Equilibrio AD-AS e Curva di Phillips (capitoli 7, 8 e 9 del libro di testo di macro) Sia nello studio del settore reale (IS) che in quello monetario (LM) i prezzi sono ipotizzati costanti. E’ ovvio che questa ipotesi diventa tanto meno plausibile quanto più tempo passa. Proviamo a pensare una situazione in cui Y comincia ad aumentare strutturalmente, cioè in modo sostenuto nel tempo. All’inizio, specie se si parte da una situazione recessiva, è plausibile pensare che si muovono solo le quantità: cresce Y reale, cresce l’occupazione, crescono i consumi reali,… Ad un certo punto è meno plausibile ritenere che l’aumento della domanda non faccia crescere anche i prezzi: cominciano ad aumentare i prezzi dei beni e servizi, cominciano ad aumentare le richieste salariali, cominciano ad aumentare le richieste dei mutui e quindi dei tassi, … Tra l’altro, inizia a mettersi in moto la cosiddetta M. Bovi Pag. 1 spirale “prezzi-salari”: 1. una bassa disoccupazione fa aumentare il salario nominale 2. in risposta a un maggior salario nominale, le imprese aumentano i prezzi: il livello dei prezzi aumenta 3. in risposta a un maggior livello dei prezzi, i lavoratori chiedono un salario nominale più alto 4. Salari nominali più alti spingono le imprese ad aumentare i prezzi 5. In seguito all’ulteriore aumento dei prezzi, i lavoratori chiedono un aumento ulteriore del salario nominale 6. …. Costi dell’inflazione L’indice di miseria è la somma dei tassi di inflazione e di disoccupazione. Ciò ci fa intuire che sia l’ inflazione che la disoccupazione hanno dei costi. Quelli della disoccupazione li abbiamo già visti. Qualche motivo che ci fa capire perché l’inflazione “costa”: 1) La moneta è un’unità di misura. Se l’inflazione è alta e variabile allora è difficile fare i calcoli. Immaginate un ingegnere che deve costruire un ponte sapendo che oggi un metro vale 100cm, tra un mese varrà 97cm e tra sei mesi chissà. Fuor di metafora: a. L’imprenditore potrebbe assumere troppi operai (e, quindi, fallire), oppure troppi pochi operai. Stesso dicasi per il livello degli investimenti. In ogni caso si perde reddito e lavoro. M. Bovi Pag. 2 b. Il consumatore perde potere d’acquisto. Per l’indicizzazione completa occorrerebbe sapere i prezzi futuri ma, comunque, indicizzare non aiuta poiché fa scattare la citata spirale prezzisalari. 2) Il contenuto informativo dei prezzi nel sistema di mercato è molto elevato e altrettanto importante: l’inflazione rende opaca e poco fruibile l’informazione contenuta nei prezzi. E’ chiaro che a questo punto dobbiamo analizzare un po’ di più i prezzi e il mercato del lavoro. Più in particolare, qui studieremo: l’offerta aggregata (AS) → equilibrio nel mercato del lavoro la domanda aggregata (AD) → equilibrio nel mercato dei beni e delle attività finanziarie (moneta e altre attività finanziarie) Ricordo che le nostre lezioni sono partite dal meccanismo di mercato in cui c’era domanda e offerta nello spazio (Q;P). Ebbene, qui abbiamo la AD e la AS nello spazio (Y;P) e, quindi, studieremo l’equilibrio macroeconomico generale (sia nel breve che nel mediolungo periodo). M. Bovi Pag. 3 L’offerta aggregata (AS): Y=>P Seguendo il libro di testo (capitolo 7), scriviamo le due funzioni dei prezzi (PS) e dei salari (WS): WS a parole: i salari nominali (W) dipendono positivamente dai prezzi attesi (Pe) e negativamente dalla disoccupazione u. W dipendono anche da una serie di fattori esogeni (z) che – a parità di Pe – incidono sulle richieste salariali. Ad esempio, i sussidi alla disoccupazione, il reddito di cittadinanza e simili: tanto più sono alti, tanto meno costosa è la disoccupazione, tanto di più si tende a chiedere alti W. PS a parole: i prezzi (P) dipendono positivamente sia dai salari nominali che dal mark up (0≤≤). Il mark up è un indicatore del potere di mercato: l’impresa concorrenziale ha =0, cioè Pconc=W; il monopolista ha >0, cioè Pmonop>W. Infatti la Teoria dell’Impresa ci insegna che Pmonop>Pconc Ora, definiamo: L≡Forza Lavoro (occupati+disoccupati) U≡numero di disoccupati (disoccupati=persone disposte a lavorare al W di mercato) N≡numero di occupati (occupati=persone che lavorano) u≡U/L≡tasso di disoccupazione (es. 10/100) Yn ≡ Pil “naturale” ≡ Pil di piena occupazione ≡ Pil con N=L e P=Pe. Poi, ipotizziamo una funzione di produzione oltremodo semplice: Y=N M. Bovi Pag. 4 A questo punto siamo finalmente in grado di definire l’offerta aggregata: Principali caratteristiche della AS Vediamolo in un grafico: M. Bovi Pag. 5 Ovvero, se: il Pil effettivo è maggiore di quello di piena occupazione (Yn) allora i prezzi effettivi sono più alti di quelli attesi. E viceversa. E' importante notare che Yn=Y implica Pe=P ovvero, le aspettative sono esatte solo quando Pil effettivo e di piena occupazione sono uguali. M. Bovi Pag. 6 La domanda aggregata (AD): P=>Y P => Ms/P => Md>Ms => per riavere Md=Ms deve Md il che si ha se i e Y Dunque: LM’ (per dato P’) è più in alto e a sinistra di LM (per dato P) Dal grafico più in basso si evince che: M. Bovi Pag. 7 M. Bovi Pag. 8 Equilibrio Macroeconomico Generale con prezzi endogeni BREVE PERIODO Vediamo le dinamiche (andando, cioè, dal breve al medio periodo): M. Bovi Pag. 9 M. Bovi Pag. 10 Insomma: Nel medio-lungo periodo la curva AS è verticale con intercetta pari a Yn Pertanto, nel medio-lungo periodo politiche di domanda (che spostano la AD via M, G, T) hanno esclusivamente effetti nominali: dato un tempo sufficiente, i valori nominali (M, i, W,…) non contano, contano solo quelli reali (M/P, r, W/P) dato un tempo sufficiente, non si può avere Pe diverso da P (e quindi Y diverso da Yn) poiché nel medio-lungo periodo è probabile che le aspettative siano esatte: non si può sbagliare sistematicamente. M. Bovi Pag. 11 LA CURVA DI PHILLIPS La Curva di Phillips (1958) è una funzione (in senso analitico) che mette in relazione inflazione e situazione sul mercato del lavoro. In particolare, la curva di Phillips rappresenta una relazione inversa tra tasso di variazione dei prezzi (ΔP/P) e tasso di disoccupazione (u): Tralasciamo per un momento il termine uN Implicazione FORTE per la politica economica: per tenere basso il tasso di disoccupazione bisogna accettare un’inflazione più elevata Ricordate l’indice di miseria? Studiamo ora un altro importante concetto legato alla curva di Phillips: M. Bovi Pag. 12 Il tasso naturale di disoccupazione (uN) Definizioni: la disoccupazione naturale, volontaria e frizionale uN, è il livello di disoccupazione - la disoccupazione volontaria riguarda quei potenziali lavoratori che ritengono il W di mercato troppo basso: lavorerebbero solo a W maggiori. - la disoccupazione frizionale riguarda quelle persone che in questo momento non stanno lavorando poiché stanno cambiando lavoro la disoccupazione involontaria riguarda quelle persone che vorrebbero lavorare al salario di mercato ma non trovano lavoro. Rapporti tra disoccupazione naturale e inflazione: NB u = uN – a (DP/P) => (u – uN) = – a (DP/P) => Se u = uN => (DP/P)=0 Se u < uN => (DP/P)>0 Se u > uN => (DP/P)<0 IMP: se u è diverso da un allora l'inflazione varia. Vediamone la logica e la grafica: M. Bovi Pag. 13 Problema con la curva di Phillips La curva di Phillips era basata soprattutto sui dati. Però, con il passare degli anni la relazione empirica tra inflazione e disoccupazione scompare: M. Bovi Pag. 14 Dovrebbe essere chiaro che nella figura in alto e a sinistra (gli anni preshock), mostra che alta disoccupazione è associata a bassa inflazione e viceversa. Questa relazione scompare nella figura in alto a destra (gli anni postshock): Perché negli anni “70 la relazione negativa scoperta da Phillips negli anni precedenti non è più visibile? M. Bovi Pag. 15 Ribadiamo l’importanza delle aspettative: I lavoratori sono interessati al salario reale, cioè al potere d’acquisto. I lavoratori contrattano oggi per i salari nominali di domani. I lavoratori non conoscono il livello dei prezzi vigenti domani. Se l’inflazione ha media zero, le aspettative sono poco importanti: anche non adeguando W a P non si perde potere d’acquisto. Se l’inflazione è sistematicamente positiva, invece, non chiedendo adeguamenti salariali si perde potere d’acquisto. Dunque, se i lavoratori si aspettano prezzi crescenti, essi richiedono W maggiori. In formule: M. Bovi Pag. 16 Ebbene: Insomma, nel secondo periodo non si poteva non tener conto delle aspettative. M. Bovi Pag. 17 Vediamo come due grandi economisti (entrambi premi Nobel) ci hanno spiegato il ruolo giocato dalle aspettative nella “scomparsa” della curva di Phillips. La soluzione di Friedman e Phelps (1968): IMP: come già detto, solo se le aspettative sono sbagliate (P e è diverso da P) si può avere che u è diverso da un. Ma, se si considera un tempo sufficientemente lungo, le aspettative non possono essere sempre sbagliate. Stabilita questa nuova relazione, vediamo come essa si comporta nei due periodi pre- e post-shock petroliferi: M. Bovi Pag. 18 Come detto, invece, nel secondo periodo non si poteva non tener conto delle aspettative. Nuova curva, nuove implicazioni di politica macroeconomica: Dapprima ricordo cosa succede nel breve periodo: M. Bovi Pag. 19 Ora, però, i prezzi non sono più costanti e la produzione viene offerta a prezzi crescenti: M. Bovi Pag. 20 Ma il punto B non è di equilibrio: NB ricordo quanto già detto: se u è diverso da un allora l'inflazione varia. Come visto per Yn l'unico modo di impedire Pe diverse da P è avere un=u M. Bovi Pag. 21 La curva di Phillips nel medio-lungo periodo diventa verticale: Ogni tentativo da parte delle autorità monetarie di ridurre il tasso di disoccupazione al di sotto di quello naturale innesca una spirale inflazionistica che rende la politica efficace (nel senso di capace di incidere sulle variabili reali) solo nel breve periodo. Vediamo meglio: M. Bovi Pag. 22 Nel medio-lungo periodo non vi è trade off tra inflazione e disoccupazione: In altri termini, nel medio-lungo periodo la curva di Phillips aumentata per le aspettative (la linea ACE) è verticale. M. Bovi Pag. 23