ECCLESIALITÀ “SOTTO LA STESSA LUCE” La mia fede cresce con la tua Testimonianza di Annalena Tonelli (1943-2003), missionaria laica, Vaticano, 1 Dicembre 2001 Il dono più straordinario - ricevuto dai Somali - il dono per cui io ringrazierò Dio e loro in eterno e per sempre, è il dono dei miei nomadi del deserto. Mussulmani, loro mi hanno insegnato la Fede, l'abbandono incondizionato, la resa a Dio, una resa che non ha nulla di fatalistico, una resa rocciosa e arroccata in Dio, una resa che è Fiducia e Amore. I miei nomadi del deserto mi hanno insegnato a tutto fare, tutto incominciare, tutto operare nel nome di Dio. Bishmillahi rahmani rahim… Nel nome di Dio onnipotente e misericordioso. Dalle lettere del beato Charles de Foucauld (1858-1916) a Henry De Castries, n. 86 Sì, ha ragione, l’Islam ha prodotto in me un profondo sconvolgimento... la vista di questa fede, di queste anime che vivono nella continua presenza di Dio, m’h a fatto intravedere qualcosa di più grande e di più vero delle occupazioni mondane: "ad majora nati sumus"... Mi sono messo a studiare l’Islam poi la Bibbia, e mentre la grazia di Dio agiva, la fede della mia infanzia si è trovata confermata e rinnovata ...» (LHC, 86) Dal testamento spirituale di Shahbaz Bhatti, ministro per le minoranze pakistano (1968-2011). Credo che i cristiani nel mondo che hanno teso la mano ai mussulmani colpiti dalla tragedia del terremoto del 2005 abbiano costruito dei ponti di solidarietà, d'amore, di comprensione di cooperazione e di tolleranza tra le due religioni. Se tali sforzi continueranno, sono convinto che riusciremo a vincere i cuori e le menti degli estremisti. Ciò produrrà un cambiamento in positivo: le genti non si odieranno, non uccideranno nel nome della religione, ma si ameranno le une le altre, porteranno armonia, coltiveranno la pace e la comprensione in questa regione. (…) I passi che più amo della Bibbia recitano: "Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi". Così, quando vedo gente povera e bisognosa, penso che sotto le loro sembianze sia Gesù a venirmi incontro. Per cui cerco sempre d'essere d'aiuto, insieme ai miei colleghi, di portare assistenza ai bisognosi, agli affamati, agli assetati. Credo che i bisognosi, i poveri, gli orfani, qualunque sia la loro religione, vadano considerati anzitutto come esseri umani. Penso che quelle persone siano parte del mio corpo in Cristo, siano la parte perseguitata e bisognosa del corpo di Cristo". Giorgio La Pira (1904-1977), sindaco di Firenze, Lettera ai fratelli d’Oriente Il Concilio Vaticano II è evidente, è il riflesso di questa stella: vuole condurre, come la stella dei Magi,a Betlemme, presso la culla del Redentore! Certo è questo: i popoli cristiani, ad Oriente come ad Occidente, nel nord come nel sud, sono internamente fermentati da questo desiderio profondo di comunione e di unità: come se un soffio di Spirito Santo li animasse a risentire nel cuore, con desiderio vivo, la dolce e vivissima preghiera del Redentore: Padre, che siano una cosa sola come noi lo siamo. Giorgio La Pira, Lettera a Paolo VI Io mi sono detto: - supponiamo che vengano a Firenze (per un atto di comune venerazione) i Patriarchi cattolici ed ortodossi (quello di Costantinopoli, di Mosca e tutti gli altri): supponiamo che a questo “incontro” presso la tomba venerata del Patriarca Giuseppe (domanda: perché il Signore lo ha fatto morire a Firenze, proprio al termine del Concilio?) sia in qualche modo, diretto od indiretto, presente il S.Padre (il Patriarca di Occidente): questo fatto: questo semplice incontro di preghiera e di speranza, non costituirebbe esso solo – per il solo fatto che si verifichi – un segno evidente della unità che avanza, della unità che si avvicina? Ecco, Beatissimo Padre, i miei pensieri, le mie riflessioni (radicate nella preghiera: povera, è vero: ma tanto desiderosa di lodare e di servire il Signore!) su questa iniziativa: penso che, se attuata, essa sarà un ulteriore segno dei tempi: un segno rinnovato, e più visibile, di questi tempi del Signore, della preghiera “unitiva” del Signore: “ut unum sint”. Dal testamento spirituale di frère Christian de Chergé, monaco trappista, ucciso in Algeria dai fondamentalisti islamici con sei confratelli nel 1996 L’Algeria e l’Islam, per me, (…) sono un corpo e un’anima. L’ho proclamato abbastanza, mi sembra, in base a quanto ho visto e appreso per esperienza, ritrovando così spesso quel filo conduttore del Vangelo appreso sulle ginocchia di mia madre, la mia primissima Chiesa proprio in Algeria, e già allora, nel rispetto dei credenti musulmani. (…) Ecco potrò, se a Dio piace, immergere il mio sguardo in quello del Padre per contemplare con lui i Suoi figli dell’Islam così come li vede Lui, tutti illuminati dalla gloria del Cristo, frutto della Sua Passione, investiti del dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà sempre di stabilire la comunione, giocando con le differenze. Di questa vita perduta, totalmente mia e totalmente loro, io rendo grazie a Dio che sembra averla voluta tutta intera per questa gioia, attraverso e nonostante tutto. In questo "grazie" in cui tutto è detto, ormai della mia vita, includo certamente voi, amici di ieri e di oggi, e voi, amici di qui, insieme a mio padre e a mia madre, alle mie sorelle e ai miei fratelli, e a loro, centuplo regalato come promesso! E anche te, amico dell’ultimo minuto che non avrai saputo quel che facevi. Sì, anche per te voglio questo "grazie", e questo "ad-Dio" nel cui volto ti contemplo. E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in Paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, di tutti e due. Amen! Inch’Allah.