Premessa
Diversi anni fa esisteva un corso di strumentazione elettrica applicata che ho tenuto
per diversi anni. Ritenevo che fosse importante che, pur esistendo il corso di
elettrologia che riportava i principi generali della materia, fosse importante per gli
studenti di chimica industriale avere una maggiore conoscenza degli schemi degli
strumenti con cui sarebbe venuto a contatto. Durante le lezioni uno strumento veniva
sezionato nei vari componenti, se ne mettevano in evidenza i punti più delicati e si
cercava, nel caso di un guasto, di individuare la zona interessata e quindi la causa che
aveva prodotto il danno. In quei tempi eravamo agli albori dell’elettronica ed i vari
componenti dei circuiti erano facilmente individuati. Adesso nessuno penserebbe di
riproporre un corso di quel genere però una conoscenza, non tanto superficiale, dei
problemi legati all’utilizzo della strumentazione elettrica anche in relazione alla
pericolosità che un comportamento scorretto può comportare sia per la salvaguardia
dello strumento che per l’operatore sarebbe doverosa. Ma
almeno cose elementari bisogna conoscerle.
E' noto che il potenziale elettrico è dato da V = I×R e si misura in volt (V), che la
potenza è P = I×V e si misura in watt (W), così come risulta che i fili elettrici sono
dimensionati (spessore) in base al "wattaggio" che devono sostenere. Lo spessore di
un filo che porta la corrente ad una lampada (50-100 watt) sarà molto diverso da
quello che porta la corrente ad una presa industriale dove potrebbe essere inserito, per
esempio, un elettrodomestico. Purtroppo le massaie questo non lo sanno ed
inseriscono la lucidatrice (1000 watt) sulla presa prevista per la lampada causando un
notevole surriscaldamento del conduttore ed una conseguente variazione della sua
resistenza.
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LEZIONE SULLA PREVENZIONE NEI LABORATORI
Prof. Giulio Capobianco
Nei laboratori in cui lavorate verrete a contatto con strumenti elettrici che in uscita
presenteranno tensioni piuttosto basse 6-12-24 volt in corrente continua e che quindi
non possono costituire pericolo per la vostra incolumità. Anche se inavvertitamente
verrete a contatto con un filo scoperto quello che avvertirete sarà solo poco più di un
formicolio. Infatti l’intensità della corrente erogata, misurata in ampere (A), sarà
dell’ordine di qualche mA mentre, perché l’intensità della corrente diventi pericolosa
dovrebbe superare i 30 mA. Lo strumento è comunque collegato alla rete (220 volt) e
la corrente in entrata sarà dell’ordine degli ampere. La tensione verrà poi ridotta
mediante un trasformatore al voltaggio desiderato e la corrente trasformata da
alternata in continua con un circuito a diodi.
Tenete presente che l’impianto centrale è munito del così detto salvavita che è un
interruttore differenziale in grado di interrompere il circuito elettrico quando la
corrente in entrata e quella in uscita non siano bilanciate (I1 = I2) e questo può
succedere se voi toccando un filo scoperto, avrete dirottato una parte della corrente
verso terra..
Lo schema del salvavita è il seguente:
R0
R1
E0
generatore
di
tensione
Ru
R2
2
Esso è un trasformatore toroidale costituito da tre avvolgimenti di poche spire due dei
quali sono collegati ai conduttori di linea mentre il terzo viene collegato al sistema di
sganciamento del circuito elettrico.
Per l'intervento del sistema in genere viene scelta una differenza fra l'intensità delle
due correnti di 30 mA ed un tempo massimo di 40 ms. La scelta del valore della
differenza fra le due correnti è legata alla possibilità che eventuali correnti di
dispersione transitorie possano portare a continue interruzioni, mentre valori del
tempo di intervento inferiori a 40 ms sono difficili da realizzare.
Purtroppo il salvavita, che voi, per legge, dovreste anche avere nell’impianto
dell’appartamento in cui alloggiate, andrebbe attivato almeno una volta al mese in
quanto l’attivazione (accensione e spegnimento) impedisce che si formino nel
circuito delle resistenze che possono alterarne il funzionamento. Questa norma di
legge viene troppo spesso trascurata.
Tutti gli strumenti sono provvisti poi di una messa a terra che rappresenta una via di
fuga della corrente nel caso di un cattivo funzionamento e di un fusibile. La presenza
di un sistema di messa a terra dell'impianto è una precauzione necessaria ma non
sufficiente in quanto è improbabile che la resistenza del circuito di messa a terra sia
inferiore ai 5 ohm e questo comporta che la tensione di contatto, per una corrente di
220 volt, risulterà di diverse decine di volt.
Il fusibile in realtà viene inserito come protezione dello strumento da eventuali
sovraccarichi più che per la sicurezza dell'operatore in quanto, in caso di dispersioni
verso terra, il suo tempo di intervento risulta dell'ordine dei secondi, eccessivi per la
salvaguardia di chi fosse venuto a contatto con la struttura.
Considerate un frigorifero in cui la messa a terra sia efficiente. Se toccate lo
strumento, in presenza di una dispersione, prenderete una scossa che, grazie alla
resistenza offerta dal corpo umano e se avrete le scarpe, non risulterà elevata in
quanto la corrente si ripartirà fra il circuito che la scarica a terra, che presenta una
resistenza di pochi ohm, e quello costituito dal vostro corpo con una resistenza di
oltre 1000 ohm.
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I danni causati da uno shock elettrico sono legati al percorso della corrente attraverso
il corpo umano per cui il percorso più pericoloso, ma anche il più probabile, risulta il
passaggio da una mano all'altra o quello dalla mano sinistra verso uno dei due piedi in
quanto, in questi casi, la corrente elettrica attraverserebbe il cuore. L'intensità
sopportabile senza conseguenze per il corpo da chi subisce un elettroshock risulta di
circa 20 mA.
Ma una tensione di contatto di 50 volt ed una resistenza al contatto di 1000 ohm
causerebbe il passaggio di una corrente di 50 mA.
Delle due definizioni, corrente di soglia e corrente di rilascio, la prima viene definita
come la minima corrente percepibile con la parte più sensibile del corpo umano, la
lingua, e viene valutata in 45 μA mentre la percezione minima con le mani sale a 1.1
mA, in ogni caso essa è indice che siamo in presenza di una dispersione. La corrente
di rilascio, cioè quella che permetterebbe di sospendere autonomamente il contatto
con l'elemento sotto tensione, risulta di 16 mA. I danni causati dal contatto dipendono
però anche dal tempo in cui il contatto permane. Infatti la gravità dei danni subiti per
uno shock elettrico, oltre che dall’amperaggio della corrente e dal suo percorso nel
corpo, sono direttamente legati alla lunghezza del periodo in cui è avvenuto il
contatto. Ne consegue che correnti di amperaggio relativamente basso, sopportati per
tempi lunghi, possono causare danni maggiori che non il contatto con una corrente di
alto amperaggio sopportata per tempi molto brevi.
Non intendo dilungarmi sui danni che lo shock elettrico può causare sui vari organi
che la corrente incontra sul suo percorso; vi indico solo che la fibrillazione del cuore
riduce il passaggio del sangue nei vari organi e principalmente l'afflusso del sangue al
cervello, organo che subisce danni irreversibili da un assenza del flusso del sangue
per circa tre minuti.
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