Chemio immunoterapia dei tumori: applicazioni in attesa di

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Chemio-immunoterapia dei tumori: una strategia terapeutica in
attesa di applicazione su larga scala
Istituto Superiore di Sanità
Dipartimento di Ematologia, Oncologia e Medicina Molecolare dell’ISS
Riassunto La chemioterapia rappresenta il trattamento medico di riferimento per la maggior parte dei tumori
ma la sua efficacia resta, in molti casi, limitata. Sino ad oggi i chemioterapici sono stati utilizzati per la loro
azione diretta contro le cellule tumorali, sebbene la loro tossicità sistemica sia spesso molto elevata. Tuttavia,
per alcuni di essi è possibile sfruttare in modo vantaggioso gli effetti tossici, in particolare quelli ematologici.
Infatti, i meccanismi con cui il nostro organismo recupera il danno subìto dalle cellule del sangue sono
responsabili della produzione di citochine e fattori di crescita che inducono una forte, transitoria, attivazione dei
sistemi emopoietico e immunitario. La somministrazione di un vaccino antitumorale in questa fase suscita
risposte immunologiche particolarmente intense. Il trattamento combinato con Dacarbazina e un vaccino
peptidico antimelanoma in pazienti con melanoma in fase avanzata ha dato indicazioni incoraggianti sulla
possibilità di utilizzare la Dacarbazina come adiuvante della risposta immunitaria per prevenire la recidiva della
malattia una volta che il tumore primitivo sia stato asportato.
Il background
Sebbene le tecniche diagnostiche, chirurgiche,
radioterapiche e di assistenza del malato
oncologico siano molto progredite negli ultimi anni, i
farmaci antineoplastici hanno raggiunto un plateau
di efficacia difficile da superare e la maggior parte
dei tumori resta tuttora resistente ad una cura
definitiva.
Il bisogno di terapie oncologiche innovative è
fortemente sentito. Tra queste, l’immunoterapia
rappresenta una sfida alla quale partecipa un
numero rilevante di gruppi di ricerca in tutto il
mondo. Infatti, da quando è stato accertato che le
difese immunitarie svolgono un ruolo importante nel
controllo dello sviluppo dei tumori e che questi ultimi
possono esporre antigeni che li rendono visibili al
sistema immunitario, è stata prodotta una grande
mole di studi grazie alla quale sono state messe a
punto diverse strategie di immunoterapia capaci di
indurre forti risposte immunologiche antitumorali.
Tuttavia, sul piano clinico, i risultati sono stati
deludenti in termini di efficacia e di sopravvivenza.
Diverse sono le cause di questo insuccesso, tra
esse si possono annoverare:
 Studi condotti in pazienti in fase troppo
avanzata di malattia. (L’immunoterapia, per sua
natura, è indicata soprattutto quando la massa
tumorale è ancora molto limitata e il sistema
immunitario non ancora compromesso dalla
presenza del tumore. L’immunoterapia è ideale,
infatti, per combattere la malattia residua
minima, dopo che il tumore è stato asportato
chirurgicamente o ridotto con la chemio o la
radioterapia).
 Incapacità di stimolare risposte immunitarie
sufficientemente potenti da superare la soglia di
visibilità del tumore al sistema immunitario.
 Presenza
di
meccanismi
di
immunosoppressione, indotta dal tumore stesso, in
grado di controllare la risposta immunitaria e
mantenerla al di sotto del livello di efficacia.
I dati preclinici
La possibilità di combinare la chemioterapia con
l’immunoterapia è auspicabile ma, per definizione, i
chemioterapici hanno attività antiproliferativa e
ostacolano lo sviluppo delle risposte immunitarie
che si basano, appunto, sulla proliferazione delle
cellule del sistema immunitario.
Da diversi anni, tuttavia, è stato osservato, in diversi
modelli sperimentali, un fenomeno paradossale per
cui la somministrazione di un particolare
chemioterapico, la ciclofosfamide, prima di una
vaccinazione, aumentava la risposta immunitaria al
vaccino. I numerosi studi condotti per chiarire
questo fenomeno, tra cui quelli svolti nel nostro
laboratorio hanno svelato alcuni dei meccanismi
coinvolti:
 L’azione antiproliferativa della ciclofosfamide
determina una riduzione del numero dei leucociti (mielodeplezione), ma alla sospensione
del trattamento, il numero dei globuli bianchi
aumenta, supera momentaneamente i valori
basali per poi assestarsi, di nuovo, ai valori di
partenza. In definitiva, la sospensione del
trattamento mielosoppressivo determina un
fenomeno di rimbalzo dei valori ematici.

riduce fortemente la risposta immunosoppressiva indotta dal tumore;
 aumenta la proliferazione delle cellule del
sistema linfatico ed orienta la loro risposta
verso una maggiore attività antitumorale.
Studi di vaccinazione antitumorale, da noi condotti
in modelli sperimentali murini, hanno mostrato che
la somministrazione di un vaccino, subito dopo il
trattamento con ciclofosfamide, provoca la riduzione
e la scomparsa di tumori precedentemente
impiantati. La somministrazione delle singole
terapie, al contrario, non ha alcuna efficacia. Il
trattamento combinato (vaccino e ciclofosfamide) è
ancora
più
efficace
se
associato
alla
somministrazione di interferon (IFN) alfa (un fattore
naturale con proprietà immunostimolanti).
Lo studio clinico

Il rimbalzo post-trattamento è un fenomeno
naturale di autocontrollo dei parametri
ematologici e prende il nome di proliferazione
omeostatica.
 La proliferazione omeostatica riguarda tutti i
compartimenti cellulari del sistema emopoietico
compresi i linfociti. Tale fenomeno è promosso
dall’azione dei diversi fattori solubili (citochine,
fattori di crescita) responsabili del controllo dei
sistemi emopoietico e linfopoietico.
 La ciclofosfamide determina precocemente
l’aumento degli mRNA di alcuni di questi fattori
e predispone le cellule del sistema immunitario
a proliferare e ad attivarsi.
Si spiega, in questo modo, il fenomeno paradossale
per cui un chemioterapico può agire come
immunostimolante ed essere utilizzato per
potenziare
una
eventuale
strategia
di
immunoterapia
antitumorale.
Inoltre,
la
linfodeplezione indotta dal chemioterapico riduce
anche il numero dei linfociti responsabili della
immuno-soppressione tumore-specifica (linfociti T
regolatori) che impediscono al sistema immunitario,
anche quando stimolato in modo appropriato, di
montare una risposta antitumorale efficace.
Pertanto, la combinazione di chemioterapia e
vaccinazione antitumorale, secondo i principi
sopradescritti, può offrire numerosi vantaggi:
 permette di combinare due effetti antitumorali,
quello diretto del chemioterapico sul tumore e
quello mediato dalla risposta immunitaria;
Spesso studi condotti in modelli animali hanno
creato notevoli speranze ma anche cocenti
delusioni. Il modello murino può offrire una traccia
da seguire per disegnare strategie terapeutiche
nell’uomo, ma la verifica clinica rimane l’ultima
prova della trasferibilità all’uomo delle informazioni
ottenute nell’animale. Per ottenere una prova che le
nostre teorie fossero applicabili in ambito clinico
abbiamo disegnato e condotto uno studio clinico
pilota di associazione di chemioterapia e
vaccinazione in un numero limitato di pazienti affetti
da melanoma.
Per questo tumore sono stati già identificati alcuni
antigeni che lo rendono visibile al sistema
immunitario (antigeni tumore-associati o TAAs). Per
rendere più semplice e uniforme la preparazione di
un vaccino sono state usate solo delle piccole
porzioni di questi antigeni, costituite da pochi peptidi
(vaccino peptidico) che sono captati e processati
dalle cellule dendritiche e presentati ai linfociti
dell’ospite.
Per motivi etici, nell’uomo è stato necessario
utilizzare il chemioterapico di riferimento nel
trattamento del tumore prescelto. Nel melanoma il
chemioterapico di riferimento è la dacarbazina
(DTIC). DTIC fa parte della stessa famiglia della
ciclofosfamide (agenti alchilanti) rispetto alla quale,
però, è molto meno tossico. La modalità di
trattamento con DTIC prevede una infusione i.v
(800 mg/m2) ogni 21 giorni per 6 volte.
La strategia scelta è stata di somministrare un
vaccino costituito dai peptidi Melan-A/MART-1:2635(27L) e gp100:209-217(210M), risospesi in
adiuvante incompleto di Freund (Montanide ISA 51)
e accompagnati all’inoculo s.c. di 3 MU di IFN alfa
naturale, uno e otto giorni dopo ogni trattamento
con DTIC.
sviluppato forti risposte immunitarie sono rimasti
liberi da malattia per almeno 7 anni (fino alla
stesura di questo documento) e sono ancora in
osservazione (mediamente le recidive, in questo
stadio di malattia, ricompaiono dopo 8 mesi).
Questo dato, sebbene statisticamente non
significativo per il numero limitato di soggetti in
studio, è fortemente suggestivo di una potenziale
efficacia di questa strategia terapeutica e necessita
di essere confermato in uno studio successivo più
ampio
Lo studio ha arruolato 10 pazienti operati di
melanoma con stadio di gravità variabile dal II al IV
(5 da trattare con solo vaccino e 5 con vaccino +
DTIC). Tutti i pazienti erano privi di malattia in atto.
L’obiettivo principale dello studio, condotto secondo
le regole internazionali di buona pratica clinica
(GCP), è stato quello di valutare la sicurezza e la
tollerabilità del trattamento e di misurare le risposte
immunologiche al vaccino e al tumore.
I risultati dello studio hanno mostrato che
l’associazione DTIC e vaccino + IFN alfa è molto
ben tollerata e non induce effetti collaterali di rilievo.
Lievi fastidi, riscontrati in alcuni casi, si sono limitati
ad un eritema locale di modesto grado e di breve
durata e a un lieve rialzo febbrile della durata di un
giorno.
Risposta Ex vivo delle cellule T CD8+ T al peptide
MelanMelan-A durante la vaccinazione
Solo vaccino
Vaccino + DTIC
Mela--A% di linfociti Mela
specifici
10,00
Pt 02
p = 0.096**
10,00
Pt 09 NED
p = 0.015**
Pt 08 NED
Pt 15 NED
Pt 10
1,00
Pt 18
Pt 30 NED
1,00
Pt 36
Pt 22
0,10
Pt 38
0,10
0,01
0,01
PRE
T42
T84
T105
PRE
T42
T84
T105
Giorni dalla prima vaccinazione
NED: Assenza di ripresa di malattia (4.5 anni dalla fine del trattamento)
trattamento)
Il gruppo di pazienti trattati con DTIC e vaccino +
IFN ha sviluppato risposte immunitarie cellulari
molto più alte rispetto ai pazienti trattati con solo
vaccino. Da notare che quei pazienti del gruppo di
trattamento con vaccino e DTIC che hanno
Conclusioni e applicabilità
L’insieme delle osservazioni sperimentali effettuate
nei modelli preclinici e nell’uomo fornisce
l’indicazione che la somministrazione di un
chemioterapico in associazione ad un vaccino
terapeutico incrementa fortemente la risposta
immunologica e può rendere clinicamente
efficaci quelle strategie terapeutiche, basate
sulla vaccinazione antitumorale, che finora non
hanno dato risultati soddisfacenti.
La condizione necessaria è che il chemioterapico
sia somministrato con una tempistica ben precisa.
E’ importante notare che, poiché il chemioterapico
non viene dato con finalità meramente citoriduttive,
la terapia combinata può essere somministrata
anche nei casi di insorgenza di resistenza del
tumore alla chemioterapia.
Nello specifico, l’osservazione che la DTIC possa
svolgere una funzione immunostimolante è
assolutamente originale.
La DTIC è un farmaco che trova la sua applicazione
corrente nella terapia del melanoma, dove, tuttavia,
manifesta una efficacia limitata. Il trattamento con
DTIC, inoltre, non è indicato “in adiuvante”, vale a
dire durante la fase libera da malattia che segue la
rimozione chirurgica del tumore o delle sue
metastasi. Per questo motivo DTIC non costituisce
un interesse primario per l’industria che lo produce
e lo commercializza, in vista dell’ immissione sul
mercato di farmaci potenzialmente più efficaci,
sebbene molto più costosi.
Al contrario, DTIC come immuno-potenziatore della
vaccinazione antitumorale ha la possibilità di essere
utilizzato estensivamente “in adiuvante” e per tutta
quella gamma di tumori per i quali sono stati
identificati potenziali vaccini (ca prostatico, ca
renale, ca del colon-retto, ca della mammella, ca del
pancreas etc.). La bassa tossicità di DTIC, inoltre,
unita alla estrema tollerabilità dei vaccini peptidici
rende il trattamento combinato facilmente
applicabile e psicologicamente ben accetto dai
pazienti anche in assenza della malattia tumorale
conclamata.
Alla luce dell’esperienza descritta, la DTIC, si presta
ottimamente ad essere rilanciata per un nuovo più
estensivo uso in ambito oncologico per la
prevenzione secondaria delle recidive tumorali, in
associazione a strategie di immunoterapia.
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Dott. Enrico Proietti
Dirigente di Ricerca
Direttore del Reparto di
Applicazioni Cliniche delle Terapie Biologiche
Dipartimento di Ematologia, Oncologia e
Medicina Molecolare
Istituto Superiore di Sanità
Roma
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