Sarnesi 1943 naufraghi Orazio Ferrara 2010.pub

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Orazio Ferrara
Anno 1943.
Soldati sarnesi naufraghi in balia degli squali
2010
www.vesuvioweb.com
Anno 1943. Soldati sarnesi naufraghi in
balia degli squali
Oggi sappiamo che il sommergibile italiano
La tragedia del transatlantico Empress of
Canada
nardo Da Vinci, sappiamo anche che riuscì a
che affondò l’Empress of Canada era il Leo-
prendere a bordo un solo naufrago, un sottotenente medico, che poi trasbordò sul sommergibile Finzi durante il rifornimento di
di Orazio Ferrara
carburante in pieno Atlantico.
Nel bel libro del nostro concittadino Giuseppe Spera, “L’anno 1943 nella Valle del Sarno”, c’è un capitolo in cui si tratta
dell’affondamento in Atlantico, nell’anno
1943, della nave inglese “Empress of Canada” e dell’odissea di tre soldati sarnesi Umberto Odierna, Francesco Corrado e Giuseppe De Rosa, imbarcati su di essa quali prigionieri di guerra.
Consultando e studiando la documentazione
sia di fonte inglese che quella di fonte italiana c’era qualcosa che però non quadrava,
mentre era pacifico che l’Odierna e il Corra-
La buona fede dello Spera e del De Rosa so-
do si trovassero a bordo dell’Empress of Ca-
no fuori discussione. E allora, come quadrare
nada, per il De Rosa nasceva un dubbio pro-
il tutto? D’altronde i ricordi del De Rosa so-
prio per le sue dichiarazioni. Dalle stesse,
no precisi: il sommergibile prese a bordo,
trascritte dallo Spera, si evinceva chiaramen-
insieme a lui, una cinquantina di naufraghi.
te che egli era stato raccolto ferito, unitamen-
Confessiamo che ci siamo arrovellati sulla
te ad una cinquantina di altri sventurati nau-
cosa per parecchio tempo, ma tutta la docu-
fraghi, da un sommergibile italiano, proba-
mentazione parlava chiaro: c’era un solo
bilmente l’affondatore, e poi sbarcato in
sommergibile quella tragica notte, il Da Vin-
qualche modo sulle coste africane, dove era
ci, ed aveva raccolto un solo naufrago e non
stato trasportato all’ospedale di Freetown,
era certo il De Rosa.
qui poi aveva incontrato successivamente
A volte le storie di guerra, per i numerosi
l’Odierna e il Corrado.
tasselli mancanti (la memoria fa brutti scherzi), sono come un gioco ad incastro da
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completare, forse per questo affascinano.
Continuavamo ad arrovellarci quando ci ricordammo di aver letto che in quel periodo,
pochi mesi prima e nello stesso spazio di mare, si era verificato una tragedia del tutto simile a quella dell’Empress of Canada, quella
del Laconia. Anche quest’ultima era una nave inglese, stracarica di prigionieri italiani,
che venne colpita ed affondata da un sommergibile, quella volta era un u-boote tedesco. Stessa drammatica scena: i naufraghi in
balia delle onde, infestate di famelici squali.
Stessa strage. C’è una differenza però, quella
Dopo la guerra il racconto di vicissitudini
volta corrono in aiuto dei naufraghi italiani
molto simili nella stessa zona di mare e di
alcuni sommergibili tedeschi ed italiani.
costa africana e grosso modo nello stesso
periodo di tempo, l’ignorare il nome delle
navi su cui si era (non dimentichiamo che si
trattava di prigionieri), trassero in inganno
chi raccoglieva quelle testimonianze e lo
convinsero così trattarsi di un unico episodio
bellico. Ma non era così.
Nel 1939, al momento dello scoppio del secondo conflitto mondiale, il grande transatlantico inglese Empress of Canada (il 1° di
questo nome), di 21.517 tonnellate, venne
Il nostro sommergibile Cappellini, a rischio
convertito in un capace trasporto truppe. Da
di affondare, ne imbarca addirittura una cin-
allora innumerevoli i suoi viaggi con cui,
quantina dei feriti più seri (coincide perfetta-
circumnavigando l’Africa, giungeva in Egit-
mente con il ricordo del De Rosa), che in
to rifornendo così quel lontano, insaziabile
qualche modo riesce poi a far traghettare sul-
fronte di guerra di sempre nuove truppe fre-
la vicina costa africana. Dunque il De Rosa
sche. Per questo motivo i sommergibili tede-
si trovava sul Laconia e non sull’Empress of
schi ed italiani in Atlantico gli davano da
Canada.
tempo, invano, la caccia.
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Il 1° marzo 1943, al comando del capitano
A guardia di quest'umanità dolente, oltre agli
Giorgio Goold, l’Empress of Canada, dopo
inglesi, c'erano, senza dubbio più tormenta-
aver imbarcato dei prigionieri italiani, lasciò
trici, sentinelle indiane, senegalesi e perfino
il porto di Durban nell’Africa del Sud con
greche. Moltissimi altri sarnesi, tra cui Fran-
rotta di ritorno verso la Gran Bretagna.
cesco Corrado, sperimentarono la “calda o-
Ed è proprio a Durban che vennero imbarcati
spitalità” di questi campi sulla loro pelle.
i sarnesi Umberto Odierna e Francesco Cor-
Alla fine sia l’Odierna che il Corrado furono
rado, entrambi caduti prigionieri degli inglesi
trasferiti in Sud-Africa, dove si stava effetti-
durante i combattimenti in Africa Settentrio-
vamente meglio, prima a Città del Capo poi
nale. L’Odierna del ramo inteso dei Foroce,
a Durban. Qui, l’ordine di un nuovo trasferi-
classe 1913, all’inizio delle ostilità era stato
mento per l’Inghilterra.
destinato ad un presidio in Libia, dove aveva
L’Empress of Canada era giunto all’altezza
trovato un compaesano, il tenente Paolo An-
delle coste africane del Gana, quando nella
nunziata da Sarno. Cadde prigioniero nei
notte tra il 13 e 14 marzo incappò in un
giorni dell'operazione "Crusader", iniziata il
sommergibile nemico, che per ironia del de-
18 novembre 1941, quando l'8a Armata in-
stino era di nazionalità italiana, il Leonardo
glese, comandata dal generale Cunningham,
Da
sferrò una poderosa offensiva contro le forze
dell’Empress of Canada e di tanti italiani,
italo-tedesche che circondavano la piazzafor-
che vi si trovavano imbarcati quali prigio-
te di Tobruk.
nieri di guerra. Da fonti inglesi apprendiamo
Per i successivi 6 mesi Umberto Odierna fu
che, oltre a 499 prigionieri italiani e natural-
“ospite” dei famigerati campi di concentra-
mente all’equipaggio, la Empress of Canada
mento inglesi, che si trovavano in pieno de-
trasportava circa 200 soldati polacchi rila-
serto egiziano, tra il Cairo ed Alessandria.
sciati dall’Unione Sovietica e catturati da
Questi campi erano divisi in "recinti" o
quest’ultima al tempo della spartizione della
"gabbie", ogni recinto era costituito da un
Polonia con la Germania hitleriana, 200 mi-
gruppo di circa 50 tende, ciascuna tenda
litari della Royal Navy, dei piloti da guerra
"ospitava” un minimo di 11 persone.
della France Libre, dei greci e numerose
. Erano in realtà dei "quadrati infernali" di
donne britanniche che tornavano in patria,
sabbia rovente, dove erano accatastati mi-
nonché militari inglesi feriti, per un totale,
gliaia di uomini, tormentati dal caldo, dalla
secondo la testimonianza di un superstite,
sete, dalla fame, dai pidocchi e, non ultime,
l’ufficiale della marina mercantile Charles
dall'inerzia e dalla disperazione.
Cusack, di 1.346 persone.
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Vinci.
Fu
l’inizio
della
tragedia
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Sul numero dei prigionieri italiani imbarcati
concordano tutti gli studiosi, circa 500. Anche sul numero delle perdite vi è concordanza, 392. Le fonti inglesi parlano di 142 loro
perdite (tra cui 44 membri dell’equipaggio e
8 artiglieri), le restanti 250 sono tra i prigionieri italiani, praticamente il 50% di quelli
imbarcati. Un così elevato numero di vittime
solamente tra gli italiani è sempre sembrato
La fanno trapelare gli stessi inglesi. Infatti i
molto strano. Solo recentemente grazie a siti
prigionieri
storici inglesi nella rete internet, che raccol-
all’inverosimile in parte delle stive, le cui
gono e pubblicano, dopo averle passato al
uscite la sera venivano bloccate con pesanti e
vaglio di un severo, accurato controllo, docu-
robusti catenacci. Scrivono eufemisticamente
mentazione e testimonianze sulla seconda
al riguardo gli inglesi: “Because of the cir-
guerra mondiale, si è saputa la tragica ed a-
cumstances the Italians were locked up only
marissima verità.
during the evening, in the forward hold” (A
“Noi prigionieri italiani eravamo sistemati
causa delle circostanze gli italiani furono
nella stiva, in condizioni tutt’altro che age-
chiusi a chiave solamente durante la sera).
voli ed igieniche”. Così la testimonianza del
Al momento del siluramento era notte fonda
superstite italiano Pietro De Ambrosis.
e all’ordine di abbandonare la nave non tutti
italiani
erano
stipati
fino
gli ufficiali di sorveglianza si erano attivati,
come è prassi normale in simili casi
La realtà era molto più terribile.
d’emergenza, per far sbloccare le uscite delle
stive. Qualcuno deliberatamente, per odio
degli italiani o per semplice crudeltà, aveva
omesso di farlo, condannando metà dei prigionieri a morte certa. Ecco spiegata la strage degli italiani, morti per annegamento come cavie in una trappola immersa in un secchio d’acqua. Si ripeteva così, anche se in
proporzioni minori, la tragedia del Laconia,
avvenuta nelle stesse acque pochi mesi prima.
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La prova di quanto sopra affermato, si ha
Eppure il comportamento dei sommergibili-
dalla seguente testimonianza di fonte ingle-
sti italiani fu in quell’azione impeccabile co-
se:
me sempre, e perfino umanitario nei limiti
“… one man who did not survive was the
imposti da quella crudele guerra per mare. Il
naval officer in charge of the Italian prison-
transatlantico Empress of Canada per circa
ers, who failed to pass on the order 'Abandon
tre anni e mezzo era sempre sfuggito alla
Ship' to the lower deck thus causing great
spietata caccia dei sommergibili tedeschi, in
loss of life among the prisoners. On hearing
quanto esso era considerato una ghiottissima
this, angry survivors grabbed the officer and
preda, oltre che per il suo tonnellaggio, so-
threw him overboard to the sharks. No for-
prattutto perché si sapeva che trasportava,
mal action was ever taken over this murder”.
come già accennato, sempre grossi contin-
“… un uomo che non sopravvisse fu l'uffi-
genti di truppa inglese per il fronte di guerra
ciale navale responsabile dei prigionieri ita-
dell’Africa Settentrionale. I capitani degli u-
liani, i quali non riuscirono a lasciare, all'or-
boote, per questa sua abilità di sfuggire ai
dine di “Abbandonate la nave”, il ponte più
loro agguati, l’avevano soprannominato il
basso, ciò provocò così la grande perdita di
“Fantasma”.
vite tra i prigionieri. A sentire questo, i su-
Quando, nella notte tra il 13 e 14 marzo
perstiti adirati afferrarono l'ufficiale e lo get-
1943, il comandante del Da Vinci inquadrò
tarono fuori bordo agli squali. Nessuno pro-
nel periscopio l’Empress of Canada non cre-
cesso formale fu mai intentato per questa
dette ai propri occhi. Finalmente aveva a tiro
uccisione”.
il “Fantasma” e subito pensò che come sempre doveva essere pieno zeppo di soldati.
Questo terribile episodio è sempre restato
Qualcuno ha scritto che ai combattenti italia-
misconosciuto in quanto conveniva un po’ a
ni nell’ultimo conflitto mondiale mancò la
tutti, sia agli italiani autori materiali del fat-
fortuna, non il valore. Nel caso del Da Vinci
taccio e quindi passibili di fucilazione, sia
ha perfettamente ragione, appena nel viaggio
agli inglesi cui ripugnava la stupida crudeltà
precedente, quindi circa un mese prima,
di quell’ufficiale.
l’Empress of Canada aveva fatto un carico di
ben 3.000 fanti britannici. Se il destino aves-
L’annegamento di parte dei prigionieri italia-
se anticipato il fatale appuntamento di una
ni ha offuscato per molto tempo l’immagine
trentina di giorni (e nelle crociere dei som-
della limpida vittoria del Da Vinci.
mergibili questi sono tempi relativamente
brevi), l’azione bellica del Da
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Vinci sarebbe passata negli annali della ma-
Antonino Trizzino nel suo “Sopra di noi
rineria mondiale. Ma il destino, beffardo,
l’oceano”.
aveva disposto diversamente. Sulla nave inquadrata nel periscopio quella volta c’era
Anche nell’azione contro l’Empress of Cana-
ben poca truppa nemica, ma soprattutto tanti
da fu dato il tempo agli inglesi di abbandona-
prigionieri italiani. Però il comandante Gaz-
re
zano Priaroggia questo l’ignorava, per cui
dell’ultimatum e quando si videro le scialup-
ordinò il lancio di un siluro per arrestare la
pe di salvataggio al largo fu lanciato un nuo-
corsa del transatlantico. Colpita in parti vitali
vo siluro, che nel giro di mezz’ora provocò il
la nave subito si fermò e cominciò a sbanda-
definitivo affondamento della nave.
la
nave.
Soltanto
allo
scadere
re, ma non sarebbe affondata. Occorreva finirla, per questo dopo poco emerse il som-
Al lancio del secondo siluro, il comandante
mergibile italiano. Prima di finire le loro pre-
Gianfranco Gazzana Priaroggia ignora total-
de con un altro siluro o, come più spesso pra-
mente che una parte dei passeggeri, purtrop-
ticato, spettacolarmente a cannonate serran-
po proprio i prigionieri italiani, non abbia
do sotto, cosa quest’ultima assai pericolosa e
potuto abbandonare la nave per il criminale
di cui ci ammiravano perfino i tedeschi, i
comportamento dell’ufficiale addetto alla
quali
conseguire
sorveglianza. Vede le scialuppe stracolme e
l’obiettivo e via, era consuetudine dei som-
ormai al largo, fa prendere a bordo un nau-
mergibili italiani dare un ultimatum ai co-
frago lì vicino, il sottotenente medico Vitto-
mandanti delle navi attaccate, dando un con-
rio Del Vecchio, che poi riuscirà a trasborda-
gruo lasso di tempo per abbandonare la nave
re sul sommergibile Finzi durante il riforni-
e far allontanare le scialuppe di salvataggio.
mento di carburante in pieno Atlantico e, do-
Non poche volte si raccoglievano perfino i
po che l’equipaggio schierato in coperta ha
naufraghi per quel numero che permetteva lo
gridato “Viva l’Italia” (testimonianza del
spazio ridottissimo dei sottomarini, oppure si
naufrago Pietro De Ambrosis), dà l’ordine
trainavano verso la costa le scialuppe di sal-
d’immersione. Non può assolutamente fer-
vataggio, ambedue le cose fortemente scon-
marsi, sia perché presto in quelle acque si
sigliate dai manuali di guerra. Eppure i co-
scatenerà la micidiale caccia antisom degli
mandanti italiani lo facevano spesso, con
inglesi, sia perché è ancora in missione di
assai gravi rischi.
guerra, infatti affonderà successivamente ben
La nostra guerra subacquea fu sempre im-
altre 5 navi nemiche.
pensavano
soltanto
a
prontata a simili comportamenti cavallereschi, al riguardo pagine bellissime ha scritto
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Ma torniamo ai nostri due compaesani, O-
Come Dio volle scamparono anche a questi e
dierna e Corrado. Per loro fortuna, al mo-
alla fine della guerra poterono tornare, sani e
mento dell’affondamento, non si trovarono
salvi, nella natia Sarno.
intrappolati nelle stive che non furono aperte
e pertanto, in qualche modo, riuscirono a
prendere posto su di una scialuppa di salvataggio. Gli squali, che infestavano quelle acque, fecero strage, con orrende mutilazioni,
di tutti quelli restati aggrappati ai relitti galleggianti della nave, poi fattisi più audaci
cercarono di aggredire anche le scialuppe.
Tre giorni e tre notti durò quell’incubo, infine arrivarono in soccorso la nave passeggeri
"Corinthian", il cacciatorpediniere "Boreas"
e due corvette, quest’ultime dovettero aprire
il fuoco con le loro mitragliatrici di bordo
per allontanare in qualche modo i branchi dei
famelici squali.
Odierna e Corrado furono poi sbarcati nel
porto di Freetown e ricoverati nel locale ospedale, dove trovarono il compaesano Giuseppe De Rosa, già attendente di un cappellano militare in Africa Settentrionale, ferito e
reduce anch’egli di una similare terribile tragedia, quella del Laconia.
Dopo una ventina di giorni di convalescenza
i tre prigionieri sarnesi furono imbarcati, con
altri italiani, sul transatlantico Queen Elizabeth e trasferiti in Inghilterra. Ma la loro odissea non era finita, infatti subirono, per
tutto il 1944, i terrificanti bombardamenti
tedeschi con le V1 e V2 su Londra.
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