenti, Centri nazionali e Servizi tecnico-scientifici Dipartimenti Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria Biologia Cellulare e Neuroscienze Ematologia, Oncologia e Medicina Molecolare Farmaco Malattie Infettive, Parassitarie ed Immunomediate • Sanità Alimentare ed Animale • Tecnologie e Salute • • • • • Centri nazionali • AIDS per la Patogenesi e Vaccini • Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute • Qualità degli Alimenti e Rischi Alimentari • Trapianti Servizi tecnico-scientifici • Servizio Biologico e per la Gestione RIASSUNTO - Nessuna previsione è ovvia per le malattie infettive, tutto può succedere. Malattie mai sconfitte come la tubercolosi e la malaria sposano eventi del tutto inattesi come la recente epidemia di SARS. Prepararsi alle sorprese dovrebbe essere quindi la norma. Studiare e combattere l’influenza stagionale è il modo migliore per “prepararsi” a una possibile, molto temuta, pandemia di influenza aviaria, e lo si fa cercando soprattutto di riempire il vuoto di conoscenze sull’evoluzione del virus e su come generare nuovi antivirali e un vaccino pandemico. Fortunatamente, la paura della pandemia ha stimolato investimenti in quest’area, in particolare per la generazione di mezzi diagnostici rapidi al letto del paziente e di un vaccino antinfluenzale “universale”. Tutto questo è trattato da veri specialisti nel settore, che possono trasmettere ai lettori del Notiziario, insieme alle loro conoscenze, un messaggio di fiducia sulla capacità di un Istituto di sanità pubblica come l'Istituto Superiore di Sanità di saper contrastare al meglio una nuova pandemia d’influenza. Parole chiave: virus, influenza, pandemia SUMMARY (Special issue on avian influenza) - In infectious diseases, no expectation is obvious and everything can happen. Emergences due to unexpected agents ( SARS coronavirus, for instance) are well matched with everyday pandemics due to old, undefeated agents (e.g. M.tuberculosis and Plasmodia). In this field, “be prepared to the unexpected “ should be the norm, and this goal can only be reached if fight what we know. Influenza is just a case in point. The best way we have to be prepared for the much feared, 2000 pandemia is fighting against the seasonal influenza by filling the gaps we still suffer in the knowledge about the virus evolution, the antivirals and vaccines. Lucky enough, the fear stimulated investments in this area, particularly in the rapid diagnostics at the patient bed and the possibility of generating a universal vaccine. All this is dealt with in this issue of the Notiziario by true experts in the field, hoping that a confidence message in the capacity of a public health institution like Istituto Superiore di Sanità to meet the challenge of a possible influenza pandemia could be taken by the readership. Key words: virus, influenza, pandemia [email protected] della Sperimentazione Animale • Servizio Informatico, Documentazione, Biblioteca ed Attività Editoriali Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità e Direttore responsabile: Enrico Garaci Redattore capo: Paola De Castro Redazione: Anna Maria Rossi, Giovanna Morini Progetto grafico: Alessandro Spurio Impaginazione e grafici: Giovanna Morini Fotografia: Luigi Nicoletti Distribuzione: Patrizia Mochi, Sara Modigliani La responsabilità dei dati scientifici e tecnici è dei singoli autori. Redazione del Notiziario Settore Attività Editoriali Istituto Superiore di Sanità Viale Regina Elena, 299 - 00161 Roma Tel: +39-0649902260-2427 Fax +39-0649902253 e-mail: [email protected] Iscritto al n. 475/88 del 16 settembre 1988. Registro Stampa Tribunale di Roma © Istituto Superiore di Sanità 2006 Numero chiuso in redazione l'11 agosto 2006 Stampa: Tipografia Facciotti s.r.l. Roma Questo numero monografico del Notiziario . è stato realizzato grazie . alla preziosa collaborazione di Angela Guderzo Influenza aviaria e pandemia: arriverà mai un'altra "spagnola"? Antonio Cassone Dipartimento di Malattie Infettive, Parassitarie ed Immunomediate, ISS N elle malattie infettive nulla è davvero prevedibile, e la sorpresa è sempre dietro l’angolo. Chi avrebbe mai previsto che il Coronavirus della SARS, cioè un membro di una famiglia di virus che fino a ieri al massimo provocava poco più che un raffreddore, potesse invece scatenare una polmonite emorragica mortale? E tutte le emergenze epidemiche degli ultimi 40 anni, dall’AIDS alle febbri emorragiche, e al ritorno in grande stile della tubercolosi anche nei Paesi industrializzati, erano forse “prevedibili”? Ed era forse prevedibile, alla fine degli anni ’70, che oggi avremmo visto circolare nei nostri ospedali alcuni batteri praticamente resistenti a tutti gli antibiotici? Ciò premesso, e premesso quindi che il verbo del microbiologo di sanità pubblica è be ready for the expected and care the unexpected, cioè sii pronto per quello che ci si aspetta e stai attento a quello che non ci si aspetta, ci sono molti segnali che rendono probabile una nuova pandemia influenzale con caratteristiche di diffusione e aggressività che la farebbero assomigliare alla cosiddetta influenza ”spagnola”, la prima e finora più devastante pandemia causata da un virus influenzale (fra 30 e 50 milioni di morti complessive, cioè poco meno del 3% dell’intera popolazione mondiale di allora, e con un quarto/terzo della popolazione che si è ammalata, in alcuni Paesi). Fra tutti, il segnale premonitore più importante è il fatto che il virus dell’influenza aviaria H5N1 si sia ormai adattato all’uomo, come dimostrato dalla sua elevata letalità (più del 50% dei colpiti) ma in cui rimane poco o nulla trasmissibile, esattamente il contrario del virus influenzale stagionale, che è molto trasmissibile ma poco letale per l’uomo. Un secondo segnale di grande rilevanza è dato dal fatto che ormai i due virus condividono in maniera endemica gli stessi ospiti (vari uccelli, alcuni mammiferi e l’uomo stesso) in una sempre più estesa area geografica. Ci sono quindi tutti i presupposti per una “ricombinazione” fra il virus aviario e quello stagionale in uno o più di questi ospiti e che questo possa generare un nuovo virus che assommi i tratti peggiori di trasmissibilità e virulenza di entrambi. Questo certamente scatenerebbe una pandemia tipo “spagnola” anche perché si tratterebbe di un nuovo virus contro cui non esiste un livello di immunità protettiva già presente nella popolazione. u Not Ist Super Sanità 2006;19(7-8):3-4 3 A. Cassone In questo numero del Notiziario dell'Istituto Superiore di Sanità, vari colleghi illustrano le basi virologiche ed ecologiche dell’emergenza e l’evoluzione dei virus influenzali, i rischi per l’uomo e gli animali connessi a queste emergenze e quali siano le attività di controllo che il nostro Paese ha messo in atto per contrastare la pandemia (Piano Pandemico), con particolare riguardo agli aspetti diagnostici e vaccinali. A questi si aggiunge la descrizione di un'importante esperienza di formazione in un Paese quale la Cina che, per le sue caratteristiche ambientali e demografiche, pone sempre particolari segnali di allarme in campo infettivologico. Si tratta di contributi di autorevoli esperti internazionali nel settore su argomenti caldi, che saranno peraltro dibattuti in un prossimo Workshop internazionale che si terrà nel nostro Istituto nell'ottobre 2006. Quello che voglio qui dare è però una risposta a una domanda che è sempre circolata nei media e nella popolazione e alla quale ho spesso notato una timidezza di risposta da parte anche di autorevoli colleghi, una timidezza che ha provocato inutili allarmismi e ingiustificati timori nella popolazione. Mentre infatti l’operatore di sanità pubblica deve essere “prudente” (molti non lo sono stati) nel pronosticare se e quando una nuova pandemia influenzale avrà luogo, deve essere chiaro ed esplicito nel dire quali sono le misure di contrasto a una nuova pandemia e cosa possa avvenire (i famosi “scenari“ dei nostri epidemiologi). La domanda è: in caso di una nuova pandemia da H5N1 mutato, o nuovo virus ricombinante, potremmo avere le stesse conseguenze della “spagnola”? Ci sono varie ragioni per pensare e dichiarare che così non sarà. Infatti, per quanto virulento e trasmissibile possa essere un ipotetico 4 nuovo virus, non è pensabile che esso possa provocare le “stragi” della spagnola. All’epoca della spagnola, non si sapeva nemmeno che esistessero i virus influenzali e non si poteva fare rapida diagnosi seguita almeno da isolamento e quarantena; non esistevano vaccini e sostanze antivirali disponibili; i sistemi sanitari erano inefficienti e poco sviluppati; non esistevano antibiotici per cui molti ammalati di influenza in realtà morivano di complicanze respiratorie batteriche, oggi curabili; eravamo al tempo della Prima Guerra Mondiale e non esisteva un’organizzazione internazionale che potesse coordinare le operazioni di controllo della pandemia a livello mondiale. Oggi siamo invece in possesso di efficaci armi di controllo e monitoraggio, in una situazione di cooperazione internazionale che, come dimostrato nel caso della SARS, può portare alla rapida identificazione del virus e all’approntamento di tutto quanto è necessario per arrestare la diffusione della malattia, in particolare una pressocché immediata diagnosi del nuovo virus, con tutte le conseguenze in termini di isolamento e quarantena, e l’approntamento di un efficace vaccino, l’unica arma per un reale abbattimento della pandemia. Ciò detto, rimane comunque prevedibile che una pandemia di influenza aviaria avrà elevati costi sanitari, sociali e in termini di mortalità, dovuti soprattutto al fatto che un vaccino sarà disponibile solo dopo alcuni mesi dall’inizio della pandemia: a parità di altri interventi di controllo, la diffusione della malattia e la sua mortalità saranno tanto più basse quanto prima sarà disponibile tale vaccino. Quello che è purtroppo certo è che le conseguenze più devastanti saranno sofferte dalle popolazioni dei Paesi poveri. Ma questa non sarebbe una novità. caratteristiche biologiche dei virus influenzali e loro dimensione ecologica in relazione al rischio di pandemia Livia Di Trani1, Umberto Agrimi1 e Isabella Donatelli2 1Dipartimento di Sanità Alimentare ed Animale, ISS 2Dipartimento di Malattie Infettive, Parassitarie ed Immunomediate, ISS L e osservazioni degli ultimi decenni inducono a ritenere che tra i microrganismi che possono infettare l’uomo, i più idonei ad assumere il ruolo di patogeni emergenti sono i virus a RNA. Tra i virus a RNA figurano infatti i virus influenzali umani e animali, HIV, il Coronavirus SARS-associato, il virus Nipha, Hendra ed Ebola. Le principali caratteristiche comuni sono: l’elevata variabilità, in assenza dei meccanismi di “correzione” (proof reading), che eliminano le varianti virali; l’ampia diffusione nel regno ani- male; la capacità di riconoscere tra i recettori dell’ospite diverse strutture conservate nell’evoluzione delle specie e ampiamente distribuite su cellule di diversi organi e apparati. I virus influenzali appartenenti alla famiglia degli Orthomyxoviridae, presentano una struttura sferica costituita da un involucro esterno lipoproteico (envelope), in cui sono inserite le due proteine virali di superficie emagglutinina (HA) e neuraminidasi (NA), che, oltre ad avere un importante ruolo nel ciclo replicativo virale, costituiscono anche i principali antigeni contro cui è prevalentemente indirizzata la risposta immune dell’organismo naturalmente infettato e/o vaccinato (Figura 1). All’interno dell’envelope è contenuto il genoma virale costituito da 8 distinte molecole di RNA monocatenario, a polarità negativa. Come descritto più avanti, la segmentazione del genoma virale permette, in occasione di infezioni multiple, lo scambio di materiale genetico e l’emergenza di ibridi virali potenzialmente pandemici (riassortimento genetico). u Neuraminidasi (9 sottotipi) Emagglutinina (16 sottotipi) VIRUS INFLUENZALE DI TIPO A (-) ssRNA Genoma distinto in 8 segmenti Famiglia Orthomyxoviridae Antigeni M1 (Matrix Protein) e NP (ribonucleoproteina) distinguono: Tipo A, B e C Sottotipi del tipo A classificati sulla base degli antigeni di superficie HA (hemagglutinin) e NA (neuraminidase) PB2 PB1 PA 1 2 3 4 M1 HA NP 5 NA M2 M NS NS2? 8 7 6 Figura 1 - Il virus dell'influenza Not Ist Super Sanità 2006;19(7-8):5-8 5 L. Di Trani, U. Agrimi, I. Donatelli In base alle caratteristiche antigeniche delle proteine interne della matrice (M) e del nucleocapside (NP), i virus influenzali sono classificati nei tipi A, B e C. Tra questi solo i virus A e B sono causa di malattie clinicamente rilevanti nell’uomo, mentre i virus di tipo C sono, in genere, associati a infezioni subcliniche di modesta entità e asintomatiche. Per questo motivo i virus di tipo C sono considerati di significato clinico/epidemiologico praticamente nullo, tanto da non essere inseriti nel vaccino antinfluenzale commercializzato annualmente in Italia e nel resto del mondo. I virus influenzali di tipo A sono ulteriormente suddivisi in sottotipi, in relazione alle possibili combinazioni dei 16 sierotipi antigenici di HA e dei 9 sottotipi di NA attualmente conosciuti (Figura 2). Tali virus in natura infettano l’uomo e, a differenza dei virus di tipo B, diverse specie animali (1). Variabilità e meccanismi evolutivi dei virus influenzali I virus influenzali subiscono frequenti e permanenti cambiamenti del loro patrimonio genetico, determinando la comparsa di nuove varianti antigeniche. Questa variabilità interessa prevalentemente le due proteine virali di superficie e costituisce la caratteristica peculiare dei virus influenzali, in grado di influenzare fortemente la loro distribuzione nella popolazione e i trend della malattia influenzale nel tempo. HA HA NA NA H1 H1 N1 N1 N2 N2 N3 N3 N4 N4 N5 N5 N6 N6 N7 N7 N8 N8 N9 N9 H2 H2 H3 H3 H4 H4 H5 H5 H6 H6 H7 H7 H8 H8 H9 H9 Le variazioni permettono al virus di superare le barriere anticorpali che si oppongono alla sua circolazione nella popolazione, vanificando l’immunità conseguente a pregressa infezione naturale o a vaccinazione. Di qui la necessità di procedere a un aggiornamento periodico della composizione vaccinale. Due caratteristiche del meccanismo replicativo ed evolutivo del virus dell’influenza giustificano il successo epidemiologico di questa malattia. Il cosiddetto drift antigenico, che consiste in variazioni minori causate da mutazioni puntiformi nei segmenti genomici che codificano la HA e la NA, è causa delle annuali epidemie influenzali. Lo shift antigenico, esclusivo dei virus influenzali di tipo A, è costituito, invece, da variazioni maggiori, che comportano la H10 H10 H11 H11 H12 H12 H13 H13 H14 H14 H15 H15 H16 H16 Figura 2 - Virus influenzale di tipo A. Sottotipi antigenici della emagglutinina e della neuraminidasi e ospiti animali 6 Caratteristiche biologiche dei virus influenzali Virus umani Virus aviari H1 – H16 N1 – N9 H1 – H2 – H3 Figura 3 - Serbatoio naturale di nuovi sottotipi di virus influenzali umani di tipo A: uccelli acquatici (anatre e oche) completa sostituzione di una o di entrambe le proteine virali di superficie. Questo meccanismo è responsabile della comparsa di varianti virali dotate di elevato potere pandemico. Influenza aviaria Alcune specie di uccelli acquatici, in particolare gli Anseriformi (anatre e oche), rappresentano il serbatoio naturale dei virus influenzali, principalmente per alcune caratteristiche etologiche, quali la tendenza all’aggregazione, la capacità di migrazione a lunghe distanze e l’interazione con l’ambiente acquatico contaminato (Figura 3). è noto che esiste un’ampia diffusione di virus influenzali nelle specie aviarie selvatiche, soprattutto migratorie. Studi condotti negli ultimi anni in Italia su uccelli selvatici, particolarmente anatidi, provenienti dalla Russia siberiana e svernanti nell’oasi del WWF di Orbetello, hanno dimostrato una diffusa circolazione di virus influenzali, soprattutto di sottotipo H1, ma anche di sottotipo H7 ed H5 (2, 3) (vedi articolo a pag. 15-17 “Ruolo dell’avifauna selvatica nell’ecologia dell’influenza: 14 anni di studio longitudinale in Italia”). Dalle specie selvatiche i virus influenzali (H1-H16) possono occasionalmente essere trasmessi alle specie domestiche (pollame), determinando l’influenza aviaria a bassa patogenicità (LPAI), caratterizzata da un quadro sintomatologico aspecifico (sintomatologia respiratoria ed enterica e alterazione della riproduzione). Solo ceppi virali appartenenti ai sottotipi H5 ed H7 possono causare l’influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI), malattia sistemica in grado di indurre tassi di mortalità del 100% negli animali. è dimostrato che virus LPAI H5 e H7, a seguito di cicli ripetuti di replicazione nelle specie aviarie domestiche, possono dare origine ai sottotipi HPAI (2, 3) (Figura 4). Diversi sono poi i casi di passaggio all’uomo di virus HPAI (vedi articolo a pag. 9 “Influenza aviaria: epidemiologia ed evoluzione di H5N1”). Un recente lavoro dimostra inoltre, che, sebbene raramente, virus a bassa patogenicità possono infettare l’uomo (4). Rischio pandemico è noto che alcune specie animali suscettibili all’infezione da parte di virus influenzali giocano un ruolo determinante nell’emergenza di pandemie influenzali nell’uomo. I meccanismi attraverso cui può avvenire il passaggio di virus aviari all’uomo sono diversi. La trasmissione di virus dagli uccelli all’uomo può infatti avvenire per trasmissione diretta di virus aviari, come avvenuto nel 1997 a Hong Kong nel caso dell’influenza dei polli causata dal sottotipo A/H5N1 e come si sta verificando nell’area del SudEst asiatico. Alternativamente, un ceppo influenzale aviario può emergere nella popolazione umana a seguito di fenomeni di riassortimento genetico tra virus di diverse origini animali, nel corso di infezioni miste in un ospite intermedio (specie suina), come avvenuto nel 1957 (pandemia “asiatica”) e nel 1968 (pandemia “Hong Kong”) (5, 6). Tuttavia, una volta compiuto il salto di specie il virus, per u 7 L. Di Trani, U. Agrimi, I. Donatelli • Virus a bassa patogenicità (LP) Sottotipi: H1, H2, H3, H4, H5, H6, H7, H8, H9, H10, H11, H12 , H13, H14, H15, H16 • Non danno malattie fra gli uccelli selvatici • Sono associati a leggere patologie tra il pollame domestico • Sono diffusi a livello mondiale • Virus ad alta patogenicit i à (HP) Sottotipi : H5 H7 in alcune situazioni: • Possono evolvere in virus ad HP causando malattia grave fra gli uccelli domestici (e selvatici) • Alto tasso di mortalità tra il pollame domestico (90-100%) • Non è ancora chiaro se la distinzione tra “alta patogenicità” e “bassa patogenicità” è correlato al rischio di malattia tra gli umani Figura 4 - Virus influenzali aviari scatenare una pandemia nell’uomo, deve adattarsi al nuovo ospite, modificandosi in modo tale da trasmettersi in maniera efficiente e stabile nella popolazione umana. Da questo punto di vista va sottolineato che il temuto A/ H5N1, che ha determinato l’abbattimento di decine di milioni di polli e tacchini e che ha provocato numerose infezioni umane nel mondo, non ha acquisito la capacità di trasmissione interumana. Se la circostanza si verificasse potrebbe essere l’innesco di una nuova pandemia, soprattutto se il ceppo circolante negli uccelli si ricombinasse con quello della nostra influenza stagionale. Secondo le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) l’attuale scenario epidemiologico corrisponde a una situazione definita come “fase di allerta pandemica” (vedi articolo a pag 27-29). Non è possibile prevedere se e quando questo virus si trasformerà in virus pandemico, né, qualora ciò succedesse, il preciso impatto della pandemia che ne deriverebbe. La severità della malattia causata da un 8 nuovo ceppo virale, la rapidità della sua diffusione e i gruppi maggiormente suscettibili nella popolazione sono variabili ignote e correlate alle caratteristiche del ceppo pandemico. Inoltre, gli allevamenti intensivi e promiscui, associati a condizioni igieniche e abitative non ottimali, ad abitudini alimentari particolari e primitive modalità di macellazione e manipolazione degli animali e i mercati all’aperto di animali vivi, rappresentano il substrato ideale per favorire le più diverse trasformazioni genetiche. Quello che si può affermare fin da adesso è la scarsa probabilità che la nuova eventuale pandemia assomigli, come sostengono alcuni, alla prima pandemia cosiddetta dell’influenza "spagnola" del 1918, con i suoi 50 milioni di morti, perché oggi a differenza di allora, abbiamo validi presidi vaccinali e terapeutici per sconfiggere tale evento. D’altra parte, l’impatto di una futura pandemia non deve essere sottovalutato ed è necessario che ogni Paese prepari, come richiesto dall’OMS, un proprio piano pandemico da applicare in caso di necessità, per contenere la diffusione del virus nella popolazione (vedi articolo a pag. 27-29). Riferimenti bibliografici 1. Donatelli I, Campitelli L, Puzelli S et al. Influenza viruses: structure and interspecies transmission mechanisms. Vet Res Commun 2003;27(Suppl 1):115-22. 2. Donatelli I, Campitelli L, Di Trani L et al. Characterization of H5N2 influenza viruses from Italian poultry. J Gen Virol 2001;82:62330. 3. De Marco MA, Foni E, Campitelli L et al. Long-term monitoring for avian influenza viruses in wild bird species in italy. Vet Res Commun 2003;27:107-14. 4. Campitelli L, Fabiani C, Puzelli S et al. H3N2 Influenza viruses from domestic chickens in Italy: an increasing role for chickens in the ecology of influenza? J Gen Virol 2002;83:413-20. 5. Kawaoka Y, Bean WJ, Gorman OT et al. The role of birds and pigs in the generation of pandemic strains of human influenza. In: Hannoun BV et al. (Eds.). Options for the control of influenza II. Elsevier Science Publishers;1993. p. 187-91. 6. Ito T, Couceiro JNSS, Kelm S et al. Molecular basis for the generation in pigs of influenza A viruses with pandemic potential. J Virol 1998;72:7367-73. Influenza aviaria: epidemiologia ed evoluzione di h5n1 Massimo Ciccozzi, Laura Campitelli e Giovanni Rezza Dipartimento di Malattie Infettive, Parassitarie ed Immunomediate, ISS I virus influenzali aviari, specialmente quelli circolanti in volatili domestici, possono, in particolari situazioni, trasmettersi all’uomo. La trasmissione dei virus influenzali aviari all’uomo: cenni storici Nel 1997, a Hong Kong, un virus influenzale aviario, il sottotipo H5N1, colpì 18 persone, 6 delle quali morirono (tasso di letalità superiore al 30%). Nel 1999, un altro sottotipo influenzale, H9N2, riuscì a passare la barriera di specie, causando una sindrome influenzale lieve in due bambini di Hong Kong. Nel febbraio del 2003, H5N1 colpì di nuovo, a Hong Kong, due membri di una stessa famiglia, al ritorno da un viaggio nella Cina meridionale. Nell’aprile del 2003, mentre il mondo era terrorizzato dall’epidemia di SARS, un sottotipo influenzale diverso, H7N7, causò 85 casi di congiuntivite o malattia simil-influenzale lieve (a parte un caso letale in un anziano veterinario) in persone che lavoravano a contatto coi polli e casi secondari nei membri delle loro famiglie. Nel dicembre 2003, H9N2 venne di nuovo identificato in un bambino con una sindrome influenzale a Hong Kong. Infine, all’inizio del 2004, durante un’epizoozia verificatasi in allevamenti di pollame in Canada, il sottotipo H7N3 causò una dozzina di casi umani, caratterizzati da congiuntivite e sintomi a carico del tratto respiratorio superiore. Tale cronologia di eventi indica che la trasmissione da volatile a uomo, sebbene apparentemente rara, può verificarsi, e che più sottotipi virali possono essere coinvolti (1). H5N1: la crisi attuale Quel che sta attualmente accadendo è però un fenomeno del tutto nuovo. A partire dalla fine del Not Ist Super Sanità 2006;19(7-8):9-11 2003, il mondo vive una delle più grandi sfide mai lanciate da un virus influenzale aviario. H5N1 ha causato, sino a ora, la più estesa epizoozia mai registrata, colpendo dapprima una serie di Paesi dell’estremo Oriente per estendersi poi, attraverso le rotte dei migratori, all’Europa e all’Africa. La persistenza e le dimensioni dell’epizoozia, la capacità di infettare l’uomo combinata con l’elevato tasso di letalità, la possibilità che il virus muti e diventi trasmissibile da uomo a uomo, rimandano a una domanda che per ora non ha risposte certe: “H5N1 determinerà un'epidemia su larga scala negli esseri umani?”. I casi umani di H5N1: andamento temporale e distribuzione geografica Dalla fine del 2003 al 21 aprile 2006, 204 casi umani di influenza aviaria H5N1 sono stati riportati da 9 Paesi; di questi, 113 (55,4%) sono risultati letali (Tabella). Il Paese col numero maggiore di casi è il Vietnam, seguito da Indonesia, Tailandia e Cina. All’inizio del 2006, nel giro di poche settimane, diversi focolai umani si sono verificati in Turchia e poi in alcuni Paesi confinanti, quali l’Iraq e l’Azerbaijan, e infine in Egitto (Figura). Il tasso di letalità è risultato variabile (dal 100% in Cambogia al 33% in Turchia), suggerendo una diversa sensibilità dei sistemi di sorveglianza, che non appaiono in grado, in u Tabella - Numero di casi umani di influenza da virus aviario H5N1, decessi e tasso di letalità per anno di calendario (Fonte: WHO, Ginevra) Casi Decessi 2003 2004 2005 2006 Totale 3 3 Letalità 100% 46 32 95 41 70% 43% 60* 37* 204 113 62% 55% (*) Al 21 aprile 2006 9 M. Ciccozzi, L. Campitelli, G. Rezza alcuni Paesi, di identificare i casi meno gravi. Inoltre, la definizione di caso prevede la conferma di laboratorio, che non sempre si rende possibile. Le modalità di trasmissione di H5N1 e i fattori di rischio Nella stragrande maggioranza dei casi, le persone colpite hanno avuto un contatto diretto con volatili da cortile malati o morti. Anche se si sono verificati diversi cluster familiari, questi sono da attribuire probabilmente all’esposizione a una fonte comune di infezione. Si ipotizza che la trasmissione possa avvenire portando agli occhi o al naso le mani contaminate o attraverso aerosol di materiale fecale. In molti casi si sono ammalate persone che avevano soppresso e spennato dei volatili prima di cuocerli, o bambini che avevano giocato con tali animali. La promiscuità con volatili infetti e le scarse condizioni igieniche favoriscono la trasmissione dell’infezione: in Turchia, ad esempio, all’epoca dell’outbreak invernale, i polli venivano tenuti direttamente dentro le case a causa del freddo intenso (2, 3). La trasmissione da uomo a uomo si ritiene sia estremamente rara e risulta probabilmente avvenuta solo in due casi osservati rispettivamente in Tailandia e in Vietnam. Una bassa probabilità di trasmissione interumana era già stata documentata a Hong Kong, a seguito dell’outbreak del 1997, laddove solo 1 su 54 operatori sanitari testati risultava avere titoli anticorpali elevati per H5N1. La trasmissione interumana è stata invece ampiamente documentata per H7N7 durante il famoso outbreak verificatosi nel 2003 in Olanda tra i familiari di addetti ad allevamenti di polli. Il motivo per cui H5N1 è particolarmente virulento ma poco contagioso risiederebbe in una più elevata affinità per i recettori polmonari rispetto a quelli delle alte vie respiratorie (4). L’imprevedibilità delle pandemie umane Dal momento che i ceppi di H5N1 attualmente circolanti non si trasmettono efficientemente da persona a persona, il virus deve adattarsi maggiormente all’uomo per poter provocare una pandemia, ma non è attualmente prevedibile se e quando si verificherà un’epidemia su ampia scala. In termini probabilistici, maggiore è l’estensione della epizoozia, e maggiore il numero di passaggi dall’animale all’uomo, più elevato è il rischio che il virus muti e si adatti maggiormente all’uomo. Per questo motivo è importante analizzare gli isolati virali e valutare l’eventuale presenza di mutazioni. Azerbaijan Casi: 8 Morti: 5 Cambogia Casi: 6 Morti: 6 Cina Casi: 17 Morti: 12 Egitto Casi: 4 Morti: 2 Indonesia Casi: 32 Morti: 24 Iraq Casi: 2 Morti: 2 Thailandia Casi: 22 Morti: 14 Turchia Casi: 12 Morti: 4 Vietnam Casi: 93 Morti: 42 Figura - Numero di casi umani e decessi da H5N1 per Paese (al 21 aprile 2006). Fonte: WHO, Ginevra 10 Epidemiologia ed evoluzione di H5N1 L’attuale virus H5N1: origine ed evoluzione Per tracciare le origini genetiche ed ecologiche dei virus H5N1 che hanno generato differenti epidemie, bisogna risalire al genotipo virale responsabile dei primi 18 casi umani a Hong Kong nel 1997. Questo virus possedeva i due maggiori antigeni virali (emagglutinina o HA e neuraminidasi o NA) derivati da un lineaggio identificato in Cina nel 1996 e denominato A/Goose/Guangdong/1/96 (Gs/Gd), mentre i restanti 6 segmenti genici provenivano da un altro lineaggio virale. Quindi, questo ceppo virale si è originato per un fenomeno di riassortimento, lo stesso fenomeno che è alla base della formazione dei successivi genotipi virali osservati durante l’evoluzione di H5N1. Infatti, a partire dal 2001, la maggior parte dei segmenti genici presenti nel virus del 1997 sono stati sostituiti da segmenti provenienti da altri lineaggi virali circolanti nelle popolazioni di uccelli sia selvatici che domestici. Dalla fine del 2003, e contemporaneamente alla diffusione incontrollata del virus negli animali domestici del Sud-Est asiatico, la quasi totalità dei virus isolati sia nel pollame che nell’uomo appartenevano a un solo genotipo (genotipo Z), che conserva solo il segmento HA del lineaggio virale del 1997 (5). In particolare, due mutazioni, finora individuate in alcuni isolati virali e che sembra possano favorire la comparsa di una variante virale con una maggiore capacità di trasmissione interumana sono: il cambiamento da serina ad asparagina nella posizione 223 (S223N) nel segmento di HA, e il cambiamento da acido glutammico a lisina nella posizione 627 di una delle 3 subunità della polimerasi virale (PB2). Quest’ultimo cambiamento aminoacidico è noto per essere un determinante della specificità di ospite nei mammiferi e si riscontra anche in tutti gli isolati virali umani (9). In conclusione, una conseguenza importante dell’evoluzione del virus H5N1 è rappresentata dalla comparsa di virus con caratteristiche antigeniche significativamente differenti, tali da complicare la messa a punto di un vaccino, e quindi il controllo di una possibile pandemia. La variabilità genetica del pool dei virus influenzali aviari H5N1 e la loro potenzialità pandemica influenzale umana rafforza la necessità di adeguati sistemi di sorveglianza atti a individuare precocemente catene di trasmissione interumana dell’infezione e/o mutazioni del genoma virale in grado di aumentare l’efficienza della trasmissione. Come è evoluto e dove in 3 clades diversi Riferimenti bibliografici 1. Rezza G. Avian influenza: a human pandemic threat? (quali mutazioni) Il virus H5N1 di genotipo Z, divenuto dominante a partire dal 2004, è andato incontro a una serie di cambiamenti evolutivi dovuti a mutazioni di tipo puntiforme rese possibili dall’elevato tasso di replicazione virale. L’analisi filogenetica del gene dell’HA di ceppi isolati tra il 2004 e il 2006 evidenzia tre raggruppamenti (o clades) principali, corrispondenti ad aree geografiche distinte (Vietnam-Tailandia, Indonesia-Cina, e Lago di Qinghai) (6). Al raggruppamento rappresentato dai virus isolati da uccelli selvatici migratori presso il Lago di Qinghai in Cina appartengono anche i recenti isolati virali in Europa, Africa e Medio Oriente. Il confronto delle sequenze aminoacidiche dell’HA degli isolati virali del 2004-2005 con quelle del 1997 ha permesso di identificare 13 siti polimorfici nell’HA, la maggior parte dei quali è localizzata nelle vicinanze o all’interno di epitopi antigenici e della regione deputata al legame con il recettore cellulare (7). Altri siti sotto pressione selettiva positiva sono stati identificati nell'HA (8). J Epidemiol Community Health 2004;58:807-8. 2. WHO. Avian influenza (“bird flu”) - Fact sheet. February 2006.Disponibile all'indirizzo: http://www.who. Int/ mediacentre/factsheets/avian_influenza/en/print.htlm 3. Oncul O, Turhan V, Cavuslu S. H5N1 avian influenza: the Turkish dimension. Lancet 2006;6:186-7. 4. Normile D. Avian influenza. Studies suggest why few human catch the H5N1 virus. Science 2006; 311:1692. 5. Li KS, Guan Y, Wang J et al. Genesis of highly pathogenic and potentially pandemic H5N1 influenza virus in eastern Asia. Nature 2004;430:209-13. 6. Chen H, Smith GJD, Li KS et al. Establishment of multiple sublineages of H5N1 influenza virus in Asia: implications for pandemic control. 7. The World Health Organization global influenza program surveillance network. Evolution of H5N1 avian influenza viruses in Asia. Emerging Infectious Diseases 2005;11:1515-21. 8. Campitelli L, Ciccozzi M, Salemi M et al. H5N1 influenza virus evolution: a comparison of different epidemics in birds and humans (1997-2004). J Gen Virol 2006;87:955-60. 9. Subbarao EK, London W, Murphy BR. A single aminoacid in the PB2 gene of influenza A virus is a determinant of host range. J Virol 1993;67:1761-4. 11 la sorveglianza in italia dell'influenza aviaria NELLE SPECIE AVIARIE DOMESTICHE E SELVATICHE Luca Busani e Lebana Bonfanti Centro Regionale di Epidemiologia Veterinaria, Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, Legnaro (Padova) L' Italia, in seguito alla decisione comunitaria 2006/101/ CE del 6 febbraio 2006, che prevede l’obbligo per tutti gli Stati Membri di attuare indagini mirate per il controllo dell’influenza aviaria nel pollame e nei volatili selvatici, ha attivato per il 2006 un Piano di sorveglianza nazionale. Obiettivo generale della sorveglianza è fornire informazioni che garantiscano l’attivazione di un sistema di allerta rapido per la diagnosi precoce dell’eventuale introduzione dei virus dei sottotipi H5 ed H7 negli alle- 12 vamenti, nel pollame domestico e l’immediata adozione di misure di controllo adeguate, al fine di minimizzare i rischi per la salute umana e degli animali e le conseguenze economiche e sociali collegate alle epidemie d’influenza aviaria. La sorveglianza riguarda sia i volatili domestici sia i selvatici che possono veicolare l’infezione durante le migrazioni anche per lunghe distanze. Gli aspetti operativi del Piano hanno riguardato la definizione della popolazione avicola da sorvegliare e i criteri di selezione degli allevamenti a maggiore rischio di infezione. Per i volatili domestici si sono incluse tutte le specie di volatili d’allevamento: pollo, tacchino, faraona, selvaggina (quaglia, starna, fagiano, ecc.), ratiti, oche e anatre e gli allevamenti di svezzamento; per tutte le specie si sono considerati i riproduttori, gli allevamenti da carne e le ovaiole per uova da consumo. I broiler e le quaglie da carne sono stati esclusi in quanto il ciclo produttivo è di breve durata e pertanto poco significative dal punto di vista epidemiologico. Per la scelta degli allevamenti sono stati considerati i seguenti fattori di rischio: • allevamenti free range e all’aperto, che sono considerati i punti Not Ist Super Sanità 2006;19(7-8):12-14 Sorveglianza nelle specie aviarie a maggior rischio per i possibili contatti con volatili selvatici potenzialmente infetti; • allevamenti multietà; • allevamenti multispecie; • animali a lunga vita produttiva. Negli allevamenti selezionati, su un campione rappresentativo di volatili sono stati effettuati controlli sierologici per evidenziare l’infezione da virus influenzali aviari. I risultati dell’attività di sorveglianza 2005-2006, illustrati nella Tabella 1, supportano la tesi che gli allevamenti all’aperto, in particolare, rurali e agriturismi, rappresentano un fattore di rischio di introduzione del virus influenzale dalle popolazioni selvatiche a quelle domestiche. Pertanto, l’adozione di rigorose misure di biosicurezza negli allevamenti industriali risulta essere una misura indispensabile per la riduzione del rischi di introduzione del virus nelle popolazioni domestiche. Nell’area a elevata densità di allevamenti avicoli (DPPA) delle province di Verona, Brescia e Mantova, in seguito alle precedenti esperienze di epidemie, è in corso un “Piano di vaccinazione d’emergenza” negli allevamenti di tacchini da carne e galline ovaiole. In quest’area, al fine di individuare l’eventuale circolazione di virus influenzali aviari in una popolazione vaccinata, è in corso una sorveglianza attiva negli allevamenti presenti. Questo sistema di controllo, basato sulla strategia Differentiating Vaccinated from Infected Animals (DIVA) e sul monitoraggio degli animali sentinella, è finalizzato all’identificazione precoce della circolazione virale nell’area sottoposta al programma, come si è effettivamente verificato nel marzo 2005 in provincia di Brescia (epidemia LPAI H5N2). Un’altra parte rilevante del piano di sorveglianza ha riguardato i volatili selvatici. Gli uccelli selvatici acquatici (in particolare, gli Anatidi, i Caradriformi e i Limicoli) sono i naturali serbatoi per i virus dell’influenza aviaria. In generale, le prevalenze di infezione in queste specie sono basse e risentono di variazioni geografiche e stagionali; inoltre, nei serbatoi naturali, i virus influenzali non provocano malattia evidente. Il virus influenzale aviario di sottotipo H5N1 ha dimostrato di potersi trasmettere ai volatili selvatici e di essere trasportato anche per lunghe distanze nel corso delle loro migrazioni stagionali. Questo virus ha provocato infezioni gravi e mortalità nelle popolazioni selvatiche di uccelli migratori acquatici, come segnalato in diverse parti del Sud-Est asiatico e dell’Europa. u Misure di biosicurezza negli allevamenti avicoli sono indispensabili per il controllo della circolazione di virus influenzali nelle specie aviarie domestiche Tabella 1 - Allevamenti avicoli sottoposti a controlli nell’ambito del Piano di sorveglianza nazionale 2005-2006 distinti per regione (dati aggiornati al 31 marzo 2006) Regione Piemonte Valle d’Aosta Lombardia* Liguria Trentino-Alto Adige Veneto* Friuli-Venezia Giulia Emilia-Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Totale n. allevamenti censiti n. allevamenti campionati 308 12 339 30 80 723 75 512 143 65 146 122 77 70 87 130 11 65 129 71 249 0 306 28 52 514 57 406 99 59 80 84 52 28 85 92 0 56 110 36 3.195 2.393 (*) Allevamenti fuori zona vaccinazione Nota: Quasi tutti i dati sono riferiti al periodo considerato, solo alcuni sono partiti da settembre. La Basilicata ha fatto esami solo negli allevamenti rurali, non negli industriali 13 L. Busani, L. Bonfanti Tabella 2 - Numero di esami fatti per sospetto di casi di infezione da virus influenzale aviario H5N1 in volatili selvatici per specie coinvolta e per diagnosi definitiva (dati al 4 aprile 2006) Provenienza Abruzzo Basilicata Calabria Puglia Sicilia Trentino-Alto Adige Veneto Umbria Specie n. campioni sospetti testati con esame virologico c/o IZSVE* n. campioni positivi H5N1 alta patogenicità (HPAO) Cigno Cigno Cigno Cigno Fischione Moriglione Volpoca Cigno Pollo sultano Poiana Cigno Cigno Germano 3 1 6 9 1 1 1 15 1 1 1 1 1 0 0 2 6 0 0 0 8 1 1 0 0 1 42 19 Totale (*) Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie Un'efficace sorveglianza dell'influenza nelle specie aviarie selvatiche richiede l'intervento coordinato di numerose istituzioni 14 In Europa, dall’inizio del 2006, in seguito anche a straordinarie condizioni climatiche osservate in Russia e Siberia, si è assistito a una migrazione imprevista di specie selvatiche, tra cui cigni reali (Cygnus olor) che hanno provocato focolai di influenza aviaria in vari Paesi, tra cui l’Italia. Dal gennaio 2006 alla fine di marzo, sono stati identificati 16 cigni positivi, ritrovati morti o moribondi in diverse aree del Sud Italia e un germano (Anas plathyrincos) in Umbria, più altre specie selvatiche venute in contatto con cigni infetti in alcuni centri di recupero volatili selvatici (Tabella 2). Il ruolo dei migratori quali veicoli del virus HPAI sottotipo H5N1, benché ancora non del tutto chiarito, riveste importanza e richiede un’attenzione continua alle popolazioni di selvatici sia migratori sia stanziali, al fine di evidenziare tempestivamente qualunque evento anomalo riferibile all’AI (http:// www.izsvenezie.it/dnn/Portals/0/ AI/campioni_1110_1205.pdf ). Al momento, i punti critici del sistema sono rappresentati dalla difficoltà di attuazione di efficaci misure di biosicurezza negli allevamenti rurali, la scarsità di informazioni sul ruolo dei volatili selvatici nel trasportare il virus H5N1 e l’adozione di interventi mirati nella gestione delle positività dei migratori oltre alla tempestività delle notifiche. La sorveglianza dell’influenza aviaria ha richiesto la partecipazione di varie istituzioni, tra cui l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (INFS), il Centro di Referenza Malattie degli Animali Selvatici (CeRMAS) e i servizi veterinari regionali, con il coordinamento del Centro di Referenza Nazionale dell’Influenza Aviaria presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie. Quest’attività in Italia ha dovuto rapidamente adattarsi alle nuove situazioni di rischio, estendendosi a tutto il territorio nazionale, richiedendo il censimento del patrimonio avicolo e impegnando intensamente tutti i soggetti coinvolti. Essa ha dimostrato, al momento, di poter individuare e gestire le situazioni di rischio. RUOLO DELL’AVIFAUNA SELVATICA NELL’ECOLOGIA DELL’INFLUENZA: 14 ANNI DI STUDIO LONGITUDINALE IN ITALIA Mauro Delogu1, Laura Campitelli2, Livia Di Trani3 e Isabella Donatelli2 1Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria e Patologia Animale, Facoltà di Medicina Veterinaria, Università di Bologna 2Dipartimento di Malattie Infettive, Parassitarie ed Immunomediate, ISS 3Dipartimento di Sanità Alimentare ed Animale, ISS I virus influenzali aviari vanno incontro raramente a evoluzioni spontanee verso patogenicità elevate negli uccelli selvatici a vita libera, come dimostra il solo caso descritto non direttamente correlabile alla presenza di virus HPAI nelle specie domestiche (A/Tern/South Africa/1961, H5N3). Nelle specie serbatoio e nelle specie che si possono ammalare, ma dove il virus non riesce a sopravvivere nel tempo (spill-over o epifenomeni, rappresentati comunemente da specie aviarie domestiche), i virus influenzali possono infettare numerose specie, la cui recettività, variabile di volta in volta, è condizionata sia da mutazioni spontanee dell’agente eziologico, sia da caratteristiche intrinseche dell’ospite (1). Si tratta di per sé di virus relativamente innocui se non entrano a contatto con grandi popolazioni recettive in espansione, quali ad esempio, quelle dell’avicoltura intensiva, per le quali rappresentano fattori di controllo demografico. Il costante aumento delle epidemie del pollame in Not Ist Super Sanità 2006;19(7-8):15-17 Europa, Asia e America coincide non a caso con l’elevato incremento delle produzioni avicole in tutti questi Paesi. In questo contesto si inseriscono le ricerche nel serbatoio naturale, finalizzate a comprendere meglio il ciclo ecologico che permette la perpetuazione dei virus nell’ambiente attraverso il loro serbatoio naturale, ma anche a valutare il rischio per l’uomo e l’adozione di idonee misure di profilassi, attraverso l'individuazione dei ceppi virali circolanti (2). Con tali scopi il Centro di Referenza Nazionale per l’Influenza dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, con sede presso l’Istituto Superiore di Sanità, ha intrapreso sin dal 1992, assieme ad altri enti, una ricerca sull’ecologia di questo virus negli uccelli selvatici. La raccolta dei campioni viene svolta presso le Oasi WWF di Orbetello e Burano. I virus influenzali isolati dagli uccelli acquatici migratori e non, durante l’azione di monitoraggio nell’area di studio, vengono utilizzati sia per aumentare le conoscenze su questi virus in natura, quali fattori di rischio per l’uomo, sia per mettere a punto specifici vaccini. Le principali direttrici di movimento delle specie migratorie attraversano l’Europa da Nord-Est verso Sud-Ovest e, sorvolando la penisola scandinava, attraversano Gibilterra giungendo in Africa. Altre rotte originano da Paesi del NordEst europeo e giungendo in Europa centrale seguono la costa mediterranea dell’Italia in cui in parte si fermano a svernare, mentre in parte proseguono verso l’Africa. Un ulteriore tragitto origina dall’estremo Nord-Est europeo (Russia), attraversa i Balcani e raggiunge le zone umide della costa adriatica in cui in parte sverna e in parte prosegue per il Nord Africa. Tra le rotte più orientali, una attraversa il Centro Europa per sfiorare il Mar Nero e sorvola la Romania, la Turchia, per entrare in Africa orientale. Eccezione fatta per le marzaiole (Anas Querquedula) che svernano principalmente nell'Africa centro-occidentale, tutte le altre specie utilizzano prevalentemente le zone umide del u 15 bacino del Mediterraneo come aree di svernamento. L’Italia funge sia da area di svernamento e di riproduzione per alcune specie (Germano reale), sia di solo svernamento per la maggior parte degli anatidi, con coinvolgimento migratorio primaverile e autunnale. Le popolazioni svernanti in Italia sono prevalentemente di provenienza europea nord-orientale (3). Durante l’attività di ricerca sono stati campionati oltre 10.000 soggetti appartenenti a circa 40 specie selvatiche. I risultati più salienti evidenziano come la specie reservoir per eccellenza in Europa e in Italia sia il Germano reale (Anas Platyrhynchos), seguito dalle anatre di superficie, poi dalle anatre tuffatrici e in ultimo dagli spill-over (Figura 1) fornendo quindi un'ipotesi probabilistica decrescente di rischio legata alla presenza delle diverse specie (4). Le folaghe adulte presentavano sieroprevalenze maggiori delle giovani mentre non vi erano differenze sierologiche legate all’età nelle anatre selvatiche. n. soggetti campionati M. Delogu, L. Campitelli, L. Di Trani et al. 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 1992-93 1993-94 1994-95 1995-96 1996-97 Anni Germano reale Anatra di superficie In Figura 2 sono invece riportati i ceppi virali isolati nel periodo 1992-2001, suddivisi per sottotipo di emagglutinina (2, 5). La maggior parte dei 16 sottotipi esistenti in natura è stata identificata nelle popolazioni selvatiche che si trovano in Italia, compresi quelli (H5 e H7) precursori dei ceppi ad alta patogenicità nel pollame (4, 5). La lunga durata del monitoraggio sanitario, iniziato nel 1992 a carico delle popolazioni di anatidi e folaghe, ha permesso di evidenziare in elevati numeri di volatili campiona- n. isolati virali 20 15 10 5 H1 H2 H3 H4 H5 H6 H7 H10 H11 S ottotipi Figura 2 - Circolazione di sottotipi virali influenzali nella fauna selvatica italiana, 1992-2001 16 Folaga Figura 1 - Sieroprevalenza % verso virus influenzali di tipo A in uccelli acquatici svernanti in Italia (n. 1.040 campioni) 25 0 Anatra tuffatrice 1997-98 ti (circa 1.300) l’assenza, fino al 2002, di positività sierologiche e virologiche per il virus influenzale H7N1, responsabile nel 19992000 della gravissima epidemia italiana verificatasi negli allevamenti intensivi di polli e tacchini, dove ha causato la morte di circa 17 milioni di capi (6). Dal 2001 al 2006 questa attività di monitoraggio è stata parte integrante di un progetto finanziato dall'Unione Europea nell’ambito del V Programma Quadro della Ricerca Europea, denominato FLUPAN. Tra gli scopi principali del progetto, oltre alla messa a punto di un vaccino pandemico a partire da ceppi virali aviari ad alta patogenicità, vi era l’allestimento di una batteria di ceppi con emagglutinine di sottotipo diverso, isolati dal serbatoio naturale, da rendere immediatamente disponibili per l’allestimento di un vaccino pandemico qualora un virus di sottotipo nuovo per la popolazione umana dovesse emergere dal serbatoio animale, ponendo un concreto rischio di pandemia. Nell’ambito di questi studi è stato possibile isolare segue titolo corrente Inserto BEN Bollettino Epidemiologico Nazionale sorveglianze nazionali Fattori di rischio di morte in occasione delle ondate di calore: risultati di uno studio caso-controllo, Bari (estate 2005) Massimiliano Di Renzi1†, Bruno Ciancio1,2, Nancy Binkin3, Alberto Perra3, Rosa Prato4, Antonino Bella3, Cinzia Germinario4, Maria Teresa Balducci4, Giovanni Caputi4, Annarita Fusco4, Concetta Ladalardo4, Domenico Martinelli4, Roberta Pastore4 e Antonella Spica4 1European Programme for Intervention Epidemiology (EPIET) 2Health Protection Agency Centre for Infection, London 3Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute, ISS, Roma 4Osservatorio Epidemiologico Regione Puglia, Bari 5Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie, Ministero della Salute, Roma L 5 20 0 10 lio lio ug 0 8l lug lio 6 4l ug lio gn ug 2l 30 giu gn o o gn giu 28 26 giu gn gn giu 24 22 20 giu gn o -5 o 30 o 10 o 40 temperatura max apparente di morte per le quali si era osservato un significativo incremento, erano dovute a patologie cardiovascolari, neurocognitive, setticemia, malattie respiratorie, insufficienza renale e senectus (dati non pubblicati). Durante l’ultima settimana di giugno e i primi giorni di luglio 2005, il Sistema nazionale di allarme per la prevenzione dell’impatto delle ondate di calore (Heat Health Watch Warning Systems (HHWWS)), ha rilevato in diverse città italiane un livello di allarme 3, definito come persistenza per almeno due giorni consecutivi di un livello 15 giu n. di morti in eccesso e elevate temperature estive, specialmente se accompagnate da alti tassi di umidità, sono associate a un incremento di mortalità, in particolare in adulti di età >65 anni (1). Nel 2003 una grave ondata si calore si è verificata in molti Paesi europei con un drammatico incremento della mortalità osservata rispetto a quella attesa (2). In Italia, nello stesso periodo, si è osservato un eccesso di oltre 3.000 decessi (3, 4) e uno studio condotto nella sola città di Bari, ha evidenziato che le principali cause giorno Decessi Temperatura massima apparente Figura - Eccesso giornaliero di mortalità e andamento della temperatura massima apparente nella città di Bari (giugno-luglio 2005) Not Ist Super Sanità 2006;19(7-8):i-ii di temperatura apparente associato a un rischio stimato di mortalità >25% rispetto ai valori di base (Figura, i cui dati sono relativi alla sola città di Bari). Tale riscontro ha suscitato grande attenzione da parte dei media e della popolazione in generale. Pertanto, nel Piano Nazionale di Prevenzione e Comunicazione sull’Emergenza Caldo (Decreto del Ministro della Salute 6 luglio 2005), fra le diverse misure, è stato programmato uno studio caso-controllo da parte dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS). Lo studio, che aveva come target i soggetti di età ≥65 anni residenti nelle città di Roma, Bari e Torino, è stato successivamente, per motivi organizzativi, limitato alla città di Bari. Avendo come scopo la definizione di un piano preventivo di azione, l’obiettivo principale dello studio è stato di identificare, durante un’ondata di calore nella città di Bari, i fattori di rischio associati alla mortalità per cause direttamente correlate al calore oppure nelle quali il calore può aver agito da fattore scatenante. è stato quindi condotto uno studio caso-controllo, appaiato per età e per medico curante. I casi erano soggetti di età ≥65 anni, deceduti a Bari nei giorni in cui le morti in eccesso hanno superato di almeno il 25% quelle attese (dal 30 giugno al 4 luglio e dal 1° al 3 agosto 2005), presenti nel- u Not Ist Super Sanità 1i Inserto BEN l’area di studio durante il periodo di esposizione all’ondata di calore (dal primo giorno di temperatura massima apparente >30°C), nella cui scheda di morte fosse riportata una o più delle seguenti cause: a) caldo/calore; b) patologia cardiovascolare; c) cerebrovascolare; d) BPCO; e) patologia neurocognitiva; f ) senectus; oppure quando una delle seguenti condizioni fosse riportata senza altra causa specificata: a) insufficienza renale acuta e cronica; b) disidratazione; c) iperpiressia; d) ipovolemia; e) sepsi in cui non fosse specificata la sede di partenza o l’agente eziologico; f ) infezione ove non fosse specificato l’organo o apparato coinvolto o non fosse specificato l’agente eziologico. Tre controlli per caso sono stati selezionati casualmente tra gli individui: a) viventi e presenti nell’area di studio durante il periodo considerato a rischio; b) registrati presso lo stesso medico curante del caso; c) di età compresa tra ±36 mesi rispetto al caso corrispondente. I familiari o conviventi dei casi, i corrispettivi controlli e i medici curanti sono stati intervistati telefonicamente mediante un questionario precedentemente testato a Roma. Le informazioni raccolte riguardavano: fattori di rischio clinici, livello di autonomia nello svolgimento delle attività della vita quotidiana (ADLactivities of daily living (spostarsi da una stanza all'altra, andare in bagno, lavarsi, fare il bagno o la doccia, vestirsi e spogliarsi, alimentarsi)), variabili personali, stato di isolamento, abitudini di vita durante l’ondata di calore, fattori di rischio ambientali. Per ogni fattore di rischio sono state calcolate gli odds ratio (OR) appaiati grezzi. L’analisi multivariata è stata condotta mediante regressione logistica condizionale includendo nel modello iniziale le variabili con un livello di significatività di ≤0,1 all’univariata. Il modello finale è stato ottenuto mediante eliminazione progressiva delle variabili non significative al test della verosimiglianza. Sono stati inclusi un totale di 20 casi e 60 controlli. Diciassette casi (89%) sono deceduti nella propria abitazione. La causa iniziale di morte è stata una malattia cardiovascolare nel 59% dei casi, una patologia cerebrovascolare nel 18%. L’età media ii dei casi era simile all’età media dei controlli, 85,1 e 84,7 anni rispettivamente. Non è sorprendente che, vista la definizione di caso, una percentuale significativamente maggiore di casi era affetta da patologie croniche cardio- e/o cerebro-vascolari (75% vs 43%), diabete (30% vs 8), patologie che compromettono lo stato neurocognitivo (30% vs 10%). Inoltre, una percentuale maggiore di casi era stata ricoverata in ospedale nell’anno precedente (60% vs 22%). L’analisi dell’autonomia nelle ADL (lavarsi, vestirsi, andare in bagno, spostarsi in casa, mangiare, essere continenti) e nelle IADL - instrumental activities of daily living - (usare il telefono, fare la spesa, preparare i pasti, accudire alla casa, fare il bucato, spostarsi per la città con mezzo proprio o trasporti pubblici, gestire l’assunzione dei farmaci, gestire il denaro), ha mostrato per tutte le attività che i casi avevano una minore probabilità di essere autosufficienti rispetto ai controlli. Inoltre, la percentuale di casi con un livello di dipendenza grave, definito da un punteggio ADL ≤2 o da un punteggio IADL ≤3, è stata significativamente maggiore tra i casi che tra i controlli (60% vs 24% e 90% vs 45% rispettivamente). L’analisi delle variabili relative alla vita di relazione e allo stato di isolamento, ha evidenziato che svolgere una qualunque attività fuori casa era associato a un rischio minore di morte durante l’ondata di calore (OR: 0,1; IC 95% 0,02-0,6). Tra le abitudini di vita durante l’ondata di calore, aver aumentato il consumo di acqua bevuta in una giornata tipo era significativamente associato a un rischio minore di essere un caso (OR =0,2; IC 95% 0,07-0,8). Nessuna delle variabili relative alla situazione ambientale è risultata significativamente associata al rischio di morte all’analisi univariata. All’analisi multivariata, fattori indipendentemente associati al rischio di morte durante un’ondata di calore sono l’essere autosufficienti in ≤2 ADL (mOR = 21,9; IC 95% 1,8-242,5; p = 0,009), essere stati ricoverati in ospedale nell’anno precedente (mOR = 18,1; IC 95% 2,0-160,5; p = 0,015) e avere un condizionatore d’aria funzionante in casa (mOR = 0,09; IC 95% 0,01-1,0; p = 0,05). Il PAF% (population attributable fraction) ha indicato che il 72% delle morti non si sarebbe verificato se tutti avessero avuto un condizionatore d’aria in casa, mentre per gli altri due fattori presi in considerazione il PAF era del 57%. In conclusione, durante l’ondata di calore verificatasi a Bari nell’estate 2005, tra i soggetti di età superiore a 64 anni, quelli con una salute più fragile e con gravi limitazioni dell'autonomia nello svolgimento delle attività della vita quotidiana si sono rivelati a maggior rischio di morte da cause attribuibili al caldo. Aver incrementato il consumo di acqua nei giorni di caldo ed avere un condizionatore d’aria funzionante in casa, sono stati i fattori di protezione più importanti, sebbene solo l’ultimo fattore rimane significativo nell’analisi multivariata. Nonostante le dimensioni limitate dello studio, i risultati sono compatibili ad altri studi caso-controllo realizzati in Europa (1, 4). Questi risultati hanno importanti implicazioni in termini di sanità pubblica. Infatti, sebbene il verificarsi delle ondate di calore non possa essere prevenuto, alcuni interventi efficaci possono essere messi in atto per proteggere le persone a rischio. è importante che la popolazione a rischio sia identificata in anticipo e che, successivamente all’allarme lanciato dall'HHWWS, si provveda a proteggerla con interventi mirati a facilitare l’incremento del consumo giornaliero di acqua e provvedere che l’ambiente domestico sia fornito di aria condizionata o, alternativamente, che i soggetti a rischio abbiano la possibilità di soggiornare in aree con aria condizionata nei giorni di allerta. Riferimenti bibliografici 1. Basu R, Samet JM. Relation between elevated ambient temperature and mortality: a review of the epidemiologic evidence. Epidemiol Rev 2002;24:190202. 2. Kosatsky T. The 2003 European heat waves. Euro Surveill 2005;1:10. 3. Conti S, Meli P, Minelli G et al. Epidemiologic study of mortality during the Summer 2003 heat wave in Italy. Environ Res 2005;98:390-9. 4. Ledrans, M. Impact sanitaire de la vague de chaleur de l’été 2003: synthèse des études disponibles en août 2005. BEH 2006;19-20:130-7. Inserto BEN sorveglianze nazionali IL GRADO DI DIPENDENZA COME INDICE DELLA VULNERABILITÀ DEGLI ANZIANI IN OCCASIONE DELLE ONDATE DI CALORE: QUALCHE INDICAZIONE PROVENIENTE DALLO STUDIO ARGENTO 1 N Nancy Binkin1 per il Gruppo Argento* Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute, ISS, Roma umerosi studi hanno identificato nelle persone che non sono in grado di realizzare le attività essenziali della vita quotidiana (activities of daily living - ADL) quelle a maggior rischio di morte durante le ondate di calore (1-3). Per descrivere meglio l’entità e le caratteristiche di questa popolazione non autosufficiente nel nostro Paese, abbiamo esaminato i dati dello Studio Argento, un’indagine condotta nel 2002 in 11 regioni italiane su un campione di popolazione selezionata con il metodo del campionamento a cluster. Tale esame di dati ci ha inoltre fornito l’opportunità per valutare la capacità di alcuni algoritmi, basati su data-linkage e finalizzati all’identificazione degli anziani a rischio in occasione di ondate di calore, di identificare effettivamente gli anziani non autosufficienti. I metodi dello Studio Argento sono descritti in dettaglio altrove (4). In breve, in ognuna delle 11 regioni partecipanti è stata condotta un’indagine campionaria, che aveva come popolazione di studio le persone di età ≥ 65 anni residenti nelle regioni al momento del reperimento delle liste anagrafiche e non istituzionalizzate. Le informazioni sono state ottenute tramite interviste domiciliari, condotte tra gennaio e maggio 2002 utilizzando un questionario standardizzato. Se l’individuo selezionato presentava deficit fisici o psichici che non gli consentivano di rispondere direttamente all’intervista o non ricordava nessuna delle tre parole costituenti una parte del Mini-Cog, un test di screening per probabile deficit cognitivo (5), il questionario è stato sottoposto al familiare o alla persona che se ne prendeva cura. Per valutarne il grado di autosufficienza, ai partecipanti sono state fatte domande riguardo le attività della vita quotidiana (ADL): spostarsi da una stanza all’altra; andare in bagno; lavarsi; fare il bagno o la doccia; vestirsi e spogliarsi; mangiare. Gli anziani sono stati divisi nelle categorie “gravemente dipendenti” se nessuna risposta sulle ADL era “da solo (anche se con problemi)”; “parzialmente dipendenti” se 1-5 delle risposte sulle ADL era “da solo”; “autosufficienti” se tutte le risposte erano “da solo”. Per ciascun gruppo sono state esaminate le caratteristiche socio-demografiche e le condizioni di salute. Per identificare gli anziani fragili nelle situazioni di emergenza caldo, sono stati sviluppati algoritmi basati sul linkage tra dati anagrafici, quelli delle SDO e quelli del censimento. Per testarne la capacità abbiamo applicato l’algoritmo in uso nella Regione Lazio (6) alle popolazioni autosufficienti, parzialmente dipendenti, e gravemente dipendenti, così come identificate dallo Studio Argento. Questo algoritmo, che è stato sviluppato sulla base dei database degli studi sui fattori di rischio di mortalità correlata a ondate di calore, usa un sistema di punteggio che prende in considerazione età e sesso, stato civile, ospedalizzazione negli ultimi due anni per alcune condizioni di cui si conosce l’associazione con le morti per caldo, e stato socioeconomico, come misurato dai dati di censimento. Età, sesso e stato civile erano disponibili tra i dati Argento. Per i dati sull’ospedalizzazione, è stata usata una combinazione tra i ricoveri nell’ultimo anno riportati dai pazienti e quanto riferito da un medico a proposito di una o più condizioni incluse nell’algoritmo della Regione Lazio. Poiché non era disponibile l’informazione per sezione di censimento relativamente allo stato socio-economico, abbiamo considerato come persone a rischio quelle con <3 anni di istruzione. Utilizzando l’algoritmo, sono stati considerati a rischio quelli con uno score >10 (rischio medio-alto e alto). I dati, pesati per la numerosità della popolazione anziana nelle diverse regioni, sono stati analizzati con il modulo C-SAMPLE di Epi Info 2002, che tiene conto, per la stima dei parametri di interesse, della modalità di raccolta dei dati a grappoli (cluster). Sono state intervistate 2.369 persone: per 2.355 (99,4%) erano disponibili informazioni complete sulle ADL. Nel 92% dei casi l’intervista è stata condotta direttamente all’anziano selezionato, mentre nell’8% le risposte sono state fornite da un familiare. Questa percentuale, tuttavia, era sostanzialmente diversa per livello di autosufficienza, ed era 98% per gli autosufficienti, 79% per i parzialmente dipendenti e 22% per i gravemente dipendenti. In totale, il 78% (IC 95% 76%-80%) degli intervistati era autosufficiente, il 20% (IC 95%18%-22%) parzialmente dipendente e il 2,5% (IC 95% 1,9%3,2%) gravemente dipendente. Tra i parzialmente dipendenti, il 48% ha avuto problemi per una singola ADL, il 18% per 2, il 13% per 3, il 9% per 4, e il 13% per 5. Tra le 527 persone parzialmente o gravemente dipendenti, il 94% aveva avuto bisogno di aiuto nel fare la doccia, il 51% non era in grado di vestirsi da solo, il 44% di lavarsi da solo, il 33% di andare in bagno da solo, il 24% di spostarsi da una stanza all’altra, e il 16% di mangiare senza assistenza. La prevalenza dei parzialmente dipendenti per regione andava dal 14 al 30%, mentre per gravemente dipendenti il range andava da 0 a 5,8%. Complessivamente, il Sud aveva prevalenze più alte del Nord sia di parzialmente dipendenti (22 vs 17%) sia di gravemente dipendenti (3,6 vs 1,7). Le caratteristiche socio-demografiche di base e quelle mediche delle persone autosufficienti, parzialmente dipendenti e gravemente dipendenti sono illustrate nella Tabella. Tra i parzialmente dipendenti e i gravemente dipendenti c’erano in proporzione più grandi anziani (>75 anni), donne e persone con più basso livello di istruzione rispetto agli autosufficienti. Inoltre, era meno probabile che fossero coniugati rispetto a quelli autosufficienti. Il 20% degli autosufficienti e il 18% dei parzialmente u (*) Nicoletta Bertozzi, Claudio Culotta, Onorato Frongia, Peter Kreidl, Cristina Mancini, Federica Michieletto, Giuseppe Montagano, Renato Pizzuti, Rosy Prato, Salvatore Sammarco e Donatella Tiberti Not Ist Super Sanità 2006;19(7-8):iii-iv iii Inserto BEN Tabella - Autosufficienza, Studio Argento, 2002 Caratteristiche Autosufficiente n. 1.828 % (95% IC) Età 65-74 58,4 (55,8-61,1) 75-84 35,8 (33,2-38,4) ≥ 85 5,7 (0,7-4,4) Femmina 56,4 (53,7-59,2) Istruzione ≤ 3 anni 21,8 (19,4-24,3) Coniugato 63,2 (60,7-65,8) Convivenza Solo 20,2 (18,0-22,3) Persona/e della stessa generazione 52,8 (50,2-55,4) Figli 11,2 (9,6-12,8) Persone di >1 generazione 13,2 (11,4-14,9) Badante 0,2 (0-1,6) Altro 2,4 (1,6-3,3) Almeno 1 patologia grave* 47,2 (44,3-50,5) Ricovero ≥ 1 volta nell’ultimo anno 16,9 (15,0-18,7) Rischio alto o medio-alto secondo l’algoritmo Lazio** 1,4 (0,8-2,0) Parzialmente dipendente n. 462 % (95% IC) 26,4 49,4 24,2 67,8 37,4 48,6 Gravemente dipendente n. 65 % (95% IC) (21,3-31,6) (44,0-54,8) (19,5-28,9) (62,8-72,8) (31,8-42,9) (43,0-54,2) 11,6 51,6 38,8 63,3 41,4 43,2 (3,0-20,1) (38,2-65,0) (24,2-49,5) (49,4-77,3) (27,6-55,2) (28,9-57,3) 17,7 (13,7-21,6) 44,9 (39,2-50,6) 24,6 (20,0-29,2) 7,1 (4,3-9,8) 1,4 (0,2-2,6) 4,2 (2,1-6,4) 73,4 (68,5-78,3) 36,2 (31,1-41,4) 2,5 33,9 46,0 6,8 6,9 4,0 72,5 36,7 (0-6,6) (20,3-47,6) (32,2-59,7) (0-13,9) (0-14,7) (0- 8,8) (59,2-85,1) (23,2-50,2) 8,1 (5,0-11,1) 22,5 (11,9-33,1) (*) Malattie cardiovascolari, ictus, diabete, malattie renali, malattie respiratorie (autodichiarate); (**) Vedi testo dipendenti vivevano da soli, rispetto al solo 2,6% dei gravemente dipendenti. Tra i gravemente dipendenti, il rimanente 35% viveva con persone della stessa generazione (coniugi, fratelli), il 44% con i figli, il 7% in famiglie di più generazioni, il 7% con badanti e il 4% con altri parenti. Per quanto riguarda l’ospedalizzazione, la percentuale di quelli che erano stati ricoverati nell’anno precedente era quasi identica per i parzialmente e i gravemente dipendenti (36% e 37% rispettivamente) ma più alta di quella degli autosufficienti (17%). Tra le persone che sono state ricoverate, il numero medio di ricoveri era 1,5 per gli autosufficienti, 1,8 per i parzialmente dipendenti e 1,3 per i gravemente dipendenti. La prevalenza di almeno una condizione medica autodichiarata (malattie cardiovascolari, ictus, diabete, malattie renali, malattie respiratorie) era simile nei parzialmente e gravemente dipendenti (39% e 42% rispettivamente), decisamente maggiore della prevalenza del 12% riportata dagli autosufficienti. La differenza maggiore tra i tre gruppi è stata osservata nella prevalenza riportata di ictus, che era 3,6% negli autosufficienti, 17% nei parzialmente dipendenti, e 42% nei gravemente dipendenti. Anche i problemi cognitivi, misurati con il Mini-Cog, erano più comuni tra i non autosufficienti. Tra i 462 parzialmente dipendenti, a 436 (94%) è stato somministrato il test, e di questi al 51% è stato riscontrato deficit cognitivo; tra i 35 dei 65 (54%) gravemente dipendenti testati, l’88% aveva deficit cognitivi. Tra gli autosufficienti presentavano deficit cognitivi il 22%. iv Applicando l’algoritmo della Regione Lazio alla popolazione dello Studio Argento, il sistema di punteggio avrebbe identificato come a medioalto o alto rischio l’8,1% dei parzialmente dipendenti e il 22,5% dei gravemente dipendenti (Tabella). Questi risultati suggeriscono che vi sia una popolazione consistente di anziani almeno parzialmente dipendenti che vive nella comunità e che presenta numerosi problemi medici e un’alta frequenza di problemi cognitivi. Sebbene solo pochi di quelli gravemente dipendenti vivessero da soli, quasi 1 persona su 5 con bisogno di assistenza per una o più ADL viveva da sola. Tra quelli che vivevano con altri, poco più di un terzo viveva con altri della stessa generazione, a loro volta potenzialmente suscettibili di problemi di salute e bisognosi di aiuto per assistere i loro partner o fratelli non-autosufficienti. è preoccupante l’incapacità dell’algoritmo basato sul data-linkage di identificare le persone non autosufficienti a rischio di morte durante un’emergenza caldo. L’algoritmo non è riuscito a identificare più del 90% dei parzialmente dipendenti e del 77% dei gravemente dipendenti. Alla luce dei risultati dello studio caso-controllo riportato in questo numero del BEN e di simili risultati nella realtà francese (2) la mancanza di autosufficienza è uno dei più importanti fattori preditti- vi della morte per ondata di calore. è necessario fare di tutto per assicurare che questi individui siano attivamente identificati e seguiti nel tempo. Riferimenti bibliografici 1. Di Renzi M, Ciancio B, Binkin N et al. Fattori di rischio di morte in occasione delle ondate di calore: risultati di uno studio caso-controllo, Bari (estate 2005). Not Ist Super Sanità - Inserto BEN 2006;19(7-8):i-ii. 2. Ledrans, M. Impact sanitaire de la vague de chaleur de l’été 2003: synthèse des études disponibles en août 2005. BEH 2006;19-20:130-7. 3. Semenza, J et al. Heat-related deaths during the July 1995 heat wave in Chicago. N Engl J Med 1996;335:84-90. 4. Mancini C et al. Indagine sulle cadute nella popolazione anziana di undici regioni italiane: Studio Argento 20012002. Ig Sanità Pubbl 2005;61:117-32. 5. Michieletto et al. Utilizzo del test Mini-Cog come metodo di screening per la demenza nella popolazione italiana: l’esperienza dello Studio Argento. Ig Sanità Pubbl 2006;62:159-72. 6. Ministero della Salute. Linee guida per preparare piani di sorveglianza e risposta verso gli effetti sulla salute di ondate di calore anomalo. Roma, 28 giugno 2006 (Consultabile online all'indirizzo: http://www.ministerosalute.it/ccm/ documenti/LineeGuidaCaldo_2006. pdf ). Comitato editoriale BEN Nancy Binkin, Paola De Castro, Carla Faralli, Marina Maggini, Stefania Salmaso e-mail: [email protected] L'avifauna selvatica nell'ecologia dell'influenza Riferimenti bibliografici continua A/Mallard/Italy/33/01 (H7N3) A/Turkey/Italy/214845/02 (H7N3) A/Turkey/Northern Ireland (H7N7) A/Ostrich/Zimbabwe/222/96 (H7N1) A/Magpie-robin/China/28710/93 (H7) A/Chicken/Pakistan/CR2/95 A/Peregrin Falcon/UAE/98 (H7N3) A/Chicken/Jena/87 (H7N7) A/African starling/England/79 (H7N1) A/Chicken/Leipzig/79 (H7N7) A/Turkey/England/63/ (H7N3) 0.01 Figura 3 - Correlazioni evolutive di virus H7N3 isolati da uccelli selvatici e domestici (in grassetto) isolati in Italia nel 2001-02, relativamente al gene HA (5) nel 2001, da germani reali, un Al primo posto troviamo virus LPAI A/H7N3 e verifi- la presenza di anticorpi concarne l’adattamento conseguen- tro virus del sottotipo H5 nella te all’ingresso in allevamenti di popolazione delle anatre selvapollame domestico che ha dato tiche del Mediterraneo, eviden25 a un'epidemia iniziata luogo ziata dal 1992 a oggi durante in allevamenti di tacchini del gli studi nella Oasi WWF di 20 Nord Italia nell'ottobre 2002 Orbetello. La continua circoe protrattasi per circa un anno lazione nel serbatoio di diver15 (Figura 3) (7-9). si virus influenzali A/H5 crea Gli studi sulle specie spilluna seppur parziale immunità 10 over (Galliformi selvatici, di popolazione che, da un lato, Colombiformi, Passeriformi) potrebbe rallentare la diffusio5 confermano a oggi il ruolo ne dell’infezione da A/H5N1 0 marginale svolto da questo attraverso una diminuzione della H2 H3 o H4 H6 H7 gruppo H1 nel mantenere far H5 eliminazione viraleH10 dagli H11 infetti, circolare i virus influenzali S ottotipi ma dall’altro potrebbe agevolarla con coinvolgimenti episodici, grazie alla diffusione del virus da privi di continuità temporale. parte di soggetti cross-protetti, L’esposizione di questi grup- che pur infettandosi non manipi a situazioni ambientali in festano malattia. Infine, è da cui è presente l’infezione nel rilevare che solo i virus a bassa serbatoio raramente si traduce patogenicità possono essere train un coinvolgimento di que- sportati per lunghi tratti con la ste specie, suscettibili ma “non migrazione; è quindi probabile serbatoio”. Oggi, con l’ingres- che il ritorno nella specie-serbaso nelle popolazioni selvatiche toio si traduca in una pressione europee di un virus quale l’A/ selettiva in grado di premiare le H5N1 HPAI una serie di fat- varianti a patogenicità ridotta tori ecologici può comunque con una progressiva attenuaziointervenire nel condizionare ne per il serbatoio e poi per le l’evento. altre specie. 1. Campitelli L, Fabiani C, Puzelli S et al. H3N2 influenza viruses from domestic chickens in Italy: an increasing role for chickens in the ecology of influenza? J Gen Virol 2002;83:413-20. 2. De Marco MA, Foni E, Campitelli L et al. Circulation of influenza viruses in wild waterfowl wintering in Italy during the 19931999 period: evidence of virus shedding and seroconversion in wild ducks. Avian Dis 2003; 47:861-6. 3. Delogu M, De Marco MA, Donatelli I et al. Ecological aspects of influenza A virus circulation in wild birds of Western Palearctic. Veterinary Res Commun 2003;27:101-6. 4. De Marco MA, Campitelli L, Foni E et al. Influenza surveillance in birds in Italian wetlands (19921998): is there a host restricted circulation of influenza viruses in sympatric ducks and coots? Vet Microbiol 2004;98:197-208. 5. Campitelli L, Mogavero E, De Marco MA et al. Influenza surveillance in birds in Italy (19992002): preliminary molecular characterisation of virus isolates. International Congress Series 2004;1263:766-70. 6. De Marco MA, Foni E, Campitelli L et al. Influenza virus circulation in wild aquatic birds in Italy during H5N2 and H7N1 poultry epidemic periods (1998-2000). Avian Pathol 2005;34(6):480-5. 7. Campitelli L, Mogavero E, De Marco MA et al. Interspecies transmission of an H7N3 influenza virus from wild birds to intensively reared domestic poultry in Italy. Virology 2004;23:24-36. 8. Di Trani L, Bedini B, Cordioli P et al. Molecular characterization of low pathogenicity H7N3 avian influenza viruses isolated in Italy. Avian Dis 2004;48(2):376-83. 9. Giannecchini S, Campitelli L, Calzoletti L et al. Comparison of in vitro replication features of H7N3 influenza viruses from wild ducks and turkeys: potential implications for interspecies transmission. J Gen Virol 2006;87:171-5. 17 Diagnosi virologica dell’influenza: dall’epidemia stagionale all’emergenza pandemica P Simona Puzelli, Graziella Morace, Concetta Fabiani e Isabella Donatelli Dipartimento di Malattie Infettive, Parassitarie ed Immunomediate, ISS oiché numerosi microrganismi che infetta- informazioni utili alla definizione della composino l’uomo provocano malattie con sintomi zione vaccinale. simili a quelli dell’influenza, una diagnosi La co-circolazione nella popolazione umana di certa può essere effettuata solo mediante test di diversi tipi (A e B) e sottotipi antigenici (A/H1N1, laboratorio. Sebbene in generale la diagnosi viro- A/H3N2) di virus influenzali, complica la diagnologica di influenza non sia necessaria nella comune si e l'identificazione antigenica di questi agenti pratica clinica, essa assume un ruolo fondamentale eziologici. La diagnosi viene routinariamente eseper il raggiungimento di particolari obiettivi, quali guita su tamponi nasali e/o faringei, mediante isoquello dell’individuazione tempestiva delle nuove lamento del virus su opportuni substrati cellulari, varianti vitali e il conseguente aggiornamento quali cellule di rene di cane (MDCK), particolarannuale della composizione vaccinale. Infatti, l’efficacia protettiva del vaccino è strettamente dipendente dall'omologia antiBolzano genica tra virus circolanti e ceppi vaccinali; Trieste per questo motivo l’Organizzazione Mondiale Padova Milano della Sanità (OMS) ha attivato, fin dagli anni ’50, un programma mondiale di sorveglianza, Torino a cui partecipa una rete di oltre 110 laboraFirenze tori dislocati in tutto il mondo, coordinati da quattro centri di riferimento internazioSiena nali. L’Italia partecipa a questo programma Sassari attraverso il Centro Nazionale Influenza-NIC Roma Lecce NIC (Dipartimento di Malattie Infettive, Parassitarie Napoli ed Immunomediate-MIPI dell'Istituto Superiore di Sanità ISS), avvalendosi, a sua volta, di una rete di 15 laboratori periferici, sia universitari sia ospedalieri, distribuiti sul territorio nazionale (Figura 1). Palermo Le metodologie di laboratorio impiegate nell’ambito di questa attività di sorveglianza interpandemica si basano prioritariamente Regioni non partecipanti alla sorveglianza biologica su tecniche tradizionali di isolamento virale, Regioni partecipanti alla sorveglianza biologica che permettono di ottenere una caratteRegioni partecipanti alla sorveglianza biologica, rizzazione antigenica dettagliata dei virus ma monitorate da regioni limitrofe influenzali circolanti in periodo epidemico. Centro Nazionale Influenza, ISS Tuttavia, i laboratori più qualificati della rete Laboratori periferici della rete OMS hanno, negli ultimi anni, messo a punto saggi di caratterizzazione molecolare Figura 1 - Distribuzione dei laboratori della rete di sorveglianza degli isolati, in grado di fornire ulteriori nazionale dell’influenza 18 Not Ist Super Sanità 2006;19(7-8):18-20 Diagnosi virologica dell'influenza mente sensibili alla crescita del virus influenzale. L’inoculo nella cavità amniotica e/o allantoidea di uova embrionate di pollo costituisce un sistema alternativo ugualmente valido che, seppure poco pratico, risulta essenziale per avere a disposizione virus vivo per la preparazione del vaccino. Per la tipizzazione e/o sottotipizzazione dell’isolato virale viene comunemente impiegato il test di inibizione dell’emagglutinazione (HI), consigliato dall’OMS, utilizzando antisieri prodotti in specie animali sensibili (furetto, pollo, ecc.) o anticorpi monoclonali. Questa stessa tecnica viene anche impiegata come saggio sierologico per l’identificazione di anticorpi diretti verso emagglutinine di virus influenzali umani, mentre non risulta particolarmente sensibile per la ricerca di anticorpi specifici per i ceppi di influenza aviaria. Per quest’ultimo scopo viene invece impiegato il saggio di microneutralizzazione (1), raccomandato dall’OMS e recentemente messo a punto dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC). Questo test richiede la manipolazione di virus vivo e perciò il suo uso deve essere limitato ai laboratori provvisti di strutture di contenimento BSL-3. Accanto alle metodiche tradizionali di isolamento, è possibile impiegare test diagnostici rapidi. Tra questi, i così detti point of care tests, cioè “al letto del paziente”, possono essere eseguiti in pochi minuti dal medico curante, utilizzando un tampone nasale (2). La bassa sensibilità di questi test li rende utili solo nel caso in cui sia particolarmente importante procedere a un'indicazione terapeutica (3). I test molecolari, sebbene necessitino di laboratori specializzati, sono, al contrario, altamente sensibili e specifici. I saggi di amplificazione genica e le analisi di sequenza, oltre alla diagnosi di influenza, permettono una caratterizzazione molecolare dei virus circolanti. Queste metodiche sono finalizzate a dimostrare la presenza nel campione clinico di sequenze virali specifiche, attraverso reazioni polimerasiche a catena (PCR) sul retrotrascritto di DNA, ottenuto mediante una reazione di trascrizione inversa (RT) a partire dal genoma virale. La RT-PCR (semplice o nested) viene condotta mediante l’utilizzo di coppie di primers dirette verso regioni altamente conservate delle proteine virali interne tipo-specifiche e di superficie sottotipo-specifiche, permettendo in tal modo, oltre alla diagnosi di influenza, anche la tipizzazione e/o sottotipizzazione del virus identificato. In periodo interpandemico, lo studio dell’evoluzione molecolare dei virus influenzali attraverso l’analisi filogenetica delle sequenze virali permette di comprendere l’evoluzione delle varianti influenzali responsabili delle epidemie annuali nell’uomo, contribuendo così all’aggiornamento annuale della composizione del vaccino (4). Le analisi di sequenziamento genico risultano, infatti, importanti non solo per capire quanto, ma anche come e dove un nuovo virus sia variato rispetto al ceppo preA-Roma-3-04 cedentemente circolante. Infatti, alcuni tipi di A-Firenze-2-05 cambiamenti aminoacidici e la loro particolare A-Roma-1-04 RBS A-Milano-78-04 localizzazione possono conferire al virus uno A-Parma-7-05 A-Firenze-4-05 straordinario vantaggio evolutivo, in termini 2004-05 A-Isernia-1-05 di significato clinico/epidemiologico. Nella 145 A-Parma-14-05 K145N A-Siena-1-05 Figura 2 viene riportato un esempio delle A-Roma-1-05 A-California-7-04 analisi filogenetiche condotte su virus influenA-Parma-10-05 zali umani di tipo A, sottotipo H3N2, isolati A-Firenze-3-05 A-Parma-11-05 Rappresentazione tridimensionale del recentemente in Italia. In particolare, i virus dominio HA1 della HA di recenti A-Parma-12-05 isolati A/H3N2 con le posizioni A-Parma-75-04 aminoacidiche più rilevanti isolati nella stagione 2004-2005 presentavaA-Johannesburg-1-04 no complessivamente poche ma importanti A-Trento-1-04 2003-04 A-Firenze-1-04 mutazioni, localizzate in punti cruciali della A-Siena-13-03 A-Christchurch-28-03 struttura tridimensionale della molecola di HA A-Wyoming-3-03 e in grado di permettere al virus di superare le A-Fujian-411-02 A-Egypt-130-02 barriere immunologiche preesistenti. La sostiA-Parma-7-03 2001-02 A-Siena-1-02 tuzione aminoacidica di una lisina con una 2002-03 A-Aosta-2-02 asparagina in posizione 145, nel sito antigeniA-Panama-2007-99 A-Moscow-10-99 co A vicino al sito di legame al recettore (RBS), A-Aichi-2-68 creava un addizionale sito di glicosilazione, Figura 2 - Relazioni filogenetiche relative al dominio HA1 della causa del mancato riconoscimento da parte degli anticorpi presenti nella popolazione. u HA di recenti isolati umani A/H3N2 in Italia (sito antigenico A) 0.02 19 S. Puzelli, G. Morace, C. Fabiani et al. 20 Periodo interpandemico Campione clinico RT-PCR per rilevamento virus A e B (gene NP) Neg. Pos., tipo A Emergenza pandemica Pos, tipo B H1 - Sottotipizzazione - H3 (con RT-PCR) Real time RT-PCR (geni M e H5) Pos.A, Neg.H5 Pos.A, Pos.H5 Neg. conferma con RT-PCR < 3 ore Campione clinico 2 giorni Da quanto sopra esposto, risulta evidente che il sistema mondiale di sorveglianza dell’influenza, prioritariamente finalizzato all’aggiornamento della composizione vaccinale, non è, nel suo complesso, sufficientemente elastico per essere utilmente impiegato anche in una situazione di emergenza pandemica. Il ruolo della diagnosi di laboratorio, in uno scenario di pandemia, è infatti quello di identificare più rapidamente possibile e circoscrivere il primo caso o i primi casi di contagio umano sul proprio territorio, nel tentativo di eradicare il virus o rallentarne la diffusione. In questo contesto, diventa indispensabile l’impiego di tecniche molecolari rapide. In particolare, la tecnica di real-time RT-PCR, di recente sviluppo, che permette di misurare l’amplificazione del segmento genomico selezionato in tempo reale, presenta una serie di vantaggi, particolarmente importanti in una fase di emergenza pandemica, rispetto ai metodi di identificazione virale classici (Figura 3). Tra i principali vantaggi, è da sottolineare l’estrema rapidità di esecuzione (risultati in meno di 3 ore dall’arrivo del campione), la possibilità di analizzare fino a 96 campioni contemporaneamente, l’elevata sensibilità, specificità e riproducibilità. Il metodo real-time RT-PCR, recentemente standardizzato nei laboratori dell'ISS, nell’ambito di una collaborazione tra il Dipartimento di MIPI e il Dipartimento di Sanità Alimentare ed Animale (5), è un metodo TaqMan che impiega una sonda innovativa con un gruppo coniugato, chiamato Minor Groove Binder (MGB), capace di legarsi in maniera molto stabile al solco minore del DNA. Questo sistema permette di utilizzare sonde a sequenza molto breve, con conseguente aumento di specificità del test. Con lo scopo di adattare l’attuale sistema di sorveglianza virologica alle necessità che una situazione di pandemia richiederebbe, l’OMS ha sottoposto tutti i laboratori della rete di sorveglianza europea, incluso il NIC italiano, a un programma di verifica delle capacità diagnostiche e di Controllo di Qualità (QCA), al fine di raccogliere informazioni ed eventualmente migliorare le capacità di risposta dei diversi Paesi europei in caso di emergenza pandemica. Il suddetto programma prevedeva di valutare la performance dei laboratori nella tipizzazione e sottotipizzazione dei 5 ore Emergenza pandemica Coltura cellulare, caratterizzazione sierologica ( test HI ), caratterizzazione molecolare ( geni HA ed NA ) Figura 3 - Diagramma di flusso per la diagnosi virologica di influenza in periodo interpandemico e in emergenza pandemica virus influenzali, mediante le tecniche e i reagenti routinariamente impiegati in ogni laboratorio. A ciascuno dei 32 laboratori partecipanti è stato assegnato un punteggio, sulla base dei risultati forniti, in termini di velocità di risposta, di numero di tecniche impiegate e precisione nelle analisi di caratterizzazione antigenica e molecolare. Soltanto otto laboratori, tra cui il NIC italiano, hanno ottenuto il punteggio massimo. Su incarico del Ministero della Salute, un analogo QCA, coordinato dal NIC, è attualmente in corso per la valutazione dei livelli di competenza tecnica dei laboratori afferenti alla rete italiana. Tale QCA sarà seguito, ove necessario, da opportuni corsi di formazione, che verranno svolti presso il NIC. Riferimenti bibliografici 1. Puzelli S, Di Trani L, Fabiani C et al. Serological analysis of serum samples from humans exposed to avian H7 influenza viruses in Italy between 1999 and 2003. J Infect Dis 2005;192:1318-22. 2. www.cdc.gov/flu/professionals/labdiagnosis.htm 3. Pregliasco F, Puzelli S, Mensi C et al. Influenza virological surveillance in children: the use of the QuickVue rapid diagnostic test. J Med Virol 2004;73:269-73. 4. Puzelli S, Frezza F, Fabiani C et al. Changes in the hemagglutinins and neuraminidases of human influenza B viruses isolated in Italy during the 2001-02, 2002-03, and 2003-04 seasons. J Med Virol 2004;74:629-40. 5. Di Trani L, Bedini B, Donatelli I et al. A sensitive onestep real-time PCR for detection of avian influenza viruses using a MGB probe and an internal positive control. BMC Infect Dis (in press). IL VACCINO PANDEMICO: PROBLEMI E NUOVE STRATEGIE DI PRODUZIONE Laura Campitelli, Francesca Beneduce, Laura Calzoletti e Isabella Donatelli Dipartimento di Malattie Infettive, Parassitarie ed Immunomediate, ISS A nche in situazione di emergenza da pandemia il vaccino è considerato lo strumento più efficace per prevenire e combattere la malattia, come peraltro evidenziato in tutti i piani pandemici fin qui elaborati (vedi articolo "Il Piano Pandemico Italiano" a pag. 27-29). Al momento lo sviluppo di un vaccino pandemico prevede l'impiego delle stesse metodologie utilizzate per l'allestimento del vaccino stagionale, tenuto conto della complessità dei processi produttivi e delle difficoltà di introduzione di nuove tecnologie (vaccini su colture cellulari, liposomiali, ecc.). Esistono diverse tipologie di preparazioni vaccinali. Il vaccino a “virus intero”, cioè costituito da particelle virali intere, pur essendo ancora registrato, non viene più commercializzato a causa della sua elevata reattogenicità. Questo vaccino è stato sostituito dai vaccini cosiddetti “subvirionici”, che subiscono ulteriori processi di purificazione che portano all’allontanamento della componente lipidica, spesso associata a reazioni collaterali (“vaccini frazionati” o spilt), o all'eliminazione pressocché totale di tutte le proteine virali interne. Questi ultimi vaccini (“vaccini a subunità”) sono particolarmente ben tollerati e sono quindi indicati per la profilassi in età pediatrica. Per aumentare il potere immunogeno dei vaccini influenzali, negli ultimi anni sono stati messi in commercio vaccini adiuvati, che contengono cioè sostanze in grado di indurre una risposta immunitaria più elevata e più duratura. Gli adiuvanti attualmente utilizzabili per uso umano sono costituiti da alcuni sali di alluminio o da emulsioni olio/ u Caratteristiche dei vaccini influenzali stagionali I vaccini attualmente prodotti e commercializzati in Italia e nel resto d’Europa sono prodotti in uova embrionale di gallina e sono costituiti da virus inattivato, ossia ucciso dopo trattamento con formaldeide o b-propiolattone, e successivamente purificato. Not Ist Super Sanità 2006;19(7-8):21-24 21 L. Campitelli, F. Beneduce, L. Calzoletti et al. acqua, come l’MF59 (derivato dal lipide squalene), impiegato dalla Chiron. Problemi legati allo sviluppo di un vaccino pandemico Il primo problema che si incontra nell’allestimento di un vaccino pandemico è la difficoltà di produrre un numero di dosi sufficiente a soddisfare l’aumentato fabbisogno generale in caso di pandemia (1). Il principale fattore limitante è costituito dallo stesso substrato di crescita del virus: la quantità di uova embrionali oggi disponibili in tutto il mondo è infatti limitata, essendo programmata in modo da garantire la produzione del numero di dosi (circa 300 milioni) attualmente utilizzate. Inoltre, qualora il virus fosse di origine aviaria e ad alta patogenicità, come nel caso del ceppo H5N1, le uova non consentirebbero la crescita al loro interno di un ceppo patogeno per il pollo e gli stessi allevamenti di pollame potrebbero essere a rischio di contagio. Inoltre, trattandosi di un virus nuovo contro cui la popolazione è totalmente suscettibile (naive), la quantità di antigene (per ciascuno dei tre ceppi vaccinali) attualmente contenuta nel vaccino stagionale (15mcg di emagglutinina-HA) potrebbe non essere sufficiente a indurre una risposta anticorpale protettiva (2). Le capacità produttive di un vaccino pandemico monovalente potrebbe non essere pari a tre volte quello stagionale (trivalente): sono necessari studi clinici per stabilire il contenuto di HA/ dose capace di indurre una suf- 22 ficiente risposta immunitaria in una popolazione immunologicamente naive. Un ulteriore problema è costituito dal tempo tecnico minimo necessario per la produzione su larga scala di un vaccino pandemico, stimato attualmente in 6-8 mesi. Sviluppo di nuove tecnologie e ottimizzazione di quelle esistenti Per risolvere questi e altri problemi legati allo sviluppo e all’impiego di un vaccino pandemico, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha intrapreso una serie di iniziative in collaborazione con gruppi di ricerca, autorità regolatorie nazionali e transnazionali e industrie produttrici, al fine di sviluppare nuove tecnologie produttive in grado di aumentare la capacità di produzione o addirittura renderla possibile, e al contempo di massimizzare le potenzialità del sistema di produzione corrente, abbreviandone i lunghi tempi richiesti (3). Tra gli avanzamenti tecnologici compiuti o in progress e le misure introdotte o da intraprendere, i più rilevanti sono i seguenti: • tecnica della reverse genetics basata su plasmidi. Questa particolare tecnologia di DNA ricombinante (Figura), sviluppata nel 1999-2000 per i virus influenzali, ha permesso di rimuovere la porzione di HA responsabile dell’alta patogenicità e di rendere quindi possibile la propagazione virale nelle uova embrionale di pollo di un ceppo altrimenti non coltivabile in questo substrato (4). Il ceppo vaccinale H5N1, ottenuto con questa tecnologia presso i laboratori di collaborazione dell’OMS del National Institute for Biological Standards and Control (NIBSC) di Londra ha conservato la stessa specificità antigenica del ceppo originale ed è stato distribuito alle ditte produttrici interessate allo sviluppo di vaccini pandemici sperimentali; • impiego di colture cellulari. L’uso di colture cellulari di rene di scimmia (cellule Vero, già impiegate per la produzione di vacci- 1 1 Clonaggio dei geni HA ed NA del virus altamente patogeno isolato (es. H5N1) in vettori plasmidici dopo aver eliminato gli aminoacidi che ne determinano la virulenza 2 2 Clonaggio in vettori plasmidici dei rimanenti 6 geni provenienti da virus influenzale umano adattato 3 Isolamento e crescita del virus “modificato” in coltura cellulare 4 3 4 Allestimento del vaccino prepandemico. Figura - Tecnica della reverse genetics, applicata alla produzione di ceppi vaccinali pandemici apatogeni Il vaccino pandemico: problemi e strategie di produzione ni virali) o di rene di cane (cellule MDCK, più sensibili al virus influenzale), virtualmente disponibili in quantità illimitate, potrebbe risolvere il problema della limitata disponibilità di uova e quindi permettere un consistente incremento del numero di dosi ottenibili. Tuttavia, le rese virali non ancora ottimali e la necessità di riconvertire gli impianti con grande dispendio di tempo e costi fanno sì che questa opzione non sia ancora utilizzabile su scala industriale; • impiego di adiuvanti e strategie di somministrazione volte a “economizzare” il contenuto di antigene necessario. L’OMS ha sollecitato la messa in campo di progetti di ricerca finalizzati a identificare adiuvanti e strategie alternative di somministrazione più efficaci per stimolare una forte risposta immunitaria e allo stesso tempo ridurre la quantità di antigene da includere nella formulazione vaccinale. A questo fine è necessario che i dati preclinici e clinici vengano condivisi e confrontati per arrivare a dei protocolli concordati; • espansione della capacità produttiva del vaccino stagionale. I dati annuali di copertura vaccinale dimostrano che la vaccinazione non raggiunge il target desiderato: infatti, solo una parte della popolazione a rischio a cui la vaccinazione è annualmente raccomandata (soggetti di età pari o superiore a 65 anni, soggetti di qualsiasi età con condizioni patologiche predisponenti alle compli- canze, personale sanitario di assistenza e addetti a servizi pubblici di primario interesse collettivo), si sottopone alla profilassi vaccinale. Interventi di promozione volti ad aumentare la copertura vaccinale nel periodo interpandemico comporterebbero un’espansione delle capacità produttive delle ditte vaccinogene, con evidenti conseguenze positive in termini di numero di dosi disponibili in caso di pandemia; • armonizzazione delle procedure regolatorie per l’autorizzazione all'immissione in commercio di vaccini pandemici. è auspicabile che i requisiti per la concessione di un'autorizzazione per un vaccino pandemico siano il più possibile omogenei tra i vari Paesi produttori, così da accelerarne la disponibilità in tutto il mondo. L’OMS sta definendo, insieme alle autorità regolatorie nazionali e internazionali (European Agency for the Evaluation of Medicinal Products-EMEA) e alle industrie, delle procedure accelerate (fast track procedures) sia per la produzione che per il licensing. Tra queste vi è la possibilità che i controlli sul prodotto finito effettuati dall’autorità di controllo, che di solito vengono eseguiti dopo che il vaccino è stato controllato dal produttore, vengano effettuati in parallelo con il produttore. Vaccini pandemici sperimentali Pur sottolineando che il vaccino pandemico può essere prodotto solo in una situazione di pandemia dichiarata, la maggior parte delle industrie produttrici stanno allestendo vaccini cosiddetti mock up, cioè “prototipo”, che serviranno a ottimizzare i processi di produzione e al contempo a condurre trial clinici in grado di fornire utili informazioni sulla tipologia e sulle caratteristiche che il vaccino pandemico dovrà avere, in termini di contenuto antigenico, numero di dosi richieste, necessità di adiuvanti, ecc. Questa iniziativa, sollecitata primariamente dall’OMS, è molto importante per le seguenti ragioni: • questo vaccino sperimentale sarà utilizzato in trial clinici fondamentali per valutare in anticipo la risposta alla vaccinazione di una popolazione naive. Le informazioni ottenute permetteranno di ottimizzare la strategia vaccinale in termini di quantità di antigene/dose e numero di dosi-vaccino/soggetto da somministrare per avere una risposta immunitaria tale da garantire immunità u 23 L. Campitelli, F. Beneduce, L. Calzoletti et al. e come tale risposta possa essere migliorata con l’utilizzo di adiuvanti; • la messa a punto sperimentale del vaccino prototipo è accompagnata in parallelo dalla preparazione del dossier di registrazione del vaccino, considerato un prodotto nuovo a tutti gli effetti, e dalla sua presentazione alle autorità regolatorie competenti, per la valutazione dei processi e dei dati preliminari. In Europa l’autorità preposta è l’EMEA, che ha stilato le linee guida sulla struttura e sul contenuto della documentazione da presentare da parte dalle ditte produttrici per ottenere l’autorizzazione alla immissione in commercio del vaccino influenzale pandemico, al fine di valutarne l’innocuità, la tollerabilità e l’immunogenicità (5). L’altro requisito generalmente valutato, l’efficacia clinica ossia la capacità di ridurre l’insorgenza della malattia, non potrà essere comunque valutata in questa fase ma solo a posteriori. Nonostante ciò, questo esercizio è fondamentale per capire i punti critici e i problemi che possono insorgere, in modo da snellire le procedure nel caso di evento pandemico reale. Il controllo di Stato dei vaccini influenzali Le attuali direttive europee stabiliscono che tutti i lotti di vaccino antinfluenzale prima dell’immissione in commercio vengano sottoposti a controlli volti a garantire “la qualità e sicurezza” del prodotto da parte degli organismi di controllo pre- 24 posti (6, 7). In ottemperanza a tali direttive l’Istituto Superiore di Sanità esegue attività di batch release su tutti i lotti prodotti, per poter rilasciare i certificati che ne autorizzano la commercializzazione. Tale attività di controllo prevede l’esecuzione di saggi (8-10) che misurano, rispettivamente: • il contenuto antigenico. Viene espresso come mcg HA/ceppo/dose (potency test) mediante un saggio di di immunodiffusione radiale singola (SRID), utilizzando reagenti di referenza forniti dall’OMS. Il contenuto nominale di antigene per ciascun ceppo è di 15 mg HA/dose, con un limite fiduciale inferiore della stima dell’antigene emagglutinina non inferiore all’80% della quantità dichiarata in etichetta per ciascun ceppo, cioè 12 mcg; • il contenuto endotossico. Le endotossine derivano da batteri gram-negativi, presenti nei vaccini come residuo del processo di produzione. La concentrazione di endotossina ammessa dalla Farmacopea Europea per i vaccini antinfluenzali è pari a 100 UI/dose (Unità Internazionali); • la purezza dell’antigene vaccinale. Viene eseguito solo nel caso di vaccini a subunità. Il test verifica, tramite elettroforesi su gel di poliacrilammide-SDS (PAGE), l’eliminazione delle componenti proteiche interne del virus. è importante tenere presente che queste metodiche verrebbero impiegate anche nel controllo del vaccino pandemico. L’unica differenza si avrebbe nel caso in cui il vaccino pandemico fosse costituito da virus intero inattivato, in quanto non sarebbe applicabile il test per la purezza. Riferimenti bibliografici 1. Wood JM, Robertson JS. From lethal virus to life-saving vaccine: developing inactivated vaccines for pandemic influenza. Nat Rev Microbiol 2004;2(10):842-7. 2. Treanor JJ, Campbell JD, Zangwill KM et al. Safety and Immunogenicity of an Inactivated Subvirion Influenza A (H5N1). Vaccine NEM 2006;354: 1343-51. 3. WHO. Responding to the avian influenza pandemic threat. WHO/ CDS/CSR/GIP/2005.8. 2005. 4. Webby RJ, Perez DR, Coleman JS et al. Responsiveness to a pandemic alert: use of reverse genetics for rapid development of influenza vaccines. Lancet 2004;363(9415):1099-103. 5. European Committee for Proprietary Medicinal Products. Guideline on dossier structure and content for pandemic influenza vaccine marketing authorisation application (CPMP/VEG/4717/03). 6. Commission of European Communities. Ad Hoc Working Party on Biotechnology/ Pharmacy. Control authority batch release of influenza vaccine. III/3775/92-EN. 7. Note for Guidance on Harmonisation of requirements for influenza vaccines (CPMP/ BWP/214/96). 8. European Pharmacopoeia 5. edition. Monographs 2.6. Bacterial Endotoxins. 9. D. ACIS 14 novembre 1957. Controllo di Stato sul vaccino antinfluenzale. Gazzetta Ufficiale n. 31 del 5 febbraio 1958. 10.DM del 7 aprile 1997. Procedure tecniche per il controllo di Stato per il vaccino antinfluenzale. Gazzetta Ufficiale n. 144 del 23 giugno 1997. IL VACCINO PANDEMICO: IL RUOLO DELL’INDUSTRIA Aldo Tagliabue e Rino Rappuoli Novartis Vaccines and Diagnostics srl già Chiron, Siena L a vaccinazione è l’unico strumento preventivo davvero efficace nei confronti di una eventuale pandemia, specialmente se attuata in parallelo alla sorveglianza epidemiologica, che permette immediatamente di localizzare i focolai iniziali e attuare tutte le procedure indispensabili per contenerli. Disporre di un vaccino specifico per il ceppo incriminato è la risposta più adeguata a fronteggiare l’emergenza. Da anni Chiron è impegnata nella ricerca per lo sviluppo di un vaccino contro l’influenza aviaria. Identificato nel 1997 con la sigla H5N1, il virus dell’influenza aviaria ha colpito finora oltre 180 persone nel mondo, con un tasso di mortalità molto elevato (superiore al 50%). Chiron ha iniziato a lavorare attivamente a un vaccino contro questo virus subito dopo il primo episodio di infezione: partendo dal ceppo H5N3 (una variante non patogena identificata nelle anatre di Singapore sempre nel 1997) ha prodotto un primo prototipo di vaccino nel 1998, che l’anno successivo è stato posto in sperimentazione clinica ottenendo dati estremamente positivi (1) nei confronti dei ceppi H5N3 e H5N1. Più recentemente si è prodotto un vaccino H5N1 usando la tecnica della reverse genetics, che consiste nel rimuovere dal virus “selvaggio”’ gli aminoacidi che ne determinano la virulenza, lasciando intatto il restante patrimonio genetico che viene incorporato in un vettore. Si ottiene così una versione manipolata del virus, che contiene i geni dell’emagglutinina (HA) e della neuraminidasi (NA) dell’H5N1, ma che è reso artificialmente meno aggressivo - sia per offrire maggiore sicurezza nei laboratori, sia per poter osservare la reazione “rallentata” dei tessuti contagiati. è su questo ceppo virale di partenza (chiamato in termini tecnici seed) che punta Chiron per la produzione di un vaccino pandemico, che risponda nel modo migliore anche a tutte le possibili varianti del virus. Ma la vera scoperta di Chiron è contenuta in un recente studio che ha dimostrato come il vaccino contro il virus H5N1 potenziato con una sostanza adiuvante (MF59) potrebbe costituire la risposta a una pandemia (2). Il vaccino così composto ha infatti dimostrato di essere potenzialmente efficace anche in presenza di lievi mutazioni dei ceppi del virus dei polli. La presenza dell’adiuvante (una sorta di “amplificatore”, in grado di stimolare una u Un recente studio della Chiron ha dimostrato come il vaccino contro il virus H5N1 potenziato con una sostanza adiuvante potrebbe risultare particolarmente efficace in caso di pandemia Not Ist Super Sanità 2006;19(7-8):25-26 25 A. Tagliabue, R. Rappuoli maggiore risposta immunitaria) permetterebbe inoltre, di ridurre di 12 volte la quantità di proteina virale che si riteneva necessaria a indurre l’immunità. Questo aspetto, in caso di pandemia, è di fondamentale importanza in quanto consentirebbe di poter disporre di maggiori quantità di dosi di vaccino (un vaccino senza l’adiuvante necessita di 90 microgrammi di antigene per ogni dose di vaccino, e ne occorrono due dosi per indurre una risposta immunitaria, per un totale di 180 microgrammi di HA). I risultati delle ricerche Chiron, viceversa, mostrano che in presenza di adiuvante sono sufficienti due dosi di 7,5 microgrammi per ottenere una buona protezione (3). Ma la produzione di vaccino nelle uova con la tecnica tradizionale richiede 4-6 mesi e anche se tutti i produttori si mettessero a preparare dosi di vaccino H5N1 non si riuscirebbe a coprire il fabbisogno mondiale. Un’altra arma che potrebbe consentire di aumentare ulteriormente il numero di dosi disponibili è quella di poter disporre della produzione del vaccino attraverso coltura cellulare, procedimento per il quale Chiron è ora in fase III di sperimentazione clinica. Far crescere il virus in colture di cellule moltiplicabili all’infinito, contribuirebbe notevolmente ad affrontare i problemi legati alla produzione di massa di un vaccino pandemico. Per prepararsi a un’eventuale pandemia, il Ministero della Salute italiano, come molte altre autorità sanitarie, si è mosso secondo quanto indicato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità per mettere a punto un Vaccino antinfluenzale a subunità con adiuvante MF-59 Per combattere la pandemia, il Ministero della Salute ha messo in atto un piano di prevenzione per produrre 35 milioni di dosi di vaccino 26 piano, che privilegia l’aspetto di prevenzione, stipulando in particolare un accordo con tre produttori per un’opzione su 35 milioni di dosi di vaccino, la maggioranza delle quali (70%) verrà fornita da Chiron, unico produttore di vaccini sul territorio italiano. In questi giorni si stanno vaccinando i primi 500 volontari italiani con il vaccino H5N1+MF59 Chiron per verificarne in modo assolutamente inequivocabile la sicurezza (fase I dello studio clinico). Contemporaneamente si stanno per iniziare ulteriori studi di fase clinica anche nell’ambito dei progetti della Commissione Europea, che oltre a determinare l’efficacia dei nuovi vaccini con adiuvanti, permetteranno di comprendere meglio perché questi virus emergenti sono così mortali per la nostra specie. L’obiettivo finale è infatti quello di essere pronti a reagire in tempi brevi con vaccini efficaci che ci rendano invulnerabili ai virus nella eterna battaglia tra gli esseri viventi. Riferimenti bibliografici 1. Nicholson KG, Colegate AE, Podda A et al. Safety and antigenicity of non-adjuvanted and MF59adjuvanted influenza A/Duck/ Singapore/97 (H5N3) vaccine: a randomised trial of two potential vaccines against H5N1 influenza. Lancet 2001;357:1937-43. 2. Stephenson I, Bulgarini R, Nicholson KG et al. Cross-reactivity to highly pathogenic avian influenza H5N1 viruses after vaccination with non-adjuvanted and MF59-adjuvanted influenza A/Duck/Singapore/97 (H5N3) vaccine: a potential priming strategy. J Infecti Dis 2005;191:1210-5. 3. Stephenson I, Nicholson KG, Colegate AE et al. Boosting immunity to influenza H5N1 with MF59 adjuvanted H5N3 A/Duck/ Singapore/97 vaccine in a primed human population. Vaccine 2003;21:1687-93. IL PIANO PANDEMICO ITALIANO Graziella Morace e Isabella Donatelli Dipartimento di Malattie Infettive, Parassitarie ed Immunomediate, ISS L e passate pandemie di influenza hanno colto il mondo di sorpresa, causando un elevato numero di casi di malattia e mortalità più o meno elevata, dai milioni di morti della pandemia del 1918, alle molte migliaia del 1957 e 1968. Diversa è la situazione attuale, a causa dei numerosi mutamenti verificatesi nel frattempo in campo scientifico. Infatti, mentre in passato non vi era alcun sistema di monitoraggio che permettesse di individuare precocemente la comparsa di un nuovo virus influenzale con potenzialità pandemica attraverso sistemi di diagnosi differenziale, oggi è attiva un'efficiente e consolidata rete mondiale di laboratori di sorveglianza coordinata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che è in grado di identificare tempestivamente l’agente patogeno e di seguirne l’evoluzione. Inoltre, oggi sono disponibili mezzi di prevenzio- ne vaccinale e farmaci antivirali che permettono di prevenire la malattia o di ridurne l’impatto sulla popolazione. Tuttavia, nonostante l’esistenza di questi efficaci strumenti di prevenzione e controllo, va sottolineato che esistono oggi condizioni che possono, al contrario, facilitare l’emergenza di una pandemia, quali la globalizzazione dei mercati, la maggior velocità dei mezzi di trasporto e la maggiore mobilità della popolazione a livello mondiale. A ciò bisogna aggiungere i cambiamenti nell’ecologia dei virus influenzali aviari, determinati dall’intervento umano. I virus che circolano nelle specie aviarie si trovano infatti normalmente in una condizione di stasi evolutiva, riproducendosi nell’ospite infettato senza provocare malattia (virus a bassa patogenicità). L’enorme concentrazione di pollame in aree ristrette, caratteristica degli allevamenti intensivi, imprime al virus una eccezionale spinta evolutiva, che determina l’emergenza di varianti ad alta patogenicità, capaci di provocare grandi epizoozie con elevata morbosità e mortalità. In queste condizioni il pas- saggio all’uomo di virus aviari particolarmente aggressivi risulta fortemente facilitato. In questi ultimi anni sono comparsi numerosi segnali di pericolo, che indicano un possibile rischio di pandemia influenzale. Dalla fine del 2003, l’influenza aviaria da virus A/ H5N1 è divenuta endemica nei volatili nell’area asiatica e il virus ha causato infezioni gravi nell’uomo, con un elevato tasso di mortalità, in Asia, in Turchia e in Egitto, sebbene finora non abbia acquisito la capacità di trasmettersi da uomo ad uomo. Perché un Piano Nonostante la disponibilità di metodologie avanzate, che permettono l’individuazione e la caratterizzazione delle varianti virali emergenti, seguendone le trasformazioni conseguenti al passaggio di specie e all’adattamento all’ospite, rimane tuttavia impossibile prevedere quando e come si verificherà una nuova pandemia. Questa incertezza determina la necessità di preparare in anticipo le strategie di risposta alla eventuale pandemia. Per questo motivo l’OMS ha raccomandato a tutti i Paesi di mettere a punto un Piano Pandemico e di aggiornarlo costantemente seguendo u linee guida concordate. Not Ist Super Sanità 2006;19(7-8):27-29 27 G. Morace, I. Donatelli In Italia il Piano è stato preparato dal Sottocomitato Scientifico Influenza e Pandemie Influenzali del Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM) del Ministero della Salute, di cui fa parte anche l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), con esperti di epidemiologia e di virologia, ed è stato approvato in Conferenza StatoRegioni il 9 febbraio 2006 (1). Il Piano è stato inoltre pubblicato sul sito web del Ministero della Salute (2) e su quello dell’OMS (3) sia nella versione italiana sia in quella inglese (4). Il Piano si sviluppa secondo sei fasi pandemiche dichiarate dall’OMS, prevedendo per ogni fase e livello, obiettivi e azioni (Tabella) e rappresenta il riferimento nazionale in base al quale saranno messi a punto Piani operativi regionali. L’obiettivo del Piano è rendere il Paese in grado di far fronte a un evento pandemico, in modo da minimizzarne le conseguenze sulla salute pubblica e sull’organizzazione statale. A tale scopo sono stati individuati degli obiettivi essenziali e definite le azioni chiave da intraprendere per raggiungerli. Una delle principali necessità è certamente l’identificazione precoce dei casi di influenza causati da nuovi sottotipi virali, in maniera da riconoscere tempestivamente l’inizio di una pandemia, allo scopo di contenere gli eventi dotati di “potenziale pandemico” o di ritardarne la diffusione, qualora il contenimento si riveli impossibile. In Italia è attivo già da tempo un sistema di sorveglianza virologica dell’influenza che si avvale di una rete di laboratori periferici coordinati dal Centro Nazionale per l’Influenza (NIC, Dipartimento di Malattie Infettive, Parassitarie ed Immunomediate dell'ISS), il cui fine, in periodo interpandemico, è principalmente l’analisi della circolazione dei virus influenzali in Italia e l'individuazione delle varianti antigeniche ai fini vaccinali. Per venire incontro alle necessità di una fase di allerta è stato avviato, da parte del NIC, un Controllo di Qualità (QCA) dei laboratori afferenti alla rete ed è stata programmata l’estensione delle attività di sorveglianza e diagnosi dell’influenza, attraverso l’inclusione di nuovi laboratori, anche ospedalieri e la messa a punto di nuovi metodi di diagnosi rapida. Il QCA, oltre a costituire una verifica delle capacità diagnostiche dei labo- Tabella - Fasi pandemiche e obiettivi delle azioni da intraprendere Fasi pandemiche Obiettivi di sanità pubblica Periodo InterPandemico Fase 1 Nessun nuovo sottotipo virale isolato nell’uomo Identificazione delle varianti antigeniche circolanti Evidenza di circolazione di virus influenzali nella popolazione umana e in specie animali sensibili in specie animali, con basso rischio di trasmissione all’uomo Fase 2 Nessun nuovo sottotipo virale è stato isolato nell’uomo Minimizzare il rischio di trasmissione all’uomo Circolazione negli animali di sottotipi di virus influenzali, Individuare e segnalare rapidamente tale trasmissione con aumentato rischio di passaggio all’uomoa Periodo di allerta Pandemicab Fase 3 Infezione umana con un sottotipo virale circolante negli animali. Assenza di trasmissione da uomo o rari casi di trasmissione ai contatti stretti Fase 4 Infezioni di piccoli gruppi, con limitata trasmissione interumana e strettamente localizzata Fase 5 Diffusione dell’infezione all’interno di gruppi più grandi, ma sempre con limitata capacità di trasmissione interumana Periodo Pandemico Fase 6 Ampia ed efficiente trasmissione del virus nella popolazione generale Assicurare la rapida individuazione del nuovo sottotipo virale e la sua caratterizzazione Contenere la diffusione del nuovo virus all’interno di focolai circoscritti (eradicazione) o ritardarne la diffusione Potenziare le azioni per il contenimento dell’infezione e per ritardare diffusione del virus Minimizzare l’impatto della pandemia, riducendone i costi sociali ed economici (a) La distinzione tra fase 1 e fase 2 è basata sul rischio di infezione nell’uomo o malattia risultante da ceppi circolanti in animali. La distinzione deve essere basata su vari fattori e sulla loro importanza relativa in accordo con le conoscenze scientifiche correnti. I fattori possono includere: patogenicità negli animali e negli uomini; presenza in animali domestici e allevamenti o solamente nei selvatici; se il virus è enzootico o epizootico, geograficamente limitato o diffuso; altre informazioni dal genoma virale; e/o altre conoscenze scientifiche (b) La distinzione tra fase 3, fase 4 e fase 5 è basata sulla valutazione del rischio di pandemia. Possono essere considerati vari fattori e la loro relativa importanza, in accordo con le conoscenze scientifiche correnti. I fattori possono includere: tasso di trasmissione; localizzazione geografica e diffusione; severità della malattia; presenza di geni provenienti da ceppi umani (se derivato da un ceppo animale); altre informazioni dal genoma virale; e/o altre informazioni scientifiche 28 Il Piano Pandemico Italiano ratori, rappresenta una vera e propria simulazione pandemica, poiché tra i campioni inviati ai laboratori sono inclusi anche virus inattivati appartenenti a sottotipi potenzialmente pandemici, come l’H5 e l’H7. Tra le azioni considerate necessarie dal Piano Pandemico vi è anche il rafforzamento del monitoraggio della circolazione dei virus influenzali dell’avifauna selvatica e domestica (attualmente eseguito dal Centro Nazionale per l’Influenza Aviaria presso l’Istituto Zooprofilattico di Padova), potenzialmente patogeni per l’uomo e l’integrazione della sorveglianza epidemiologica e virologica sull’uomo con quella in ambito veterinario. Un altro punto fondamentale è rappresentato dalla necessità di minimizzare il rischio di trasmissione e limitare la morbosità e la mortalità dovute alla pandemia, attraverso adeguate misure di prevenzione e controllo dell’infezione. Gli interventi di sanità pubblica che possono risultare efficaci per limitare e/o ritardare la diffusione dell’infezione sono basati sulla riduzione dei contatti tra persone infette e persone non infette, e/o sulla minimizzazione della probabilità di trasmissione dell’infezione in caso di contatto attraverso comuni norme igieniche e misure di barriera, come ad esempio i dispositivi di protezione individuale. Oltre a ciò, in caso di pandemia, è prevista la limitazione degli spostamenti, l’isolamento e la quarantena dei casi e dei contatti. Inoltre, sono state messe a punto le strategie di utilizzo di farmaci antivirali, appartenenti alla categoria degli inibitori delle neuraminidasi, sia come profilassi che come terapia. Presso il Ministero della Salute è già stato costituito uno stock di farmaci, che sarà completato entro il 2006. Il Ministero stesso si farà garante del controllo della distribuzione dei farmaci antinfluenzali fino all’utilizzatore finale in modo da assicurare una distribuzione equa e un utilizzo appropriato di questi farmaci che saranno disponibili solo in quantità limitata. L’uso profilattico degli antivirali può rivelarsi utile in presenza dei primi cluster di influenza causati da virus pandemico nelle fasi 4 e 5 (pre-pandemiche), quando non sia ancora disponibile il vaccino. Si tratta di una strategia di breve periodo, utile soprattutto in presenza di casi isolati o piccoli gruppi di casi, in particolare se questi si verificano in comunità chiuse. In fase di epidemia conclamata, la profilassi con antivirali è invece poco utile. Infatti, l’uso massiccio di questi farmaci aumenta il rischio di insorgenza di ceppi virali resistenti e il rischio di effetti collaterali. Per limitare la diffusione di un virus e prevenire l’infezione l’arma più efficace è certamente la vaccinazione: durante il periodo interpandemico il Ministero della Salute emana annualmente una circolare in cui viene descritta la strategia vaccinale da adottare e la popolazione target. Il Piano prevede adeguate strategie di vaccinazione con vaccino pandemico, da attuarsi non appena esso divenga disponibile (da 60 a 90 giorni dalla consegna del ceppo virale pandemico da parte dell’OMS alle ditte produttrici di vaccino). Poiché il vaccino pandemico potrebbe non essere immediatamente disponibile per tutta la popolazione, il Piano Pandemico identifica 6 categorie, elencate in ordine di priorità. Tra i primi a essere vaccinati saranno gli appartenenti al personale sanitario e di assistenza degli ospedali e ambulatori, il personale addetto ai servizi essenziali alla sicurezza e all'emergenza (forze di polizia a contatto col pubblico, vigili del fuoco) e il personale addetto ai servizi di pubblica utilità. Il compito dell’attuazione del Piano Pandemico spetta al Ministero della Salute, di concerto con le Regioni, che hanno un ruolo chiave nel garantire l’applicazione delle azioni sanitarie a livello territoriale, soprattutto considerando che la pandemia potrebbe essere preceduta da focolai di infezione localizzati in alcune aree geografiche (fasi 4 e 5). Per saggiare l’operatività dei Piani Nazionali dei diversi Paesi europei e l’eventuale necessità di modifiche, è stata condotta nel mese di novembre 2005 un’esercitazione tabletop (Common Ground), organizzata dall’Health Security Committee della Commissione Europea, in collaborazione con l’Health Protection Agency inglese (che fungeva da controllore centrale). All’esercitazione hanno partecipato 25 Paesi, tra cui l’Italia, oltre al Parlamento Europeo e all’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC). Per il futuro, anche in considerazione della possibilità di cambiamenti nell’ecologia e nell'epidemiologia dei virus influenzali aviari circolanti e quindi della necessità di aggiornamenti dei piani pandemici, sono previste ulteriori esercitazioni nazionali. Riferimenti bibliografici 1. Conferenza Stato-Regioni. Gazzetta Ufficiale n. 77 del 1° aprile 2006 (supplemento ordinario n. 81). 2. www.ministerosalute.it 3. w w w. w h o. i n t / c s r / d i s e a s e / avian_influenza/en/ 4. w w w. w h o. i n t / c s r / d i s e a s e / influenza/nationalpandemic/ en/index.html 29 L’intervento di formazione dell’ISS per il controllo dell’influenza aviaria in Cina: un modello da replicare? Rita Ferrelli1, Maria Cristina Rota2, Livia Di Trani3 e Ranieri Guerra1 1Ufficio Relazioni Esterne, ISS 2Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute, ISS 3Dipartimento di Sanità Alimentare ed Animale, ISS D opo i primi focolai di influenza aviaria da virus A/H5N1, verificatisi nei volatili a Hong Kong nel 1997, si sono manifestati ulteriori focolai negli allevamenti di pollame a dicembre 2003 in Corea e, successivamente, in diversi Paesi del Sud-Est asiatico. In Cina, i primi focolai sono stati segnalati nel mese di gennaio 2004 e si sono rapidamente diffusi in molte regioni del Paese. Inoltre, in associazione con i focolai nel pollame, da ottobre 2005 la Cina ha segnalato 18 casi umani confermati di influenza aviaria da virus A/H5N1, di cui 12 mortali. In questa situazione di allarme, a causa del potenziale pandemico del virus A/H5N1, si inserisce nel febbraio 2006 la richiesta da parte del Ministero della Sanità cinese alla Cooperazione Italiana allo Sviluppo (Ministero degli Affari Esteri - MAE) di avviare un programma di formazione specifico per il controllo dell’influenza aviaria da rivolgere al personale medico e paramedico. Viene quindi pianificato un programma di formazione del personale sanitario cinese sulla prevenzione e il controllo dell’influenza aviaria, nell’ambito delle attività del progetto di Capacity building del MAE (n. 30 AID 6.627), condotto dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e finalizzato allo sviluppo delle capacità di programmazione e valutazione di interventi e risposte adeguate al bisogno di salute, a favore delle autorità sanitarie cinesi. Nel marzo 2006 viene organizzata una prima missione in Cina al fine di raccogliere elementi per pianificare l’intervento formativo. Durante gli incontri con gli esperti di influenza aviaria dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) di Pechino e del Ministero della Sanità cinese vengono presentati i dati epidemiologici relativi ai casi di influenza aviaria nell’uomo e ai focolai animali verificatisi recentemente nelle diverse province della Cina. Viene sottolineato come la produzione di carne e uova da polli e/o anatre rappresenti la più importante fonte di alimenti di origine animale per il popolo cinese e come esista un'ampia diffusione degli allevamenti su tutto il territorio nazionale; gli allevamenti, per il 60% circa rurali o domestici, sono caratterizzati da un numero modesto di animali, alimentati e curati con sistemi tradizionali, molto spesso in stretta promiscuità con l’uomo e con altri animali, in condizioni che favoriscono la trasmissione all’uomo di infezioni a carattere zoonosico. Anche i responsabili del programma per l’influenza aviaria dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) di Pechino, contattati durante la missione, hanno sottolineato la mancanza di attività di formazione e di sensibilizzazione delle comunità rurali, confermando la necessità di un intervento a livello periferico. A seguito di considerazioni epidemiologiche, socio-economiche e organizzative, è stata identificata per la realizzazione dell’intervento formativo la provincia dello Hunan, una delle più povere del Paese, dove a ottobre 2005 sono stati diagnosticati i primi casi umani di influenza aviaria (4 casi al febbraio 2006). Not Ist Super Sanità 2006;19(7-8):30-31 Intervento di formazione in Cina Considerando che la provincia ha una popolazione di 66.980.000 abitanti ed è divisa amministrativamente in 122 contee e 2.587 township, sono stati identificati come target della formazione 560 medici a livello di contea e 5.156 medici a livello di township. L’obiettivo dell’intervento era quello di migliorare la preparazione del personale sanitario di tutta la provincia dello Hunan che opera a livello periferico, al fine di contenere e rallentare la diffusione del virus A/H5N1 all’interno di eventuali cluster umani e minimizzare il rischio di trasmissione all’uomo, individuando e segnalando rapidamente i casi, secondo il flusso informativo locale. La metodologia didattica, identificata per formare un numero così elevato di operatori in un arco di tempo limitato, si è basata su un meccanismo di formazione a cascata, per il quale un primo livello di operatori, selezionati a livello di contea, viene preparato negli aspetti contenutistici e metodologici, al fine di poter successivamente riproporre il corso a operatori sanitari di livello più periferico (township). Nella selezione delle tecniche didattiche, si è data preferenza a una metodologia interattiva, basata sul coinvolgimento attivo dei partecipanti, mediante lavori di gruppo e simulazioni sugli argomenti identificati. La selezione dei contenuti didattici da trasmettere nel corso è stata discussa e condivisa con la partecipazione di docenti locali, elemento di fondamentale rilevanza per la contestualizzazione di contenuti tecnici alla realtà locale. La conduzione di corsi è stata affidata a docenti cinesi a causa della scarsa conoscenza della lingua inglese tra gli operatori sanitari, anche dei livelli più elevati. Il primo ciclo formativo ha coinvolto 560 operatori selezionati tra epidemiologi, personale medico, infermieristico e laboratoristico delle contee dello Hunan, includendo anche personale sanitario di aziende agricole, stazioni ferroviarie e centri industriali ed è stato realizzato in tre sessioni nel mese di maggio 2006. Il personale sanitario formato ha avuto la responsabilità di organizzare nel mese di giugno 2006 i corsi per i 5.156 operatori sanitari, provenienti dalle strutture più periferiche della provincia. Una successiva missione dell’ISS, effettuata nel mese di giugno 2006, ha valutato la qualità delle attività formative mediante l’analisi dei risultati dei pre- e post-test effettuati e mediante osservazione partecipante durante lo svolgimento di corsi nelle città di Chang Sha, Miluo e Heng Sha. Dall’analisi dei dati è emerso un buon livello di apprendimento e l’osservazione dei corsi ha evidenziato come, nonostante ciascuna sessione prevedesse la partecipazione di circa un centinaio di operatori, sia stato dato sufficiente spazio alla discussione e allo studio di casi. La sensibilizzazione e l’attivo coinvolgimento dei partecipanti ha indotto gli stessi a replicare i corsi per i medici di villaggio e a svolgere attività di educazione sanitaria rivolte alla popolazione in numerosi villaggi situati nelle aree più rurali della provincia. Tale risultato è sicuramente un elemento di successo dell’intervento in quanto attività aggiuntiva, considerati i limitati fondi disponibili per il progetto, e spontaneamente realizzata a livello locale. Durante la missione si è concordato, inoltre, con i responsabili dei CDC, dell'OMS e del Ministero della Sanità cinese la possibilità di rendere disponibile, sui rispettivi siti web istituzionali, il materiale didattico prodotto in lingua originale, al fine di dare la maggior diffusione possibile all’informazione nelle diverse province della Cina. In conclusione, l’attività svolta dall’ISS dimostra la possibilità di dare un contributo concreto alla diffusione delle conoscenze attuali sul virus A/H5N1 e sulle sue potenzialità pandemiche, rafforzando le capacità locali di prevenzione e controllo dell’influenza aviaria in quell’area del mondo che storicamente è coinvolta nella genesi e diffusione dei virus influenzali. 31 NU INF MER LU O S EN PE ZA CIA AV LE IAR IA Volume 19 - Numero 7-8 Luglio-Agosto 2006 ISSN 0394-9303 NU OS R ME NU Volume 19 - Numero 7 - 8 Luglio - Agosto 2006 LE CIA PE ISSN 0394-9303 R ME Nei prossimi numeri: Le acque minerali naturali Rapporto annuale 2005 sulla legionellosi in Italia Istituto Superiore di Sanità Presidente: Enrico Garaci Direttore Generale: Sergio Licheri Viale Regina Elena, 299 - 00161 Roma Tel. +39-0649901 Fax +39-0649387118 a cura del Settore Attività Editoriali Poste italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale 70% DC Lazio – Roma w ww w w w w w . i s s . i t w. . i s s iss .i .it t ma – Ro Lazio DC 70% stale in ab bona men to po S.p.A. – Sped – Spe S.p.A. italiane italia ne Poste xx xxxx xxxx xxxxxxxxxxxxxxx x xxxx xxxx xxxxxxxx xxxx xxxx xxxxxxxx xxxx xxxx xxxx x izion e dizione in abb oname nto pos tale 70% DC Laz io – Rom a Volume dell’Istituto Superiore Superiore di di Sanità Sanità 19 dell’Istituto Luglio - Numero 7 - 8 Agosto 2006 de d ellll’I ISSN 0394 ’Is -9303 sttit itu de d o S ellllutto Influenza aviaria e pandemia: S up ’Is ’I pe stt u er Volum arriverà mai un'altra "spagnola"? rio io e 19 it it re r e d utt u Luglio - Numer Influenz dii S xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx o - Agos o 7 - 8 a av o Sa to 20 an Su xxxxxxxxxxxxxxxxxx arriverà iaria e pand S nit ISSN ità up mai un emia: 0394 06 à Influ -9303 pe 'altra er xxxxxx en ag xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx r xxxxxxarri za"sp no av io la" io xxve xx iaria ? xxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx re r xxaixxxx e pand xxxxxx xxrà e m xx xxxx un dii d xxxx 'altxx x em xxxxxx xxxx raxx S "spa ia: xxxxxx S xxxx xxxxxx an gnol a xx xx xxxx xxxxxx nit a"? xxxx xxxxxx xxxx xx it xx xx xx xxxx xxxxxx xxxx xxxxxxxxxx à à xx xx xx xxxx Poste Poste italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale 70% DC Lazio – Roma NU E IAL PEC OS Influenza aviaria e pandemia Caratteristiche biologiche dei virus influenzali Epidemiologia ed evoluzione di H5N1 Sorveglianza in Italia Ruolo dell’avifauna selvatica Diagnosi virologica Il vaccino pandemico: problemi e strategie di produzione Il vaccino pandemico: il ruolo dell’industria Il Piano Pandemico Italiano Intervento di formazione dell’ISS in Cina Inserto BEN Bollettino Epidemiologico Nazionale Fattori di rischio di morte in occasione delle ondate di calore: risultati di uno studio caso-controllo Il grado di dipendenza come indice della vulnerabilità degli anziani in occasione delle ondate di calore w w w. i s s . i t ME RO SP ECIA LE dell’Istituto Superiore Superiore di di Sanità Sanità dell’Istituto