L'episodio evangelico dei due discepoli di Emmaus ci ricorda anzitutto che siamo ancora nel
‘Tempo pasquale’ tempo nel quale la Chiesa contempla la resurrezione di Gesù, fatto che fonda la
nostra fede. L’ episodio ha per me anche un sapore nostalgico, perché mi ricorda il tempo in cui, come
Delegato per la Pastorale del Turismo della Diocesi di Milano, programmavo i Pellegrinaggi in Terra
Santa per i sacerdoti o per i gruppi parrocchiali. La visita e la celebrazione eucaristica nella chiesa di
Emmaus (una cittadina a 10 km. Da Gerusalemme), avveniva sempre verso il tramonto, in un clima di
palpabile misticismo, che permetteva di rivivere l'ora e il clima in cui si è svolto il vero episodio
evangelico. In questo momento purtroppo i Pellegrinaggi in Terra Santa sono sospesi perché pericolosi,
per i fatti dolorosi di cui siamo a conoscenza ma speriamo che riprendano presto e soprattutto
auguriamoci che ogni cristiano possa effettuare almeno una volta in vita un Pellegrinaggio in Terra
Santa per vedere i luoghi che furono teatro della vita terrena di Gesù e della nostra salvezza. Se per un
Musulmano è d'obbligo un Pellegrinaggio alla Mecca una volta in vita, a maggior ragione quest'obbligo
morale deve valere per un cristiano.
Ritornando all'episodio dei due Discepoli di Emmaus, vediamo quale è stato il loro cammino di fede,
per trarre qualche insegnamento per la nostra vita cristiana. Il loro cammino avviene in tre tappe: dalla
sfiducia e dal disorientamento, passano alla scoperta di Gesù risorto, e ne diventano i testimoni
entusiasti.
1) I due discepoli tornavano da Gerusalemme a Emmaus amareggiati e delusi per quanto era
successo a Gesù, sul quale avevano puntato le loro speranze: 'Noi speravamo che fosse lui a
liberare Israele," ma con tutto Ciò sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute ' .
Notate che non erano degli estranei, ma dei discepoli di Gesù, che perciò avevano ascoltato più volte la
sua parola, visto i suoi miracoli, ma non avevano ancora capito la cosa più importante detta da Gesù,
che cioè: 'Bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria '. I due
discepoli si sono trovati nella stessa situazione in cui ci troviamo noi. Anche noi siamo dei discepoli del
Signore, siamo battezzati, veniamo alla Messa, ascoltiamo la Parola di Dio, magari facciamo la
comunione, eppure facciamo fatica a 'riconoscere' il Signore nei fatti dolorosi della vita, anzi
cerchiamo di evadere e di allontanare da noi ogni forma di sofferenza. I sostenitori della eutanasia, cioè
della dolce morte, o della morte indolore, di cui si parla tanto in questi giorni per essere stata legalizzata
in Olanda, primo Paese in Europa, si appellano a questo principio, che cioè è inutile, anzi dannoso, che
una persona soffra fisicamente o moralmente, per cui è meglio anticipare la morte. Non la pensa così la
Chiesa, la quale se è contraria al cosiddetto 'accanimento terapeutico " cioè al voler mantenere in vita
ad ogni costo una persona per la quale non c'è più speranza, insegna anche che la vita è un dono di Dio,
di cui non siamo padroni ma solo amministratori, per cui non possiamo manometterla ne al suo inizio
ne alla sua fine. La Chiesa insegna inoltre che il dolore accettato con spirito di fede e di amore per il
Signore, diventa strumento di purificazione e di redenzione. Del resto Gesù ha detto: 'Chi vuoI essere
mio seguace, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua '. Il cristiano vero, il Santo, 10 si vede
dalla sua capacità di soffrire con il Signore e
per il Signore. Un esempio per tutti: il Beato P. Pio da Pietralcina, che il prossimo 16 giugno
sarà proclamato Santo. P. Pio è un grande Santo perché nella sua vita ha saputo imitare
Gesù Crocefisso ed ora come Gesù e con Gesù viene glorificato. Ricordiamoci quando siamo
nella tormenta della prova, di non lagnarci e di non scrollarci dalle spalle la croce, ma di
chiedere al Signore la forza di portarla con frutto.
2) La tappa centrale del cammino di fede dei due discepoli di Emmaus è data dal riconoscimento di
Gesù nello 'spezzare il pane '. I tre giungono ad Emmaus verso sera, il misterioso viandante fa per
congedarsi, ma viene pregato di rimanere e accetta: 'Quando.fu a tavola con loro, prese il pane, disse la
benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Ed ecco si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero!' Il gesto
compiuto da Gesù nello spezzare il pane, ricordò loro quello dell'Ultima Cena, un gesto inequivocabile:
il pellegrino ospite era veramente Gesù risorto! Così è per noi. Il luogo e il momento del nostro
riconoscimento di Gesù risorto è la mensa eucaristica, la S. Messa, nella quale il Signore ‘spezza il pane
' del suo corpo e della Sua vita,. e si dona a noi come 'pane spezzato ', per alimentare la nostra vita. Ciò
deve bastare a convincerci del grande valore della Messa domenicale. Essa non è un obbligo da
assolvere, un’ abitudine da assecondare, ma una occasione indispensabile per alimentare la nostra fede.
Nella Liturgia della Parola, Gesù stesso ci istruisce, ci illumina, ci educa, ci riscalda il cuore, mentre
nella Liturgia eucaristica riattua la sua morte e resurrezione. Chi poi si accosta alla comunione, riceve
in se il 'germe della resurrezione '. Ogni Messa deve essere una riscoperta di Gesù risorto e vivo, che si
fa nostro compagno di viaggio.
3) La fede alimentata nella Messa e nella Comunione non può essere tenuta nascosta o vissuta
solo nel privato, ma è come una forzata d'acqua che deve sprigionarsi o come una sorgente di
luce che deve riverberarsi sulla realtà che ci circonda. Così almeno è stato per i due discepoli di
Emmaus. Dice il Vangelo che dopo la scoperta di Gesù: ' Partirono senza indugio e fecero ritorno a
Gerusalemme dove trovarono gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: Davvero il
Signore è risorto ed è apparso a Simone '. Si dice che oggi è difficile testimoniare la fede nella società,
nella famiglia, nell' ambiente di lavoro, di svago, ma non è più difficile di altri tempi. E' difficile se il
cuore è vuoto e arido, è facile se il cuore è colmo di Gesù. Paolo VI diceva che il Cristianesimo: 'è
difficile, ma è felice " nel senso che rende felici le persone che lo vivono. Se il cuore è colmo di fede e di
amore, non siamo più noi che testimoniamo, ma è Gesù stesso che testimonia attraverso di noi, e ciò
rende più facile e più efficace la nostra testimonianza.
Conclusione. Questa mattina il Santo Padre in piazza San Pietro a Roma beatificherà sei persone, tre
sacerdoti, un religioso e due suore. Tra i sacerdoti c'e P. Lodovico Pavoni, fondatore del Figli di Maria
Immacolata (pavoniani) molto conosciuti anche nella nostra Diocesi, il quale ha speso la sua vita per
l'educazione professionale e cristiana dei ragazzi più poveri. In questi giorni è apparso nelle Librerie
anche un interessante volume intitolato: 'Il libro dei testimoni. Martirologio ecumenico '. Raccoglie
oltre duemila nomi di persone di tutte le religioni, che non sono martiri nel senso canonico del termine,
perchè non hanno versato il sangue, ma hanno testimoniato nella loro vita una grande fedeltà al
Vangelo. Questi sono i nuovi cristiani di cui ha bisogno la Chiesa e il mondo; E se è stato possibile per
loro, perché non dovrebbe essere possibile anche per noi?