Assiomi di separazione, misure di Baire, esempi, gruppi topologici

Assiomi di separazione, misure di Baire, esempi, gruppi
topologici.
Esercitazioni del 11 e 18 Dicembre e del 13 Gennaio,
Introduzione alla Teoria della Misura e all'Analisi Funzionale
2013-14
A. Mennucci
27 marzo 2014
Sia (𝑋, 𝜏 ) spazio topologico.
Vi è un servizio sul web che si chiama Spacebook e che permette di trovare spazi topologici che soddisfano certi
requisiti (da usare come esempi o controesempi); è basato sul libro Counterexamples in Topology [9]; purtroppo le
definizioni degli assiomi di separazione usate in [9] sono diverse da quelle usate qui (diventano uguali se si assume
T1); le definizioni usate qui invece coincidono con quelle in [10].
1
Continuità
Sia 𝑓 ∢ 𝑋 → π‘Œ (con π‘Œ un altro spazio topologico).
• Se (𝐴𝑖 )𝑖∈𝐼 è una famiglia di aperti che copre 𝑋 e 𝑓|𝐴𝑖 è continua per ogni 𝑖 allora 𝑓 è continua.
• Se (𝐹𝑖 )𝑖=1…𝑛 è una famiglia finita di chiusi che copre 𝑋 e 𝑓|𝐢𝑖 è continua per ogni 𝑖 allora 𝑓 è continua.
2
Assiomi di conteggio
Definizione 1
• Lo spazio è primo-numerabile se ogni punto ammette un sistema fondamentale di intorni
che è numerabile
• Lo spazio è secondo-numerabile se ammette una base numerabile.
• Lo spazio è separabile se ammette un sottoinsieme al più numerabile e denso.
• Lo spazio è sigma-compatto se X è unione di un numero al più numerabile di compatti
Le seguenti relazioni sono immediate.
• secondo-numerabile implica primo-numerabile
• secondo-numerabile implica separabile (si scelga un punto in ogni elemento della base)
Nel caso degli spazi metrici o metrizzabili, vi sono altre relazioni (si v. sez. 8); in generale no, si veda l'esempio
successivo e il 20
Esempio 2 Lo spazio del prbl 17 sez 2 cap 8 in [5] è separabile ma non primo-numerabile.
1
3
Assiomi di separazione
Sia (𝑋, 𝜏 ) spazio topologico.
Data πœ‘ ∢ 𝑋 → ℝ scriveremo {πœ‘ = 𝑑} per πœ‘−1 ({𝑑}).
Useremo gli assiomi di separazione T1 T2 T3 T4 T6. 1
Per semplicità diremo che 𝐢, 𝐹 ``si separano con aperti'' se esistono 𝐴, 𝐡 aperti disgiunti per cui 𝐢 ⊆ 𝐴, 𝐹 ⊆ 𝐡;
quando useremo questa locuzione, daremo per implicitamente assunto che 𝐢, 𝐹 siano disgiunti.
Diremo ``i punti'' per intendere un singoletto {π‘₯} (un insieme contenente un solo π‘₯ ∈ 𝑋).
Definizione 3
2
T1 dati due elementi π‘₯, 𝑦 ∈ 𝑋, esistono 𝐴, 𝐡 aperti con π‘₯ ∈ 𝐴, π‘₯ ∉ 𝐡, 𝑦 ∉ 𝐴, 𝑦 ∈ 𝐡; equivalentemente, i punti
sono chiusi;
T2 i punti si separano con aperti; [Si mostra che è equivalente al fatto che la diagonale sia chiusa in 𝑋 × π‘‹. ]
T3 se è T1, e un punto e un chiuso si separano con aperti;
T4 se è T1 e i chiusi si separano con aperti; [
T5 se è T1 e se due insiemi 𝐹 , 𝐢 tali che 𝐹 ∩ 𝐢 = 𝐹 ∩ 𝐢 = ∅ si separano con aperti; ]
T6 se è T1 e, per ogni 𝐢, 𝐹 chiusi, esiste πœ‘ ∢ 𝑋 → [0, 1] continua tale che 𝐢 = {πœ‘ = 0} e 𝐹 = {πœ‘ = 1}.
Ipotesi 4 Nel seguito supporremo sempre che gli spazi topologici siano T1, cioè i punti sono chiusi.
In questa ipotesi, T3 si chiama anche ``regolare'', T4 ``normale'', T6 ``perfettamente normale''. [ T5 si chiama
completamente normale, ed è equivalente a richiedere che ogni sottoinsieme di 𝑋 sia uno sp.topo. normale. ]
Useremo anche questa definizione.
Definizione 5 𝐺𝛿 è la famiglia degli insiemi in 𝑋 che sono intersezioni al più numerabili di aperti; 𝐹𝜎 è la
famiglia degli insiemi in 𝑋 che sono unioni numerabili di chiusi.
Gli insiemi di una famiglia sono complementari degli insiemi dell'altra.
Alcune proprietà.
6. Se lo spazio è T2 allora i compatti sono chiusi.
7. Se lo spazio è T2 allora un compatto e un punto si separano.
8. Se lo spazio è T3 allora un compatto e un chiuso si separano.
Equivalentemente, dati 𝐴, 𝐾 aperto e compatto con 𝐾 ⊆ 𝐴, esiste 𝐡 aperto tale che 𝐾 ⊂ 𝐡 ⊂ 𝐡 ⊂ 𝐴.
9. Se lo spazio è T2 e localmente compatto allora è T3.
10. Se lo spazio è T2 e compatto allora è T4.
11. Ma esistono spazi topologici T2 e localmente compatti ma non T4. [ spazio 87 ``Deleted Tychonoff Plank'' che
è [0, πœ”1 ] × [0, πœ”0 ] a cui si toglie (πœ”0 , πœ”1 ); oppure 106 o 65 o 93 in[9] ]
12. Il Lemma di Urysohn ``classico'' 3 afferma che la proprietà T4 è equivalente a questa proprietà:
``per ogni 𝐢, 𝐹 chiusi esiste πœ‘ ∢ 𝑋 → [0, 1] continua tale che 𝐢 ⊆ {πœ‘ = 0}, 𝐹 ⊆ {πœ‘ = 1}.''
[ Se vale almeno nei casi in cui F è un singoletto, cioè ``per ogni 𝐢 chiuso e π‘₯ ∉ 𝐢, esiste πœ‘ ∢ 𝑋 → [0, 1] continua
tale che 𝐢 ⊆ {πœ‘ = 0} e πœ‘(π‘₯) = 1.'' allora [5] e [9] la chiamano ``completamente regolare'' o T3+1/2. ]
13. Rivedendo la dimostrazione del Lemma di Urysohn ``classico'' si ottiene quanto segue.
• ``Per ogni 𝐢, 𝐹 chiusi, con 𝐢 ∈ 𝐺𝛿 , esiste πœ‘ ∢ 𝑋 → [0, 1] continua tale che 𝐢 = {πœ‘ = 0} e
𝐹 ⊆ {πœ‘ = 1}''
1 Vi
sono moltissimi altri assiomi... vedere ad esempio http://en.wikipedia.org/wiki/Separation_axioms.
nella sez 3 cap 8 in [5].
3 La dimostrazione si trova in http://en.wikipedia.org/wiki/Urysohn%27s_lemma
2 Come
2
• ``Per ogni 𝐢, 𝐹 chiusi, con 𝐹 , 𝐢 ∈ 𝐺𝛿 , esiste πœ‘ ∢ 𝑋 → [0, 1] continua tale che 𝐢 = {πœ‘ = 0} e
𝐹 = {πœ‘ = 1}.''
14. In particolare se uno spazio è T4 e ogni chiuso è 𝐺𝛿 , allora è T6.
15. Uno spazio è T6 se e solo se per ogni chiuso 𝐢 esiste una funzione continua reale 𝑓 tale che 𝐢 = {𝑓 = 0}.
[ (⇒) Se 𝐢 = 𝑋 , 𝑓 ≡ 0; altrimenti scegliere 𝐹 = {π‘₯}, π‘₯ ∉ 𝐢 e usare T6.
(⇐) Siano 𝐢1 , 𝐢2 disgiunti e 𝑓1 , 𝑓2 loro funzioni allora πœ‘ = |𝑓1 |/(|𝑓1 | + |𝑓2 |). ]
Notiamo questo fatto
Proposizione 16 Sia lo spazio T2. I seguenti fatti sono equivalenti:
1. esiste un compatto con parte interna non vuota;
2. esiste una funzione 𝑓 a valori reali continua a supporto compatto, non identicamente nulla.
In particolare le due precedenti sono vere se lo spazio è localmente compatto.
Dimostrazione. 2→1 {𝑓 ≠ 0} è aperto non vuoto e contenuto nel supporto.
1→2 Sia 𝐾 un tale compatto, sia π‘₯ nella sua parte interna, allora restringendoci a 𝐾 ci ritroviamo in uno spazio
T4 dove possiamo usare il Lemma di Urysohn ``classico'', si trova una 𝑓 ∢ 𝐾 → ℝ continua tale che 𝑓 = 0
sulla frontiera 𝐹 di 𝐾 e 𝑓(π‘₯) = 1; infine si estende 𝑓 = 0 fuori da 𝐾. Dato che 𝑓 è continua su 𝐾 ed è zero
su 𝐹 ∪ (𝑋 βˆ– 𝐾) (che sono chiusi) allora è continua. 4
Le precedenti proprietà permettono di rivedere la dimostrazione del Teorema 1.3 in cap. 3 in [1].
Teorema 17 (1.3 in [1]) Sia (𝑋, 𝜏 ) T2 e localmente compatto. Siano 𝐾 ⊂ 𝐴, con 𝐾 un compatto e 𝐴 aperto.
Esiste πœ‘ ∢ 𝑋 → [0, 1] con supporto in 𝐴 e 𝐾 ⊆ {πœ‘ = 1}.
Dimostrazione. Si sceglie allora 𝑉 aperto tale che 𝐾 ⊂ 𝑉 ⊂ 𝑉 ⊂ 𝐴 e 𝑉 è compatto; sia 𝐹 = πœ•π‘‰ la frontiera.
Restringendo l'attenzione allo spazio 𝑉 , che è T4, usiamo il Lemma di Urysohn ``classico'' per trovare πœ‘ ∢ 𝑉 →
[0, 1] continua tale che ∀π‘₯ ∈ 𝐾, πœ‘(π‘₯) = 1, ∀π‘₯ ∈ 𝐹 , πœ‘(π‘₯) = 0; estendiamo πœ‘ = 0 fuori da 𝑉 . Dato che πœ‘ è
continua su 𝑉 ed è zero su 𝑋 βˆ– 𝑉 allora è continua.
Corollario 18 Nelle stesse ipotesi,
• se 𝐾 è 𝐺𝛿 nella tesi si può chiedere che 𝐾 = {πœ‘ = 1};
• esiste 𝐻 un compatto 𝐺𝛿 tale che 𝐾 ⊂ 𝐻̊ ⊂ 𝐻 ⊂ 𝐴 (si prenda 𝐻 = {πœ‘ ≥ 1/2}).
• Ogni punto ammette un sistema fondamentale di intorni compatti 𝐺𝛿 . (Si usi il punto precedente con 𝐾 =
{π‘₯} e 𝐴 gli intorni di π‘₯ aperti a chiusura compatta che si ottengono dal lemma 1.1 cap 3 in [1].
• (𝑋, 𝜏 ) è sigma-compatto se e solo se esistono (𝐾̃ 𝑛 ) compatti e 𝐺𝛿 e tali che ⋃𝑛 𝐾̃ 𝑛 = 𝑋1 . (Si prenda
𝐴 = 𝑋 nel secondo punto).
3.1
*Compattezza e punti di accumulazione
Vediamo infine questo risultato.
Proposizione 19 Se un insieme 𝐾 ⊆ 𝑋 è compatto, allora ogni sottoinsieme 𝐸 ⊆ 𝐾 infinito ha un punto di
accumulazione in 𝐾.
Dimostrazione. Sia 𝐸 ⊆ 𝐾 insieme che non ha punti di accumulazione in 𝐸; per ogni π‘₯ ∈ 𝐾 esiste intorno 𝑉π‘₯ di π‘₯
tale che 𝑉π‘₯ ∩𝐸 ⊆ {π‘₯}; per compattezza esistono π‘₯1 , … π‘₯𝑛 tali che 𝐾 ⊆ ⋃𝑖=1…𝑛 𝑉π‘₯𝑖 ; ma allora 𝐸 ⊆ {π‘₯1 , … π‘₯𝑛 }
4 Notate
che in certi casi si può avere 𝐹 = ∅...
3
Se lo spazio è T2 possiamo equivalentemente dire che ``ogni sottoinsieme 𝐸 ⊆ 𝐾 chiuso infinito ha un punto di
accumulazione in 𝐸.''
A volte si usa questa definizione: un insieme 𝐢 ⊆ 𝑋 chiuso tale che ogni sottoinsieme 𝐸 ⊆ 𝐾 infinito ha un punto
di accumulazione in 𝐾, si dice limit point compact. La proposizione mostra che un insieme compatto è ``limit
point compact''; il viceversa in generale non è vero.
[Cosa succede se proviamo a dimostrare la relazione opposta? Sia 𝐾 non compatto, β„± ⊆ 𝜏 una famiglia di aperti tale che
𝐾 ⊆ ⋃{𝐴 ∈ β„±} ma anche che non ammette un sottoricoprimento finito. Supponiamo per un momento di poter estrarre
da β„± una sottofamiglia minimale ℬ che ricopre 𝐾; necessariamente ℬ è infinita; il fatto che ℬ sia minimale comporta che
∀𝐴 ∈ ℬ∃π‘₯ = π‘₯𝐴 ∈ 𝐾 ∩ 𝐴, ∀𝐡 ∈ ℬ, 𝐡 ≠ 𝐴, ⇒ π‘₯𝐴 ∉ 𝐡. L'insieme 𝐸 = {π‘₯𝐴 , 𝐴 ∈ ℬ} è composto di punti isolati,
dunque è chiuso, ed è infinito. La implicazione opposta è dunque vera quando esistono sottoricoprimenti minimali.]
3.2
Esempi
Esempio 20 (Spazi prodotto) Sia 𝐼 un insieme; sia 𝑋 lo spazio prodotto 𝑋 = [0, 1]𝐼 con la topologia prodotto.
𝑋 è compatto (per il teorema di Tychonoff); si mostra facilmente che 𝑋 è T2, e dunque è anche T4.
Se 𝐼 è numerabile o finito allora lo spazio 𝑋 è separabile, metrizzabile, dunque è secondo-numerabile ed è T6.
Se 𝐼 è più che numerabile, allora 𝑋 non è primo numerabile e dunque non è metrizzabile e non è secondonumerabile; e non è T6.
Se la cardinalità di 𝐼 è minore o uguale a quella di ℝ, allora 𝑋 è separabile (la costruzione è simile a quella
dell'esempio 103 in [9]).
Se la cardinalità di 𝐼 supera quella di ℝ, allora 𝑋 non è separabile.
I precedenti fatti sono dimostrati nell'esempio 105 in [9] (a volte usando idee dell' esempio 103).
Nel caso 𝐼 = β„• , [0, 1]β„• è omeomorfo al cubo di Hilbert.
Ricordiamo inoltre che {0, 1}[0,1] è un classico esempio di insieme compatto ma non ``compatto per successioni'' (sia 𝑓𝑛 (π‘₯) il valore della n-esima cifra dell'espansione binaria di π‘₯, (𝑓𝑛 ) non ammette sottosuccessioni
convergenti), e dunque anche [0, 1][0,1] non è ``compatto per successioni''.
Qualche commento sulla teoria degli ordinali.
Nota 21 (Ordinali) Ricordiamo che, nella teoria di Von Neumann, ogni ordinale si può vedere come un insieme,
e precisamente come l'insieme di tutti gli ordinali che lo precedono — questo però può generare un po' di confusione nella notazione che segue; dunque non faremo uso di questa idea, ma invece scriveremo [0, 𝛼) per indicare
l'insieme di tutti gli ordinali minori di 𝛼; ovviamente [0, 𝛼] è l'insieme degli ordinali minori o uguali a 𝛼 5 .
Gli insiemi [0, 𝛼) e [0, 𝛼] possono essere visti come spazio topologici usando la ``topologia d'ordine'': le definizioni
e proprietà si trovano in 39 40 41 42 43 in [9] e il cap 15 sez 3 in [10] .
Questi insiemi hanno la proprietà che ogni sottoinsieme superiormente limitato ammette supremo (perché il supremo è il minimo dei maggioranti, che sono un insieme non vuoto).
Ci servirà nel seguito πœ”1 , il primo ordinale non numerabile.
Per dimostrare che esiste, consideriamo un insieme 𝐼 non numerabile, e bene ordiniamolo; chiamiamo per comodità 0 il primo elemento in 𝐼; se esiste 𝑠 ∈ 𝐼 tale che [0, 𝑠) sia numerabile, definiamo dunque πœ”1 come il minimo 𝑠
tale che [0, 𝑠) sia non numerabile; se non esiste, aggiungiamo un nuovo elemento in coda a 𝐼 e lo chiamiamo πœ”1 .
[ Nota bibliografica: [10] scrive Ω0 per [0, πœ”1 ), Ω per πœ”1 , e Ω′ per [0, πœ”1 ]. ]
Dunque abbiamo che [0, πœ”1 ) è un insieme più che numerabile, ma per ogni 𝑠 < πœ”1 , [0, 𝑠) è numerabile.
L'insieme [0, πœ”1 ) gode della proprietà che ogni suo sottoinsieme numerabile ammette supremo.
Chiamiamo questo spazio topologico che segue ``long ray''. 6 .
Esempio 22 (Long ray) Il ``long ray'' è lo spazio topologico ottenuto incollando la unione disgiunta di πœ”1 copie
di [0, 1); precisamente, consideriamo 𝑋 = [0, πœ”1 ) × [0, 1) con l'ordinamento lessicografico, e dotiamolo della
topologia d'ordine.
𝑋 gode della proprietà che ogni insieme 𝐴 ⊆ 𝑋 che sia superiormente limitato ammette un sup 𝐴 ∈ 𝑋. 𝑋 gode
inoltre della proprietà (come [0, πœ”1 )) che ogni 𝐴 ⊆ 𝑋 che sia numerabile è superiormente limitato.
5 Questa notazione si ritrova anche in [9, 5]. [10] scrive π‘Š per [0, π‘₯).
π‘₯
6 Seguendo la notazione di wikipedia, dove il ``long ray'' è la parte positiva della Long Line; la teoria deriva da esempi 45 e 46 in [9] -- dove
però questo spazio si chiama ``long line'' (!)
4
Questo spazio è primo numerabile, è T4, è localmente compatto; ma non è compatto.
𝑋 ha la strana proprietà che ogni funzione e continua 𝑓 ∢ 𝑋 → ℝ è definitivamente costante (!) (Questo risultato
è citato in [9]; la dimostrazione si ottiene adattando gli argomenti in sez 3 cap 15 in [10]).
Sia 𝐹 l'insieme degli ``ordinali limite'' minori di πœ”1 , allora 𝐹 × {0} è un chiuso che non è un 𝐺𝛿 (infatti, per 13,
se 𝐹 fosse 𝐺𝛿 esisterebbe πœ‘ ∢ 𝑋 → [0, 1] continua tale che 𝐹 = {πœ‘ = 0}; ma questo sarebbe in contrasto con la
proprietà precedente).
In particolare questo spazio non è T6 (perché esiste un chiuso non 𝐺𝛿 ).
[ Si sa anche che, se 𝑠 < πœ”1 allora [0, 𝑠) × [0, 1) è omeomorfo a ℝ+ . Questo darebbe interessanti informazioni, ad esempio
la restrizione delle sigma-algebre di Baire e di Borel a ogni semiretta iniziale coincidono. σ α ]
A questo proposito, ricordiamo che [0, πœ”1 ), se dotato della topologia d'ordine, è un esempio di spazio ``compatto
per successioni'' ma non compatto (e in particolare dunque non metrizzabile); e lo stesso vale per il ``long ray''.
[ Altro esempio: lo spazio Closed Uncountable Ordinal Space è compatto, T5, ma non è primo numerabile e separabile non è
T6. (è l'esempio 43 in [9])
Vedere anche http://en.wikipedia.org/wiki/Order_topology: ``The ordinal α is compact as a topological space if and
only if α is a successor ordinal.'' ``Let ω1 be the set of all countable ordinals, and the first uncountable ordinal (also denoted by
Ω,). ``The space ω1 is first-countable, but not second-countable, and ω1+1 has neither of these two properties, despite being
compact. It is also worthy of note that any continuous function from ω1 to R (the real line) is eventually constant.'' ]
4
sigma–algebra di Baire
Sia 𝒦 la famiglia dei compatti che sono insiemi 𝐺𝛿 . Notiamo che 𝒦 è un pi–sistema.
Definizione 23 La sigma–algebra di Baire β„¬π‘Ž è la sigma–algebra generata da 𝒦. 7
Se lo spazio è T2 la sigma–algebra di Baire è contenuta nella sigma–algebra di Borel, dato che i compatti sono
chiusi.
Ipotesi 24 Assumiamo in questa sezione che lo spazio sia T2 e sia localmente compatto.
Proposizione 25 β„¬π‘Ž è la più piccola sigma–algebra che rende misurabili tutte le funzioni 𝐢𝑐 (𝑋).
Dimostrazione.
• Presa 𝑓 ∈ 𝐢𝑐 (𝑋), 𝑓 ≥ 0, per 𝑑 > 0 si ha che {𝑓 ≥ 𝑑} ∈ 𝒦. In generale 𝑓 = 𝑓 + − 𝑓 − .
Dunque ogni 𝑓 ∈ 𝐢𝑐 è misurabile.
• Viceversa per il corollario 18 al Lemma di Urysohn, preso 𝐾 ∈ 𝒦 esiste 𝑓𝐾 ∢ 𝑋 → [0, 1] tale che 𝐾 =
{𝑓𝐾 = 1} e 𝑓𝐾 ∈ 𝐢𝑐 .
Per il corollario 18 è equivalente a chiedere che:
• Una misura su (𝑋, β„¬π‘Ž) è finita sui compatti,
• Una misura su (𝑋, β„¬π‘Ž) è finita sugli insiemi di 𝒦;
ed è equivalente dire che 𝑋 è sigma-compatto, o che è ricoperto da un' unione numerabile di compatti 𝐺𝛿 .
Proposizione 26 Siano πœ‡, 𝜈 misure su (𝑋, β„¬π‘Ž) e siano finite sui compatti. Si ha che
∀𝑓 ∈ 𝐢𝑐 (𝑋) ⇒ ∫ 𝑓 dπœ‡ = ∫ 𝑓 d𝜈
𝑋
𝑋
se e solo se πœ‡(𝐾) = 𝜈(𝐾)∀𝐾 ∈ 𝒦. 8
7 Vi
sono molte altre diverse (e incompatibili) definizioni, si veda http://en.wikipedia.org/wiki/Baire_set
che non possiamo a questo punto applicare il teorema di coincidenza per dire che πœ‡ ≡ 𝜈: servirebbe qualche ipotesi in più, si veda
la discussione in sez. 4.3.
8 Notate
5
Dimostrazione. (⇒) Definito 𝑓𝐾 come prima, (𝑓𝐾 )𝑛 β†˜π‘› πŸ™πΎ , il risultato segue dal teorema di Beppo-Levi.
(⇐) Presa 𝑓 ∈ 𝐢𝑐 (𝑋), 𝑓 ≥ 0 si ha che
∞
∫ 𝑓 dπœ‡ = ∫
𝑋
πœ‡({𝑓 ≥ 𝑑}) d𝑑
0
ma come detto prima, per 𝑑 > 0 si ha che {𝑓 ≥ 𝑑} ∈ 𝒦. Dunque il valore ∫ 𝑓 dπœ‡ dipende solo dal valore che πœ‡
𝑋
assegna agli insiemi 𝒦.
Si dimostrano inoltre queste proprietà.
27. Sia πœ‡ misura su (𝑋, β„¬π‘Ž), allora per ogni aperto 𝐴
sup{πœ‡(𝐾), 𝐾 ⊂ 𝐴, compatto} = sup{πœ‡(𝐾), 𝐾 ⊂ 𝐴, compatto 𝐺𝛿 }
(Per il cor. 18). Notiamo che non si ha in generale 𝐴 ∈ β„¬π‘Ž.
28. Come conseguenza, se πœ‡ è di Radon, per ogni 𝐴 aperto
πœ‡(𝐴) = sup{πœ‡(𝐾), 𝐾 ⊆ 𝐴, 𝐾 ∈ 𝒦} .
29. Siano πœ‡, 𝜈 misure di Radon. Se concidono su 𝒦 allora coincidono sui Boreliani.
(Dim: usare il precedente e la regolarità interna ed esterna; oppure usare 26 e il Lemma 2.2 in cap. 3 [1]
che è quello che dimostra l'unicità nel teorema di Riesz).
Usando anche alcuni risultati che sono nelle prossime sezioni si mostra questo risultato.
Proposizione 30 Se lo spazio è T2 e localmente compatto e secondo-numerabile allora β„¬π‘Ž coincide con i Boreliani.
Dimostrazione. Per 9 in sez.3 è anche T3; ma allora per 41 in Sez.6 è G-delta; dunque β„¬π‘Ž è generata dai compatti.
Per le proprietà in sez.7 è sigma-compatto; dunque ogni chiuso è unione al più numerabile di compatti.
si confronti con il teorema 3.5 e la proposizione 4.1 nel cap 3 in [1]
4.1
Prodotto di sigma–algebra di Baire
Siano (𝑋1 , 𝜏1 ) e (𝑋2 , 𝜏2 ) spazi topologici; e (𝑋, 𝜏 ) lo spazio prodotto (cioè 𝑋 = 𝑋1 × π‘‹2 e 𝜏 generata da
𝐴1 × π΄2 con 𝐴1 ∈ 𝜏1 , 𝐴2 ∈ 𝜏2 ); siano
• 𝒦1 , 𝒦2 , 𝒦 le rispettive famiglie di compatti 𝐺𝛿 ,
• β„¬π‘Ž1 , β„¬π‘Ž2 , β„¬π‘Ž le rispettive sigma–algebre di Baire, e
• ℬ1 , ℬ2 , ℬ le rispettive sigma–algebre di Borel.
Proposizione 31 Siano (𝑋1 , 𝜏1 ) e (𝑋2 , 𝜏2 ) T2 e localmente compatti. Allora (𝑋, 𝜏 ) è T2 e localmente compatto.
Proposizione 32 Siano (𝑋1 , 𝜏1 ) e (𝑋2 , 𝜏2 ) T2 e localmente compatti.
• Si ha β„¬π‘Ž ⊆ β„¬π‘Ž1 ⊗ β„¬π‘Ž2 .
9
• Se gli spazi sono sigma-compatti, allora β„¬π‘Ž = β„¬π‘Ž1 ⊗ β„¬π‘Ž2 .
Dimostrazione. Notiamo innanzitutto che presi 𝐾1 ∈ 𝒦1 , 𝐾2 ∈ 𝒦2 allora 𝐾1 × πΎ2 ∈ 𝒦.
9 Con
il simbolo β„¬π‘Ž1 ⊗ β„¬π‘Ž2 si intende la sigma-algebra generata dalla famiglia dei ``rettangoli'' 𝐴1 × π΄2 con 𝐴1 ∈ β„¬π‘Ž1 , 𝐴2 ∈ β„¬π‘Ž2 .
6
β„¬π‘Ž ⊆ β„¬π‘Ž1 ⊗ β„¬π‘Ž2 : Sappiamo che ogni punto ammette un sistema fondamentale di intorni compatti 𝐺𝛿 per il cor.
18. Preso 𝐾 ∈ 𝒦 si ha che 𝐾 = ⋂𝑛 𝐴𝑛 aperti. Per ogni 𝑛 possiamo trovare un numero finito di intorni
π‘ˆπ‘–,𝑛 che coprono 𝐾𝑛 e sono dentro 𝐴𝑛
𝑁𝑛
𝐾𝑛 ⊆ ⋃ π‘ˆπ‘–,𝑛 ⊆ 𝐴𝑛
𝑖=1
′
″
possiamo assumere che π‘ˆπ‘–,𝑛 = π‘ˆπ‘–,𝑛
× π‘ˆπ‘–,𝑛
che sono due aperti in 𝜏1 , 𝜏2 a chiusura compatta e 𝐺𝛿 , e
′
″
𝑁
𝑛
π‘ˆ 𝑖,𝑛 = π‘ˆ 𝑖,𝑛 × π‘ˆ 𝑖,𝑛 ⊆ 𝐴𝑛 . A questo punto però notiamo che ⋃𝑖=1
π‘ˆ 𝑖,𝑛 ∈ β„¬π‘Ž1 ⊗ β„¬π‘Ž2 e che
𝑁𝑛
𝐾 = β‹‚ ⋃ π‘ˆ 𝑖,𝑛 ∈ β„¬π‘Ž1 ⊗ β„¬π‘Ž2 .
𝑛 𝑖=1
β„¬π‘Ž ⊇ β„¬π‘Ž1 ⊗ β„¬π‘Ž2 : Usando il quarto punto del cor. 18 otteniamo che esistono(𝐾̃ 𝑛 ) ⊂ 𝒦1 tali che ⋃𝑛 𝐾̃ 𝑛 = 𝑋1
Si può allora procedere come nella Prop.4.1 cap3 in [1]. Infatti β„¬π‘Ž1 ⊗ β„¬π‘Ž2 è generata da 𝐸1 × πΈ2 con
𝐸1 ∈ β„¬π‘Ž1 , 𝐸2 ∈ β„¬π‘Ž2 ; (per intersezione) basta mostrare che 𝑋1 × πΈ2 , 𝐸1 × π‘‹2 ∈ β„¬π‘Ž. Vediamo che
𝑋1 × πΈ2 ∈ β„¬π‘Ž: l'ipotesi ci dice che preso 𝐾2 ∈ 𝒦2 si ha 𝑋1 × πΎ2 = ⋃𝑛 𝐾̃ 𝑛 × πΎ2 ∈ β„¬π‘Ž; la sigma
algebra generata dagli insiemi 𝑋1 × πΎ2 è quella degli insiemi 𝑋1 × πΈ2 . [ Senza l'ipotesi non si può procedere
come nella Prop.4.1 cap3 in [1] perché in generale 𝑋1 ∉ 𝒦1 ! ]
Si ottiene il curioso rapporto
β„¬π‘Ž ⊆ β„¬π‘Ž1 ⊗ β„¬π‘Ž2 ⊆ ℬ1 ⊗ ℬ2 ⊆ ℬ .
4.2
Prodotto di misure di Radon
Preso 𝐸 ⊆ 𝑋 diremo che è sigma-limitato se esistono (𝐾𝑛 ) ⊂ 𝒦 tali che 𝐸 ⊆ ⋃𝑛 𝐾𝑛 .
La discussione di questa sezione ci permette di dare una dimostrazione alternativa del teorema 4.6 in sez 4 in cap
3 in [1]:
Teorema 33 Date misure πœ‡1 , πœ‡2 di Radon rispettivamente in (𝑋1 , 𝜏1 ) e (𝑋2 , 𝜏2 ) (T2,loc.comp) esiste una unica
misura di Radon πœ‡ sullo spazio prodotto (𝑋, 𝜏 ), tale che
πœ‡(𝐾1 × πΎ2 ) = πœ‡1 (𝐾1 )πœ‡2 (𝐾2 ) ∀𝐾1 ∈ 𝒦1 , 𝐾2 ∈ 𝒦2 .
Più in generale, per 𝐸 ∈ β„¬π‘Ž sigma-limitato, vale
πœ‡(𝐸) = ∫ πœ‡2 (𝐸π‘₯1 ) dπœ‡(π‘₯1 )
(1)
𝑋1
dove, al solito,
def
𝐸π‘₯1 = {π‘₯2 ∈ 𝑋2 ∢ (π‘₯1 , π‘₯2 ) ∈ 𝐸} ;
e simmetricamente scambiando il ruolo di πœ‡1 e πœ‡2 .
Dimostrazione. Possiamo definire 𝜈 come
𝜈(𝐸) = ∫ πœ‡2 (𝐸π‘₯1 ) dπœ‡(π‘₯1 ) ;
𝑋1
𝜈 è definita su β„¬π‘Ž1 ⊗β„¬π‘Ž2 ; dato che β„¬π‘Ž ⊆ β„¬π‘Ž1 ⊗β„¬π‘Ž2 questa misura è definita su β„¬π‘Ž. Questa soddisfa la relazione
𝜈(𝐾1 × πΎ2 ) = πœ‡1 (𝐾1 )πœ‡2 (𝐾2 ) ∀𝐾1 ∈ 𝒦1 , 𝐾2 ∈ 𝒦2
ma in queste ipotesi non riusciamo però a garantire che sia l'unica (si veda la discussione nella sezione successiva);
sia 𝜈 Μƒ un'altra misura su β„¬π‘Ž che soddisfa questo requisito.
7
Dato 𝐾 ∈ 𝒦 si ha 𝐾 ⊆ 𝐾1 × πΎ2 con 𝐾𝑖 ∈ 𝒦𝑖 (proiettando 𝐾 sui due fattori e eventualmente usando il solito
corollario per allargare le proiezione e avere due compatti G-delta); in particolare 𝜈(𝐾) è finita. Se restringiamo 𝜈 e
𝜈 Μƒ a 𝐾1 ×𝐾2 e restringiamo πœ‡1 a 𝐾1 e πœ‡2 a 𝐾2 allora lì possiamo usare il teorema di coincidenza; otteniamo dunque
che, per ogni 𝐴 ∈ β„¬π‘Ž con 𝐴 ⊂ 𝐾1 × πΎ2 si ha 𝜈(𝐴) = 𝜈(𝐴).
Μƒ
In particolare dunque 𝜈(𝐾) = 𝜈(𝐾)∀𝐾
Μƒ
∈ 𝒦. Per
passaggio al limite si ottiene che per ogni 𝐴 ∈ β„¬π‘Ž sigma-limitato si ha 𝜈(𝐴) = 𝜈(𝐴).
Μƒ
Definamo a questo punto, per 𝑓 ∈ 𝐢𝑐 (𝑋), Λ(𝑓) = ∫ 𝑓 d𝜈 = ∫ 𝑓 d𝜈 Μƒ (l'uguaglianza segue da 26). Per il teorema di
Riesz esiste una unica misura di Radon πœ‡ per cui Λ(𝑓) = ∫ 𝑓 dπœ‡; dalla Prop. 26 segue che 𝜈(𝐾) = πœ‡(𝐾)∀𝐾 ∈ 𝒦.
Ripetendo il ragionamento precedente si ottiene che per ogni 𝐴 ∈ β„¬π‘Ž sigma-limitato si ha 𝜈(𝐴) = πœ‡(𝐴), che
dimostra la (1).
[ Si può anche dimostrare che, se 𝐸 è aperto allora
π‘₯1 ↦ ∫ πœ‡2 (𝐸π‘₯1 ) dπœ‡(π‘₯1 )
𝑋1
è semicontinua e dunque sempre misurabile. ]
4.3
*Unicità
(In quanto segue non assumiamo necessariamente che lo spazio sia T2 e localmente compatto).
Preso 𝐸 ⊆ 𝑋 diremo che è sigma-limitato se esistono (𝐾𝑛 ) ⊂ 𝒦 e 𝐸 ⊆ ⋃𝑛 𝐾𝑛 . Chiaramente l'unione di
numerabili insiemi sigma-limitati è ancora sigma-limitata; dunque gli insiemi sigma-limitati formano un sigmaanello che contiene 𝒦.
Siano πœ‡, 𝜈 misure su (𝑋, β„¬π‘Ž), finite su 𝒦. Supponiamo che πœ‡(𝐾) = 𝜈(𝐾)∀𝐾 ∈ 𝒦. Ci piacerebbe dimostrare
che πœ‡ ≡ 𝜈.
Per il teorema di coincidenza, se πœ‡(𝑋) = 𝜈(𝑋) < ∞ allora πœ‡ ≡ 𝜈.
Se πœ‡(𝑋) = 𝜈(𝑋) = ∞, ma lo spazio è sigma-limitato allora ancora per il teorema di coincidenza πœ‡ ≡ 𝜈.
Cosa succede quando πœ‡(𝑋) = 𝜈(𝑋) = ∞, ma lo spazio non è sigma-limitato?
Se π‘ˆ ∈ β„¬π‘Ž è sigma-limitato, allora, scelti ⋃𝑛 𝐾𝑛 tali che π‘ˆ ⊆ ⋃𝑛 𝐾𝑛 , possiamo usare il teorema di coincidenza
dentro ⋃𝑛 𝐾𝑛 : dunque πœ‡ e 𝜈 concidono sugli insiemi di Baire che sono sigma-limitati.
Chiaramente se lo spazio non è sigma-limitato, allora se 𝐸 è sigma-limitato, 𝐸 𝑐 non può essere sigma-limitato.
Vale inoltre questa proprietà (sezione 1 cap 13 [5]): per ogni 𝐸 ∈ β„¬π‘Ž o 𝐸 o 𝐸 𝑐 è sigma-limitato.
Per concludere a questo punto bisognerebbe mostrare (o assumere) che se 𝐸 non è sigma-limitato allora πœ‡(𝐸) = ∞.
Abbiamo dunque dimostrato che vale questo teorema.
Teorema 34 Siano πœ‡, 𝜈 misure su (𝑋, β„¬π‘Ž), supponiamo che πœ‡(𝐾) = 𝜈(𝐾) < ∞∀𝐾 ∈ 𝒦. Supponiamo che
valga una di queste ipotesi.
• πœ‡(𝑋) = 𝜈(𝑋) < ∞;
• πœ‡(𝑋) = 𝜈(𝑋) = ∞, e lo spazio è sigma-limitato;
• πœ‡(𝑋) = 𝜈(𝑋) = ∞, e per ogni 𝐸 che non è sigma-limitato allora πœ‡(𝐸) = ∞.
Allora πœ‡ ≡ 𝜈.
L'esempio 37 mostra che si può avere una misura di Baire che vale zero sugli insiemi 𝒦 ma non è identicamente
nulla.
[ A questo punto sarebbe bello trovare un esempio non coperto dal teorema, ma con una misura che non valga solo 0, ∞.
Federer pg 58: il cardinale α è di Ulam se per ogni insieme X di cardinalità al più α e ogni misura μ su X che misura tutte le
parti e che assegna 0 ai singoletti si ha che μ è identicamente nulla. Alternativamente per ogni insieme X di cardinalità al più
α e ogni misura μ non identicamente nulla su X che assegna 0 ai singoletti si ha che esistono insiemi non misurabili. Secondo
Federer, la non esistenza di cardinali non di Ulam è compatibile con ZFC. Vedi anche https://en.wikipedia.org/wiki/
Measurable_cardinal: The concept of a measurable cardinal was introduced by Stanislaw Ulam (1930), who showed that
the smallest cardinal κ that admits a non-trivial countably-additive two-valued measure must in fact admit a κ-additive measure.
(If there were some collection of fewer than κ measure-0 subsets whose union was κ, then the induced measure on this collection
would be a counterexample to the minimality of κ.)
Ad esempio una spazio topologico dove la famiglia 𝒦 dei compatti 𝐺𝛿 non sia banale, come il ``long ray''; e una misura di
Baire che associa il valore 0 a tutti tali compatti, e valore non banale alcuni aperti. (Nota che vi deve essere una gradazione,
perché un compatto 𝐺𝛿 è intersezione di aperti, dunque le loro misure devono essere infinitesime, oppure tutte infinite). ]
8
5
Esempi
Questo è adattato da un esempio già visto nel corso [11]: ho successivamente scoperto che si chiama ``Countable
complement topology'', è l'esempio 20 in [9].
Esempio 35 Sia 𝑋 un insieme più che numerabile, ad esempio 𝑋 = ℝ. Consideriamo una topologia per 𝑋 in
cui i chiusi sono gli insiemi finiti o al più numerabili, o 𝑋. Si ha che 𝐹𝜎 coincide con i chiusi, e 𝐺𝛿 con gli
aperti. Un insieme è compatto se e solo se è finito (perché dato 𝐸 numerabile la restrizione della topologia a
𝐸 produce la topologia discreta). Lo spazio (𝑋, 𝜏 ) non è T2 (perché non vi sono aperti disgiunti) ma è T1; è
Lindelöf, ma non è sigma-compatto e non è G-delta, e dunque nessun aperto è unione numerabile di chiusi. I
chiusi sono sigma-limitati, gli aperti no.
I Boreliani β„¬πœ sono gli insiemi al più numerabili o i loro complementari; questi insiemi sono sempre o aperti o
chiusi. La classe β„¬π‘Ž è banale (nessun compatto è G-delta).
Sia 𝑐 ∈ [0, ∞]. Definiamo πœ‡π‘ come πœ‡π‘ (𝐢) = 0 sui chiusi, e πœ‡π‘ (𝐴) = 𝑐 sugli aperti. Queste πœ‡πœŒ sono misure
Boreliane, e valgono tutte identicamente zero sui compatti ma sono fra loro diverse.
Esempio 36 Sia 𝐼 un insieme; sia πœƒ la misura che vale πœƒ(𝐴) = 0 sugli insiemi finiti o numerabili, πœƒ(𝐴) = ∞
altrimenti; questa πœƒ misura tutte le parti di 𝐼. Data 𝑓 ∢ 𝐼 → [0, ∞], si ha che ∫ 𝑓 dπœƒ = 0 se {𝑓 > 0} è un insieme
𝐼
finito o numerabile, mentre ∫ 𝑓 dπœƒ = ∞ altrimenti.
𝐼
[ Sarebbe bello un esempio in cui πœƒ non assumesse solo valori 0, ∞. Attenzione: non può assumere solo i valori 0 o 1; altrimenti
una qualunque funzione 𝑓 ∢ 𝐼 → ℝ è misurabile, ma è anche quasi certamente costante (studiando la funzione di ripartizione),
assurdo. ]
Esempio 37 Sia 𝑋 = [0, πœ”1 ) × [0, 1) il ``long ray'', si veda 22.
Poniamo 𝐼 = [0, πœ”1 ), definiamo πœƒ come nell'esempio precedente. Sia πœ† la misura di Lebesgue, definiamo la misura
𝜈(𝐸) = ∫ πœ†(({𝑖} × [0, 1]) ∩ 𝐸) dπœƒ(𝑖)
𝐼
che è una misura sui Boreliani di 𝑋. Ovviamente 𝜈(𝑋) = ∞.
Un insieme compatto 𝐾 interseca al più un numero numerabile di copie dell'intervallo [0, 1): infatti
𝐾 ⊆ 𝑋 = ⋃ [0, 𝑑) × [0, 1)
𝑑<πœ”1
che è un unione di aperti; dunque per compattezza esiste un ordinale 𝑑 < πœ”1 per cui 𝐾 ⊆ [0, 𝑑) × [0, 1); essendo
𝑑 < πœ”1 si ha che [0, 𝑑) è un insieme al più numerabile.
Ne segue che per ogni compatto si ha 𝜈(𝐾) = 0.
Dato che ℝ+ ⊂ 𝑋 sappiamo che la sigma-algebra di Baire non è banale; allo stesso tempo non coincide con i
Boreliani: infatti l'insieme [0, πœ”1 ) × (0, 1/2) è aperto ma ne lui ne il suo complementare sono sigma-limitati.
6
Proprietà G-delta
Definizione 38 Uno spazio (𝑋, 𝜏 ) gode della ``proprietà G-delta'' 10 se ogni chiuso 11 è intersezione al più
numerabile di aperti; o equivalentemente se ogni aperto è unione al più numerabile di chiusi.
Ecco alcune condizioni che implicano che lo spazio ha la proprietà G-delta.
39. Come già espresso in 14 nella sezione 3, si ha questo risultato.
Lo spazio è T6 se e solo se lo spazio è T4 e ha la proprietà G-delta.
40. In particolare gli spazi metrici hanno la proprietà G-δ.
10 In
inglese si chiama ``G delta space''.
11 La condizione si chiede solo sui chiusi. Notiamo che in ℝ i razionali non sono intersezione di numerabili aperti, perché gli aperti sarebbero
densi ma i razionali sono di prima categoria.
9
12
[ Dimostrazione. Sia 𝐴 aperto per
ogni π‘₯ ∈ 𝐴 possiamo separare π‘₯ dal complementare di π‘Ž cioè esistono un aperto 𝐡π‘₯ che contiene 𝐴𝑐 = 𝑋 βˆ– 𝐴 e un
intorno aperto 𝑉π‘₯ di π‘₯ che sono disgiunti; questo comporta che 𝑉π‘₯ ⊆ (𝐡π‘₯ )𝑐 ⊂ 𝐴. Il fatto che sia secondo-numerabile
comporta che sia ``Lindelöf forte''; si ha ⋃π‘₯∈𝐴 𝑉π‘₯ = 𝐴 ma allora esiste una unione numerabile ⋃𝑛 𝑉π‘₯𝑛 = 𝐴 e allora
anche ⋃𝑛 𝑉π‘₯𝑛 = 𝐴. ]
41. Se lo spazio è T3 e secondo-numerabile allora ha la proprietà G-delta.
42. In particolare, come corollario di questi punto e di 9 in sez. 3:
Se lo spazio è T2 e localmente compatto e secondo-numerabile allora ha la proprietà G-delta.
La proprietà G-delta è interessante perché si ricollega al Teorema 5.2 in cap 1 in [1] che (brevemente) dice:
Teorema 43 Se ogni aperto è unione numerabile di chiusi, e πœ‡ è una misura di Borel finita, allora è internamente
e esternamente regolare, cioè per ogni 𝐸 Boreliano πœ‡(𝐸) = πœ‡∗ (𝐸) = πœ‡∗ (𝐸) (come definite in [11]).
[ !!!!verificare meglio!!!!! se ne ottiene un corollario
se lo spazio è T2 , localmente compatto , G-delta e sigma-compatto, allora ogni misura di Borel che sia finita sui compatti è
anche Borel regolare e Radon.
``Borel regolare'' si dimostra (?) a partire dal succitato Teorema 5.2 di cap 1 di [1]; ``Radon'' è il teorema 3.5 nel cap 3 in [1] ]
7
* Proprietà di Lindelöf
Definizione 44 Uno spazio è detto ``di Lindelöf'' 13 se da ogni ricoprimento dello spazio con aperti, si può
estrarre un sottoricoprimento al più numerabile.
La proprietà vale in senso forte, quando da ogni unione ⋃𝑖∈𝐼 𝐴𝑖 di aperti, si può estrarre un sottofamiglia al più
numerabile 𝐽 ⊆ 𝐼 tale che ⋃𝑖∈𝐽 𝐴𝑖 = ⋃𝑖∈𝐼 𝐴𝑖 .
Alcune proprietà.
45. Ovviamente uno spazio compatto è Lindelöf.
46. Se lo spazio è secondo-numerabile allora è Lindelöf forte.
47. Se lo spazio è sigma-compatto allora è Lindelöf.
48. Uno spazio può essere Lindelöf ma non sigma-compatto; si veda ad es. 35.
49. Se lo spazio è T2 e localmente compatto ed è Lindelöf allora è sigma-compatto. (Teorema 21 sez 5 cap 9 in
[5])
Detto questo, vi sono pochi rapporti fra la condizione Lindelöf e la condizione G-delta.
• Esistono spazi che sono T6 (e dunque G-delta) e localmente compatti e primo-numerabili, ma non sono Lindelöf (e dunque non secondo-numerabili). Un esempio è dato da un insieme 𝑋 che sia più che numerabile
e sia dotato della topologia discreta (esempio 3 in [9]).
• Esistono spazi che sono Lindelöf e primo-numerabili e T4 e compatti e separabili, ma non sono T6 (e dunque
non G-delta).
Un esempio è dato dallo spazio di Helly, che è il sottospazio di [0, 1][0,1] (con la topologia prodotto) composto
dalle funzioni monotonte non decrescenti (esempio 107 in [9]).
12 Si
può mostrare direttamente, ma segue anche dal Urysohn's metrization theorem che dice che in queste ipotesi lo spazio è metrizzabile!
13 http://en.wikipedia.org/wiki/Lindel%C3%B6f_space
10
8
Spazi metrizzabili
Uno spazio topologico si dice metrizzabile se esiste una distanza che induce la topologia.
Uno spazio metrizzabile è primo-numerabile, T6, ed è paracompatto (nota, non abbiamo definito ``paracompatto''
in queste note).
Ma esistono spazi primo-numerabili, T6, paracompatti che non sono metrizzabili.
[ un esempio è la retta di Sorgenfrey (opppure lower limit topology, o right half open topology, esempio 51 in [9]): questo spazio
topologico è ℝ con la topologia generata dagli intervalli [π‘Ž, 𝑏).
Altro esempio ``Weak Parallel Line Topology'' (esempio 95 in [9]) che è ``Locally Compact, Perfectly Normal, Paracompact
First Countable, Separable'' but not Metrizable. ]
Uno spazio metrizzabile sigma-compatto è secondo-numerabile e separabile (e, per il capitolo precedente, è Lindelöf).
Proposizione 50 In uno spazio metrizzabile i seguenti fatti sono equivalenti
1. è secondo-numerabile
2. è separabile
3. è Lindelöf
4. è Lindelöf forte
Dimostrazione. Le implicazioni 1 ⇒ 2, 1 ⇒ 3 sono sempre vere. La 1 ⟺ 3 si trova in Prop. 6 sez 2 cap 7
[5]. Per la 1 ⇐ 2: si prenda come base la famiglia di palle con raggi razionali e centri negli elementi di 𝐷 insieme
numerabile denso.
Per concludere, se è separabile ogni sottinsieme è separabile, dunque 3 ⟺ 4.
9
Gruppi topologici
Sia nel seguito (𝐺, 𝜏 ) un gruppo topologico; sia 𝑒 ∈ 𝐺 la identità. Sia π‘₯ ⋅ 𝑦 la operazione di gruppo (o più
semplicemente π‘₯𝑦 quando non vi è rischio di confusione). Dati 𝐴, 𝐡 ⊆ 𝐺 scriviamo
𝐴 ⋅ 𝐡 = {π‘₯ ⋅ 𝑦 ∢ π‘₯ ∈ 𝐴, 𝑦 ∈ ℬ} ;
o più semplicemente 𝐴𝐡 quando non vi è rischio di confusione.
In sez 6 cap 4 in [1] si dice che:
• dato un sistema fondamentale 𝒰 di intorni π‘ˆ ∈ 𝒰, dell'identità 𝑒, i traslati (ad esempio sinistri π‘™π‘Ž (π‘ˆ ) = π‘Žπ‘ˆ )
sono sistema fondamentale di intorni del punto π‘Ž.
• Lo spazio è T1 se e solo se {𝑒} è chiuso. [ Anzi è T0 se e solo se {𝑒} è chiuso; solo che T0 non è in questi appunti. ]
• In lemma 6.1 sez 6 cap 4 in [1] è mostrato che gli intorni si possono prendere simmetrici; e che
• dato π‘ˆ ∈ 𝒰 esiste 𝑉 aperto simmetrico con 𝑒 ∈ 𝑉 e tale che 𝑉 2 ⊆ π‘ˆ .
• Dati 𝐢, 𝐹 compatti si ha che 𝐢 ⋅ 𝐹 è compatto,
• Dati 𝐴, 𝐢 con 𝐴 aperto si ha che 𝐴 ⋅ 𝐢 è aperto.
Dunque nel seguito sia 𝒰 un sistema fondamentale di intorni aperti simmetrici di 𝑒.
Ipotesi 51 Assumiamo (al solito) che lo spazio sia T1. 14
(Notate che un qualsiasi gruppo dotato della topologia indisceta è un gruppo topologico; dunque la ipotesi T1 non
è scontata).
14 In
realtà per alcuni risultati successivi non è necessario assumere ``T1'' — scusate la pigrizia.
11
9.1
Separazione per intorni omogeni
Dato un insieme 𝐸 ⊆ 𝐺 e π‘ˆ ∈ 𝒰, il prodotto π‘ˆ 𝐸 è un intorno ``omogeneo'' di 𝐸.
Molto di quanto visto prima si può ridimostrare usando solo gli intorni omogenei. Vediamo alcune proprietà.
52. Dati un chiuso 𝐢 e un punto π‘₯ ∉ 𝐢 esiste 𝑉 ∈ 𝒰 tale che 𝐢𝑉 e π‘₯𝑉 sono disgiunti. [Dimostrazione. L'ipotesi
comporta che 𝑒 ∉ π‘₯−1 𝐢, che è chiuso; dunque esiste 𝑉 ∈ 𝒰 tale che 𝑉 2 e π‘₯−1 𝐢 sono disgiunti. Se 𝑧 ∈ 𝐢𝑉 ∩ π‘₯𝑉
allora 𝑧 = 𝑐𝑣 = π‘₯𝑀 con 𝑣, 𝑀 ∈ 𝑉 da cui π‘₯−1 𝑐 = 𝑀𝑣−1 ∈ 𝑉 2 ∩ (π‘₯−1 𝐢), assurdo. ] In particolare lo spazio è T3.
53. ⋆ Dati un chiuso 𝐢 e un compatto 𝐾 il prodotto 𝐢 ⋅ 𝐾 è chiuso.
[ Dimostrazione. Sia 𝑧 ∉ 𝐢 ⋅ 𝐾, per ogni π‘˜ ∈ 𝐾 si ha ovviamente 𝑧 ∉ πΆπ‘˜ così usiamo 52 per trovare π‘‰π‘˜ ∈ 𝒰 tale che
𝑛
π‘§π‘‰π‘˜ e πΆπ‘˜π‘‰π‘˜ siano disgiunti; dal ricoprimento β‹ƒπ‘˜∈𝐾 π‘˜π‘‰π‘˜ di 𝐾 di 𝐾 estraiamo π‘˜1 , … , π‘˜π‘› tali che 𝐾 ⊆ ⋃𝑖=1 π‘˜π‘– π‘‰π‘˜π‘– ,
ma allora 𝑉 = ⋂𝑖=1⋅𝑛 π‘‰π‘˜π‘– è un intorno simmetrico tale che 𝑧𝑉 non interseca 𝐢𝐾. ]
(Il risultato è vero anche quando 𝐾 è limit point compact, ma la dimostrazione è più complessa. Cf. 19 e
commenti successivi. )
[ Altra Dimostrazione, che funziona anche se è solo limit-point-compact. Se 𝐢 oppure 𝐾 è finito la conclusione è ovvia.
Siano 𝐢 e 𝐾 infiniti.
Sia 𝑧 ∈ 𝑋 un punto di accumulazione di 𝐢 ⋅ 𝐾; per ogni 𝑉 ∈ 𝒰 esistono π‘₯ = π‘₯𝑉 ∈ 𝐢, 𝑦 = 𝑦𝑉 ∈ 𝐾 tali che
π‘₯ ⋅ 𝑦 ∈ 𝑧𝑉 .
Per ogni π‘ˆ ∈ π‘ˆ definiamo
πΈπ‘ˆ = {𝑦𝑉 ∢ 𝑉 ∈ 𝒰 , 𝑉 ⊆ π‘ˆ}
essendo lo spazio T2, questo insieme è infinito, allora per 19 ha almeno un punto di accumulazione; sia π·π‘ˆ l'insieme
dei suoi punti di accumulazione, che è chiuso e non vuoto e contenuto in 𝐾, dunque è compatto.
Dati un numero finito di intorni π‘ˆ1 , … π‘ˆπ‘› ∈ 𝒰, sia π‘ˆ ∈ 𝒰 un intorno contenuto in tutti i precedenti; allora π·π‘ˆ ⊆ π·π‘ˆπ‘–
così π·π‘ˆ1 ∩ β‹― ∩ π·π‘ˆπ‘› ≠ ∅. Essendo questi compatti, se ne deduce che
β‹‚ π·π‘ˆ ≠ ∅ ;
π‘ˆ∈𝒰
sia dunque 𝑀 un punto contenuto in questa intersezione.
L'idea a questo punto è questa: abbiamo che π‘₯𝑉 𝑦𝑉 →𝑉 𝑧 e vi è una sottosuccessione per cui 𝑦𝑉 →𝑉 𝑀, e ci aspet−1
tiamo che dunque la sottosuccessione π‘₯𝑉 = π‘₯𝑉 𝑦𝑉 𝑦𝑉
→𝑉 𝑧𝑀−1 ∈ 𝐢. Precisamente, mostriamo che 𝑧𝑀−1 è di
−1
accumulazione, e otteniamo che dunque 𝑧𝑀 ∈ 𝐢, ma allora 𝑧 ∈ 𝐢 ⋅ 𝐾.
Sia dunque π‘Š ∈ 𝒰 un intorno, per continuità dell'inversione e del prodotto esiste un intorno π‘ˆ ∈ 𝒰 tale che
∀𝑑 ∈ π‘§π‘ˆ, ∀𝑠 ∈ π‘€π‘ˆ , 𝑑𝑠−1 ∈ 𝑧𝑀−1 π‘Š ;
sappiamo che 𝑀 è di accumulazione per πΈπ‘ˆ e dunque esiste 𝑠 ∈ πΈπ‘ˆ ∩ π‘€π‘ˆ, ma allora 𝑠 = 𝑦𝑉 per un 𝑉 ⊆ π‘ˆ, e
scegliamo 𝑑 = π‘₯𝑉 𝑦𝑉 ∈ 𝑧𝑉 ⊆ π‘§π‘ˆ. ]
54. Esistono insiemi chiusi 𝐢, 𝐷 ⊆ ℝ𝑛 tali che 𝐢 + 𝐷 non è chiuso.
55. Dato un compatto 𝐾 e un insieme 𝑉 , si ha che 𝐾 ⋅ 𝑉 = 𝐾 ⋅ 𝑉 . [ Ovviamente 𝐾 ⋅ 𝑉 ⊆ 𝐾 ⋅ 𝑉 perché il secondo
è chiuso e contiene 𝐾𝑉 . Sia π‘₯ ∉ 𝐾 ⋅ 𝑉 allora esiste π‘Š ∈ 𝒰 per cui π‘₯π‘Š e 𝐾 ⋅ 𝑉 sono disgiunti; se fosse π‘₯ ∈ 𝐾 ⋅ 𝑉
allora π‘₯ ∈ π‘˜π‘‰ per un π‘˜ ∈ 𝐾 ma allora π‘˜−1 π‘₯ ∈ 𝑉 da cui π‘˜−1 π‘₯π‘Š interseca 𝑉 , così π‘₯π‘Š interseca π‘˜π‘‰ , assurdo. ]
56. Dati un chiuso 𝐢 e un compatto 𝐾, 𝐢 e 𝐾 disgiunti, esiste 𝑉 ∈ 𝒰 tale che 𝐢𝑉 e 𝐾𝑉 sono disgiunti.
(Sugg. usate 53)
[Dimostrazione. L'ipotesi comporta che 𝑒 ∉ 𝐾 −1 𝐢, che è chiuso; dunque esiste 𝑉 ∈ 𝒰 tale che 𝑉 2 e 𝐾 −1 𝐢 sono
disgiunti. Se 𝑧 ∈ 𝐢𝑉 ∩ 𝐾𝑉 allora 𝑧 = 𝑐𝑣 = π‘˜π‘€ con 𝑣, 𝑀 ∈ 𝑉 da cui π‘˜−1 𝑐 = 𝑀𝑣−1 ∈ 𝑉 2 ∩ (𝐾 −1 𝐢), assurdo. ]
Equivalentemente, dati 𝐴, 𝐾 aperto e compatto con 𝐾 ⊆ 𝐴, esiste 𝑉 ∈ 𝒰 tale che 𝐾 ⊂ 𝐾𝑉 ⊂ 𝐾𝑉 ⊂ 𝐴.
Se lo spazio è localmente compatto, possiamo inoltre richiedere che 𝑉 e 𝐾𝑉 siano compatti e 𝐾 ⊂ 𝐾𝑉 ⊂
𝐾𝑉 ⊂ 𝐴.
A questo punto si potrebbe dimostrare una versione del teorema 1.3 in [1] (vedere 17 qui) in cui si ottiene che
{πœ‘ > (1 − 𝑑)} = 𝐾 ⋅ 𝐴𝑑 dove 𝐴𝑑 (per 𝑑 ∈ (0, 1)) sono una famiglia crescente di aperti a chiusura compatta che
contengono l'identità (con 𝐴0 = ∅), con 𝐴𝑠 ⊆ 𝐴𝑑 per 𝑠 < 𝑑.
Si ottiene poi questo risultato.
12
Proposizione 57 Se (𝐺, 𝜏 ) è un gruppo topologico ed è primo-numerabile allora è uno spazio G-delta.
[ Dimostrazione. Sia 𝐢 chiuso. Sia 𝒰 numerabile, per π‘ˆ ∈ 𝒰, πΆπ‘ˆ è un aperto; β‹‚π‘ˆ πΆπ‘ˆ = 𝐢 per il punto 52. ]
Anche in questo caso abbiamo usato le proprietà di ``gruppo'' per indebolire le richiesta in 42 in sez.6.
[ Sarà vero il contrario, se lo spazio è G-delta allora è primo-numerabile? consideriamo ⋂𝑛 𝐴𝑛 = {𝑒} e gli intorni dell'identità
contenuti in 𝐴𝑛 ... e poi? ]
9.2
Locale compattezza
Siano (𝐺, 𝜏𝐺 ) e (𝐻, 𝜏𝐻 ) gruppi topologico, siano 𝑒𝐺 ∈ 𝐺, 𝑒𝐻 ∈ 𝐻 le identità e 𝒰𝐺 , 𝒰𝐻 i sistemi fondamentali
di intorni delle identità.
Definizione 58 Diremo che 𝑓 ∢ 𝐺 → 𝐻 è a supporto compatto se esiste un compatto 𝐾 ⊆ 𝐺 tale che 𝑓 = 𝑒𝐻
fuori da 𝐾. Chiamiamo 𝐢𝑐 = 𝐢𝑐 (𝐺; 𝐻) lo spazio delle funzioni continue a supporto compatto.
Al solito scriveremo 𝐢𝑐 (𝐺) per le funzioni a valori reali.
Innanzitutto miglioriamo la propo. 16 come segue
Proposizione 59 I seguenti fatti sono equivalenti:
1. il gruppo è localmente compatto;
2. esiste un compatto con parte interna non vuota;
3. esiste una 𝑓 ∈ 𝐢𝑐 (𝐺) non identicamente nulla.
Se esiste una funzione πœ‘ ∈ 𝐢𝑐 (𝐺; 𝐻) non identicamente uguale all'identità allora le tre precedenti sono vere.
Dimostrazione. (1→2) ovvio. (2→1) questo compatto è intorno dei suoi punti interni, a meno di traslazione è un
intorno dell'origine; si usa poi la teoria [1]. Il resto della dimostrazione delle equivalenze era in propo. 16.
Per l'ultimo punto, notiamo che {πœ‘ ≠ 𝑒𝐻 } è aperto non vuoto e contenuto nel supporto.
Gli spazi di Banach di dimensione infinita sono un esempio di gruppo topologico (anzi, spazio vettoriale topologico)
dove ogni compatto ha parte interna vuota (in quanto la palla chiusa non è mai compatta , se il raggio è positivo).
9.3
Uniforme continuità
Gli intorni simmetrici permettono di dare una nozione di ``vicinanza'': l'idea è che π‘₯, 𝑦 ∈ 𝐺 sono vicini se π‘₯𝑦−1 ∈
𝑉 , per un intorno 𝑉 ∈ 𝒰𝐺 . (Similmente a quando negli spazi metrici si chiede che 𝑑(π‘₯, 𝑦) < πœ€).
Definizione 60 Sia dunque 𝑓 ∢ 𝐺 → 𝐻 una funzione fra gruppi topologici. Diremo che è uniformemente
continua se
∀π‘ˆ ∈ 𝒰𝐻 , ∃𝑉 ∈ 𝒰𝐺 , ∀π‘₯, 𝑦 ∈ 𝐺 , π‘₯𝑦−1 ∈ 𝑉 ⇒ 𝑓(π‘₯)𝑓(𝑦)−1 ∈ π‘ˆ
Un omomorfismo continuo nell'identità è anche uniformemente continuo.
Teorema 61 ( Heine–Cantor per gruppi) Sia 𝑓 ∢ 𝐺 → 𝐻 una funzione fra gruppi topologici continua e costante
al di fuori di un compatto: allora è uniformemente continua.
(Provate a dimostrarlo)
[ Dimostrazione. A meno di moltiplicazione assumiamo che 𝑓 ∈ 𝐢𝑐 (𝐺; 𝐻). Se 𝑓 ≡ 𝑒𝐻 allora la tesi è vera. In caso contrario,
lo spazio è localmente compatto.
Sia dunque 𝐾 il supporto (che è compatto e contiene {𝑓 ≠ 𝑒𝐻 }); sia 𝐡 ∈ 𝒰𝐺 tale che 𝐡 e 𝐾̃ = 𝐾𝐡 sono compatti.
Sia π‘ˆ ∈ 𝒰𝐻 intorno aperto dell'identità in 𝐻, fissato. Sia 𝐷 = {(π‘₯, π‘₯) ∈ 𝐺} la diagonale; è chiusa in 𝐺 × πΊ perché 𝐺 è
(almeno) T2; sia 𝐹 ∢ 𝐺 × πΊ → 𝐻, 𝐹 (π‘₯, 𝑦) = 𝑓(π‘₯)𝑓(𝑦)−1 che è continua; dunque 𝐷 ⊂ 𝐹 −1 (π‘ˆ) cioè 𝐷 e 𝐹 −1 (π‘ˆ 𝑐 ) sono
chiusi disgiunti.
Μƒ che è compatto; sia 𝑉 ∈ 𝒰𝐺 tale che 𝑉 ⊆ 𝐡, e tale che 𝐢 ⋅ (𝑉 × π‘‰ ) e 𝐹 −1 (π‘ˆ 𝑐 ) ⋅ (𝑉 × π‘‰ ) sono
Sia 𝐢 = 𝐷 ∩ (𝐾̃ × πΎ)
disgiunti.
Presi ora qualunque π‘₯, 𝑦 con π‘₯𝑦−1 ∈ 𝑉 , se π‘₯, 𝑦 ∉ 𝐾 allora 𝐹 (π‘₯, 𝑦) = 𝑒𝐻 ∈ π‘ˆ; se π‘₯ ∈ 𝐾 allora 𝑦 ∈ 𝐾𝑉 ⊆ 𝐾̃ dunque
(π‘₯, 𝑦) ∈ 𝐢 ⋅ (𝑉 × π‘‰ ) e allora (π‘₯, 𝑦) ∉ 𝐹 −1 (π‘ˆ 𝑐 ) e dunque 𝐹 (π‘₯, 𝑦) ∈ π‘ˆ. Similmente se 𝑦 ∈ 𝐾.
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