Pierantonio Bolognini La saggezza della memoria motti, citazioni e frasi celebri nella storia Gardone Val Trompia 2005 Si raccolgono in questo volumetto – secondo l’ordine alfabetico – motti, citazioni, frasi celebri che hanno lasciato nella storia una traccia così profonda da rimanere vivi nella memoria delle successive generazioni, anche nella forma di espressioni proverbiali o popolari che ricorrono ancora oggi con maggiore o minore frequenza, nel linguaggio quotidiano. La piccola antologia che segue, attraverso brevi note didascaliche, colloca detti e vicende di uomini illustri nel loro tempo storico. Ma è la stessa forza evocativa di molte fra le espressioni qui richiamate e tuttora presenti nel discorso contemporaneo a far riscoprire al lettore i permanenti riflessi di una identità culturale comune, costruita nel cors dei secoli e fondata, nelle sue più lontane e salde radici, sulla grande lezione dell’antica civiltà greca e romana. Francesco Trovati ABBIAMO IL PAPA ! (Habemus papam) E’ la formula rituale della Chiesa Romana, che, con queste parole. Finito il conclave, nella persona del cardinale Primo Diacono, annuncia al popolo l’elezione del nuovo pontefice. Nel linguaggio comune sta ad indicare la risoluzione di una vicenda contrastata ACQUA ALLE CORDE ! Nel 1586 una straordinaria impresa della tecnica venne realizzata a Roma attraendo l’attenzione del mondo intero: l’innalzamento, al centro di piazza S. Pietro di un obelisco egiziano alto più di 25 metri e pesante 33 tonnellate. Più di cinquecento matematici ed ingegneri presentarono il loro progetto per l’esecuzione del lavoro ma la commissione nominata dal Papa scelse quello di Domenico Fontana. Narra la tradizione che quando sembrò che le funi dovessero cedere per lo sforzo, un operaio, nonostante la consegna del silenzio, abbia gridato la famosa frase che consentì alle funi di riacquistare la giusta tensione e di portare a termine felicemente la memorabile impresa ALFIERE, PIANTA LO STENDARDO, QUI STAREMO BENISSIMO (Signifer, statue signum, hic manebimus optime!) La frase, riferitaci da Tito Livio, è attribuita ad un centurione romano che così rissole la disputa sulla riedificazione della città dopo che Roma era stata incendiata dai Galli di Brenno (390 a.C.) ALLE BESTIE ! (Ad bestias) La frase era la formula rituale con la quale gli antichi romani condannavano i colpevoli ad essere sbranati dalle fiere del circo ALL’ESTERO COME IN PATRIA IO REGNO SOLAMENTE CON IL TERRORE CHE INCUTO ! La frase, attribuita a Napoleone, è sintomatica del pensiero del grande francese non teso alla libertà, bensì all’ordine sociale, all’autorità, al potere e alla legislazione. Nel regime napoleonico si fondevano infatti un dispotismo spietato, ma efficiente, ed il fascino personale esercitato dal condottiero sulla popolazione AMO IL TRADIMENTO MA ODIO IL TRADITORE La frase è attribuita da Plutarco a Giulio Cesare nelle sue “Vite Parallele” ANCHE LE MIE CAGNE ABBAIANO CONTRO DI ME ? E’ Adelfasio nel Poemulus di Plauto, a porsi l’angosciosa domanda che simboleggia, tuttora, il tradimento delle persone più vicine ritenute amiche e fedeli ANCHE TU BRUTO, FIGLIO MIO (Tu quoque Brute, fili mi) Furono queste, secondo antica tradizione, le ultime parole pronunciate da Cesare ormai colpito a morte dai congiurati che annoveravano tra le loro fila anche Bruto. Figlio adottivo di Cesare, Bruto Marco Giunio (85-42 a.C.) seguace dello stoicismo capeggiò con Cassio la congiura anticesariana del 44. Vinto poi a Filippi da Ottavano Antonio si uccise. Divenne nei secoli ispiratore di numerosi scrittori ( Dante, Shahespare, Alfieri ecc.) venendo in queste opere a volte disprezzato come parricida, a volte esaltato come tirannicida APRITI SESAMO ! Nelle Mille e una notte viene raccontata la storia di Ali Baba e dei suoi quaranta ladroni. Avevano il covo ed il nascondiglio dei loro tesori in una magica grotta sbarrata da un poderoso masso che si spostava solo pronunciando le magiche parole. Nei nostri tempi la frase è usata per indicare ironicamente la difficoltà di accedere a certe prestazioni o di contattare certe persone CARNEADE, CHI ERA COSTUI ? Il filosofo greco Carneade (219-129 a.C.) fu scolarca dell’Accademia di Atene di cui accentuò l’indirizzo scettico. Nel 156 si recò a Roma dove ottenne con i suoi discorsi un grande successo ricevendo grandi lodi anche da Cicerone. E’ ricordato attraverso la frase pronunciata nei Promessi Sposi da don Abbondio che durante la lettura de La dottrin di San Carlo spiegata da Vincenzo Tasca si pone l’arduo quesito. Nell’uso comune l’espressione sta ad indicare una persona ignota anche se dovrebbe invece indicare le scarse conoscenze di chi si crede dotto CICERONE De finibus vol. 2 CIO’ CHE NON FECERO I BARBARI FECERO I BARBERINI (Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini) L’espressione venne creata dal protonotario mantovano Carlo Castelli in riferimento polemico alla politica edilizia di Urbano VIII (Vincenzo Barberini) che nel quadro di un progetto di abbellimento e rinnovamento dell’aspetto esteriore di Roma fece togliere il rivestimento in bronzo delle travi del portico del pantheon, le quattro colonne e il baldacchino dell’altare di San Pietro. Il fatto provocò, ai tempi, grande costernazione dalla quale nacque il detto con riferimento ai barbari da identificarsi con i Lanzichenecchi che saccheggiarono Roma nel 1527 CROCIFIGGILO ! CROCIFIGGILO ! (Crucifige ! Crucifige !) Grido con il quale la folla incitò Ponzio Pilato, proconsole romano in Palestina e governatore della Giudea (26 -36) a condannare Gesù. Il grido è diventato simbolo dell’umana ingiustizia DATE UN OBOLO A BELISARIO ! (Date obolum Belisario !) Belisario, generale bizantino (494-565) venne nominato da Giustiniano primo generale dell’Impero. Vinse i Persiani nel 530, ma fu da essi sconfitto l’anno successivo. Richiamato a Costantinopoli, salvò la monarchia con il suo coraggio, tolse l’Africa ai Vandali, occupò la Sicilia Napoli e Roma. Richiamato a corte per la gelosia suscitata dai suoi successi, dopo altre vittorie fu implicato in una congiura e cadde definitivamente in disgrazia. Secondo la leggenda, Belisario, accecato per ordine dell’imperatore, chiedeva, alla fine della sua vita, l’elemosina nello stadio di Costantinopoli. La frase è testimonianza della mancanza di riconoscenza dei potenti e di chi gode di un immeritato successo DIO L’HA FONDATA, DIO CI PENSERA’ Nel ricordo della moglie Giustiniano ricostruì la chiesa dedicata alla Santa Sapienza ( Aghia Sophia – Santa Sofia) originariamente eretta nel 325 da Costantino e più volte distrutta. Egli volle che il monumento fosse il più bello e imponente dalla creazione del mondo. Poiché nonostante le ingenti offerte in denaro e in materiali, le spese erano spaventose, a chi gli chiedeva come sarebbe stata pagata la moltitudine di artisti ed artigiani, Giustniano rispondeva con l’affermazione sopraccitata esempio di grande fiducia nella provvidenza e nella volontà di Dio. ECCO IL SOLE DI AUSTERLITZ ! Espressione pronunciata da Napoleone Bonaparte prima dell’omonima Battaglia (2XII-1805) con la quale battè gli austro-russi nella contesa decisiva della III coalizione GODI IL GIORNO FUGGENTE (Carpe diem) Un invito a cogliere il piacere della vita così come si presenta espresso da Orazio nelle “Odi”. Quinto Orazio Flacco (65-8 a.C) fu poeta latino nativo di Venosa (PZ). Figlio di un liberto fu educato a Roma e ad Atene. Fu amico di Virgilio e di Mecenate fu il poeta dell’ aurea mediocritas stato di equilibrio fra capacità di rinuncia e piaceri immediati, colti nel quotidiano ed ispirati ad un intenso senso del presente CARTAGINE DEVE ESSERE DISTRUTTA (Cartago delenda) Marco Porcio Catone l’Uticense (95-46 a.C.), posto da Dante a custodia del Purgatorio, fu politico romano partigiano di Pompeo, suicida dopo le sconfitte di Farsalo (48 a.C.) e Tarso (46). Considerato campione delle virtù repubblicane, ai tempi della lotta tra Roma e Cartagine per l’egemonia nel Mediterraneo era a capo del partito sostenitore di uno scontro aperto. Soleva ultimare ogni suo intervento in Senato con la frase : Penso inoltre che Cartagine debba essere distrutta ( Ceterum censeo Carthaginem esse delendam) frase che divenne parola d’ordine del suo partito. Nell’uso moderno la frase, abbreviata, è divenuta ritornello per ogni ostinata e decisa presa di posizione contro qualcuno o qualcosa UN CAVALLO, IL MIO REGNO PER UN CAVALLO (A horse ! My kingdom for a horse) Invocazione pronunciata da Riccardo III dopo la battaglia perduta di Rosworth Field dove trovò la morte. Circondato e staccato dalle sue truppe, avrebbe potuto mettersi in salvo se solo avesse avuto un cavallo. Il grido d’aiuto è ricordato da Shakespeare nel dramma titolato al sovrano inglese CI RIVEDREMO A FILIPPI ! L’espressione sta ad indicare la minaccia per una futura vendetta o per una resa dei conti. Trova la sua origine nella Vita di Cesare di Plutarco in cui è raccontato un prodigio a testimonianza del dissenso degli dei circa la morte di Cesare. Secondo il racconto, a Bruto, uno dei capi della congiura accampato ad Abido, apparve uno spettro, il suo cattivo genio, che gli promise di riapparirgli a Filippi. Proprio a Filippi si scontrarono l’esercito di Bruto e quelli di Antonio ed Ottaviano e la riapparizione dello spettro, questa volta silenzioso, fece capire a Bruto d’essere destinato alla sconfitta COME VORREI CHE IL POPOLO ROMANO AVESSE UNA SOLA TESTA ! La frase fu pronunziata, secondo lo storiografo Svetonio, dall’imperatore romano Caligola (37-41). Gaio Giulio Cesare Germanico, detto Caligola per le calzature militari che portava da bambino, succedette a Tiberio. Si accordò dapprima col senato ed i pretoriani ma venne isolato dal suo assolutismo di stampo orientale. Cadde in una congiura di palazzo guidata da un pretoriano. L’espressione citata è dimostrazione “dell’amore” di Caligola per il suo popolo che avrebbe potuto essere più facilmente eliminato se lo si fosse potuto attuare in una sola volta CONTINUEREI A GIOCARE ! La risposta fu data da S. Luigi Gonzaga ad un familiare che vedendolo giocare gli chiese cosa avrebbe fatto se avesse saputo di dover morire di lì a pochi minuti CROCIFIGGILO! CROCIFIGGILO ! (Crucifige ! Crucifige!) Grido con il quale la folla incitò Ponzio Pilato, proconsole romano in Palestina e governatore della Giudea (26-36) a condannare Gesù. Il grido è divenuto simbolo della umana ingiustizia IL DADO E’ TRATTO (Alea iacta est) La frase venne pronunciata, secondo la leggenda, da Giulio Cesare nell’atto di superare il Rubicone, il fiume di Romagna che segnava il confine sacro tra Italia e Gallia Cisalpina e che nessuno poteva in armi senza divenire nemico di Roma. Cesare fallito ogni accordo con Pompeo, superò con il suo esercito il corso d’acqua nel 49 a.C. dando inizio alla guerra civile Con il riferimento al gioco dei dadi (che se lanciati non possono più essere fermati) la frase sta ad indicare che un’azione incominciata non può più essere fermata DATEMI UN PUNTO D’APPOGGIO E VI SOLLEVERO’ IL MONDO La tradizione attribuisce la frase ad Archimede matematico e fisico greco (Siracusa 287-212 a.C.) annoverato fra i più grandi matematici della storia. Fu autore anche di un trattato di meccanica contenente i principi della leva su cui basò la sua asserzione DATE UN OBOLO A BELISARIO ! (Date obolum Belisario !) Belisario, generale bizantino (494-565) venne nominato da Giustiniano primo generale dell’Impero. Vinse i Persiani nel 530, ma fu da essi sconfitto l’anno successivo. Richiamato a Costantinopoli, salvò la monarchia con il suo coraggio, tolse l’Africa ai Vandali, occupò la Sicilia Napoli e Roma. Richiamato a corte per la gelosia suscitata dai suoi successi, dopo altre vittorie fu implicato in una congiura e cadde definitivamente in disgrazia. Secondo la leggenda, Belisario, accecato per ordine dell’imperatore, chiedeva, alla fine della sua vita, l’elemosina nello stadio di Costantinopoli. La frase è testimonianza della mancanza di riconoscenza dei potenti e di chi gode di un immeritato successo DIO L’HA FONDATA, DIO CI PENSERA’ Nel ricordo della moglie Giustiniano ricostruì la chiesa dedicata alla Santa Sapienza ( Aghia Sophia – Santa Sofia) originariamente eretta nel 325 da Costantino e più volte distrutta. Egli volle che il monumento fosse il più bello e imponente dalla creazione del mondo. Poiché nonostante le ingenti offerte in denaro e in materiali, le spese erano spaventose, a chi gli chiedeva come sarebbe stata pagata la moltitudine di artisti ed artigiani, Giustniano rispondeva con l’affermazione sopraccitata esempio di grande fiducia nella provvidenza e nella volontà di Dio DOPO DI ME IL DILUVIO DIO VI PERDONI, MA IO NON POSSO La frase che viene ricordata nell “History of England under the House of Tudor” stette a simbolizzare secondo D. Hume la desicisione finale di Elisabetta I, regina d’Inghilterra nei riguardi della contessa di Nottingham (Après moi le déluge) La frase, originariamente attribuita a Luigi XV, venne forse pronunciata dalla sua favorita Madame de Pompadour ed esprime in maniera più che esatta lo spirito con cui il sovrano governò la Francia. Luigi XV (1710-74) dominato da ministri e favorite trascorse la sua vita nel chiuso ambiente della corte e nonostante il periodo di prosperità che caratterizzò durante il suo regno la Francia, fu impopolare e trascinò la nazione in guerre inconcludenti. Soppressi i parlamenti ristabilì un assolutismo ormai in contrasto con i tempi DOVE VAI, O SIGNORE ? (Quo vadis , Domine ?) Secondo la leggenda, S. Pietro stava fuggendo da Roma per non essere perseguitato, quando sulla via Appia ebbe l’apparizione di Cristo al quale stupito rivolse la famosa domanda. La risposta del Signore fu: Romam iterum crucifigi “ A Roma per essere di nuovo crocefisso” allora Pietro, comprendendo il significato delle parole del Maestro ritornò a Roma dove ( 67 ca.) subì il martirio. Lo scrittore polacco Sienkievicz ha titolato “Quo Vadis” un romanzo sulla vita dei primi cristiani ECCO IL SOLE DI AUSTERLITZ ! Espressione pronunciata da Napoleone Bonaparte prima dell’omonima Battaglia (2XII-1805) con la quale battè gli austro-russi nella contesa decisiva della III coalizione GODI IL GIORNO FUGGENTE (Carpe diem) Un invito a cogliere il piacere della vita così come si presenta espresso da Orazio nelle “Odi”. Quinto Orazio Flacco (65-8 a.C) fu poeta latino nativo di Venosa (PZ). Figlio di un liberto fu educato a Roma e ad Atene. Fu amico di Virgilio e di Mecenate fu il poeta dell’ aurea mediocritas stato di equilibrio fra capacità di rinuncia e piaceri immediati, colti nel quotidiano ed ispirati ad un intenso senso del presente CARTAGINE DEVE ESSERE DISTRUTTA (Cartago delenda) Marco Porcio Catone l’Uticense (95-46 a.C.), posto da Dante a custodia del Purgatorio, fu politico romano partigiano di Pompeo, suicida dopo le sconfitte di Farsalo (48 a.C.) e Tarso (46). Considerato campione delle virtù repubblicane, ai tempi della lotta tra Roma DOPO DI ME IL DILUVIO DIO VI PERDONI, MA IO NON POSSO La frase che viene ricordata nell “History of England under the House of Tudor” stette a simbolizzare secondo D. Hume la desicisione finale di Elisabetta I, regina d’Inghilterra nei riguardi della contessa di Nottingham (Après moi le déluge) La frase, originariamente attribuita a Luigi XV, venne forse pronunciata dalla sua favorita Madame de Pompadour ed esprime in maniera più che esatta lo spirito con cui il sovrano governò la Francia. Luigi XV (1710-74) dominato da ministri e favorite trascorse la sua vita nel chiuso ambiente della corte e nonostante il periodo di prosperità che caratterizzò durante il suo regno la Francia, fu impopolare e trascinò la nazione in guerre inconcludenti. Soppressi i parlamenti ristabilì un assolutismo ormai in contrasto con i tempi DOVE VAI, O SIGNORE ? (Quo vadis , Domine ?) Secondo la leggenda, S. Pietro stava fuggendo da Roma per non essere perseguitato, quando sulla via Appia ebbe l’apparizione di Cristo al quale stupito rivolse la famosa domanda. La risposta del Signore fu: Romam iterum crucifigi “ A Roma per essere di nuovo crocefisso” allora Pietro, comprendendo il significato delle parole del Maestro ritornò a Roma dove ( 67 ca.) subì il martirio. Lo scrittore polacco Sienkievicz ha titolato “Quo Vadis” un romanzo sulla vita dei primi cristiani E’, E’, E’ (Est, est, est) E’ nota la leggenda del vescovo tedesco Fugger ( ?) che viaggiava in Italia preceduto da un servitore incaricato di assaggiare il vino di tutte le osterie dalle quali passava segnalando poi con la parola EST (C’è) scritta sulla porta, quelle in cui l’avesse trovato di buona qualità. Giunto a Montefiascone, paese in provincia di Viterbo sito sopra il lago di Bolsena, l’assaggiatore trovò un vino tanto buono che scrisse tre volte Est. Il vescovo giunse, lesse e bevve tanto che ne morì. Venne sepolto in Montefiascone e la sua tomba, con la misteriosa iscrizione, è ancora visibile nel tempio romanico di S. Flaviano EPPUR SI MUOVE ! La frase sarebbe stata pronunciata da Galileo Galilei subito dopo l’abiura delle sue teorie scientifiche davanti al tribunale della Santa Inquisizione, (1633) in riferimento al moto della terra su se stessa e intorno al sole. Galileo, oggi considerato l’iniziatore del moderno metodo sperimentale fu infatti sostenitore del sistema eliocentrico copernicano entrando in contrasto con la chiesa che sosteneva la centralità terrestre. E’ UNA RIVOLTA ? NO SIRE E’ UNA RIVOLUZIONE (C’est une rivolte ? Non, Sire, c’est une révolution ) Lo scambio di battute è fatto risalire al dialogo fra il re di Francia Luigi XVI ed il duca di Lianncourt, alla notizia della presa della Bastiglia da parte dei cittadini rivoltosi EUREKA ! Gerone II di Siracusa pose un quesito ad Archimede su come stabilire, con certezza, in che misura la sua corona fosse d’oro. Lo scienziato, dopo una lunga meditazione, mentre si trovava in bagno risolse il problema e scoprì la legge fondamentale dell’idrostatica , che poi da lui prese il nome, secondo la quale un corpo, immerso in liquido, riceve dal basso verso l’alto una spinta, uguale in grandezza, al peso del liquido spostato. Archimede, entusiasta per la scoperta, uscì dalla vasca e si mise a girare nudo per Siracusa gridando con gioia EUREKA ! (Ho trovato!) L’esclamazione è rimasta ad indicare la gioia di una scoperta FACCIO GUERRA AI VIVI, NON AI MORTI Questa fu la risposta dell’imperatore Carlo V a quanti gli consigliavano di impiccare il cadavere di Lutero onde ottenerne vantaggi con il Papato. FINO A QUANDO CATILINA… (Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra ?) Le parole costituiscono l’incipit della prima delle orazioni Catilinarie pronunciate da Marco Tullio Cicerone nel senato romano nell’anno 63 a.C. , per denunciare Carlina accusato d’aver complottato contro Roma e aver tentato di far uccidere anche Cicerone. Nel linguaggio comune l’espressione è ripetuta per smascherare l’ipocrisia di qualcuno GODIAMOCI IL PAPATO POICHE’ DIO CE LO HA DATO Frase attribuita a Leone X al momento dell’elezione alla soglia di Pietro. Giovanni de’ Medici (Firenze, 1475-Roma, 1521) fu papa dal 1513 al 1521. Figlio di Lorenzo il Magnifico fu grande mecenate, alleato dei francesi nei primi anni del suo pontificato appoggiò l’elezione imperiale di Calo V secondandone poi la politica. Fu lo scomunicatore di Lutero GUAI AI VINTI ! (Vae victis) Secondo Tito Livio le parole sarebbero state pronunciate da Brenno, capo dei galli senoni dopo aver sconfitto l’esercito romano sul fiume Allia (390 a.C.) ed aver saccheggiato Roma. Avendo imposto ai romani un oneroso contributo e lamentandosi questi che le bilance erano alterate, Brenno gettò anche la sua spada sul contrappeso pronunciando la storica frase a significare che il diritto, senza la forza, non vale nulla GUARDA, O BARBARA TERRA, IL MIO POSTERIORE IGNUDO ! ( Aspice nudatas barbara terra nates !) Secondo antica tradizione la frase venne pronunciata da Antonio Campano, vescovo di Crotone e famoso umanista del sec. XV, quando al ritorno della dieta di Ratisbona, ancora scandalizzato dall’ignoranza quasi generale nella Germania del tempo, giunto al confine sulle Alpi, voltò le sue terga alla terra che lasciava salutandola con gesto eloquente e poco episcopale HAI VINTO O GALILEO ! (Vicisti Galilaee !) Parole pronunciate sul letto di morte da Giuliano l’Apostata. Giuliano Flavio Claudio ( 331-363) fu nominato imperatore romano nel 361. Venne chiamato l’Apostata per aver rinnegato (351) il crisitianesimo e restaurato il culto pagano, alla fine dei suoi giorni con questa affermazione espresse l’inutilità della sua azione in campo religioso HO AMATO LA GIUSTIZIA E HO ODIATO L’INGIUSTIZIA E PER QUESTO MUOIO IN ESILIO ! La frase fu pronunciata da Gregorio VII, a Salerno, nel 1805 poco prima di morire. Il pontefice infatti si trovava dal 1804 nella città campana dopo esser fuggito da Roma l’anno prima sotto l’incalzare dell’imperatore Enrico IV che gli aveva contrapposto come antipapa Guiberto, arcivescovo di Ravenna col nome di Clemente III INGRATA PATRIA, NON AVRAI LE MIE OSSA (Ingrata patria ne hossa quidam mea habes) L’esclamazione, poi riportata sulla sua pietra tombale, è attribuita a Scipione l’Africano che la pronunciò come aperta denuncia per il suo volontario esilio. E’ passata nel tempo ad indicare la reazione di un grande personaggio che dopo aver speso per la propria patria ogni energia non è ricambiato nemmeno con la gratitudine IN QUESTO SEGNO VINCERAI ( In hoc signo vinces) Alla vigilia dello scontro conclusivo per la conquista dell’impero tra Massenzio e Costantino, uno eletto imperatore a Roma e l’altro dall’esercito, a Costantino che parteggiava per i Cristiani, apparve nel cielo una croce su cui erano scritte a lettere di fuoco le parole sopraddette. Costantino ordinò che sulle insegne delle sue legioni fosse apposta una croce e nella battaglia di Ponte Milvio (312) sconfisse il nemico MENTRE A ROMA SI DISCUTE, SAGUNTO VIENE ESPUGNATA (Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur) Sagunto era la città della Spagna Terragonese al di là dell’Ebro, alleata dei Romani, (fino al 1877 Murviedro) coll’assedio della quale Annibale iniziò la seconda guerra punica. Venne espugnata dal condottiero cartaginese, dopo otto mesi di disperata resistenza, nel 219 a.C. che vi stabilì un presidio e ripresa dai Romani nel 214. La frase, che sta ad indicare l’inadeguatezza dell’inutile disquisire politico di fronte alla necessità dell’azione viene ricordata da Sallustio IL MONDO VUOLE ESSERE INGANNATO; DUNQUE INGANNIAMOLO ! (Mundus ( o Populus) vult decipi; ergo decipiatur !) La frase viene attribuita al cardinale Carlo Carafa, ma probabilmente ha origini molto più antiche. Il Carafa (Napoli, 1517- Roma, 1566) dopo l’elezione dello zio Pietro al trono pontificio (Paolo IV) venne creato cardinale. Caduto in disgrazia al nuovo papa Pio IV fu condannato a morte e giustiziato MUOIO GRAZIE ALL’AIUTO DI TROPPI MEDICI La frase venne pronunciata da Alessandro Magno re di Macedonia, quando, stremato dalla febbre, a 33 anni morì a Babilonia mentre era impegnato nel tentativo di fondere l’elemento greco e quello orientale in un impero universale. NAVIGARE E’ NECESSARIO MENTRE NON LO E’ VIVERE (Navigare nocesse est, vivere non est nocesse) Queste parole furono rivolte da Pompeo ai suoi soldati che, col mare in burrasca, esitavano ad imbarcarsi sulle navi con cui dovevano portare a Roma un carico di grano necessario alla sopravvivenza della città. La frase è ricordata da Plutarco nelle Vite parallele NEI MIEI REGNI NON TRAMONTA MAI IL SOLE La frase, attribuita a Carlo V imperatore (1519-56), in realtà forse non fu mai pronunciata, ma il sovrano avrebbe potuto affermarla senza tema di smentita dato che il suo impero si estendeva dall’Austria alla Germania, dalla Spagna all’Olanda, fino alle colonie americane. Secondo Erodoto una frase analoga avrebbe pronunciato il re persiano Serse sec. V a.C. NESSUNO E’ PROFETA IN PATRIA (Nemo propheta in patria) L’espressione vuole indicare la difficoltà delle persone ad emergere in ambienti a loro familiari. S ritiene invece che sia più facile far valere le proprie qualità e capacità in ambienti esterni e poco conosciuti. Il contesto e l’origine dell’affermazione è da far risalire ai Vangeli sinottici e alla visita di Gesù a Nazareth, sua città natale, dove partecipa alla liturgia della sinagoga ed applica a sé la profezia di Isaia riguardante il dono dello Spirito Santo NON CON L’ORO MA COL FERRO SI DIFENDE LA PATRIA Generale e uomo politico romano, (fine V secolo a.C. – 365 a.C.) censore nel 403, sei volte tribuno militare con potestà consolare, dittatore nel 396 a.C., si segnalò nella guerra contro gli Etruschi conquistando Veio e raddoppiando il domino territoriale di Roma. In seguito ad una condanna andò in esilio ad Ardea (391). Secondo una tradizione sarebbe tornato a Roma nel 390 dopo la presa di Roma da parte dei Galli interrompendo le trattative di riscatto con la famosa frase citata. NON AMAVO CESARE DI MENO, MA AMAVO ROMA DI PIU’ La storica frase pronunciata da Bruto dopo l’uccisione di Cesare e venne ripresa da Shakespeare nella sua tragedia “ Giulio Cesare” atto III scena II. Marco Giunio Bruto, figlio adottivo di Cesare, fu seguace dello stoicismo e capeggiò con Cassio la congiura anticesariana (44). Sconfitto a Filippi da Ottaviano si uccise. Esecrato come parricida, o esaltato come tirannicida divenne, nel tempo, ispiratore di numerosi scrittori NON CI SONO PIU’ PIRENEI (Il n’y a plus de Pyrénées) Il re di Francia Luigi XIV avrebbe, secondo la tradizione, pronunciato la frase in seguito all’assunzione al trono di Spagna di suo nipote duca D’Angiò che poi divenne Filippo V. Il re francese (1638-1715) detto il Re Sole succedette a soli cinque anni al padre e solo alla morte del card. Mazarino (1661) assunse le redini del potere circondandosi di ottimi collaboratori. Trasferita la corte a Versailles per meglio coordinare l’azione di governo, si accanì contro giansenisti e protestanti. Per imporre la sua egemonia, dal 1667 si impegnò in numerosi conflitti che se allargarono i confini francesi, portarono al dissesto delle finanze. NON HO TEMPO PER ESSERE STANCO ! Guglielmo I imperatore pronunciò la frase mentre si trovava colpito dalla malattia che l’avrebbe portato alla morte. Fu re di Prussia (1861-88) e imperatore di Germania (1871-1888). Poco rispettoso del regime parlamentare fu dominato dalla personalità del suo cancelliere Von Bismark NON POSSUMUS ! (Non possiamo) Questa fu la risposta che Pio IX nel 1800 diede a Napoleone III che gli chiedeva di cedere la Romane a Vittorio Emanuele. Pare però che la frase fosse affermazione consuetudinaria della Chiesa per le richieste contrarie alle sue tradizioni NON SCOMPIGLIARE I MIEI CERCHI ! (Noli turbare circolos meos) Queste le parole che Archimede, impegnato a risolvere un problema ed a tracciare i relativi segni sul terreno, rivolse ad un soldato che lo interpellava brutalmente durante il saccheggio di Siracusa perpetrato dai Romani, comandati dal console Marcello, nel 212 a C. L’esclamazione è diventata nel tempo simbolo dello scienziato che riesce a costruire attorno a sé un’isola di pace interiore anche in una situazione drammatica NON TOCCARMI ! (Noli me tangere ) Le parole, poi divenute di largo uso ad indicare una persona supponente e sussiegosa, sono rivolte da Cristo Signore alla Maddalena. Il Cristo invita perentoriamente la donna a non cercare verifiche assurde sul suo corpo e sulla sua resurrezione, non essendo ancora asceso al Padre suo celeste e non essendo, seppure risorto, ancora rivestito del proprio corpo fisico NESSUN GIORNO SENZA UNA LINEA ! (Nulla dies sine linea) La frase, riferitaci da Plinio, fu pronunciata da Apelle che per principio non lasciò passare un giorno della sua vita senza dedicarsi alla sua arte. Apelle, secondo gli antichi, fu il maggior pittore greco del suo tempo (sec. IV a. C.). Tra le sue opere, tutte perdute, oltre ai ritratti erano celebri al suo tempo l’Afrodite Anadiomene e La Calunnia NON TEMETE QUI VI E’ GLORIA PER TUTTI L’incitamento venne pronunciato dal re Vittorio Emanuele mentre infuriava la battaglia di Palestro, in risposta ad alcuni zuavi francesi che lo invitavano ad uscire dalla mischia. La battaglia, la seconda, dopo Montebello, della II Guerra d’indipendenza fu combattuta il 30/31 maggio 1858 e vide l’esercito austriaco sconfitto e costretto alla ritirata NULLA E’ CAMBIATO, SALVO IL NOME DEL RE Allorché Filippo re dei Macedoni si accingeva a marciare col suo esercito contro l’Asia, cadde assassinato. Il giovane figlio Alessandro con grande forza d’animo e carattere prese immediatamente in mano le redini del paese e con la frase sopraccitata testimoniò ai suoi sudditi che avrebbe realizzato il sogno del padre e seguito senza sbandamenti la sua politica OBBEDISCO ! Questa fu la risposta del generale Giuseppe Garibaldi inviata con dispaccio del 9 agosto 1866 al generale Lamarmora che gli ordinava di ritirarsi dal Tirolo O CESARE O NIENTE (Aut Caesar aut nihil) L’esclamazione diventò il motto di Cesare Borgia, il Valentino (1475-1507) figlio o nipote di Rodrigo, il papa Alessandro VI. Abbandonata la carriera ecclesiastica, fu nominato dal re di Francia Luigi XII duca di Valentinois ( italianizzato in Valentino). Deciso a creare un forte stato in Italia centrale occupò gran parte della Romagna, ma alla morte del padre, avversato dal nuovo pontefice, fu costretto all’esilio. Il motto che con “Caesar” ricorda la grandezza dell’antico politico romano, indicava la volontà del Valentino di essere grande anche a costo della vita O CON QUESTO O SU QUESTO (Haut hunc aut super hoc) Con questa frase e consegnando loro lo scudo, le madri spartane salutavano i figli che si avviavano alla guerra. Era un invito a comportarsi coraggiosamente ( chI fugge per prima cosa abbandona lo scudo) e ritornare vittoriosi o morti, portati dai compagni sullo scudo ODINO PURCHE’ APPROVINO ! (Oderint dum probent) Salace affermazione dell’imperatore Tiberio nei confronti degli autori degli epigrammi che venivano pubblicati contro di lui. La frase viene attribuita da Svetonio a Tiberio Caludio Nerone (42 a.C.-37 d.C.) , imperatore romano dal 14 d.C. Valente generale, ottenne vittorie sui Parti e sottomise la Pannonia. O PRENIDAMO SAN MARTINO O FARANNO FARE A NOI S. MARTINO Appena cessata la battaglia di Solforino (24 giugno 1858) momento culminante della II Guerra d’indipendenza, che se ne scatena una sul colle di San Martino. I soldati di Vittorio Emanuele tentano di occupare l’altura, ma gli austriaci oppongono una resistenza determinata. Resosi conto della situazione Vittorio Emanuele incitò le sue truppe ricordando l’antica tradizione secondo la quale l’11 novembre – San Martino - scadevano i contratti d’affitto ed avvenivano i traslochi sloggiando dalla propria casa L’ORDINE REGNA A VARSAVIA (Au moment où l’on écrivait la trnquillité regnait a Varsavie) La frase è la risposta del ministro francese ad una interpellanza dei Deputati del suo governo sui tumulti avvenuti a Varsavia e crudelmente repressi il 15 ed il 16 agosto 1831. L’espressione fu poi usata come didascalia ad una vignetta caricaturale di Grandville e Forest raffigurante un soldato russo circondato da cadaveri di polacchi OSERESTI TU UCCIDERE GAIO MARIO ? Il più grande generale romano (157-86 a.C.), prima dell’avvento di Giulio Cesare redarguì con queste parole il soldato cimbro armato di spada che il Senato romano ed i magistrati avevano inviato per sopprimerlo. La potenza della voce e dello sguardo del condottiero fermarono il sicario ed il generale venne poi esiliato O TEMPI, O COSTUMI ! ( O tempora, o mores!) La frase fu pronunciata da Marco Tullio Cicerone (106-43 a.C.) uomo politico, scrittore e filosofo romano, in una delle sue Orazioni contro Catilina. Dopo la sconfitta dei pompeiani a Farsalo si sottomise a Cesare ma alla morte di questi avversò Antonio dai cui sicari venne ucciso presso Formia. La frase viene oggi utilizzata per esprimere una certa avversione contro la modernità e lo scemare dei valori etici fondamentali PARIGI VAL BENE UNA MESSA ! (Paris vaut bien une messe) La frase è attribuita ad Enrico di Navarra (1553-1610) divenuto re di Francia col nome di Enrico IV. Capo degli ugonotti, sconfitta la lega cattolica, potè entrare a Parigi solo dopo aver pubblicamente abiurato (1594) e pare che proprio in questa occasione abbia pronunciato le parole citate. Da re riconobbe piena libertà di coscienza e di culto ai protestanti ponendo fine alle guerre di religione con l’Editto di Nantes (1598) PORTI CESARE E LA FORTUNA DI CESARE ! (Caesarem vehis Caesarisque Fortunam) La frase si riferisce ad un episodio della vita di Cesare narrato da vari autori. Mentre Cesare, durante la guerra civile, si trovava a Durazzo aspettando un convoglio che ritardava, decise di partire per Brindisi con una nave, travestito da schiavo. Quando però il pilota Amiclate, date le cattive condizioni del tempo, decise di ritornare alla riva Cesare, facendosi riconoscere, stimolò i marinai a continuare la rotta con piena fiducia dato che trasportavano Cesare e la sua “fortuna” POVERA ITALIA ! La frase entrata ormai nell’uso comune per commentare fatti e situazioni deprecabili, venne pronunciata da Vittorio Emanuele in seguito all’armistizio di Villafranca fra l’imperatore d’Austria e Napoleone III (11 luglio 1859). In base a questoaccordo ( che conclude la II Guerra d’Indipendenza) l’Austria cede la Lombardia a Napoleone ( che potrà poi cederla al Piemonte) mentre il Veneto resta all’Austria PREFERIREI ESSERE IL PRIMO FRA COSTORO CHE IL SECONDO A ROMA Affermazione pronunciata da Giulio Cesare nel transitare accanto ad un villaggio di Barbari e che viene ricordata da Plutarco nelle Vite Parallele QUALE ARTISTA CON ME MUORE ! (Qualis artifex pereo) L’espressione, divenuta stigmatizzazione della vanagloria e della sciocca lode di sé, ci è tramandata da Svetonio nella Vita di Nerone. L’imperatore la pronunciò gemendo quando, ormai vittima della rivolta ordinò di scavare una buca con le misure del suo corpo che riempita d’acqua sarebbe servita per i lavacri del suo corpo QUESTA NON HA OFFESO IL RE ! Storica affermazione che Thomas More pronunciò spingendo da parte la barba al momento di posare la testa sul ceppo del carnefice. La frase è citata e riferita da Francis Bacon nei suoi Apoftegmi. More ( 1478-1535), fu poeta, umanista, filosofo e santo. Cancelliere di Enrico XVIII fu decapitato per aver rifiutato di aderire allo scisma anglicano QUESTI SONO I MIEI GIOIELLI (Haec ornamenta mea sunt !) Così, secondo Valerio Massimo, Cornelia madre dei Gracchi, mostrando i suoi figli, rispose ad una matrona che le magnificava i suoi gioielli. Cornelia era figlia di Scipione l’Africano e madre di Tiberio Sempronio, eletto tribuno della plebe (133), ucciso da Scipione Nasica e di Gaio Sempronio pure eletto tribuno della plebe (123). Nel tentativo di riproporre la politica del fratello maggiore, durante tumulti elettorali venne ucciso dal console Opimio QUESTI SONO I NOSTRI TESORI Secondo una leggenda ricordata da S. Ambrogio, si racconta che all’intimazione del prefetto di consegnare tutti i tesori posseduti dalla chiesa cittadina, S. Lorenzo mostrò una folla di inermi, di infermi e di poveri con l’aggiunta delle sopraccitate parole QUI E’ RODI, ORA SALTA (Hic Rhodus, hic salta) La frase che si trova scritta per la prima volta in una favola di Esopo, era già ben conosciuta precedentemente. La tradizione la riferisce ad uno sbruffone che raccontava di aver compiuto in una gara a Rodi un gran salto. Giunto con la nave su cui era imbarcato nelle vicinanze di Rodi fu ironicamente così apostrofato da un marinaio Nell’uso comune la frase è citata quando ci si trova nella necessità d’affrontare importanti impegni QUI SI FA L’ITALIA O SI MUORE ! Nello scritto di Cesare Abba che racconta le avventurose vicende della spedizione dei Mille l’autore racconta che durante il combattimento di Calatafimi (15. V. 1860) Nino Bixio timoroso per la grave situazione in cui i garibaldini si erano venuti a trovare si avvicinò a Garibaldi e gli disse : Temo che da qui bisognerà ritirarsi! ricevendo come risposta dal generale Ma che dite Bixio ? Qui si fa l’Italia o si muore. L’autenticità della frase fu in seguito contestata da altri testimoni RAGGIUNGERE IL LEVANTE ATTRAVERSO IL PONENTE (Buscar el Levante por el Poniente) La frase rappresentava il chiodo fisso che ispirava ogni pensiero di Cristoforo Colombo (1451 ca – 1506) navigatore genovese. Era convinto della sfericità della terra e sostenitore delle idee dell’astronomo fiorentino Paolo Toscanelli (1397-1402). I suoi studi lo resero certo di poter raggiungere l’Oriente e quindi le Indie navigando sempre verso Occidente. Trasferitosi in Spagna, con l’aiuto della regina Isabella potè intraprendere l’agognato viaggio che lo porterà alla scoperta dell’America (1492) RICEVI LA CORONA DUCALE DEL DOGATO DI VENEZIA (Accipe coronam ducalem ducatum Venetiarum) La frase è la formula con la quale a partire dal doge Riniero Zeno (1259) il Principe nuovamente eletto riceveva dal consigliere più giovane la berretta dogale SALOMONE, TI HO SUPERATO IN GRANDEZZA ! Nel 537 Giustiniano completò la chiesa di Santa Sofia che divenne centro della vita religiosa di Costantinopoli. Tanto importante e dispendiosa fu la realizzazione che si racconta che all fine dei lavori Giustiniano abbia proclamato la frase. L’immensa cupola centrale della chiesa ha 32 metri di diametro e poggia su quattro solidi pilastri disposti in modo di farne un quadrato nel centro della costruzione. Dopo la caduta di Costantinopoli, Santa Sofia diventò una moschea ed oggi è un museo SALVE O CESARE, COLORO CHE VANNO A MORIRE TI SALUTANO (Ave Caesar, morituri te salutant) Era la formula con cui i gladiatori si rivolgevano all’imperatore prima dei combattimenti nel circo SE ANCORA DOBBIAMO VINCERE COSI’ I ROMANI, SAREMO PERDUTI (Si denuo sic vincendi sunt Romani, peribimus) Parole pronunciate da Pirro dopo la battaglia d’Ascoli. Pirro fu re dell’Epiro ( 319-372 a.C.) vinse i romani ad Eraclea nel 280 e ad Ascoli di Puglia (279). Queste vittorie costarono tante perdite al re che da esse nacque il detto “Vittoria di Pirro” ad indicare un risultato che anche se utile, ha portato più danni che vantaggi SE VERRAI, CI TROVERAI Questo messaggio fu inviato da Rolandino de’ Passeggeri a Federico Barbarossa (1123-1190) che minacciava l’attacco alla città felsinea libero comune fin dal 1114. La frase avvisava il Barbarossa che i bolognesi sarebbero stati pronti a rispondere con le loro armi alla violenza dell’invasore. La risposta divenne poi il motto ricamato sul gagliardetto donato da Bologna nel 1918 alla Brigata Bologna (39° e 40° regg. Fanteria) SE VOI SONERETE LE VOSTRE TROMBE NOI SONEREMO LE NOSTRE CAMPANE ! Pier Capponi (Firenze 1446-96), a cui viene attribuita l’orgogliosa esclamazione, fu gonfaloniere fiorentino ed esponente dell’opposizione antimedicea. Contrastò in ogni modo, in Firenze, le pretese di Carlo VIII re di Francia in risposta alle cui pretese pronunciò le celebri parole che coll’andar del tempo hanno assunto un significato di contrapposizione tra la forza delle armi ( monarchia) e la forza della solidarietà fra cittadini (repubblica) uniti ai rintocchi delle loro campane S’E’ FATTA L’ITALIA, ORA BISOGNA FARE GLI ITALIANI Massimo D’Azeglio Tapparelli (Torino 1798-1866) uomo politico, liberale moderato, presidente del Consiglio (1849-52), ritiratosi dal governo per dissapori con Cavour, esprimendo un suo schietto parere pronunciò una frase un po’ troppo dura per la suscettibilità popolare Se vogliono fare l’Italia, bisognerà che pensino prima a fare un po’ meno ignoranti gli italiani che fu resa pubblica nella forma abbreviata e meno offensiva ora nota SIANO COME SONO O NON SIANO AFFATTO ! (Sint ut sunt, aut non sint ) Così rispose nel 1773 il padre Lorenzo Ricci, ultimo generale dei Gesuiti, al papa Clemente XIV che stava decretando la soppressione della Compagnia. La congregazione di chierici regolari (Compagnia di Gesù) venne fondata nel 1534 da sant’Ignazio di Lodola per svolgere attività di apostolato nel quadro della controriforma. Oltre ai voti di castità e povertà e obbedienza i gesuiti osservavano il voto di assoluta obbedienza al papa. La Compagnia venne ricostituita nel 1814 per opera di papa Pio VII SIANO MINORI ! Parole pronunciate da Francesco d’Assisi e dalle quali venne il nome di minori ai frati dell’Ordine da lui fondato. La parole “minore” ai tempi stava ad indicare i “plebei, i proletari, i popolari” in confronto ai “maggiori”, i nobili i signori. La stessa regola di S. Francesco ricorda poi “Veramente minori perché sottoposti a tutti” SOLDATI, 40 SECOLI VI GUARDANO Esortazione pronunciata da Napoleone Bonaparte ai suoi soldati, indicando le piramidi, al momento della Battagli d’Egitto. E’ ricordata dallo stesso Napoleone nella sua opera Campagna d’Egitto e di Siria compilata nell’esilio di S. Elena IL SOLO MODO DI VINCERE UNA GUERRA E’ DI EVITARLA La famosa frase fu pronunciata da Gorge Catlett Marshall (1889-1959) capo di SM dell’esercito statunitense, segretario di stato, elaboratore del programma di aiuti USA per la ricostruzione europea dopo la seconda guerra mondiale, Premio Nobel per la pace nel 1953. La frase sintetizza le finalità dell’opera diplomatica del politico americano GLI SPARTANI NON USANO CHIEDERE QUANTI SONO I NEMICI, MA DOVE SONO La frase attribuita da Plutarco ad Agide negli Apoftegmi è un’ulteriore testimonianza del valore dei guerrieri della città di Sparta che trova espressione in numerose testimonianze citate anche in questo testo LO SPETTACOLO E’ FINITO ! (Acta est fabula) Fu questa l’ultima frase pronunciata dall’imperatore Augusto sul letto di morte. Normalmente erano però queste le parole conclusive delle rappresentazioni teatrali messe in scena a Roma TEMO I DANAI ANCHE QUANDO RECANO DONI Come Danai, discendenti da Danao, re d’Argo erano considerati tutti i Greci. Danao, figlio di Belo e figura mitologica, secondo la leggenda ebbe cinquanta figlie, le Danaidi, cui ingiunse di uccidere i rispettivi mariti, figli di suo fratello Egizio. Solo una, Ipermetra, non obbedì; le altre vennero condannate nell’Ade a riempire una botte senza fondo. Da qui le parole fatte pronunciare da Virgilio a Lacoonte nell’ Eneide quando tenta di convincere i troiani a non accogliere nelle mura il fatale cavallo. La frase testimonierà poi una certa sfiducia che perdurò fino a tempi non lontani nei confronti degli astutissimi mercanti greci TIREMM INNANZ ! La frase venne pronunciata dal patriota Amatore Sciesa (1814-1851) che condannato alla forca, mentre veniva condotto al patibolo, fu fatto transitare sotto casa colla speranza di indurlo col pensiero della famiglia, a denunciare i complici in cambio della vita. La risposta, testimonianza di rude e grande dignità segnò la sua fine TRIESTE HA BISOGNO DI UN MARTIRE ! Questo quanto sosteneva Guglielmo Oberdan (1858-1882), giovane triestino fuggito a Roma per non servire nelle file dell’esercito austriaco. Saputo che l’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe doveva recarsi a Trieste, Oberdan parte da Roma armato di due bombe. Tradito, viene catturato ed accusato di voler uccidere l’imperatore. Processato, condannato a morte è giustiziato nonostante numerose richieste di clemenza TU, O CESARE, NON HAI AUTORITA’ SOPRA I GRAMMATICI (Caesar non supra grammaticos) La frase, attribuita a Marco Pompeo Marcello che quasi con queste parole rispose all’imperatore Tiberio che voleva legittimizzare nel “vocabolario” latino una parola non latina TUTTE LE MIE SOSTANZE LE PORTO CON ME ! (Omnia mea mecum porto) Fu questa la risposta data dal filosofo Stilpone a Demetrio Poliorcete quando questi conquistò e saccheggiò Megara. L’espressione è divenuta famosa ed usata ad indicare l’orgoglioso comportamento del saggio che è riuscito a liberarsi da ogni legame con i beni esterni e dalle cose terrene TUTTO E’ PERDUTO FUORCHE’ L’ONORE ( Tout est perdu hors l’honneur ) La frase fu scritta, secondo tradizione, da Francesco I di Valois, re di Francia (14941547) alla madre Luisa di Savoia, dopo la battaglia di Pavia (1525) che gli costò la sconfitta e la prigione. La contesa ebbe inizio come reazione francese all’elezione imperiale di Carlo V e scatenò un lungo conflitto con gli Asburgo che si protrasse fino al 1547 e si concluse con la pace di Crepy. In realtà lo scritto del monarca francese è leggermente diverso : De toutes choses ne m’est demeuré que l’honneur et la vie qui est sauve – Di tutto non mi è rimasto che l’onore e la vita che è salva VARO, RENDIMI LE MIE LEGIONI (Vare, legiones redde ) Lo storico Gaio Tranquillo Svetonio (70-140) attribuisce ad Ottaviano Augusto (Roma 63 a.C. – 14 d.C.) primo imperatore romano, la frase che egli avrebbe urlato alla notizia della sconfitta del generale Publio Quintilio Varo e del completo annientamento di tre legioni romane da parte dei germani di Arminio nella selva di Teutoburgo VENNI, VIDI, VINSI (Veni, vidi, vici) Con queste stringatissime parole, Giulio Cesare annunciò al senato romano la sua fulminea vittoria su Farnace II, re del Bosforo (97– 47 a.C.), figlio di Mitridate VI re del Ponto, che avendo tentato di riconquistare il regno paterno, ormai ridotto a provincia romana, fu rapidamente sconfitto da Cesare a Zela (47 a.C.) La frase è ancora in uso ad indicare una rapida e fortunata azione VILE, TU UCCIDI UN UOMO MORTO Francesco Ferrucci, condottiero fiorentino (1489-1530) fu celebre per la sua eroica difesa della Repubblica Fiorentina contro le armate imperiali. Partito da Pisa per rompere l’assedio a Firenze, a Gavinana fu sopraffatto dagli imperiali e catturato da Fabrizio Marmaldo che, dopo aver combattuto con i fiorentini, era passato dalla parte francese. Fattolo condurre davanti a sé, ormai gravemente ferito, il Marmaldo finì il Ferrucci con la sua spada dopo che questi aveva pronunciato la storica frase. VOLERE E’ POTERE L’affermazione attribuita a numerosi personaggi dell’antichità classica per indicare sostanzialmente che quanti perseguono fortemente una cosa o un fine diminuiscono le difficoltà di raggiungerla e in molti casi garantiscono la riuscita VOLLI, SEMPRE VOLLI, FORTISSIMAMENTE VOLLI Dopo il successo di Cleopatra , prima tragedia composta da Vittorio Alfieri (17491813) il letterato decise di meritare quel successo e si diede a studiare con la foga e l’accanimento che resero proverbiale la sua forza di volontà di cui la frase è testimonianza. Tanto era il suo desiderio smodato di acquisire una cultura eccezionale che la leggenda racconta che si facesse legare dal suo servitore alla sedia della scrivania con l’ordine di slegarlo solo a determinate ore