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Capitolo 3
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Le fonti del diritto
ecclesiastico
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se
1 Classificazione delle fonti. - 2 Fonti di provenienza unilaterale statale. - 3 Fonti di provenienza unilaterale confessionale. 4 Fonti di provenienza bilaterale. - 5 L’articolo 7 della Costituzione. - 6 I conflitti tra le norme pattizie e le altre norme. - 7 Le
modifiche dei Patti Laternanensi.
br
Sommario
1 Classificazione delle fonti
ig
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Es
Anche per il diritto ecclesiastico vale, in linea di massima, la distinzione
in fonti di produzione (organi, fatti e procedimenti tramite i quali le
norme sorgono e diventano efficaci) e fonti di cognizione (atti che contengono le norme e le fanno conoscere): per quanto riguarda queste
ultime (che sono quelle che maggiormente ci interessano) c’è però da
rilevare la peculiarità della disciplina in esame costituita dal fatto che le
norme che concorrono a costituirla, pur ricollegandosi sempre all’ordinamento statale, hanno origine differente, in quanto alcune sono di immediata derivazione statale, altre sono esecuzione di preventivi accordi
(concordati, intese, etc.) con l’autorità religiosa e altre, infine, sono norme prodotte da ordinamenti diversi da quello statale (ordinamenti interni confessionali delle varie autorità religiose), recepite in quest’ultimo
attraverso particolari forme di collegamento.
op
yr
Da ciò consegue, secondo D’AVACK, una tripartizione delle fonti di diritto ecclesiastico in:
a) fonti di provenienza unilaterale statale;
b) fonti di provenienza unilaterale confessionale;
c) fonti di provenienza bilaterale statale e confessionale.
C
Esaminiamole singolarmente nei paragrafi che seguono.
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2 Fonti di provenienza unilaterale statale
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Parte Prima - Diritto ecclesiastico
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Premesso che in questa categoria rientrano tutte le norme che lo Stato
emana direttamente e autonomamente allorquando ritiene di disciplinare un determinato aspetto del fenomeno religioso, possiamo distinguere:
A) Fonti costituzionali
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Sono gli articoli della Carta costituzionale repubblicana in cui sono consacrati i principi ispiratori dello Stato in materia ecclesiastica e cioè:
— artt. 2, 3, 21: che sanciscono la libertà religiosa in generale;
— artt. 19, 20: che enunciano la libertà di professione e propaganda
religiosa;
— artt. 17, 18: che riguardano la libertà di riunione e di associazione;
— art. 33: che attiene la libertà di insegnamento;
— art. 7: che traccia il regime dei rapporti con la Chiesa cattolica (1);
— art. 8: che delinea il regime dei rapporti con le confessioni diverse
dalla cattolica.
Es
B) Fonti ordinarie generiche
ig
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Si tratta di tutte quelle norme, contenute nei codici o in altre leggi, che
pur non essendo proprie della materia ecclesiastica, si riferiscono comunque a quest’ultima direttamente o indirettamente come ad es.:
— art. 629 c.c.: disposizioni a favore dell’anima;
— art. 831 c.c. e art. 9 D.Lgs. 22-1-2004, n. 42: disposizioni circa i beni
ecclesiastici e gli edifici di culto;
— artt. 402-406; 664; 724 c.p.: delitti contro la religione;
— L. 22-3-1973, n. 903: previdenza sociale a favore dei ministri di culto;
— D.Lgs. 16-4-1994, n. 297: T.U. delle disposizioni legislative in materia
di istruzione e relative alle scuole di ogni ordine e grado.
op
yr
Vanno anche menzionati il T.U. delle leggi di P.S. e connesso regolamento (R.D. 18-61931, n. 773 e R.D. 6-5-1940, n. 635), la legge sull’obiezione di coscienza (8-7-1998, n.
230), il cd. Statuto dei lavoratori (L. 20-5-1970, n. 300), la legge sul divorzio (1-12-1970, n.
898), la legge sul cambiamento di sesso (14-4-1982, n. 164) nonché le disposizioni di
leggi regionali concernenti l’assistenza, l’istruzione religiosa, i consultori familiari etc.
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C
(1) Si discute in dottrina se siano da considerarsi fonti costituzionali, per il richiamo di cui all’art. 7,
anche i Patti Lateranensi.
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ı Capitolo 3 - Le fonti del diritto ecllesiastico
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C) Fonti ordinarie specifiche
S.
Sono costituite da tutte le norme emanate per disciplinare esplicitamente
la materia ecclesiastica.
In tale categoria rientrano in primo luogo tutte le leggi emanate dal Regno d’Italia dal 1861 fino ai Patti Lateranensi (11-2-1929) quali quelle
facenti parte della cd. legislazione eversiva nonché la famosa legge delle
guarentigie (13-5-1871, n. 214).
br
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La maggior parte di questa legislazione è, comunque, venuta meno a seguito dei Patti
Lateranensi che, hanno sancito una generale abrogazione di tutte le disposizioni anteriori in contrasto con quelle contenute in tali accordi.
li
Vi è poi tutto l’insieme delle norme emanate dallo Stato dopo i Patti
Lateranensi del 1929 e il nuovo Concordato del 1984 intese ad interpretare, attuare o integrare le norme concordatarie.
Es
se
Tra le leggi relative ai culti acattolici ricordiamo:
— L. 25-6-1929, n. 1159 regolatrice, in genere, della vita e dell’attività di
tutte le confessioni acattoliche esistenti in Italia;
— D.P.R. 18-5-1961, n. 676 sul riconoscimento della personalità giuridica
della «Chiesa evangelica luterana in Italia» e approvazione dello Statuto.
3 Fonti di provenienza unilaterale confessionale
ig
ht
©
Si tratta di norme prodotte dagli ordinamenti giuridici confessionali per
disciplinare determinati rapporti ed alle quali lo Stato conferisce valore
giuridico ed efficacia civile, rinunziando a dare una disciplina propria a
quegli stessi rapporti, consentendo che questi ultimi siano regolati dall’ordinamento confessionale le cui statuizioni vengono, pertanto, ad essere recepite dall’ordinamento giuridico statuale.
yr
Nella pratica il problema si pone quasi esclusivamente con l’ordinamento giuridico della
Chiesa cattolica (il diritto canonico) che costituisce addirittura, come rileva D’AVACK, la
base fondamentale o il completamento necessario sia delle norme di produzione unilaterale statale, sia di quelle stesse di provenienza bilaterale delle due autorità.
op
4 Fonti di provenienza bilaterale
C
Si tratta di quelle norme che, pur essendo sempre unilaterali, sono predisposte come attuazione di un impegno assunto con altro ordinamento.
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Parte Prima - Diritto ecclesiastico
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Esempi tipici ne sono la L. 27-5-1929, n. 810, con la quale fu data attuazione alle disposizioni contenute nei Patti Lateranensi del 1929, nonché
la L. 25-9-1985, n. 121 con la quale è stata data piena e intera esecuzione
al nuovo Concordato del 1984; in tal modo quelle norme, frutto dell’accordo di due contraenti (cd. norme pattizie), appartenenti ad un ordine
esterno (internazionale) e che obbligano solo lo Stato in quanto tale,
sono entrate a far parte dell’ordinamento interno statuale con efficacia
obbligatoria per i cittadini.
br
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Altri significativi esempi sono rappresentati dalle leggi 449/1984, 516/1988, 517/1988,
110/1989, 116/1995 e 520/1995 sui rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose non
cattoliche, emanate sulla base delle rispettive intese stipulate, ex art. 8, 3° comma, Cost.,
tra la Repubblica italiana e dette confessioni.
se
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5 L’articolo 7 della Costituzione
A) Generalità
Es
La Costituzione italiana manifesta un interessamento particolare per determinati fenomeni sociali quali ad es. il lavoro ed il sentimento religioso.
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Di tale ultimo fenomeno essa si è interessata:
a) dal punto di vista individuale riconoscendo un diritto soggettivo di
libertà religiosa (art. 19);
b) dal punto di vista organizzativo esterno riconoscendo una particolare
posizione alla Chiesa cattolica (art. 7) e una rilevanza giuridica a tutte
le formazioni sociali con finalità religiose.
yr
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Per quanto riguarda in particolare la Chiesa, i rapporti tra essa e lo Stato
vengono disciplinati dall’art. 7, che afferma testualmente:
«Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
I loro rapporti sono regolati dai Patti lateranensi. Le modificazioni dei
Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione
costituzionale».
B) L’autonomia della Chiesa
C
op
In ordine alla statuizione del 1° comma dell’art. 7, nota SPINELLI che
esso viene a «considerare comparativamente due ordinamenti, lo Stato e
la Chiesa, i quali hanno in comune due dei tre elementi essenziali e cioè
il territorio e la popolazione», puntualizzando il principio dell’esistenza di
due «istituzioni» indipendenti e sovrane che esercitano autonomamente
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ı Capitolo 3 - Le fonti del diritto ecllesiastico
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le loro potestà di regolamento giuridico delle materie proprie di ciascuna.
Ne deriva che lo Stato ha inteso riconoscere l’esistenza di un ordine in
cui la Chiesa è sovrana, nel quale può organizzarsi come vuole senza
ingerenza alcuna da parte dello Stato.
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Conseguenze di un tale riconoscimento sarebbero che:
a) la «Chiesa» deve essere considerata (similmente allo Stato) come
una «societas iuridice perfecta», ossia non sottoposta a nessun altro
ente sovrano, ma originaria ed indipendente, dotata nell’ambito
dell’ordinamento statale dei mezzi per raggiungere il proprio scopo;
b) lo «Stato» vede limitati i suoi poteri in ordine a quelle «materie» che
riconosce di esclusiva competenza della Chiesa.
Dottrina
Es
se
Tale opinione non è condivisa da quanti negano che lo Stato possa incontrare limitazioni giuridiche al proprio ordine e quindi alla propria competenza e giurisdizione (D’AVACK) o ritengono che, tutt’al più il 1° comma in questione «contenga una
direttiva, cui lo Stato dichiara di doversi attenere nell’esercizio del suo potere», ma che
«non costituisce un limite giuridico obiettivo che abbia l’efficacia di menomare codesto
potere» (DEL GIUDICE V.).
Altri autori, infine (GISMONDI, SPINELLI) sono dell’avviso che il 1° comma dell’art. 7
non possa interpretarsi se non correlato col successivo 2° comma, nel senso che il
riconoscimento dell’originarietà e indipendenza della Chiesa avviene esclusivamente
nell’ambito concretamente determinato dai Patti lateranensi.
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C) Il problema della costituzionalità dei patti
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Affermato, al 1° comma, il principio della esistenza di un ordine riservato
alla sovranità della Chiesa e della necessità di delimitarne in concreto i
confini, l’art. 7, al 2° comma (superando la tesi di una regolamentazione
concordataria futura) ha risolto il problema sancendo che tale regolamentazione vada fatta in base ai Patti Lateranensi in vigore al momento
della formulazione della Carta costituzionale.
In tal modo, i Patti stessi sono divenuti la «misura costituzionale» della
competenza che lo Stato ha attribuito all’ordine suo e della Chiesa (PETRONCELLI).
Dottrina
C
op
Ci si è chiesto se il legislatore, richiamando esplicitamente i Patti Lateranensi come
fonte per regolare i rapporti tra Stato e Chiesa, li abbia, con questo stesso richiamo,
costituzionalizzati e cioè li abbia fatti entrare a far parte integrante della Costituzione.
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Parte Prima - Diritto ecclesiastico
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Da qui la non ancora sopita polemica tra:
— i cd. curialisti (cioè i paladini della posizione di superiorità della Chiesa) i quali
sostengono, con svariati motivi, una «forza» superiore (rango costituzionale o meno)
delle norme concordatarie: tali autori vengono anche denominati ecclesiasticisti;
— i cd. regalisti (cioè i giuristi laicisti) i quali si sforzano di dimostrare il rango
ordinario delle norme concordatarie per evitare che i privilegi da esse stabilite a
favore della Chiesa possano intaccare i principi di uguaglianza e libertà successivamente sanciti dalla Costituzione.
La dottrina dominante (in un primo momento favorevole) attualmente esclude tale
costituzionalizzazione per un duplice ordine di motivi:
1) il contenuto di molteplici norme dei Patti, oltre a non essere più conforme ai
principi ispiratori della Costituzione, è relativo a rapporti concreti e non avrebbe,
quindi, carattere «materialmente» costituzionale;
2) la possibilità, prevista dal 2° comma dell’art. 7, di modifica dei Patti a mezzo
dell’ordinario procedimento legislativo, comporterebbe (ove si riconoscesse la costituzionalità delle norme pattizie) per alcune norme costituzionali (in aperto contrasto con il principio dell’art. 138 Cost.), forme di revisione diverse da quelle previste per tutte le altre e sottratte interamente agli interventi popolari (MORTATI).
Si discute, in dottrina, se anche le norme del nuovo Concordato del 1984 godano della
stessa copertura costituzionale (sia pure nei limiti sopra precisati) dei Patti lateranensi del 1929.
Le univoche formulazioni del 4° comma del Preambolo e dell’art. 13, n. 1, che definiscono le norme stesse «modificazioni consensuali del concordato lateranense»
sembrano non lasciare dubbi circa la sussistenza di tale «copertura».
Di parere contrario DE BERNARDIS il quale pone l’accento sull’intrinseco contenuto
del nuovo Concordato, che, a suo dire, si discosterebbe talmente da quello lateranense, «da non assomigliarli nemmeno dal punto di vista meramente sistematico».
Per TEDESCHI ciò che l’art. 7, 2° comma, Cost., aveva costituzionalizzato non erano
le singole norme degli accordi del ’29, ma il principio pattizio, ossia il principio in
base al quale lo Stato non avrebbe proceduto, nelle materie di comune interesse,
unilateralmente, ma in via bilaterale. Pertanto l’Autore considera l’art. 7 solo una dichiarazione di principio, che «vincolava il Parlamento a non legiferare in maniera
contraria ai patti ed il governo ad eseguire gli impegni assunti».
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6 I conflitti tra le norme pattizie e le altre norme
yr
Quanto innanzi esposto viene a riflettersi sulla soluzione di eventuali
conflitti che potrebbero sorgere tra le norme pattizie e le altre norme
dell’ordinamento giuridico.
C
op
Il contrasto, in pratica, può insorgere:
a) con una norma statale ordinaria;
b) con una norma di carattere costituzionale;
c) con una norma di attuazione dei Patti.
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ı Capitolo 3 - Le fonti del diritto ecllesiastico
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Esaminiamo, in particolare, questi casi:
A) Conflitti tra norme pattizie e norme ordinarie
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Quanto innanzi precisato circa il cd. riconoscimento costituzionale del
diritto concordatario porta alla ovvia conclusione della prevalenza della
norma pattizia nei confronti di quella interna: conclusione che ha trovato
il conforto di alcune decisioni della Magistratura sia ordinaria che costituzionale.
br
B) Conflitti tra norme pattizie e norme costituzionali
li
Va subito premesso che alcuni contrasti eclatanti tra norme pattizie e
norme costituzionali, sono stati eliminati dal nuovo Concordato.
Si pensi, ad esempio, ad alcune norme del vecchio Concordato, ora abrogate:
se
— l’art. 5 (ed è l’esempio più citato in dottrina) che, comportando una limitata incapacità giuridica per il chierico apostata, contrastava con il disposto degli artt. 3, 21 e 51
della Costituzione;
— oppure l’art. 39, relativo all’insegnamento religioso cattolico, che appariva in contrasto con l’art. 33 Cost.
Es
Ad ogni modo parte della dottrina (v., per tutti, JEMOLO) è stata dell’avviso che debba prevalere, in ogni caso, la norma costituzionale.
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Altri Autori (DEL GIUDICE V., PETRONCELLI) ritengono che prevalga la
norma pattizia e ciò per i seguenti motivi:
a) essendo le norme pattizie di carattere «speciale» esse prevalgono su
quelle generali;
b) l’Assemblea costituente, votando il 2° comma dell’art. 7, ha evidenziato
la propria volontà che le pattuizioni degli accordi valgano anche contro altre norme della stessa Costituzione.
yr
ig
Il problema è stato preso in esame dalla Corte costituzionale la quale,
con le sentenze n. 30 del 1° marzo 1971 e n. 175 dell’11 dicembre 1973,
ha affermato la giuridica rilevanza delle norme pattizie anche quando
contrastino con altre disposizioni della Costituzione, a meno che non si
tratti (ed è questo un criterio innovativo) dei principi supremi dell’ordinamento costituzionale dello Stato.
Dottrina
op
Quali siano in concreto questi principi, non è stato ancora chiarito in dottrina:
C
— alcuni (SPINELLI) escludono che si tratti dei principi fondamentali sanciti nei primi
12 articoli della Costituzione (la Corte li avrebbe indicati specificamente) dovendosi invece riferire a principi istituzionali rilevabili attraverso la concreta configurazione e al modo di essere delle singole istituzioni e dello Stato medesimo;
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Parte Prima - Diritto ecclesiastico
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— altri (GISMONDI) sono del parere che tali principi non possono essere che quelli
che ispirano la Costituzione nel suo complesso, cioè qualificanti e basilari, come i
precetti contenuti negli artt. 1, 2 e 3, 1 ° comma, Cost.;
— altri, infine (PETRONCELLI) sono del parere che tali principi non siano qualche
cosa di astratto o di anteriore alla Costituzione stessa, dalle cui norme, pertanto,
vanno esclusivamente desunti.
C) Conflitti tra norme pattizie e norme di attuazione
se
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Con l’entrata in vigore dell’art. 7, 2° comma, Cost., essendo stata riconosciuta alle norme pattizie una efficacia pari a quelle costituzionali, esse
prevalgono sulle altre norme che, per quanto successive, sono di minor
forza vincolante perché norme di legge ordinarie.
L’art. 14 del nuovo Concordato prevede, comunque, che, «se in avvenire
sorgessero difficoltà di interpretazione o di applicazione», le parti
affideranno «la ricerca di una amichevole soluzione» a una Commissione paritetica.
Es
7 Le modifiche dei Patti Lateranensi
Per modificare le norme contenute nei Patti Lateranensi si possono seguire due vie, ambedue sancite dalla Costituzione:
A) Nuovo accordo con la Santa Sede
ig
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Il 2° comma dell’art. 7 parla di «modificazioni accettate dalle due parti»:
si tratta quindi di un nuovo accordo (totale o parziale) tra Stato e Chiesa
che, poi, dopo l’approvazione delle Camere, verrebbe ratificato dal Capo
dello Stato ed avrebbe piena e intera esecuzione con legge ordinaria
(non costituzionale, si badi bene!) dello Stato; è ciò che si è verificato, in
pratica, con l’accordo di revisione del Concordato lateranense (c.d. nuovo Concordato) firmato il 18 febbraio 1984.
yr
B) Procedura di revisione costituzionale di cui all’articolo
138 della Costituzione
C
op
L’avvenuta revisione bilaterale del Concordato del 1929, rende ancor più
remota questa ipotesi; comunque i pareri, in dottrina, circa la portata
dell’applicazione pratica di questa procedura, non sono affatto concordi:
— alcuni autori (DEL GIUDICE V.), ritenendo che l’art. 7 abbia
costituzionalizzato non il contenuto dei Patti, ma solo il principio
della regolamentazione, tramite i Patti stessi, dei rapporti tra Stato e
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Chiesa, sono dell’avviso che lo Stato, unilateralmente, senza concorso
della Santa Sede, possa soltanto eliminare, con procedimento di revisione costituzionale, lo stesso art. 7, denunciando quindi il Concordato tutto e restando poi libero di dare un diverso autonomo assetto alla
materia ecclesiastica;
— altri invece (OLIVERO, PETRONCELLI) ritengono che, qualora manchi
l’accordo con la controparte (quindi modificazioni non accettate dalle
due parti), lo Stato possa procedere egualmente alla modifica, anche di
singole norme pattizie (ad es. quelle in materia matrimoniale), ricorrendo, ovviamente, al procedimento di revisione costituzionale (postulato,
a contrario, proprio dal dettato del 2° comma dell’art. 7).
La posizione e l’efficacia delle norme canoniche nell’ordinamento italiano
li
Varie e controverse sono le teorie sulla figura che assume nel nostro diritto pubblico
l’attribuzione di efficacia civile alle norme della Chiesa:
Il rinvio può essere, a sua volta:
se
1) teoria di SANTI ROMANO il quale, preliminarmente distingue i casi in cui le norme della Chiesa sono semplici presupposti di quelle statali, dai casi in cui il diritto
statuale compie un vero e proprio rinvio alle norme della Chiesa.
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Es
— formale o non recettizio: allorquando lo Stato, pur trattandosi di materia che
esso vuol regolata, limiti al riguardo la propria competenza legislativa, riconoscendo il regolamento che essa riceve da altro ordinamento «in modo che le
norme di quest’ultimo vengano ad acquistare una qualche efficacia per lo stesso Stato pur rimanendo leggi ad esso estranee»: tipico il caso delle norme regolanti il matrimonio nel diritto canonico (art. 34 Conc. e L. 27-5-1929, n. 847
nonché art. 8 Acc. Rev.);
— materiale o recettizio: allorquando lo Stato, per ragioni di opportunità, preferisce richiamare, per determinate materie, norme di un altro ordinamento: in tal
caso la norma si stacca dal proprio ordinamento (quello canonico) e si inserisce (si cristallizza secondo PETRONCELLI) nell’ordinamento statuale;
yr
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2) teoria di CHECCHINI il quale ritiene non possa distinguersi tra rinvio formale e
rinvio recettizio ed afferma che le norme della legge italiana, le quali conferiscono
valore giuridico a quelle del diritto canonico, debbano essere considerate come
norme sulla produzione giuridica, applicando così i principi fondamentali ai quali
si informa il collegamento, sul piano internazionale, tra ordinamenti giuridici statuali. In definitiva la norma canonica verrebbe considerata alla stregua di quella
emanata da uno stato estero e come tale richiamata nel nostro ordinamento;
3) teoria di D’AVACK che si ricollega alla distinzione di SANTI ROMANO tra norme
canoniche semplicemente presupposte dall’ordinamento statuale e norme canoniche che sono invece efficaci nello Stato attraverso il procedimento del rinvio.
L’Autore distingue a tal proposito:
C
op
— nel caso delle norme attinenti «la creazione e costituzione dell’organizzazione
confessionale cattolica in Italia e dei vari istituti e rapporti ad essa connessi» vi
è, da parte dello Stato, un puro e semplice fenomeno di presupposizione e
ricognizione della loro mera esistenza di fatto;
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Parte Prima - Diritto ecclesiastico
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— qualora, invece, si tratti di norme attinenti «la vita e il funzionamento di tale
organizzazione confessionale e dei vari istituti e rapporti ad essa connessi nell’ordinamento italiano», il collegamento si realizza con un fenomeno, sia pure
speciale, di recezione o accoglimento, da parte dell’ordinamento giuridico statale, di norme esterne (cioè la disciplina dettata autonomamente dalla Chiesa
per la regolamentazione dell’attività e dei rapporti di cui sopra).
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p.
Questionario
S.
1. Come sono generalmente classificate le fonti del diritto ecclesiastico?
(par. 1)
2. Quali sono le più importanti norme costituzionali cui fanno riferimento i principi ispiratori dello Stato in materia ecclesiastica?
i
(par. 2)
br
3. Quali sono i tipici esempi di fonti di provenienza bilaterale?
(par. 4)
li
4. Da che punti di vista l’art. 7 della Costituzione prende in osservazione il fenomeno religioso?
se
(par. 5)
5. In che modo l’art. 7 della Costituzione riconosce l’autonomia della
Chiesa?
(par. 5)
Es
6. Come la Corte Costituzionale ha risolto il problema dell’eventuale
conflittualità tra norme pattizie e norme costituzionali?
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(par. 6)
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