Anno XLIV Numero 4 - renatoserafini.org

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ANNO XLIV N. 4
APRILE 1996
MENSILE DELL'AICCRE
ASSOCIAZIONE UNITARIA DI COMUNI PROVINCE REGIONI
dal quartiere alla regione per una Comunità europea federale
per Città e Regioni europee
Un appello da firmare
Pubblrchromo I'Apptilo del CCRE per la rei.aionp dr Moorindi, rorroponendolo mitgral.
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AppeUo degli eletti locili e regionali p r una
struttura politica semplicc e di mezzi efficaci
fondati su un processa di prese di decisioni
apena e trasparenre.
Dei progressi sana stati realirrari dal Trarraro sull'Unionc europea. che ha in panicolare
introdotta il concetto della cittadinanza euro
pea. e riconosciuto il ruolo degli cnti locali e
regionali nell'elaboraziane i I'atiuar~onedelle
politiche europee con la creazione del Comitato delle Regioni e degli Enii locali.
Sollecitiamo la Conferenza Intergovernariva a far sì che la ~rorrimaraDDa della cosrruziane europea riawicini l'Europa del cittadini,
definendo diritti fondamentali e chiarendo il
funzionamento delle istituzioni dell'Uniane
Europea. e includendo nel Trattato:
1 la garanzia del diritto dei cittadini a ge.
rtire una pane sostanziale degli affari pubblici
attraverso assemblee elette a livello locale e regionale, con l'introduzione dei principi della
Cana Europea dell'Autonomia Locale;
2. un'espressione più ampia del principio di
sussidianctà e della sua applicazione, che ricanosca il malo degli cnti locali e rcglanali;
3. la costituzione del pancnariata rra i vari
livelli. quando gli enti locali e regionali hanno
deUe rcsponrabilità nell'attuazione delle politiche europee;
1. un accrescimento dell'autonomia strur~
rurale e una garanzia della legittimità democratica del Comitato delle Regioni, che deve
diventare una Istituzione tale da assicurare
una rappresentanza equa ed equilibrata degli
enti locali e regionali in ogni Stato membro,
in grado di garantire un reale contributo al
processo di elaborazione delle decisioni europee.
Auguriamo ai governi dell'Europa, riuniti
nella Conferenza Intergovernativa, il miglior
successo nella costruzione di un'Europa che
possa
con d sostegno dclla fiducia
dei suoi popoli.
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democratica del Tramto
di Miirmcht
Noi, Sindaci c rcsponrabdi pohtici di città e
di comuni, Prcriden~idi Canree (Dipanimenti, Pravinee) e Regio", d'Europa.
affermiamo che la revisione del Trattata di
Maartricht è i'occasione per una svolta deciriva dall'Eumpa degli Stati all'Europa dei cittadini, dall'Eurapa inrergovernativa all'Eurapa
Soggetto politico autonomo, capace di agire.
Un'Europa realmente unita, ma rispettosa seriamente delle differenze, non può rinunciare
d a vocazione federale.
L'Unione monetaria rappresenta un ele
mento fondamentale della coesione economica e sociale, e le sue condizioni di bare debbono essere rispettate senza ambiguità Ma I'Unione manetana fa parte di un progetto globale, che riguarda in primo luogo i cittadini. essa deve essere integrata dai suggerimenti del
Libro Bianca (Progetto Delors), soprattutto
oer affrontare concretamente i1 dramma della
disoccupazione, in modo congiunturale con le
grandi reti infrarrrurturali (trarpani, energia,
telccomunicarioni). e in maniera strutturale
con una mmpetirività internazionale sempre
più efficace grazie d'unione degli sforzi europei. Ma ci rono essenziali i problemi della sicurezza e della pace - politica estera e di sicurezza - che dovranno errere sotroposri al
metodo comunitario per la proposta e l'iniziativa. Nello nesso tempo l'Europa dei cittadini
reclama che la CIG associ ai ruoi lavori. come
espressione diretta dei
il Parlamento
europeo, che dovrà alla fine approvare i1 pragetto di revisione. prima delle ratifiche nazionali: quindi un passaggio dalle procedure diplomatiche delle negoziazioni a una procedura che garantisca la democrazia e la fiducia dei
cittadini.
Accogliamo con soddisfarione la dererminazione dei governi, manifestata dall'organic
zazione della Conferenza Inrcrgovernativa. di
proseguire la corrruzionc dell'Unione curo
pea Noi crediamo che l'Europa possa costruirsi soltanto con il pieno accordo e la parrecioaziane dei ruoi cirtadlni e con I'aoooeeia
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del Parlamento europeo L'Unione europea
deve errere dotata di una fone identità, di una
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Gonfaloni in marcia per I'Unione e u m p iM i h o duruitc il Vertice europeo del 1985
COMUNI D'EUROPA
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Le prime firme al19Appellodel CCRE per la revisione di Maastricht, pubblicato sul numero di marzo di "Comuni d'Europa", tra le quali sono giunte quelle di
numerosi Presidenti di Regione: Piero Badaloni per il Lazio; Enzo Ghigo per il Piemonte; Vito D'Ambrosio per le Marche; Antonio Falconio per l'Abruzzo; Dino Vierin per la Valle d'Aosta; Giancarlo Galan per il Veneto; Giancarlo Mori per la Liguria; Salvatore Distaso per la Puglia. Inoltre l'Appello è stato sottoscritto
anche dai Sindaci di Catania, Enzo Bianco; di Roma, Framcesco Rutelli; di Torino, Valentino Castellani; di Bologna, Walter Vitali. Hanno dato la loro adesione
anche Rolando Picchioni, Presidente del Consiglio regionale del Piemonte, e Francesco Stevenin, Presidente della Conferenza dei Presidenti dell'Assemblea e
dei Consigli regionali e delle Province Autonome.
verso la parità
ne presenti al congresso e all'approvazione della stessa Assemblea congressuale. Riportiamo
di seguito il testo schematico del documento in
questione.
Le donne al Congresso del19AICCRE
L'AICCRE nei confronti della presenza femminile è da considerare alL'uvanguardia. A dispetto della contestata sentenza della Corte Costituzionale - che ha abolito la possibilità di
stabilire una percentuale minima al di sotto della quale uno dei due sessi non può dirsi equamente rappresentato nelle liste elettorali - la
nostra Associazione, nel pieno rispetto della libertà che compete ad ogni ente di natura privatistica, ha approvato un nuovo Statuto in cui è
previsto che la presenza femminile i n tutti gli
organi non sia inferiore ad un terzo e tenda alla
parità.
Si tratta di un risu~tutomolto importante,
maturato in anni di lavoro da parte della Comlzmissione Elette Locali o Regionali. La Commissione si è costituita a livello europeo in seno
al CCRE da circa quattro unni per merito quasi esclusivo della «testardaggine» d i Faustu
Giani Cecchinz; membro della nostra direzione
e di quella europea - e di alcune donne, in
maggioranza italiane. La Cecchini ne ha assunt o la presidenza, incarico che ha svolto egregiumente per i primi tre unni di munduto e che,
nel febbraio scorso, ha ceduto alla scozzese
McKenna.
Cont~mporaneamente,sempre sotto la sua
guida è nata, anche in casa nostra, in maniera
un po' informale, una Commissione delle E k t te Locali e Regionali Il primo risultato imnportante ottenuto è stato proprio la modzficu dello
Statuto che legittinza definitivamente la Commissione stessa.
In occasione del nostro Congresso nazionale
è n~cessarioportare a termine il progetto cosi
ben avviato e che se dovesse fallire contribuirebbe ad aggravare una situazione allarmante
per qzlanto concerne la rappresentanza femmi-
nile nelle istituzioni È di questi giorni la prova
del nove dell'effetto deleterio della decisione
della Consulta: le elette nel nuovo Parlamento
del 21 aprile sono diminuite dì un terzo. Si è
passati dalle 124 donne della scorsa legislatura
alle solo 85 parlamentari dell'attuak. Si tratta
di poter avere in Consiglio nazionale -facendo leva sulla «quota» femminile imposta dallo
Statuto - altneno una donna del direttivo di
ogni Federazione regionale. La stessa sarà contemporaneamente membro della Commissione
delle Elette, cosi da realizzare una rete sull'intero territorio nazionale e poter proseguire il lavoro di collegamento e di elaborazione fino ad
ora compiuto in termini informali A questo
scopo, un gruppo di elette e di socie individuul i assieme alle donne già presenti nella Direzione Nazionale dell'AICCRE, ha elaborato un
documento che verrà sottoposto a tutte le don-
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Il Sindaco di Roma Francesco Rutelli, in occasione del rilancio del genzellaggio Ronza-Parigi,
avviato da molti anni nza non particolarmente attivo, ha rilasciato al giornale francese Le Figaro
una interessante intervnta che tocca alcuni dei
principali problemni comuni alle due capitali per
la cui soluzione potrebbe rivelarsi estremamente
utile una più stretta collaborazione nel quadro
del gemellaggio.
In tale circostanza, il Sindaco di Roma ha fatto una valutazione sintetica ma estremamente
pertinente di ciò che è e sign fica un gemellaggio.
«Il gemellaggio - ha espressamente sottolineato
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L'intervista al Sindaco di Roma sul quotidiano "Le Figaro"
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COMUNI D'EUROPA
Premessa
La proposta trae origine dalle linee discusse e
approvate durante la Conférenza europea, svoltasi a Dublino nel luglio 1795, e costituenti il
programma d'azione della Commissione Elette
Locali e Regionali del CCRE.
Il tema delle Pari Opportz~nitàdeve diventare fondamentale i n ogni settore, cosi
come afferma i l I V programma d'azione
dell'llnione europea. Il ruolo delle elette
all'interno del CCRE, si è affermato ed è
cresciuto negli anni. È giunto il momento di
dare anche all'interno della Sezione italiana
(AICCRE) u n assetto istituzionale a questa
politica.
La Commissione delle elette locali e regionali dell'AICCRE deve assumere carattere perma(3.eg.gue a pag. 4 )
Il valore politico del gemellaggio
Francesco Rutelli : << Intensifier les échanges
Candidi! LsoloOiil.. Frinsea.3
R"l.lll a 6* (*I.n o & s m i ,#W.
mdn d. Rami b l i l#. d'un. --l
D"d.o n i n I i U Y i i .
Un modo diverso di fare politica
non è soltanto un .rimnbolo. Esso ha anche un
valore politico». L'AICCRE (Sezione italiana del
Consiglio dei Comuni e delle Regioni d'Europa)
che da sempre è impegnata con successo nell'increnzentare quantitativat~zentee qualitativamente le iniziative di gemellaggio, prende atto con
grande soddisfazione di questa presa di posizione.
Essa conferma autorevolmente l'impostazione
che' la nostra Associazione ha sempre dato ai gemellaggi, ritenuti non solo atti di amicizia, di fraternità, di migliore conoscenza reciproca tra le popolazioni che vivono in comunità locali appartenenti a paesi diversi, ma anche, e soprattutto, un
atto politico di testimonianza della presa di coscienza della crescente ìnterdipendenza tra i popoli d'Europa, del loro destino comune e della
necessità quindi di costruire ìnsieme L'unità del
continente al servirio della pace e della solidarietà tra i popoli
In questa prospettiva trovano posto tutte quelle iniziative di cooperazione su problemi concreti
che possono migliorare la qualità della vita dei
comuni gemellati sul piano sociale, economzco e
culturale, tali però da non far perdere di vista il
signficato generale e il valore politico -come ha
affermatoRutelli - del gemellaggio.
Ci auguriamo che l'aflermazionc del Sindaco
di Roma preluda ad un effettivo rilancio, in questo spirito, del gemellaggio Roma-Parigi, nella
consapevole partecipazione dei cittadini delle due
capitali e costituisca quindi una testimonianza
esemplare anche per le città e i comuni del nostro
paese.
-
3 - I1 documento del Bureau di Torino del CCRE
3 - Senza prendere alcuna decisione, di M. T. Coppo Gavazzi
4 - La preminenza al Parlamento europeo
5 - Dal territorio cresce I'AICCRE
7 - Una strada che inizia da lontano, di Pasqua1 Maragall
9 - Costituzione e riforme, di Giuseppe Dossetti
9 - I1 fraintendimento del federalismo, di U.S.
APRILE 1996
Il documento del Bureau di Torino del CCRE
Sovranità comune nella moneta, nella politica estera e nella difesa. I risultati della Conferenza
per la revisione di Maastricht da sottoporre alla ratzjica del Parlamento Europeo
I membri del Bureau Esecutivo del Consiglio
dei Comuni e delle Regioni d'Europa, riuniti a
Torino su invito del suo Sindaco, alla vigilia
- dell'apertura del Vertice Europeo, sotto la presidenza di Pasqua1 MARAGALL, Sindaco di Barcellona e Presidente del Comitato delle Regioni:
l. Tengono a confermare l'importanza che
attribuiscono ai lavori della CIG. in procinto
di iniziare, affinché tali lavori dimostrino progressi decisivi nel processo di unificazione europea, e diano alllUnione la capacità e i mezzi
didecidere e di agire, in modoparticolare nella prospettiva dell'allargamento;
In questo quadro, essi chiedono che gli Stati dell'unione mettano finalmente in comune
le loro sovranità nei campi della moneta, della
politica estera e della difesa;
2. Sottolineano che l'Unione Europea potrà progredire soltanto nella prossimità dei cittadini, sulla base del principio di sussidiarietà,
la cui applicazione non si deve fermare a livello degli Stati, ma comprendere ugualmente gli
enti locali e regionali che hanno un ruolo fondamentale nella costruzione europea.
3 . Chiedono ai capi di Stato e di governo di
prendere le decisioni che s'impongono affinA
ché l'Unione Europea possa realmente progredire, nella trasparenza e nella leggibilità, al
fine di ritrovare la fiducia dei popoli;
4. Dànno una grande importanza all'estensione del voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio, poiché tale procedura avrà
delle conseguenze positive per permettere al
Parlamento Europeo di esercitare a sua volta
la totalità delle competenze di cui dispone nel
quadro di ciò che sarebbe finalmente una vera
codecisione;
Chiedono che il Parlamento Europeo sia associato ai lavori della Conferenza Intergovernativa, i cui risultati gli dovranno essere sottoposti per la ratifica;
5 . Chiedono che il prossimo Trattato sull'Unione Europea riconosca il ruolo essenziale
degli enti territoriali, e integri soprattutto i
principi fondamentali della Carta Europea
dell'Autonomia Locale;
6. Si compiacciono delle recenti dichiarazioni della presidenza italiana dell'unione, tramite la Signora Agnelli di fronte al Parlamento Europeo, riconoscendo il ruolo degli enti
territoriali nella costruzione europea.
(approvato a Torino il 27 marzo 1776)
la Conferenza intergovernativa di Torino
Senza prendere alcuna decisione
di Maria Teresa Coppo Gavazzi
Per chi ha vissuto le giornate europee di Torino (27-27 marzo) ed ha potuto partecipare alla
Conferenza intergovernatiua dall'interno del
«Lingotto», in cui è parso di vivere una realtà
virtuale, il proseguo della stessa a Verona (12-13
aprile) dove si sono incontrati i ministri economici dei Quindici - che hanno cercato di trovare uno dei tanti «compromessi» tra quelli annunciati da Santer a Torino - non è risultato
una novità. Sulle rive delllAdige si trattava di affrontare uno - anche se molto importante, la
moneta unica - del tanti problemi che le giornate di Torino avevano solo sfiorato «senza
prendere alcuna decisone» come era stato costretto ad ammettere lo stesso Santer.
L'attesa per l'apertura della Conjèrenza è stata senza dubbio carica di aspettative e di speranze, forse troppe, se si fosse tenuto conto della
reale situazione socio-economica e pol{tica dei
singolipaesi e dell'Unione in generale. E diquesti giorni una relazione ufficiale che sottolinea
come tutti i Quindicz; tranne l'ltalia, stiano attraversando una recessione economica; solo nel
nostro Paese ci sono segni di ripresa. È palese come nei momenti di CY2Si si tenda, forse sbagliando, a guardare maggiormente ai problemi di casa propria che a quelli del vicinato, anche se si
tratta di un vicinato amico.
Forse l'attesa è apparsa ancora pizi palpabile
in quanto per la prima volta, oseremmo dive, c'è
stata una mobilitazione ampia e
di
APRILE 1996
tutti i poteri terrztoria/i, sovente ritenuti - a
torto o a ragione - ancora avulsi dalle problematiche europee.
Lapertura del 'IforcingJ'europeo di Torino è
stata riservata infatti alla Conferenza dei Presidenti di Regione italiani che, in un'apposita riunione, è giunta alla stesura di un documento nel
quale si chiede ai «Quindici» di riconoscere e valorizzare il grande contributo delle Regioni per
la costruzione di un'Europa pizi vicina ai cittadini, in cui la sussidiarietà e la solidarietà siano coniugate a tutti i livelli istituzionali e non disgiunte dalla sufficienza dei mezzi
Alle regioni ha fatto seguìio la «Conferenza
dei Sindaci e delle Reti europee di città)),presieduta per l'occasione dal sindaco di Torino, Valentino Castellani Il loro documento chiede che
«i1 Trattato riconosca la dimensione urbana che
è alla base della civilizzazione europea e sviluppi una virione globale ed integrata dell'insieme
delle politiche che coinvolgono le aree urbane».
Questi due contributi si sono uniti alla «Dichiarazione del Comitato delle Regioni» ed all'Appello elaborato dal CCRE e dalla nostra Associazione, ambedue rivolti alla CIG, nei quali oltre a ribadire i concetti sopra esposti, viene anche richiesto che quello che dovrà essere i1 «nuovo» trattato assuma i principi fondanti la «Carta sull'Autonomia Locale» del Consiglio d'Europa e che al Comitato sia riconosciuta la qualifica di Istituzione, con itzdipendenza strutturale,
e 10 stesso possa essere ritenuto interlocutore anche del Parlamento europeo.
Abbiamo citato, anche se schematicamente,
tutti questi documenti a testimonianza del grande fermento e impegno espresso dalle Autonomie territoriali e dalle loro associazioni, in qualità di primi rapprentanti dei cittadini europei,
in vista della Conferenza.
Fermento e impegno che il Ministro Agnelli
ha potuto misurare di persona quando, durante
una signzficativa cerimonia, le sono stati consegnati tutti gli elaborati perché ne fosse ambasciatrice presso i membri della CIG; incarico che
la stessa ha assunto con molta convinzione, ma
che per ora non ha sortito alcun risultato.
Le conclusioni della Presidenza de1l'U.E. di
Torino sono racchiuse in un documento nel quale si passano in rassegna i problemi che attendono soluzione, ma non si fa alcun cenno a quelli
sollevati dalle Autorità locali
A l primo punto viene posta l'urgenza
di un'Unione più vicina ai cittadini con l'esigenza di individuare metodi e strumenti più efficaci
nei conjionti di precisi obiettivi quali.
- una m2gliore tutela contro la criminalità
organizzata internazionale, in partico/are il terrorirmo e il traffico illecito di stupefacenti;
- uno sviluppo coerente ed efficacedelle politiche in materia di asilo, immigrazione e visti;
- un chiarimento delle divergenze di opinioni sul controllo giu~isdizionalee parlamentare
delle decisione dell'Unione nel settore della giustizia e degli affari interni
Per quanto riguarda il secondo punto: le istituzioni in un'Unione pizi democratica ed efficiente, la Conferenza dovrà studiare:
- quale sia il metodo pizi efficace per semplzficare le procedure legislative e renderle pizi chiare e trasparenti,
- la possibilità di estendere il ricorso alla codecirione in questioni legirlative propriamente
dette;
- la questione del ruolo del Parlamento europeo, oltre all'esercizio dei suoi poteri legislativi, nonchè la sua composizione e la procedura
uniforme per la sua elezione.
A questo proposito c'è da sottolineare la decisione assunta di associare il Par/amento ai lavori della Conferenza, dalla quale si è tentato per
parecchio tempo di escluderlo.
Da ultimo la CIG dovrà ìndividuare le modalità per rafforzare l'azione esterna dell'Unione.
La realizzazione di tale obiettiuo richiede una
rnaggiore capacità di.
- identzficare i principi ed i settori della politica estera comune;
- definire le azioni necessarie per promuovere gli interessi dell'unione in tali settori e
conformemente a tali principi;
- stabilire procedure e strutture atte a far si
che le decisioni siano prese in maniera pizi efficace e tempestiva, in uno spirito di lealtà e di solidarietà reciproca;
(scgoe a
pag. 4 )
COMUNI D'EUROPA
La preminenza al Parlamento europeo
Il documento cl~rdi srgulto pubblichiamo è statoJrmuto a 'lorltzo ncr 11CCRE dai suoi l'residente e Vicepresidente, Maragall r Serafini, il przmo, congiuntamente al Sindaco di Roma Rutelli, dnche per i1 Comitato delle I<egioni e dcgli Enti locali, il secondo per
I'AICCRE. Inoltre, per "Eurocities" e per "Quartiers eri
Cri~c':dai Sindaci di Bologna Vitali e Torino Castellani, a cui si è aggiunto il Sindaco di Catania Bianco ppr
UNCI.
Alla vigilia dell'apertura della Conferenza intergovernativa, le reti e ie associazioni europee
delle città e delle autorità locali, che hanno sottoscritto la presente dichiarazione, desiderano
ribadire l'importanza che i poteri locali attribuiscono alla revisione del Trattato di Maastricht,
quale tappa decisiva per la costruzione di un'Unione europea attenta alle preoccupazione dei
cittadini e alla loro partecipazione fattiva.
L'Unione europea deve avere una forte personalità, una struttura politica semplice e mezzi
proporzionati alle sfide socio-economiche e politiche. Deve essere in grado di raggiungere i
suoi obiettivi attraverso un sistema decisionale
trasparente e aperto alle diverse opinioni e sensibilità nazionali e regionali.
Le reti e associazioni delle città e delle autorità locali desiderano presentare agli Stati membri e all'opinione pubblica europea alcune considerazioni sul processo di approfondimento degli obiettivi, sullo sviluppo degli strumenti e sulla definizione dei meccanismi legislativi dell'Unione europea.
1. Gli enti territoriali ribadiscono la necessità
di continuare nella direzione dell'unificazione
europea invitando i governi a fornire alllUnione
la capacità e i mezzi costituzionali per decidere
e agire, anche in prospettiva di un futuro anlpliamento ed una maggiore coesione sociale.
In tale contesto, chiedono che gli Stati dell'Unione mettano finalmente in comune le rispettive sovranità in campo monetario, della politica estera e della difesa.
2. Il funzionamento, le priorità, l'immagine e
i mezzi espressive dell'unione europea devono
partire dai cittadini europei stessi, dai loro problemi e delle loro preoccupazioni.
Per poter partecipare attivamente alla costruzione europea, i cittadini europei devono essere
informati e impegnati in tutte le riforme istituzionali.
3. I1 diritto al lavoro costituisce uno dei diritti fondamentali della cittadinanza europea. Esso
deve essere riconosciuto formalmente nel Trattato dell'unione, allo stesso livello degli obiettivi di coesione economica e sociale e dell'unione
monetaria.
4. I1 Trattato deve precisare la portata giuridica e approfondire il principio della sussidiarietà, definito come capacità dei vari organi amministrativi di risolvere con maggiore efficacia i
problemi dei cittadini. La vicinanza delle amministrazioni, le relative competenze e risorse, rappresentano per i cittadini la garanzia di vedere
gran parte della gestione pubblica affidata a
istanze locali o regionali elette democraticamente. L'applicazione del principio di sussidiarietà,
comunque, non andrebbe mai disgiunto da un
altro principio, quello della sufficienza dei mezzi. Non può esistere una vera sussidiarietà senza
risorse adeguate ai livelli più prossimi ai cittadini.
L'integrazione, nel Trattato, dei principi fonCOMUNI D'EUROPA
damentali della Carta sull'Autonon~ialocale del
Consiglio d'Europa, diventa quindi una garanzia fondamentale per tutti gli enti territoriali.
5 . 11 principio della sussidiarietà comporta
inoltre una condivisione di responsabilità ed una
collaborazione più efficace fra i differenti poteri
locali e regionali, i governi nazionali e le istituzioni comunitarie. Le autorità locali e regionali
devono essere associate alia definizione ed alla
messa in opera delle politiche e delle azioni che
le coinvolgono, ma la cui realizzazione e gestione necessitano di competenze superiori di quelle di cui dispongono.
6. Le regioni urbane, le città ed i quartieri,
dove vive 1'80% dei cittadini europei, coniugano i problemi ed i pericoli, così come le risorse
e le potenzialità innovative per il futuro dell'Unione europea.
Il Trattato deve riconoscere la dimensione urbana, che è alla base della civiltà europea, e sviluppare una visione globale ed integrata dell'insieme delle politiche che coinvolgono le aree urbane.
7. I1 Comitato delle Regioni deve essere riconosciuto come l'espressione più articolata dei
poteri locali e regionali. I1 Comitato delle Regioni, la cui legittimità democratica e l'autonomia
strutturale devono essere rinforzate al fine di poter garantire una maggiore efficacia dei suoi interventi, deve diventare un'istituzione dell'Unione europea.
8. Parallelamente al dibattito sulla revisione
del Trattato dell'unione, le autorità locali incitano le istituzioni comunitarie, in particolare la
Commissione, a esaminare il loro funzionamento e le loro azioni alia luce di questi principi, in
particolare nella prospettiva dell'ampliamento
verso nuovi paesi e della riforma dei Fondi strutturali.
Nella pratica, questo deve tradursi nel 1999
in una riforma globale della politica regionale,
che deve integrare la dimensione urbana, in particolare nelle politiche adottate per combattere
la disoccupazione e l'esclusione sociale e deve
sboccare nella formulazione di nuovi criteri per
i Fondi strutturali e per le iniziative comunitarie.
9. Naturalmente il l'arlamento europeo, rappresentativo di tutti i cittadini europei, deve essere associato convenientemente ai negoziati
della Conferenza intergovernativa, al termine
dei quali il Progetto di Revisione gli dovrà essere sottoposto per una ratifica che preceda le ratifiche nazionali.
¤
Senza prendere alcuna..
.
(segue da pog 3)
-
concordare adeguate disposizioni di bilan-
cio.
A l documento finale è stata aggiunta un'ap-,
pendice che riguarda un «Patto europeo difiducia per I'occupazione, la crescita e la cotnpetitività» per il quale sarà realizzata a metà giugno a
Roma una conferenza tripartita fra i Governi, le
parti sociali e la Commissione.
A l di là di una certa delusione per la completa assenza dei temi tanto cari alle realtà locali,
c'è da registrare che è stato compiuto - stante
le attuali situazioni - l'unico passo possibile:
quello di dare l'avvio ad un processo, ad un negoziato che ha avuto il primo appuntamento proprio a Verona dove sulla moneta unica - per
non rirchiare di spaccare in due l'Unione e mandare a picco il mercato unico, separando con un
fossato sempre più largo i paesi ricchi e «virtuosi>)dai paesi poveri e «indisciplinati» - è stato
raggiunto, come dicevamo, un primo cotnpromesso. A partire dal '99 accanto all'«euro», la
moneta unica rirervata ai Paesi virtuosi, ci sarà
infatti un nuovo SME che funzionerà da pista di
accelerazione per i ritardatari (o meglio gli indisciplinati, cfr. <«Corrieredella sera» 14/4/96).
Anche su questo compromesso resta ancora il diniego di almeno uno dei quindici a sottolineare
come la strada sia ancora in salita e richieda tempo; tempo durante il quale potrebbe esserci il
modo di far rientrare anche la sussidiarietà.
Le donne al Congresso.. .
(segue da pag. 2)
nente, come è quella del CCRE, per realizzare
alcuni obiettivi specifici, che sono le motivazioni stesse della Commissione.
L e Motivazioni
Tra gli obiettivi primari si evidenziano:
- I'esigenza di dare all'Unione europea una
democrazia compiuta e quindi paritaria;
- la necessità della presenza delle donne
per uno sviluppo politico, economico, sociale,
culturale e ambientale delI'Europa;
- I'informazione, il sostegno e il controllo
dell'attuazione dei programmi nazionali ed europei per le pari opportunità;
- la formazione e I'attivazione delle elette
locali e regionali per una politica tendente alla
costruzione di un'Europa federale su basi non
solo economiche, ma anche politiche e sociali;
- l'azione volta ad accrescere il numero e
la preparazione delle donne elette nelle istituzioni
L e Richieste
A l Congresso Nazionale si richiede:
- il riconoscimento istituzionale della
Commissione delle elette locali e regionali delI'AICCRE;
- I'approvazione di una posta specifica in
bilancio per le attività della stessa;
- I'effettiva applicazione del nuovo statuto
in specie per quanto riguarda la rappresentanza
femminile;
- l'adeguamento delle Federazioni Regionali ai due punti sopra citati.
L'Attività
L'attività della Commissione delle elette locali e regionali dell'AICCRE si svolgerà sulla
base di una rete che colleghi gli interventi regzonali a quelli nazionali e internazionali. Essa
sarà volta a:
- attivare anche in Italia la politica delI'Unione europea nei confvonti della parità. (IV
programma, iniziative e rapporti interistituzionali);
- organizzare incontri e seminari miranti
ad incrementare e qualifcare la partecipazione
delle donne ai governi locali;
- realizzare collaborazione e collegamento
con la omologa Commissione del CCRE.
m.t.c.g.
APRILE 1996
le Regioni preparano il Congresso nazionale
Dal territorio cresce I'AICCRE
Pubblichiamo gli essenziali resoconti dei
Congressidelle Federazioni regionalidelI'AICCRE, giunti per tempo in redazione; nel numero di marzo avevamo già pubblicato gli interventi riguardanti la Sicilia e I'Emilia-Romagna.
Umbria
Nel salone d'onore della Regione Umbria,
a Perugia, si è svolta i1 23 febbraio scorso l'assemblea regionale dell'AICCRE.
In previsione del congresso nazionale che
si terra a ridosso delle giornate fiorentine di
giugno, alla conclusione del semestre di presidenza italiana dell'U.E., l'assemblea, introdotta dalla relazione del sindaco di Porano,
Gisleno Breccia, sulle prospet'tive ed attività
della Federazione Regionale delllAICCRE,
ha visto gli interventi del Vice Presidente della Giunta Regionale, Orfeo Goracci, del Presidente della Provincia di Terni, Nicola Molè,
della Vice Presidente della Provincia di Perugia Katia Bellillo.
È scaturita l'anima europea del popolo
umbro e la volontà di far giocare ai cittadini,
per il tramite specialmente dei suoi eletti e
degli enti, un ruolo determinante nella costruzione di un'unione europea che oltrepassi la prevalente realtà che vede l'Europa essere più quella dei mercati e dei mercanti piuttosto che l'Europa dei popoli.
Il riferimento al Piano Delors, per preparare i mezzi a favore dell'occupazione e dello
sviluppo, è stato il sottofondo sul quale si è
innestato il dibattito sulla democrazia, sulle
pari opportunità, sui gemellaggi, sulle prospettive offerte dai fondi strutturali dell'Unione.
I parametri di Maastricht appaiono sempre
più come un retaggio di una situazione oltre-
passata dagli eventi. Non solo l'Italia, ma anche paesi considerati più forti si trovano a disagio: è necessario allora, pur mantenendo
l'impegno a rispettare i tempi, considerare di
nuo\7o le modalità per partire con la moneta
europea. Questa non è fine a se stessa: è la
premessa per una vera e propria politica economica dell'unione europea. Politica economica, politica estera, politica di sicurezza: i
pilastri di una vera Unione. Aperta ai nuovi,
cioè allargata, ma al contempo approfondita
nei suoi elementi fondamentali.
L'assemblea ha approvato un 0.d.g. sulle
pari opportunità che, tra l'altro, chiede che
nella sfida elettorale dei prossimi giorni sia
necessario «che le esperienze, la cultura, le
competenze politiche e professionali delle
donne possano trovare concretamente uno
spazio e costituire una presenza forte delle
donne nelle candidature».
Al termine dei lavori l'assemblea ha eletto
i 6 delegati umbri al congresso nazionale dell'AICCRE, e precisamente: Giuseppe Bruno,
già consigliere regionale; Costantino Pacioni,
consigliere regionale; Donatella Massarelli,
consigliere provinciale di Terni; Elvira Busà,
consigliere provinciale di Terni; Katia Bellillo, Vice presidente della Provincia di Perugia;
Clara Maurelli, consigliere comunale di Terni.
Lombardia
I1 giorno 4 marzo 1996 a Milano, presso la
Sala del Gonfalone della Giunta Regionale
della Lombardia, si è tenuta l'Assemblea congressuale dei Soci AICCRE della regione.
Erano presenti per la Direzione nazionale
dell'Associazione il Segretario Generale,
Martini, ed il Segretario Generale Aggiunto,
Pellegrini.
Regione
Data
Rappresentante
della Direzione
Luogo
Puglia
Basilicata
Umbria
Campania
Emilia-Romagna
Friuli-Venezia Giulia
Piemonte
Toscana
Marche
Sardegna
Veneto
Liguria
Lombardia
Molise
Valle d'Aosta
Sicilia
Lazio
Abruzzo
Calabria
24 gennaio
2 i febbraio
23 febbraio
29 febbraio
1 marzo
1 marzo
1 marzo
1 marzo
2 marzo
2 marzo
2 marzo
4 marzo
4 marzo
4 marzo
4 marzo
6 marzo
22 marzo
4 maggio
6 maggio
Amati
Pellegrini
Bucci
Pellegrini
Bari
Matera
Perugia
Napoli
Bologna
Udine
Torino
Firenze
Ancona
Cagliari
Venezia
Genova
Milano
Campobasso
Aosta
Palermo
Roma
Pescara
Bologna
Martini
Pellegrini
Punzi
San Mauro
Martini
Baldassi
Martini/Pellegrini
Colonna
Vera
Serafini
Serafini
Piazzi
Pellegrini
I1 quadro dei Congressi regionali, con il rappresentante della Direzione che vi ha presenziato
APRILE 1996
Martini ha illustrato le finalità dell'AICCRE. D o p o l'approvazione dell'ordine del
giorno dei lavori, il Consigliere regionale Valaguzza, delegato del Presidente della Regione Lombardia, Formigoni, ha presentato gli
adempimenti statutari da compiere e ha proposto l'approvazione del Regolamento regionale: approvato all'unanimitii; un Comitato
promotore di 21 membri con un piccolo
gruppo di coordinatori. Un altro punto riguardava l'elezione degli 8 delegati regionali
al Congresso nazionale.
Si è aperta la discussione e si sono registrati 15 interventi. E stata accolta la proposta di
portare a 31 i membri del Comitato promotore e di nominare tre coordinatori in Castelli, Coppo Gavazzi e Vitali.
Delegati regionali al Congresso nazionale sono stati eletti i seguenti Soci individuali:
Vittorino Baruffi, Maria Teresa Coppo G a vazzi, Gigi Fariori, Romano La Russa, Giovanni Orsenigo, Luciano Valaguzza, Roberto
Vitali, Massimo Zanello.
Toscana
L'Assemblea congressuale della Federazione regionale AICCRE della Toscana si è tenuta il 1 marzo 1996 a Firenze.
D o p o l'apertura dei lavori da parte del
Presidente Passaleva, sono state elette 4
Commissioni congressuali: 1) verifica poteri;
2) documento politico; 3 ) adeguamento regionale; 4) elettorale.
Sono state svolte, quindi, tre relazioni introduttive al dibattito: Passaleva (il ruolo del
CCRE e prospettiva federalista delllEuropa);
Dini (ha annunciato l'organizzazione di un
Seminario a Firenze sul lavoro e I'occupazione); Chiti (si è richiamato al Progetto Spinelli e al ruolo dell'Italia in Europa e nel Mediterraneo, svolgendo un'ampia e approfondita
relazione).
Sono quindi intervenuti alcuni parlamentari europei: Baldi, Nencini, Graziani e Barzanti; il Console americano a Firenze; Bucci,
Bonfanti per il MFE; Ianni; il rappresentante
del Sindaco di Viareggio; Benelli, Zoli, Rosati. Le conclusioni sono state tratte dal Segretario generale aggiunto dell'AICCRE Fabio
Pellegrini, che ricollegandosi al dibattito, ha
parlato in particolare delle finalità del CCRE
e della sua azione politica in vista della revisione del Trattato di Maastricht, del Piano
Delors, della coesione economica, dell1Unione monetaria e della finanza locale e regionale.
I lavori sono ¶uindi proseguiti presso il
Consiglio Regionale con le relazioni di Rosati
e Zoli sul programma di attività della Federazione e sul documento politico.
Dopo alcuni interventi si è passati agli altri
punti all'ordine del giorno:
- adeguamento Regolamento regionale:
approvato all'unanimità;
COMUNI D'EUROPA
- elezione dei delegati regionali al Congresso nazionale: sono risultati eletti aii'unanimità: Bucci, Corazzesi, Dini, Zoli, (uscenti)
più Benelli, Bonzagni, Cappelletto, Fantechi,
Pieralli, Mila, Rosati. Come riserva: Debolini
e Gavini;
- approvazione del documento politico
presentato da Zoli all'unaniinita.
Per il rinnovo degli organi statutari regionali è stata proposta una apposita Assemblea
dei soci nei prossimi mesi.
Sotto la presidenza del presidente del Consiglio regionale, Antonio D'Ambrosio, e alla
presenza del presidente del Collegio nazionale dei Probiviri delllAICCRE, Francesco Colonna, il 4 marzo scorso si è svolta a Campobasso, nella sala della Giunta regionale, 1'Assemblea costitutiva della Federazione regionale dell'AICCRE del Molise.
H a aderito all'iniziativa, per quanto impossibilitato a intervenire per impegni inerenti al
suo ufficio, il presidente della Giunta regionale, mentre erano presenti all'incontro un
numero di rappresentanti di Enti locali molisani superiore a quello dei membri formalmente aderenti all'Associazione: sono oltre
venticinque infatti gli Enti che hanno awiato
in questo periodo le procedure formali di
adesione.
Dopo il saluto portato agli intervenuti dal
presidente del Consiglio regionale, Colonna
ha brevemente introdotto la riunione illustrand o il valore del processo di regionalizzazione
dell'AICCRE aperto con l'approvazione del
nuovo Statuto dell'Associazione e riassumendo i compiti delle Federazioni regionali.
A conclusione di un serrato dibattito, si è
deciso di ~ r o c e d e r ealla costituzione formale
della Federazione. e si sono nominati i inembri di un c o m i t a t i direttivo provvisorio che
potrà essere integrato o assestato, in considerazione del processo di crescita dell'Associazione in atto nel Molise, nel corso di una ulteriore assemblea che si è deciso di convocare entro un mese. Presidente della Federazione è stato eletto il presidente del Consiglio regionale, Antonio D'Ambrosio; vice presidente Antonio D'Alete, presidente della Comunità montana del Molise centrale; segretario
Gaspero Di Lisa, Sindaco del Comune di
Roccavivara. Tra i membri eletti: Alfredo
Brunetti, Sindaco di Oratino; Antonio Chieffa, presidente della Provincia di Campobasso; Angelo Codagnone, Sindaco di San Giuliano del Sannio; Lino Di Sapio, Sindaco di
Termoli, Vincenzo Fusaro, Sindaco di Fossano; Osvaldo Landolfi, Sindaco di Castrorignano; Augusto Massa, Sindaco di Cainpobasso; Francesco Paolantonio, presidente
della Comunità montana di Agnone Cosmo
Paventi, presidente della Comunità montana
di Riccia; Domenico Pellegrino, presidente
della Provincia di Isernia.
Valle d'Aosta
Si è riunita il 4 marzo, presieduta da
F r a n ~ o i sStévenin, l'Assemblea congressuale
degli Enti Locali della Regione aderenti all'AICCRE, presenti numerosi Sindaci e Presidenti delle Comunità montane.
.'a
COMUNI D'EUROPA
Nel suo intervento il Presidente Stévenin
ha tra l'altro sottolineato la necessità che
sia garantita alle Regioni una adeguata
rappresentanza nel Parlamento E u r o p e o ,
che al Comitato delle Regioni d'Europa sian o dati compiti di Camera legislativa in tutte le materie di interesse regionale e che sia
garantita la partecipazione ai lavori del
Consiglio dei Ministri delllUnione Europea
quando si discutono problemi di interesse
regionale.
Stévenin ha poi concluso auspicando che
alle Regioni sia riconosciuta la facoltà di ricorrere alla Corte di Giustizia Europea nel
caso che ritengano che alcune competenze
siano state loro sottratte indebitamente e che
si vada nella direzione della costruzione di
una unità europea dei popoli su base federale.
Dopo ampio dibattito l'Assemblea ha proceduto all'elezione degli Organi direttivi della Federazione regionale che risulta così composta: F r a n ~ o i sStévenin, presidente del Consiglio regionale, Osvaldo Ruffier, presidente
dell' Associazione Valdostana Sindaci e Sindaco di Cogne, Carlo Ferina, per il Comune di
Aosta, Silvio Trione sindaco di Nus, Antonio
Carrel, sindaco di Valtournenche, Filiberto
Lucat, sindaco di Torgnon, Dario Coiné, sindaco di Charvensod, Diego Empereur, sindaco di Sarre, Anna Chiaraviglio, sindaco di La
Magdeleine e Carlo Gippaz, sindaco di Pollein.
Puglia
L'Assemblea della Federazione regionale
pugliese dell'AICCRE, che si è svolta a Bari il
24 gennaio scorso, dopo aver ascoltato la relazione politica del Presidente della Federazione, Franco Punzi, ha auspicato:
- che nel semestre di presidenza italiana
si realizzi l'allargamento dell'unione europea
nell'area del Mediterraneo ad iniziare da Cipro e Malta, impegnando la Regione Puglia
ad adoperarsi nelle sedi competenti in tale direzione;
- che ci sia una stabilità di governo che
assicuri un ruolo sempre più incisivo degli
Enti locali, che realizzi il federalisrno europeo
di autonomie ed interventi territoriali;
che vengano assicurati ai comuni più
servizi necessari per l'utilizzazione dei Fondi
comunitari;
-
- che gli Statuti dei Comuni prevedano
l'affidamento di responsabilità precise per le
politiche europee ad amministratori e funzionari;
- che ci sia una politica chiara delle Regioni di legiferazione e di programmazione e
che alle province ed ai comuni sia delegata la
fase gestionale;
- che gli Enti locali promuovano azioni
di cooperazione e di gemellaggi in vari paesi
dell'unione europea;
- che i nuovi responsabili della Federazione pugliese, in armonia al nuovo Statuto
dell'Associazione, potenzino la propria struttura al fine di assicurare una promozione culturale europea ed un servizio amministrativo
agli Enti locali associati.
Piemonte
11 1" marzo 1996 ha avuto luogo presso la
Sala Marmi dell' Amministrazione Provinciale
di Torino, il I X Congresso regionale della Federazione regionale piemontese dell1AICCRE. I lavori si sono svolti alla presenza del
Segretario generale, Gianfranco Martini.
I lavori sono iniziati con una relazione a
cura del Tesoriere, Maurizio Puddu, che ha
riferito sullo stato delle finanze della Federazione regionale. Martini ha ricordato le ragioni per le quali è stato rinviato il Congresso nazionale e si è auindi soffermato sulla scadenza della Conferenza intergovernativa
incaricata della revisione del Trattato di Maastricht. Con l'occasione si è ricordata l'importanza di una massiccia partecipazione degli Enti
locali alla manifestazione indetta dai federalisti per il giorno 29 marzo in Piazza Carignano.
Dopo i saluti ai delegati da parte di Rinald o Bontempi, parlamentare europeo, ha preso la parola il Segretario regionale uscente,
Domenico Moro. che ha fatto il Dunto sul dibattito relativo alla riforma istituzionale interna e d europea e sugli stretti legami che li uniscono. E stato quindi sollecitato l'impegno
dell'AICCRE su questi temi, avviando iniziative in collaborazione con le altre organizzazioni delle autonomie locali.
Si è quindi proweduto a modificare il Regolamento regionale, per adeguarlo al nuovo
Statuto nazionale e ad eleggere i delegati regionali al Congresso nazionale e d i membri
del Direttivo regionale.
Al termine del Congresso regionale, si è
tenuta la prima riunione del nuovo direttivo
regionale che ha proweduto a riconfermare
nelle cariche di Segretario politico, Segretario organizzativo e d i Tesoriere i membri
uscenti
-
Basilicata
I1 giorno 21 febbraio 1996 si è aperta a Matera, presso la Sala della Musica dell'Amministrazione Provinciale, l'Assemblea congressuale dell'AICCRE della Basilicata.
Presieduta dal Presidente della Provincia
(e Segretario uscente della Federazione) Angelo Tataranno, il quale ha rivolto ai partecipanti un saluto di benvenuto ed ha illustrato
il significato dell'Assemblea congressuale in
corso.
Dopo l'approvazione, da parte dell' Assemblea, dell'ordine del giorno proposto, ha dato, quindi, la parola a Fabio Pellegrini, Segretario generale aggiunto dell'AICCRE, per
una relazione su KL'AICCRE ed il ruolo dei
Poteri territoriali nell'unione europea». Al
termine dell'introduzione di Pellegrini è iniziato il dibattito.
Sono intervenuti: Acito, membro del Comitato delle Regioni e degli Enti locali; Manfredi, Sindaco di Matera; Di Domenico, Consigliere del Comune di Roccanova; Lacicerchia, Sindaco d i Craco; i soci individuali
Scandiffio, Sellitri e Virgallita (Segretario della Comunità montana del senisese).
Terminata l'interessante e approfondita discussione il Presidente Tataranno ha invitato
il Segretario generale aggiunto dell'AICCRE
ad illustrare le proposte di revisione del Regolamento regionale e per la composizione
degli organismi statutari.
W
APRILE 1996
al Comitato delle Regioni e degli Enti locali
Una strada che inizia da lontano
di Pasqua1 Maragall *
Oggi celebriamo i primi due anni del Comitato delle Regioni ed è un onore accettare la
presidenza del Comitato per i prossimi due
anni. Un onore e una grande soddisfazione
per chi iniziò la sua attività politica lottando
contro la dittatura, che cercò di cancellarel'individualità delle regioni e delle nazionalità che
soggiogava; un sistema politico che considerava le città luoghi d'insidia, in cui i sudditi imparavano a diventare cittadini, a diventare uomini e dorine libere. I catalani, gli spagnoli,
guardavano all' Europa come ad una promessa di libertà dalla quale il nostro paese era stato tenuto lontano da un regime indegno. Si
comprenderà la mia emozione nel presiedere
un'alta istituzione di un'unione europea di cui
la Spagna democratica e autonomista è un
membro leale e rispettato. Assumo questo incarico con la convinzione, e la speranza, di stare tutti insieme costruendo l'Europa. Giorno
per giorno con delle soluzioni, a volte molto
pragmatiche, spesso troppo tecnocratiche. Ma
soprattutto di stare percorrendo il cammino
verso quell' Europa che allora sognavano i
suoi fondatori, come Schuman, Monnet, Spinelli, ma anche verso l'Europa di Delors e
quella di Havel. Questa è l'Europa che porto
nel\cuore.
E in questa Europa che credettero Gaston
Deferre, Umberto Serafini e molti altri quarido nel 1951 crearono il Consiglio dei Comuni
e delle Regioni d'Europa, oggi la maggiore organizzazione di poteri territoriali del nostro
continente, che mi onoro di presiedere e che
tanto ha contribuito a questa grande opera che
è la costruzione europea.
Nei due anni dalla sua istituzione, il Comitato delle Regioni ha lavorato con determinazione, indicando le sue aspirazioni nell'unione
europea. Io mi propongo di dare impulso alla
linea tracciata, nell'intento di raggiungere i seguenti obiettivi :
" una organizzazione interna, trasparente e
rispettosa della legalità ;
" un funzionamento efficace, che garantisca
l'espressione della volontà collettiva ;
" il riconoscimento del Comitato delle Regioni quale istituzione europea ;
" promuovere la presenza del Comitato delle Regioni nei dibattiti sul tema della rifor~ria
del Trattato di Maastricht ;
" consolidare il ruolo del nostro Comitato
nel processo della costruzione europea.
11 comitato delle regioni
e l'espressione della volontà collettiva
I1 Comitato delle Regioni è una struttura
complessa che non deve dimenticare l'importanza delle appartenenze nazionali e politiche
* Presidente del CCRE e Sindaco di Barcellona. Testo
del discorso di investitura alla
del Comitato
delle Regioni e degli Enti locali (21 marzo 1996).
APRILE 1996
e delle adesioni alle diverse organizzaziorii territoriali.
Ancora oggi, l'appartenenza ad una delegazione nazionale costituisce elemento di riconoscinierito nel Comitato delle Regioni, ma
verrà il giorno in cui ci saluteremo coerentemente quali sindaci, consiglieri comunali o
presidenti delle nostre regioni, città o province, e in ogni caso q a l i portavoce delle città e
delle regioni del rispettivo paese. Per rappresentare i paesi con le loro identità già esiste il
Consiglio Europeo. Noi siamo più che spagnoli o danesi ... il nostro valore aggiunto è la
nostra vicinanza ai cittadini europei. Questa è
la particolarità del Comitato delle Regioni. In
riferimento ai gruppi politici e alle organizzazioni locali e regionali, essi devono consolidare il loro spazio nel nostro Comitato, ben armonizzandosi ciascuno con tutte le altre appartenenze.
L'Assemblea del Comitato delle Regioni è il
luogo di espressione della volontà collettiva,
del mosaico della realtà europea e dobbiamo
essere all'altezza di auesta sfida. la sfida della
diversità, uno dei nodi cruciali nella costruzione europea.
Che cos'è l'Europa delle Regioni ? L'Europa delle Regioni è quella che i membri della
presidenza hanno trovato tre settimane fa a
Catania, sotto un tempo infernale ma con un
orgoglio civico scritto nei muri (il Teatro Bellini, l'università Benedettina) dopo diie terremonti e l'azione devastante di un vulcano e di
un bombardamento negli ultimi tre secoli.
L'Europa che troveremo il giorno 28 marzo a
Torino, la città di Castellani e della Fiat, la
città con le piazze porticate del diciotto, la
città del Palazzo Madama e dell'architetto siciliano Filippo Iuvarra, nato a Messina, vicino
Catania, ma attivo e apprezzatissimo nella capitale dei Savoia, nonché autore del progetto
del Palazzo Reale di Madrid.
L'Europa non è dunque un'ltalia astratta,
ma un insieme di città e regioni con un proprio accento, una propria fisionomia; città e
regioni assai diverse e talvolta contrapposte,
che seguono con partecipazione e speranza, e
nello stesso tempo con timore, il processo
d'avvio di una nuova costruzione ancora più
grande e più astratta dell'Italia (dopo 120 anni). Essa si chiama Europa.
L'Europa ha creato a Fiesole, vicino Firenze, un archetipo di città nella Toscana di Vannino Chiti, un archetipo di regione, un istituto
europeo, presieduto da Martenson (un irlandese), che ho incontrato nel mese di ottobre.
Quest'istituto potrà fornire iin aiuto sostanziale per l'elaborazione degli studi e degli indicatori che consentano, nel confronto con le nostre città e regioni, di favorire una migliore
amministrazione. Ma l'Europa è anche quella
delle isole del Baltico e della Stoccolma che,
nel mese di dicembre, lanciava l'appello «Sfida Bangemann» a tutte le altre città d'Europa
per verificare se nell'arco di un anno e mezzo
alcune di esse possano distinguersi nella rea-
-
lizzazione di qualche progetto, fra i dieci elaborati dalla Commissione Bangemann sulle telecomunicazioni, di cui al «Libro bianco sullo
sviluppo, la competitività e il lavoro». Certamente a Barcellona, nei giorni 7,8 e 9 di ottobre, in occasione della seconda riunione «Sfida Rangemann», potremo avere un'anticipazione della risposta.
Se da Stoccolma si prende il treno del sud e
invece di dirigersi verso la splendida Goetebora di Bengt Mollstedt, dell'università Chalmers e della sua Casa della Scienza, si va in direzione di Helsinborg e con il traghetto si attraversa il braccio di mare che la separa dalla
costa antistante, noi ci troveremo a Helsingor,
nel castello di Amleto, in Danimarca, dove immaginariamente l'Europa si interrogò sul senso profondo della vita per mano di uno dei nostri più amati e a noi vicini interpreti, William
Shakespeare.
Questa è l'Europa e questi i suoi personaggi.
Tuttavia, quando da Inverness ci si dirige
verso nordcst, arrivando a Cawdor Castle, ritenuto il castello di Macbeth, di proprietà dei
Campbell, ci si renderà conto che Shakespeare, un inglese, conosceva in realtà assai poco la
Scozia, senza tuttavia che ciò gli impedisse di
dire delle verità eterne sulla nostra condizione
umana. L'Europa delle Regioni che stiamo cominciando a costruire, è unlEuropa in cui collochiamo come proprie e condivise tali verità,
ma non a costo di ignorare le particolarità, le
diversità, gli accenti e le fisionomie di ciascuna delle nostre regioni.
È impossibile? Crediamo di no. Sarà lungo,
questo sì, sarà un lungo viaggio: un viaggio appassionante.
Organizzazione interna
La nascita del Comitato, con le prime attività svolte, è risultata più positiva di quanto
molti sperassero. Abbiamo messo in moto il
nostro organo istituzionale ottenendo buoni
risultati, anche se c'è ancora molto da fare per
migliorare la nostra organizzazione. L'esperienza acquisita ci consente, già ora, di procedere secondo i necessari nuovi orientamenti.
L'amministrazione del Comitato delle Regioni deve raggiungere ora un nuovo obiettivo, owero quello di un funzionamento p i ì ~efficace. senza interferenze esterne né blocchi
interni. Il rispetto della legalità, lo sfruttamento delle risorse umane e tecnologiche, l'austerità del bilancio e la concertazione sindacale
costituiranno da subito alcune delle direttrici
della nostra azione. Ci si aspetta dai nostri funzionari uno spirito di totale lealtà istituzionale.
È nostra volontà comune lottare per l'autonomia organizzativa e di bilancio del nostro
Comitato. Questa presidenza s'impegna a porre come prioritario il raggiungimento di tale
obiettivo.
COMUNI D'EUROPA
~$~~g~;*
%~,$@gq
Rendere agile il funzionamento
I1 regolamento interno deve essere completato e perfezionato con l'obiettivo di accelerare le procedure e di migliorare i sistemi decisionali dei nostri organi. Risulta anche opportuno rivedere la struttura del bilancio e le sue
modalità di attuazione per garantire la necessaria agilità e l'adeguamento alle necessità reali. La presidenza del Comitato deve svolgere
la sua funzione di organizzatrice del dibattito
politico e di presa delle decisioni, potenziand o se necessario qualche gruppo ad hoc come
quelli già attivi, al fine di risolvere questioni
tecniche e amministrative.
Per quanto riguarda i meccanismi di funzionamento delle nostre sedute, dobbiamo
impegnarci a fondo affinché i nostri incontri
si trasformino in vere sessioni di dibattito, di
scambio e di decisione; ciò significa un notevole lavoro di preparazione, con distribuzione
delle informazioni in tempo utile, e una revisione adeguata dei meccanismi e delle procedure stabiliti.
Ciò può realizzarsi dando alle commissioni
l'incarico di risolvere le questioni più tecniche, recuperando in tal modo una parte notevole del tempo delle plenarie, che potranno
occuparsi delle attività di maggior interesse
generale.
La visibilità dell'azione del Comitato delle
Regioni dovrà essere rafforzata, e la valutazione delle nostre relazioni dovrà essere analizzata a tutti i livelli, assicurando un loro peso nei
dibattiti principali. È necessario accrescere il
rigore con il quale la nostra funzione principale ovvero quella di emettere rapporti si
compie in tutte le sue fasi.
Dovremo studiare l'ottimizzazione dei sistemi di comunicazione tra i membri del Comitato delle Regioni, e in particolar modo tra
quelli delle commissioni, ottenendo così una
rete europea che colleghi efficacemente tutti i
centri locali e regionali, secondo la D G XIII.
Questo sistema favorirà la compatibilità fra il
nostro lavoro europeo e la vicinanza che i nostri elettori da noi esigono, in quanto sindaci
e presidenti. Per definizione siamo i rappresentanti europei che più di altri hanno la necessità di rimanere al proprio posto, con meno opzioni di mobilità.
Ad ogni modo, il contatto personale è insostituibile. Se dobbiamo creare una cultura regionale europea, occorre farlo anche incontrandosi qui a Bruxelles, e nei paesi che di volta in volta presiederanno il Consiglio
Europeo. Dobbiamo guardarci
in
faccia
e
negli
occhi quando discutiamo questioni realmente
importanti per l'Europa.
I1 Comitato delle Regioni
nel sistema istituzionale comunitario
Il Cornztato delle Regionz
con lc istituziorzi europee
I1 Comitato delle Regioni si è pronunciato
a favore di un suo riconoscimento quale istituzione europea. Conosciamo le difficoltà che
una proposta di tale significato politico può
incontrare per ottenere ~111consenso generale,
ma compiremo ogni sforzo per raggiungere il
nostro obiettivo.
La nostra ambizione è legittima e nessuno
meglio di noi, che rappresentiamo le istituzioCOMUNI D'EUROPA
ni di base., ~ u difenderla.
ò
Essa è anche un
impegno del Comitato delle Regioni per il
consolidamento dell'Europa pluralista che
rappresentiamo, di un'Europa rispettosa delle
sue differenti articolazioni e di un'Europa che
riconosce il principio della sussidiarietà.
Noi rappresentiamo l'espressione più diretta di governo ed è giusto che gli altri rappresentanti europei abbiano con noi rapporti
che finalmente saranno di amicizia e cooperazione, sebbene inizialmente vi possa essere
stata anche una certa diffidenza.
I1 Comitato delle Regioni riconosce la supremazia istituzionale del Parlamento europeo e in tale riconoscimento è implicita la nostra volontà di un lavoro comune e di un dialogo produttivo.
La legittimità del Parlamento e quella del
Comitato delle Regioni possono concepirsi
soltanto come un arrichimento. Vogliamo intensificare i nostri contatti con il Parlamento e
con la Commissione europea e anche far partecipare alle nostre r?unioni parlamentari e
membri di Bruxelles. E anche nostra intenzione promuovere la politica delle presenze significative nelle nostre assemblee. È previsto
un programma di inviti a personalità politiche
preminenti, ad accademici e a rappresentanti
della società civile che possono stimolare i nostri dibattiti e al tempo stesso contribuire a
che il nostro Comitato sia conosciuto e riconosciuto quale protagonista sulla scena europea. I1 Presidente Sampaio (già membro del
nostro Comitato) si è impegnato a partecipare
in un futuro prossimo ad una delle nostre riunoni. Sono già in corso contatti con altri leader europei, come Jacques Chirac e Helmut
Kohl, che spero di poter avere fra noi. La nostra rappresentanza è più eterogenea e aleatoria di quella del Parlamento, e per questo differente: mai potranno esserci tante circoscrizioni europee come le regioni e le città. 1 cittadini dei territori che rappresentiamo contano sulla nostra voce nel concerto europeo, affinchè possano essere trasmesse le loro esigenze con tonalità specifiche che sottolineino
la loro presenza.
Oggi dobbiamo mantenere l'unità che ci
rafforza, il rispetto che ci accredita e la particolarità che ci rende insostituibili:
L
-
Unità delle Regioni e dei Comuni;
-
R i s ~ e t t ofra le istituzioni:
- Particolarità quali espressioni di governo più dirette.
La partecipazione del Comitato
delle Regioni alla costruzione europea
La partecipazione del Comitato delle Regioni alla costruzione europea non si esaurisce
con il suo intervento nel processo decisionale,
quale organo consultivo. I1 Comitato delle Regioni è certo del suo potenziale nel processo
di trasformazione delllUnione, potendo facilitare la conoscenza e la cooperazione fra i diversi territori e dando il suo contributo alla
costruzione di un'Europa dal basso.
I membri del Comitato delle Regioni si trovano nelle condizioni migliori per realizzare la
costruzione europea, per fungere da anelli di
collegamento necessari per superare il temuto
deficit democratico.
Dobbiamo far sì che venga sentito il nostro
+
peso nelle questioni di grande importanza
strategica per le nostre collettività locali e regionali. Si tratta della coesione economica e
sociale, il lavoro, le grandi infrastrutture e
l'ambiente, i problemi delle città e i rapporti
istituzionali tra tutti i livelli di governo. Però
dobbiamo anche approfondire i temi dell'allargamento dell'Europa verso i paesi dell'Est
e i temi della politica europea per il Mediterraneo, e dobbiamo anche porci al centro nel
dibattito dell'Europa delle Regioni.
Sussidiarietà
Abbiamo ripetuto in questa sede che la nostra carta d'identità era il principio di sussidiarietà. Sappiamo che non siamo gli unici depositari di questo principio, però è per noi un
asse portante indispensabile nel complesso
delle nostre attività.
La sussidiarietà è un criterio politico, non
un principio giuridico oscuro e formale.
Esso si basa sul principio della prossimità
ed è completato da quelli dell'efficacia, della
giustizia o equità e della lealtà istituzionale o
responsabilità. Ripetiamo che le eccezioni al
principio di prossimità devono essere sperimentate dai livelli di governo più distanti e
non da quelli più prossimi. Questo è fondamentale. Dobbiamo consolidare il principio
della prossimità nello spirito della costituzione
euroDea. I1 Presidente della Commissione europea Jacques Santer, nel suo intervento davanti all'assemblea plenaria del Comitato delle Regioni del 21 settembre 1995, stabiliva criteri di grande interesse che desidero ricordare:
" il rapporto sussidiarietà-prossimità:
il carattere di norma di condotta di questo principio, più politico che giuridico;
" non si tratta di stabilire un preciso elenco
di competenze per i diversi livelli, ma un criterio per la loro ripartizione;
" la necessità di risolvere la contraddizione
tra il preambolo del Trattato di Maastricht e
l'Art. 3B, più restrittivo;
" lo stretto rapporto tra sussidiarietà-prossimità e democrazia.
I1 Comitato delle Regioni vuole consolidare
e rafforzare il suo ruolo di portavoce dei cittadini d'Europa. Per garantire un'Europa dei
cittadini, noi sosteniamo che il principio di
prossimità non possa essere separato dal processo della costruzione europea. Tale principio contribuisce al rafforzamento della legittimità democratica dell'unione europea.
Anche questa sussidiarietà può rappresentare una garanzia contro alcuni eccessi dell'azione comunitaria e contro le preoccupazioni
che suscita la burocrazia.
La C.I.G. per la reuiriorze del Trattato
Tutto ciò allora significa che i poteri pubblici più prossimi devono partecipare più attivamente e pienamente ai lavori della Conferenza integovernativa che ci porterà alla nuova definizione dell'Europa.
Questo è un impegno che oggi incontra
delle difficoltà. ma la ra~ionevolezzadelle nostre as~irazionisi farà strada nella fase che sta
iniziando.
Partecipare senza complicare: questa è la
nostra sfida (ovvero, senza complicare più di
-
(.segue in ultimai
APRILE 1996
cosa e come cambiare
Costituzione e riforme
di Giuseppe Dossetti *
1 - La tesi, che ho già esposto in altri tre
interventi fuori campo (intendo il mio campo
proprio, religioso), non è affatto originale,
anzi, si potrebbe dire, quasi comune.
In ogni caso, è sostanzialmente questa:
in primo luogo, la Costituzione del '48
deve essere anzitutto integralmente applicata, anche in quelle parti in cui non ha ricevuto applicazione o l'ha ricevuta distorta;
- in secondo luogo essa contiene non solo norme espresse immodificabili, come quelle poste a garanzia dei diritti personali, civili,
-
politici, economici, sociali, ma essa contiene
anche principi più generali incorporati nelle
norme suddette, o in altre parti del testo (non
solo nella pavte pvima soli diritti e doveri, ma
anche nella pavte seconda sull'ordinamento
della Repubblica): principi egualmente fondanti, ma suscettibili di ulteriori sviluppi, e
perciò idonei a determinare, o a permettere,
singole modifiche costituzionali realmente
omogenee o comunque rientrabili nell'impianto generale della nostra Legge Fondamentale.
Quindi, la Costituzione del '48, è certo
una Costituzione rigida: rigida secondo il
I1 fraintendimento del federalismo
Pubblichiamo volentievi - divei: nzolto
volentievi - il saggio di Giuseppe Dossetti
pev almeno tve motivi speczfici. Pvimo: pev
I'impostazione del suo discovso sulla vigidità
della Costituzione (italiana) del 1948. Secondo: pev la manieva spregiudicata con cui si affvonta il pvoblema del presidenzialismo. Tevzo: pev l'osservazione in ali si appvofondiice
con acume il pvoblenza della tutela delle minovanze nel passaggio al cosiddetto t?zaggiovitavio dal pvopovzionalismo, che infovmava la
nostva Costituzione. Tutto ciò non vuol dive
che lo stimolo, che esevcitano le pagine del
Dossetti, non si accompagni poi a nostvi pavticolavi dissensi o quanto meno pevplessità:
nza, vivaddio, si è indotti finalmente a vzylettere al di là della fvettolosità e I'oppovtunisnzo di un dacovso in buona pavte manovvato
al nzomento con obiettivi tvoppo vicini, elettoralistici - talvolta (pevché no?) a buon fine: tvovave al più pvesto, tutti insieme, amici
e avvevsavi, punti d'accordo per scviveve (o
meglio pevfezionave) le regole della nostva
convivenza democvatica, fer??za rimanendo la
fisiologica opposizione civca il modo di usavle, cioè civca gli obiettivi di governo -. Fvettolosità che sta coinvolgendo quegli stvani
pvofessionisti, che si fanno chiamave politologi: i quali fingono di esseve ispivati dall'lpevuvanio, ma servono ben poco quando si lasciano travolgeve da u n oppovtunismo non
minove dei politici d i mestieve: che almeno
ammettono, più o meno sincevamente, di non
guavdave lontano, perché «la casa bvucia».
Il pvimo motivo è anche pviovitavio. C'è
una ovigine storica della nostva Costituzione,
che Dossetti descvive esattamente e che la
infovma, e questa non è modzficabile. Il vischio è che il tvavaglio del nostvo Paese. che
si è lasciato pvivave della libevtà pev un vent e n n i ~si
, dimentichi. Attenzione: chi voles.re
dimenticave I'impostazione etico-politica della Costituzione - maggiovitavio o non nzaggiovitavio che sia -, ci può povtave al limite
APRILE 1996
di una guevva civile: alla quale chi scvive si
sentirebbe di dovev pavtecipave attivamente,
vicominciando da quando la iniziò almeno
dal 1933, a sedici anni, senza la pveoccupazione, allova, di dave una mano ai vincitovi
della guevva, i cosiddetti «Alleati». Solo che
Dossetti ci permetterà di integvave quel che
dice a pvoposito delle tve componenti ideali,
che hanno nutrito la maggiovanza dei costituenti: «la tvadizione libevale, quella cattolica e quella socialcomunista». No, eva indubbia una componente socialcomunzita (conzunisti e socialisti fusionisti),, ma è stata altrettanto detevminante una componente liberalsocialista, cevtamente non sempve omogenea,
nza che non eva nè mavxista in senso lettevale nè libevale alla manieva cvociana (anzi Cvoce l'ha sempve attaccata): comunque - ed è
fondamentale - azionisti e socialdemocvatici non hanno mai avuto come vifevimento
l'Unione Sovietica, nza zln'Euvopa democvatica (libevalsocialista), da unire e ovientata da
ideali comuni (Montesquieu e u n socialismo
indubbiamente libevtario). In ogni modo vibadiamo: il contesto stovico delineato con
molto buon senso da Dossetti è incontvovertibile e il visultato fu - a suo tempo - una
Costituzione appvezzata dai democvatici di
tutto l'Occidente, anche se col tempo essa ha
nzostrato, come qualsiasi Costituzione, i suoi
punti deboli, ovviamente emendabili: la disorganicità e caducità delI'Esecutivo nazionale - che non si covvegge necessaviamente col
pvesidenzialismo -; il vuolo costituzionale
concesso giustamente ai partiti politici senza
chiativne tuttavia la specificità e i limiti; il vegime di «Stato vegionale~- teorizzato pavticoluvmente dall'Ambvosini - che a nostvo
avviso, a pavte la non attuazione integrale, si
è vivelato anche stvategicamente, cioè all'esame teovico, non funzionale, ma un ibvido tva
lo Stato unitavio e centvalìzzato che può esseve flessibile ma vesta sostanzialmente unita(segue a pag 14)
sensus pleniov (1). E tuttavia è una Costituzione suscettibile di singole modificazioni o
completamenti omogenei, secondo la procedura da essa stessa prescritta, e di cui si parlerà più avanti.
Quel che è inammissibile è ciò che si vorrebbe dalla cosiddetta destva - o che addirittura da essa si presume già avvenuto di fatto con il voto del 27 marzo 1994 - cioè un
cambiamento tout couvt della nostra Carta
costituzionale, o di pavti ovganiche (?) di essa.
2 - Nei precedenti discorsi, ho cercato
di richiamare quale sia stato l'evento globale
che, a mio parere, è la vera matrice della nostra Costituzione, e ne ha, per così dire, plasmata l'anima: cioè la Seconda Guerra Mondiale nella sua globalità, con gli immensi sacrifici di uomini e le sue incalcolabili conseguenze geopolitiche, sociali, e persino religiose.
È stata la guerra il grande crogiolo che ha
determinato, in quasi tutti, una disposizione
degli animi più profonda ed equa, che, al di
là delle frange estremiste e delle singole tesi
spesso divergenti od opposte dei Costituenti,
ha portato alla conclusione di un Patto che
è stato approvato con una maggioranza del
90% dei membri dell'Assemblea Costituente.
Cioè un Patto che non è stato un qualunque compromesso o un semplice effimero
espediente, ma veramente un solido edificio,
in cui hanno confluito in sinergia costruttiva
(al di là dei contrasti politici anche molto
aspri e talvolta persino cruenti) le tre grandi
componenti ideali, cioè la tradizione liberale,
quella cattolica e quella socialcomunista.
3 - La forza determinante dell'evento
globale Seconda Guerra Mondiale, riassume
in sé e meglio qualifica la portata della stessa
Resistenza, e circoscrive la sua connessione
con la Costituzione. Certo, non si vuole qui
negare una connessione reale: sia sotto l'aspetto del personale politico che compose
l'Assemblea Costituente (spesso proveniente
appunto dai movimenti resistenziali); sia sotto l'aspetto delle ideologie perseguite dalle
varie parti; sia infine sotto l'aspetto delle
esperienze vissute dai singoli, e delle loro mete vagheggiate, espresse o inespresse.
Ma si vuole piuttosto affermare che persone e ideologie e vissuti singolari, male si interpreterebbero come solo ricollegati agli
eventi, per quanto intensi, tuttavia molto parziali, frammentari e localistici, della cosiddetta Resistenza avmata.
Non si ricorda abbastanza che quasi tutti e
quasi tutto quello che confluì nella Costituente del '46-'47, era ancora così esistenzialmente connesso con il conflitto mondiale appena cessato, da mantenere ed esprimere in
netta prevalenza una dimensione politica
" Membro dell'Assemblea Costituente nel 1946. Testo di
una Conferenza all'Università di Parma del 26-4-1995.
COMUNI D'EUROPA
mondiale, capace di fare trascendere ai singoli e ai partiti
almeno per il momento l'ottica puramente resistenziale italiana, e di
tenderli più consapevoli e p i ì ~attenti al quad r o mondiale postbellico e ricostruttivo in
cui venivano a porsi anche tutti i problemi
dell'assetto politico e istituzionale da dare al
nostro Paese (2).
Anche per questo è storiograficamente
inesatto (come da non pochi, oggi, si comincia a riconoscere), insistere con troppa enfasi
sul rapporto Resistenza-Costituzione, e tanto
più qualificare il nostro Patto costituzionale
come l'imposizione di una parte vincente alla
parte sconfitta.
C'è un fatto storico preciso di cui quasi
tutti si dimenticano: cioè il grande raduno,
tenuto al Teatro Lirico di Milano nella tarda
estate del 1945, dei componenti di tutti i comitati di Liberazione delllAltitalia: raduno
che segnò, sì, una certa apoteosi del movimento di Liberazione, ma anche, contestualmente, la conclusione effettiva, senza residui,
del movimento resistenziale delllAltitalia. E
d o p o alcuni mesi, a Roma, fu proclamato
l'autoscioglimento dello stesso Comitato Nazionale di Liberazione, ponendo fine anche
alle ultime vestigia di struttura parallela a
quella statuale, e liquidando ogni tipo di reducismo.
Può essere, quindi, più congruo riconoscere alla Resistenza armata la parte che le
spetta per il contributo dato alla causa alleata per la conclusione della guerra nel Nord
Italia, fino alla vigilia del 25 aprile 1945: ma
anche occorre assumere proprio la data del
25 aprile come punto di partenza di una sia
pur lenta e faticosa ricomposizione unitaria
del popolo italiano, anche di quella grande
parte che, pur non schierandosi militarment e e politicamente, tuttavia aveva resistito
passivamente per anni nelle d u r e prove di
una guerra che tutti coinvolgeva e tutti elevava, volenti o nolenti, a sentimenti e a pensieri di scala più vasta, non solo paesana e
n o n solo nazionale. Cominciava pertanto
quel processo di liberazione e di ricostruzione che appunto negli anni '45-'46-'47 portò e
si espresse, come in un momento magico ( o
più propiamente direi prowidenziale), nella
Costituzione Repubblicana. E fu così che anche uomini del Sud, che non avevano conosciuto personalmente né la Resistenza né la
lotta partigiana, poterono dare un segnalatissimo contributo di unità e di creatività pacifica nella stesura del nostro Patto nazionale.
Ricorderò almeno due uomini fra i molti: Ald o Moro (pugliese) e Costantino Mortati (calabrese).
-
4 - Si può dunque contestualizzare in
questo modo la nostra Costituzione, e ciò basterebbe a giustificare, storicamente e politicamente, la sua cosiddetta rigidità giuridica,
cioè l'impossibilità di sottoporla a modificazioni arbitrarie o contradditorie con il quadro dei suoi supremi principi informatori.
Ma ora, in questa mia lezione d'oggi, vorrei cercare una contestualizzazione più specifica e, per certi versi, una non meno valida
conferma della affermata rigidità.
Cioè, la Costituzione repubblicana è un
COMUNI D'EUROPA
frutto particolarmente positivo e felice della
civiltà occidentale.
L'Occidente, e parallelamente quella che
per convenzione si chiama la civiltà occidentale, è oggi sotto processo da parte di altri
universi culturali (quello islamico, quello induista, quello buddista). E non senza molte
ragioni: che vanno dalle malefatte, passate e
presenti, dei vari colonialismi; alle rapine, ancora attuali e forse sempre più estese, delle risorse naturali di altri popoli; alle guerre importate in vari continenti; alle macchinazioni
per dividere, e, alla fine, distruggere o asservire intere popolazioni; ecc.
Ma c'è un elemento incontestabilmente
positivo della civiltà occidentale: non direi
tanto il concetto e la prassi della democrazia
- che può essere troppo spesso sfumata ed
equivoca - ma direi piuttosto il costituzionalismo ir~oderno,come dottrina che si fa vieppiù in sé definita e solida, e la prassi correlativa, che, sia pure in modo disuguale e non
senza contraddizione, si è affermata in molti
Stati dell'Europa occidentale e del Nord
America.
I1 costituzionalismo moderrzo, nato, si può
dire, con le due grandi rivoluzioni della fine
del secolo XVIII, facendo tesoro di strutture
precedenti e dell'apporto di una pleiade di
grandi intelletti di tutte le nazioni, si è poi andato sviluppando per due secoli, giungendo a
una larga e vigorosa determinazione delle garanzie fondamentali del cittadino, e anche a
proposte ormai quasi convergenti su un minimo di strutture di Stato e di Governo idonee ad assicurarne la realizzazione.
Certo, può essere fondata l'obiezione che
gli Stati in cui esso ha avuto una sufficiente
applicazione (talvolta intermittente), lo hann o applicato per se stessi, ma spessissimo non
ne hanno saputo o voluto divenire fautori
coerenti nei rapporti con gli altri, e specialmente nei rapporti con gli Stati al di fuori
della cosiddetta civiltà occidentale.
Tuttavia non si può negare che le dottrine
costituzionalistiche abbiano raggiunto un alto grado di solidità e di precisione, siano ormai possesso di un'ampia ~ o i v ~e)negli
,
ultimi cinquant'anni abbiano portato, tra gli altri, tre frutti segnalati e sostanzialmente affini, cioè appunto: la Costituzione italiana, la
Grund Gesetz tedesca, e la p i ì ~recente Costituzione spagnola, tutte e tre risultato di un
grande evento globale (per le prime due, la
Seconda Guerra Mondiale, e per la terza la
stessa guerra, sia pure non direttamente partecipata, ma alla fine determinante la caduta
del Franchismo e il passaggio a una monarchia democratica).
Anche se questo evento, pur forte ed influente, come pochissimi altri nella storia del
nostro Paese e di tutto il mondo, non è stato
un evento sempre coerente con gli ideali proclamati, anzi, ha avuto molta scoria commista; non h a saputo essere sempre lucido e
sempre sapiente; non è sempre stato disinteressato: è tuttavia rimasto sempre un evento
di dimensioni uniche, con eccezionale capacità inglobante, amalgamante e unificante; e
ha determinato un consenso di forte potenzialità anche ideale, sintesi di gravi sacrifici di
molti e sintesi di concorrenti culture: e perciò
è riuscito, per il nostro Paese, ad offrire occasione al costituzionalismo moderno di incarnarsi in un Patto per sé capace (se fosse
stato in tutto applicato) di portare a unità effettiva il nostro popolo, e ancora capace di
aprirsi alle possibilità di sviluppo omogeneo,
richieste dai nuovi tempi, dalle nuove esigenze della nostra società, e dal sentire più sano
delle nuove generazioni (3).
5 - E a questo punto può tornare opportuna una ulteriore considerazione. Si discute
oggi, da più parti, il processo formativo della
nostra unità nazionale, se ne rivisita le varie
fasi e se ne evidenzia vari elementi di debolezza: come la divisione e contrapposizione
tra mondo cattolico e mondo laico, o meglio
tra integrismo cattolico e anticlericalismo; il
separatismo e l'opposizione di classe indotte
dal socialismo prima e poi dal comunismo; la
disgiunzione tra sentimento nazionale e libertà, indotte dal fascismo; la diversa occupazione straniera del nord Italia e del sud,
che ha aggravato le preesistenti differenze
culturali e sociali; ecc.
Orbene, la Costituzione del '48 - la prima veramente datasi da una grande maggioranza del popolo, e la prima coniugante le
garanzie di eguaglianza per tutti e le strutture basali di una corrispondente forma di Stato e di Governo - se tutti ci si impegnasse in
questo senso, può ancora concorrere a sanare ferite vecchie e nuove del nostro processo
unitario, e concorrere a fondare quello che in
America è stato chiamato un Patriottismo del-
la Costituzione.
Patriottismo che da un lato legittima una
ripresa di un concetto e di un senso della Patria, rimasto per decenni allo stato latente o
inibito per reazione alle passate enfasi nazionalistiche che hanno portato a tante deviazioni e disastri; e d'altro lato, è così definito nei
principi costituzionali fondanti, che non
esclude nessuno e potrebbe garantire anche
forze eredi di quelle che a suo tempo rimasero estranee e ostili al processo costituente,
purché cessassero di denigrarlo e lealmente
ne accettassero i risultati. Invece il pretendere di essere leggittimati a negoziare un nuovo
Patto, sia pure attraverso una nuova Costituente, è già mettersi dalla parte di una frattura della legalità costituzionale.
Inquadrate queste premesse generali, ormai posso passare a considerare il merito di
alcuni aspetti della Costituzione repubblicana.
Cominciando proprio dal fondo. L'ultimo
articolo, il 139, vieta l'assoggettamento della
forma repubblicana alla revisione costituzionale. Al qual proposito si è ormai consolidat o un orientamento dottrinale, almeno prevalente, che non interpreta l'art. 139 solo come
un divieto di restaurazione della monarchia,
ma anche come un divieto di alterazione della forma di Repubblica descritta nella Costituzione, forma anzitutto definita dai primi 12
articoli, che appunto n e dicono i princzpifondamentali.
E sono: il principio dell'unità dello Stato;
il principio democratico; quello del primato
fondante del lavoro; quello personalista;
quello delle autonomie locali e delle autonomie delle formazioni sociali incluse, nelle
quali si sviluppa la persona umana; il principio della tutela delle minoranze linguistiche;
della reciproca indipendenza di Stato e Chiesa; della libertà religiosa; quello della promozione della cultura e della ricerca scientifica;
APRILE 1996
della tutela dell'ambiente; e finalmente il
principio internazionalista e pacifista.
Questi principi, tutti, sono immodificabili
e perciò sottratti ad ogni procedimento di revisione costituzionale. Ma, oltre a questi, la
Corte Costituzionale, nella sua giurisprudenza, ha individuato altri principi parimenti immodificabili, e cioè quello della unità della
giurisdizione; della tutela giurisdizionale; del
diritto di difesa; della laicità dello Stato; della inalienabilità dei diritti della persona umana. E nella sua sentenza 1.146/1988, ha dichiarato che:
«Pur non essendo essi espressamente menziotzati fra quelli non assoggettabili al procedimento di revtrìotze costituzionale, appartengono all'essenza dei valori supremi sui quali si
fonda la Costituzione (. . .) e non possono essere sovvertiti o modificati neppure da leggi di
reuziione costituzionale o da altre leggi costituzionalh.
6 - Nel campo dei diritti, e dei relativi
principi immutabili, viene anzitutto il diritto
alla vita. 11nostro testo costituzionale non ne
parla in recto. Ma è certo un prius antologico,
che si può presumere implicito in molte disposizioni costituzionali. Però, di fronte alle
vessate questioni sorte in questo campo negli
ultimi decenni, è doveroso pensare a una
qualche formula di garanzia costituzionale: si
dovrebbe trattare di un minimo, intorno al
quale raggiungere un vasto consenso.
Invero, il diritto alla vita, se di principio è
assolutamente prioritario, di fatto, in molte
situazioni concrete, è forse il più debole e il
più difficile da tutelare. Non basta affermarlo contando solo sulla sua ineluttabile evidenza, e neppure affidarlo alle buone intenzioni di chicchessia: m a richiede anzitutto
una diffusa coscienza etico-sociale, e in secondo luogo di essere inserito in un saldo e
armonico contesto di principi giuridici e di
strutture funzionali già garantite ed esperimentate.
Perciò non posso non dolermi quando se
ne fa solo un'affermazione dottrinale, che
può trovare facili affidamenti generici, e non
ci si preoccupa di definire in quale sistema
giuridico a monte potrebbe e dovrebbe inserirsi: se per esempio in un contesto giuridico
solido e maturo come la Costituzione del '48,
oppure in un contesto improvvisato e ispirato a una profonda allergia per ogni norma,
che può dare solo assicurazioni verbali.
7 - Passando ora a tutt'altro argomento,
vorrei fermarmi brevemente sul cosiddetto
principio della libertà di intrapresa e su quello della libertà mercato, che il progetto c.d.
della Costituzione di Genova della Lega
N o r d pone addirittura nel primo articolo,
con una enfasi tutta particolare ed esclusiva.
Orbene, non ci può essere dubbio che anche la vigente Costituzione tutela ampiamente la libertà di iniziativa economica (art. 4 1).
E non è vero che l'articolo stesso sia - come
qualcuno ha sostenuto - una norma anfibologica, per il richiamo che esso contiene all'utilità sociale e alla programmazione di indirizzo e di coordinazione. La dottrina e la
giurisprundenza hanno già provveduto a toAPRILE 1996
gliere ogni anfibologia e a sviluppare un concetto di libertà economica come diritto costituzionale non inferiore, gerarchicamente, agli
altri diritti riconosciuti alla persona. P u ò bastare, per rendersene conto, l'ampia trattazione che alla libertà di iniziativa economica
dedica il Prof. Pace dell'università di Roma,
nel secondo volume della sua Problematica
delle libertà costituzionali (4).
Non si vede quel che si dovrebbe o si potrebbe aggiungere al riguardo, anche tenuto
conto di tutte le critiche che si rivolgono oggi allo stato sociale.
Ma le degenerazioni assistenzialistiche del
nostro recente passato - e che hanno portato al gonfiamento della spesa pubblica, alla
mortificazione dell'iniziativa economica privata, alla deviazione clientelare e alla connivenza tra politica e affari privati o addirittura
malavita organizzata - non solo non potevano trovare nessun germe e nessun incentivo,
anche remoto, nella lettera e nello spirito della Costituzione repubblicana, ma anzi n e
contraddicevano norme testuali e tutto l'impianto generale, a garanzia della libertà e dell'eguaglianza dei cittadini.
Quindi, opporsi giustamente all'assistenzialismo e allo statalismo soffocante, non può
voler dire, in nome di nuovi ideologismi liberisti, ignorare l'autentica evoluzione di quello
che abbiamo chiamato il Costituzionalismo
moderno, che esige la garanzia e lo sviluppo
non solo dei diritti politici, ma anche dei diritti sociali, e quindi la rimozione degli ostacoli economico-sociali (art. 3 della Costituzione) al pieno sviluppo della persona umana.
Tantomeno vuol dire ignorare che il libero
mercato, lasciato a se stesso, inesorabilmente
distrugge i soggetti più piccoli e tendenzialmente conduce a restringere il piano dell'offerta in una dimensione di segno monopolistico. Già un autentico liberale, come Einaudi, avvertiva:
«Il primo canone è che il male sociale ha le
sue origini nel monopolio; e che la lotta contro
le ingiustizie e le diseguaglianze sociali ha nome di lotta contro il monopolio. Il monopolio
sta alla radice delle sopraffazioni dei forti contro i deboli» ( 5 )
Queste parole di quarant'anni fa sono oggi più che mai attuali, in un momento in cui
un grande monopolista aspira alla suprema
funzione di governo, detenendo per di più
nelle proprie mani una smisurata concentra,zione di mezzi di informazione di massa. E
proprio in un'ora come la presente che, purtroppo, può trovare piena attuazione l'aforisma di Dahrendorf:
«Un'ondrzta sovrabbondante di mass media
consoliderà ancor più l'esistenza passiva dei
consumatori» (6).
Già Mortati, nella fase precostituente, aveva scritto che:
«La struttura organizzativa di uno Stato
orientato in senso libe~isticonon può, nella
sua sostanza, non essere sostanzialmente diverso da quella propria di uno Stato che si proponga fini di intervento più o meno penetranti nella sfera dei rapporti sociali, onde correggere o attenuare gli effetti del gioco spontaneo
dei medesimi» (7).
Da qui l'owia conseguenza che l'ipotetica
trasformazione sostanziale delle disposizioni
che caratterizzano il nostro Stato come Stato
appartenente alla categoria degli stati sociali
di diritto (vedi la cosiddetta «Costituzione
economica», degli art. 35-47), potrebbe portare allo stravolgimento «rivoluzionario» dell'intero assetto costituzionale (8).
Altro argomento che è oggetto di dibattiti
molto accesi, almeno in certi ambiti, dibattiti
più spesso alquanto confusi, è l'argomento
delle autonomie degli enti territoriali. Ci son o pochi studi seri (come, per esempio, quello della Fondazione Agnelli), ma c'è una larga gamma di proposte: da quella di una specie di confederazione di tre Stati sovrani, a
quella di un federalismo più o meno avanzat o (specialmente sul modello della G r u n d
Gesetz tedesca), a quella d i un semplice
rafforzamento dell'attuale autonomia regionale.
Alla base di tutte le proposte non sta tanto
un riallacciarsi a dottrine federalistiche storiche, che hanno conosciuto in Italia solo una
breve stagione, poi interrottasi quasi totalmente; ma stanno impulsi, non sempre ingiustificati, di protesta localistica contro l'eccessivo centralismo statale; e sta soprattutto la
tardiva e insufficiente attuazione delle autonomie regionali previste dall'attuale Costituzione.
Si possono auspicare riforme incisive e
avanzate, al riguardo, purché si osservino alcune condizioni ben precise.
a) Anzitutto il rispetto di tempi necessariamente un po' lenti (almeno qullche anno,
a partire d a un rapido e sollecito inizio), e
l'osservanza rigorosamente leale delle procedure previste, per la consultazione delle popolazioni interessate, dall'art. 132 relativo alle variazioni dei soggetti (cioè al numero delle regioni e del loro territorio); e soprattutto
dell'art. 138 (per quanto riguarda l'allargamento delle funzioni e competenze oltre le
materie ora fissate).
b ) Il rispetto dei principi supremi della
nostra Costituzione, come si è già visto sopra,
immodificabili: e in particolare i principi posti dall'art. 1 (l'Italia è una Repubblica, ed è
una Repubblica fondata sul lavoro); dall'art.
5 (che ribadisce l'affermazione della unità e
indivisibilità della Repubblica, e a un tempo
il principio delle autonomie locali e del decentramento amministrativo): ciò vuol dire
che si dovrà rispettare il livello unitario del
Governo, che consente di garantire gli obiettivi di un sano Stato sociale, e insieme si dovrà rispettare la diffusione, nel seno della società italiana, di una pluralità di centri decisionali, che consentano la più accentuata vicinanza tra governanti e governati.
C) L'osservanza dei principi del Trattato
di Maastricht (forse già in stato di paralisi):
trattato che, pur in una certa ai-i-ibiguitàoriginaria, rispondente alla grande varietà di situazioni locali, implica:
- una definizione di competenza generale a favore del livello di governo maggiormente vicino ai cittadini (lett. A.2 e lett. F.2);
- una definizione di competenza del governo più ampio - o centrale - sulla base
di attribuzioni esplicitamente nui-i-ierate;
- un margine di flessibilità (art. 2 B comma 2 e art. 130 R n.4) dell'applicazione di taCOMUNI D'EUROPA
li criteri, consentendo al livello di governo
più ampio di intervenire in relazione a dimensioni di interessi, nonché a problemi ed
obiettivi, che esigono un'azione uniforme e
comunque unitaria (9).
Ciò vuol dire preferire, tra i tanti modelli
possibili o confusamente proposti, il modello
di un «federalismo moderato», sul tipo, per
intendersi, del federalismo tedesco, che, pur
riconoscendo le più ampie competenze alle
autorità locali (comprese competenze fiscali),
nell'art. 72 della G r u n d Gesetz, espressamente dichiara che la Kepubblica federale
può legiferare nell'ambito della legislazione
concorrente, se «lo richiedono la tutela dell'zr nità giuridica e dell'unità economica, e in particolar modo la tutela della uniformità delle
condizioni d i vita, prescindendo dai confini
territoriali di ogni singolo Land».
Questa, o un'analoga norma espressa dovrebbe presiedere in ogni caso alle riforme
costituzionali in materia di regioni.
9 - Si possono ora fare alcune osservazioni aggiuntive, che garantiscono una corretta e vitale ispirazione della piena attuazione e dell'ulteriore sviluppo, in senso autonomico, della nostra Costituzione.
Anzitutto occorre tenere presente che ancor più importante delle variazioni costituzionali sul riparto delle funzioni fra Stato
centrale e Regioni, può essere, e può risultare più realisticamente efficace, una coerente
legislazione ordinaria (già quindi nei limiti
dell'attuale Costituzione) che si ispiri a questi
obiettivi:
- la revisione del sistema fiscale, in vista
di vere e solide autonomie finanziarie degli
enti territoriali, in specie delle Regioni, in un
quadro che realizzi, a un tempo, efficaci sistemi di responsabilità finanziaria della collettività e meccanismi trasparenti ed efficienti d i riequilibrio finanziario a favore delle
aree economicamente più deboli. Il tutto con
la necessaria cautela e le scansioni temporali
imposte dalla nostra complessiva grave situazione finanziaria, per evitare i rischi di spinte
ulteriormente eversive della nostra finanza
pubblica;
- un'ampia e profonda riforma di tutte le
pubbliche amministrazioni, e il loro effettivo
decentramento locale (anche con l'attribuzione alle strutture amministrative regionali
dell'applicazione di leggi statali, oltre che regionali). Questo per la più adeguata e pronta
comunicazione tra istituzioni e cittadini, e
per un più proficuo raccordo tra gli enti sociali intermedi (enti di categoria ed enti di
volontariato, ecc.) ed enti territoriali di programmazione e di gestione.
Infine va evitato il nuovo centraiismo, già
più che manifesto, da parte delle Regioni, a
danno dei Comuni: con una più chiara distribuzione delle funzioni tra Regione ed enti
territoriali inclusi in essa.
A tutto questo dovrà aggiungersi, infine, la
modifica costituzionale della struttura del
Parlarnmento, per dare in esso una diretta significativa espressione alle istituzioni regionali (Camera delle Regioni) nel quadro di
una riforma del sistema bicamerale di cui diremo più avanti.
Quanto si è prospettato, concorrerebbe a
smantellare in tutto il personale del Governo
centrale la mentalità accentratrice che sinora
l'ha contraddistinto; e parimenti a creare neCOMUNI D'EUROPA
gli enti locali una coscienza più attuale dei 10ro compiti, e, viceversa, un più vigile senso
delle loro responsabilità; e infine concorrerebbe a creare nei cittadini un senso di partecipazione più consapevole e più soddisfatto,
nella rilevazione dei loro bisogni e nella
prontezza delle risposte alle domande sociali
più serie.
Invece, tutto ciò sarebbe la migliore confutazione di quel federalismo confuso e d
egoista - nel subconscio secessionista che porterebbe a differenze e ingiustizie ancora più gravi tra le varie regioni e fra tutti i
cittadini italiani: e che sarebbe, oltre tutto,
come ha detto recentemente Francesco Paolo Casavola: «anacronistico e contro tendenza
rispetto ai processi di espansione dell'economia di intensifcazione di tutela dell'ambiente,
di evoluzione, della tecnologia, delle comunicazioni, della rapidità dei trasporti, del movimento delle persone, della domanda di eguaglianza nella erogazione dei servizi e nelle pizì
essenziali prestazioni sociali» ( 10).
10 - Un altro oggetto di riforme necessarie e possibili, è la revisione dell'attuale bicameralismo perfetto, che ha sinora impedito
una legiferazione tempestiva ed efficace, e insieme ha concorso ad ostacolare un corretto
rapporto Parlamento-Governo.
Si sta creando un'opinione abbastanza comune che vorrebbe passare dalle attuali due
Camere, con finzione legislativa paritaria e
con omogenea rappresentatività, a un sistema
che preveda la trasformazione del Senato in
Camera delle Regioni, o meglio delle autonomie locali e delle grandi formazioni sociali, riservando per contro alla Camera dei Deputati la rappresentatività politica generale.
Proprio della Camera dei Deputati resterebbe il compito di conferire o revocare la fiducia al Governo, e l'attività legislativa ordinaria.
I1 concorso della Camera delle Regioni potrebbe essere richiesto normalmente per le
leggi che incidano sui rapporti tra Stato e Regioni; invece, per le altre leggi, potrebbe essere solo eventuale e prevedere la prevalenza
finale della Camera dei Deputati in caso di
dissenso.
Per evitare poi il fenomeno dell'intlazione
legislativa sempre più vasta e sempre più caotica, e sempre più influenzata da molti interessi particolari, si potrebbe - mantenute
ferme le riserve di legge previste dalla Costituzione - sancire costituzionalmente il divieto di legiferare se non per contenuti di principio: e quindi riservare al Governo, abitualmente, la normazione regolamentare, peraltro
con eguale grado di primarietà, per mantenere sottoposte al controllo di costituzionalità
anche le norme di fonte non parlamentare.
Dovrebbe aggiungersi anche una rigorosa
disciplina del Decreto-legge, prevedendolo
solo per ipotesi tassative, col divieto di emendamenti in sede di conversione, e il divieto di
reiterazione anche per mancata conversione
nei termini, e non solo per un esplicito voto
contrario del Parlamento.
Inoltre, dovrebbe essere disciplinato l'esercizio del potere di bilancio del Parlamento, vietando la presentazione di iniziative e di
emendamenti comportanti aumento di spesa.
Infine, si dovrebbe richiedere il controllo
parlamentare preventivo su tutti i trattati o
accordi internazionali, anche non soggetti a
ratifica da parte del Capo dello Stato.
11 - E d ora passiamo più specificamente
al Governo.
Anche se si possono già dire un po' attenuati i bollori presidenzialisti, tuttavia gode
ancora di un certo favore, in alcuni opinionisti e soprattutto in una certa parte politica,
l'ipotesi presidenzialista.
Come è risaputo, è possibile distinguere varie forme di Governo presidenziale. Anzitutto
il Presidenzialismo degli U.S.A., che alcuni
continuano a idealizzare non solo astraendo
dalla situazione concreta del nostro Paese, ma
anche ignorando le critiche e le tendenze revisioniste che si vanno diffondendo negli stessi
Stati Uniti. I1 crescere in autorevolezza ed
estensione delle obiezioni all'attuale sistema
americano, ha portato recentemente al nascere di uno speciale comitato cosiddetto per il
.sistema costituzionale, dal quale emergono varie proposte tutte volte coerentemente a innestare sul tronco del sistema presidenziale istituti tipici del sistema parlamentare. Sia pure
senza approfondire, in questa sede, i risultati
complessi della revisione ora ventilata i n .
America, possiamo ricavarne per lo meno
l'osservazione che neppure l'unico caso di sistema presidenziale che ha garantito le libertà
e i diritti civili e politici, p u ò costituire un
esempio incoraggiante per uno Stato come il
nostro, in cui il sistema parlamentare ha consentito un costante processo democratico,
non compiuto, ma certo non revocabile.
Le altre ipotesi di presidenzialismo vengon o tutte dai Paesi del Sud America, con quali esperienze concrete e risultati di libertà e di
garanzia dei diritti civili e politici, tutti, credo, sappiamo: tanto che nessuno accenna a
farsene un fautore.
Resta l'ipotesi del semipresidenzialismo
francese, che può portare alla grave discrasia,
come attualmente, della difficile ~coabitazione» tra un Presidente eletto da un certo
schieramento, e una maggioranza parlamentare antagonista: mentre i suoi possibili vantaggi possono essere assicurati da una semplice revisione del nostro sistema parlamentare.
Ci sarebbe infine da dire una parola del
presidenzialismo «all'italiana» della proposta
Segni, per l'investitura popolare di un leader
al vertice del potere esecutivo, prescindendo
poi da qualunque contrappeso o controllo in
tutto il periodo del suo mandato: un presidenzialismo, quindi, che assomiglia ad una
monarchia elettiva, e di cui il professor Gianni Ferrara, dopo averne fatto un'analisi acuta, conclude: «Si tratta di un sistema mai sperimentato, perché nessun costituente, di nessun Paese al mondo, ha mostrato tanta znsipienza da sceglierlo» ( 11).
Invece, io fermamente penso che sia
conforme [anzi, secondo il professor Allegretti, sarebbe il solo conforme (1211 al principio fondamentale della nostra Costituzione
sulla pluralità e distinzione di centri di potere diffusi, il conservare il sistema parlamentare con alcune revisioni e integrazioni, già
adottate anche d a Costituzioni più recenti,
per rendere più stabile, più coordinata e più
efficiente l'azione del Governo. Basterebbe
APRILE 1996
quindi introdurre l'elezione parlamentare del
Primo Ministro, sia pure confermata dal Capo dello Stato, e soggetta solo alla sfiducia
costruttiva da parte dell'Assemblea che lo ha
investito e che, togliendogli la fiducia, deve
designare a un tempo un nuovo Primo Ministro; nonché la nomina dei Ministri, più probabilmente fuori del Parlamento, d a parte
del Primo Ministro, salvo un controllo di
competenza, regolato da norme precise.
Infine, oltre alle norme di revisione costituzionale sulla forma di governo, si dovrebbe
affermare costituzionalmente l'indipendenza
delle pubbliche amministrazioni dal potere
politico, cui certo spetterebbe sempre una
funzione di indirizzo, ma riaffermando la responsabile autonomia delle amministrazioni
nella realizzazione degli obiettivi proposti.
12 - Passerei ora a un ultimo punto, cioè
quello del rafforzamento delle garanzie costituzionali, soprattutto a favore delle minoranze.
Si può partire d a due dati universalmente
ammessi:
- il primo, che l'intera Costituzione vigente suppone il sistema elettorale proporzionale, pur non avendolo testualmente costituzionalizzato;
- il secondo, che l'affrettato passaggio al
sistema maggioritario è stato deliberato senza
nessuna previsione relativa alle garanzie a favore delle minoranze elette, che possono di
fatto talvolta corrispondere invece a una
maggioranza dell'elettorato.
Perciò si impone, secondo ragione e d
equità, e per lo stesso adeguato funzionamento del sistema di libertà, di eguaglianza e
di divisione e contrappeso dei poteri, I'adozione di alcune misure, sia pure tardive:
- l'elevazione a due terzi della maggioranza necessaria per l'approvazione in seconda deliberazione, d a parte delle Camere, delle leggi di revisione costituzionale e delle altre leggi costituzionali (art. 138, I): mantenendo ferma, in ogni caso, la possibilità ora
prevista di chiedere il referendum confermativo (art. 138, 11);
- l'elevazione a due terzi dei componenti di ciascun ramo del Parlamento, per l'approvazione o modifica dei regolamenti parlamentari (art. 64);
- la necessità della maggioranza, per l'elezione del Presidente della Repubblica, di
almeno tre quinti anche dopo il terzo scrutinio (art. 83), salvo lo stabilire che, trascorso
un certo tempo senza che si sia giunti all'elezione, le Camere sono sciolte di diritto;
- la necessità della maggioranza di due
terzi del Parlamento in seduta comune, per
l'elezione, nella misura di sua competenza, di
membri della Corte Costituzionale (art. 135)
e di componenti del Consiglio Superiore della Magistratura (art. 104);
- la necessità della maggioranza fortemente qualificata per l'elezione delle Commissioni parlamentari di garanzia o d'inchiesta: se non addirittura la riserva di alcune di
esse alla minoranza;
- la delineazione costituzionale di uno
statuto dell'opposizione parlamentare al G o verno;
APRILE 1996
- e norme che prevedano più aperto accesso al controllo da parte della Corte Costituzionale.
Infine, l'esperienza di quest'ultimo anno
ha dimostrato che conviene dare un fondamento costituzionale esplicito alle autorità
amministrative ( o poteri neutrali), come la
Banca d'Italia, le autorità antitrust, la Consob, e le autorità di garanzia nella radiotelevisione e simili.
Su tutte queste necessità di più solide garanzie costituzionali, si sta già formando un
largo consenso. Come già molti convengono,
che prodromico ad ogni altra ipotesi di revisione costituzionale, dovrebbe essere un effettivo accordo di tutte le parti per l'accettazione leale dell'attuale procedimento previsto dall'art. 138, ulteriormente rafforzato nel
senso ora detto, della necessaria maggioranza
dei d u e terzi per la seconda deliberazione
delle Camere.
Soltanto questo potrà garantire alle riforme quella più vasta adesione di tutte le parti
e componenti politiche che tenda a pareggiare quella che si è avuta nel '47, e a confermare alla revisione costituzionale il carattere di
un rinnovamento unitario del nostro Patto
nazionale.
13- Alla fine, vorrei dire soprattutto ai
giovani: non abbiate prevenzioni rispetto alla
Costituzione del '48, solo perché opera di
una generazione ormai trascorsa. La Costituzione americana è in vigore d a duecento anni, e in questi due secoli nessuna generazione
l'ha rifiutata o ha proposto di riscriverla integralmente; ha soltanto operato singoli emendamenti puntuali al testo originario dei Padri
di Philadelphia, nonostante che nel frattemp o la società americana sia passata d a uno
Stato di pionieri a uno Stato oggi leader del
mondo.
Non lasciatevi influenzare da seduttori fin
troppo palesemente interessati, non a cambiare la Costituzione, ma a rifiutare ogni regola.
E non lasciatevi neppure turbare d a un
certo rumore confuso di fondo, che accompagna l'attuale dialogo nazionale. Perché se
mai, è proprio nei momenti di confusione o
di transizione indistinta che le Costituzioni
adempiono la più vera loro funzione: cioè
quella di essere per tutti punto di riferimento
e di chiarimento.
Cercate quindi di conoscerla, di comprendere in profondità i suoi principi fondanti, e
quindi di farvela amica e compagna di strada.
Essa, con le revisioni possibili ed opportune,
può garantirvi effettivamente tutti i diritti e
tutte le libertà a cui potete ragionevolmente
aspirare; vi sarà presidio sicuro, nel vostro futuro, contro ogni inganno e contro ogni asservimento, per qualunque cammino vogliate
procedere, e per qualunque meta vi prefissiate.
E questo vale per voi non solo personalmente, ma può valere, allo stesso modo e con
la stessa intensità, per tutto il nostro popolo.
È un momento delicato e con~plesso,non solo all'interno, ma anche all'esterno: intendo,
per tacere d'altro, anche rispetto all'Europa.
L'Europa cerca se stessa, e non si trova.
Anche il Trattato di Maastricht langue e non
procede. Tanto che qualcuno tende a cercare,
se non l'Europa, quello che dovrebbe essere
il nucleo duro di essa (cioè Germania, Francia, Olanda, Lussemburgo, e infine, nonostante tutto, il Belgio). E l'Italia? Pochi anni
fa, avrebbe potuto concorrere paritariamente
a questo nucleo duro. Ora, invece, è molto
vicina - se non si affretta a ristabilire anzitutto le sue finanze, a riordinare tutte le pubbliche amministrazioni, e a condurre una solida politica economica, statale e non statalista - a perdere sempre più peso (come sta
dimostrando la sorte della nostra candidatura al Consiglio di Sicurezza dell'ONU): più
ancora rischia di disgregarsi in un Nord sempre più attratto dalle vicine settentrionali
(Germania e Francia), e in un Sud «affogato
nel Mediterraneo arabo-balcanico» [come
prospetta l'ultimo nuniero della rivista Limes
(1311.
Soltanto quel sano, forte, diffuso, Patriottismo della Costituzione - che accennavo
sopra - può essere una luce orientatrice e
una forza aggregante, capaci, concorrendo
altri fattori, d i vivificare una nuova intesa fra
tutte le componenti tradizionali del nostro
popolo, e di stimolare e presiedere a una ripresa collettiva che non ci faccia perdere,
forse per sempre, l'ora della storia.
NOTE
(1) Cioè, nel senso della prescrizione testuale di un
procedimento rafforzato per la sua revisione, e in più
nel senso dei principi supremi fondanti ricavabili da argomenti logici. storici e di valore.
I Costituenti, nell'orientarsi per la rigidità della Costituzione, hanno avuto particolarmente presenti le vicende dello Statuto Albertiniano, e il suo progressivo
slittamento sino aiio svuotamento totale di ogni garanzia: cfr. per tutti: A. Pace, La causa della rigiditi costituzionale, CEDAM, Padova 1995.
(2) Cfr. la recentissima meditazione di Pietro Scoppola, 2S aprile, Liberazione, Einaudi, Torino 1995,
pp.44-47; 49-52, e passim.
(3) Per quest'ultimo aspetto può valere I'affermazione, fatta da più voci alla Costituente, che in futuro si
sarebbe potuto solo «andare avanti e non tornare ind i e t r o ~cioè
,
migliorare e sviluppare la garanzia dei diritti, e perfezionare, senza alterare. le strutture dell'ordinamento repubblicano in base all'esperienza: cfr. U.
Allegretti, Il problema dei limiti sostanziali all'innouazione costituzionale, in Cambiare Costituzione o modificare la Costituzione?, a cura di E. Ripepe e R. Romboli,
G . Giappichelli, Torino 1995, pp. 31-35: vedi particolarmente quanto dice sul confine fra intangibilità e rivedibilità.
(4) A. Pace, Problematica delle libertà costifuzionali,
CEDAM, Padova 1992,II, pp. 457-500.
(5) Einaudi, Il Buon governo, Laterza, Bari 1955, p.
119.
(6) Dahrendorf, citazione di N. Lipari, Riflessioni
di un giurista sul rapporto tra mercato e solidarietà, relazione svolta il 12 dicembre 1994 al 44" Convegno nazionale di studio dell'unione Giuristi Cattolici Italiani.
(7) C. Mortati, Relazione sui dirittipubblici rubiettivi, in Ministero per la Costituente, Commissione per la
riorganizzazione dello Stato, Roma 1946, I, p. 79.
(8) U. De Siervo, Origine e significato della rigidità
della nostra Costituzione, in Cambiare Costituzione.. .,
cit., p. 5.
(9) Cfr. S. Grassi, I limiti alla revisione dello stato
regi»nale, in Cambiare Costituzione..., cit., p. 65.
(10) F. P Casavola, Per discutere della Costituzione,
relazione al Convegno MEIC e Parte Civile, Roma, 23
marzo 1995.
(11) G . Ferrara, Prc~srdenzialismoall'italiana: le ragioni di un dissenso, in Nuova Fase, Roma 1994, Anno
I n. 5 , pp. 55-61.
(12) U. Allegretti, Il problema dei limiti .sostanziali
all'innovazione costituzionale, in Cambiare Costituzione ..., cit., p. 33.
(13) Limes, Rivista italiana di geopolitica, 2/95, L'esperimento Framania, p. 7 e sgg.
m
I1 fraintendimento..
(.segue.
.
liil pag. 9)
rio e centralizzato come quello francese, e un
anarco-regionalismo caotico se si spinge alle
sue estreme conseguenze - ma su questo torneremo per dqendere il federalismo, per realizzare il quale non c'è bli-ogno di una nuova
Costituzione -).
Il secondo motivo ci induce a elogiare questo vecchio Saggio, che ha il coraggio di farci
intravedere il re nudo. A parte la divertente
maniera di cucinare il «presidenzialismo all'italiana» (proposta Segni) - la sepoltura è
rapida e definitiva -, Dossetti prende le distanze dal semipresidenzialismo alla francese, oggi di moda chez nous. Di questo semipresidenzialismo noi saremmo anche più critici e, giacchè ci siamo, solleveremmo poi anche qualche dubbio sul doppio turno elettorale (dei deputati), che non è chiaro perché si
voglia realmente. Il compromes.to semipresidenzialista francese era considerato finora un
pasticcio, utilizzato in Francia in una situazione del tutto particolare e che ha retto per
le qualità funambolesche di alcuni presidenti
della Repubblica, ma rimane fonte probabile,
se non sicura, di ambiguità e di caos istituzionale in situazioni meno propizie. E il doppio turno elettorale? S i finge attraverso il
doppio turno di contribuire alla creazione di
un bipolarismo, matrice di alternative stabili
di governo, eccetera. Non si dimentichi che
I'uninominale inglese, che è secca, vive anche con qualche dzfficoltà - per la preesistenza di due o tre partiti (facciamo due partiti e mezzo): e i partiti non si creano con regolette costituzionali, ma col coagularsi di
movimenti cultural-politici e anche etici, che
da noi si dovranno, se ne saremo capaci, incrementare. C'è - a centro-sinistra - chi
parla di un misterioso partito kennedyano,
ma nessuno esamina con coraggio «quel che è
vivo e quel che è morto» (come direbbe don
Benedetto) del socialismo; nessuno passa da
un incesto di liberismo e dirigismo a esame e
revisione, secondo istanze democratiche, del
mercato, aflrontando l'c?ffertaalmeno con lo
spirito critico di Galbraith e la domanda con
le esigenze di garantire la libertà e l'indipendenza del consumatore, oggi preda dell'oligopolio informativo nelle mani dell'offerta criticata da Galbvaith. La destra a sua volta deve chiarire a se stessa e a noi come si orienta,
senza incertezze, a difendere l'intevesse comune contro una sinistra a tendenza corporativa, e come guarda, anche politicamente, all'avvenire - nazionale, europeo e planetario
- contro i miopi difensori dell'immediato
«perché la sofferenza è qui e oggi*. Ma senza
dibattito «nazionale» che deve essere prima
etico e politico che non giuvidico, il doppio
turno può partire con le buone intenzioni di
creare almeno un'alleanza di governo e finire
invece nell'opportunismo più smaccato dei
contratti, collegio per collegio, senza prospettive strategiche: come a suo tempo (inizio ann i cinquanta, quando si prospettò un eventuale ritorno al collegio uninominale, almeno in dispute teoriche e minovitarie) previde
minacciosamente Giuseppe Maranini.
Il terzo motivo è che non basta «ammonire» la destra, /autrice del maggioritario, a vispettare opposizione e minoranze: occorre
COMUNI D'EUROPA
creare costituziona/mente i contrappesi (le
garanzie concrete). Chi scrive assistette, alla
fine della guerra, a un lavaggio dei cervelli in
favore della proporzionale, con critiche spietate del feudalesimo creato dal «maggiovitario>i e comunque dal liberalismo prefascista.
L'intenzione era buona: la proporzionale e i
partiti che ne godevano presentavano all'elettore - come si dovrebbe - non istanze localistiche, interessi particolari, o addirittura
feudali «amicizie stabili», ma programmi di
governo o addirittura strategie ideologiche (e
certamente non si può fare a meno delle ideologie, nel senso di uno sguardo sull'avvenire
non immediato, ma su quello dei figli dei nostri figli e, insomma, sull'avvenire del mondo). Senonchè i partiti si stavano trasformando in oligarchie di potere, i candidati alle elezioni, talvolta illustri o comunque noti, erano
presentati come specchietti per le allodole,
ma venivano eletti (fatti eleggere) soltanto
gli amici della cosca partitica: quindi il sottoscritto, i compagni del Movimento Comunità
promosso da Adriano Olivetti, e amici
«esternb>del Movimento Comunità (Mortati, citato da Dossetti, e ancora una volta Maranini, che stava rilanciando il «Cesare Alfieri», cioè la classica facoltà di Scienze politiche
di Firenze), pensammo a un eventuale ritorno al collegio uninominale, preoccupandoci
peraltro di tutta una struttura istituzionale e
sociale, comunitaria, che prosperasse alle
spalle di questo collegio. I/ sottoscritto e Maranini (v. Umberto Serafini, «La nascita della partitocrazia italiana e il Movimento Comunità», nella rivista «Queste istituzioni»,
fascicolo n. 92, ottobre-dicembre 1992) lanciammo (o rilanciammo? pare che negli anni
quaranta I'avesse già usata Arturo Labriola:
almeno secondo Migliorini, il grande storico
della lingua) la parola partitocrazia (cfr. la
«Dichiarazione politica» del Movimento Comunità, del 1953 - ristampata in «Comuni
d'Europa» del settembre 1994, col titolo originale di «Tempi nuovi, metodi nuovi» per quanto m i riguarda non predecretavo la
fine dei partiti politici, ma volevo ricondurli
nell'ambito in cui svolgono una reale funzione di «scorporativizzare» la politica: v. il mio
«Adriano Olivetti e il Movimento Comunità», Roma 1982, parte I, «I partiti politici
in uno Stato socialista comunitario»). Questo
mio discorso è risultato un po' lungo, ma lo
ritengo in qualche modo utile, per far risultare utile a sua volta, anzi utilissimo il problema sollevato da Dossetti, efar risaltare la maniera spesso irresponsabile (e antidemocratica) con cui si affronta oggi la prospettiva
«maggioritaria».
Ringraziato Dossetti per i motivi suaccennati - essenziali -, debbo poi avanzare alcune riserve (o bisogno di chiarimenti) e
qualche preciso dissenso, che si possono riassommare in un titolo comprensivo: insufficienti o talvolta discutibili rzferimenti al federalismo.
Intanto ci lascia perplessi l'affermazione di
Dossetti che le «dottrine federalistiche stori-
che... hanno conosciuto in Italia solo una
breve stagione, poi interrottasi quasi totalmente». E vero che tutto Quello che si è largamente prodotto in materia ha subito l'ostracismo della cultura politica (e accademica) ufficiale, ma è stata una produzione che
ha dato «studi seri>>,che non si limitano allo
studio «serio» ma recentissimo della Fondazione Agnelli. Il Movimento Comunità ha
prodotto, in profondità teorica e in estensione «popolare», un lavoro fondamentale per
tutti gli anni cinquanta (continuato in parte,
successivamente. dalla Fondazione Adriano
Olivetti), prendendo le mosse inizialmente
dal libro classico di Adriano Olivetti («L'ordine politico delle comunità», del 1745), che
si occupava soprattutto di federalismo interno, italiano. Ma a partire dal 1950-'51
l'AICCRE (sezione italiana del CCRE. allora
CCE) «non ha condotto una sola e semplice
battaglia elitaria, e in questa élite comprendiamo del resto - ne dobbiamo avere precisa memoria - una serie di straordinari amministratori comunalt; provinciali, regionali,
molti dei quali erano altresì attivi militanti
del Movimento Federalista Europeo di Altiero Spinelli» - e del MFE va ricordata per
quarant'anni e passa anche I'ampia produzione teorica, e la diffusione - in accordo col
Movimento Comunità - del volume harvardiano di «Studi sul Federalismo», curato da
Bowie e Friedrich (del 1959 nella traduzione
italiana delle Edizioni di Comunità), preceduto dalla versione italiana del Federalist, in
edizione pisana di Nistri e Lischi, con prefazione delI'Ambrosinz; oltre «La nascita degli
Stati Uniti d'America» a cura di Luciano Bolis (1757), eccetera, eccetera -, «come comprendiamo il coinvolgimento in pari tempo
dei più avanzati costituzionalisti, amministrativisti, economisti, sociologi, urbanisti
italiani e delle più valide riviste del settore
insieme a tante altre di «varia umanità*, ma
I'AICCRE ha svolto una azione capillare su
tutto i l territorio nazionale* (cfr. <«L'AICCRE e il federalismo interno, italiano>>,in
«Comuni d'Europa», dicembre 1994). Ricorderemo qui soltanto, a titolo di esempio, il
volume collegiale dell'AICCRE «La Regione
italiana nella Comunità europea» (1971), il
volume dell'AICCRE (1981)
. -,frutto di uno
studio durato Quasi due anni - «Il federalismo fiscale deila Germania occidentale» di
Sigrid Esser (che ebbe successo nella stessa
Germania), l'udizione dellJAICCREda parte
della Commissione bicamerale, presieduta da
Cossutta, per una indagine conoscitiva sulle
Regioni (1984), nella quale sostenemmo a
spada tratta, in senso federalista, la formazione del Senato delle Regioni (v. Comuni d'Europa» ottobre 1984) - nell'occasione richiamammo tutto il nostro impegno, teorico e
pratico federalista in campo nazionale e sovranazionale -. Ma de hoc satis.
Dossetti richiama poi, giustamente, riandando alla rigidità della nostra Costituzione
repubblicana, i suoi primi 12 avticoli (Principi fondamentali), e fra questi annovera «il
pvincipio internazionalista e pacifista*. Tuttavia quest'ultimo principio meriterebbe una
pizì concreta attenzione. Mentre Costantino
Mortati stava componendo il saggio «Ispivazione democratica della Costituzione» (che
poi fece parte del volume, di vari autori, intitolato «Il secondo Risorgimento nel decennaAPRILE 1996
le della Resistenza e del ritorno della democrazia 1945-1955)», essendo pervenuto all'articolo 1 1 volle incontrarmi per uno scambio di idee. Il commento che ne venne fuori
(tutto di Mortati, beninteso) presenta una
prinza osservazionefondamentale: chiarita la
tendenza «federalista» sovranazionale (non
vagamente internazionalista) che informa
l'articolo 1 l - d'altra parte basta leggerlo:
entra in giuoco la limitazione della sovranità
nazionale -, Mortati aggiunge che «è degno
di nota corne alla corrente che conduce gli
orientamenti statali a subordinarsi a qz~ello
internazionale, ne corrisponda una eguale da
parte di quest'ultimo, che tende a dare rilevanza e garanzia internazionale ai diritti fondamentali della persona. Per la prima volta
nella storia gli interessi della persona umana,
come tale, in tutti i loro aspetti, non solo di
libertà formale ma di protezione delle sue esigenze di sviluppo, sono presi in considerazione dalla società degli Stati». Insomma Mortati viene a dirci che ci troviamo in un clima
storico e politico di interdipendenza federalista globale. Non basta: l'articolo 1 l'per lui
non tatzto implica obiettivi leciti, ma è un vero e proprio imperativo programmatico della
Costituzione (infatti nell'articolo 1 1 s i legge
che l'Italia «promi4ove e favorisce»: pizi recisamente di cosi!). Forse non è pura aneddotica richiamare che il Presidente Einaz4di chiese al «giurista» Piero Calainandrei un parere
pro veritate sulla possibilità di recepire il
Trattato della Comunità europea carbo-siderurgica, e Calamandrei gli avrebbe chiesto:
«come lo vuoi, negativo o positivo?»: non era
una battuta, come potrebbe credersi, ma una
precisa presa di posizione di filosofia giuridica, nel senso che nella fattispecie non si doveva dedurre il diritto dal diritto, 77za risalire
alla valutazione etico-politica della congruenza del recepimento della CECA con l'ispirazione federalista della Costituzione, e in definitiva questa valutazione spettava al Presidente. Sulla base di questa pre7nessa e della
lettura - anche in sede di «Ordinamento
della Repubblica» - di quanto si dice variamente nel saggio che pubblichiamo circa le
autonomie (territoriali) si potrà conferire alla Repubblica una struttura federale interna,
senza bisogno di una Assemblea costituente.
E Dossetti, appunto, si dimostra d'accordo:
senonchè ipotesi di lavoro che fa su questo
terreno (qz4alora la linea federalista, in tutto
o in larga parte, prevalesse) non ci trovano
del tutto d'accordo, anzi ci costringono a
qualche netta precisazione, non solo e non
tanto nei riguardi di Dossetti ma - approfittiamo dell'occasione - nei rigz~ardidi una
serie di atteggiamenti ricorrenti - ovviamente non tutti omogenei - nella pzlbblicistica politica e accademica italiana di questi
giorni.
Per molti, per troppi il principio di sussidiarietà è il tratto fondamentale delfederalismo, che sposano poi alla tendenza alla prossimità: cioè competenza generale di governo
a livello sempre pizì basso, nel quale essa possa essere svolta nella maniera ottimale, con la
tendenza a favore del livello pizi prossimo al
cittadino (salvo, si esprivze prudentemente
Dossetti, per attribuzioni che con evidenza
competano al centro). Personalmente questa
passione per il principio di szlssidiarietà, nel
quale mi sono imbattzlto da pizi di mezzo seAPRILE 1996
colo, mi fa sorridere: questo principio non è
originario nè primario. Nello spirito del federalismo è valido anzitutto il principio inverso: allo scopo di superare ogni egoismo, ogni
prevaricazione, ogni guerra - in senso lato
- si privilegia via via, sevzpre, il livello superiore, in quanto vinca privilegi, pa rticolarismi, localismi,fino a privilegiare il livello ulteriormente superiore più comprensivo: il
principio di sussidiarietà lo integra, in quanto evita che il livello superiore si arroghi poteri a sua volta impropr< che oltrepassino la
ricerca del bene comune, e trascuri, a sua volta, di rifarsi al livello superiore, in definitiva
sino al livello planetario, che ha la responsabilità di garantire la pace - ma, ovviamente,
nella libertà e nella giustizia per tutti -.
Questa confusione gerarchica, ove la ricerca
pattziia (foedus)procede sempre verso I'alto,
ha spesso reso ambiguo il problema della nazione, che storicamente è ora positivo (per
esempio il Risorgimento italiano, ma non
nella versione della storiografia fascista) e
ora negativo (nella degenerazione nazionalista: Hegel, in definitiva, è il filosofo per eccellenza dell'antifederalismo). In forma sintetica - con qualche ambiguità - si è finito
per concludere che il principio di sussidiarietà deve essere legato a quello di interdipendenza e il tutto - ecco il punto - deve
essere regolato da una Costituzione federale
(a seconda della dimensione dello Stato esaminato: Stato italiano, Federazione europea,
autentica Organizzaziotze democratica delle
Nazioni Unite).
Tuttavia rimane z4n ultimo chiarimento da
fare. L'avvicinamento al cittadino - che è
pur sempre l'avvicinametzto di un Ente, di
una plz~ralitàdi cittadini - non include il
cittadino come individuo, come persona umana che trascende gli interessi della Comunità
in cui s i trova a vivere e che può avere dentro
di sé tutti gli ideali dell'umanità. Un'espressione colorita rende il concetto: il cosmopolitismo deve fiorire già all'ombra del proprio
campanile. La piccola, piccolissima comunità
locale non permette sovente neanche z4n minimo di selezione umana: con un po' di sano
pessimismo si può sostenere che l'individuo,
che non abbia avuto altrimenti modo di mettere alla prova le proprie aspirazioni culturali o spiritr4ali e sia lanciato subito, nudo, nella vita di relazione della cosiddetta politica, è
spesso inzprigionato dal clan guidato da quello sprovveduto - ignorante o cattivo - del
villaggio o del quartiere urbano che, senza
particolari ideali, sviluppi il massimo di prepotenza (è il meneur della sociologia criminale). Si impone quindi di offvire alla persona umana, per cominciare, le opportunità che
Mortati - come abbiamo visto - richiede o
constata che si vogliano ricl~iedereormai alla
Società degli Stati. Lo notai a Mortati, che m i
accompagnò a Ginevra alSeminario per la redazione finale della «Carta europea delle libertà locali» (lanciata poco dopo dal CCE
agli Stati Generali di Srersailles: ottobre
1953): ne nacque il passaggio della «Carta»,
spesso mal compreso o frainteso, nelle sue
«Premesse generali>>,nel quale si chiedevano
alle comunità locali i «mezzi stabili» perchè
ogni cittadino - come tale, come individuo
- possa prendere parte attiva alla vita locale, evidenteinente prima di dover aderire a
qz~alsiasiorganizzazione collettiva preesisten-
te e impostagli per cominciare ad agire. Naturalmente questa richiesta si collocava nel
promettente movimento europeo, di allora,
dei community centres o centres sociaux,
che ubbidivano, per lo più, alla parte indubbiamente viva del pensiero anarchico (consapevolmente o meno).
Detto tutto questo, possiamo finalmente
venire, anche polemicamente, all'istituzione,
che personaknente ini sembra «chiave» di
una struttura federale infrastatuale - la Camera (o Senato) delle Regioni - e qui il inio
dissenso da Dossetti è netto -. Qz~estaistituzione è, appunto, la «chiave» di una struttura che deve e può legare il principìo di sussidiarietà a quello dell'interdipendenza. Si è
quindijkori di questa prospettiva se se ne fa
un'ulteriore Camera rapprese~ztativa,peggio
ancora se se ne fa, almeno in parte, una Camera corporativa («delle grandi formazioni
sociali>^). Essa soprattutto si rivela invece
zino strumento fondamentale del federalismo
fiscale (che ineglio si vuol chiamare ormai
«federalismo finanziario»). Molto efficace,
sotto questo punto di vista, ci sembra essere
il Bundesrat tedesco. Di quest'ultimo(Camera dei Laender, cioè Assemblea delle Regioni) spesso s i ignora che i Laender designano
la maggioranza dei menzbri del Consiglio di
Amministrazione della severa Bundesbank:
quindi il Bundesrat è abituato a regolare la
distribuzione della spesa, che chiameremo perzjerica, tenendo presente lo spendibile nazionale complessivo e potendo confrontarsi
frattanto col Bundestag, la Camera popolare
eletta a suffragio z~niversalediretto, circa il
rapporto cotz la spesa, che chiameremo centrale o nazionale. Ma la famosa «solidarietà*, parola che ha una carica «affettiva»
(siamo all'eletnosina 7) che non mi piace particolarmente, è decisa, rispetto alla autonomia fitzanziaria degli Enti territoriali, «in famiglia» - cioè non paternalisticamente o secondo una discrezionalità e, se vogliamo, un
opportunismo governativo centrale - ma
non per questo in maniera soffice:perchè nel
consesso accanto a chi riceve c'è chi paga -.
D'altra parte nel Bundesrat sono rappresentati gli Esecz4tivi regionali, perchè non è una
Camera nella quale si decida - con eventuali accordi opportunistici tra nzinoranze di diverse Regioni -, ma che media tra decisioni
già prese. C'è naturalmente un problet?za, che
investe una tensiotze oggi viva anche nella
Germania federale: perchè il Bundesrat funzioni (e si pensi alle spinose perequazioni
non infra ma interregionali) deve essere rappresentato dalle sole Regioni, ma da Regioni
che siano realmente rappresentative di tutto
il complesso autonomistico della Regione: il
che non avviene, per restare in casa, nella Regione italiana. E per questo che abbiamo constatato con interesse una proposta avanzata
inizialmente dalla Regione Emilia-Romagna
- secondo una vecchia istanza di molti teorici federalisti - di una Regiotze a struttura
bicamerale, una Asse77zblea eletta a sufiagio
popolare diretto e una formata dagli Enti ter-
ritoriali infraregionali Potremmo proseguire
con i pregi e le possibilità - anche legislative - di un efficace Senato (o Camera) delle
Regioni, ma vogliamo fermarci qui, per rimanere, contenendoci, nel quadro offertoci da
Dossetti. Solo ci preme di aggiungere che, anche in sede di Enti autonomi infra~e~ionali,
intendo parlare di Enti territoriali: la democrazia funziona, se si ha la chiarezza politica
delle responsabilità, e I'AICCRE si è sempre
battuta per il principio «un territorio, un governo».
Comunque torniamo a ringraziare Dossetti, che ci ha offerto un vivisrimo stimolo e che
magari abbiamo qua e là, anche frainteso o
quanto meno forzato per dare spazio alle nostre opinioni
20-IV-'96
U.S.
Una strada che inizia.. .
(cr.~urda pag 8 )
quanto non lo richieda la propria realtà, portando soluzioni e non problemi).
In tal senso vogliamo manifestare il nostro
fermo appoggio alla legittima richiesta del
Parlamento europeo di ottenere una rappresentanza in seno alla C.I.G. Noi siamo gli alleati naturali del Parlamento in questo processo che inizia. Senza la presenza delle regioni e delle città difficilmente costruiremo 1'Europa che tutti desideriamo per i cittadini. In
quest'ottica sosteniamo che la Carta dell'Autonomia Locale debba venir recepita nel testo
del nuovo Trattato e riteniamo anche che, in
questo processo, all'Europa delle Regioni
competa un ruolo con tutta la dignità che le
spetta.
L'Europa che stiamo costruendo non può
ignorare, mentre deve rispettare tutte e ciascuna delle particolarità culturali e linguistiche che rappresentano i suoi elementi essenziali.
Non accettare le proposte del Comitato
delle Regioni potrebbe significare un allontanamento dell'opinione pubblica, che aspetta
una democratizzazione delle istituzioni e che
può identificarsi nel progetto europeo soltanto se riusciremo a farlo sentire come proprio e
vicino.
La società civile è un concetto dinamico,
che si ritrova più facilmente nelle città e nelle
regioni piuttosto che nelle nazioni e nell'Unione.
La civiltà europea è portatrice di valori
umanistici, dei quali questa società è la più
straordinaria interprete. I nostri cittadini possono dare un'anima all'Europa che ancora
non è altro che una magnifica costruzione moderna. Detto in altro modo: l'autonomia del
cittadino, la sua libertà, la sua intimità e la sua
sicurezza richiedono, innanzi tutto, poteri locali e regionali autonomi; richiedono identità
culturale e un contesto controllabile. «L'Europa e il mio quartiere», sembra essere il motto che dovremmo scrivere sulle nostre bandiere. Tuttavia, come ha detto l'attuale Presidente del Parlamento europeo, Klaus Haensch, non possiamo chiedere di rappresentare
solo la sussidiarietà. «Più Europa» talvolta risulta più importante che «Meno Europa» (per
esempio in Bosnia). Come dice Felipe Gonzalez: «Lo scetticismo dei cittadini europei non
deriva da un eccesso d'Europa, ma d a una
mancanza d'Europa nel far fronte alle richieste da noi avanzate quali europei».
I1 nostro Comitato deve trovare il suo spazio nella costruzione europea. E tale spazio
deve essere rispettato, se ia costruzione europea vuole radicarsi realmente tra i cittadini.
Siamo necessari, ma non vogliamo apparire
oltremodo indispensabili e competitivi. Abbiamo grande fiducia nell'Europa dei cittadini e nello spazio che dobbiamo occupare in
essa.
La settimana prossima, a Torino, inizierà la
C.I.G. per la revisione del Trattato. La nostra
posizione è stata presentata e sappiamo che la
Presidenza italiana, attraverso la Signora
Agnelli (con una lunga esperienza di sindaco),
ha messo in risalto davanti al Parlamento europeo il «ruolo essenziale dei poteri territoriali nel processo di sviluppo di una cittadinanza
europea». Seguiremo con attenzione gli sviluppi della Conferenza, sforzandoci di portare avanti le nostre proposte.
La nostra identità
(A) La nostra diversità è la nostra forza, ma
è anche il fattore che ci rende più vulnerabili.
Siamo un gruppo di 222 uomini e donne europei, eletti in regioni o città, di destra o di sinistra, di cultura anglosassone, scandinava o
mediterranea, o talvolta di una miscela di esse.
(B) Non siamo per professione rappresentanti in Europa, come i parlamentari europei;
né lavoriamo, per professione, per l'Europa,
come i membri e i funzionari della Commissione e delle altre istituzioni europee; siamo
persone che esercitano funzione di governo, a
livello locale, in alcuni dei 15 stati dell'unione. Siamo governanti o consiglieri eletti.
mensile dell'AICCRE
Direttore responsabile: Umberto Serafini
Condirettore: Maria Teresa Coppo Gavazzi
Redazione: Mario Marsala
Direzione e redazione: Piazza di Trevi 8 6 - 00187 Roma
Indir. telegrafico: Comuneuropa - Roma - tel. 69940461-2 -3-4-5, fax 6793275
e-mail: [email protected]
Questo numero è stato finito di stampare nel mese di maggio 1996
ISSN 0010-4973
Abbonamento annuo per la Comunità europea, inclusa l'Italia L. 30.000 Estero
L. 40.000; per Enti L. 150.000 Sostenitore L. 500.000 Benemerito L. 1.000.000
COMUNI D'EUROPA
Tutto ciò rende il nostro compito difficile,
ma realmente affascinante, più degno di fiducia: ritengo che i nostri cittadini ne acquisiscano sempre maggiore consapevolezza. La
nostra principale funzione è quella di discutere sui temi che ci riguardano, come ci vengon o presentati dalle istituzioni europee. E dobbiamo farlo nei tempi e nei modi appropriati.
Seppure informalmente, ma non con rninore importanza, ie nostre riunioni si sono trasformate in un interessantissimo foro europeo. Ascoltiamo le opinioni dei dirigenti e dei
rappresentanti dell'unione e loro ascoltano le
nostre. Saranno molto produttivi per noi questi contatti informali.
La nostra funzione complementare può essere queila di creare un linguaggio europeo al
livello più prossimo ai cittadini, ovvero scambiare informazioni fra noi, confrontare i nostri
sistemi e i nostri standard, avviare la creazion e di una cultura dell'amministrazione territoriale europea, rispettando la sua diversità,
ma creando le condizioni per l'acquisizione di
competenza e per lo sviluppo della collaborazione, a beneficio dei nostri cittadini.
Nei nostri obiettivi deve esserci quello di
portare avanti la definizione della «Europa
deile Regioni», attraverso un dialogo costante
con le istituzioni europee, e con la partecipazione di tutti i poteri territoriali.
Dovremo preparare una Conferenza delle
Regioni, possibilmente entro la fine del '97,
che possa servire quale base per il dibattito
sulla revisione del Trattato e per la configurazione della futura Europa.
Conclusione
Regioni e città d'Europa, governanti locali
di sinistra e di destra, del nord, del centro e
del sud, dobbiamo collaborare per:
" l'affermazione del regionalismo in Europa
" il rispetto dell'autonomia e dell'autorità
locale
" e lo sviluppo di una Europa realmente
sussidiaria e, pertanto, realmente necessaria.
Prossimità e responsabilità europea, questa
è la sussidiarietà. Il federalismo e la sussidiarietà un giorno si incontreranno, senza fondamentalismi, e auspico sinceramente che ciò
avvenga in seno al Comitato delle Regioni.
Siamo i portatori delle speranze e delle inquietudini dei nostri cittadini nel cuore d'Europa e abbiamo il dovere di portare questa
Europa fino al lembo più remoto del suo territorio.
m
Una copia L. 3.000 (arretrata L. 5.000)
I versamenti devono essere effettuati: 1) sul c/c bancario n. 300.008 intestato:
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2) sul c.c.p. n. 38276002 intestato a "Comuni d'Europau,piazza di Trevi, 86-00187 Roma;
3) a mezzo assegno circolare - non trasferibile - intestato a: AICCRE, specificando
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APRILE 1996
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