peppino ha 101 anni: oltre un secolo di risate

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15 novembre 2004
PEPPINO HA 101 ANNI: OLTRE UN SECOLO DI RISATE
Giovanni Esposito
Siamo felici che gli Amici della Contrada si siano aggregati a questa iniziativa promossa dal
Gambrinus Questa sinergia ha richiamato più pubblico di quanto immaginato. Probabilmente
facendo questo incontro al Teatro Cristallo insieme alla Contrada avremmo riempito il teatro, questa
sera. Purtroppo c’è molta gente fuori che è evidentemente insoddisfatta e questo me ne dispiace
molto. Sono Esposito, sono il presidente dell’Associazione degli Amici del Caffè Gambrinus e
penso di dare a nome di tutti voi il benvenuto più forte e caloroso a Luigi De Filippo.
Luigi De Filippo
Grazie.
Giovanni Esposito
Come avrete letto sull’invito mandato, c’è scritto Peppino ha 101 anni, come se fosse ancora vivo
tra di noi perché lo riteniamo tale. Peppino ha per noi 101 anni e dobbiamo a lui oltre un secolo di
risate, dobbiamo alla sua bravura di attore e di autore se sorridiamo ancora dal piccolo schermo per
questi film che continuano ad essere mandati in onda, grazie a Dio.
Prima di passare la parola a Paolo Quarzola per un saluto dell’Associazione Amici della Contrada,
debbo ringraziare, consentitemi rapidamente, l’Assessorato alla Cultura del Comune di Trieste per il
contributo che ci ha voluto dare nell’organizzare tutto questo, la Provincia di Trieste per il
patrocinio e la Fondazione Cassa di Risparmio. Dottor Quazzola, a lei. grazie.
Paolo Quazzola
Grazie, buonasera a tutti, io vi rubo solo pochi istanti. Innanzitutto desidero a nome
dell’Associazione Amici della Contrada ringraziare il generale Esposito che in extremis ha accettato
questa sinergia, questa collaborazione che io mi auguro possa essere la prima di una serie di
collaborazioni perché gli Amici del Caffè Gambrinus si interessano molto anche di teatro e quindi
perché no in futuro continuare su questa strada.
Due parole giusto per spiegarvi il perché di questa sala così piena e il perché di persone che, ahimè,
son rimaste fuori: il maestro De Filippo, in questi giorni, sta provando uno spettacolo, la sera recita
e di giorno prova uno spettacolo per cui non ci sembrava possibile chiedere al maestro De Filippo di
fare un incontro oggi e rinunciare un’altra giornata per fare l’incontro con gli Amici della Contrada
per cui, visto che c’era questa bella occasione, perché no unire le forze. Naturalmente siamo molto
grati al maestro De Filippo che è disponibile ad essere con noi.
Vi porto, naturalmente, i saluti del Teatro Stabile della Contrada di Trieste e voglio dire che siamo
molto orgogliosi di avere sul nostro palcoscenico De Filippo. De Filippo commediografo, ma De
Filippo anche figlio e interprete che ritorna a Trieste dopo…
Luigi De Filippo
Manco dal 1951.
Paolo Quazzola
Ecco e noi siamo orgogliosi.
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Luigi De Filippo
Scusate il ritardo.
Paolo Quazzola
Noi siamo veramente orgogliosi di aver chiamato qui De Filippo, di averlo fatto ritornate a Trieste.
Speriamo che ritorni presto dopo questa volta, vero?
Peppino De Filippo
Sì, se mi invitate vengo.
Paolo Quazzola
Ecco, lo faremo senz’altro. Chi non avesse ancora visto lo spettacolo corra a vederlo perché è uno
spettacolo bellissimo, fatto da protagonisti di altissimo livello, uno spettacolo godibilissimo. Si ride
e anche si pensa ed è una delle commedie, lo diceva alla fine dello spettacolo dell’altra sera, il
maestro De Filippo che è una delle tessere di mosaico di quelle autentiche colonne che sono nella
storia del teatro italiano di De Filippo che da, quante generazioni almeno?
Luigi De Filippo
Tre sicure, quasi quattro.
Paolo Quazzola
Quasi quattro, stanno facendo teatro in Italia.
Luigi De Filippo
Da 150 anni. Vorrei aggiungere solamente a quello che sta dicendo il caro amico, che lo spettacolo
Non è vero, ma ci credo, che sto rappresentando è una commedia napoletana, certamente, ma è una
commedia della media borghesia napoletana, quindi si parla sul palcoscenico, nella commedia come
sto parlando io adesso un italiano corretto, con una cadenza napoletana ed è comprensibilissimo a
tutti. Quindi se avete delle remore: “Ma forse non si capisce…”, se capisce tutto, state tranquilli.
Paolo Quazzola
Bene, io non aggiungo altro, se non ringraziarvi tutti, scusarmi per aver causato questo…la
prossima volta requisiremo il Cristallo, promesso.
Grazie.
Giovanni Esposito
L’introduzione critica è affidata a Umberto Bosazzi che voi tutti conoscete. Il critico televisivo della
maggiore televisione locale. Passerei la parola immediatamente a Umberto Bosazzi per un apporto
critico. Subito dopo, saranno proiettati alcuni frammenti di film che dureranno una decina di
minuti e poi si proseguirà. Prego.
Umberto Bosazzi
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Io ringrazio moltissimo gli Amici del Caffè Gambrinus perché così ho l’opportunità anche di pagare
pubblicamente un debito che tutta la mia famiglia ha nei confronti di Peppino De Filippo, nei
confronti, se vogliamo, di tutta la famiglia De Filippo perché come è stato giustamente sottolineato
da Luigi De Filippo l’altra sera è uno di quei cognomi che dicono molto a chi è cresciuto insieme ad
un certo tipo di teatro che noi potevamo vedere alla televisione, ringraziando Iddio, quando ancora
la televisione trasmetteva il teatro al venerdì sera. Io ho avuto modo di vedere di recente alcune
cassette, alcuni dvd dove sono state riproposte alcune di queste commedie e francamente, devo dire,
che non capisco perché si dica che quel tipo di teatro non è televisivo. Sono commedie che sono
montate con criteri quasi cinematografici, quindi non sono assolutamente noiose, le camere sono
posizionate in modo che poi si possa avere un montaggio alternato… vabbè, ma questo è un altro
discorso.
Io sono debitore a Peppino De Filippo, la mia famiglia deve a Peppino De Filippo alcune delle, non
vorrei dire delle risate, perché forse, in un certo senso non sarebbe corretto, diciamo che la famiglia
Bosazzi, questa trance della famiglia Bosazzi è debitrice a Peppino De Filippo per i più
meravigliosi sorrisi del quale una famiglia possa godere guardando la televisione, vedendo i film. E
io ho provato, in questi giorni, mentre mi preparavo a questa piccola conversazione, ho provato a
sondare le persone con le quali mi incontravo e ho notato che ogni qual volta si pronuncia il nome
Peppino De Filippo nel volto delle persone che ti stanno ad ascoltare compare un sorriso. Io credo
che per un artista sia una delle cose più belle da acquisire: l’idea che la gente abbia passato e
continui, giustamente bisogna usare il presente, e continui a passare con te dei momenti cordiali, dei
momenti simpatici. Credo che siamo pochissimi gli artisti in grado di suscitare questo. Alcuni
possono suscitare ammirazione, alcuni possono suscitare anche in un certo senso una sorta di terrore
reverenziale, ma penso che il sorriso sia…
Luigi De Filippo
Sinonimo di stima e di simpatia.
Umberto Bosazzi
Io credo, ho fatto un altro breve sondaggio tra gli amici e conoscenti, un altro che suscita un po’
questo tipo di reazione, facendo un salto notevole, è per esempio Deen Martin, che rispetto ad altri
cantanti della sua generazione, si sta bene quando si sentono le sue canzoni, si sta bene quando si
rivede un film di Peppino De Filippo. Questo da un punto di vista, se volete, io mi considero una
specie di sacerdote del culto di Peppino De Filippo infatti io ho portato alcuni ammennicoli dalla
mia libreria perché per fortuna c’è anche questo da dire, che specialmente negli ultimi anni, su
Peppino De Filippo si è scritto, si è pubblicato qualche cosa. La Mondadori ha pubblicato una
videocassetta ad esempio, dedicata alle gag di Pappatone che è impreziosita, invece, da un libro a
cura di Marco Giusti, che raccoglie scritti di Peppino De Filippo e anche testimonianze di
personalità su Peppino De Filippo. C’è questo molto bello, questo è un po’ più vecchio, di Rodolfo
Di Gianmarco che è una sorta di antologia critica, ci sono sketch, poesie e racconti e poi ancora anni
fa la Gremesi aveva pubblicato questo volume proprio sugli aspetti della carriera cinematografica,
son tutti film, un volume molto ricco e molto bello e poi di recente anche questi che sono soltanto
due dei dvd pubblicati dalla Rai, sono editi dalla Rai, che appunto, raccolgono buona parte della
produzione tv di Peppino De Filippo.
In genere, quando un ragazzo cresce, diciamo così, abituato ad avere a che fare con certi artisti,
quando poi dopo, per un motivo o per l’altro li studia, si avvicina ad essi per questioni, appunto, di
lavoro oppure per questioni di studio, ha due alternative: o continua, come dire, non vorrei dire
pedissequamente, ma insomma, segue la strada che ha già intrapreso, quindi si limita a ripercorrere
certi aspetti della carriera oppure, magari, cerca di tirar fuori qualche cosa di nuovo, qualche cosa di
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diverso in modo, anche, da approcciare il personaggio in una via un po’ differente. Io ho avuto la
fortuna di avere come insegnante all’Università di Storia dell’Arte i professor Gioseffi, che ci ha
dato un insegnamento tra i tanti, ma quello specifico è: "Non abbiate mai paura di fare confronti".
Nel mondo dell’arte i legami sono o labili o stretti ma, in ogni caso, è probabile che ci siano e
quindi è bello anche giocare di questo passo.
Negli ultimi mesi mi stavo concentrando su un aspetto, non tanto dei film, quanto su un aspetto del
teatro di Peppino De Filippo, spero poi di non essere drammaticamente smentito, perché sarebbe
veramente grave, il mio amor proprio ne soffrirebbe in modo incredibile, però io ho notato che,
specialmente in alcune commedie, preciso, c’è una frase di Indro Montanelli, che è rivelatrice e
dice: “Io non sono napoletano, quando vedo e sento Peppino De Filippo lo divento.” E siccome, è
vero questo, adesso io non sono all’altezza di Montanelli, ma siccome è vero anche per me questa
cosa, ho cercato un po’ di analizzare il perché: se, diciamo così, se noi accettiamo l’idea che certo
umorismo tipicamente triestino si fonda sulla battuta istantanea, insomma sul viz di stampo
freudiano, qua non mi addentro Titina non sono molto bravo in questo, se noi accettiamo questo, se
noi accettiamo che il triestino è portatore sano di un umorismo, se vogliamo, piuttosto cinico, molto
simile a quello dei film di Billy Wilder, allora in alcuni momenti del teatro di Peppino De Filippo
c’è una dose di cinismo che per certi aspetti può essere voglio dire, benignamente spaventosa. C’è
una battuta in Non è vero ma ci credo, ho riso da solo, son quelle cose che non dovrebbero mai
capitare, perché quando uno sbotta a ridere da solo… La segretaria dice a un dato momento una
frase elogiativa nei confronti del commendatore: “Basta, lo so che sei falsa”. Questo è una cosa che
è difficile cogliere, ma io andavo, volendo cogliere, trovare spunti di cinismo, l’ho trovata di una
cattiveria notevole; Billy Wilder l’avrebbe detta.
Luigi De Filippo
C’è indubbiamente una vena di cattiveria nella comicità di Peppino, da gaglioffo, un po’ cinica,
come c’è in tutta la comicità che ha un certo rilievo. Il buonismo nel comico, non paga. Il comico
deve essere graffiante, intelligentemente spiritoso e deve essere anche cattivo, come era cattivo
Sordi quando ha rappresentato, nella sua carriera cinematografica, una galleria di personaggi che
rappresentavano l’Italia del tempo quasi contemporanea e tutti, quasi tutti i personaggi di Sordi
erano sufficientemente dei gran fetenti.
Umberto Bosazzi
E poi c’è anche un altro aspetto che al limite si può cogliere è che il cinismo, in questi casi, può
essere anche sintomo, sinonimo di uno che non è rassegnato, di uno che non si rassegna alla
miseria, di uno che non si rassegna a quello che il destino gli ha riservato e che in qualche modo, se
non può farlo in altre maniere, magari si sfoga, poveracci, con la famiglia o con altri. Come prova di
quello che ho detto, io ho preparato una mini antologia di brani, tratti da due che credo che vengano
rubricate come farse di Peppino. C’è, appunto, questo retrogusto piuttosto amaro che affiora ogni
tanto. Si tratta di Don Raffaele o’ trombone e di Cupido scherzi e spazza: Don Raffaele o’ trombone
si comprende il personaggio, per Cupido scherzi e spazza c’è una scena molto divertente.
L’antefatto è che questo spazzino ha trovato in una busta 10.000 lire e le ha restituite. Lui, vedrete
la scena in cui torna a casa, racconta alla moglie e ad altri suoi colleghi, il momento in cui è stato
ricevuto e nelle parole del direttore, questa volta, capirete come un’azione del genere viene…
Luigi De Filippo
Praticamente gli dice: “Bravo, bravo, ma sei stato un cretino!”
Umberto Bosazzi
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Vedrete come questo viene risolto. Io direi che possono partire le immagini.
Proiezione filmati
Umberto Bosazzi
Logicamente non si può ridurre Peppino De Filippo a questi 8 minuti, però mi sembrava di voler
sottolineare un aspetto, forse meno noto, meno sottolineato, meno studiato. Certo è che io avrò visto
queste farse non so quante volte. Penso che avrete visto quando si riesce a catturare certi gesti, certa
gestualità, certi silenzi, certe pause noi siamo di fronte veramente a qualche cosa di straordinario, di
unico che per fortuna è stato in qualche modo fermato dalle telecamere. Io non so, poi, ma credo
che a teatro fosse qualcosa di ancora più travolgente.
Luigi De Filippo
Certamente, con il concorso del pubblico che ti aiuta nell’inventiva e anche ad improvvisare sera
per sera, delle gag nuove. La fantasia dell’artista viene alimentata dalla risata, dall’avvicinarsi
dell’applauso.
Umberto Bosazzi
Non so se si possono raccogliere firme per fare qualcuno santo, ma io credo che quelli che fanno
ridere la gente, quelli che fanno, anzi, sorridere la gente dovrebbero essere fatti santi.
Luigi De Filippo
Fellini diceva spesso, me lo ha detto anche personalmente: “A Totò, dovrebbero farlo santo!” per la
serenità che ci ha dato, per il modo di sorridere che ci ha favorito in tante circostanze della nostra
giornata, in fondo ha fatto del bene facendoci sorridere.
Umberto Bosazzi
Per altro suona anche bene: San Peppino De Filippo.
Io penso che finisco qui perché poi è giusto lasciar parlare Luigi De Filippo. Devo solo ribadire la
mia gratitudine agli Amici del Caffè Gambrinus per avermi invitato e ancora, se posso, a nome della
mia famiglia, per interposta persona ancora una volta ringraziare Peppino De Filippo. Mio padre si
è arrabbiato con me perché quando ho preparato questa cosa, non gli ho fatto vedere tutta quanta la
farsa che lui ha visto e che conosce perché è così; perché di fronte a certe persone non si
smetterebbe mai di guardarle, non si smetterebbe mai di sorridere grazie a loro e perché no insieme
a loro.
Giovanni Esposito
L’anno scorso, in occasione dei cent’anni dalla morte di Peppino De Filippo la Rai fece una lunga
maratona televisiva e noi abbiamo preso una piccola sintesi, durerà un quarto d’ora, quindi ve la
sottoporrò, prima di passare definitivamente la parola a Luigi De Filippo. Però io vorrei accogliere
con un applauso, perché sono presenti anche gli altri attori della compagnia di Luigi De Filippo
presenti al Cristallo.
Luigi De Filippo
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Vorrei che l’applauso che è rivolto ai miei attori, fosse rivolto anche ai tecnici.
Immagini dalla Rai:
Peppino De Filippo: un ricordo di Titina
Titina è stata la nostra compagna, oltre che sorella, Titina ha fatto parte di quel trio dei De Filippo
cioè Peppino, Eduardo e Titina De Filippo. Con lei abbiamo diviso i trionfi più trionfali che si
possano immaginare. Siamo stati felici, siamo stati contenti e poi ad un certo momento Titina è
venuta a mancare; venendo a mancare Titina io pensai: è finito proprio, si è rotto il circolo, si è rotto
l’incantesimo dei De Filippo. Titina come donna non è stata una bellissima donna, però era
simpaticissima, quelle due fossette sulle gote che la segnavano arte e mestiere erano veramente
inimitabili, era la sua grande fortuna.
Scenette:
(…)
Peppino De Filippo:
Pubblico elegantissimo per il teatro della Cometa per la prima romana dell’Avaro di Molière
presentato dalla compagnia di Peppino De Filippo
Durante la mia vita artistica, molti mi dicevano, anche i critici: “Ma Titina Peppino non si impegna
in un repertorio di qualche classico?” Come infondo le mie commedie non fossero dei classici; le
mie commedie rappresentano i fatti nostri e hanno tutti la struttura dei classici italiani. E allora io, a
furia di sentire queste cose, ho detto: “Vabbè, li voglio accontentare!” Io sapevo, in fondo, anzi di
guadagnarci e comunque l’ho fatto e allora ho messo in scena (…), ho messo in scena l’Avaro di
Molière con il successo che sapete, grazie al pubblico italiano e alla critica, soprattutto, che mi ha
moto ammirato e aiutato e adesso penso, l’anno venturo di mettere in scena, come terzo lavoro di
Molière, l’Ammalato immaginario. Ho messo in scena Macchiavelli al teatro Sant’Erasmo con la
regia di Manlio Lualdi che ha avuto a Milano ben 74 repliche, La Mandragola di Macchiavelli non
le ha mai avute in Italia questa commedia, che è la più bella commedia del mondo, e la metterò in
scena al Teatro Sant’Erasmo. Poi mi prenderò il mio repertorio, metterò qualche commedia mia
nuova e questo, naturalmente, con l’aiuto di Dio, anzi di San Gennaro che mi aiuta e mi fa campare
se no addio, i progetti vanno a monte e non se ne parla più.
Scenette:
(…)
Intervista a Peppino De Filippo:
Ridere è una merce sempre più rara.
E perché far ridere è molto difficile. Io sono convinto, anche da questo lato che far commuovere
non è una cosa tanto, tanto difficile, chiunque può far commuovere.
E tu com’è che riesci sempre a far divertire con la stessa farsa?
Ma perché io ho una tecnica particolare, perché io mi servo di un ritmo particolare; ho capito, non
per studio ma per intuito, ho capito i misteri del teatro, le cose più nascoste le ho capite da me, non
ho letto nessun libro. Certe cose che stanno scritte le ho vissute.
Come Ettore Pretolini, del resto!
Certo, come tutti gli attori che hanno fatto la gavetta vera e propria; io l’ho incominciata a 6 anni,
figurati, ne ho 73, facciamoci un poco il conto sono 67 anni che io sono sulle tavole dei palcoscenici
d’Italia, prima da piccolo, da 6 anni e poi fino all’età di adesso. Io sono sicuro che il dramma della
nostra vita, di solito si nasconde nel convulso di una risata provocata da un’azione qualsiasi che a
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noi è sembrata comica. Sono convinto insomma, che spesso nelle lacrime di una gioia si celino
quelle del dolore; allora la tragedia nasce e la bella farsa si compie. Credo che ognuno esprime una
situazione, esprime sentimento, un qualche cosa che io vedo sempre dal lato comico.
Intervista a Peppino De Filippo:
Noi viviamo tra l’infinità dell’avvenire e del passato, quindi noi dobbiamo vivere il presente
Ecco, come vorrebbe essere pensato dai contemporanei?
Niente, che apprezzino la mia fatica e basta, io non ho presunzioni di farmi un monumento, né come
attore né come autore. Io voglio fare la mia professione e basta e non altro. Quelli che sono passati,
sono passati, non esistono più; quando io sono finito per me è finito tutto.
Giovanni Esposito
Per un raffronto tra Totò e Peppino riferisco quanto riportato da Antonio Ghirelli nel suo libro Un
secolo di risate, dove lui riporta, a sua volta un acuto critico napoletano: “Alla follia surreale
dell’anarchico burattino, Peppino sa apporre una vertiginosa piccineria, l’ottusità del concreto e del
visibile, la sorveglianza catastroficamente esterna del decoro etico e civile.” Ci ritroviamo un po’
tutti quanti noi, ecco perché, forse, ridiamo. Mi ha interessato nelle immagini viste, soprattutto la
maschera di Petito Pulcinella che lascia la consegna a suo figlio, c’è il passaggio di consegna tra il
padre Peppino e il figlio Luigi.
Caro maestro, come associazione Amici del Caffè Gambrinus abbiamo pensato di farle questo
piccolo omaggio in ricordo di questa serata. Le regaleremo una targa, che poi pregherò sua
eccellenza il dottor Sottile, prefetto di Trieste di consegnargliela, dopo che la signora Fiordigigli
avrà letto la motivazione.
Prego signora.
Signora Fiordigigli
A Luigi De Filippo gli Amici del Caffè Gambrinus
Esempio straordinario e commovente di amore alla memoria paterna, di devozione all’arte e
testimonianza umana di quell’inarrivabile autore e interprete che fu, a teatro e sullo schermo,
Peppino De Filippo. Luigi De Filippo ha portato con enorme successo di critica e di pubblico, su
tutti i palcoscenici italiani, il repertorio del finissimo commediografo che ha recato un contributo
prezioso alle fortune del teatro napoletano in dialetto e in lingua. Luigi ha avuto il merito, non solo
di riproporre questa gran tradizione di teatro, ma soprattutto l’ha rinnovata portandola a ulteriori
successi. Luigi De Filippo, autentico figlio d’arte, ha fatto anche qualcosa di più, ha messo a frutto
la lezione del padre firmando, interpretando e imponendo all’ammirazione delle platee una serie di
gustose, esilaranti e spiritose commedie.
Luigi De Filippo
È un onore per me. Grazie, grazie.
Luigi De Filippo
Credo che adesso tocchi a me parlare e intrattenervi.
Io mi auguri che questo non sia un premio alla carriera perché i premi alla carriera vogliono
sott’intendere levate a miezzo, dai spazio ad altri. Io sento di avere tante cose da dire sul
palcoscenico come artista.
E allora siamo qui per celebrare il ricordo di un grande della nostra scena, di Peppino De Filippo,
ecco io ne ho già parlato la sera della prima al teatro Cristallo rivolgendomi al pubblico. Io credo, e
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non penso che sia solo una mia impressione, ma io credo che i fratelli De Filippo, Eduardo, Peppino
e Titina, assieme al genio di Luigi Pirandello siano stati l’evento più importante apparso sulle nostre
scene nel secolo appena passato. Le commedie di Eduardo e anche quelle di Peppino resteranno
nelle storia del nostro teatro. Io sono convinto e lo dico spesso e lo ripeto ancora oggi che le
commedie di Eduardo, il lavoro di Eduardo commediografo… Eduardo avrebbe meritato anche lui
il premio Nobel per la letteratura, sarebbe stato giusto perché le sue belle commedie sono
rappresentate in tutto il mondo e Napoli per Eduardo è stata una metafora, una metafora per
raccontare la vita dell’uomo, il quotidiano, la lotta dell’uomo. Quando io ero ragazzo e chiedevo ai
miei maestri che sono stati, non solo Peppino e Eduardo e Titina, ma anche altri che io ho avuto la
fortuna di frequentare e conoscere come Visconti, Streiler, Fabrizi che avete visto, De Sica grandi
maestri, da tutti io ho cercato di imparare qualche cosa. Appunto, dicevo, i De Filippo sono stati una
cosa veramente particolare nel panorama del nostro spettacolo. Erano tre facce dello stesso autore:
una tragica, una grottesca e una comica. Titina, con le sue bellissima interpretazioni di Filumena
Maturano, di tante commedie che voi, certo ricorderete, specialmente quelli che hanno più o meno
la mia età, Eduardo con le sue commedie e Peppino con le sue interpretazioni. Peppino è stato
soprattutto un grande attore, un grande interprete che ha sentito il bisogno di non rappresentare solo
le sue commedie, ma di misurarsi con i grandi del teatro europeo. Peppino ha interpretato con
grande successo Plauto, Pirandello, Molière, Goldoni e insomma era un artista che sentiva il
bisogno di mettersi in gioco, di sperimentarsi. Questo lo faceva sentire giovane, non si era
fossilizzato, solo, interpretando le sue belle commedie. Io mi ricordo che un grande ammiratore di
De Filippo e di Peppino in particolare era proprio Luigi Pirandello, un genio che ha segnato con le
sue commedie, con la sua dialettica, con la sua intuizione folgorante della lotta che fa l’uomo tra
l’essere e l’apparire e io mi ricordo che alla prima di Liola, una commedia di Pirandello al teatro
Odeon di Milano nel 1936, Pirandello era un gran ammiratore dei De Filippo e affidò a loro la
rappresentazione di alcune sue commedie fra le quali, appunto, Il berretto a sonagli. E mi ricordo
che quella sera, io ero in platea con mia madre, davanti a me c’era seduto Pirandello che assisteva
alla rappresentazione del Il berretto a sonagli e la commedia procedeva con grande partecipazione
da parte del pubblico, grande interesse. Venne il momento che mio padre, Peppino, entrò in scena;
mio padre mentre provava Il berretto a sonagli stava girando un film a Roma e quindi faceva la
spola in treno fra Milano e Roma quindi arrivava alle prove della commedia stanco spesso o le
saltava addirittura, delle prove non le aveva proprio fatte e quindi non era proprio padrone della
parte come memoria e allora, con quel grande talento che aveva, incominciò a improvvisare in
scena, pur restando nel carattere di questo personaggio. Lui interpretava un commissario di polizia
molto asservito al potere di questa famiglia nobile siciliana, un personaggio piuttosto negativo,
diciamo, e Peppino incominciò a improvvisare e quindi era un personaggio anche in certo senso
grottesco, che faceva ridere e lui incominciò a improvvisare queste battute, il pubblico rideva, si
divertiva. Una persona che era seduta accanto a Pirandello, a un certo momento, sui avvicinò a
Pirandello e gli disse: “Maestro ma questo non c’è nel testo!”. e Pirandello rispose: “Sì, ma così è
più bello!”. Pensate che bel complimento da parte di un premio Nobel per la letteratura, un genio
come Pirandello, verso un attore giovane come era Peppino allora, aveva 34, 35 anni che apprezzò
la genialità dell’artista. E infatti, poi, altre commedie dette Pirandello ai De Filippo.
Ecco, io volevo parlarvi di Peppino artista, grande artista e anche di Peppino uomo. Peppino è stato
mio primo maestro; quando mi insegnava l’etica della professione, cioè come comportarmi, mi
diceva: “Vedi, quando tu hai dei dubbi e ti trovi avanti alcune strade, devi scegliere, scegli la più
difficile, stai tranquillo che è quella, quella giusta”. E io ho cercato di seguire questo consiglio, mi
sono sempre trovato bene anche se spesso ho pagato di persona, ma questo mi ha formato un
carattere, mi ha dato la coscienza di quello che potevo fare e quello che ho fatto. Mio padre era
molto legato a questa terra, a Trieste avrebbe voluto venirci più spesso, ma non gli fu possibile: un
po’ per i suoi impegni e un po’ perché non lo invitavano, così come è successo a me. Io manco qui
dal 1951, avrei voluto venire, qualche volta ero occupato, molto più spesso non mi hanno proprio
invitato, mi hanno proprio ignorato completamente. Io andavo a recitare in tutte le città d’Italia, le
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più importanti, andavo a Parigi, a Londra, a Berlino, a Varsavia e non riuscivo a venire a Trieste. È
così, a volte la vita è ingiusta. Però è importante esserci arrivato e aver avuto il bellissimo successo
che sto avendo in questi giorni. Mio padre era molto legato a questa terra perché lui aveva fatto, nel
1920, o giù di lì, il servizio militare, mio padre aveva fatto la Scuola Ufficiali, era sottufficiale dei
bersaglieri e aveva passato qui circa due anni, da queste parti. Era legato da tanti ricordi di gioventù,
forse anche da qualche fidanzata, tanti bei ricordi che si hanno, insomma, quando si è trascorsi una
parte della propria gioventù.
Peppino, come vi dicevo, è stato un grande artista. Spesso mi chiedono: “ Chi è stato il più bravo, il
più grande dei tre fratelli?”. Sono stati grandi e bravissimi tutti e tre è inutile fare una graduatoria.
Secondo me, un mio giudizio, Peppino è stato grande come attore soprattutto, come interprete,
Eduardo è stato grande come commediografo; le commedie di Eduardo resteranno nella storia del
nostro teatro e Titina è stata grande con le sue interpretazioni, ma è inutile che io stia qui a tessere
l’elogio dei fratelli De Filippo. La vostra presenza qui testimonia la vostra stima per Peppino in
particolare che noi stiamo ricordando.
Noi avevamo l’abitudine, fra me e mio padre di segnare, fermare sulla carta degli avvenimenti che
ci divertivano, chi ci incuriosivano e scrivevamo delle poesie, poesie umoristiche. Vedete, una delle
ragioni del successo del teatro dei De Filippo è stato che hanno portato sulla scena la famiglia; la
famiglia con i suoi problemi, le incomprensioni, a volte, fra marito e moglie, l’amore fra marito e
moglie, la difficoltà di colloquio, di dialogo fra genitori e figli, insomma, il quotidiano. Una volta,
mi ricordo io domandai, ero ragazzo e chiesi: “Ma che cos’è il teatro?”. Mi incuriosiva e mi
risposero: “Il teatro è la lotta quotidiana, il racconto della lotta quotidiana che fa l’uomo per dare un
senso alla propria esistenza". Se ci riflettete un momento è una grande verità. E allora si scherzava,
io e mio padre, ci raccontavamo degli episodi della nostra giornata e li mettevamo su carta. Io vi
voglio leggere, per il vostro piacere e anche per il mio, qualche poesia di queste che io leggevo a
mio padre e che lo divertivano.
ANIME GEMELLE
Moglie mia, noi siamo il polo nord e il polo sud nella vita matrimoniale. Noi teniamo la stessa
distanza tale e quale: tu sei l’esempio da enciclopedia di come sé nguaiata a vita mia. Se per caso
io dico bianco, tu sicuro dici nero, se mi sento un poco stanco il tuo umore invece è allero, a me me
piace u’ vino bianco, quel poco che posso a te te piace invece quello rosso. A me me piace a
parmigiana e mulegnane e a te te piace quella chi cucuzzielli. Le discussioni sono sempre quelle: io
dormo bbuono ca luce appicciata e tu nun può durmì si nun è studata. Ancora non mi spiego
cumm’è che fui capò quando che andammo in chiesa, quand’ io dicette sì, non rispondesti no!
Queste poesie, queste poesiole, queste osservazioni in versi divertivano molto mio padre, lui poi mi
rispondeva con un’altra poesia e così ci divertivamo in questo gioco.
Questa, invece io l’ho dedicata alla mia professione, alla professione dell’attore e si intitola:
PALCOSCENICO
Io ti ringrazio, passione ardente mia per avermi fatto conoscere la miseria e la nobiltà del teatro
che sono inseparabili. La magica creatività del teatro, a paragone della noiosa televisione che
suona sempre la stessa canzone. Grazie, per le rabbie e gli affanni che per anni hanno
accompagnato il mio lavoro rendendomelo più caro. Grazie, per l’illusione che mi hai regalato
ogni sera e che mi ha insegnato come la verità più sincera quassù sul palcoscenico è la bugia più
bella. La fantasia, questo è il tocco magico che muta il banale in geniale, questa è la più fulgente
stella che sulla scena del teatro brilla.
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Specialmente il tipo, il genere di teatro che facciamo noi, noi da Scarpetta che è stato il capostipite
ai De Filippo, richiede soprattutto fantasia. Una volta io chiesi a mio padre: “Ma qual è il segreto
dello scrivere una bella commedia?”. Perché a me è piaciuto soprattutto scrivere, io sono un autore
per vocazione e un attore per necessità. La mia passione è lo scrivere per il teatro, io ho scritto sette,
otto commedie, le ho rappresentate con grande successo, anche in televisione. E lui mi rispose:
“Vedi, prima di tutto devi immaginare una bella storia, poi trovare il titolo giusto e tre finali
indovinati”. Questa è la ricetta alla quale ho cercato di attenermi.
Ecco, quest’altra si intitola:
NONNA
Quando la nonna mia pigliò marito, non fece come fanno invece tante che dopo un po’ si trovano
l’amante. Lei in 50 anni in l’ha mai tradito. Racconta di un vecchio rimbambito che le voleva fare
lo spasimante e disse: “Ve regalo stu brillante, se venite a pigliarlo a casa mia…” Un altro, al
posto suo, come succede gli avrebbe detto subito: “D’accordo!” ma mia nonna che era onesta non
ci andò, anzi gli disse: “Statevi lontano!” Tanto che adesso, quando lo racconta ancora ci si
mozzica la mano.
MALIZIOSO SOSPETTO
Tu, sempre vicino a me, moglie mia bella. Nei momenti più tristi della vita, vicino a me come una
sentinella. Da fidanzati cadi giù dal motorino e c’eri tu, seduta sul sellino. Poi in ospedale, pronta
a consolarmi e quella volta che sotto le armi venni da te in licenza e il tram mi venne addosso: 3
mesi di degenza! Dolori a più non posso e c’eri tu accanto al mio letto di dolore. E sempre tu, con
immutato amore quando caddi ruzzoloni per le scale, mi portasti trepidante all’ospedale. E poi
quell’altra volta che feci l’incidente in una svolta assai pericolosa della strada, tu sempre accanto
a me. E allora scusa, ma mi viene un sospetto birichino: amore mio, visto che sempre a me tu stai
vicino, ma tu fossi nu poco malaugurio?
Sistemato da noi a Napoli vuol dire quando un figlio si accasa e trova finalmente la compagna
giusta, la ragazza giusta, si sposa, fa i figli e sta tranquillo lui e i genitori che lo vedono sistemato.
SISTEMATO
“…e mò basta ch’i femmene!” Me diceva mammà quando ero giovanotto. “Quanto te vulesse verè
sistemato, accasato. Mò iesci cu una, po’ iesci cu nata; i cene, i cumpagni, u tiatro…na vita
scumbinata che nun po’ durà. Invece, cu na brava guagliona vicino, cu una sola na casa, i figli e a
capa finalmente cu giudizio, me facissi stà cchiù tranquilla. Dammèllo chistu sfizio.” Qualche anno
è poi passato e me che finalmente, per la gioia di mammà me so spusato, sistemato: cu a casa, i
figli, appiccichi, i riebbiti, i discussioni voi mi dovete credere, io nun me so sentito mai tanto
nguaiato.
E per concludere: L’artista. Negli anni ’60, mio padre e io facevamo molte commedie in televisione
perché allora la televisione aveva un’attenzione particolare per il teatro, cosa che non ha più,
purtroppo. Erano in diretta queste commedie e quindi c’era il riscontro mediato il giorno dopo con il
pubblico e si capiva se la cosa era piaciuta; era quell’immediata popolarità che ti dava un mezzo
come la televisione. La televisione che oggi ha invaso le nostre case prepotentemente e anche
troppo fastidiosamente, alle volte. E vedete, noi De Filippo abbiamo avuto con la televisione un
rapporto sempre molto distaccato nel senso che la televisione rappresenta il potere, è arrogante e noi
non vogliamo padroni in casa nostra. In casa nostra c’è il teatro, il mondo dello spettacolo. Alle
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volte, quando la televisione si poneva con questo tono così arrogante, noi eravamo anche capaci di
dare una lezione e riaffermare la nostra indipendenza cioè che noi siamo soprattutto artisti di teatro.
Vi voglio citare un episodio: alcuni anni fa, telefonarono a Eduardo a casa per proporgli un ciclo di
commedie in televisione. Siccome Eduardo la pensava come la penso io, con una certa diffidenza
verso il mezzo televisivo, rispose: “Pronto”, “Qui è la televisione”, “Un momento vi passo il
frigorifero”. Cioè considerava un elettrodomestico, non altro che questo insomma, perché la vera
arte non si può fare là, ma si può fare quando se ne hanno le capacità sul palcoscenico. Allora
succedeva che io facevo queste commedie con mio padre e mi procuravo una piccola popolarità;
cominciavo a far delle particine un poco più importanti e la gente per la strada mi riconosceva e
siccome io facevo delle particine comiche, delle parti da sciocco, da ragazzetto ignorante la gente
riconosceva per strada e diceva: “Guarda, quello è Luigi De Filippo, quillo che fa u’ scemo ind’a
televisione!”. A me, questo fatto di essere identificato anche nella vita come quello che facevo per
lavoro, mi dava un po’ fastidio e allora scrissi questa poesia, immaginando una coppia, marito e
moglie, che mi riconoscono per strada, mi fermano per complimentarsi:
L’ARTISTA
“…scusate, scusate se vo scucciato, lo riconosco, ma me l’aggia levà a soddisfazione: voi siete
quell’artista conosciuto che spesso vego ind’a televisione. Eh da vicino sembrate proprio un altro Carmè, che dici? A te te pare u stesso? - Tenete un’espressione più seriosa, non pare mai a stessa
faccia i fesso! Scusate, è vero, quella è l’emozione e voi ci piacete tanto a tutti e due. Mia moglie
con voi ne fa risate; nessuno fa lo scemo cumm’a vui”. Io spazientito fremo e poi rispondo: “No, un
momento, in quanto a questo nego, a faccia i fesso che tenete voi è superiore assai, quanto vi
prego. Tra noi, però, c’è grossa differenza, l’artista cambia a recita finita, pagato, a faccia i fesso a
tene apposta, ma voi gratìs vi rimane a vita!”
Grazie, vi ringrazio. Spero di avervi intrattenuti piacevolmente, ricordando soprattutto quel grande
artista che è stato Peppino De Filippo.
Giovanni Esposito
Grazie maestro, grazie davvero anche per questa generosità di recitazione inaspettata e ovviamente
gradita.
Luigi De Filippo
Ma io sono imprevedibile…Stateve accorti.
Giovanni Esposito
Grazie a tutti, grazie per essere intervenuti e arrivederci.
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