BrandForum L'estetica dell'imperfezione I nuovi approcci comunicativi della marca per il mercato italiano 1. I difetti fanno tendenza? 2. “Nessuno è perfetto” perfetto” 3. Difetti e dintorni: alcuni casi concreti 4. Conclusioni La bellezza è una specie di morte. La novità, l’intensità, la stranezza, in una parola tutti i valori choc l’hanno soppiantata; le opere hanno attualmente la funzione di strapparci dallo stato contemplativo, dalla felicità stazionaria, la cui immagine era un tempo intimamente legata all’idea generale del Bello (P.Valery, Introduction à la methode de Leonardo da Vinci) [1] 1. I difetti fanno tendenza? Incisivi spezzati, strabismi più o meno lievi, cicatrici, fasciature, collari ortopedici; visi imbrattati di fango, sorrisi che rivelano un’igiene orale non accurata, acconciature asimmetriche e disordinate; e ancora, errori e sviste, comportamenti non proprio eleganti, sopra le righe o decisamente immorali: non solo difetti fisici, ma imperfezioni di diversa natura trovano ampio spazio nella comunicazione pubblicitaria più recente dei brand nostrani. La nostra analisi prende le mosse proprio dall’osservazione di un fenomeno preciso e relativamente circoscritto nel tempo e nello spazio: il ricorso sistematico nell’ambito della comunicazione della marca ai difetti e alle imperfezioni, e alla loro entusiastica rappresentazione. Lungi dal presentarsi come un fenomeno isolato o come moda passeggera, la convocazione delle imperfezioni appare oltretutto un’attività discorsiva intenzionalmente programmata: la ricerca dei difetti e di altri elementi anomali, la creazione ad hoc delle imperfezioni e la loro valorizzazione sembrano essere diventate vere e proprie costanti espressive della pubblicità corporate [2], in alternativa rispetto ad opzioni creative più “tradizionaliste”. Questa ricerca del difetto, del particolare esteticamente scorretto, dell’elemento discorsivo deviante, è del resto una tendenza che non risulta esclusiva della comunicazione pubblicitaria: nello stesso periodo in cui la nostra attenzione viene catturata da spot e annunci “imperfetti”, in settori come quelli della moda, del design, dell’architettura e dell’intelligenza artificiale si sperimenta in vario modo il linguaggio dell’irregolarità. L’Imperfezione è dunque variamente rappresentata in molti ambiti di senso; diverse sono le logiche che ne animano la ricerca, diversi gli obiettivi che vengono assegnati alla sua messa in scena, tuttavia un dato appare incontrovertibile: esiste un gusto per il difetto [3], ed esso può essere considerato trasversale, cioè caratteristico di soggetti di parola e di brand molto diversi tra loro per vocazione culturale e per settore merceologico di appartenenza . Abiti asimmetrici e contrasti di forme e colori nelle collezioni dei grandi nomi dell’alta moda (Dior Dior, Dior Gucci, Gucci Jean Paul Gaultier), Gaultier oggetti di design e di arredo interni dalle difformità inquietanti per Alessi e Kartell, Kartell software intelligenti, ossia capaci di commettere errori, per il colosso dei videogiochi Westwood. Westwood I difetti esistono e devono essere valorizzati in quanto tali, e le imperfezioni messe in scena come fatti naturali, come elementi di realtà. A noi interessa d’altronde capire il perchè di questa “opzione imperfetta” generalizzata: come mai molte marche scelgono di rappresentare il difetto nelle loro campagne di comunicazione? Quali sono le www.brandforum.it, Settembre 2002 1 BrandForum tipologie di difetto rintracciabili? Con quali modalità discorsive ci vengono proposte queste imperfezioni? Quali sono i brand coinvolti in questo fenomeno di senso? Quali le categorie merceologiche di appartenenza? E quali gli effetti di senso ricercati presso i destinatari finali della comunicazione? 2. Uno spazio ideale per ogni cliente Nel Settembre 2000 abbiamo iniziato una attività di screening per verificare le ipotesi di esistenza di una “estetica dell’imperfezione” in ambito pubblicitario, un lavoro che è divenuto sistematico man mano che la tendenza alla messa in scena dei difetti e delle imperfezioni, lungi dal connotarsi come effimera o specifica di un’unica categoria merceologica, si è rivelata come un vero e proprio linguaggio, come una modalità discorsiva stabile, e in definitiva come un nuovo approccio comunicativo della marca nei confronti dei suoi potenziali acquirenti. A distanza di due anni, le nostre riflessioni continuano ad essere supportate dalla realtà dei fatti: se è vero che alcuni brand (su tutti spicca il caso Bmw) Bmw sono stati pionieri sul piano comunicativo ed hanno per primi selezionato la figura semantica e il valore fondamentale dell’Imperfezione, rimane attualmente condiviso da molti altri soggetti di parola [4]l’appello alla demolizione degli stereotipi pubblicitari [5]. Il difetto continua ad esistere sia come dettaglio destabilizzante che come marchio di identificazione: di esso si mantiene ancora oggi la forza espressiva, l’impatto comunicativo, anche se con toni meno avversativi e polemici del più recente passato (sono del 2000 le campagne shock di MTV, MTV incentrate sulla filosofia del Do Not) [6]. La nostra osservazione, incentrata sulla pubblicità a mezzo stampa unitamente a quella televisiva, è stata condotta in modo particolare, ma non esclusivo, sul mercato italiano: un’analoga tendenza verso la non-conformità è stata rilevata in campagne apparse su periodici inglesi, francesi ed olandesi (del resto sappiamo bene quanto siano più avanti i nostri coinquilini europei dal punto di vista della sperimentazione e dell’innovazione linguistica nel settore della comunicazione pubblicitaria). Le campagne selezionate hanno avuto la loro massima diffusione nell’Autunno del 2000; in un secondo momento (Primavera/Estate 2001) si è proceduto alla loro riproposizione sui diversi canali di comunicazione. Molti i brand che hanno intrapreso con entusiasmo creativo la strada dell’ estetica dell’Imperfezione: BMW con la nuova Serie5 , Audi con la A2, Peugeot con la 206 Coupé Cabriolet, Cabriolet Land Rover; Rover Champion, Champion Levi’s, Levi’s Diesel, Diesel Gucci, Gucci Kookai, Kookai Jean Paul Gaultier, Gaultier Piombo, Piombo Fornarina; Fornarina Sony, Sony Stream , Mtv; Mtv San Giorgio ed Euronics, L’Oréal e Bud. Bud Numerosi brand, poche le categorie merceologiche di riferimento, un solo tipo di pubblicità: si tratta in ogni caso di marche ben affermate nel proprio mercato, di “shopping goods” (beni a bassa frequenza d’acquisto ad elevato costo unitario e caratterizzati da un processo di acquisto né breve né totalmente dettato da fattori razionali), e di campagne “strategiche”, ossia di comunicazioni che nel tempo intendono consolidare, arricchire, ampliare l’immagine della marca e il suo Mondo Possibile [7], l’universo di discorsi, significati e valori da essa costruito e proposto. Tre le tipologie di Imperfezione individuate: Imperfezione Fisica (a sua volta suddivisa nelle sottoclassi del Difetto Congenito e del Difetto Acquisito); Imperfezione Esecutiva (suddivisa in Errore Involontario ed Errore Programmato); Imperfezione Morale (suddivisa in Cattivi Sentimenti e Cattive Azioni). Sulla base delle nostre osservazioni il Difetto si configura, in tutti i casi analizzati, come un elemento destabilizzante all’interno di un sistema altrimenti statico; come dettaglio perturbante che, introdotto nel testo, ne aumenta l’energia estetica potenziandone la carica espressiva e l’impatto presso il suo fruitore. 3. Difetti e dintorni: dintorni: alcuni casi concreti Chi non ha in mente la campagna ideata dall’agenzia milanese BBDO per il lancio della Nuova Serie 5 della BMW? BMW www.brandforum.it, Settembre 2002 2 BrandForum La pubblicità “Difetti” , dal claim “Nessuno è perfetto”, è stata la prima di una lunga serie di comunicazioni di marca incentrate sulla messa in scena delle Imperfezioni. Nel mercato delle automobili ricordiamo inoltre la campagna della Verba/DDB ideata in occasione del lancio di un’auto - ahimé è realmente bruttina ancorché innovativa: l’Audi Audi A2, A2 la cui pubblicità raccoglie ed esalta Difetti Fisici ed Esecutivi, sempre e comunque marchi di riconoscimento di personaggi e figure di un certo lignaggio (il manager, la donna in carriera, gli appartenenti dell’alta borghesia vanesia e anticonformista): Altro caso quello della Peugeot 206, 206 con tutta una schiera di soggetti “asimmetrici”: Altro terreno fertile per l’Estetica dell’Imperfezione è senza dubbio quello dell’abbigliamento, con una quantità impressionante di brand (soprattutto quello del comparto lusso o rivolti a target giovani e un po’ ribelli) impegnati nell’entusiastica rappresentazione di imperfezioni etico-estetiche. Massimo Piombo sceglie Valentine, una ragazza parigina con il viso devastato da un angioma, per la sua campagna autunnale; Fornarina ne ricrea (questa volta artificialmente, ossia a mezzo PC) l’effetto sul volto delle sue lolite. www.brandforum.it, Settembre 2002 3 BrandForum Levi’s Levi’s, con la campagna multimedia “Twist” per i Levi’s Levi’s Engineered Jeans (i ragazzi snodati che ballano e si torcono a ritmo di musica nel parcheggio di un motel), va oltre: il difetto che si rappresenta non è certo verosimile come nei casi precedenti. Le anomalie fisiche esibite dal protagonista della Levi’ Levi’s sono evidentemente paradossali ma in ogni caso si pongono come “marchio di identificazione” di una tribù di giovani: il Difetto è scarto dalla norma, accomuna e prepotentemente afferma l’indipendenza di chi lo mostra. L’apparenza fisica eccessiva dei ragazzi Levi’s, come pure le cicatrici di Biasia, Biasia la misantropia dei giovani di MTV, MTV e la cattiveria delle Nikewomen, Nikewomen diventano segni atipici di un’esistenza inimitabile. Dunque, oltre all’effetto Verità [8]che è proprio del Difetto, un altro più importante sembra essere il valore fondamentale comunicato in modo così difforme da questi marchi, e cioè l’Individualità, la capacità del brand (e per proiezione, dei suoi aficionados) di essere unico in mezzo agli altri, la volontà di affermare polemicamente la propria indipendenza, il proprio essere sorprendentemente diverso nell’allestimento di Mondi Possibili ed Universi di Valore. E’ l’Imperfezione, con il suo surplus di senso, che rende veri ed alternativi, unici e al riparo da ogni pericolo di omologazione. E di che cosa ha bisogno oggi una marca se non di un Principio Individualistico che le consenta di sopravvivere nel ricordo del destinatario nonostante le crisi economiche e l’affollamento del mercato? Champion è un ottimo esempio di strategia di comunicazione volta a risollevare le sorti di un brand dall’immagine opaca e da svecchiare; la campagna stampa multisoggetto “Authenti Athletic Apparel” è un trionfo di Difetti! www.brandforum.it, Settembre 2002 4 BrandForum Ecco dunque che ci sembra corretto parlare del Possibile Mondo della Realtà Imperfetta: quello dei Difetti si configura dal nostro punto di vista come un Mondo Possibile, vale a dire come una struttura discorsiva, narrativa e valoriale che finisce per scontrarsi sistematicamente con altri Mondi, come ad esempio quello della Perfezione Artificiale, e più spesso con quelli dell’Irrealtà e dell’Imperfezione Paradossale [9]. L’elemento imperfetto si configura come indicatore di Realtà (nonostante gli eccessi figurativi di Levi’s Levi’s e anche di Stream) Stream e pertanto come marca veridittiva e garante del credibile. Anche nel caso dei Difetti Paradossali questo risulta vero, nel senso che l’imperfezione è considerata reale dal destinatario che accetta totalmente il contratto di lettura proposto dal soggetto di parola-marca. Perciò se nel mondo Levi’s Levi’s è credibile la disarticolazione delle gambe e delle braccia dei ragazzi, nel mondo Stream è possibile credere che le immagini parlano da sé. 4. Conclusioni In tutti i casi analizzati è proprio la comunicazione al negativo a costituire la base del discorso di marca: la NO COMMUNICATION [10](ovvero il ricorso a valori negativi come l’Imperfezione, l’Irregolarità e la Difformità; la volontà di ribaltare, almeno sul piano comunicativo, gli stereotipi discorsivi più comuni; la capacità di costruire un mondo popolato di antieroi che si comportano in maniera a dir poco deviante..) sembra essere una efficace forma retorica per illustrare il mondo di certi brand, e per rivolgersi a certi target. I marchi [11]vanno costruendo la propria identità non per affermazione ma per negazione, dicendo no a quello che non piace prima ancora di dire sé a qualcosa che ancora non si sa. Brand con una solida immagine (Bmw, Bmw, Audi, Gucci..) Gucci che possono permettersi di osare e di costruire un posizionamento negativo senza timore di vedere scemare la loro quota di mercato (chi rinuncerebbe a comprare la Serie 5 dopo aver visto la campagna “Difetti”?) e brand particolarmente trasgressivi ed innovatori nel loro settore (Diesel, Diesel, Levi’s, Levi’s, MTV…) MTV che si rivolgono ad un target selezionato e composto da giovani perfettamente in grado di discernere la verità del marchio dalla verità della sua comunicazione, la sostanza dalla forma. I beni di consumo pubblicizzati (abbiamo detto: abiti e accessori, automobili, telecomunicazioni e Internet, elettrodomestici) non sono di per sé innovativi, mentre ludici e trasgressivi appaiono i relativi concetti di prodotto: vestiti strappati, modelle infortunate (l’annuncio per Fope Gioielli è stato il primo del filone “incidenti”, e a quanto pare ha fatto proseliti visto che l’umorismo noir continua ad imperversare in pubblicità), automobili dal design avveniristico, prodotti high-tech dalla spiccata valenza ludico-estetica. www.brandforum.it, Settembre 2002 5 BrandForum ”Concedetevi il lusso”, dice Fope alla sua donna, incitandola ad esibire il collare ortopedico come un trofeo. Come dire: che vi importa se tutti vi punteranno gli occhi addosso? Con quella protesi si noterà immediatamente il collier e le amiche moriranno di invidia! E ancora: “Sbagliare è un lusso che solo voi potete permettervi”, continua l’headline dell’ironica campagna San Giorgio. Giorgio Del resto, che vi importa se la rucola vi rimane incollata ai denti mentre sorridete agli ospiti? Il vostro errore è una svista di poco conto, anzi addirittura apprezzabile per il suo valore di Realtà! Gli amici penseranno che siete una promessa del cabaret.. e mentre vi sganasciate insieme dalle risate ai piatti sporchi ci penserà la vostra bella lavastoviglie San Giorgio! Giorgio Il Difetto quale elemento destabilizzante manifesta una pienezza di senso inimmaginata e, come abbiamo visto, una intrinseca molteplicità di declinazioni. Esso consente di calibrare le comunicazioni di marca su una (finora) poco esplorata idea di Imperfezione che non è “negativa” tout court, ma che semplicemente si pone come concetto più problematico e complesso della Perfezione, molto spesso valore insignificante e anestetico nei suoi connotati di “conformità. Tutti i testi pubblicitari analizzati sono di fatto discorsi ironici perchè puntano alla rottura degli stereotipi, al ribaltamento delle omologazioni [12]tra le categorie di valore. Ciò detto non rimane che un quesito: quale trend espressivo dobbiamo aspettarci nel prossimo futuro? Che cosa escogiteranno i nostri brand dopo il tormentone-Difetto? E’ probabile che, visto il successo delle precedenti comunicazioni, molti brand tenteranno di reinterpretare l’Imperfezione alla luce delle nuove esigenze ed occorrenze comunicative, ferma restando la supremazia del Principio Individualistico e del modello narrativo della “distinzione”. L’opzione valoriale del Difetto continua secondo noi ad essere fertile, un po’ come un “principio ordinatore”: da esso si prende spunto per nuove configurazioni discorsive, ma sempre nell’attestazione del contrasto, nel desiderio di irregolarità e di rottura delle simmetrie, perchè questi sono in ultima analisi i tratti distintivi dello spirito del nostro tempo. [1] Corsivi nostri. [2] La pubblicità “corporate” è quella istituzionale, relativa all’immagine generale dell’impresa e dei suoi marchi, e si distingue dalla pubblicità “product”, che ha obiettivi comunicativi diversi e finalità squisitamente “tattiche”, come la promozione in un dato periodo di uno specifico prodotto. [3] “Difettoso” non significa “bello”, ma neanche propriamente “brutto”: si tratta di un concetto che tende a rifuggire dalle tradizionali categorie di valori (estetica, etica, morfologica e timica, che articolano il giudizio rispettivamente su gusto, morale, forma e passione) e che tende ad assumere connotazioni più complesse. Il Difetto è Bello e Brutto insieme e nessuna delle due cose, è Conforme e Difforme allo stesso tempo: tutto dipende dal giudizio di chi lo osserva! [4] La teoria semiotica definisce come Soggetto di Parola non l’emittente fisico di un testo ma il suo Enunciatore, vale a dire il simulacro del soggetto empirico per come esso appare all’interno del testo stesso. Il “soggetto di parola” Barilla, ad esempio, non è l’azienda emiliana che tutti conosciamo, ma piuttosto l’insieme delle scelte espressive (codici, tono di voce, tematiche e figure,tipologia di racconto, sistemi di valori) che caratterizza le sue pubblicità. [5 ]Qui ricorriamo alla definizione retorica dello “stereotipo”, cioè quella di “luogo comune” persuasivo perchè poggia sulla verità condivisa (“doxa”). Tra i più usati dalla pubblicità ricordiamo: la Donna Bellissima che seduce il www.brandforum.it, Settembre 2002 6 BrandForum Manager di Successo, il Nonno Sorridente e Bonario, il Bimbo Birichino, la Casa Profumata e Brillante, la Famiglia Riunita, gli Amici Raffinati, la Bella Gente che va alle Feste, e via banalizzando… [6] La campagna MTV, MTV declinata su stampa periodica e televisione a partire dall’Aprile 2000, si compone di 4 messaggi pubblicitari caratterizzati da un titolo che mantiene sempre la stessa costruzione verbale, quella di un imperativo (DO NOT WATCH, DO NOT SOCIALIZE, DO NOT COME, DO NOT BREATHE). In realtà, il DO NOT di MTV non è propriamente un imperativo, dal momento che agisce a supporto delle immagini selezionate per i diversi annunci (DO NOT WATCH, e la ragazzina si butta negli occhi il sale, non il collirio!): è un po’ come se si trattasse della voce interiore dei soggetti della rappresentazione (ragazzi indolenti, “negativi”, disillusi) che vietano a se stessi di agire. [7] Il concetto di “universo fittizio rappresentato da un testo” ha trovato una formalizzazione proprio nel concetto di Mondo Possibile all’interno degli studi di narratologia testuale. Noi parliamo più semplicemente di “mondi”, “mondi testuali”, “mondi possibili” o “universi narrativi” per definire le componenti semantiche di un certo racconto pubblicitario e soprattutto il livello di verosimiglianza degli elementi che lo compongono. [8] La nostra ipotesi fondamentale è che esista una relazione specifica tra Imperfezione e Realtà: la rappresentazione dei difetti fisici, degli errori commessi dagli individui nella quotidianità, dei comportamenti scorretti o immorali, mira di fatto alla rappresentazione/valorizzazione della Realtà. Come dire che il Naturale e l’Autentico sono dei valori in sé, sempre più apprezzati e desiderabili. La comunicazione pubblicitaria dà vita ad una “promessa di Vero” (in realt molto artificiale) e la porta in palmo di mano, spendendola ed usandola il più possibile. [9] La nostra analisi si basa di fatto sull’opposizione tra Irrealtà (la Perfezione Artificiale, ossia l’assenza del Difetto) e Realtà (il Difetto autentico o almeno verosimile). La teoria semiotica ricava da questa opposizione di partenza altre due posizioni significative, quella del Paradosso (che nega l’Irrealtà e comprende nel nostro caso i Difetti Inverosimili di soggetti della rappresentazione “veri”, come nel caso della ragazza Biasia con la cerniera al posto della cicatrice) e quella della Surrealtà (che nega la Realtà e comprende i Difetti Inverosimili di attori “falsi” e immateriali). [10] Aldilà dei nostri ragionamenti sul Difetto, quella che si affaccia sul mercato della comunicazione di marca è in definitiva una nuova forma retorica (che finisce col comprendere di fatto la nostra “estetica dell’imperfezione”), ben rispondente allo smarrimento di un segmento giovanile che sappiamo sovraffollato e molto solo; ma soprattutto, ormai non più in sintonia con i valori di intervento, efficienza, positività, ottimismo e performanza. Così i marchi (insieme ai loro destinatari/potenziali acquirenti) vanno costruendosi la propria identità non per affermazione, ma per negazione, dicendo no a quello che non piace, prima di dire sé a qualcosa che ancora non si sa). [11] Gli esempi più lampanti, oltre a quelli già citati: Camper (ricordiamo la campagna “Walk, don’t run”: uno slogan impegnativo per chi fabbrica scarpe sportive!), Diesel (la campagna Eternal Youth, quella con i manichini e con le headline simili a quelle di Mtv: “Save Yourself: DON’T MOVE”, “Save yourself: DON’T THINK”, “Save yourself: DON’T HAVE SEX”) e Sisley, Sisley still life indifferente a qualsiasi valorizzazione articolata di marca o di prodotto. Il piacere della “contro-comunicazione”. [12] In genere ciò che è Bello è anche Buono, Conforme e viceversa ciò che è Brutto è anche Cattivo e Difforme. Nelle nostre pubblicità il Bello può diventare Brutto o Difforme (pensiamo alla splendida Bmw ammaccata sulla fiancata), e il Brutto assumere contorni di “positività”. Maria Claudia Rampiconi si è laureata in Scienze della Comunicazione all’Università di Siena con una tesi in Tecniche della Comunicazione Pubblicitaria. Specializzata in analisi semiotiche, ha collaborato con la società di consulenza e ricerche di mercato qualitative BABA partecipando alla realizzazione di progetti aziendali e svolgendo attività di ricerca su fenomeni di comunicazione e comportamento di consumo. www.brandforum.it, Settembre 2002 7