Una visione antica del cosmo Modelli matematici dell’universo Nella Grecia antica i filosofi si ponevano il problema della natura, del mondo, della sua origine e della sua composizione. Per Aristotele l’universo era il risultato di un disegno prestabilito; la sua armonia era opera di una intelligenza modellatrice che tende alla perfezione. La sfera centrale (detta anche sublunare) era occupata dalla Terra e dalla sua atmosfera; essa era l'unica parte "imperfetta" del cosmo, sia perché entro di essa i moti erano rettilinei, sia perché mutevole. Al di fuori di questa sfera ve ne erano altre otto, le prime corrispondenti ai sette pianeti (nell'ordine: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove e Saturno) e l'ultima alle stelle fisse. Ogni oggetto celeste sarebbe stato "incastonato" nella propria sfera e ne avrebbe quindi condiviso il moto circolare uniforme (perfetto, immutabile ed eterno) attorno alla Terra Convinto che l’universo fosse di origine divina, Aristotele affermava che la forma sia dei corpi celesti, sia delle loro traiettorie doveva essere la più perfetta, cioè quella circolare; anche la Terra per Aristotee era una sfera, immobile al centro dell’universo. Affermava anche che l’universo è finito e limitato dalla sfera delle stelle, perché ha un centro, cioè il centro della Terra, e un corpo con un centro non può essere infinito. Per Aristotele intorno alla Terra si muovevano di moto circolare uniforme le sfere dei corpi celesti, indistruttibili, e immutabili,comosti di uno straordinario elemento: l'etere Le stelle e i pianeti venivano percepiti anche ad occhio nudo, perché composti di un etere più denso e luminoso, mentre le sfere restavano trasparenti in quanto l’etere che le componeva era più rarefatto e diafano. Gli astronomi di quel tempo condividevano per lo più la visione geocentrica di Aristotele: avevano però osservato dei corpi celesti muoversi tra le stelle fisse, e li avevano battezzati Pianeti. Si erano anche resi conto che la velocità angolare dei pianeti intorno alla Terra varia nel corso dell’anno: non spiegare queste irregolarità significava ammettere un elemento di imperfezione nel mondo perfetto dei cieli. Nel quarto secolo a. C. l’astronomia era una branca della matematica: per trovare una giustificazione alle irregolarità dei fenomeni celesti, cercavano di creare modelli geometrici che imitassero il movimento del cielo. Eudosso di Cnido fuil primo a tentare una spiegazione matematica del sistema degli astri erranti, elaborando un modello che ne rappresentasse il complicato moto. Nel modello detto “delle sfere omocentriche” Eudosso assegnò ad ogni astro errante un certo numero di sfere concentriche articolate tra loro, ciascuna delle quali ruotava con velocità diversa su un asse diverso: i movimenti combinati delle sfere riproducevano le peculiarità del moto dell’astro. Le sfere omocentriche di Eudosso. Per la rotazione diurna della Terra immobile era sufficiente un’unica rotazione; il moto dei pianeti allora conosciuti veniva spiegato con una prima sfera che induceva il moto diurno, un’altra per il moto mensile ed infine una terza ed una quarta, con diverso orientamento dell’asse, per il moto irregolare: Tre sfere per il Sole e tre per la Luna completavano i complicato sistema con cui Eudosso salvava l’idea del moto circolare uniforme dei pianeti. La rappresentazione del moto dei pianeti elaborata da Eudosso fu apprezzata dallo stesso Aristotele che la accettò nella sua cosmologia. Con Aristotele il modello cosmologico delle sfere omocentriche, da semplice modello matematico divenne parte di una descrizione “fisica” del mondo. L’ immagine aristoteleca dell’universo e delle sue leggi fu accettata come dogma dalle generazioni successive. Con la nascita, nel II secolo a.C., della scuola di Alessandria d’Egitto la tradizione filosofica e scientifica greca raggiunse i suoi risultati più alti Gli studi di astronomia compiuti dagli insegnanti della scuola produssero un significativo incremento delle conoscenze sul cielo. Gli astronomi si dotarono di nuovi strumenti per le osservazioni astronomiche, disegnarono carte nautiche e proposero originali ipotesi sulla struttura della Terra, sulla natura dei pianeti e delle stelle e sulle leggi e le forze che regolano i moti degli astri. Il concetto di una Terra sferica prese il posto di precedenti credenze in una Terra piatta: Eratostene ne calcolò il diametro con straordinaria precisione e tracciò una carta del mondo con meridiani e paralleli. Famoso è il catalogo stellare in cui Ipparco di Nicea riportava le coordinate celesti di oltre 1000 stelle ordinate in sei classi di magnitudine apparente, da quella delle stelle più brillanti a quella delle stelle appena visibili a occhio nudo Gli astronomi iniziarono a porsi il problema delle leggi che governano il moto del Sole e della Luna, il cui tracciato apparente nel cielo cambia nel corso dell'anno. Eraclide pontico, per spiegare il moto diurno dei cieli, pensò ad un moto della Terra intorno al proprio asse da occidente ad oriente. Aristarco di Samo formulò una teoria che vedeva il Sole e le stelle immobili e la Terra e gli altri pianeti in rotazione lungo una circonferenza intorno al Sole . Attribuì inoltre l'alternarsi delle stagioni all’inclinazione dell’asse della Terra rispetto al piano della sua orbita intorno al Sole. La teoria eliocentrica di Aristarco non ebbe successo tra i contemporanei che vedevano Il Sole ruotare intorno a loro sulla volta celeste ed anche per la grande influenza che avevano le idee di Aristotele. Il modello proposto da Aristotele non era però in grado di spiegare le traiettorie apparenti dei pianeti, soprattutto quelle di Marte che sembra a volte arrestarsi e tornare indietro. Per far quadrare le osservazioni con il dogma aristotelico Ipparco di Nicea propose un modello secondo il quale tutti i pianeti, la Luna e il Sole ruotavano attorno a cerchi di raggio minore (epicicli) i quali a loro volta ruotavano attorno alla Terra secondo orbite con raggio maggiore( deferenti). a: immagine di un epiciclo che ruota sul deferente; b:immagine del moto intrecciato che essi generano. Per un osservatore posto al centro del sistema (la Terra) il moto complessivo descrive con buona approssimazione il moto apparente dei pianeti nella volta celeste. L’astronomia geocentrica pervenne al massimo sviluppo con Tolomeo, scienziato della Scuola Alessandrina vissuto tra il 100 e il 170 d.C circa. Tolomeo, basandosi soprattutto sul lavoro svolto tre secoli prima da Ipparco, raccolse la conoscenza astronomica del mondo greco nella sua più nota opera, l’Almagesto. Il nucleo centrale del trattato è costituito dalla descrizione matematica del moto del Sole, della Luna e dei cinque pianeti allora conosciuti: per il moto di ciascuno è sviluppata una particolare teoria in grado di descrivere e prevedere con notevole precisione i moti osservabili. Il modello degli epicicli e dei deferenti spiegava le retrogradazioni ma non giustificava le variazioni della velocità del moto dei pianeti nel corso dell’anno Tolomeo perfezionò la teoria degli epicicli e deferenti con l’introduzione dell’equante (un ipotetico punto spostato rispetto al centro della Terra) come centro del moto del Sole e della Luna. Con questa nuova impostazione Tolomeo riuscì a spiegare perché il Sole si muove rispetto alla Terra con una velocità non costante, salvando il dogma aristotelico della velocità uniforme dei pianeti. Anche se il Sole si muove di moto circolare uniforme (cioè percorre i tratti A–A’ e B–B’ nello stesso tempo), da Terra vediamo il Sole, nello stesso tempo percorrere distanze angolari diverse. La teoria tolemaica, più complicata di quella di Aristarco, fu accettata perché in accordo con il modello fisico di Aristotele e rimase per dodici secoli riferimento per tutto il mondo. Il grande merito di questo sistema è che Tolomeo, descrivendo singolarmente la traiettoria di ciascun pianeta con un'opportuna combinazione di epicicli, eccentrici ed equanti, riuscì a trovare per ogni pianeta una combinazione di moti in grado di predire le posizioni succewssive occupate dal pianeta stesso, cosa che migliorava notevolmente i risultati raggiunti precedentemente. Sembra tuttavia che Tolomeo stesso non pretendesse di aver trovato un modello dell'universo avente realtà fisica:al contrario gli bastava aver trovato un modello matematico che permettesse il calcolo delle posizioni successivamente occupate dai pianeti.