Decisione N. 3961 del 24 giugno 2014
IL COLLEGIO DI COORDINAMENTO
composto dai Signori:
Presidente
Dott. Giuseppe Marziale
Presidente del Collegio ABF di Roma
Prof. Avv. Enrico Quadri
Membro effettivo
Presidente del Collegio ABF di Napoli
Prof. Avv. Antonio Gambaro
Membro effettivo
Presidente del Collegio ABF di Milano
Prof. Marilena RISPOLI FARINA
Componente del Collegio ABF di Napoli
designato dal Conciliatore Bancario Finanziario
(per le controversie in cui sia parte un cliente
Consumatore)
Membro effettivo
Avv. Chiara PETRILLO
Membro supplente
[Relatore]
Membro supplente
Componente del Collegio ABF di Roma designato
dal CNCU
nella seduta del 19/03/2014, dopo aver esaminato
x il ricorso e la documentazione allegata;
x le controdeduzioni dell'intermediario e la relativa documentazione;
x la relazione istruttoria della Segreteria tecnica,
Fatto
Con ricorso del 16 agosto 2013, il ricorrente ha chiesto all’Arbitro la
condanna
dell’intermediario alla restituzione delle quote
delle
commissioni bancarie, degli oneri conseguenti alle operazioni e dei
premi assicurativi anticipatamente corrisposti in relazione ad un
contratto di finanziamento rimborsabile mediante delegazione di
pagamento al datore di lavoro ed anticipatamente estinto.
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Con altro ricorso in pari data, poi, il ricorrente ha chiesto all’Arbitro la
condanna del medesimo intermediario alla restituzione delle quote
delle commissioni bancarie, degli oneri conseguenti alle operazioni e
dei premi assicurativi corrisposti in relazione ad un altro contratto di
finanziamento rimborsabile mediante cessione del quinto dello
stipendio, anch’esso anticipatamente estinto.
Tali ricorsi facevano seguito alla proposizione di rituali reclami in
data 25.5.2013, indirizzati all’intermediario con il quale il ricorrente
aveva stipulato i due contratti. Ai reclami aveva risposto in data
10.7.2013 non già l’intermediario cui erano stati indirizzati, bensì
l’intermediario che, a seguito di scissione parziale, si era reso
cessionario
del
ramo d’azienda
“cessione del
quinto”. Detto
intermediario, senza tuttavia dare alcuna comunicazione dell’avvenuta
scissione, si limitava a dare riscontro negativo ad entrambi i reclami
negando perciò la debenza delle somme richieste in restituzione dal
ricorrente.
Il cliente si determinava, pertanto, alla presentazione dei ricorsi
innanzi a questo Collegio, proponendo le proprie domande nei
confronti dell’intermediario con il quale aveva stipulato i contratti.
Con il primo ricorso il ricorrente narrava di aver stipulato in data
16.6.2006 un contratto di finanziamento per l’importo di € 21.480,00 da
restituire, in 120 rate mensili, mediante delegazione di pagamento al
datore di lavoro.
Narrava ancora il ricorrente di aver estinto anticipatamente il proprio
debito in data 2.11.2009.
In relazione a tale finanziamento il ricorrente (cfr. reclamo del
25.5.2013 cui il ricorrente medesimo rinvia nella pag. 4 del modulo del
ricorso) chiede il rimborso della somma di euro 1.560,43, oltre
interessi dalla data del reclamo al saldo a titolo di restituzione delle
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quote delle commissioni, degli “oneri conseguenti all’operazione” e dei
premi assicurativi anticipatamente corrisposti al momento della stipula
del contratto.
Con il secondo ricorso il ricorrente narrava di aver stipulato, in data
27.6.2006, un contratto di mutuo contro cessione del quinto dello
stipendio per un capitale lordo mutuato di € 21.840,00 rimborsabile in
120 rate mensili.
Anche il debito maturato in relazione a questo secondo contratto
veniva estinto dal ricorrente in data dal 2.11.2009.
In relazione a tale finanziamento il medesimo ricorrente (cfr. reclamo
del 25.5.2013 cui il ricorrente rinvia nella pag. 4 del modulo del ricorso)
chiede il rimborso della somma di euro 1.540,60, oltre interessi dalla
data del reclamo al saldo a titolo di restituzione delle quote delle
commissioni, degli “oneri conseguenti all’operazione” e dei premi
assicurativi anticipatamente corrisposti al momento della stipula del
contratto.
L’intermediario ha depositato controdeduzioni mediante le quali,
eccepito il difetto di legittimazione passiva per aver ceduto l’intero
compendio della cessione del quinto ad altro intermediario in data
27.6.2008 e rappresentato che l’intermediario incorporante ha già
provveduto a fornire riscontro al ricorrente in data 10.7.2013, chiede il
rigetto del ricorso producendo, a tal fine, l’atto di fusione del 27.6.2008
e le relative ricevute di presentazione in via telematica per l’iscrizione
presso l’ufficio del Registro delle Imprese in data 30.6.2008.
Con ordinanza n. 992 del 21.2.2014 il Collegio di Roma, riuniti i
ricorsi, li rimetteva al Collegio di Coordinamento, rilevando l’esistenza
di un contrasto tra decisioni di questo Arbitro relativamente alla
questione
pregiudiziale
attinente
alla
eccepita
carenza
di
legittimazione passiva dell’intermediario resistente.
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Con tale ordinanza il Collegio romano ha segnalato, infatti,
l’esistenza di due diversi orientamenti in seno al Collegio di Napoli in
relazione a precedenti del tutto analoghi a quello che costituisce
oggetto del presente giudizio.
Secondo un primo orientamento l’eccezione di carenza di
legittimazione
passiva
dovrebbe
essere
rigettata
poiché
si
applicherebbe al caso di specie l’art. 58 t.u.b., rubricato “Cessione di
rapporti giuridici”, il quale richiede, ai fini dell’opponibilità della
“cessione”, un regime di pubblicità “congiuntive” in mancanza delle
quali la cessione è inopponibile ai clienti (decisioni ABF, Collegio di
Napoli, nn. 1721 e 1722 del 28 maggio 2012).
Secondo l’altro indirizzo, invece, la fattispecie oggetto del presente
giudizio è disciplinata non già dall’art. 58 t.u.b., relativo alla “cessione
di rapporti giuridici”, bensì dell’art. 57 t.u.b., rubricato esattamente
“fusioni e scissioni”. Muovendo da tale presupposto, dunque, il ricorso
deve essere dichiarato irricevibile se proposto nei confronti della
società scissa tutte le volte in cui il rimborso anticipato dei
finanziamenti da parte del ricorrente sia avvenuto posteriormente alla
data di iscrizione del progetto di scissione nel registro delle imprese
(decisione ABF, Collegio di Napoli, n. 4436 del 27 dicembre 2012).
Il
Collegio
romano
peraltro,
aderendo
in
via
preliminare
all’orientamento che invoca quale norma applicabile al caso di specie
l’art. 57 t.u.b., ritiene di prospettare una terza soluzione mediante la
quale si giungerebbe all’accoglimento del ricorso in virtù dell’art. 2506quater, terzo comma, c.c., a norma del quale «ciascuna società è
solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio
netto a essa assegnato o rimasto, dei debiti della società scissa non
soddisfatti dalla società cui fanno carico».
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Diritto
Così delineata la questione sottoposta al Collegio di coordinamento
appare innanzitutto utile ricordare le motivazioni sottostanti ai due
distinti orientamenti formatisi in seno all’ABF.
Secondo l’orientamento favorevole all’applicabilità dell’art. 58 t.u.b.
quale norma derogatoria speciale (e quindi prevalente) della disciplina
generale in materia di scissioni “ove vengano in gioco cessioni a
banche (nonché a intermediari finanziari e a soggetti comunque inclusi
nell’ambito della vigilanza consolidata) di aziende, di rami d’azienda, di
beni e rapporti giuridici individuabili in blocco, tali effetti (e gli ulteriori
ivi contemplati) decorrono dalla pubblicità rafforzata e congiunta
dell’iscrizione nel registro delle imprese e della pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana» (decisioni ABF, Collegio
di Napoli, n. 1721 e 1722 del 28 maggio 2012), cosicché ogniqualvolta
non si sia dato corso al doppio regime di pubblicità previsto da tale
norma le domande dei ricorrenti debbono trovare accoglimento nei
confronti della società scissa.
Si precisa, infatti, che: «Dal momento che le pubblicità “congiuntive”
sono espressamente considerate nei commi terzo, quarto, quinto e
sesto (che, non a caso, impiegano il plurale “adempimenti”),non è
possibile ritenere che l’esecuzione di una sola di esse sia sufficiente a
integrare la fattispecie e a farne scaturire gli effetti. Solo con
l’esecuzione di tutti gli adempimenti richiesti si potrà infatti beneficiare
del regime di privilegio stabilito dall’art. 58 e, in particolare, della sua
sostituzione alla notificazione dell’atto o all’accettazione della cessione
da parte del debitore ceduto (Cass., 8 ottobre 2010, n. 20914)
assumendo questi adempimenti valenze che “eccedono la normale
portata della pubblicità dichiarativa” […] e rilevando anche in punto di
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legittimazione passiva al ricorso presso l’Arbitro Bancario» (decisioni
ABF, Collegio di Napoli, n. 1721 e 1722 cit.).
Ciò posto, l’orientamento in parola giunge alle seguenti conclusioni:
«Il resistente (che, in punto di fatto, continua ad appartenere insieme
al cessionario a uno stesso gruppo bancario) eccepisce l’avvenuta
iscrizione della scissione nel registro delle imprese ma nulla aggiunge
in ordine all’ulteriore adempimento pubblicitario previsto dalla legge
per la produzione degli effetti oggetto dell’eccezione [ossia, la
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana]. In
difetto di tale allegazione, l’eccezione di sua carenza di legittimazione
passiva va conseguentemente respinta» (decisioni ABF, Collegio di
Napoli, n. 1721 e 1722 del 28 maggio 2012).
Invocano l’applicabilità dell’art. 58 t.u.b. anche altre decisioni di
quest’organo (talune evocate dalle decisioni sopra citate), ma a ben
guardare tali decisioni riguardano talora vere e proprie cessioni e non
invece scissioni, sicché l’applicabilità dell’art. 58 t.u.b. non può
revocarsi in dubbio (es. decisioni ABF Collegio di Napoli n. 3057 del 5
giugno 2013 e n. 287 del 10 febbraio 2011), talaltra, invece, si limitano
a rilevare, nella fattispecie sottopostagli, il rispetto della più rigorosa
previsione in materia pubblicitaria (ossia l’intervenuta pubblicazione
anche in Gazzetta Ufficiale) prevista dall’art. 58 t.u.b. ai fini della certa
validità dell’operazione, non ponendosi affatto il problema di effettività
dell’operazione stessa, sicché un’ulteriore speculazione su tale
(comunque irrilevante) aspetto si sarebbe rivelata superflua (il
riferimento è alle decisioni ABF, Collegio di Milano n. 5009 del 2
ottobre 2013 e Collegio di Roma n. 1050 del 24 maggio 2011).
Al contrario, le più recenti decisioni di questo Arbitro sul tema
specifico oggetto della presente controversia affermano l’applicabilità
alle operazioni di scissione della sola disciplina dettata dall’art. 57
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t.u.b.
come
integrata
dalle
norme
del
Codice
Civile
e
conseguentemente l’inapplicabilità dell’art. 58 t.u.b. (decisioni ABF,
Collegio di Milano n. 5649 del 7 novembre 2013; Collegio di Napoli nn.
4901 del 27 settembre 2013, 3202 del 12 giugno 2013, 951 del 19
febbraio 2013, 4438 del 27 dicembre 2012, 4177 del 10 dicembre
2012).
Le decisioni sopra citate, peraltro, si riflettono in parimenti orientate
posizioni dottrinali. Parte della dottrina ha infatti invocato l’applicabilità
dell’art. 58 t.u.b., valorizzando l’oggetto dell’operazione che concerne
in ogni caso la cessione di un ramo di azienda ovvero la cessione in
blocco di rapporti giuridici tra banche, altra parte della dottrina ha
invece sottolineato che fusioni e scissioni trovano la loro fonte
principale di regolamentazione nella disciplina speciale contenuta
nell’art. 57 t.u.b., integrata, ove lacunosa, dal Codice civile.
Appare allora preliminarmente necessario un sia pur breve excursus
della normativa evocata e delle rationes sottese alle due distinte e
diverse discipline della scissione e della cessione dei rapporti giuridici
contenute nel Testo Unico Bancario.
L’art. 57 t.u.b., rubricato “Fusioni e scissioni” dispone che “1. La
Banca d'Italia autorizza le fusioni e le scissioni alle quali prendono
parte banche quando non contrastino con il criterio di una sana e
prudente gestione. E' fatta salva l'applicazione delle disposizioni
previste dal decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356. 2. Non si
può dare corso all'iscrizione nel registro delle imprese del progetto di
fusione o di scissione e della deliberazione assembleare che abbia
apportato modifiche al relativo progetto se non consti l'autorizzazione
di cui al comma 1. 3. Il termine previsto dall'art. 2503, primo comma,
del codice civile è ridotto a quindici giorni. 4. I privilegi e le garanzie di
qualsiasi tipo, da chiunque prestate o comunque esistenti, a favore di
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banche incorporate da altre banche, di banche partecipanti a fusioni
con costituzione di nuove banche ovvero di banche scisse conservano
la loro validità e il loro grado, senza bisogno di alcuna formalità o
annotazione, a favore, rispettivamente, della banca incorporante, della
banca risultante dalla fusione o della banca beneficiaria del
trasferimento per scissione”.
L’art. 58 t.u.b., rubricato “Cessioni di rapporti giuridici” prescrive,
invece, che “1. La Banca d'Italia emana istruzioni per la cessione a
banche di aziende, di rami d'azienda, di beni e rapporti giuridici
individuabili in blocco. Le istruzioni possono prevedere che le
operazioni di maggiore rilevanza siano sottoposte ad autorizzazione
della Banca d'Italia. 2. La banca cessionaria dà notizia dell'avvenuta
cessione
mediante
iscrizione
nel
registro
delle
imprese
e
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. La
Banca d'Italia può stabilire forme integrative di pubblicità. 3. I privilegi e
le garanzie di qualsiasi tipo, da chiunque prestati o comunque esistenti
a favore del cedente, nonché le trascrizioni nei pubblici registri degli
atti di acquisto dei beni oggetto di locazione finanziaria compresi nella
cessione conservano la loro validità e il loro grado a favore del
cessionario, senza bisogno di alcuna formalità o annotazione. Restano
altresì applicabili le discipline speciali, anche di carattere processuale,
previste per i crediti ceduti. 4. Nei confronti dei debitori ceduti gli
adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 producono gli effetti
indicati dall'art. 1264 del codice civile. 5. I creditori ceduti hanno
facoltà, entro tre mesi dagli adempimenti pubblicitari previsti dal
comma 2, di esigere dal cedente o dal cessionario l'adempimento delle
obbligazioni oggetto di cessione. Trascorso il termine di tre mesi, il
cessionario risponde in via esclusiva. 6. Coloro che sono parte dei
contratti ceduti possono recedere dal contratto entro tre mesi dagli
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adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 se sussiste una giusta
causa, salvo in questo caso la responsabilità del cedente. 7. Le
disposizioni del presente articolo si applicano anche alle cessioni in
favore dei soggetti, diversi dalle banche, inclusi nell'ambito della
vigilanza consolidata ai sensi degli articoli 65 e 109 e in favore degli
intermediari finanziari previsti dall'articolo 106”.
A fronte, dunque, di una disciplina piuttosto articolata per le cessioni
di rapporti giuridici, la disciplina delle fusioni e scissioni è invece
alquanto scarna, ma è comunque evidente che nell’una come nell’altra
ipotesi la disciplina speciale contenuta nel Testo Unico Bancario deve
essere integrata, ove lacunosa, dalla disciplina generale contenuta nel
Codice civile secondo le regole generali, come d’altra parte si evince
anche dalle norme sopra evocate che contengono puntuali (ma non
esaustivi) riferimenti alla disciplina codicistica.
Ciò premesso, la questione sottoposta a questo Collegio nasce dalla
evidente constatazione che ogni scissione (e così anche quella
parziale) implica la cessione di rapporti giuridici dalla società scissa
alla società beneficiaria, sicché l’interrogativo principale riguarda la
sussumibilità di tale sorta di “cessione” nell’ambito della disciplina della
scissione ovvero in quella, sostanzialmente diversa, della cessione ex
art. 58 t.u.b., applicabile ai sensi della citata norma alla “cessione a
banche di aziende, di rami d'azienda, di beni e rapporti giuridici
individuabili in blocco”.
Differenti sono, infatti, i presupposti per dar luogo alle due
operazioni e diverse ne sono gli effetti.
Sul fronte dei presupposti la disciplina in materia di operazioni di
scissione
impone,
innanzitutto,
la
preventiva
e
necessaria
autorizzazione della Banca d’Italia, la quale valuta ex ante che
l’operazione non contrasti con i canoni della sana e prudente gestione
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(art, 57, comma 1, t.u.b.). In mancanza di tale autorizzazione
l’operazione non può essere pubblicizzata mediante l'iscrizione nel
registro delle imprese del progetto e della deliberazione assembleare
che vi abbia eventualmente apportato modifiche (art. 57, comma 2,
t.u.b.).
Solo una volta che l’operazione di fusione o scissione sia stata
autorizzata dalla Banca d’Italia, essa può quindi essere pubblicizzata
sul registro delle imprese e può sortire gli effetti che le sono propri. Ciò
significa che tanto l’autorizzazione della Banca d’Italia quanto la
pubblicità dell’operazione sul registro delle imprese sono veri e propri
elementi costitutivi dell’operazione, essendo la produzione degli effetti
anche inter partes subordinata a tali adempimenti. La pubblicità sul
registro delle imprese è in questo caso, quindi, una vera e propria
pubblicità costitutiva.
Le operazioni di cessione di rapporti giuridici, invece, non
necessitano di una autorizzazione della Banca d'Italia (prescritta dalle
Istruzioni di Banca d’Italia per le sole cessioni di maggiore rilevanza).
È, quindi, di norma sufficiente che le banche coinvolte in detta
operazione si attengano alle istruzioni emanate dalla Banca d’Italia.
Per le modalità con le quali è strutturato il regime pubblicitario di tali
operazioni, pertanto, la banca cessionaria dà notizia della già
avvenuta cessione mediante iscrizione nel registro delle imprese e
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana (fermo
il potere della Banca d'Italia di stabilire forme integrative di pubblicità)
(art. 58, comma 2, t.u.b.).
L’operazione di cessione si perfeziona, quindi, già in un momento
precedente all’adempimento pubblicitario e produce effetto tra le parti
anche prima di tale momento. Così come per la cessione di credito
disciplinata dal Codice civile, ciò che è differito nel tempo rispetto al
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perfezionamento del contratto è esclusivamente la produzione di effetti
nei confronti dei debitori ceduti, ossia di coloro che sono terzi rispetto
al contratto.
Il quarto comma dell’art. 58 t.u.b., nell’introdurre una norma speciale
rispetto alla disciplina codicistica della cessione dei crediti (che
richiede la notifica della cessione al debitore ceduto ovvero la sua
accettazione), dispone infatti che “nei confronti dei debitori ceduti gli
adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 producono gli effetti
indicati dall'art. 1264 del codice civile”. La pubblicità quindi,
diversamente da quanto previsto in materia di fusioni e scissioni,
sostituisce quella dichiarazione di scienza, evidentemente recettizia,
prevista dall’art. 1264 c.c. e consistente nella notifica dell’avvenuta
operazione (peraltro in materia societaria l’art. 2559 cod. civ.
prescrive, ai fini dell’opponibilità della cessione ai creditori, la sola
pubblicazione dell’operazione sul registro delle imprese e non anche in
G.U.). Il legislatore ha, pertanto, in materia bancaria (e societaria)
evidentemente introdotto tale forma pubblicitaria in deroga alla
disciplina generale al fine di agevolare le società che cedono rapporti
giuridici “in blocco”, ossia numericamente consistenti, e quindi –
quantomeno potenzialmente – con un elevato numero di controparti
contrattuali.
Proprio avendo riguardo alle conseguenze che le operazioni di
scissione societaria e di cessione di rapporti giuridici implicano ed agli
effetti delle prescritte pubblicità si manifesta, poi, la più netta differenza
tra i due istituti in esame.
Infatti, nelle operazioni di cessione di rapporti giuridici, a seguito
della prescritta pubblicità, “I creditori ceduti hanno facoltà, entro tre
mesi dagli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2, di esigere
dal cedente o dal cessionario l'adempimento delle obbligazioni oggetto
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di cessione” e “trascorso il termine di tre mesi, il cessionario risponde
in via esclusiva” (art. 58, comma 5, t.u.b.); inoltre “Coloro che sono
parte dei contratti ceduti possono recedere dal contratto entro tre mesi
dagli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 se sussiste una
giusta causa, salvo in questo caso la responsabilità del cedente” (art.
58, comma 6, t.u.b.). Ciò significa che, a fronte di un sistema
pubblicitario più imponente, il cedente rimane obbligato solidalmente
con
il
cessionario
perfezionamento
per
della
il
limitato
periodo
pubblicizzazione
di
tre
mesi
dell’operazione,
dal
sicché,
trascorso tale termine, il cedente è definitivamente liberato da ogni
vincolo.
Nelle operazioni di scissione e fusione siamo invece in presenza di
un sistema di tutela dei creditori – di derivazione comunitaria – di
grado più elevato. Se, infatti, non è richiesta la pubblicità
dell’operazione in Gazzetta Ufficiale, sul fronte degli effetti che si
producono nei confronti dei creditori della società scissa l’art. 2506quater, comma 3, c.c., con una norma evidentemente di chiusura del
sistema, prevede che quest’ultima rimanga obbligata sine die in solido
con la società beneficiaria al pagamento dei debiti, seppur nei limiti del
patrimonio netto ceduto e per la sola ipotesi in cui la società
beneficiaria, previamente escussa, non abbia soddisfatto i creditori. Si
tratta, dunque, di una responsabilità solidale, limitata e sussidiaria.
La tutela assicurata ai creditori in ipotesi di scissione è, si ribadisce,
più intensa di quella garantita alla medesima categoria nell’ipotesi di
cessione di rapporti giuridici, essendo la disciplina delle scissioni in
grado di assicurare al ceto creditorio la persistenza della garanzia
patrimoniale originaria.
È allora evidente che la differenza tra le due operazioni non attiene
esclusivamente alla veste formale del negozio di disposizione, bensì
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alla sostanza del negozio stesso, ossia alle scelte imprenditoriali
dell’intermediario in relazione alle modalità di ristrutturazione della
propria azienda.
Nella scelta del contratto che gli intermediari si determinano a
stipulare, infatti, pesano certamente in maniera determinante gli effetti
che
gli
stessi
intendono
perseguire,
cosicché
gli
stessi
consapevolmente prediligono una forma contrattuale piuttosto che
l’altra a seconda degli obbiettivi perseguiti.
Alla luce di queste considerazioni l’art. 58 t.u.b., lungi dall’essere
una norma speciale come tale applicabile a tutte le operazioni che
abbiano ad oggetto la cessione tra banche di rapporti giuridici in
blocco a prescindere dalla veste formale che le parti danno
all’operazione, rappresenta piuttosto una norma di chiusura del
sistema, trovando essa applicazione in tutte le ipotesi di cessione di
aziende, di rami d'azienda, di beni e rapporti giuridici individuabili in
blocco nella misura in cui queste “cessioni” non trovino un’autonoma e
specifica disciplina ovvero ove tale disciplina si riveli lacunosa.
Appare allora evidente che l’art. 57 t.u.b. e le norme codicistiche in
materia di fusioni e scissioni disciplinano compiutamente ogni aspetto
inerente tanto la pubblicità dell’operazione quanto i suoi effetti,
cosicché non vi è spazio alcuno per l’applicabilità dell’art. 58 t.u.b.
La più rigorosa esegesi del dato normativo impone allora di
affermare che l’art. 57 t.u.b. non si limita affatto a disciplinare una
particolare veste formale dell’operazione di “cessione” di rapporti
giuridici, con la conseguenza che sarebbe poi in ogni caso applicabile
il regime pubblicitario dell’art. 58 t.u.b., bensì disciplina un’operazione
(la fusione o scissione) che ha tanto presupposti quanto (e soprattutto)
effetti diversi rispetto a quelli disciplinati dall’art. 58 t.u.b.: una previa
autorizzazione di Banca d’Italia, un regime pubblicitario meno
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complesso a fronte del quale la società scissa rimane, però, obbligata
– seppur con i limiti che si sono sopra evidenziati – nei confronti dei
creditori.
In ordine alla responsabilità dell’intermediario convenuto, non vi è
dubbio che tra le regole che disciplinano la scissione vi è – come si è
anticipato – anche quella dettata dall’art. 2506 quater , ultimo comma,
cod. civ., il quale appunto stabilisce che la società scissa rimanga
solidalmente responsabile con la società beneficiaria “dei debiti della
società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico”. Nel caso
di specie tuttavia, non è dubbio che il debito dell’intermediario sia sorto
solo al momento della estinzione anticipata dei due contratti di
finanziamento in ragione dell’avvenuto pagamento da parte del
ricorrente delle somme risultanti dai conteggi dell’intermediario
cessionario. Poiché, dunque, il debito è sorto successivamente alla
pubblicazione del progetto di scissione e poiché, inoltre, esso è sorto
per un asserito errore dell’intermediario cessionario e non invece della
banca scissa, quest’ultima non può essere chiamata a risponderne.
P.Q.M.
Il Collegio non accoglie i ricorsi.
IL PRESIDENTE
firma 1
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