PIL COME PRODUZIONE AGGREGATA E REDDITO AGGREGATO Il PIL viene definito in tre modi: – valore di beni e servizi finali (non intermedi) prodotti nell'economia in un dato periodo di tempo (“produzione aggregata”). – somma del valore aggiunto nell'economia in un dato periodo di tempo. – somma dei redditi percepiti in un dato periodo di tempo nell'economia (“reddito aggregato”); somma di reddito da lavoro, reddito da capitale (profitti) ed imposte indirette. Ne consegue che reddito aggregato e produzione aggregata coincidono. Il “PIL nominale” (€Yt) (detto anche “PIL a valori”, “PIL a prezzi correnti”) è la somma delle quantità di beni finali valutati al prezzo corrente. Il “PIL reale” (Yt) (detto anche “PIL in termini di beni”, “PIL a prezzi costanti”, “PIL aggiustato per inflazione” o “PIL ai prezzi dell'anno ****”) è la somma delle quantità di beni finali valutati a prezzi costanti. Una crescita positiva del PIL reale viene definita “espansione”, mentre una crescita negativa è detta “recessione” (per convenzione gli economisti parlano di recessione quando l'economia registra almeno due trimestri di crescita negativa). Il tasso di crescita del PIL (reale) è pari a Y t−Y t - 1 Yt-1 Se il PIL reale vive momenti di espansione e recessione, il PIL nominale è sempre in crescita nel tempo per il fatto che il prezzo di molti beni cresce nel tempo. FORZA LAVORO E DISOCCUPAZIONE La “forza lavoro” (L) è definita come somma del numero di “lavoratori occupati” (N) e “disoccupati in cerca di lavoro” (U) secondo la relazione: L=N U Il “tasso di disoccupazione” (u) si calcola come rapporto tra lavoratori disoccupati e forza lavoro U totale: u= L I “lavoratori scoraggiati” sono persone senza lavoro che smettono di cercarne uno ed escono quindi “fuori dalla forza lavoro”. Il “tasso di partecipazione” indica il rapporto tra forza lavoro e “popolazione in età lavorativa”. Quando l'economia rallenta, in genere si verifica un contemporaneo aumento della disoccupazione che una diminuzione del tasso di partecipazione. Il tasso di disoccupazione ed il tasso di partecipazione sono importanti indici dell'economia che riflettono l'efficienza dell'utilizzo delle risorse. IL TASSO DI INFLAZIONE COME DEFLATORE DEL PIL L'“inflazione” è un aumento sostenuto del livello generale dei prezzi. Il “tasso di inflazione” è definito come il tasso a cui il livello dei prezzi aumenta nel tempo. dispense di “Economia Politica II” a cura di Paolo Meola (info: e-mail & msn [email protected] ) pagina 1 di 23 Il “deflatore del PIL” è definito come il rapporto tra “PIL nominale” e “PIL reale” in un anno “t” dove per t=t 0 , € Y t=Y t (cioè si è posto convenzionalmente che nell'anno t0 coincidano PIL nominale e PIL reale, e perciò il deflatore è pari ad 1) : PIL nominale €Yt Pt = = da cui si ha che € Y t = Pt ⋅ Y t . Yt PIL reale Poiché il valore del deflatore viene scelto arbitrariamente, esso non ha valore economico, cosa che P t −P t - 1 invece ha il suo tasso di variazione: il “tasso di variazione del deflatore del PIL” Pt-1 rappresenta infatti “il tasso di inflazione”. Il “prezzo medio al consumo” (più comunemente definito come “costo della vita”) è misurato dall'“indice dei prezzi al consumo” (IPC) che rappresenta il costo di un dato paniere di beni di consumo di un tipico consumatore urbano. Per quanto la spesa totale dei consumatori non coincida con la produzione aggregata (in quanto parte della produzione è destinata alle imprese, al governo o all'estero; e parte dei beni acquistati dai consumatori non sono prodotti all'interno dell'economia ma importati dall'estero) IPC e deflatore del PIL si muovono tendenzialmente insieme (dando origine a due diverse misure dell'inflazione). In generale, se l'inflazione fosse pura (cioè se vi fosse un aumento proporzionale di tutti i beni e salari) sarebbe per molti aspetti irrilevante; poiché nella realtà non è mai pura, ciò provoca un'influenza sulla distribuzione del reddito ed altre distorsioni che rendono difficili alle imprese le decisioni sul futuro; inoltre, i prezzi fissati per legge, cambiano all'inflazione in termini di prezzi relativi. LE DETERMINANTI DELLA PRODUZIONE AGGREGATA Il livello di produzione aggregata dipende nel breve periodo dalla variazione di domanda (da un cambiamento di fiducia dei consumatori ed altri fattori come aliquote fiscali e tassi di interesse). Nel medio periodo il livello di produzione aggregata dipende maggiormente dal lato dell'offerta per fattori quali stock di capitale, livello della tecnologia e dimensione della forza lavoro (dati costanti nel medio periodo). Nel lungo periodo il livello di produzione dipende da fattori quali sistema educativo, tasso di risparmio e ruolo del governo. LE COMPONENTI DELLA PRODUZIONE AGGREGATA La produzione aggregata, analizzata dalla parte delle fonti della spesa, è composta dal “consumo” (beni e servizi acquistati dai consumatori) (C), dall'“investimento” (“investimento fisso” somma di “investimento residenziale” ed investimento non residenziale”) (I), dalla “spesa pubblica” (beni e servizi acquistati dallo stato, che non includono i “trasferimenti”, cioè assistenza sanitaria e sociale, né gli interessi sul debito pubblico) (G), dalle esportazioni (che sono beni e servizi prodotti internamente ma consumati all'estero) al netto delle importazioni (beni e servizi prodotti all'estero acquistati dai residenti) (X – IM), ed, infine, l'investimento positivo in scorte (che rappresenta la differenza tra produzione e vendite). Y =CI G X −IMinvestimento in scorte LE COMPONENTI DELLA DOMANDA DI BENI Supponiamo che le imprese producano un solo bene, usato indifferentemente dai consumatori come dispense di “Economia Politica II” a cura di Paolo Meola (info: e-mail & msn [email protected] ) pagina 2 di 23 bene di consumo, dalle imprese come bene di investimento e dal governo come spesa pubblica. Studiamo questo mercato di un solo bene nel breve periodo (assumendo che le imprese siano disposte ad offrire una qualunque quantità del bene ad un prezzo P) per concentrarci sul lato della domanda. Se l'economia è inoltre chiusa possiamo porre X =IM=0 per cui X −IM=0 la domanda aggregata di beni Z ≡CI G X −IM diventa Z ≡CI G . Assumiamo come funzione del consumo (variabile endogena al nostro modello), data dall'equazione di comportamento C=C Y d (dove Y è il “reddito disponibile”, inteso come reddito al netto delle + d imposte, dopo aver ricevuto i trasferimenti dal governo), la semplice relazione C=c0 c 1⋅Y d dove c0 è detto “consumo con reddito nullo” e c1 “propensione marginale al consumo”. Dalla definizione di reddito disponibile possiamo scrivere Y d =Y −T da cui C=c0 c 1⋅Y −T . In questa equazione c0 è positivo in quanto possiamo presumere che anche con reddito nullo i consumatori abbiano un consumo minimo positivo. D'altra parte è realistico pensare che 0c 11 in quanto all'aumento del reddito è presumibile un aumento del consumo, che non sarà però superiore all'aumento stesso. In una prima approssimazione prendiamo l'investimento come variabile esogena I =I per semplificare ulteriormente il modello (anche se quest'approssimazione implicherebbe che l'investimento non vari in alcun modo alla variazione della produzione). Altre variabili che prendiamo come esogene nel modello sono “G” (la spesa pubblica) e “T” (le imposte), che rappresentano la “politica fiscale” del governo e rappresentano quindi le variabili di scelta, che verranno variate la da parte del governo per il conseguimento di particolari obiettivi. Alla luce di queste premesse la domanda aggregata diventa Z ≡c 0c 1⋅Y −T I G per cui possiamo affermare che dipenda dal reddito Y , dalle imposte T , dall'investimento I e dalla spesa pubblica G . DETERMINAZIONE PER VIA ALGEBRICA DELLA PRODUZIONE DI EQUILIBRIO Riscritta la domanda come Z =c 0c 1⋅Y −T I G possiamo analizzare la condizione di equilibrio nel mercato dei beni che si verifica quando la produzione è uguale alla domanda secondo l'equazione di equilibrio Y =Z dove possiamo sostituire “Z” con la sua espressione, ottenendo quindi: Y =c 0c 1⋅Y −T I G dove produzione e reddito sono entrambe espresse con la lettera Y (semplicemente perché sono due modi di esprimere il PIL da due differenti punti di vista). Svolgendo i calcoli possiamo riscrivere l'equazione di equilibrio come Y= 1 ⋅c I G−c 1 T 1−c1 0 1 prende il nome di “moltiplicatore” e c 0I G−c 1 T quello di “spesa autonoma” 1−c0 (cioè indipendente dalla produzione). dove La spesa autonoma è positiva in quanto c0 ed I sono positivi e G−c1 T è verosimilmente maggiore di zero in quanto è difficile che le imposte superino (di gran lunga) la spesa pubblica (anche ammettendo che T =G si avrebbe G−c1 T =T 1−c 1 realisticamente maggiore di zero in quanto 0c 11 ). L'effetto del moltiplicatore aumenta al tendere ad 1 della propensione marginale al consumo c0: ciò implica che qualunque variazione di una delle componenti della spesa autonoma influenzerà la produzione in misura superiore all'effetto diretto sulla stessa spesa autonoma. dispense di “Economia Politica II” a cura di Paolo Meola (info: e-mail & msn [email protected] ) pagina 3 di 23 Intuitivamente il significato del moltiplicatore risiede nel fatto che un aumento della domanda farebbe aumentare la produzione e, di conseguenza, il reddito (che coincide con la produzione) in modo tale da far ulteriormente crescere la domanda che a sua volta farà aumentare la produzione, e così via. ANALISI GRAFICA DELL'EQUILIBRIO EQUILIBRIO Per descrivere l'equilibrio con un grafico disegniamo le due funzioni di produzione e di domanda in funzione del reddito (in un grafico nel quale misuriamo produzione sull'asse verticale e reddito su quello orizzontale). Poiché produzione (Y) e reddito (Y) coincidono, la relazione tra le due variabili è rappresentata dalla bisettrice del quadrante. La funzione di domanda Z =c 0c 1⋅Y −T I G è rappresentata da una retta che ha per coefficiente angolare la propensione marginale al consumo c1 e come intercetta con l'asse verticale la spesa autonoma (come si può notare dalla sua espressione riordinata Z =c 1⋅Y c 0 I G−c 1 T ). Tale retta ha inclinazione positiva ma minore di 45° (poiché 0c 11 ) ed un incremento del reddito di una unità fa spostare la domanda di C 1 in alto. L'equilibrio è dato dall'intersezione tra funzione di domanda e funzione di produzione IL SIGNIFICATO DEL MOLTIPLICATORE E LA SUA DETERMINAZIONE PER VIA GEOMETRICA Data una situazione di equilibrio e1 supponiamo che c0 incrementi di un'unità, provocando una traslazione dell'intera curva di domanda verso l'alto: avremo dunque un nuovo equilibrio nel punto e2 . Lo spostamento finale da Ye1 ad Ye2 , è superiore a quello iniziale direttamente implicabile all'aumento di c0 . Effettivamente ad un primo aumento (di 1 unità) del consumo, corrisponde un aggiustamento della produzione (sempre di 1 unità): aumentato il reddito, vi sarà un ulteriore incremento della domanda pari allo spostamento iniziale (1) moltiplicato per il fattore di propensione marginale al consumo 1⋅c 0 , al quale corrisponderà un pari aggiustamento della produzione: seguiranno dunque una serie di aggiustamenti di domanda e produzione. L'aumento totale della produzione risulterà pari alla somma dei singoli spostamenti Y =1c 1c 21c31...c n1 . Ammettendo che questi spostamenti n=k siano infiniti potremmo riscrivere lo spostamento come n c1 ∑ k ∞ Y =lim che per 0c 01 tende n=0 ad un limite finito pari a Y= 1 , pari appunto al moltiplicatore. 1−c1 dispense di “Economia Politica II” a cura di Paolo Meola (info: e-mail & msn [email protected] ) pagina 4 di 23 L'aggiustamento istantaneo del nostro modello è giustificato dal fatto che abbiamo supposto la non esistenza di scorte: nella realtà le imprese, prima di aggiustare la produzione, spesso preferiscono attingere alle proprie scorte per soddisfare un aumento di domanda, d'altra parte un aumento di reddito potrebbe non indurre il consumatore ad un immediato aumento del consumo. EQUILIBRIO SUL MERCATO DEI BENI COME UGUAGLIANZA INVESTIMENTO=RISPARMIO Un modo alternativo di pensare l'equilibrio è stato studiato da Keynes in termini di eguaglianza tra risparmio ed investimento: dire “investimento = risparmio” è equivalente a dire “domanda = produzione”. Il risparmio è pari alla somma tra “risparmio privato” (“saving”) (S) (definito come differenza tra reddito disponibile e consumo S≡Y d −C ≡Y −T −C ) e “risparmio pubblico” (come differenza tra imposte, al netto dei trasferimenti, e spesa pubblica T −G , che se positiva prende il nome di “avanzo di bilancio”, se negativa, “disavanzo di bilancio”). Dall'equazione di equilibrio nel mercato dei beni Y =CI G possiamo riscrivere Y −C−T = I G−T ⇒ S= I −T −G da cui otteniamo l'eguaglianza tra risparmio ed investimento nell'equazione I =S T −G . ANALISI DELL'EQUILIBRIO IS Dall'equazione di comportamento del consumo possiamo riscrivere l'equazione del risparmio come S=Y −T − c0 c 1⋅Y −T che possiamo riscrivere come S=−c 01−c 1 ⋅Y −T . Riscriviamo dunque l'equazione d'equilibrio IS come I =−c 01−c 1⋅Y −T T −G da cui, risolvendo rispetto ad Y, otteniamo l'equazione della produzione di equilibrio 1 Y= ⋅c I G−c 1 T 1−c1 0 IL MERCATI FINANZIARIO La “moneta” è un'attività finanziaria che può essere agevolmente utilizzata in transazioni, ma non paga interessi. I “titoli”, d'altra parte, sono attività finanziarie non utilizzabili direttamente nelle transazioni che hanno il vantaggio di pagare un interesse positivo “i”. I due fattori che determinano le quantità di ricchezza distribuite tra moneta e titoli sono il “livello delle transazioni” (che sono ragionevolmente proporzionali alla grandezza dell'economia, e quindi al reddito) ed il “tasso di interesse” dei titoli, secondo d l'equazione M =€ Y⋅Li , dove Md è la - “domanda di moneta”, che prendiamo come direttamente proporzionale al reddito nominale e dipendente negativamente dal tasso di interesse secondo una funzione L. Se la domanda si sposta verso destra, a causa di un aumento del reddito disponibile, a parità di offerta di moneta dalla banca centrale, si avrà (raggiunto l'equilibrio tra domanda ed offerta di moneta) un aumento del tasso di interesse: quindi un aumento del reddito dispense di “Economia Politica II” a cura di Paolo Meola (info: e-mail & msn [email protected] ) pagina 5 di 23 nominale provoca un incremento del tasso di interesse. La ragione è che al tasso di interesse iniziale la domanda di moneta eccede l'offerta: per indurre gli individui a tenere una quantità inferiore di moneta è necessario un aumento del tasso di interesse. Supponiamo che (data una funzione di domanda di moneta) la banca centrale decida di agire indirettamente sul tasso di interesse decidendo la quantità di moneta da offrire sul mercato: essa sceglierà una quantità di moneta offerta tale per cui il tasso varierà in tal modo da indurre gli individui a tenere una quantità di moneta pari all'offerta. Se la banca centrale aumenta l'offerta di moneta, questa inizialmente eccede la domanda: per far salire la domanda al livello dell'offerta si avrà una riduzione del tasso di interesse per incentivare gli individui a tenere una maggiore quantità di moneta. POLITICA MONETARIA E OPERAZIONI DI MERCATO APERTO Nelle economie moderne, la banca centrale varia l'offerta di moneta tramite “operazioni di mercato aperto” nel mercato dei titoli: comprando i titoli, pagandoli con moneta, la banca centrale fa “azione espansiva”, aumentando (“espandendo) l'offerta di moneta ed abbassando indirettamente i tassi di interesse. Quando la banca centrale vende titoli nel mercato aperto dei titoli, fa “azione restrittiva”, abbassando (“restringendo”) l'offerta di moneta ed alzando indirettamente i tassi di interesse. Quando una banca centrale varia l'offerta di moneta lo fa col preciso obiettivo di variare i tassi di interesse: un determinato movimento dell'offerta di moneta ha il preciso obiettivo di raggiungere un determinato tasso d'interesse. Nella realtà, però ,il mercato dei titoli non determina direttamente gli interessi sui titoli, ma il loro prezzo, dal quale viene poi calcolato il tasso di interesse secondo remunerazione− prezzo titolo € r −€ PT i= = prezzo titolo € PT In quest'ottica, in un'azione espansiva di mercato aperto la banca centrale aumenta l'offerta di moneta acquistando titoli, il cui prezzo sale con l'effetto di far scendere i tassi d'interesse; in un'azione restrittiva di mercato aperto la banca centrale vende titoli provocando una diminuzione della loro domanda e conseguentemente del loro prezzo con l'effetto di alzare “i”. IL RUOLO DELLE BANCHE PRIVATE Nel bilancio della banca centrale le attività sono costituite dai titoli che tiene in portafoglio, le passività sono invece costituite dallo stock di moneta nell'economia: le operazioni di mercato aperto comportano variazioni di pari importo nell'attivo e nel passivo del bilancio. La moneta, nella realtà, non è interamente circolante, ma risiede in parte in depositi bancari forniti da intermediari finanziari come le banche private. Le banche investono la moneta depositata dai privati in titoli o concedono prestiti con un remunerativo tasso di interesse oppure, a loro volta, depositano nelle riserve della banca centrale. dispense di “Economia Politica II” a cura di Paolo Meola (info: e-mail & msn [email protected] ) pagina 6 di 23 Ammettendo (per semplicità) che le banche non concedano prestiti ma investano solo in titoli, tra le attività nel bilancio avremo titoli e riserve (in parte tenute sotto forma di contanti ed in parte depositate in banca centrale), mentre tra le passività avremo i depositi dei clienti. Le riserve (oltre ad essere obbligatorie per una certa parte, proporzionale ai depositi in conto corrente) sono motivate dalla necessità delle banche private di contante a disposizione per fronteggiare eventuali uscite (non coperte dalle entrate) verso clienti o verso altre banche. DOMANDA ED OFFERTA DI MONETA EMESSA DALLA BANCA CENTRALE Date queste premesse, riesaminiamo la determinazione del tasso di interesse attraverso l'equilibrio tra offerta e domanda di “moneta emessa dalla banca centrale”. L'offerta di moneta emessa è sotto il diretto controllo della banca centrale per cui H s =H La domanda di moneta emessa dalla banca centrale sarà uguale alla somma tra domanda di circolante da parte degli individui e domanda di riserve da parte delle banche private. Il tasso di interesse sarà tale per cui domanda ed offerta di moneta emessa dalla banca centrale siano uguali. Assumiamo semplicemente che data una qualsiasi quantità di moneta a disposizione, l'individuo la distribuisca tra moneta circolante (CI)(per le piccole transazioni) e depositi (D)(per le grandi c transazioni) secondo una proporzione per cui si ha CI d =c⋅M d e D d =1−c⋅M d . 1−c Supponendo che la domanda di riserve da parte delle banche sia direttamente proporzionale d d d all'ammontare dei depositi R =⋅D =⋅1−c ⋅M . La domanda di moneta emessa dalla banca centrale diventa H d =CI d Rd =c⋅M d ⋅1−c⋅M d che d d si può riscrivere come H =c⋅1−c⋅M che, scritta la domanda di circolante come d d M =€ Y⋅Li , diventa H =c⋅1−c⋅€ Y⋅Li . - - . H s =H d per cui H =c⋅1−c ⋅€ Y⋅L i Se gli individui tenessero tutta la moneta come circolante si avrebbe c=1 per cui l'equilibrio sarebbe H =€ Y⋅Li , identico a quello studiato nell'equazione M =€ Y⋅Li che descriveva un Per la condizione di equilibrio si ha che - - modello nel quale tutta la moneta era circolante. Per tutti gli altri valori di c, dove c1 , (essendo per legge 0 e nell'interesse delle banche 1 ), si ha che la somma c⋅1−c1 . Ciò implica che per qualunque valore di c1 la domanda di moneta emessa dalla banca centrale Hd è inferiore alla domanda aggregata di moneta Md : ciò deriva dal fatto che la domanda di riserve da parte delle banche è solo una frazione della domanda di depositi. dispense di “Economia Politica II” a cura di Paolo Meola (info: e-mail & msn [email protected] ) pagina 7 di 23 In generale l'equilibrio è viene nella situazione per cui il tasso di interesse è tale per cui la funzione di domanda di moneta emessa dalla banca centrale interseca la funzione di offerta di moneta emessa dalla banca centrale. Ancora una volta, se la banca centrale decide di aumentare l'offerta di moneta emessa, il tasso di interesse scende; se, invece, decide di abbassare l'offerta di moneta emessa dalla banca centrale, a parità di domanda, il tasso di interesse sale. In generale, un maggior tasso di interesse comporterà una minor domanda di moneta emessa dalla banca centrale in quanto decrescono sia la domanda di circolante da parte degli individui sia la domanda di depositi e, conseguentemente, di riserve da parte delle banche. MERCATO DEI “FEDERAL FUNDS” E TASSO DI INTERESSE SUI “FEDERAL FUNDS”. Un modo alternativo di pensare all'equilibrio dei mercati finanziari come uguaglianza tra domanda ed offerta di moneta è in termini di uguaglianza tra domanda ed offerta di riserve. Negli Stati Uniti esiste un vero e proprio mercato delle riserve (le bance a fine giornata hanno riserve in eccesso e le prestano a quelle che ne hanno in difetto). In USA tassi di interesse delle riserve sono regolati dalla FED che può scegliere il tasso sui “Federal Funds” variando l'offerta di moneta emessa, acquistando o vendendo nel mercato dei fondi federali. EQUILIBRIO TRA DOMANDA ED OFFERTA AGGRAGATA DI MONETA Partendo dall'equazione di equilibrio tra domanda ed offerta di moneta emessa dalla banca centrale H =c⋅1−c ⋅€ Y⋅L i possiamo ri-esaminare l'equilibrio nel mercato finanziario come domanda - ed offerta aggregata di moneta secondo l'equazione: 1 ⋅H =€ Y⋅L i dove c⋅1−c - 1 ⋅H rappresenta l'offerta aggregata di moneta che risulta pari all'offerta di moneta c⋅1−c 1 emessa dalla banca centrale moltiplicata per il moltiplicatore . c⋅1−c Per comprendere il significato di questo moltiplicatore esaminiamo un modello nel quale c=0 per cui gli individui depositano tutto il loro circolante. Se la banca centrale compra titoli per l'ammontare di un'unità (aumentando di un'unità l'offerta) da un individuo, questi li deposita in banca, la quale a sua volta ne tiene come riserva e re-investe 1− in titoli comprati da un secondo venditore; il secondo venditore deposita la somma alla sua banca che tiene a riserva ⋅1− e ne re-investe 1−⋅1− in titoli. Dopo una serie di acquisti di titoli (dei quali il primo è eseguito dalla banca centrale ed i successivi dalle diverse banche coinvolte), l'incremento totale dei depositi è pari a 2 3 n D=11−1− 1− ...1− che, ammettendo infiniti investimenti, diventa n=k 1 1 n = D=lim ∑ 1− che, essendo 01−1 , tende al limite finito D= . 1−1− k ∞ n = 0 L'INVESTIMENTO COME VARIABILE ENDOGENA NELL'EQUILIBRIO NEL MERCATO DEI BENI dispense di “Economia Politica II” a cura di Paolo Meola (info: e-mail & msn [email protected] ) pagina 8 di 23 Hicks e Hansen sintetizzarono la descrizione congiunta del mercato dei beni e dei mercati finanziari in quello che chiamarono il “modello IS-LM”. In una prima approssimazione dell'equilibrio nel mercato dei beni (descritto dall'equazione di I G ) l'investimento veniva preso come una variabile esogena. equilibrio Y =C Y −T + Effettivamente, però, l'investimento dipende da variabili interne al nostro sistema: la funzione dell'investimento si può scrivere come I =I Y+ , i- dove questo dipende positivamente dalla grandezza dell'economia (e perciò dalla produzione) e negativamente dal tasso di interesse: un aumento della produzione provoca un aumenta dell'investimento, un aumento del tasso di interesse provoca una riduzione dell'investimento. La produzione di equilibrio si determina, quindi, graficamente tramite l'intersezione tra la curva di offerta Y =Y e la curva di I Y , i G domanda Z =C Y −T + + secondo la nuova equazione di equilibrio I Y , i G . estesa Y =C Y −T + + La curva di domanda è positivamente inclinata poiché un aumento di Y aumenta sia il consumo che l'investimento: la sua inclinazione (meno di 45°) non è giustificata teoricamente, ma dall'esperienza empirica. DERIVAZIONE DELLA CURVA IS E SUE CARATTERISTICHE dispense di “Economia Politica II” a cura di Paolo Meola (info: e-mail & msn [email protected] ) pagina 9 di 23 Se il tasso di interesse aumenta ( i 1i 0 ) una riduzione dell'investimento che implica un abbassamento della curva di domanda che provoca, a sua volta, una riduzione della produzione che genera un'ulteriore abbassamento della curva di domanda (per l'effetto del moltiplicatore): in generale, quindi, un aumento del tasso di interesse implica una riduzione della produzione. Possiamo quindi desumere che la curva IS (che deriviamo graficamente, ricavando dal grafico produzione-domanda ogni valore della produzione di equilibrio associato a ciascun tasso di interesse) abbia un'inclinazione negativa: un tasso di interesse maggiore è infatti associato ad un livello inferiore di produzione. Naturalmente, ogni altra variazione di un fattore che modifica la produzione, varia indirettamente la curva IS: in generale, dato un tasso di interesse, ogni fattore che fa diminuire il livello di equilibrio della produzione fa spostare la curva IS verso sinistra; al contrario, ogni fattore che che fa aumentare il livello di produzione di equilibrio fa spostare verso destra la curva. Ad esempio, un aumento positivo delle imposte ( T 1T 0 ), a parità di tasso di interesse, farebbe diminuire il reddito disponibile che farebbe a sua volta diminuire il consumo e quindi abbassare la funzione di domanda dei beni, causando (per effetto del moltiplicatore) una riduzione della produzione di equilibrio: per cui la curva di domanda si sposterebbe verso il basso. A seguito dello spostamento della curva di domanda la curva IS si sposta verso sinistra: aumentando le imposte, a parità di tasso di interesse, la produzione diminuisce. Allo stesso modo, a parità di tasso di interesse, un aumento della spesa pubblica (G), che fa aumentare la domanda (quindi il reddito, la produzione, ed ancora la domanda) fa aumentare la produzione (poiché vi è stato uno spostamento verso destra della curva IS). I MERCATI FINANZIARI E LA CURVA LM dispense di “Economia Politica II” a cura di Paolo Meola (info: e-mail & msn [email protected] ) pagina 10 di 23 Se ammettiamo che lo stock nominale di moneta sia direttamente controllato dalla banca centrale . M s =M possiamo scrivere l'equazione di equilibrio dei mercati finanziari come M =€ Y⋅L i Questa equazione stabilisce una relazione tra moneta, reddito nominale e tasso di interesse che può essere tradotta in una relazione tra “offerta reale di moneta” (moneta in termini dei beni che possono effettivamente essere acquistati), reddito reale e tasso di interesse. €Y Perciò, dalla definizione di deflatore del PIL P= da cui € Y =P⋅Y , si ottiene l'uguaglianza tra Y offerta reale di moneta e domanda reale di M M =Y⋅Li dove moneta: P P rappresenta la moneta in termini di beni effettivamente acquistabili. Un incremento del reddito induce gli individui ad aumentare la loro domanda di moneta per ogni livello del tasso di interesse e la curva di domanda reale di moneta si sposta verso destra: a parità di offerta di moneta reale, ciò provoca un aumento del tasso di interesse che deve indurre gli individui a tenere la stessa quantità di moneta anche se è aumentata la domanda di moneta, a seguito dell'aumento del reddito. Data l'offerta reale di moneta , è possibile determinare il valore del tasso di interesse associato ad ogni valore del reddito reale e derivare quindi la curva LM che esprime la relazione che intercorre tra produzione (reddito) e tasso di interesse: poiché l'equilibrio dei mercati comporta che quanto maggiore è il livello di produzione tanto maggiore è la domanda di moneta e quindi in tasso di interesse di equilibrio, avremo che la curva LM avrà un andamento crescente. La curva LM è stata derivata prendendo come dati sia lo stock nominale di moneta (M) che il livello M dei prezzi (P), e perciò anche lo stock reale di moneta Ne segue che per qualunque variazione P di M o di P varia lo stock reale di moneta, provocando uno spostamento della curva LM. All'aumento, per esempio, dello stock di moneta ( M 1M 0 ), a parità di livello dei prezzi, aumenterà dispense di “Economia Politica II” a cura di Paolo Meola (info: e-mail & msn [email protected] ) pagina 11 di 23 M1 M 0 l'offerta di moneta per cui si avrà P P : ad ogni livello di reddito Y il tasso di interesse d'equilibrio nei mercati finanziari scenderà facendo dunque spostare verso il basso la curva LM. Analogamente, ad ogni livello di reddito, una riduzione della quantità di moneta provoca un aumento del tasso di interesse, che sposta la curva LM verso l'alto. Gli spostamenti della curva LM sono verso l'alto o verso il basso poiché nei mercati finanziari determiniamo i dato un certo valore di Y: è interessante vedere quindi come cambi i (che si trova nell'asse delle ascisse) al variare di una variabile esogena. Gli spostamenti della curva IS sono verso destra o sinistra poiché nel mercato dei beni determiniamo la produzione Y dato un certo valore del tasso di interesse i: è interessante vedere quindi come cambi Y(che si trova nell'asse delle ordinate) al variare di una variabile esogena. IL MODELLO IS-LM Se la curva IS deriva dalla condizione che l'offerta dei beni sia uguale alla domanda dei beni, la curva LM deriva dalla condizione che l'offerta di moneta sia uguale alla domanda di moneta. La curva IS ci dice come il tasso di interesse influenza la produzione; la curva LM ci dice come la produzione influenza a propria volta il tasso di interesse. Ogni punto della curva IS corrisponde all'equilibrio nel mercato dei beni; ogni punto della curva LM corrisponde all'equilibrio nei mercati finanziari. Le due curve si incontrano nel punto in cui sono verificati entrambi gli equilibri, il punto d'incontro rappresenta cioè la condizione nella quale produzione e tasso di interesse sono compatibili per raggiungere contemporaneamente equilibrio nel mercato dei beni e nei mercati finanziari. POLITICA FISCALE, PRODUZIONE E TASSO DI INTERESSE Supponiamo che il governo decida di ridurre il disavanzo di bilancio (politica chiamata “stretta fiscale” o “contrazione fiscale”) attraverso, ad esempio, un aumento delle imposte, mantenendo invariata la spesa pubblica (una politica che tende a far aumentare il disavanzo è detta “espansione fiscale”). A seguito dell'aumento delle imposte gli individui hanno minor reddito disponibile che corrisponde a minor consumo e, attraverso il moltiplicatore, una riduzione della produzione. Per ogni tasso di interesse, si ha una minore produzione, quindi la curva IS è spostata verso sinistra. La curva LM, invece, non si sposta: le imposte non compaiono infatti nella relazione LM. dispense di “Economia Politica II” a cura di Paolo Meola (info: e-mail & msn [email protected] ) pagina 12 di 23 In generale, una curva si sposta in seguito alla variazione di una variabile esogena, soltanto se questa variabile appare direttamente nell'equazione rappresentata da una curva stessa. Poiché la curva LM non si è spostata, l'equilibrio si muove lungo la LM nel punto di intersezione con la nuova curva IS: l'incremento delle imposte, che diminuendo i consumi ha ridotto, per l'effetto del moltiplicatore, il reddito ha quindi indirettamente determinato una riduzione della domanda di moneta che ha causato una riduzione del tasso di interesse che in parte mitiga l'effetto delle maggiori imposte sulla domanda dei beni Riguardo alle componenti della domanda, G rimane invariato, C sicuramente diminuisce, sia a causa della riduzione del reddito disponibile ( Y d =Y −T ), sia perché il reddito si riduce per effetto del moltiplicatore. L'effetto della stretta fiscale ha un ambiguo risultato, invece, sull'investimento, in quanto la diminuzione del reddito diminuisce l'investimento, che d'altra parte cresce per effetto della riduzione del tasso di interesse. POLITICA MONETARIA, PRODUZIONE E TASSO DI INTERESSE Supponiamo, invece, che la banca centrale decida di fare un'“espansione monetaria”, aumentando l'offerta di moneta (una diminuzione dell'offerta di moneta è detta “stretta monetaria” o “contrazione monetaria”). A parità di livello dei prezzi, aumenterà lo M1 M 0 stock nominale di moneta e . P P Poiché l'offerta di moneta non influenza direttamente né la domanda né l'offerta di beni, la curva IS non subisce spostamenti. D'altra parte, l'aumento dell'offerta di moneta diminuirà il tasso di interesse compatibile con l'equilibrio nei mercati finanziari a parità di reddito; perciò la curva LM subirà uno spostamento verso il basso. L'equilibrio nell'economia dunque si sposta lungo la curva IS nel punto di intersezione con la nuova curva LM: in tale punto avremo un incremento della produzione ed una riduzione del tasso di interesse. L'aumento dell'offerta di moneta porta ad un tasso di interesse inferiore che, a sua volta, stimola gli investimenti e, attraverso il moltiplicatore fa aumentare la domanda e la produzione. Nel caso di un'espansione monetaria, a parità di livello dei prezzi, il reddito disponibile aumenta (a parità di imposte fiscali, essendo aumentato il reddito Y) e di conseguenza cresce anche il consumo. L'effetto sull'investimento di un'espansione monetaria è certo: la riduzione del tasso di interesse e l'aumento delle vendite (cresce infatti con Y la grandezza dell'economia) favoriscono gli investimenti. dispense di “Economia Politica II” a cura di Paolo Meola (info: e-mail & msn [email protected] ) pagina 13 di 23 UN MIX DI POLITICA ECONOMICA Spostamento IS T 1T 0 Spostamento LM Variazione Y Variazione i sinistra nessuno positiva negativa 1 0 destra nessuno negativa positiva 1 0 destra nessuno negativa positiva 1 0 sinistra nessuno positiva negativa 1 0 nessuno giù positiva negativa 1 0 nessuno su negativa positiva T T G G G G M M M M Gli effetti di politica fiscale ed economica riportati in tabella sono spesso utilizzati in modo combinato in quello che si chiama “mix di politica economica”. Gli effetti della politica economica non sono nella realtà immediati: – i consumatori non aggiustano istantaneamente il consumo ad una variazione di reddito disponibile – le imprese non aggiustano istantaneamente l'investimento in seguito ad una variazione delle vendite o del tasso di interesse – le imprese non aggiustano istantaneamente la produzione ad una variazione delle vendite I tempi di aggiustamento (collegato a queste fonti di effetti dinamici), può essere calcolato solo in via empirica attraverso i dati riscontrati nella realtà: dallo studio dei dati si ha che, nonostante gli effetti della politica economica non siano immediati, sono descritti in modo realistico dal modello IS-LM. Già nel medio periodo, si riscontra però che le previsioni perdono di attendibilità, soprattutto a causa del cambiamento del livello dei prezzi, che nel medio periodo diventa rilevante. L'APERTURA DEI MERCATI NELL'ECONOMIA Nella realtà, l'apertura dell'economia ha delle importanti implicazioni nei modelli macroeconomici: – l'apertura dei mercati dei beni ha dato ai consumatori, infatti, la possibilità di scegliere se acquistare beni nazionali o beni esteri (soprattutto negli ultimi anni, essendo stati ridotti i vincoli, dazi sui beni importati e quote restrittive sulle quantità massime di importazione, che gravavano su questa scelta). – l'apertura dei mercati finanziari ha permesso agli investitori finanziari di poter scegliere se investire in attività finanziarie nazionali ed estere (soprattutto negli ultimi anni, essendo stati ridotti i “controlli ai movimenti di capitale”, restrizioni alla detenzione di attività finanziarie estere da parte dei residente ed alla detenzione di attività finanziarie nazionali da parte dei residenti all'estero). Se l'apertura dei mercati dei beni e dei mercati finanziari hanno implicazioni nel breve e medio periodo, l'apertura del mercato dei fattori, la possibilità delle imprese di localizzare le proprie attività produttive all'estero per sfruttare possibili vantaggi di costo e quella dei lavoratori di decidere se spostarsi in un paese con un salario medio più alto, ha effettivamente meno rilevanti, se non nel lungo periodo. ESPORTAZIONI ED IMPORTAZIONI Il volume degli scambi coi paesi esteri non è un indice esauriente del grado di apertura dei mercati: un altro importante effetto dell'apertura dei mercati si riflette nella riduzione dei prezzi dei “beni commerciabili” (beni che competono con i beni esteri sia sul mercato interno sia sui mercati esteri”) da parte delle imprese nazionali per reggere la concorrenza, mantenere le proprie quote di mercato e dispense di “Economia Politica II” a cura di Paolo Meola (info: e-mail & msn [email protected] ) pagina 14 di 23 limitare le importazioni dall'estero. Il rapporto percentuale tra esportazioni e PIL è un indice determinato da fattori che non si limitano alle barriere agli scambi di mercato, ma presenta determinanti tra le quali la distanza da altri mercati e le dimensioni del paese (un paese con dimensioni ridotte non potrà permettersi di specializzarsi nella produzione di una gamma di beni vasta quanto quella di un paese più grande; di conseguenza più piccolo è un paese, tanto maggiore sarà la quantità di scambi con l'estero). LA SCELTA DEGLI ACQUIRENTI TRA BENI NAZIONALI ED ESTERI Se quando il mercato dei beni è chiuso i consumatori si pongono il solo problema di quanto consumare, quando il mercato è aperto i consumatori nazionali (così come tutti gli acquirenti, consumatori, imprese, governo sia nazionali sia esteri) si trovano di fronte ad un ulteriore scelta: se acquistare beni esteri o nazionali. Questa decisione ha un effetto sulla produzione di beni nazionali ed esteri: una domanda maggiore di beni nazionali implica un aumento della produzione nazionale, una domanda maggiore di beni esteri implica un aumento dei beni esteri. La variabile cruciale nella scelta tra beni nazionali ed esteri è rappresentata dal “tasso di cambio reale” ( ) che rappresenta il prezzo dei beni nazionali in termini di beni esteri. Se prendiamo come “tasso di cambio nominale” ( E ) il prezzo della moneta nazionale in termini di moneta estera (esempio, prezzo di un euro in termini di dollari): i tassi di cambio tra le moneta subiscono continue variazioni chiamate “apprezzamenti nominali” (aumento del prezzo della moneta nominale in termini di moneta estera; in altri termini, aumento del tasso di cambio) o “deprezzamenti nominali” (diminuzione del prezzo della moneta nazionale in termini di moneta estera; in altri termini, diminuzione del tasso di cambio). “Rivalutazioni” e “svalutazioni” sono termini utilizzati per definire le rare modifiche di tassi di cambio fissi (fissati per accordo tra due o più paesi). Il tasso di cambio reale tra due paesi che producono un solo stesso bene sarebbe uguale al rapporto tra il prezzo, tradotto da valuta nazionale a valuta estera, ( p⋅E ) del bene prodotto dal primo paese p⋅E ed il prezzo in valuta estera ( p*) del bene prodotto nel paese estero: = p* Per costruire un tasso di cambio reale che rifletta il prezzo di tutti i beni nazionali prodotti in termini di tutti i beni prodotti da uno stato estero ricorriamo alla definizione di deflatore del PIL, che rappresenta P⋅E l'indice dei prezzi di tutti i beni prodotti in un'economia, per cui abbiamo che ≡ . P* Essendo l'indice reale dei prezzi costruito da due variabili (P e P*) definite in modo arbitrario, così anche non avrà un valore informativo ma arbitrario: il valore economico che possiamo però t−t - 1 ricavare dal tasso di cambio reale è il “tasso di variazione del tasso di cambio reale” che t - 1 rappresenta la variazione del prezzo di tutti i beni nazionali in termini di tutti i beni prodotti in un paese estero; un aumento del tasso di cambio reale prende il nome di “apprezzamento reale”, una riduzione del tasso di cambio reale prende il nome di “deprezzamento reale”. Le fluttuazioni del tasso di cambio nominale si manifestano anche nel tasso di cambio reale: quando i t− t - 1 E t −E t - 1 ≈ tassi di inflazione sono molto simili tra due paesi si verifica che . t - 1 Et-1 Per passare da tassi di cambio bilaterali a “tassi di cambio multilaterali” (che possano riflettere la composizione del commercio che è aperta verso più economie) si utilizzano i flussi commerciali di un dispense di “Economia Politica II” a cura di Paolo Meola (info: e-mail & msn [email protected] ) pagina 15 di 23 paese con i suoi partner commerciali: si possono costruire, dunque, un “tasso di cambio reale all'importazione” ed un “tasso di cambio reale all'esportazione” dalla cui media si ricava il “tasso di cambio reale multilaterale” (o, semplicemente, “tasso di cambio reale”). I MERCATI FINANZIARI IN ECONOMIA APERTA L'apertura dei mercati finanziari consente agli investitori di tenere attività finanziarie sia nazionali sia estere, diversificando il proprio portafoglio, e di speculare sulle fluttuazioni dei tassi di interesse e dei tassi di cambio. Dato che l'acquisto o la vendita di attività finanziarie estere comporta l'acquisto o la vendita di “valuta estera” (moneta estera), la dimensione delle transazioni sul mercato delle valute è un indicatore dell'importanza delle transazioni finanziari internazionali: la maggior parte delle transazioni in valuta non sono infatti associate al commercio internazionale, ma alla compravendita di attività finanziarie. Il fatto che l'economia sia aperta implica che un paese possa registrare avanzi o disavanzi commerciali (determinati dalla differenza tra la produzione venduta all'estero ed i beni acquistati dall'estero X −IM ): se un paese è in disavanzo commerciale ha necessità di colmare questo disavanzo tramite “prestiti” sotto forma di aumenti di quote di attività finanziarie nazionali da parte di investitori esteri, incentivati da tassi di interesse più remunerativi. LA BILANCIA DEI PAGAMENTI Le transazioni di un paese con il resto del mondo sono riassunte in una serie di conti chiamati “bilancia dei pagamenti” che si divide in “transazioni di conto corrente” e “conto capitale”. Alle transazioni di conto corrente partecipano la bilancia commerciale (differenza tra esportazioni ed importazioni), i “redditi netti da investimento” (la differenza tra i “redditi da investimento ricevuti” dalle attività finanziarie estere che possiedono i residenti, ed i “redditi da investimento pagati” agli investitori esteri sulle attività finanziarie nazionali che possiedono nel loro portafoglio) ed i “trasferimenti netti ricevuti” (differenza tra aiuti donati ai paesi esteri ed aiuti ricevuti dai paesi esteri). Il “saldo di conto corrente” è la somma dei pagamenti da e verso il resto del mondo la cui consistenza positiva o negativa determina un “avanzo di conto corrente” o “disavanzo di conto corrente”. Un paese che registri disavanzo di conto corrente deve necessariamente presentare un avanzo di “conto capitale”, che rappresenta i flussi degli investimenti da e verso il resto del mondo: i “flussi netti di capitale” (altrimenti detti “saldo del conto capitale”) deve pareggiare il “saldo di conto corrente”. Per quanto concettualmente i due valori debbano coincidere nella realtà si verifica una discrepanza statistica tra i due valori. LA SCELTA TRA ATTIVITA' FINANZIARIE NAZIONALI ED ESTERE Quando i mercati finanziari sono aperti, gli investitori si trovano di fronte alla decisione se investire in attività finanziarie nazionali od estere: questa scelta non dipende solamente dai diversi tassi di interesse ma anche dalle previsioni sugli andamenti dei tassi nominali di cambio. Un investitore residente che decidesse di investire in titoli nazionali si assicurerebbe, dopo un anno, per ogni unità investita un ritorno di 1i t dove i t rappresenta il tasso di interesse nazionale nominale nell'anno t. Un investitore residente che decidesse di investire un'unità in titoli esteri, dovrebbe innanzitutto comprare valuta estera (al tasso di cambio E t ) con un ritorno in valuta estera, dopo un anno, di E t⋅1i t * dove i t * rappresenta il tasso di interesse sui titoli nel paese estero: riconvertito in 1 valuta nazionale, sarà stato ottenuto un ammontare di E t⋅1i t *⋅ e dove E et + 1 rappresenta il E t + 1 tasso di cambio atteso. In pratica la scelta tra titoli nazionali ed esteri è determinata dalla dispense di “Economia Politica II” a cura di Paolo Meola (info: e-mail & msn [email protected] ) pagina 16 di 23 disuguaglianza 1i t *⋅ 1i t L'equazione 1i t = 1i t *⋅ Et Et e E t + 1 . è chiamata “parità scoperta dei tassi di interesse” (o “parità e E t + 1 dei tassi di interesse”) e rappresenta la condizione di arbitraggio per cui è parimenti conveniente investire in titoli nazionali od esteri. In realtà questa equazione non tiene conto dei costi di tutte le singole separate transazioni necessarie per effettuare un investimento e del rischio insito nel dover prevedere il tasso di cambio nominale tra le valute da un anno all'altro. Tuttavia, l'equazione spiega abbastanza bene i movimenti di capitale tra i principali mercati finanziari del mondo dove piccole variazioni dei tassi di interesse o notizie di imminenti apprezzamenti o deprezzamenti possono spostare capitali nell'ordine dei miliardi di dollari in pochi minuti. In paesi dove i mercati dei capitali sono di dimensioni inferiori e meno avanzati, o dove esistono controlli di capitale, gli investitori sono più propensi a scegliere il tasso di interesse nazionale di quanto non risulti dall'equazione di parità dei tassi di interesse. e E et + 1−E t E t + 1−E t =1i t * dove è il tasso di Et Et apprezzamento della valuta nazionale: per valori non elevati del tasso di apprezzamento e dei tassi E et + 1−E t di interesse, l'equazione diventa i t ≈ i t * − per cui la scelta dipende sia dai tassi di Et interesse, nazionale ed estero, sia dal tasso di apprezzamento della moneta nazionale previsto. Riscrivendo l'equazione come 1i t ⋅ 1 Dall'equazione, se i mercati finanziari non si aspettano un sensibile apprezzamento o deprezzamento di una moneta rispetto a quella di un suo partner commerciale, ritengono anche che i due tassi di interesse si muoveranno tendenzialmente insieme. LA CURVA IS IN ECONOMIA APERTA Ammettendo che l'economia sia aperta al commercio estero, al domanda nazionale di beni e la domanda di beni nazionali non vengono più a coincidere: parte della domanda nazionale di beni è rivolta a beni esteri; parte della domanda di beni nazionali proviene dall'estero. In un'economia aperta la “domanda di beni nazionali” è data da Z ≡CI G X −IM / dove C I G rappresenta la “domanda nazionali di beni” mentre X −IM / è il “saldo commerciale” (dove con IM/ si intendono le importazioni espresse in termini di beni nazionali, ed X è sono le esportazioni). CI G−IM/ rappresenta la “domanda interna di beni nazionali”. L'apertura del mercato all'economia influenza principalmente la distribuzione di consumo ed investimento tra nazionale ed estero, ma ha molta meno importanza nel determinare una loro I Y , i G . variazione, per cui si può riscrivere che C I G=C Y −T + + Il livello delle importazioni dipende principalmente da due grandezze: la dimensione dell'economia (naturalmente se Y, che rappresenta indifferentemente produzione o reddito anche in economia aperta, è maggiore saranno in generale maggiori i consumi, sia di beni nazionali che esteri) ed il tasso di cambio reale (tanto maggiore sarà il prezzo dei beni nazionali rispetto a quelli esteri, tanto maggiori saranno le importazioni dall'estero), per cui possiamo scrivere la funzione che descrive le importazioni come IM=IMY , . + + Le esportazioni dipenderanno invece dal reddito estero (maggiore sarà Y * , la produzione del resto del mondo, più grande sarà l'economia dei paesi esteri e quindi i loro consumi) e sempre dal tasso di cambio reale (questa volta negativamente, in quanto maggiore sarà il prezzo dei beni nazionali, dispense di “Economia Politica II” a cura di Paolo Meola (info: e-mail & msn [email protected] ) pagina 17 di 23 meno i paesi esteri saranno interessati ad acquistare tali beni), per cui la funzione che descrive le esportazioni può essere riscritta come X = X Y * , . + - LA CURVA DI DOMANDA DI BENI NAZIONALI Per poter disegnare la domanda di beni nazionali, cominciamo a disegnare la curva di domanda nazionale di beni, che rappresentiamo, in via di semplificazione, come una retta di inclinazione positiva ma minore di 45°. Sottraendo alla curva le importazioni, oltre a scendere, la nostra domanda subirà una diminuzione dell'inclinazione in quanto ammettiamo che la quantità di importazioni aumenti con il reddito (maggiore è il reddito, maggiori saranno le importazioni). Dall'inclinazione di questa nuova curva (che rappresenta la domanda interna di beni nazionali), possiamo dedurre il consumo interno di beni esteri cresca più rapidamente all'aumentare del reddito rispetto al consumo interno di beni (che è comunque crescente). Sommando alla curva le esportazioni, questa subirà solo uno spostamento verso l'alto (in quanto si suppone che le importazioni rimangano costanti all'aumento della produzione interna). Sottraendo alla curva di domanda di beni nazionali la curva di domanda interna di beni nazionali, si può ottenere la curva rappresentante le “esportazioni nette” (od in altre parole la bilancia commerciale): il diagramma di questa funzione ha inclinazione negativa ed intercetta con l'asse delle ascisse in corrispondenza della produzione per cui la domanda nazionale di beni coincide con la domanda di beni nazionali (quando, in altre parole, importazioni ed esportazioni coincidono). Per tutti i valori di Y a sinistra di questo punto il paese registra avanzo commerciale, per tutti i valori di Y a destra di questo punto il paese registra disavanzo commerciale. dispense di “Economia Politica II” a cura di Paolo Meola (info: e-mail & msn [email protected] ) pagina 18 di 23 PRODUZIONE DI EQUILIBRIO E BILANCIA COMMERCIALE Il mercato dei beni è in equilibrio quando la produzione interna è uguale alla domanda di beni nazionali, cioè quando Y =Z . In questo nuovo modello la produzione di equilibrio si potrà trovare dalla nuova equazione di equilibrio per la quale la produzione Y deve essere uguale a C Y −T I Y ,i G−IM Y , / X Y * , + + - + + + - La produzione di equilibrio si ottiene per l'intersezione tra produzione interna e domanda di beni nazionali: non c'è alcuna ragione per cui il livello di equilibrio della produzione debba per forza pareggiare la bilancia commerciale. EFFETTI SUL SALDO COMMERCIALE DI UN AUMENTO DELLA SPESA PUBBLICA dispense di “Economia Politica II” a cura di Paolo Meola (info: e-mail & msn [email protected] ) pagina 19 di 23 Supponiamo che, per superare una recessione, il governo decida di attuare un aumento della spesa pubblica onde incentivare la produzione. Aumentando G, la domanda di beni nazionali viene traslata verso l'alto ed incontra la funzione di produzione in un nuovo punto di equilibrio. La funzione che rappresenta il saldo delle esportazioni nette non subisce variazioni poiché la spesa pubblica non compare direttamente né nella funzione delle esportazioni né in quella delle importazioni. Cresciuta quindi la produzione di equilibrio, ma invariata la funzione del saldo commerciale, si verificherà un aumento del disavanzo commerciale pari a NX (dove NX sta per Net-eXport). In un economia aperta, un aumento della domanda interna incide sulla produzione meno che se l'economia fosse chiusa, ed ha inoltre un effetto negativo sulla bilancia commerciale. EFFETTI SUL SALDO COMMERCIALE DI UN AUMENTO DELLA DOMANDA ESTERA Ipotizziamo che a seguito di un aumento della spesa pubblica estera (G*), si abbia un incremento della produzione estera (Y*). Questo avrebbe innanzitutto un effetto sulla domanda di beni nazionali, che registra una traslazione verso l'alto, mentre non vi è alcuno spostamento della curva rappresentante la domanda interna di beni. Effetto di questi spostamenti è il fatto che anche la funzione NX viene spostata verso l'alto di una quantità X . L'aumento della produzione estera induce un incremento della produzione nazionale attraverso il moltiplicatore. A migliorare è anche la bilancia commerciale: nel punto di equilibrio il saldo commerciale è rappresentato dalla differenza tra la nuova curva di domanda di beni nazionali (che è salita) e la curva di domanda nazionale (che non si è spostata). Se anche le importazioni aumentano, non in misura tale da compensare l'incremento delle esportazioni. dispense di “Economia Politica II” a cura di Paolo Meola (info: e-mail & msn [email protected] ) pagina 20 di 23 LA POLITICA FISCALE ALLA LUCE DELL'APERTURA DEI MERCATI Lo spostamento della curva di domanda nazionale di un paese va ad incidere nella produzione di tutti gli altri paesi, tanto maggiori sono i loro legami commerciali: maggiori saranno le interazioni, maggiormente i paesi avranno andamenti economici simili. Per uscire da periodi di recessione, i governi prediligono aumenti della domanda estera (che provocano un miglioramento della bilancia commerciale) piuttosto che aumenti della domanda interna: il motivo è semplicemente per evitare di dover pareggiare la bilancia commerciale indebitandosi con il resto del mondo e dovendo pagare interessi maggiori sui “prestiti” ricevuti. Per risolvere particolari situazioni economiche la migliore soluzione è il coordinamento delle politiche macroeconomiche dei vari paesi per uscire da una recessione senza che questo vada a creare disavanzi commerciale tra di loro (il disavanzo commerciale nei confronti del resto del mondo aumenterà in ogni caso): un simultaneo incremento della domanda interna di ogni singolo paese provocherebbe un contemporaneo di importazioni ed esportazioni. Non sempre però i paesi sono disposti ad intervenire in modo coordinato con gli altri: primo motivo fra tutti è che ogni paese ha un forte incentivo a promettere di aderire al coordinamento per poi rinnegare la promessa (se gli altri paesi aumentano ad esempio la spesa pubblica, mantenere la propria spesa pubblica costante provocherebbe un miglioramento della bilancia commerciale). DEPREZZAMENTO, BILANCIA COMMERCIALE E PRODUZIONE Supponiamo che un governo intraprenda misure di politica economica che portino ad un deprezzamento della propria valuta su quelle estere: poiché supponiamo che nel breve periodo i P prezzi rimangano costanti, da ≡ ⋅E ricaviamo che ad un aumento del cambio nominale, P* corrisponde un pari aumento del cambio reale. Le esportazioni nette sono descritte dalla funzione NX = X Y * , −IM Y , / , per cui un + + + - cambiamento del tasso di cambio reale va ad incidere su X (che aumenta, in quanto i beni nazionali sono meno costosi di quelli dei paesi esteri, che trovano conveniente acquistarli), su IM (che diminuisce, in quanto i beni esteri diventano più costosi e questo provoca un aumento della domanda interna) e sul prezzo relativo dei beni esteri in termini di beni nazionali per cui (diminuendo ) la stessa mole di importazioni IMY , / diventa più costosa. + + Affinché quindi si ottenga un miglioramento della bilancia commerciale, le esportazioni devono aumentare e le importazioni diminuire in modo tale da compensare l'aumento dei prezzi dei beni importati. La condizione in base alla quale un deprezzamento aumenta le esportazioni nette è detta “condizione di Marshall-Learner”. EFFETTI DEL DEPREZZAMENTO E COMBINAZIONE DI POLITICHE FISCALI E DI CAMBIO Gli effetti del deprezzamento, oltre ad influire direttamente sulla bilancia commerciale, fa a sua volta variare la produzione nazionale, influenzando ulteriormente le esportazioni nette. L'effetto di un dispense di “Economia Politica II” a cura di Paolo Meola (info: e-mail & msn [email protected] ) pagina 21 di 23 deprezzamento è molto simile a quello di un aumento della produzione estera: un deprezzamento comporta, ad ogni livello di reddito, un aumento delle esportazioni nette (assumendo che valga la condizione di Marshall-Learner). La bilancia commerciale migliora: l'aumento delle importazioni indotto da un incremento della produzione interna è inferiore al miglioramento della bilancia commerciale indotto direttamente dal deprezzamento. Il deprezzamento agisce rendendo i beni esteri più costosi: a parità di reddito, le persone, che spendono di più per acquistare beni esteri, vedono sensibilmente ridotto il loro tenore di vita. Se il governo volesse mantenere la produzione iniziale, dovrebbe far nuovamente abbassare la domanda di beni nazionali mantenendo invariata la funzione delle esportazioni nette, ad esempio abbassando la spesa pubblica: la combinazione di deprezzamento e stretta fiscale riesce dunque a migliorare la bilancia commerciale evitando un'eccessiva espansione della produzione. LA DINAMICA DEGLI EFFETTI DEL DEPREZZAMENTO: L'EFFETTO J Un deprezzamento 01 genera un aumento delle esportazioni ed una riduzione delle importazioni: questo effetto non è però immediato. Se nei primi mesi le quantità di importazione ed esportazione non subiranno sensibili cambiamenti, l'effetto del deprezzamento si rifletterà immancabilmente sui prezzi. La bilancia commerciale è intaccata dal fatto che, in un primo momento, il prezzo delle importazioni aumenta mentre quello delle esportazioni diminuisce per cui X −IM/ 0 X −IM/1 . dispense di “Economia Politica II” a cura di Paolo Meola (info: e-mail & msn [email protected] ) pagina 22 di 23 Col passare del tempo, gli effetti di una variazione dei prezzi relativi, sia delle esportazioni che delle importazioni si rafforzano: le esportazioni aumentano mentre le importazioni diminuiscono. Se, alla fine, la condizione di Marshall-Learner è soddisfatta, le esportazioni nette crescono più di quelle iniziali e si ha un miglioramento della bilancia commerciale. Questo processo di aggiustamento prende il nome di “curva J”: tra il momento in cui viene attuato il cambiamento del tasso di cambio nominale (e conseguentemente del tasso di cambio reale) ed il momento in cui la bilancia commerciale migliora definitivamente rispetto alla situazione iniziale può durare dai sei mesi all'anno. Questo ritardo ha conseguenze anche sulla produzione, in quanto il deprezzamento ha un iniziale effetto recessivo sulla produzione. Se il governo fa affidamento sul deprezzamento per migliorare la bilancia commerciale, sia per espandere la produzione nazionale, deve tener presente che inizialmente gli effetti andranno nella direzione opposta. RISPARMIO, INVESTIMENTO E DISAVANZO COMMERCIALE Dalla condizione di equilibrio Y =CI G X −IM/ possiamo riscrivere (sostituendo l'equazione del risparmio privato S=Y −C−T e la definizione di esportazioni nette NX = X −IM / ) l'equazione come NX =S T −G− I da cui deduciamo che, in equilibrio, la bilancia commerciale deve essere uguale al risparmio (privato e pubblico) meno l'investimento: in altre parole un avanzo commerciale corrisponde ad un eccesso di risparmio sull'investimento). Un avanzo commerciale comporta un prestito netto al resto del mondo, un disavanzo comporta un debito netto nei confronti del resto del mondo. Per quanto non sia esplicito dall'equazione NX =S T −G− I , un deprezzamento incide sia sul risparmio che sull'investimento, attraverso la domanda di beni nazionali ed attraverso un aumento della produzione: una produzione più elevata fa aumentare il risparmio rispetto all'investimento (od equivalentemente migliora il saldo commerciale). dispense di “Economia Politica II” a cura di Paolo Meola (info: e-mail & msn [email protected] ) pagina 23 di 23