Giuliano: Imperatore di pagani e cristiani

Giuliano: Imperatore di pagani e cristiani
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GIULIANO
Imperatore di pagani e cristiani
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Giuliano: Imperatore di pagani e cristiani
Le fonti storiche
Le fonti storiche sono costituite essenzialmente da:
- Ammiano Marcellino (335-circa 400), ufficiale di Giuliano durante la campagna di Persia. L'antiocheno
Ammiano scrisse "Le storie", un specie di continuazione dell'opera di Tacito. Vicino agli ideali politici e
religiosi dell'aristocrazia pagana di Roma, non fu avverso a Giuliano, ma segnalò il suo dissenso su alcuni
provvedimenti, compreso il famoso editto sull'insegnamento della retorica.
- Il filosofo antiocheno Libanio (?-393) autore di discorsi e lettere che costituiscono la maggiore fonte di
informazione sulla parte orientale dell'impero romano nel IV secolo. Fu amico di Giuliano.
- Il padre della Chiesa Gregorio Nazianzeno (330-389), compagno di studi di Giuliano ad Atene. Restano
molti suoi discorsi, lettere ed una autobiografia.
Giuliano, imperatore filosofo, scrisse lettere e trattati che costituiscono una ottima fonte per conoscere il
suo pensiero.
Salustio, che fu collaboratore di Giuliano, scrisse un trattato di filosofia della religione intitolato De diis ed
mundo, un testo che raccoglie l'opinione dei pagani del IV secolo in materia di religione.
Le origini
Flavius Claudius Julianus nacque nel 332 a Costantinopoli.
Il padre era Giulio Costanzo, fratellastro dell'imperatore Costantino. Giulio Costanzo e suo fratello Dalmazio
erano figli di Costanzo Cloro, prefetto del pretorio dell'Augusto dell'Occidente Massimiano, e di Flavia
Massima Teodora, la figlia di Massimiano. Costantino era invece figlio di Costanzo Cloro e di Elena, figlia dei
proprietari di una stazione di cambio. Elena era stata ripudiata quando Costantino aveva deciso di sposare
Teodora.
Nel 288 Costanzo Cloro divenne prefetto del pretorio di Massimiano. Nel 293 fu nominato Cesare da
Diocleziano. Nel 305 divenne Augusto dopo le dimissioni di Massimiano. Morì nel 306 a Eboracum (odierna
York) in Britannia.
La madre di Giuliano, Basilina, era la figlia di Giulio Giuliano, prefetto del pretorio dell'imperatore Licinio
che governò dal 308 al 324. Basilina era la seconda moglie di Giulio Costanzo. Morì pochi mesi dopo la
nascita di Giuliano.
Alla morte di Costantino I, il 22 maggio del 337, i suoi figli Costantino II, Costanzo II e Costante divennero
imperatori. Immediatamente procedettero al massacro dei parenti discendenti da Teodora. I cugini
Dalmazio il Giovane e Annibaliano, figli di Dalmazio, furono messi a morte. Anche gli zii Dalmazio e Giulio
Costante furono uccisi. Si salvarono i cugini Giuliano e Gallo, a causa della loro giovane età.
A Nicomedia
Nel 337 Giuliano, un bimbo di cinque anni, fu inviato in esilio a Nicomedia, in Anatolia, e venne affidato al
vescovo Eusebio (?-342). A Nicomedia Giuliano conobbe Mardonio, di origine gota, che era stato tutore di
sua madre Basilina. Mardonio era un cristiano che amava la letteratura classica.
In Cappadocia
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Nel 342 Giuliano, un ragazzo di dieci anni, fu inviato a Macellum, una località nelle montagne della
Cappadocia, sotto il controllo di Giorgio, vescovo di Cesarea, che aveva una ricca biblioteca con le opere dei
filosofi neoplatonici. Anche il fratello Gallo venne inviato a Macellum.
A Costantinopoli
Nel 348 l'esilio ebbe termine. Gallo venne nominato Cesare dell'Oriente. Giuliano, sedicenne, potè
trasferirsi a Costantinopoli per continuare i suoi studi con Nicola, un pagano, ed Ecebolio, un cristiano che
finì per aderire al paganesimo, ma alla morte di Giuliano preferì ritornare al cristianesimo.
Nei circoli neo-platonici
Ma il comportamento di Giuliano diede adito a sospetti e venne rinviato in esilio a Nicomedia, dove
insegnava il filosofo neoplatonico Libanio. Ecebolio tentò inutilmente di proibire a Giuliano lo studio della
filosofia.
Giuliano si trasferì a Pergamo per studiare con il filosofo Edesio, il successore di Giamblico a capo della
scuola neoplatonica. Conobbe Eusebio e Crisanzio, allievi di Edesio. Poì andò a Efeso per studiare con il
filosofo e teurgo Massimo, che lo iniziò ai misteri del dio Mitra.
Giuliano cominciò a ricevere filosofi e poeti nella sua villa in Bitinia, ereditata dalla nonna materna. Il suo
comportamento divenne nuovamente sospetto e il vescovo Ezio fu inviato a controllare la situazione.
La morte di Gallo
Nel 354 Gallo fu accusato di cospirazione e fu giustiziato a Milano nel novembre dello stesso anno.
A Como
L'imperatore Costanzo II sospettò anche di Giuliano, 22 anni, che venne imprigionato a Como. Liberato per
intervento dell'imperatrice Eusebia, fu nuovamente arrestato sotto l'accusa di complotto con Silvano,
comandante della Gallia.
Ad Atene
Di nuovo liberato per intervento di Eusebia fu confinato ad Atene, dove giunse nell'estate del 355. Venne
accolto nella casa del filosofo Prisco. Ascoltò il cristiano Proaresio e il pagano Imerio. Ebbe come compagno
di studi Gregorio di Nazianzo, futuro vescovo.
Cesare
Nell'autunno del 355 Eusebia convinse Costante II a conferire a Giuliano il titolo di Cesare (6 novembre 355)
per intervenire in Gallia, sottoposta a frequenti attacchi da parte degli Alamanni, che ne avevano invaso
parte del territorio.
Costanzo diede in moglie a Giuliano sua sorella Elena.
In Gallia
In Gallia Giuliano potè portare con sé solo quattro collaboratori, tra cui il medico Oribasio, che scrisse una
Enciclopedia di Medicina. Tutti gli altri accompagnatori erano spie di Costanzo II.
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Nel 356 Marcello, il comandante militare della Gallia fedele a Costanzo, iniziò la campagna per la
riconquista di Colonia informando Giuliano solo dopo che le truppe si erano messe in marcia.
Giuliano, con poche centinaia di cavalieri, attaccò e vinse i Germani nei pressi di Augustodunum (odierna
Autun). Allora Marcello concesse a Giuliano di entrare a far parte del suo comando.
Durante l'assedio di Senonae (odierna Sens) Giuliano riuscì a respingere l'assalto dei Germani, sebbene
fosse in grave inferiorità numerica. Marcello era nei pressi, ma non intervenne, forse sperando che Giuliano
venisse sconfitto. Il mancato intervento gli costò il posto. Venne sostituito da Severo.
Nel 357 Giuliano sconfisse ad Argentoratum (odierna Strasburgo) gli Alamanni. L'esercito romano era
composto solo da 13.000 uomini. Gli Alamanni erano molte decine di migliaia. Al termine della battaglia
l'esercito nemico era distrutto e il re degli Alamanni era stato fatto prigioniero. La Gallia poteva finalmente
vivere in pace.
Tra il 358 e il 360 Giuliano visse a Lutetia Parisiorum (odierna Parigi) interessandosi della amministrazione
del paese. Ridusse le tasse, malgrado le proteste del prefetto del pretorio Florenzio. Perseguì la corruzione
dei funzionari imperiali.
Nel governo della Gallia Giuliano ebbe un collaboratore prezioso in Saturninio Secondo Saluzio, di origine
gallica, da molti identificato con il Salustio autore del trattato "Sugli dei e sul mondo".
Augusto
Nel gennaio del 360 arrivò l'ordine, emanato da Costanzo, di trasferire metà della armate, che erano a
protezione del confine con i Germani, in Siria per iniziare la campagna contro i Persiani. Le truppe si
rifiutarono di obbedire e proclamarono Giuliano Augusto Imperatore.
Iniziarono delle trattative che durarono molti mesi. In questo periodo morì Eusebia. Gli Alamanni
attraversarono il Reno, furono sconfitti e il loro re venne catturato. Rivelò che era stato Costanzo ad
incitarlo ad attaccare la Gallia.
Allora Giuliano iniziò la marcia verso Costantinopoli con 3.000 uomini. Sconfisse Luciliano ed entrò da
trionfatore a Sirmio (odierna Sremska Mitrovica). Giunse a Naisso (odierna Nis), la città di Costantino.
Occupò il passo di Succi per bloccare la strada verso Costantinopoli. Inviò lettere a Roma, Atene e Corinto
per assicurarsene l'appoggio. Stava per iniziare la guerra civile.
Ma il 5 novembre Costanzo II morì di malattia a Mopsucrene, nei pressi di Tarso in Cilicia. Sul letto di morte
nominò suo erede proprio Giuliano, l'ultimo parente rimasto.
L'11 dicembre 360 Giuliano entrò in Costantinopoli. Aveva 28 anni.
I processi
Venne costituito un tribunale speciale per giudicare coloro che avevano commesso crimini durante il regno
di Costanzo. A presiederlo fu chiamato Saturninio Saluzio. Ma l'uomo più potente si rivelò l'intrigante
generale Arbizione. I processi terminarono nel gennaio del 362.
Poche furono le condanne a morte: Apodemio, Paolo ed il ministro Eusebio. Il prefetto del pretorio
Florenzio venne condannato in contumacia. La condanna di Ursulo, un ufficiale addetto alla cassa ed inviso
alla truppa, venne contestata da molti. Furono anche condannati a morte Gaudenzio, antico oppositore di
Giuliano, ed Artemio, ex governatore dell'Egitto reo di gravi reati.
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Riforme della corte
Venne eliminato ogni lusso dalla corte imperiale. Gran parte del personale venne licenziato. Giuliano rimase
con 17 collaboratori.
Ridusse il corpo di guardia.
Venne ridotto anche il personale addetto alla polizia segreta.
Furono banditi gli spettacoli a corte, ad eccezione per il primo dell'anno. Giuliano non amava il teatro né i
giochi del circo.
Consoli e senato
Nominò consoli per il 362 Mamertino e Nevitta.
Avendo, per errore, svolto una delle funzioni consolari, si inflisse una ammenda di 10 libbre d'oro.
Restituì molti poteri al senato di Costantinopoli.
Autonomia alle città
Giuliano emise un editto per restituire alle città potere civile e religioso.
Vennero restituiti alle autorità cittadine le terre che Stato e Chiesa avevano sottratto.
Fu eliminato il privilegio del clero cristiano, che era esentato dal contribuire alla gestione delle città.
Trasporti gratuiti
Ridusse il diritto di usufruire gratuitamente del servizio di trasporto di stato. I vescovi smisero di viaggiare a
spese dei contribuenti.
Tasse
Giuliano stabilì che le tasse non dovessero essere riscosse con la forza, ma ci si dovesse affidare alla buona
volontà dei cittadini.
Dispose una dilazione delle tasse arretrate.
Stabilì che gli esattori delle tasse ogni cinque anni avrebbero avuto un anno di esenzione dal lavoro. In tal
modo avrebbero potuto essere processati per le loro eventuali malversazioni. I colpevoli di peculato
sarebbero stati sottoposti a tortura.
Libertà di religione
Con l'editto del 4 febbraio 362 venne proclamata la libertà di religione, negata dai precedenti imperatori
cristiani (in particolare gli editti del 353 e 356) e che sarebbe stata negata anche dai successivi imperatori
cristiani fino alla dichiarazione del cristianesimo come religione di stato di Teodosio e alla definitiva
soppressione del paganesimo dopo la battaglia sul fiume Frigido. Dovranno passare più di mille anni prima
che nell'Occidente si torni a parlare di libertà di religione.
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Verso i pagani
Giuliano chiamò a collaborare i suoi maestri neo-platonici Massimo e Prisco.
Salustio scrisse un trattato di filosofia della religione: De diis et mundo.
I templi pagani vennero riaperti. Furono loro restituite le proprietà confiscate dagli imperatori cristiani.
Sussidi furono concessi per la ricostruzione dei templi distrutti.
Furono costituiti monasteri pagani ed un clero pagano.
Giuliano indicò le letture adatte per il clero: Pitagora, Platone, Aristotile, la scuola di Crisippo e di Zenone.
Sconsigliò i poeti indecenti come Archiloco ed Ipponatte, la commedia antica, gli scrittori erotici, le opere di
Epicuro e di Pirrone.
I due elenchi coincidono con quelli di Basilio, vescovo cristiano di Cesarea di Cappadocia.
Verso i cristiani
Esortò i cristiani a cessare le loro discordie interne. Permise il rientro di coloro che erano stati dichiarati
eretici e costretti all'esilio.
Le sovvenzioni concesse alle chiese cristiane furono eliminate.
Obbligò coloro che avevano distrutto una chiesa appartenente ad una setta avversaria a ricostruirla a
proprie spese.
Il 17 giugno del 362 un editto (Codex Theodosianus, XIII, 3, 5) proibì ai professori cristiani di insegnare la
retorica.
La retorica faceva parte della tradizione classica e Giuliano riteneva eticamente inaccettabile propagandare
valori a cui non si aderiva.
"Magistros studiorum doctoresque excellere oportet moribus primum, deinde facundia". "I maestri negli
studi e i dottori bisogna che eccellano prima nei costumi e poi nella eloquenza".
"Penso che sia assurdo che coloro che devono commentare gli autori classici disprezzino gli dei da loro
onorati".
Scrive Libanio: "Egli riteneva infatti che le lettere e il culto degli dei fossero come fratelli".
Questo fu l'unico atto di Giuliano che limitò in qualche modo la libertà dei cristiani.
Dopo la morte di Giuliano, i cristiani si appropriarono della letteratura classica, ma separarono la lettera
dallo spirito, il discorso retorico dal modo di vivere, la forma dal contenuto umano e religioso.
Verso gli ebrei
Iniziò la ricostruzione del tempio ebraico di Gerusalemme.
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Cristiani e pagani
Sporadicamente si ebbero episodi locali di violenza tra cristiani e pagani.
Ad Alessandria il vescovo ariano Giorgio, alla notizia della condanna di Artemio con il quale aveva
strettamente collaborato, venne ucciso dalla folla sia per motivi politici che religiosi. Giuliano indirizzò una
lettera di biasimo agli alessandrini.
Ad Aretusa, in Fenicia, il vescovo cristiano Marco distrusse un tempio pagano e inflisse molti danni ai
pagani. Giuliano lo condannò a ricostruire il tempio. Il vescovo si rifiutò e fu perseguito dalla folla.
Contro i cinici
Contro i filosofi cinici che, pur appartenendo allo stesso ambiente pagano di Giuliano, avevano criticato la
sua politica scrisse un trattato.
Ad Antiochia
Giuliano si recò ad Antiochia per organizzare la spedizione contro i Persiani.
Seppe che il dio Apollo, nel suo tempio di Dafne, non pronunciava più profezie da quando Gallo aveva fatto
costruire la chiesa cristiana di S. Babila di fronte al tempio. Ordinò che le spoglie di Babila venissero rimosse
dalla chiesa. I cristiani organizzarono una dimostrazione. I dimostranti furono arrestati e poco dopo
rilasciati.
Ma il 22 ottobre del 362 il tempio di Apollo fu incendiato. Non fu mai provato che fossero stati i cristiani.
Non fu avviata alcuna persecuzione contro i cristiani.
La campagna di Persia
Giuliano ereditò uno stato di ostilità con la Persia. Costanzo II aveva perso molte fortezze ed era morto
mentre stava preparando una nuova guerra.
Giuliano riprese l'antico ideale di Alessandro Magno: l'unione dell'Occidente con l'Oriente.
Il 5 marzo del 363 l'esercito di Giuliano partì da Antiochia diretto all'Eufrate. Un altro esercito con 30.000
uomini, diretto da Procopio, venne inviato in direzione del Tigri. Purtroppo i due eserciti non si
incontreranno mai.
Il 27 marzo Giuliano giunse a Callinico dove si incontrò con la flotta partita da Samosata.
Il 1° aprile superò l'Eufrate e fece tagliare il ponte. Poi tramite un canale artificiale fece passare la flotta
dall'Eufrate al Tigri.
Il 29 maggio Giuliano inflisse una tremenda sconfitta ai Persiani nei pressi di Ctesifonte, la loro capitale.
In un consiglio di guerra venne deciso di non assediare Ctesifonte e di puntare ad una battaglia campale con
Sapore, re dei Persiani, andando incontro all'esercito nemico. Le navi vennero incendiate.
I Persiani si diedero ad incendiare le messi per affamare l'esercito romano. Iniziarono a fare anche rapide
incursioni per disturbare l'avanzata dei Romani.
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Giuliano fu costretto a risalire il Tigri. L'avanzata si stava trasformando in una ritirata.
A Manrosa i Romani sconfissero nuovamente i Persiani. Ma i rifornimenti scarseggiavano.
La morte
Il 26 giugno, verso mezzogiorno, l'esercito romano in marcia venne attaccato dai Persiani.
Giuliano scese in campo a combattere in mezzo ai suoi soldati. Nella fretta non mise la corazza. I Persiani
furono messi in fuga. Giuliano si lanciò all'inseguimento.
Improvvisamente fu colpito da una lancia al fegato. Portato nella sua tenda venne assistito nelle sue ultime
ore dai filosofi Massimo e Prisco con i quali si intrattenne in conversazioni nobili ed elevate. Nella notte
Giuliano morì serenamente.
Il suo corpo fu portato a Tarso dove venne bruciato e sepolto di fronte alla tomba dell'imperatore
Massimino Daia. Secondo Libanio venne sepolto ad Atene accanto a Platone.
L'assassino di Giuliano
Non è mai stato identificato il nome dell'assassino di Giuliano.
I Persiani non diedero alcuna ricompensa a qualcuno dei loro soldati per l'uccisione dell'imperatore nemico.
Lo storico ecclesiastico Filostorgio afferma che fu un saraceno che combatteva a fianco dei Persiani.
Il vescovo Gregorio di Nazianzo non esclude la possibilità che si sia trattato di un soldato romano.
Il filosofo Libanio si domanda se non sia stata una lancia cristiana.
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Riferimenti bibliografici
Antichità classica
Garzanti
Ammiano Marcellino
Le storie
TEA
Brown P.
Il mondo tardo antico
Einaudi
Cameron A.
Il tardo Impero Romano
Il Mulino
Gibbon E.
Declino e caduta dell'Impero Romano
Mondadori
Marcone A.
Costantino il Grande
Laterza
Marcone A.
Giuliano l'Apostata
Giunti - Lisciani
Salustio
Sugli dei e il mondo
Adelphi
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