15 novembre 2004 PEPPINO HA 101 ANNI: OLTRE UN SECOLO DI RISATE Giovanni Esposito Siamo felici che gli Amici della Contrada si siano aggregati a questa iniziativa promossa dal Gambrinus Questa sinergia ha richiamato più pubblico di quanto immaginato. Probabilmente facendo questo incontro al Teatro Cristallo insieme alla Contrada avremmo riempito il teatro, questa sera. Purtroppo c’è molta gente fuori che è evidentemente insoddisfatta e questo me ne dispiace molto. Sono Esposito, sono il presidente dell’Associazione degli Amici del Caffè Gambrinus e penso di dare a nome di tutti voi il benvenuto più forte e caloroso a Luigi De Filippo. Luigi De Filippo Grazie. Giovanni Esposito Come avrete letto sull’invito mandato, c’è scritto Peppino ha 101 anni, come se fosse ancora vivo tra di noi perché lo riteniamo tale. Peppino ha per noi 101 anni e dobbiamo a lui oltre un secolo di risate, dobbiamo alla sua bravura di attore e di autore se sorridiamo ancora dal piccolo schermo per questi film che continuano ad essere mandati in onda, grazie a Dio. Prima di passare la parola a Paolo Quarzola per un saluto dell’Associazione Amici della Contrada, debbo ringraziare, consentitemi rapidamente, l’Assessorato alla Cultura del Comune di Trieste per il contributo che ci ha voluto dare nell’organizzare tutto questo, la Provincia di Trieste per il patrocinio e la Fondazione Cassa di Risparmio. Dottor Quazzola, a lei. grazie. Paolo Quazzola Grazie, buonasera a tutti, io vi rubo solo pochi istanti. Innanzitutto desidero a nome dell’Associazione Amici della Contrada ringraziare il generale Esposito che in extremis ha accettato questa sinergia, questa collaborazione che io mi auguro possa essere la prima di una serie di collaborazioni perché gli Amici del Caffè Gambrinus si interessano molto anche di teatro e quindi perché no in futuro continuare su questa strada. Due parole giusto per spiegarvi il perché di questa sala così piena e il perché di persone che, ahimè, son rimaste fuori: il maestro De Filippo, in questi giorni, sta provando uno spettacolo, la sera recita e di giorno prova uno spettacolo per cui non ci sembrava possibile chiedere al maestro De Filippo di fare un incontro oggi e rinunciare un’altra giornata per fare l’incontro con gli Amici della Contrada per cui, visto che c’era questa bella occasione, perché no unire le forze. Naturalmente siamo molto grati al maestro De Filippo che è disponibile ad essere con noi. Vi porto, naturalmente, i saluti del Teatro Stabile della Contrada di Trieste e voglio dire che siamo molto orgogliosi di avere sul nostro palcoscenico De Filippo. De Filippo commediografo, ma De Filippo anche figlio e interprete che ritorna a Trieste dopo… Luigi De Filippo Manco dal 1951. Paolo Quazzola Ecco e noi siamo orgogliosi. 1 Luigi De Filippo Scusate il ritardo. Paolo Quazzola Noi siamo veramente orgogliosi di aver chiamato qui De Filippo, di averlo fatto ritornate a Trieste. Speriamo che ritorni presto dopo questa volta, vero? Peppino De Filippo Sì, se mi invitate vengo. Paolo Quazzola Ecco, lo faremo senz’altro. Chi non avesse ancora visto lo spettacolo corra a vederlo perché è uno spettacolo bellissimo, fatto da protagonisti di altissimo livello, uno spettacolo godibilissimo. Si ride e anche si pensa ed è una delle commedie, lo diceva alla fine dello spettacolo dell’altra sera, il maestro De Filippo che è una delle tessere di mosaico di quelle autentiche colonne che sono nella storia del teatro italiano di De Filippo che da, quante generazioni almeno? Luigi De Filippo Tre sicure, quasi quattro. Paolo Quazzola Quasi quattro, stanno facendo teatro in Italia. Luigi De Filippo Da 150 anni. Vorrei aggiungere solamente a quello che sta dicendo il caro amico, che lo spettacolo Non è vero, ma ci credo, che sto rappresentando è una commedia napoletana, certamente, ma è una commedia della media borghesia napoletana, quindi si parla sul palcoscenico, nella commedia come sto parlando io adesso un italiano corretto, con una cadenza napoletana ed è comprensibilissimo a tutti. Quindi se avete delle remore: “Ma forse non si capisce…”, se capisce tutto, state tranquilli. Paolo Quazzola Bene, io non aggiungo altro, se non ringraziarvi tutti, scusarmi per aver causato questo…la prossima volta requisiremo il Cristallo, promesso. Grazie. Giovanni Esposito L’introduzione critica è affidata a Umberto Bosazzi che voi tutti conoscete. Il critico televisivo della maggiore televisione locale. Passerei la parola immediatamente a Umberto Bosazzi per un apporto critico. Subito dopo, saranno proiettati alcuni frammenti di film che dureranno una decina di minuti e poi si proseguirà. Prego. Umberto Bosazzi 2 Io ringrazio moltissimo gli Amici del Caffè Gambrinus perché così ho l’opportunità anche di pagare pubblicamente un debito che tutta la mia famiglia ha nei confronti di Peppino De Filippo, nei confronti, se vogliamo, di tutta la famiglia De Filippo perché come è stato giustamente sottolineato da Luigi De Filippo l’altra sera è uno di quei cognomi che dicono molto a chi è cresciuto insieme ad un certo tipo di teatro che noi potevamo vedere alla televisione, ringraziando Iddio, quando ancora la televisione trasmetteva il teatro al venerdì sera. Io ho avuto modo di vedere di recente alcune cassette, alcuni dvd dove sono state riproposte alcune di queste commedie e francamente, devo dire, che non capisco perché si dica che quel tipo di teatro non è televisivo. Sono commedie che sono montate con criteri quasi cinematografici, quindi non sono assolutamente noiose, le camere sono posizionate in modo che poi si possa avere un montaggio alternato… vabbè, ma questo è un altro discorso. Io sono debitore a Peppino De Filippo, la mia famiglia deve a Peppino De Filippo alcune delle, non vorrei dire delle risate, perché forse, in un certo senso non sarebbe corretto, diciamo che la famiglia Bosazzi, questa trance della famiglia Bosazzi è debitrice a Peppino De Filippo per i più meravigliosi sorrisi del quale una famiglia possa godere guardando la televisione, vedendo i film. E io ho provato, in questi giorni, mentre mi preparavo a questa piccola conversazione, ho provato a sondare le persone con le quali mi incontravo e ho notato che ogni qual volta si pronuncia il nome Peppino De Filippo nel volto delle persone che ti stanno ad ascoltare compare un sorriso. Io credo che per un artista sia una delle cose più belle da acquisire: l’idea che la gente abbia passato e continui, giustamente bisogna usare il presente, e continui a passare con te dei momenti cordiali, dei momenti simpatici. Credo che siamo pochissimi gli artisti in grado di suscitare questo. Alcuni possono suscitare ammirazione, alcuni possono suscitare anche in un certo senso una sorta di terrore reverenziale, ma penso che il sorriso sia… Luigi De Filippo Sinonimo di stima e di simpatia. Umberto Bosazzi Io credo, ho fatto un altro breve sondaggio tra gli amici e conoscenti, un altro che suscita un po’ questo tipo di reazione, facendo un salto notevole, è per esempio Deen Martin, che rispetto ad altri cantanti della sua generazione, si sta bene quando si sentono le sue canzoni, si sta bene quando si rivede un film di Peppino De Filippo. Questo da un punto di vista, se volete, io mi considero una specie di sacerdote del culto di Peppino De Filippo infatti io ho portato alcuni ammennicoli dalla mia libreria perché per fortuna c’è anche questo da dire, che specialmente negli ultimi anni, su Peppino De Filippo si è scritto, si è pubblicato qualche cosa. La Mondadori ha pubblicato una videocassetta ad esempio, dedicata alle gag di Pappatone che è impreziosita, invece, da un libro a cura di Marco Giusti, che raccoglie scritti di Peppino De Filippo e anche testimonianze di personalità su Peppino De Filippo. C’è questo molto bello, questo è un po’ più vecchio, di Rodolfo Di Gianmarco che è una sorta di antologia critica, ci sono sketch, poesie e racconti e poi ancora anni fa la Gremesi aveva pubblicato questo volume proprio sugli aspetti della carriera cinematografica, son tutti film, un volume molto ricco e molto bello e poi di recente anche questi che sono soltanto due dei dvd pubblicati dalla Rai, sono editi dalla Rai, che appunto, raccolgono buona parte della produzione tv di Peppino De Filippo. In genere, quando un ragazzo cresce, diciamo così, abituato ad avere a che fare con certi artisti, quando poi dopo, per un motivo o per l’altro li studia, si avvicina ad essi per questioni, appunto, di lavoro oppure per questioni di studio, ha due alternative: o continua, come dire, non vorrei dire pedissequamente, ma insomma, segue la strada che ha già intrapreso, quindi si limita a ripercorrere certi aspetti della carriera oppure, magari, cerca di tirar fuori qualche cosa di nuovo, qualche cosa di 3 diverso in modo, anche, da approcciare il personaggio in una via un po’ differente. Io ho avuto la fortuna di avere come insegnante all’Università di Storia dell’Arte i professor Gioseffi, che ci ha dato un insegnamento tra i tanti, ma quello specifico è: "Non abbiate mai paura di fare confronti". Nel mondo dell’arte i legami sono o labili o stretti ma, in ogni caso, è probabile che ci siano e quindi è bello anche giocare di questo passo. Negli ultimi mesi mi stavo concentrando su un aspetto, non tanto dei film, quanto su un aspetto del teatro di Peppino De Filippo, spero poi di non essere drammaticamente smentito, perché sarebbe veramente grave, il mio amor proprio ne soffrirebbe in modo incredibile, però io ho notato che, specialmente in alcune commedie, preciso, c’è una frase di Indro Montanelli, che è rivelatrice e dice: “Io non sono napoletano, quando vedo e sento Peppino De Filippo lo divento.” E siccome, è vero questo, adesso io non sono all’altezza di Montanelli, ma siccome è vero anche per me questa cosa, ho cercato un po’ di analizzare il perché: se, diciamo così, se noi accettiamo l’idea che certo umorismo tipicamente triestino si fonda sulla battuta istantanea, insomma sul viz di stampo freudiano, qua non mi addentro Titina non sono molto bravo in questo, se noi accettiamo questo, se noi accettiamo che il triestino è portatore sano di un umorismo, se vogliamo, piuttosto cinico, molto simile a quello dei film di Billy Wilder, allora in alcuni momenti del teatro di Peppino De Filippo c’è una dose di cinismo che per certi aspetti può essere voglio dire, benignamente spaventosa. C’è una battuta in Non è vero ma ci credo, ho riso da solo, son quelle cose che non dovrebbero mai capitare, perché quando uno sbotta a ridere da solo… La segretaria dice a un dato momento una frase elogiativa nei confronti del commendatore: “Basta, lo so che sei falsa”. Questo è una cosa che è difficile cogliere, ma io andavo, volendo cogliere, trovare spunti di cinismo, l’ho trovata di una cattiveria notevole; Billy Wilder l’avrebbe detta. Luigi De Filippo C’è indubbiamente una vena di cattiveria nella comicità di Peppino, da gaglioffo, un po’ cinica, come c’è in tutta la comicità che ha un certo rilievo. Il buonismo nel comico, non paga. Il comico deve essere graffiante, intelligentemente spiritoso e deve essere anche cattivo, come era cattivo Sordi quando ha rappresentato, nella sua carriera cinematografica, una galleria di personaggi che rappresentavano l’Italia del tempo quasi contemporanea e tutti, quasi tutti i personaggi di Sordi erano sufficientemente dei gran fetenti. Umberto Bosazzi E poi c’è anche un altro aspetto che al limite si può cogliere è che il cinismo, in questi casi, può essere anche sintomo, sinonimo di uno che non è rassegnato, di uno che non si rassegna alla miseria, di uno che non si rassegna a quello che il destino gli ha riservato e che in qualche modo, se non può farlo in altre maniere, magari si sfoga, poveracci, con la famiglia o con altri. Come prova di quello che ho detto, io ho preparato una mini antologia di brani, tratti da due che credo che vengano rubricate come farse di Peppino. C’è, appunto, questo retrogusto piuttosto amaro che affiora ogni tanto. Si tratta di Don Raffaele o’ trombone e di Cupido scherzi e spazza: Don Raffaele o’ trombone si comprende il personaggio, per Cupido scherzi e spazza c’è una scena molto divertente. L’antefatto è che questo spazzino ha trovato in una busta 10.000 lire e le ha restituite. Lui, vedrete la scena in cui torna a casa, racconta alla moglie e ad altri suoi colleghi, il momento in cui è stato ricevuto e nelle parole del direttore, questa volta, capirete come un’azione del genere viene… Luigi De Filippo Praticamente gli dice: “Bravo, bravo, ma sei stato un cretino!” Umberto Bosazzi 4 Vedrete come questo viene risolto. Io direi che possono partire le immagini. Proiezione filmati Umberto Bosazzi Logicamente non si può ridurre Peppino De Filippo a questi 8 minuti, però mi sembrava di voler sottolineare un aspetto, forse meno noto, meno sottolineato, meno studiato. Certo è che io avrò visto queste farse non so quante volte. Penso che avrete visto quando si riesce a catturare certi gesti, certa gestualità, certi silenzi, certe pause noi siamo di fronte veramente a qualche cosa di straordinario, di unico che per fortuna è stato in qualche modo fermato dalle telecamere. Io non so, poi, ma credo che a teatro fosse qualcosa di ancora più travolgente. Luigi De Filippo Certamente, con il concorso del pubblico che ti aiuta nell’inventiva e anche ad improvvisare sera per sera, delle gag nuove. La fantasia dell’artista viene alimentata dalla risata, dall’avvicinarsi dell’applauso. Umberto Bosazzi Non so se si possono raccogliere firme per fare qualcuno santo, ma io credo che quelli che fanno ridere la gente, quelli che fanno, anzi, sorridere la gente dovrebbero essere fatti santi. Luigi De Filippo Fellini diceva spesso, me lo ha detto anche personalmente: “A Totò, dovrebbero farlo santo!” per la serenità che ci ha dato, per il modo di sorridere che ci ha favorito in tante circostanze della nostra giornata, in fondo ha fatto del bene facendoci sorridere. Umberto Bosazzi Per altro suona anche bene: San Peppino De Filippo. Io penso che finisco qui perché poi è giusto lasciar parlare Luigi De Filippo. Devo solo ribadire la mia gratitudine agli Amici del Caffè Gambrinus per avermi invitato e ancora, se posso, a nome della mia famiglia, per interposta persona ancora una volta ringraziare Peppino De Filippo. Mio padre si è arrabbiato con me perché quando ho preparato questa cosa, non gli ho fatto vedere tutta quanta la farsa che lui ha visto e che conosce perché è così; perché di fronte a certe persone non si smetterebbe mai di guardarle, non si smetterebbe mai di sorridere grazie a loro e perché no insieme a loro. Giovanni Esposito L’anno scorso, in occasione dei cent’anni dalla morte di Peppino De Filippo la Rai fece una lunga maratona televisiva e noi abbiamo preso una piccola sintesi, durerà un quarto d’ora, quindi ve la sottoporrò, prima di passare definitivamente la parola a Luigi De Filippo. Però io vorrei accogliere con un applauso, perché sono presenti anche gli altri attori della compagnia di Luigi De Filippo presenti al Cristallo. Luigi De Filippo 5 Vorrei che l’applauso che è rivolto ai miei attori, fosse rivolto anche ai tecnici. Immagini dalla Rai: Peppino De Filippo: un ricordo di Titina Titina è stata la nostra compagna, oltre che sorella, Titina ha fatto parte di quel trio dei De Filippo cioè Peppino, Eduardo e Titina De Filippo. Con lei abbiamo diviso i trionfi più trionfali che si possano immaginare. Siamo stati felici, siamo stati contenti e poi ad un certo momento Titina è venuta a mancare; venendo a mancare Titina io pensai: è finito proprio, si è rotto il circolo, si è rotto l’incantesimo dei De Filippo. Titina come donna non è stata una bellissima donna, però era simpaticissima, quelle due fossette sulle gote che la segnavano arte e mestiere erano veramente inimitabili, era la sua grande fortuna. Scenette: (…) Peppino De Filippo: Pubblico elegantissimo per il teatro della Cometa per la prima romana dell’Avaro di Molière presentato dalla compagnia di Peppino De Filippo Durante la mia vita artistica, molti mi dicevano, anche i critici: “Ma Titina Peppino non si impegna in un repertorio di qualche classico?” Come infondo le mie commedie non fossero dei classici; le mie commedie rappresentano i fatti nostri e hanno tutti la struttura dei classici italiani. E allora io, a furia di sentire queste cose, ho detto: “Vabbè, li voglio accontentare!” Io sapevo, in fondo, anzi di guadagnarci e comunque l’ho fatto e allora ho messo in scena (…), ho messo in scena l’Avaro di Molière con il successo che sapete, grazie al pubblico italiano e alla critica, soprattutto, che mi ha moto ammirato e aiutato e adesso penso, l’anno venturo di mettere in scena, come terzo lavoro di Molière, l’Ammalato immaginario. Ho messo in scena Macchiavelli al teatro Sant’Erasmo con la regia di Manlio Lualdi che ha avuto a Milano ben 74 repliche, La Mandragola di Macchiavelli non le ha mai avute in Italia questa commedia, che è la più bella commedia del mondo, e la metterò in scena al Teatro Sant’Erasmo. Poi mi prenderò il mio repertorio, metterò qualche commedia mia nuova e questo, naturalmente, con l’aiuto di Dio, anzi di San Gennaro che mi aiuta e mi fa campare se no addio, i progetti vanno a monte e non se ne parla più. Scenette: (…) Intervista a Peppino De Filippo: Ridere è una merce sempre più rara. E perché far ridere è molto difficile. Io sono convinto, anche da questo lato che far commuovere non è una cosa tanto, tanto difficile, chiunque può far commuovere. E tu com’è che riesci sempre a far divertire con la stessa farsa? Ma perché io ho una tecnica particolare, perché io mi servo di un ritmo particolare; ho capito, non per studio ma per intuito, ho capito i misteri del teatro, le cose più nascoste le ho capite da me, non ho letto nessun libro. Certe cose che stanno scritte le ho vissute. Come Ettore Pretolini, del resto! Certo, come tutti gli attori che hanno fatto la gavetta vera e propria; io l’ho incominciata a 6 anni, figurati, ne ho 73, facciamoci un poco il conto sono 67 anni che io sono sulle tavole dei palcoscenici d’Italia, prima da piccolo, da 6 anni e poi fino all’età di adesso. Io sono sicuro che il dramma della nostra vita, di solito si nasconde nel convulso di una risata provocata da un’azione qualsiasi che a 6 noi è sembrata comica. Sono convinto insomma, che spesso nelle lacrime di una gioia si celino quelle del dolore; allora la tragedia nasce e la bella farsa si compie. Credo che ognuno esprime una situazione, esprime sentimento, un qualche cosa che io vedo sempre dal lato comico. Intervista a Peppino De Filippo: Noi viviamo tra l’infinità dell’avvenire e del passato, quindi noi dobbiamo vivere il presente Ecco, come vorrebbe essere pensato dai contemporanei? Niente, che apprezzino la mia fatica e basta, io non ho presunzioni di farmi un monumento, né come attore né come autore. Io voglio fare la mia professione e basta e non altro. Quelli che sono passati, sono passati, non esistono più; quando io sono finito per me è finito tutto. Giovanni Esposito Per un raffronto tra Totò e Peppino riferisco quanto riportato da Antonio Ghirelli nel suo libro Un secolo di risate, dove lui riporta, a sua volta un acuto critico napoletano: “Alla follia surreale dell’anarchico burattino, Peppino sa apporre una vertiginosa piccineria, l’ottusità del concreto e del visibile, la sorveglianza catastroficamente esterna del decoro etico e civile.” Ci ritroviamo un po’ tutti quanti noi, ecco perché, forse, ridiamo. Mi ha interessato nelle immagini viste, soprattutto la maschera di Petito Pulcinella che lascia la consegna a suo figlio, c’è il passaggio di consegna tra il padre Peppino e il figlio Luigi. Caro maestro, come associazione Amici del Caffè Gambrinus abbiamo pensato di farle questo piccolo omaggio in ricordo di questa serata. Le regaleremo una targa, che poi pregherò sua eccellenza il dottor Sottile, prefetto di Trieste di consegnargliela, dopo che la signora Fiordigigli avrà letto la motivazione. Prego signora. Signora Fiordigigli A Luigi De Filippo gli Amici del Caffè Gambrinus Esempio straordinario e commovente di amore alla memoria paterna, di devozione all’arte e testimonianza umana di quell’inarrivabile autore e interprete che fu, a teatro e sullo schermo, Peppino De Filippo. Luigi De Filippo ha portato con enorme successo di critica e di pubblico, su tutti i palcoscenici italiani, il repertorio del finissimo commediografo che ha recato un contributo prezioso alle fortune del teatro napoletano in dialetto e in lingua. Luigi ha avuto il merito, non solo di riproporre questa gran tradizione di teatro, ma soprattutto l’ha rinnovata portandola a ulteriori successi. Luigi De Filippo, autentico figlio d’arte, ha fatto anche qualcosa di più, ha messo a frutto la lezione del padre firmando, interpretando e imponendo all’ammirazione delle platee una serie di gustose, esilaranti e spiritose commedie. Luigi De Filippo È un onore per me. Grazie, grazie. Luigi De Filippo Credo che adesso tocchi a me parlare e intrattenervi. Io mi auguri che questo non sia un premio alla carriera perché i premi alla carriera vogliono sott’intendere levate a miezzo, dai spazio ad altri. Io sento di avere tante cose da dire sul palcoscenico come artista. E allora siamo qui per celebrare il ricordo di un grande della nostra scena, di Peppino De Filippo, ecco io ne ho già parlato la sera della prima al teatro Cristallo rivolgendomi al pubblico. Io credo, e 7 non penso che sia solo una mia impressione, ma io credo che i fratelli De Filippo, Eduardo, Peppino e Titina, assieme al genio di Luigi Pirandello siano stati l’evento più importante apparso sulle nostre scene nel secolo appena passato. Le commedie di Eduardo e anche quelle di Peppino resteranno nelle storia del nostro teatro. Io sono convinto e lo dico spesso e lo ripeto ancora oggi che le commedie di Eduardo, il lavoro di Eduardo commediografo… Eduardo avrebbe meritato anche lui il premio Nobel per la letteratura, sarebbe stato giusto perché le sue belle commedie sono rappresentate in tutto il mondo e Napoli per Eduardo è stata una metafora, una metafora per raccontare la vita dell’uomo, il quotidiano, la lotta dell’uomo. Quando io ero ragazzo e chiedevo ai miei maestri che sono stati, non solo Peppino e Eduardo e Titina, ma anche altri che io ho avuto la fortuna di frequentare e conoscere come Visconti, Streiler, Fabrizi che avete visto, De Sica grandi maestri, da tutti io ho cercato di imparare qualche cosa. Appunto, dicevo, i De Filippo sono stati una cosa veramente particolare nel panorama del nostro spettacolo. Erano tre facce dello stesso autore: una tragica, una grottesca e una comica. Titina, con le sue bellissima interpretazioni di Filumena Maturano, di tante commedie che voi, certo ricorderete, specialmente quelli che hanno più o meno la mia età, Eduardo con le sue commedie e Peppino con le sue interpretazioni. Peppino è stato soprattutto un grande attore, un grande interprete che ha sentito il bisogno di non rappresentare solo le sue commedie, ma di misurarsi con i grandi del teatro europeo. Peppino ha interpretato con grande successo Plauto, Pirandello, Molière, Goldoni e insomma era un artista che sentiva il bisogno di mettersi in gioco, di sperimentarsi. Questo lo faceva sentire giovane, non si era fossilizzato, solo, interpretando le sue belle commedie. Io mi ricordo che un grande ammiratore di De Filippo e di Peppino in particolare era proprio Luigi Pirandello, un genio che ha segnato con le sue commedie, con la sua dialettica, con la sua intuizione folgorante della lotta che fa l’uomo tra l’essere e l’apparire e io mi ricordo che alla prima di Liola, una commedia di Pirandello al teatro Odeon di Milano nel 1936, Pirandello era un gran ammiratore dei De Filippo e affidò a loro la rappresentazione di alcune sue commedie fra le quali, appunto, Il berretto a sonagli. E mi ricordo che quella sera, io ero in platea con mia madre, davanti a me c’era seduto Pirandello che assisteva alla rappresentazione del Il berretto a sonagli e la commedia procedeva con grande partecipazione da parte del pubblico, grande interesse. Venne il momento che mio padre, Peppino, entrò in scena; mio padre mentre provava Il berretto a sonagli stava girando un film a Roma e quindi faceva la spola in treno fra Milano e Roma quindi arrivava alle prove della commedia stanco spesso o le saltava addirittura, delle prove non le aveva proprio fatte e quindi non era proprio padrone della parte come memoria e allora, con quel grande talento che aveva, incominciò a improvvisare in scena, pur restando nel carattere di questo personaggio. Lui interpretava un commissario di polizia molto asservito al potere di questa famiglia nobile siciliana, un personaggio piuttosto negativo, diciamo, e Peppino incominciò a improvvisare e quindi era un personaggio anche in certo senso grottesco, che faceva ridere e lui incominciò a improvvisare queste battute, il pubblico rideva, si divertiva. Una persona che era seduta accanto a Pirandello, a un certo momento, sui avvicinò a Pirandello e gli disse: “Maestro ma questo non c’è nel testo!”. e Pirandello rispose: “Sì, ma così è più bello!”. Pensate che bel complimento da parte di un premio Nobel per la letteratura, un genio come Pirandello, verso un attore giovane come era Peppino allora, aveva 34, 35 anni che apprezzò la genialità dell’artista. E infatti, poi, altre commedie dette Pirandello ai De Filippo. Ecco, io volevo parlarvi di Peppino artista, grande artista e anche di Peppino uomo. Peppino è stato mio primo maestro; quando mi insegnava l’etica della professione, cioè come comportarmi, mi diceva: “Vedi, quando tu hai dei dubbi e ti trovi avanti alcune strade, devi scegliere, scegli la più difficile, stai tranquillo che è quella, quella giusta”. E io ho cercato di seguire questo consiglio, mi sono sempre trovato bene anche se spesso ho pagato di persona, ma questo mi ha formato un carattere, mi ha dato la coscienza di quello che potevo fare e quello che ho fatto. Mio padre era molto legato a questa terra, a Trieste avrebbe voluto venirci più spesso, ma non gli fu possibile: un po’ per i suoi impegni e un po’ perché non lo invitavano, così come è successo a me. Io manco qui dal 1951, avrei voluto venire, qualche volta ero occupato, molto più spesso non mi hanno proprio invitato, mi hanno proprio ignorato completamente. Io andavo a recitare in tutte le città d’Italia, le 8 più importanti, andavo a Parigi, a Londra, a Berlino, a Varsavia e non riuscivo a venire a Trieste. È così, a volte la vita è ingiusta. Però è importante esserci arrivato e aver avuto il bellissimo successo che sto avendo in questi giorni. Mio padre era molto legato a questa terra perché lui aveva fatto, nel 1920, o giù di lì, il servizio militare, mio padre aveva fatto la Scuola Ufficiali, era sottufficiale dei bersaglieri e aveva passato qui circa due anni, da queste parti. Era legato da tanti ricordi di gioventù, forse anche da qualche fidanzata, tanti bei ricordi che si hanno, insomma, quando si è trascorsi una parte della propria gioventù. Peppino, come vi dicevo, è stato un grande artista. Spesso mi chiedono: “ Chi è stato il più bravo, il più grande dei tre fratelli?”. Sono stati grandi e bravissimi tutti e tre è inutile fare una graduatoria. Secondo me, un mio giudizio, Peppino è stato grande come attore soprattutto, come interprete, Eduardo è stato grande come commediografo; le commedie di Eduardo resteranno nella storia del nostro teatro e Titina è stata grande con le sue interpretazioni, ma è inutile che io stia qui a tessere l’elogio dei fratelli De Filippo. La vostra presenza qui testimonia la vostra stima per Peppino in particolare che noi stiamo ricordando. Noi avevamo l’abitudine, fra me e mio padre di segnare, fermare sulla carta degli avvenimenti che ci divertivano, chi ci incuriosivano e scrivevamo delle poesie, poesie umoristiche. Vedete, una delle ragioni del successo del teatro dei De Filippo è stato che hanno portato sulla scena la famiglia; la famiglia con i suoi problemi, le incomprensioni, a volte, fra marito e moglie, l’amore fra marito e moglie, la difficoltà di colloquio, di dialogo fra genitori e figli, insomma, il quotidiano. Una volta, mi ricordo io domandai, ero ragazzo e chiesi: “Ma che cos’è il teatro?”. Mi incuriosiva e mi risposero: “Il teatro è la lotta quotidiana, il racconto della lotta quotidiana che fa l’uomo per dare un senso alla propria esistenza". Se ci riflettete un momento è una grande verità. E allora si scherzava, io e mio padre, ci raccontavamo degli episodi della nostra giornata e li mettevamo su carta. Io vi voglio leggere, per il vostro piacere e anche per il mio, qualche poesia di queste che io leggevo a mio padre e che lo divertivano. ANIME GEMELLE Moglie mia, noi siamo il polo nord e il polo sud nella vita matrimoniale. Noi teniamo la stessa distanza tale e quale: tu sei l’esempio da enciclopedia di come sé nguaiata a vita mia. Se per caso io dico bianco, tu sicuro dici nero, se mi sento un poco stanco il tuo umore invece è allero, a me me piace u’ vino bianco, quel poco che posso a te te piace invece quello rosso. A me me piace a parmigiana e mulegnane e a te te piace quella chi cucuzzielli. Le discussioni sono sempre quelle: io dormo bbuono ca luce appicciata e tu nun può durmì si nun è studata. Ancora non mi spiego cumm’è che fui capò quando che andammo in chiesa, quand’ io dicette sì, non rispondesti no! Queste poesie, queste poesiole, queste osservazioni in versi divertivano molto mio padre, lui poi mi rispondeva con un’altra poesia e così ci divertivamo in questo gioco. Questa, invece io l’ho dedicata alla mia professione, alla professione dell’attore e si intitola: PALCOSCENICO Io ti ringrazio, passione ardente mia per avermi fatto conoscere la miseria e la nobiltà del teatro che sono inseparabili. La magica creatività del teatro, a paragone della noiosa televisione che suona sempre la stessa canzone. Grazie, per le rabbie e gli affanni che per anni hanno accompagnato il mio lavoro rendendomelo più caro. Grazie, per l’illusione che mi hai regalato ogni sera e che mi ha insegnato come la verità più sincera quassù sul palcoscenico è la bugia più bella. La fantasia, questo è il tocco magico che muta il banale in geniale, questa è la più fulgente stella che sulla scena del teatro brilla. 9 Specialmente il tipo, il genere di teatro che facciamo noi, noi da Scarpetta che è stato il capostipite ai De Filippo, richiede soprattutto fantasia. Una volta io chiesi a mio padre: “Ma qual è il segreto dello scrivere una bella commedia?”. Perché a me è piaciuto soprattutto scrivere, io sono un autore per vocazione e un attore per necessità. La mia passione è lo scrivere per il teatro, io ho scritto sette, otto commedie, le ho rappresentate con grande successo, anche in televisione. E lui mi rispose: “Vedi, prima di tutto devi immaginare una bella storia, poi trovare il titolo giusto e tre finali indovinati”. Questa è la ricetta alla quale ho cercato di attenermi. Ecco, quest’altra si intitola: NONNA Quando la nonna mia pigliò marito, non fece come fanno invece tante che dopo un po’ si trovano l’amante. Lei in 50 anni in l’ha mai tradito. Racconta di un vecchio rimbambito che le voleva fare lo spasimante e disse: “Ve regalo stu brillante, se venite a pigliarlo a casa mia…” Un altro, al posto suo, come succede gli avrebbe detto subito: “D’accordo!” ma mia nonna che era onesta non ci andò, anzi gli disse: “Statevi lontano!” Tanto che adesso, quando lo racconta ancora ci si mozzica la mano. MALIZIOSO SOSPETTO Tu, sempre vicino a me, moglie mia bella. Nei momenti più tristi della vita, vicino a me come una sentinella. Da fidanzati cadi giù dal motorino e c’eri tu, seduta sul sellino. Poi in ospedale, pronta a consolarmi e quella volta che sotto le armi venni da te in licenza e il tram mi venne addosso: 3 mesi di degenza! Dolori a più non posso e c’eri tu accanto al mio letto di dolore. E sempre tu, con immutato amore quando caddi ruzzoloni per le scale, mi portasti trepidante all’ospedale. E poi quell’altra volta che feci l’incidente in una svolta assai pericolosa della strada, tu sempre accanto a me. E allora scusa, ma mi viene un sospetto birichino: amore mio, visto che sempre a me tu stai vicino, ma tu fossi nu poco malaugurio? Sistemato da noi a Napoli vuol dire quando un figlio si accasa e trova finalmente la compagna giusta, la ragazza giusta, si sposa, fa i figli e sta tranquillo lui e i genitori che lo vedono sistemato. SISTEMATO “…e mò basta ch’i femmene!” Me diceva mammà quando ero giovanotto. “Quanto te vulesse verè sistemato, accasato. Mò iesci cu una, po’ iesci cu nata; i cene, i cumpagni, u tiatro…na vita scumbinata che nun po’ durà. Invece, cu na brava guagliona vicino, cu una sola na casa, i figli e a capa finalmente cu giudizio, me facissi stà cchiù tranquilla. Dammèllo chistu sfizio.” Qualche anno è poi passato e me che finalmente, per la gioia di mammà me so spusato, sistemato: cu a casa, i figli, appiccichi, i riebbiti, i discussioni voi mi dovete credere, io nun me so sentito mai tanto nguaiato. E per concludere: L’artista. Negli anni ’60, mio padre e io facevamo molte commedie in televisione perché allora la televisione aveva un’attenzione particolare per il teatro, cosa che non ha più, purtroppo. Erano in diretta queste commedie e quindi c’era il riscontro mediato il giorno dopo con il pubblico e si capiva se la cosa era piaciuta; era quell’immediata popolarità che ti dava un mezzo come la televisione. La televisione che oggi ha invaso le nostre case prepotentemente e anche troppo fastidiosamente, alle volte. E vedete, noi De Filippo abbiamo avuto con la televisione un rapporto sempre molto distaccato nel senso che la televisione rappresenta il potere, è arrogante e noi non vogliamo padroni in casa nostra. In casa nostra c’è il teatro, il mondo dello spettacolo. Alle 10 volte, quando la televisione si poneva con questo tono così arrogante, noi eravamo anche capaci di dare una lezione e riaffermare la nostra indipendenza cioè che noi siamo soprattutto artisti di teatro. Vi voglio citare un episodio: alcuni anni fa, telefonarono a Eduardo a casa per proporgli un ciclo di commedie in televisione. Siccome Eduardo la pensava come la penso io, con una certa diffidenza verso il mezzo televisivo, rispose: “Pronto”, “Qui è la televisione”, “Un momento vi passo il frigorifero”. Cioè considerava un elettrodomestico, non altro che questo insomma, perché la vera arte non si può fare là, ma si può fare quando se ne hanno le capacità sul palcoscenico. Allora succedeva che io facevo queste commedie con mio padre e mi procuravo una piccola popolarità; cominciavo a far delle particine un poco più importanti e la gente per la strada mi riconosceva e siccome io facevo delle particine comiche, delle parti da sciocco, da ragazzetto ignorante la gente riconosceva per strada e diceva: “Guarda, quello è Luigi De Filippo, quillo che fa u’ scemo ind’a televisione!”. A me, questo fatto di essere identificato anche nella vita come quello che facevo per lavoro, mi dava un po’ fastidio e allora scrissi questa poesia, immaginando una coppia, marito e moglie, che mi riconoscono per strada, mi fermano per complimentarsi: L’ARTISTA “…scusate, scusate se vo scucciato, lo riconosco, ma me l’aggia levà a soddisfazione: voi siete quell’artista conosciuto che spesso vego ind’a televisione. Eh da vicino sembrate proprio un altro Carmè, che dici? A te te pare u stesso? - Tenete un’espressione più seriosa, non pare mai a stessa faccia i fesso! Scusate, è vero, quella è l’emozione e voi ci piacete tanto a tutti e due. Mia moglie con voi ne fa risate; nessuno fa lo scemo cumm’a vui”. Io spazientito fremo e poi rispondo: “No, un momento, in quanto a questo nego, a faccia i fesso che tenete voi è superiore assai, quanto vi prego. Tra noi, però, c’è grossa differenza, l’artista cambia a recita finita, pagato, a faccia i fesso a tene apposta, ma voi gratìs vi rimane a vita!” Grazie, vi ringrazio. Spero di avervi intrattenuti piacevolmente, ricordando soprattutto quel grande artista che è stato Peppino De Filippo. Giovanni Esposito Grazie maestro, grazie davvero anche per questa generosità di recitazione inaspettata e ovviamente gradita. Luigi De Filippo Ma io sono imprevedibile…Stateve accorti. Giovanni Esposito Grazie a tutti, grazie per essere intervenuti e arrivederci. 11