L’energia in laboratorio: alcune esperienze sulle trasformazioni energetiche Vengono presentate le relazioni di alcune esperienze di laboratorio svolte dall’alunno Luciano Pellegrino nella classe IV A dello Scientifico Tecnologico dell’IISS “E. Medi” di Galatone nel corso dell’anno scolastico 2012/2013. Gli esperimenti riguardano alcuni tipi di trasformazioni energetiche e, nell’ambito dello studio dell’energia luminosa, sono state inoltre riportate delle esperienze sulla natura ondulatoria della luce. Alunno: Luciano Pellegrino Insegnanti: Prof.ssa Maria Teresa Martina Prof. Luigi Schirosi Gli esperimenti: 1) Il Principio di conservazione dell’energia meccanica: trasformazione dell’energia potenziale in energia cinetica 2) L’energia meccanica su rotaia a cuscino d’aria 3a) La natura ondulatoria della luce: misura dell’indice di rifrazione di un mezzo 3b) La natura corpuscolare della luce: osservare la trasformazione dell’energia luminosa in energia cinetica rotazionale Cenni teorici sull’energia meccanica L’energia si presenta sotto diverse forme, che sono trasformabili l’una nell’altra (energia meccanica, energia elettrica, energia termica...). Nel S.I., l’unità di misura dell’energia è il joule (J). Un joule è il prodotto fra l’unità di forza (N) e l’unità di lunghezza (m). L’energia viene definita a partire dal concetto di lavoro. Energia cinetica Un corpo di massa m, che ha una velocità v non nulla in un dato sistema di riferimento, possiede una certa energia, chiamata energia cinetica, pari al lavoro che le forze applicate al corpo hanno compiuto per portarlo, da fermo, a quella velocità. L’energia cinetica K di un corpo dipende sia dalla massa del corpo in movimento, sia dal quadrato della sua velocità: Energia potenziale Anche un corpo fermo, con velocità nulla in un dato sistema di riferimento, può possedere energia: l’energia potenziale U. L’energia potenziale può essere calcolata a meno di una costante additiva: bisogna cioè fissare un livello di riferimento, il livello zero, rispetto al quale viene misurata. Vi sono diversi tipi di energia potenziale: l’energia potenziale che dipende dalla posizione di un corpo in un campo gravitazionale, l’energia potenziale che dipende dalla posizione di una carica elettrica in un campo elettrostatico e l’energia potenziale legata ad una forza elastica. Energia potenziale gravitazionale Un corpo si trova ad una certa altezza dal suolo: l’energia potenziale gravitazionale corrisponde al lavoro che la forza peso compie quando il corpo si sposta dall’altezza alla quale si trova fino al livello zero stabilito. In prossimità, ad esempio, della superficie terrestre, questo tipo di energia potenziale dipende dalla massa del corpo, dall’altezza alla quale il corpo si trova e dall’accelerazione di gravità g. Energia potenziale elastica L’energia potenziale elastica di un sistema massa-molla deformata è il lavoro che la forza elastica della molla compie quando il sistema ritorna alla sua posizione di equilibrio. L’energia potenziale elastica dipende dalla costante elastica k della molla e dal quadrato dell’allungamento s (o della contrazione) che la molla subisce. Principio di conservazione dell’energia meccanica Per il teorema dell’energia cinetica, il lavoro compiuto dalle forze applicate ad un corpo è uguale alla variazione dell’energia cinetica del corpo sul quale le forze agiscono: L’energia potenziale, però, può essere definita solo per alcuni tipi di forze, dette conservative. Il lavoro compiuto dalle forze conservative non dipende dal percorso seguito dal corpo e può essere espresso come la differenza tra l'energia potenziale nella posizione iniziale e l’energia potenziale nella posizione finale del corpo: Uguagliando i secondi membri otteniamo: Si può notare come la somma dell’energia cinetica e dell’energia potenziale sia costante. La somma dell’energia cinetica e dell’energia potenziale è chiamata in genere energia meccanica. Quindi, il principio di conservazione dell’energia meccanica afferma che, se su un sistema agiscono solo forze conservative, l’energia meccanica rimane costante. Matematicamente, questo principio si può esprimere con la relazione precedentemente trovata: ESPERIMENTO 1 Principio di conservazione dell’energia meccanica: trasformazione dell’energia potenziale gravitazionale in energia cinetica Alunno: Luciano Pellegrino Esperienza svolta nella classe IVA Scientifico Tecnologico dell’anno 2012/2013 Obiettivo: Verificare il principio di conservazione dell’energia meccanica Materiale utilizzato: Treppiedi con asta munita di due staffe, sferetta di acciaio Alimentatore a bassa tensione Cronometro digitale sensibile al millesimo di secondo Cavetti elettrici Interruttore Apparato sperimentale Procedimento operativo: L’apparato sperimentale è formato da un’asta verticale su cui sono montate due staffe. La staffa in alto è un’elettrocalamita, che costituisce un dispositivo di sgancio. Quando il dispositivo è alimentato, l’elettrocalamita funziona, perciò la sferetta di acciaio rimane attaccata. Una volta interrotto il passaggio di corrente elettrica, l’elettrocalamita smette di funzionare e la sferetta è libera di cadere. Contemporaneamente, il cronometro digitale, collegato al dispositivo di sgancio, si avvia. La seconda staffa comprende un piattello, che funge da interruttore: quando la sferetta arriva sul piattello, questo si apre e viene inviato un segnale elettrico al cronometro a cui è collegato, che si arresta. Questo processo ci permette di misurare gli intervalli di tempo t di caduta della sferetta. Il tutto grazie a collegamenti elettrici ad un alimentatore a bassa tensione. Fissiamo il livello di riferimento (rispetto al quale misurare le altezze durante la caduta) in corrispondenza della posizione più in basso del piattello. Per studiare la caduta della sferetta e misurare l'energia alle diverse altezze h, spostiamo il piattello lungo l’asta, dall’alto verso il basso. Il livello 0 rimane fisso, anche se il piattello viene spostato. Le misure avvengono ogni 10 cm. Il moto compiuto dalla sferetta è uniformemente accelerato, quindi la velocità si calcola, trascurando l'effetto dell'attrito dell'aria: La sferetta parte da ferma, quindi v0 = 0 e la velocità istantanea è: con g = 9,81 m/s2 Tabella: m (kg) 0,014 Δm (kg) 0,001 Δh (m) 0,002 Con il simbolo Δ sono state indicate le incertezze massime. m: massa della sferetta U: energia potenziale Ec: energia cinetica ETOT: energia meccanica, somma di energia cinetica ed energia potenziale EOT Δt (s) 0,001 h (m) t (s) v (m/s) 0,870 0,770 0,670 0,570 0,470 0,370 0,270 0,170 0,070 0,000 / 0,137 0,205 0,252 0,288 0,321 0,353 0,383 0,407 0,426 0,00 1,34 2,01 2,47 2,82 3,14 3,46 3,75 3,99 4,17 Δv (m/s) 0 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 U (J) ΔU (J) Ec (J) ΔEc (J) ETOT (J) 0,11 0,10 0,09 0,07 0,06 0,05 0,03 0,02 0,01 0,00 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,00 0,00 0,01 0,02 0,04 0,05 0,06 0,08 0,09 0,11 0,12 0,00 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,11 0,11 0,11 0,11 0,11 0,11 0,11 0,11 0,12 0,12 Δ ETOT (J) 0,01 0,02 0,02 0,02 0,02 0,02 0,02 0,02 0,02 0,01 Nella tabella, tutte le incertezze di misura calcolate nelle misure indirette sono state approssimate per eccesso. Formule e calcoli Sono riportate le formule ed alcune sostituzioni numeriche: v1 = 0 …… EC1 = 0 …… …… Δv = (Δg/g + Δt/t) v ΔU = (Δm/m + Δg/g + Δh/h) U ΔEC = (Δm/m + 2Δv/v) EC ΔETOT = ΔU + ΔEC Conclusioni: Osservando la tabella, notiamo che durante la caduta l’energia potenziale diminuisce e l’energia cinetica aumenta: diciamo che l’energia potenziale si è “trasformata” in energia cinetica. Analizzando i dati ottenuti, possiamo notare anche che, nonostante la presenza di una forza non conservativa come l’attrito viscoso sulla sferetta in caduta nell’aria, l’energia meccanica totale si mantiene costante (entro gli errori di misura) in tutte le misurazioni. Possiamo quindi concludere che il principio di conservazione dell’energia meccanica è stato verificato, perché l’azione dell’attrito dell’aria è risultata trascurabile. Cenni teorici sugli effetti delle forze dissipative Il principio di conservazione dell’energia meccanica vale solo nel caso di forze conservative: in laboratorio le forze non conservative, come l’attrito, possono essere ridotte ma è impossibile eliminarle del tutto. Le forze non conservative sono sempre in azione. Tuttavia il teorema dell’energia cinetica continua a valere: la somma del lavoro compiuto da forze conservative e del lavoro compiuto da forze non conservative è uguale alla variazione dell’energia cinetica: Come detto prima, il lavoro di forze conservative è espresso anche come la variazione di energia potenziale cambiata di segno: Quindi: Perciò, il lavoro compiuto su un sistema da forze non conservative è uguale alla somma delle variazioni di energia cinetica ed energia potenziale, quindi alla variazione dell’energia meccanica. Questo enunciato è conosciuto come teorema lavoro-energia. Le forze non conservative vengono dette dissipative. L’attrito è un forza dissipativa che trasforma parte dell’energia meccanica in energia termica o calore che provoca il riscaldamento dei corpi. In presenta di forze dissipative, in cui non si conserva l’energia meccanica, vale il principio di conservazione dell’energia complessiva: l’energia non aumenta, né diminuisce, ma passa da una forma ad un’altra e la sua quantità rimane costante. ESPERIMENTO 2 L’energia meccanica su rotaia a cuscino d’aria Alunno: Luciano Pellegrino Esperienza svolta nella classe IV A Scientifico tecnologico dell’anno scolastico 2012/2013 Obiettivo: Verificare il principio di conservazione dell’energia meccanica su rotaia a cuscino d'aria Materiale utilizzato: Rotaia a cuscino d’aria ed accessori (carrello con asta, pesetti, filo inestensibile, fotocellula, cavetti elettrici, alimentatore, cronometro digitale sensibile al millesimo di secondo, compressore) Asta metrica millimetrata Bilancia con sensibilità pari ad un milligrammo Apparato sperimentale Massa trainante e carrello con astina e fotocellula ( in un momento del moto) Procedimento operativo Il principio di conservazione dell’energia meccanica afferma che la somma dell’energia potenziale e dell’energia cinetica rimane costante solo se le forze non conservative sono nulle. Per verificare sperimentalmente questo principio, ci siamo serviti della rotaia a cuscino d’aria con l’obiettivo di ridurre l’attrito. Dopo aver fissato un punto di partenza per il carrello, abbiamo legato a questo un filo e l'abbiamo fatto passare nella gola di una carrucola posta in fondo alla rotaia. All'altro estremo del filo è legato un pesetto che, spostandosi verticalmente verso il basso, trascina il carrello verso sinistra lungo la rotaia. Un’astina è fissata verticalmente al carrello per poter misurare i tempi di oscuramento e calcolare la velocità del carrello durante il moto: ogni valore della velocità ottenuto è in corrispondenza di una certa altezza da terra della massa del pesetto trainante a cui viene fatta corrispondere una certa posizione della fotocellula, che viene di volta in volta spostata in avanti verso sinistra. Quando la bandierina passa davanti alla fotocellula oscurandola, il cronometro digitale collegato misura l'intervallo di tempo di oscuramento. Ogni volta il carrello viene portato nella stessa posizione iniziale e poi lasciato nuovamente libero di essere trascinato. Con i dati ottenuti possiamo calcolare l'energia cinetica Ec del sistema e l’energia potenziale gravitazionale U del pesetto in diverse posizioni. In realtà, la velocità calcolata non è istantanea, ma media in un intervallo di tempo molto piccolo. Abbiamo eseguito più prove, ad altezze diverse. All’altezza massima, l’energia potenziale è massima, e corrisponde all’energia meccanica totale. L’energia cinetica è nulla. Quando inizia a muoversi, il sistema carrello-massa trainante acquista velocità col trascorrere del tempo. Nell’istante in cui l’altezza della massa trainante diventa pari a 0 rispetto ad un livello di riferimento e prima dell’impatto con il pavimento, l’energia cinetica è massima. La prima misura è stata eseguita misurando l’altezza della massa trainante da terra quando il carrello sulla rotaia è in quiete. Da notare che la somma delle forze agenti sul sistema, nell’ipotesi di attrito trascurabile, è la forza peso della massa trainante (il peso del carrello e la reazione vincolare della rotaia orizzontale hanno somma nulla). Se l’attrito non risulterà trascurabile una parte dell’energia meccanica sarà invece dissipata. Tabella s (m) Δs (m) Δh (m) mTOT (kg) -3 0,010 0,001 2 · 10 97,210 · 10-3 Con il simbolo Δ sono state indicate le incertezze massime. s: larghezza dell’asta di oscuramento h: altezza rispetto al pavimento del pesetto trainante t: intervallo di tempo di oscuramento della fotocellula U = energia potenziale della massa trainante Ec = energia cinetica del sistema mP (kg) 8,824 · 10-3 Δm (kg) 0,001 10-3 Δt (s) 0,001 h (m) t (s) 1,040 0,840 0,620 0,390 0,000 / 0,026 0,019 0,015 0,012 v (m/s) 0,000 0,385 0,526 0,667 0,833 Δv (m/s) / 0,053 0,080 0,111 0,152 U (J) ΔU (J) Ec (J) ΔEc (J) 0,090 0,073 0,054 0,034 0,000 0,001 0,001 0,001 0,001 0,000 0,000 0,007 0,013 0,022 0,034 0,000 0,001 0,002 0,002 0,002 U + Ec (J) 0,090 0,080 0,067 0,056 0,034 ΔETOT (J) 0,001 0,002 0,002 0,002 0,001 L’energia meccanica totale ETOT del sistema, rispetto al livello di riferimento scelto, si ottiene aggiungendo ad U + Ec l’energia potenziale Ucarrello = mc g h = 0, 902 J del solo carrello di massa mc , rimasta costante in tutte le misure, poiché l’altezza dal pavimento del carrello non è variata. Nella tabella, tutte le incertezze di misura calcolate nelle misure indirette sono state approssimate per eccesso. Per il calcolo della velocità, abbiamo diviso la larghezza s della bandierina per il tempo durante il quale ha oscurato la fotocellula. Formule e calcoli Sono riportate le formule ed alcune sostituzioni numeriche: L’energia meccanica totale iniziale è ETOT = mTOT g h = (0,992 ± 0,001) J V1 = 0 …… U1 = mp g h1 = 8,824 10-3 kg 9,81 m/s2 1.04 m = 0,090 J …… = 0,007 J U1 + Ec1 = (0,090 + 0,007) J ….. Δv = (Δs/s+ Δt/t) v Δ(U + Ec) = ΔU + ΔEc Per il calcolo delle altre incertezze nelle misure indirette sono state usate le stesse formule dell’esperienza precedente. Il lavoro compiuto dalle forze non conservative sul sistema è risultato pari alla variazione dell’energia meccanica: Lnc = (0,056 ± 0,002) J = (5,6 ± 0,2) 10 -2 J Conclusioni Confrontando i valori ottenuti, possiamo notare una sistematica diminuzione dell’energia meccanica totale: in questo caso non si è verificata la conservazione dell’energia meccanica. Questo si può giustificare ipotizzando che, nonostante l'esperienza sia stata eseguita su una rotaia a cuscino d'aria e contro l’ipotesi di attrito trascurabile, abbiano agito forze dissipative e una parte dell’energia meccanica si sia trasformata in energia termica. Il calore è stato poi assorbito dalla rotaia, dal carrello, dalla carrucola con cui era a contatto il filo e dall’aria che hanno subito un aumento di temperatura. L’ipotesi che a compiere lavoro sia stata solo la forza peso della massa trainante non è risultata corretta perché, nelle nostre condizioni sperimentali, gli effetti della forza d’attrito sono stati trascurabili. Se l’esperienza fosse stata eseguita in un sistema isolato e avessimo potuto misurare l’energia termica prodotta per attrito, avremmo potuto verificare che l’energia complessiva, meccanica e termica, è rimasta costante. Per approfondire Esistono strumenti, come il calorimetro di Callender, che permettono di misurare la quantità di calore prodotta a causa dell’attrito. In laboratorio abbiamo eseguito misure della quantità di calore grazie ai calorimetri delle mescolanze; dalla misura della massa di un corpo e della variazione di temperatura quando assorbe o cede calore, nota la natura del corpo e cioè il suo calore specifico cs, segue che: Q = m cs Δt L’energia termica, o calore, transita tra due corpi a differente temperatura (spontaneamente da quello a temperatura maggiore a quello a temperatura minore), grandezza che è associata al moto disordinato delle molecole che costituiscono i corpi. Cenni teorici sull’energia luminosa L’energia luminosa è una particolare forma di energia trasportata dalla radiazione luminosa. La radiazione luminosa è onda elettromagnetica di frequenza compresa tra 4 · 1014 Hz e 8 · 1014 Hz e lunghezza d’onda compresa tra 8 · 10-7 m a 4 · 10-7 m. Le onde elettromagnetiche appartenenti a questo intervallo costituiscono lo spettro della luce visibile. La luce, come tutte le onde elettromagnetiche, non ha bisogno di un mezzo per propagarsi. Nel vuoto, la luce viaggia a una velocità di circa 3,0 · 108 m/s; nell’aria, la velocità della luce ha un valore prossimo a quello della velocità nel vuoto. Essendo un’onda, la luce possiede una certa intensità: in generale, l’intensità di un’onda è la potenza dell’onda che incide perpendicolarmente su una superficie A diviso l’area della superficie stessa. La formula dell’intensità è: e la sua unità di misura: Per la luce vengono usate grandezze diverse, chiamate grandezze fotometriche, che definiscono l’effetto della luce sulle sensazioni umane. Fra queste vi è l’intensità luminosa IL, che misura quanto una sorgente appaia luminosa all’occhio umano. L’intensità luminosa nel S.I. ha come unità di misura la candela (cd). Una candela è l’intensità luminosa di una sorgente che emetta una radiazione di frequenza uguale a 5,40 · 10 14 Hz e la cui intensità di radiazione sia pari a 1/683 W/sr. In funzione dell’intensità luminosa vengono definite altre grandezze: il flusso luminoso e l’intensità di illuminazione o illuminamento. Il flusso luminoso φL misura la quantità totale di luce emessa ogni secondo dalla sorgente: Dove Ω indica l’angolo solido. Nel S.I. l’unità di misura del flusso luminoso è il lumen (lm): L’intensità di illuminazione o illuminamento esprime il rapporto tra la quantità di luce incidente ogni secondo su un’area perpendicolare ai raggi luminosi e l’area stessa: Nel S.I. l’unità di misura dell’illuminamento è il lux (lx): Per misurare l’illuminamento, abbiamo utilizzato un sensore di luce connesso al computer tramite un modulo USB: Esponendo alla luce o coprendo il sensore, il software di elaborazione dei dati registra le variazioni dell’illuminamento e crea un grafico con i valori dell’illuminamento sull’asse delle ordinate e il tempo sull’asse delle ascisse. Di seguito, un esempio di il grafico creato dal programma passando la mano sul sensore, in un tempo di 10 s: Cenni teorici sulla natura duale della luce La luce è soggetta a tutte le modalità tipiche della propagazione delle onde, come la riflessione e la rifrazione: La riflessione e la rifrazione sono regolate da alcune leggi: raggio incidente, raggio riflesso e retta normale giacciono tutti sullo stesso piano. Per quanto riguarda la riflessione, l’angolo di incidenza i è uguale all’angolo di riflessione r: i=r Per la rifrazione, l’angolo di incidenza i e l’angolo di rifrazione r sono diversi, mentre il rapporto fra i seni dei due angoli è costante: In particolare, la costante è uguale al rapporto fra le lunghezze d’onda nei due mezzi ed al rapporto tra le velocità di propagazione nei due mezzi: Inoltre, il rapporto fra il seno dell’angolo di incidenza i e il seno l’angolo di riflessione r è uguale al rapporto tra i due indici di rifrazione assoluti dei due mezzi, ossia è uguale all’indice di rifrazione relativo (del secondo mezzo rispetto al primo): L’indice di rifrazione assoluto è il rapporto tra la velocità della luce nel vuoto e la velocità della luce nel mezzo: La velocità di propagazione della luce nell’aria è quasi uguale alla velocità della luce nel vuoto, perciò l’indice di rifrazione della luce nell’aria è circa pari a 1. Tuttavia la luce possiede una natura duale, cioè si comporta come onda in alcuni esperimenti mentre, in altri esperimenti, il suo comportamento si spiega solo se la si descrive come costituita da corpuscoli chiamati fotoni. Se quando viaggia assume le proprietà caratteristiche delle onde, quando invece viene generata o assorbita dalla materia la luce manifesta una natura corpuscolare. I corpuscoli costituenti la luce sono i cosiddetti fotoni, particelle di “pura energia”. La natura corpuscolare della luce è confermata dall’effetto fotoelettrico: l’energia della radiazione luminosa non è distribuita in modo uniforme sull’intero fronte dell’onda ma concentrata in singoli quanti (dei “pacchetti” di energia), ossia i fotoni. Se una superficie (generalmente metallica) viene colpita da un fascio di luce, ogni fotone interagisce singolarmente con un elettrone, al quale cede la sua energia, e l’elettrone viene emesso dalla superficie. Ma l’emissione dell’elettrone non si verifica sempre: perché si verifichi è necessario che il fotone abbia l’energia sufficiente per compiere lavoro “contro” le forze elettriche che tengono “legato” l’elettrone nel reticolo cristallino. L’energia che il fotone possiede è regolata dalla relazione di Einstein: E = h·f dove E sta per energia, h è la costante di Planck e f è la frequenza dell’onda luminosa. Esperimento 3a La natura ondulatoria della luce: misura dell’indice di rifrazione di un mezzo Obiettivi Osservare i fenomeni tipici della propagazione delle onde: la riflessione, la rifrazione e la riflessione totale. Misurare l’indice di rifrazione di un corpo ottico a sezione semicircolare e la velocità di propagazione della luce rossa nel mezzo trasparente. Osservare l’interferenza e misurare la lunghezza d’onda della luce Materiale occorrente Disco di Hartl (o disco ottico) Laser He-Ne Specchi e corpi trasparenti di varie forme geometriche, tra cui un corpo ottico di sezione semicircolare Apparato sperimentale Disco di Hartl, laser He-Ne e corpo ottico a sezione semicircolare (misura dell’indice di rifrazione) Procedimento operativo Le esperienze vengono condotte utilizzando un disco di Hartl, o disco ottico. Questo strumento è un semplice goniometro a base metallica, montato su un supporto rotante, al centro del quale si possono fissare dei corpi ottici. La scala del goniometro individua archi di dieci gradi, il limite di sensibilità è di un grado. La luce è stata fornita da un laser (acronimo in inglese che significa luce amplificata per stimolata emissione di radiazione) monocromatico rosso. Ciò significa che la luce prodotta dal laser He-Ne può avere una sola frequenza (quella, appunto, della luce rossa). I corpi ottici usati, tranne per quanto riguarda gli specchi, sono tutti di plexiglas e hanno lati con proprietà rifrangenti. Per osservare il fenomeno della riflessione si fissano al centro del disco di Hartl prima uno specchio piano, poi uno concavo ed uno convesso: in ogni caso abbiamo osservato che l’angolo che il raggio incidente forma con la normale allo specchio nel punto di incidenza è uguale all’angolo che il raggio riflesso forma con la normale stessa. Misura dell’indice di rifrazione e della velocità della luce nel mezzo trasparente La prova seguente è stata eseguita con un corpo trasparente a sezione semicircolare (foto in alto). Si dispone il laser affinché il raggio possa colpire il punto medio del diametro: si osserva sia un debole raggio riflesso che il raggio rifratto nel corpo ottico. Quando il raggio passa dall’aria al mezzo si può osservare la deviazione; al contrario, quando il raggio ritorna dal mezzo nell’aria non viene deviato, ma continua dritto, poiché incide perpendicolarmente alla retta tangente passante per quel punto. Avviene comunque una variazione del modulo della velocità. Modificando l’angolo di incidenza rispetto alla normale, si modifica l’angolo di rifrazione. I dati raccolti sono riportati nella tabella. Tabella: 1 2 3 i (°) 15,0 30,0 45,0 r (°) 9,0 18,0 27,0 n 1,65 1,61 1,55 v (m/s) 1,80 * 108 1,83 * 108 1,92 * 108 v è la velocità della luce nel secondo mezzo. La velocità di propagazione della luce nell’aria è all’incirca uguale alla velocità nel vuoto, quindi nei calcoli assumiamo sia c. n 1,60 Δn 0,05 v (m/s) 1,85 * 108 Δv (m/s) 0,06 * 108 Calcoli: Inoltre, il corpo ottico di sezione semicircolare è stato usato per osservare il fenomeno della riflessione totale che accade quando il raggio luminoso incide sulla superficie di separazione mezzo-aria dall’interno del mezzo trasparente: quando l’angolo di incidenza supera un certo angolo limite, il raggio non emerge nell’aria ma viene riflesso all’interno del mezzo stesso. Diffrazione ed interferenza Con il laser abbiamo condotto altre esperienze. Quando la luce incontra una fenditura con dimensioni dello stesso ordine di grandezza della sua lunghezza d’onda, accade il fenomeno della diffrazione: i punti della fenditura si comportano come sorgenti secondarie di onde cilindriche e, su uno schermo posto lontano per raccogliere la luce, si osserva non una singola striscia luminosa ma una serie di frange luminose alternate a zone scure. Quando la luce incide su due fenditure, le onde diffratte dalle singole fenditure subiscono un’interferenza producendo su uno schermo le strisce luminose visibili nella foto in basso. Natura ondulatoria: figure di diffrazione modulate dall’interferenza tra le due fenditure (misura della lunghezza d’onda della luce) Nota la distanza d tra le fenditure, dalla misura della distanza x tra la striscia luminosa centrale e le strisce luminose laterali e della distanza l tra le fenditure e lo schermo su cui è stata raccolta l’immagine nella foto, è stato possibile ottenere in laboratorio la misura della lunghezza d’onda della luce rossa del laser He-Ne: λ = x d / n l con n numero d’ordine della striscia considerata rispetto a quella centrale λ = (6,58 ± 0,30) 10-7m/s compatibile con il valore fornito λ = 6,328 10-7 m Conclusioni Nelle ultime esperienze la luce si è comportata come un’onda, subendo rifrazioni e riflessioni secondo le leggi descritte. Abbiamo inoltre osservato che la luce subisce il fenomeno dell’interferenza, come tutte le onde. Esperimento 3b La natura corpuscolare della luce: osservare la trasformazione dell’energia luminosa in energia cinetica rotazionale Alunno: Luciano Pellegrino Esperienza svolta nella classe IV A Scientifico Tecnologico dell’anno scolastico 2012/2013 Obiettivo Osservare il funzionamento di un impianto all’idrogeno solare , in particolare delle celle fotovoltaiche, applicazione tecnologica dell’effetto fotoelettrico interno che ipotizza una natura corpuscolare della luce. Materiale occorrente Centrale solare/idrogeno/elettrica da dimostrazione Lampada Apparato sperimentale Impianto all’idrogeno solare Procedimento operativo Per osservare gli effetti della natura corpuscolare, in laboratorio abbiamo usato un impianto all’idrogeno solare ed una lampada per non esporre direttamente l’impianto alla luce del sole. La lampada quindi serve per la produzione di energia luminosa. L’impianto è formato da quattro diversi moduli. In basso a sinistra c’è un modulo solare con le celle fotovoltaiche, praticamente diodi semiconduttori (perché costituiti da uno strato di silicio di tipo p ed uno di tipo n). Grazie al modulo solare, l’energia luminosa viene trasformata in energia elettrica e la corrente elettrica prodotta passa nel secondo modulo, in basso a destra, l’elettrolizzatore. Nella cella elettrolizzatrice, la corrente elettrica provoca l’elettrolisi dell’acqua in idrogeno e ossigeno gassosi, sinteticamente secondo la reazione chimica: 2 H2O ---> 2 H2 + O2 I gas prodotti sono prima separati ed immagazzinati in cilindri di contenimento, poi attraversano dei tubi ed arrivano in una pila a combustibile posizionata nel terzo modulo (in alto a sinistra). Qui avviene la reazione inversa all’elettrolisi ed i gas vengono riconvertiti in acqua. L’elettrolisi richiede energia elettrica mentre la reazione nella pila a combustibile genera energia elettrica. Quindi si ottiene nuovamente corrente elettrica, la quale passa poi nel quarto modulo, in alto a destra, dove azionerà la piccola elica di un motore elettrico. Da notare che il ciclo ha prodotto acqua ed energia: non sono stati utilizzati reagenti e non sono stati prodotti composti di scarto pericolosi. Conclusioni Nel primo esperimento, dopo un po’ l’elica ha iniziato a girare: perciò abbiamo osservato le conseguenze dell’effetto fotoelettrico interno. In questo caso, infatti, gli elettroni non vengono emessi all’esterno ma, finché la luce incide, nelle celle aumenta la concentrazione delle cariche libere di muoversi, positive nella regione p e negative nella regione n, e le due regioni prendono le caratteristiche dei poli di un generatore: collegate ad un circuito fanno scorrere corrente finché la luce incide. Riassumendo, l’energia luminosa viene trasformata prima in energia elettrica, poi utilizzata per produrre la reazione chimica di elettrolisi dell’acqua. Nella pila a combustibile si produce ancora energia elettrica che, raggiungendo l’ultimo modulo, si trasforma in energia meccanica, in particolare in energia cinetica rotazionale dell’elica. L’energia luminosa ha quindi subito varie trasformazioni, divenendo infine energia cinetica rotazionale. La teoria non può spiegare ciò se non ammettendo che la luce sia composta da fotoni (natura corpuscolare) che trasferiscono la propria energia ad elettroni delle celle fotovoltaiche. (Nell’impianto, come utilizzatore può essere usata anche una resistenza elettrica che, attraversata dalla corrente elettrica, trasforma infine l’energia elettrica in energia termica.) Pur avendo osservato nelle esperienze 3a che la luce ha un comportamento ondulatorio, il funzionamento delle celle fotovoltaiche dell’impianto all’idrogeno solare è una conseguenza della natura corpuscolare della luce. Concludiamo quindi che la luce ha una natura duale. Le foto riportate sono state scattate nel Laboratorio di Fisica della sede centrale della scuola. Fonti: Lezioni teoriche in aula Libro di testo: A. Caforio, A. Ferilli ,“Il senso della fisica” Wikipedia