1 CAPITOLO I I TERMINI DEL DILEMMA La sociologia è lo studio dei fenomeni sociali. Come devono essere analizzati? Una scuola sostiene che la sociologia deve studiare la totalità, l’altra sostiene che si deve partire dall’individuo. Ogni fenomeno sociale implica sempre una dimensione collettiva. I gruppi possono essere considerati come realtà autonome o come la risultanza dell’azione di ogni singolo individuo che li compone. La sociologia si divide in due gruppi di pensiero: sociologia dell’azione e sociolo gia dei sistemi. Olismo ed individualismo (oggettivistico e soggettivistico) OLISMO: la società viene concepita come una totalità che possiede proprie caratteristiche (società centro dell’agire). INDIVIDUALISMO: l’attenzione viene indirizzata prevalentemente sui singoli soggetti che compongono la società (individuo centro dell’azione). Olismo ed Individualismo sono antitetici e non esistono forme di complementarietà. Le due teorie danno diverse risposte ai fenomeni sociali. Per la prima i fenomeni hanno autonomia intrinseca per la seconda i fenomeni sono prodotti dell’agire individuale. La questione è cruciale perché da essa deriva il quesito su quanto l’uomo sia libero di agire e di quanto invece sia condizionato da entità a lui esterne e sovraordinate. ISPIRATORI DELLE DUE TEORIE. Emile Durkeim – Olismo Max Weber – individualismo IL FATTO SOCIALE DI EMILE DURKHEIM (FRANCIA 1858-1917) Piu’ autorevole precursore dell’olismo o collettivismo. La sua impostazione olistica si qualifica per il riconoscimento del primato della società sull’individuo. Il FATTO SOCIALE è alla base del suo pensiero. a) Definizione: ogni modo di fare più o meno fissato, capace di esercitare sull’individuo una costrizione esterna, oppure un modo di fare che è generale nell’estensione di una società data, pur avendo consistenza propria,indipendentemente dalle sue manifestazioni individuali. b) Concezione del fatto sociale: 1. possiede una propria realtà indipendentemente dall’osservatore; 2. è un’entità riconoscibile soltanto posteriori; 3. esiste indipendentemente dalla volontà umana; 4. è osservabile solo dall’esterno e non tramite introspezione. c) Caratteristiche del fatto sociale: esteriorità-coercizione-generalità. Sono esterni all’individuo perché costui nasce in una società che lo precede e lo condanna nella sua azione e personalità. ESTERIORITA’: condizionamento dall’esterno (es. lingua,religione) COERCIZIONE: tassazione, tipo di governo, obblighi vari. GENERALITA’ tutti gli individui del gruppo devono uniformarsi al fatto sociale. d) metodo: per spiegare il fatto sociale bisogna ricercare separatamente la causa che lo produce e la funzione che assolve. La causa determinante deve essere ricercata nei fatti sociali precedenti e non tra gli stati della coscienza individuale. La funzione deve essere ricercata tra il rapporto e lo scopo. L’origine deve essere ricercata nella costituzione dell’ambiente interno. Durkheim è sostenitore di un radicale relativismo sociologico e di una visione dualistica del rapporto individuo-società in cui il primo è portatore di egoismo e malvagità mentre la seconda è fonte di ordine sociale, spirituale, di coesione, di moralità e di altruismo. La società non è solamente sovraordinata all’individuo ma è superiore anche in termine di valore. L’AZIONE SOCIALE DI MAX WEBER(GERMANIA 1864-1920) Max Weber è l’ispiratore principale della sociologia individualistica. Egli pone al centro della ricerca l’individuo. Le strutture sociali sono il risultato di processi e connessioni dell’agire 2 individualistico. In una lettera WEBER affermava: la sociologia non puo’ procedere che dalle azioni dell’individuo, di qualche individuo e di numerosi individui separati. E’ per questo che essa deve adottare dei metodi strettamente individualistici. Ogni manifestazione dell’agire, assunto nel significato di un orientamento del proprio comportamento che sia intelligibile in base al senso, si presenta sempre e soltanto come atteggiamento di una o piu’ persone singole. Weber in base a questo assunto definisce la sua sociologia "comprendente" tesa ad intendere, capire l’azione dell’individuo Durkheim sosteneva che le azioni sono determinate da un fatto sociale, Weber teorizza l’azione sociale. Concetto di azione sociale: 1) non tutto il nostro agire si qualifica come azione ma solo l’agire “dotato di un senso” guidato da una “motivazione individuale”. A spingere le azioni umane sono interessi che vanno distinti in materiali e ideali. I secondi sono diretti al soddisfacimento di esigenze interiori(bisogni spirituali) 2) gli individui tendono ad agire tenendo conto delle altrui azioni, siano essi presenti o assenti. 3) Condotta oggettivamente osservabile che il soggetto attua per mostrare di aver compreso le attese degli altri e per rispondervi piu’ o meno adeguatamente L’agire sociale non si identifica né con un agire uniforme di piu’ individui né con un agire qualsiasi influenzato dall’atteggiamento di altri. L’azione sociale di Weber ha un campo di azione ridotto e si concretizza quando è presente una azione sensata che deve essere riferita non solo al proprio agire ma anche a quello degli altri. TIPOLOGIA DI AZIONE WEBERIANA a) agire razionale rispetto allo scopo (azione materiale) b) agire razionale rispetto al valore (azione ideale) c) agire affettivo (azione irrazionale) d) agire tradizionale (abitudine acquisita) IL METODO La sociologia è per Weber “la scienza che si propone di intendere, in virtu’ di un procedimento interpretativo, l’agire sociale, e quindi di spiegarlo causalmente nel senso e nei suoi effetti”. Il metodo consiste in: a) comprensione con lo scopo di cogliere i significati dell’agire b) spiegazione, che consiste nella individuazione della causa dell’agire. La sociologia deve perciò porsi l’obbiettivo di comprendere l’essere umano quale portatore di senso nonché di cogliere i significati dell’azione individuandone la causa. Per Weber bisogna esaminare “l’atomo sociale” la dimensione sociale minima, mentre per Durkheim bisogna riferirsi al fatto sociale con i suoi caratteri di esteriorità, obbligatorietà e motivo per cui essi non sono frutto di volontà individuale. WEBER DURKHEIM CONCETTI SALIENTI Azione sociale Fatto sociale ELEMENTI DISTINTIVI Senso inteso come significato Esteriorità e coercizione che il soggetto agente associa al proprio agire APPROCCIO Soggettivo Oggettivo METODO comprendente positivista NESSI CAUSALI Probabilistici certi 3 OLISMO E STRUTTURALISMO Marx(1818-1883) L’approccio strutturalistico di Marx pur interpretando i fenomeni sociali alla luce del dato strutturale possiede una sua specificità che lo distingue dagli strutturalisti in senso stretto, perché questi ultimi tendevano a spiegare le trasformazioni in base a leggi interne alle stesse strutture sociali, mentre per Marx è sempre necessario fare riferimento alla storia dell’evoluzione dei rapporti sociali “materialismo storico”. La sua teoria è caratterizzata dalla distinzione tra struttura economica e sovrastruttura ideologica. Karl Marx condivise una concezione sistemica della società, non assimilabile però a quelle di tipo organicistico. Per Marx, i diversi elementi del sistema sociale (i rapporti di produzione, le forze produttive, le classi sociali, le ideologie, i fenomeni culturali, le religioni, il diritto ecc.), pur essendo strettamente collegati fra loro, non sono in grado di influenzarsi reciprocamente. Infatti, solo i rapporti di produzione sono capaci di modificare e di condizionare gli altri fattori, che quindi da essi dipendono primariamente. AMBITO FILOSOFICO Althusser sostiene che l’agente è un semplice portatore della struttura,una specie di robot che agisce come essa vuole Levi Stra us asserisce che la regolazione sociale funziona sempre secondo il modello linguistico (vds Ferdinand De Saussvre 1857-1913) secondo il quale deve essere analizzata come se si trattasse dell’esecuzione meccanica di regole proprie di un modello sottostante. Gli agenti tendono sempre ed esclusivamente ad obbedire a delle regole; piu’ precisamente grammaticali (struttura) a dare vita al linguaggio, precedendo le singole parole. Di conseguenza il significato non va cercato in ciascuno degli oggetti presenti in concreto nella vita reale, ma nel linguaggio e che creano le differenze tra concetti interrelati. Queste rigide strutture fanno si che le motivazioni dei singoli agenti siano solamente dei riflessi di una entità oggettiva esterna. OLISMO FUNZIONALISTICO Anche il funzionalismo risulta pressoché olistico in quanto sostiene il primato del sistema rispetto alle sue parti costitutive. L’antropologo MALINOWSKI (1884-1942), assegnando il primato ai fattori biologici, sostiene che ad ogni bisogno umano corrisponde un elemento socio culturale deputato a soddisfare quel determinato bisogno. La sua analisi funzionale è fondata sul primato della totalità alla luce dei rapporti tra bisogni biologici e cultura RADCLIFFE BROWN(1881-1955) Elaborando le argomentazioni funzionalistiche di Durkheim e dell’organicismo di Spencer, sostiene che le regolarità sociali derivano dallo intersecarsi di processi–strutture- funzioni. I processi sociali sono articolati in processi di adattamento ecologico-culturale- istituzionale. La funzione consiste nel contributo di ogni usanza alla vita sociale ”considerata come l’insieme del funzionamento del sistema sociale”. La definizione presuppone che gli elementi siano dotati di stabilità unità e coesione, armoniosa cooperazione tra tutti gli elementi del sistema sociale,che esclude i conflitti TALCOTT PARSONS (1902-1979) Sociologo funzionalista ritiene che gli attori agiscano in base alle richieste provenienti dalla società intesa come “sistema sociale” che determina l’azione degli individui singoli e collettivi. Gli individui agirebbero in base ad una serie di regole che vengono apprese ed interiorizzate in base a processi di socializzazione primaria e secondaria. Secondo Parsons ogni sistema deve far fronte a quattro imperativi funzionali: 1. adattamento 2. Goal (conseguimento dello scopo) 3. integrazione 4. Latenza (raccolta e distribuzione dell’energia motivazionale) L’insieme di questi elementi prende il nome di AGIL. Nello stesso schema AGIL si possono configuare dei sottosistemi secondo il modello delle scatole cinesi. Parsons ha individuato quattro sottosistemi che trovano preciso riferimento nei quattro requisiti funzionali: - sottosistema economico (adattamento) - sottosistema politico (Goal - conseguimento dello scopo) - sottosistema integrativo (integrazione) - sottosistema culturale motivazionale (latenza) 4 I sistemi A-G concernono i rapporti con l’ambiente circostante mentre I- L riguardano aspetti organizzativi interni al sistema A Esterno Interno mezzi Adattamento Latenza L fini G GOAL (Conseguimento dello scopo) Integrazione I Nello schema Parsoniano AGIL è possibile individuare alcuni tratti della sociologia funzionalistica che si qualifica per il fatto di concepire la società in termini di sistema, nello specifico come insieme di parti tra loro interconnesse dalla cui analisi inizia lo studio della società. Sia la visione funzionalistica che quella strutturalistica sottovalutano il dato di fatto che nella realtà concreta sono gli esseri umani ad agire. APPROCCI INDIVIDUALISTICI Gli individualisti pur non escludendo a priori diverse possibilità di azione sociale sono orientati a considerare i fenomeni sociali come il risultato di azioni ed interazioni umane. La visione individualistica puo’ essere suddivisa in due scuole di pensiero: INTERAZIONISMO SIMBOLICO E INDIVIDUALISMO METODOLOGICO Entrambi i filoni condividono la necessità di studiare le azioni degli individui e assumono come principale campo di analisi i sistemi di interazione. Partendo da questo concetto, l’interazionismo frantuma le strutture sociali in microstrutture che sono quelle che nascono, si costruiscono, si modificano e si estinguono sotto forma di interazioni. L’individualismo metodologico si basa sulla considerazione che i fenomeni sociali e la società stessa non possono essere spiegate se non partendo dall’individuo. INTERAZIONISMO SIMBOLICO: nasce negli anni “30 negli USA. Viene elaborato nella "seconda scuola di Chicago" e risente delle influenze della prima scuola di Chicago e di G.H.Mead suo principale ispiratore. L’azione umana non viene piu’ considerata come una automatica risposta alle sollecitazioni date dal sistema ma viene considerata una realtà che nasce all’interno dell’interazione ed è frutto delle azioni reciproche degli individui. L’interazionismo simbolico si pone in conflitto con il determinismo sociologico tipico dell’olismo e con il behaviorismo sociologico della scuola di Watson (1878-1858). La scuola vede l’uomo come essere creatore del proprio ambiente e costruttore del proprio mondo di oggetti. BLUMER : piu’ noto sostenitore del suddetto approccio è l’inventore del termine “Interazionismo simbolico”. Secondo lo studioso la società è solo la cornice dell’azione ed ogni manifestazione strutturale è il risultato dell’attività dei singoli soggetti. L’agire umano è la risultante dell’influenza reciproca delle sue componenti costitutive il SE ed il ME. Il SE ha la capacità di essere oggetto a se stesso che gli consente di costruire se stesso come oggetto riflesso del proprio pensiero attraverso la comunicazione con gli altri. La sua prima componente è l’IO che è la tendenza istintiva e spontanea dell’individuo. Il ME ha una derivazione sociale è prodotto dall’insieme degli atteggiamenti prevalenti nel gruppo. Il SE è costituito da IO+ME ed è in continua evoluzione in quanto si sviluppa mediante l’interazione sociale. Per la seconda scuola di Chicago gli individui sono parte attiva nella creazione dell’ambiente sociale, il quale pero’, dopo essersi costituito, influenza in qualche misura il loro comportamento. La critica di MEAD al comportamentismo dà luogo al superamento del concetto STIMOLO-RISPOSTA che viene da lui modificato in STIMOLO-INTERPRETAZIONERISPOSTA dove l’interpretazione risulta l’elemento principale. 5 BLUMER dà una rilevanza essenziale ai gesti simbolici che vanno scissi da quelli non simbolici (es. trarre la mano quando si sente calore) che non necessitano di interpretazione. I gesti simbolici necessitano di interpretazione sia dell’azione che della intenzione (es. tendere la mano verso qualcuno - saluto o minaccia?). Ogni simbolo assume dunque significato al quale dare la giusta interpretazione. Il simbolo puo’ essere inteso come uno stimolo al quale è stata fornita anticipatamente una risposta. Il significato assume pertanto un rilevanza strategica per l’agire umano, per interazione e per la costituzione e l’interpretazione del fenomeno sociale. Assunti di base individuati da BLUMER: a) significati guida dell’azione – le cose diventano significative solo se ad esse viene attribuito un significato b) la genesi dei significati è da ricercarsi nelle modalità con cui gli altri agiscono nei confronti di uno specifico oggetto (anche immateriale) c) interpretazione dei significati – i singoli significati vengono modificati e manipolati dal soggetto attraverso un processo interpretativo che egli attiva per affrontate gli eventi che incontra e in cui si imbatte. Ogni esperienza ed ogni pensiero sono sociali perché gli individui interagiscono mediante simboli dei quali il piu’ rilevante è il linguaggio. L’interazionismo simbolico si colloca nella corrente individualistica perché i singoli esseri umani sono protagonisti attivi del proprio agire che valutano e definiscono le loro azioni. Così anche l’azione maggiormente strutturata è sempre costruita dagli individui e mai dal sistema. MANFORD KUHN esponente della scuola di IOWA, risente di un influsso positivistico e ritiene che gli essere umani interiorizzino le prescrizioni del sistema in modo prevalentemente passivo. Si colloca in una posizione deterministica moderata ed in coerenza con questa posizione sostiene la centralità del processo di “assunzione del ruolo” che consiste nella risposta alle altrui aspettative da parte del soggetto interessato. BLUNDER da risalto alla “costruzione del ruolo” processo che nasce dalla esperienza creativa e dinamica dei singoli individui. All’interazionismo simbolico va il merito di aver proposto con forza la centralità della dimensione simbolica della vita sociale. Questa teoria però sottovaluta i condizionamenti che in differente misura influenzano sempre l’azione dei soggetti. INDIVIDUALISMO METODOLOGICO A differenza dell’interazionismo simbolico di matrice statunitense, nasce da una molteplicità di influenze teoriche prevalentemente europee e non si propone tanto quanto quale teoria ma bensì come metodo da adottare per lo studio dei fenomeni sociali. I nuclei ispiratori fondamentali sono 3: a) sociologia dell’azione di Weber; per le sue teorie sull’azione dotata di senso; b) utilitarismo dell’economia classica: con particolare riferimento ai moralisti Adam FergussonAdam Smith-John Millan 1) l’essere umano è creatore della realtà sociale che lo circonda 2) gli essere umani sono coscienti di fondare le loro istituzioni e dunque di tutti gli svantaggi ed i vantaggi che esse impongono c) le prospettive epistemologiche (l'epistemologia è la disciplica filosofica che studia la conoscenza individuandone i fondamenti e i criteri di validità) di Friedrich Von Hayek e di Karl Popper: individualismo epistemologico cioè quello studio che ha per oggetto i criteri che assicurano legittimazione e una garanzia scientifica alle conoscenze distinguendole dalle mere opinioni. Von Hayek teorizzò che le scienze sociali debbano occuparsi solo dei fatti e non delle teorizzazioni intorno ai risultati delle azioni. Popper sostiene che bisogna cercare di comprendere ogni fenomeno collettivo come qualcosa che deriva da azioni, intenzioni, attese e speranze dei singoli individui, nonché dalle tradizioni create e conservate da costoro. Sostiene inoltre la necessità che le scienze sociali si impegnino ad analizzare conseguenze sociali in intenzionali provocate dalle azioni umane intenzionali. Per Hayek e Popper le scienze sociali, per spiegare i fenomeni sociali, devono analizzarli come conseguenza di azioni individuali. 6 La sociologia di indirizzo metodologico è sostenuta dal francese Raymond BOUDON i cui tratti peculiari del pensiero sono: a) carattere intenziona le delle azioni individuali nonché la loro intrinseca razionalità. Lo schema dell’agire comprende attori-situazioni- fini-risorse. A tale postulato corrisponde il seguente pensiero: gli attori sono atomi logici per la ricerca sociologica in quanto le strutture sono nulla senza gli individui. Per Boudon l’individuo è sempre essere consapevole che agisce consapevolmente, sia pure entro limiti dai vincoli esistenti; b) effetto aggregazione, che cerca di rispondere alla domanda su come si aggregano gli interessi e le azioni degli individui. Secondo Boudon ogni fenomeno sociale è sempre e comunque una conseguenza di azioni individuali e puo’ quindi essere spiegato solo in base alla aggregazione di queste ultime. Per l’individualismo metodologico "il sociale" è comunque da considerarsi sempre come risultante dell’agire individuale”. Per Boudon la società non è solo costituita da sistemi di interdipendenza. In essa sono presenti sistemi funzionali. La società è dunque un insieme di interazioni che si configurano in parte come sistemi funzionali (agire connesso ai ruoli) ed in parte come sistemi di interdipendenza (agire non connesso ai ruoli). La formula elaborata da Boudon M=Mm+SM’ spiega il sociale come effetto dell’aggregazione dell’agire individuale. M=fenomeno sociale S=situazione M’=elementi macrosociali. Riconoscere l’incidenza della situazione e degli elementi macrosociali puo’ ridurre se non compromettere la libertà dell’attore razionale. Un sociologo determinista potrebbe adottare la stessa formula, aumentando i fattori S e M’ proiettando cosi’ ombre sulla coerenza logica dell’impianto bodoniano. DARIO ANTISERI: studioso di corrente individualistica metodologica ha messo a fuoco nel suo “manifesto” di propaganda metodologica (Antiseri-Pellicani 1992) i seguenti punti: a) la collettività come tale non è altro che un soggetto in grande, che ha bisogni, lavora, traffica, concorre (Carl Menger). b) Solo l’individuo pensa, solo l’individuo ragiona, solo l’individuo agisce (Ludwig Von Mises), c) È un grande errore trattare come fatti quelle che tuttalpiu’ sono vaghe teorie popolari (Von Hayek) d) Il mutamento sociale va analizzato come il prodotto di un insieme di azioni individuali (Boudon). Secondo Antiseri non esiste esercito: esistono solo persone che danno ordini. Non esiste il fisco: si incontrano solo burocrati che esigono il pagamento delle tasse. Non si corrompe l’erario ma questo o quel burocrate. PARADIGMI SOCIOLOGICI Sia le azioni e sia i comportamenti esprimono attraverso processi di selettività indipendentemente dalla loro natura e producono delle discriminazioni tra elementi ed esperienze tratti dalla vita reale. La natura di questa selettività produce le distinzioni tra azioni e comportamento perché le azioni sono in qualche modo intenzionali i comportamenti no. L’azione è quindi frutto di una scelta piu’ o meno consapevole (volontarismo). Il comportamento è privo di intenzionalità e quindi di “senso” ed è identificabile in ogni atto che singoli o piu’ individui compiono nel loro ambiente a prescindere dalla intenzionalità (es. gli uomini agiscono, i cani si comportano). PRIMO PARADIGMA: BASE DELL’ACCORDO –APPROCCIO OLISTICO-. L’atto è sempre spiegabile solo facendo riferimento ad elementi che lo precedono non prestando attenzione a colui che agisce perché predilige cio’ che precede e che determina l’agire configurandosi come mero comportamento. Boudon distingue nel primo paradigma tre elementi su cui si basa l’accordo: 1. l’agire socialmente rilevante è identificato con l’agire di ruolo; 2. l’agire è la risultante dei processi di socializzazione; 3. sono sempre e solo le strutture sociali a determinare l’agire dell’individuo le cui scelte sono sempre forzate ed imposte 7 PRIMO PARADIGMA:BASE DELL’ACCORDO –APPROCCIO INDIVIDUALISTICO Gli atti sono sempre orientati verso i fini che i singoli soggetti piu’ o meno consapevolmente tendono a conseguire. L’azione (non il comportamento) è un atto intenzionale quando tende verso uno scopo specifico. I soggetti vengono così posti al centro dell’analisi. I fenomeni sociali sono il risultato di contrapposizione e composizione che deriva da un insieme dinamico di azioni determinate dalla coscienza umana. Anche in questo caso di individuano dei sub paradigmi: agire orientato al conseguimento di un preciso fine: a) stato di natura - azione priva di condizionamenti b) contratto - azione vincolata alla presenza di altrui interessi DUE METODOLOGIE La duplice lettura olistica- individualistica della realtà sociale ci da indicazioni sotto il profilo ontologico cioè della sua natura e sotto quello epistemologico ovvero della validità della conoscenza. Esistono numerose metodologie per lo studio dei fenomeni sociali ma due di esse risultano le piu’ aderenti alle necessità della sociologia. Esse sono tra loro antitetiche : quella propria del positivismo e quella propria della fenomenologia. Nel primo metodo si estendono i metodi empirici d’analisi propri delle scienze naturali al campo dell’agire umano. Il metodo consiste nella osservazione del comportamento umano che puo’ essere oggettivamente misurato al pari di qualsiasi fenomeno fisico. Questa misurazione consente consente di individuare i nessi causa effetto tra classi di fenomeni sociali. Da qui per studiare l’agire umano, secondo il positivismo, occorre concentrare l’attenzione solo sulle manifestazioni esterne che vanno considerate, osservate, descritte come veri e propri oggetti. Agli antipodi di questa teoria si colloca quella della fenomenologia delle scienze naturali nata come reazione alle pretese positivistiche, rifiutando che lo studio delle scienze sociali usi metodi propri delle scienze naturali. Secondo i fenomenologici le scienze sociali possiedono una propria specificità sia per quanto concerne l’oggetto sia per il metodo da adottare come postulato da Weber. La scuola filosofica tedesca di Edmund Husserl giunse alle conclusioni che non è tanto importante studiare le cose ma piuttosto come esse appaiono alla gente. E’ necessario non limitarsi ad una analisi esterna ma bisogna concentrarsi sulla comprensione dall’interno dei fenomeni sociali. Tale pensiero filosofico fu ripreso da Alfred Schutz , allievo di Husserl, secondo cui occorre concentrare l’analisi sulle modalità in cui appaiono i fenomeni, ovvero le cose di cui siamo consci partendo dal presupposto che essi non sono altro che un continuo flusso di esperienze di senso che gli esseri umani percepiscono attraverso i sensi. Un esempio che caratterizza le due filosofie è l’approccio alla devianza schematizzato come segue: APPROCCIO OLISTICO Chi sono i deviati? Come esse diventano devianti? Quali sono le condizioni che producono i devianti? E’ possibile controllare o curare i devianti? APPROCCIO INDIVIDUALISTICO In quali circostanze le persone vengono definite deviate? Come esse assumono il ruolo di devianti? Come gli altri rispondono a coloro che sono definiti devianti? Come il deviante risponde a questa definizione? Come questa etichettatura influenza il concetto di se? DUE PREMESSE ANTROPOLOGICHE E DUE SINTESI A CONFRONTO Passando all’ambito sociologico, DAWE afferma che sono rintracciabili, piu’ o meno apertamente, due diverse visioni dell’uomo nella letteratura sociologica: una tendenzialmente pessimistica e l’altra tendenzialmente ottimistica. 8 La visione pessimistica induce a considerare l’uomo come creatura che, se lasciata in balia di se stessa e dei suoi desideri, è in grado di produrre solo disordine, caos e anarchia. La visione ottimista vede l’uomo come entità attiva, autonoma, creativa, orientato finalisticamente sia per se che per la società. La vita e lo sviluppo della società dipendono dalle capacità insite nelle risposte umane. La visione pessimistica viene ricondotta all’approccio olistico, quella ottimistica all’approccio individualistico. Da questo dualismo si enfatizza il tema, da una parte dell’ordine e dall’altra del controllo e che riflette due concezioni differenti dell’agire umano i cui maggiori esponenti sono Hobbes e Rousseau. HOBBES sostiene che l’uomo ha tendenze distruttive tipiche che impongono la necessità di garantire un ordine da parte di un sistema coercitivo sovraordinato; ROUSSEAU: il problema di fondo è quello di riscoprire la libertà naturale e originaria dell’uomo.sarà lui stesso che dovrà ricercare le modalità adeguate di controllo del suo ambiente. Nella visone di Hobbes si riscontra che il tipo di agire è stato definito comportamento, mentre in Rousseau quello che è proprio dell’azione (atto intenzionale). SCHEMA DISTINTIVO DEI DUE APPROCCI ELEMENTI DISTINTIVI OLISTICO Premesse antropologiche Scarsa fiducia nella natura umana Rapporto individuo-società Priorità della società sull’individuo Natura della realtà collettiva Sovraindividuale e quindi autonoma da quella degli individui Natura degli atti sociali Origine dell’agire sociale Origine dei fenomeni sociali Potere causale Oggetto d’analisi Problema principale Metodolgia Natura scientifica Concezione Comportamenti (atti non intenzionali) Cause esterne:le strutture precedono gli individui e quindi hanno valore esplicativo nei onfronti dell’agire individuale.la stessa intenzionalità è un prodotto delle strutture sociali Prodotti o conseguenze di altri fenomeni sociali Condizionamenti strutturali Strutture,sistemi gruppi sociali,esercito,partito politico,classe sociale,tipologie di individui (collettivismo) Ordine sociale Oggettivistica (s.positivistica) Nomotetica: studio ella regolarità delle connessioni causali generalizzabili Materialistica INDIVIDUALISTICO Elevata fiducia nella natura umana Priorità dell’individuo sulla società Risultante dall’agire individuale e quindi non autonoma rispetto a quella degli individui Azioni sociali (atti intenzionali) Cause interne:intenzionalità soggettiva. Sono gli uomini concreti a determinare il corso del loro agire. I condizionamenti hanno sempre una incidenza secondaria Prodotti o conseguenze di azioni individuali aggregate Motivazioni individuali Singoli individui che interagiscono in situazioni specifiche /nominalismo) Controllo sociale Soggettivista (es.fenomenologica) Idiografica:studio della specificità di eventi particolari Idealistica. 9 CAPITOLO II OLTRE IL DILEMMA OLISMO INDIVIDUALISMO Semiolista è la posizione di Mandelbaum che sostiene la relativa autono mia dei fatti sociali in quanto non riconducibili all’agire dei singoli individui i quali per il solo fatto di essere nati e vivere in una determinata società sono influenzati nel modo di agire e pensare. Ciò nonostante egli riconosce che non si puo’ pensare alla società come un qualcosa del tutto indipendente dagli individui che la costituiscono (Olismo moderato). L’individualismo istituzionale- POPPER- ammette solo il peso delle istituzioni-composte da ruoli,norme e consuetudini nell’influenzare l’agire individuale (individualismo moderato). Oltre a queste elaborazioni piu’ moderate, che tendono a ridurre le distanze tra olismo ed individualismo, possiamo indicare la soluzione volontaristica di Parsons, ripresa da Alexander, la soluzione dialogica di Habermas, la soluzione della strutturazione elaborata da GIDDENS. PARSONS: LA CENTRALITA’ DEI VALORI COMUNI Talcott Parsons esponente del funzionalismo. Dell’ideale olistico di Durkheim recepisce la centralità della norma mentre dall’individualismo di Max Weber trae l’intenzionalità dell’agire. Una della maggiori opere di Parsons è “Il sistema sociale”. Nella sua opera sostiene che l’interagire sia basato sulla “doppia contingenza” incanalato da una complementarità delle aspettative” (con il termine aspettativa Parsons intende la previsione o l’attesa di un evento al verificarsi del quale concorre attivamente il soggetto agente che lo sviluppa nei confronti dei vari oggetti presenti nella situazione). Concetto di status–ruolo: lo status costituisce la posizione che il soggetto occupa all’interno della struttura, mentre il ruolo si configura come l’aspetto processuale e dinamico, cioè relativo all’attività che questi svolge, in relazione agli altri, per il fatto di occupare quella determinata posizione. Quindi da un lato ogni soggetto agente è un oggetto di orientamento per gli altri soggetti (e per se stesso) per la posizione che occupa nel sistema delle relazioni sociali (status), dall’altro ogni soggetto agente è orientato in vista degli altri soggetti, rendendosi parte attiva con funzione di soggetto svolgendo un ruolo. Per Parsons le “unità del sistema sociale ” sono una pluralità di soggetti individuali interagenti tra loro in una situazione la cui relazione con le rispettive situazioni è definita e mediata nei termini di un sistema di simboli culturalmente strutturati e condivisi. L'interpenetrazione tra i tre sistemi può essere immaginata come un processo triangolare, nei termini esposti nel seguente schema: SCHEMA DELLA INTERPRETAZIONE DEI SISTEMI SISTEMA CULTURALE INTERIORIZZAZIONE SISTEMA DELLA PERSONALITA' ISTITUZIONALIZZAZIONE SISTEMA SOCIALE CONFORMITA' ALLE ASPETTATIVE DI RUOLO 10 Da questo schema si evince che il sistema culturale penetra sia nel sistema personalità tramite l’interiorarizzazione dei modelli di valore sia in quello sociale mediante l’istitituzionalizzazione delle aspettative. Per Parsons il fattore effettivamente unificante su cui si fonda l’integrazione dei tre sistemi d’azione è individuabile nel “sistema culturale” che funge da chiave di volta tra individuo e sistema sociale. Parsons individua quattro elementi fondamentali dell’azione sociale: soggetto agente - scopo situazione - orientamento normativo. Quest’ultimo è sovraordinato ai primi tre elementi perchè è l’unico che induce una scelta. Si osserva però che il soggetto è comunque condizionato nella sua scelta da elementi preesistenti o che ne vincolano anche in minima parte la volontà, facendo sbilanciare verso la teoria olistica lo studio di Parsons che di fatto, nonostante i suoi sforzi, non esce dalla visione funzionalistica, in quanto pur sviluppando una prospettiva volontaristica non riesce a svillupparla adeguatamente perchè il rapporto tra ordine normativo e intenzionalità dell’attore si risolve nel prevalere del primo sulla seconda. Le teorie cibernetiche di Parsons sono caratterizzate da flussi continui di energia ed informazioni. Energia ed informazioni danno vita ad ogni genere di azione ma proprio qui sta il limite perchè i fattori che forniscono energia condizionano l’azione mentre quelli che forniscono informazioni controllano l’azione stessa. ALEXANDER E LA CENTRALITA’ DELLA QUESTIONE EPISTEMOLIGICA JEFFREY C ALEXANDER (USA), allievo di Parsons, riprende le teorie del suo maestro. Il suo studio è finalizzato al superamento delle interpretazioni”unidimensionali” dei fenomeni sociali comprese quelle volontaristiche, per approdare a quelle che lui stesso definisce multidimensionali. Egli attribuisce una importanza cruciale alla questione epistemologica dalla quale non si puo’ prescindere per affrontare il rapporto tra azione e struttura sociale. Egli procede come segue: chiarisce la natura della conoscenza scientifica della società che include tutti i livelli (dal piu’ generale ed astratto a quello piu’ specifico e concreto) dei concetti. Elabora una propria teoria che riprende nella sostanza la visione volontaristica di Parsons. Lo schema Alexander dispone di due livelli di concettualizzazione: ambiente metafisico ed ambiente empirico come sotto schematizzato. AMBIENTE METAFISICO Componenti o livelli di conoscenza presup posizioni generali AMBIENTE EMPIRICO modelli orientamenti ideologici Definizioni Concetti Leggi Classificazioni Correlazioni Proposizioni Complesse e semplici Osservazioni Assunti Ideolo gici Le presupposizioni generali sono le concezioni piu’ generali dei fenomeni sociali e si collocano in ambiente metafisico in qua nto realtà astratte non empiriche. Le osservazioni invece sono il massimo della specificità e sono empiriche. Le presupposizioni generali di collocano nel “Methafisical environment” mentre le osservazioni nell ”Empirical environment” della conoscenza scientifica. La ricerca scientifica abbraccia tutti i livelli concettualizzazione sopraelencati che va dal ma ssimo della generalità al massimo della specificità e viceversa. Per Alexander il procedimento scientifico si realizza tanto con l’osservazione empirica e tanto con il ricorso ai concetti generali ma quasi nessuna delle teorie della tradizione sociologica possiede la prerogativa di riferimento in modo simmetrico a questi due fondamenti della ricerca. Infatti sostiene che le teorie tradizionali hanno marcati aspetti di “unidimensionalita” in quanto privilegiano la dimensione empirica o metafisica della realtà e di “unidirezionalità” in quanto privilegiano il procedimento conoscitivo dal massimo della generalizzazione al massimo della specificazione o viceversa. L’imperativo da seguire per Alexander è la “bidirezionalità” del processo conoscitivo e la comprensione della realtà sociale nella sua “multidimensionalità”. Occorre quindi considerare le differenti e contrapposte modalità in 11 cui la tradizione sociologica interpreta e risolve i due problemi fondamentali trattati dalla sociologia: la natura dell’azione umana e la natura dell’ordine sociale. LA NATURA DELL’AZIONE: L’analisi della natura dell’azione umana, analizzata seguendo i due principali orientamenti sociologici, si precisa come una dicotomia tra orientamenti teorici unilaterali e contrapposti e presenta un dilemma tra due modi alternativi di interpretare l’azione umana. Il primo è quello delle teorie positivistiche secondo cui l’attore non è in grado di esercitare un controllo su elementi oggettivi esterni che lo vincolano e ne condizionano l’azione. Il secondo è quello delle correnti idealistiche che pongono l’accento sugli elementi ideali, soggettivi interni dell’azione che pur possedendo anche natura normativa, paradossalmente non sono la fonte di costrizione ma anzi caratterizzano la volontarietà dell’agire. Il fattore che realizza la sintesi paradossale tra obbedienza alle prescrizioni e libertà è insito nella sfera interiore del soggetto “referente interno” che consente di interiorizzare le norme da parte del soggetto facendogliele percepire come oggetti di libera scelta. Nello stesso ambito interiore ha sede una peculiare facoltà mentale – la volontà – che consente di raggiungere uno scopo. Gli elementi fondamentali dell’azioni sono “le norme” (ambiente metafisico) e le condizioni (ambiente empirico). L’azione ha la seguente fisionomia: i fini dell’azione che si specificano in norme e scopi (le norme sono definite come ideali normativi aventi carattere di aspettative di stati futuri tramite i quali l’attore orienta l’azione; gli scopi consistono nella specificazione degli ideali normativi imposti nel contesto della situazione in cui si compie l’azione) e la situazione che comprende mezzi e condizioni (i mezzi dell’azione consistono negli strumenti a disposizione dell’attore per conferirne intenzionalità, le condizioni che sono costituite dalla porzione della situazione dell’azione che l’attore non ha il potere di controllare) LA NATURA DELL’ORDINE SOCIALE. L’azione viene qualificata come elemento condizionale esterno, come postulato da Hobbes e ripreso da Parsons ovvero natura razionale in senso strumentale dell’azione, la caratterizzazione dell’ordine sociale in senso coercitivo, la concezione della libertà dell’attore sociale. Per Hobbes “Homo homini lupus est ” creatore di caos sociale che impone l’assimilazione dell’ordine. L’ordine diventa dunque una realtà esterna che esercita una coercizione sull’azione del soggetto. L’altra corrente sociologica interpreta l’azione come qualificata dall’elemento normativo interno che la modella tramite sanzioni interne a se stessa. Per Alexander il rapporto tra azione e struttura si precisa come segue: 1) Le norme ideali costituiscono sia un elemento della struttura sociale (perchè interiorizzate) sia un elemento dell’azione (perchè fini dell’azione stessa); 2) la struttura, entità esteriore, intesa come ordine sociale costituisce a sua volta una condizione dell’azione. Esterna all'attore: Ordine sociale, norma coercitiva Struttura interna all'attore: Norma ideale Norme ideali Metafisico Fini scopi ambito delle azioni Volontà dell'attore (sforzo, impegno nel perseguire il fine) mezzi Empirico Situazione condizioni 12 Il principio unificatore dei diversi elementi è la volontà. Alexander accoglie il paradosso secondo il quale un individuo è libero solo quando ubbidisce ad una norma da lui ritenuta giusta, da qui LIBERTA’ DI (volontà di autodeterminazione) piuttosto che LIBERTA’ DA. LA SOLUZIONE COMUNICATIVA: HABERMAS JURGEN Habermas, ha dato un contributo da cui non si puo’ prescindere per approfondire i tentativi di mediazione tra olismo ed individualismo. Autore tra l’altro dell’opera ”teoria dell’agire comunicativo, 1986” con concezione antropologica, riserva una attenzione costante alla razionalità. Il fondamento antropologico: L’uomo come animale linguistico. Cio’ che definisce l’essenza dell’uomo è la capacità di linguaggio. Le componenti grammaticali, sintattiche e semantiche della lingua qualificano l’esperienza dell’azione umana. La lingua qualifica l’azione umana come simbolica, ovvero costituita da segni che possiedono significato e qualificano l’interazione come comunicazione. Il divenire delle società si realizza mediante la riproduzione simbolica che trasmette linguaggio, tradizioni anche con la riproduzione materiali delle condizioni di vita. L’uomo agisce in cooperazione e singolarmente. Nel primo caso fa un uso comunicativo del linguaggio simbolico, nel secondo caso non fa uso comunicativo ma caratterizza la propria azione come una interrelazione tra oggetti non umani. Le due tematiche chiave della sociologia di Habermas: ermeneutica e razionalità comunicativa. L’ERMENEUTICA L’uomo realizza il controllo della propria situazione utilizzando la lingua. Questo uso del linguaggio da parte dei componenti di una comunità consiste nell’interpretazione del mondo e nella definizione della situazione in cui essi si trovano. La sociologia di Habermas caratterizza l’agire in termini di interpretazione e viene definita ermeneutica. Le fonti di questa teoria sono: a) La fenomenologia sociale. Le realtà sono concepite come “costruzione del mondo quotidiano” che emerge dall’opera interpretativa dei soggetti; b) L’etnometodologia che studia il modo in cui, mediante i processi cooperativi dell’interpretazione,vengono coordinate le azioni e contemporaneamente vengono modificate le norme e rinnovate le forme di vita sociale c) L’ermeneutica filosofica che spiega come ricerca l’interpretazione di un testo tramandato e lo spiega come ricerca del “con-testo” di tale testo. Il contesto consiste nel sapere comune dell’autore ed il suo pubblico ed è riserva culturale a cui l’autore ha attinto per costruire le interpretazioni del mondo. LA RAZIONALITA’ COMUNICATIVA Si manifesta con l’appropriazione di una tradizione culturale, con l’assunzione di un atteggiamento critico nei suoi confronti, mutando cosi’ la stessa tradizione come è accaduto in Europa con l’avvento dell’illuminismo. E’ composta da due elementi fondamentali: 1. Il comunicare in forma di argomentazione che ha al suo interno 2 elementi: a) un’espressione linguistica per la quale viene presa una determinata validità b) la “ragione” con la quale tale pretesa viene stabilita 2. il comunicare come discorso sul mondo ovvero uso di una espressione riferita ad uno dei tre tipi di mondo: a) il mondo (oggettivo) dei fatti b) il mondo delle norme (sociale) c) il mondo delle esperienze vissute (soggettivo). Le espressioni linguistiche sui tre tipi di mondo sono razionali perchè legate ad una razionalità suscettibile di critica. Per Habermas la comunicazione consiste congiuntamente in espressioni linguistiche razionali piu’ diverse ed a sua volta la comunicazione diventa razionale quando è critica. LA TIPOLOGIA DELL’AGIRE COMUNICATIVO La comunicazione è un fenomeno linguistico e, nel contempo, un fenomeno sociale in quanto consiste di espressioni linguistiche e di azioni: la comunicazione si perfeziona come agire comunicativo. L’agire consiste nell’interazione di soggetti che cercano una comprensione ed un’intesa comunicativa per coordinare, di comune accordo, l’interpretazione delle comunicazioni in 13 cui vengono a trovarsi, nonchè i propri piani di azione e pertanto il proprio agire. L’agire si distingue in agire teleologico (comportamento di un attore che persegue uno scopo mediante la scelta adeguata di mezzi riferendosi al mondo oggettivo dei fatti), agire regolato da norme (comportamento dei membri di un gruppo sociale che orientano il loro agire in base ai valori comuni riferendosi al mondo sociale delle norme), agire drammaturgico (comportamento dell’attore che agisce con un pubblico al quale si presenta rivelando la propria soggettività e rapportandosi cosi’ al mondo soggettivo dell’esperienza vissuta). Il primato dell’agire comunicativo è esplicato così: “soltanto il modello di azione comunicativa presuppone il linguaggio come medium di comprensione e intesa non ridotta ove i parlanti e gli uditori fanno contemporaneamente riferimento a qualcosa nel mondo oggettivo sociale e soggettivo per trattare comuni definizioni di situazione IL MONDO VITALE CONVERGENZE NELLA CONCEZIONE DEL MONDO VITALE TRA HABERMAS E LA FENOMENOLOGIA SOCIALE Il mondo sociale consiste in una “riserva di sapere” o bagaglio di conoscenze (background culturale) che è utilizzato nelle interazioni sociali per attivare il processo comunicativo orientato all’intesa. Per Habermas il sapere si attualizza nella misura in cui esso è diretto a definire una situazione dell’agire la quale si configura come insieme di coordinate spaziali, temporali e sociali. Il mondo vitale si puo’ sintetizzare, in senso fenomenologico, così come segue: Mondo vitale=riserva di sapere+situazione. Il mondo vitale costituisce l’elemento linguistico culturale che ha una diretta utilizzazione operativa per il fatto di venire applicato a situazioni concrete. DIVERGENZA NELLA CONCEZIONE DEL MONDO VITALE TRA HABERBAS E LA FENOMENOLOGIA SOCIALE Per la fenomenologia sociale il rapporto tra la situazione ed il mondo vitale è prevalentemente “topografico” (il qui del mio corpo, l’ora del mio presente). Per Habermas tale rapporto è perfettamente linguistico, come “insieme di nessi semantici che sussistono tra una espressione comunicativa data, il contesto immediato ed il loro orizzonte di significato connotativo. Nella sua teoria la società è: la disgiunzione tra sistema e mondo vitale, che è riconducibile alla disgiunzione tra prospettiva olistica e prospettiva individualistica. DISGIUN ZIONE TRA SISTEMA E MONDO VITALE Alla dicotomia simbolica-riproduzione materiale, riferita al divenire della società, corrisponde la dicotomia mondo vitale-sistema. I mezzi di comunicazione- meccanismi sistemici coordinano il comportamento dei consociati assumendolo come insieme aggregato di azioni appropriandosi delle conseguenze non volute di tali azioni e organizzando queste conseguenze in connessioni di comportamenti che sono funzionali all’integrazione della società e alla stabilizzazione della sua riproduzione materiale. Habermas sostiene che in epoca moderna si riscontra una razionalizzazione del mondo vitale sotto tre profili, l’ultimo dei quali concerne la disgiunzione di mondo vitale e sistema: 1) l’ampliamento delle possibilità di esercitare le ragioni che fondano le argomentazioni nei processi di agire comunicativi; 2) la differenziazione tra i riferimenti al mondo oggettivo dei fatti,al mondo sociale delle norme,al mondo soggettivo delle esperienze soggettive 3) la formazione di ambiti di socialità libera da norme etiche nella quale le interazioni sociali sono guidate da norme tecniche proprie dei sistemi,quali ad esempio i meccanismi di mercato. Questo profilo del mondo vitale e’ la fonte di differenziazione che contrappone una integrazione sociale ad una integrazione sistemica. Habermas spiega il divenire dell’azione sociale non soltanto con la “teoria dell’evoluzione sociale” ma anche secondo la “teoria della reificazione” (alienazione) di derivazione marxista. Secondo questa teoria, nel mondo capitalistico, gli uomini sono valutati in base al loro “valore di scambio” e nel quale i prodotti del lavoro sono considerati con una 14 autonomia propria facendo apparire chi li produce meri oggetti cioè cose. Sempre secondo Habermas le condizioni sistemiche compenetrano nel mondo vitale strumentalizzando le sue strutture. LA PROSPETTIVA DI MEDIAZIONE TRA SISTEMA E MONDO VITALE Habermas elabora la sua teoria sulla società con un approccio marxista, in particolare del filsofo Gyorgy Lukàcs ed interpreta la dinamica della società come un processo di reificazione (alienazione) con una ipertrofia della componente sistemica rispetto a quella comunicativa propria del mondo vitale, con disaffezione nei confronti del valore dell’argomentazione razionale. In conclusione Habermas, pur collocandosi ad un livello prevalentemente normativo cerca una mediazione tra la struttura sociale e l’azione sociale. La posizione di Habermas puo’ essere così sintetizzata: TESI: situazione linguistico-comunicativa ”ideale” fondata sull’agire comunicativo; ANTITESI: situazione linguistico-comunicativa reale nella quale il mondo vitale è colonizzato da un sistema ipertrofico; SINTESI: situazione linguistico-comunicativa “possibile”, corrispondente ad una razionalizzazione del mondo vitale e del sistema nel quadro di una evoluzione sociale “libera da dominio”. LA SOLUZIONE DELLA QUALITA’ DELLA STRUTTURA (GIDDENS, 1995) ANTONY GIDDENS sociologo del King’s College di Cambridge tramite la teoria della strutturazione tende a far conciliare i due elementi di azione e struttura. Introduce il concetto di qualità della struttura che offre una terza dimensione all’agire degli attori sociali. La strutturazione (teoria) nasce dall’assenza di una teoria dell’azione nelle scienze sociali, cercando di colmare la lacuna, superando il concetto di posizioni antitetiche di azione e struttura. I teorici dell’azione hanno posto l’accento sul soggetto ma hanno tralasciato di sviluppare una spiegazione strutturale degli eventi collettivi e una teorizzazione delle istituzioni, mentre funzionalismo e strutturalismo hanno il loro punto in comune nel sottolineare la priorità dell’oggetto sul soggetto. Ossia della struttura sull’azione, ritenendo le cause dell’azione umana caratteristiche dell’organizzazione sociale piuttosto che intenzioni degli agenti (A.Giddens “Central Problem in social theory”, 1979). LA TEORIA DELL’AGIRE SOCIALE DI GIDDENS Per Giddens l’azione è di due tipi. Una è la “coscienza discorsiva” che riguarda cio’ che gli agenti sono in grado di fare nella loro attivita’, l’altra è la “coscienza pratica” che non richiede particolare abilità e consente all’attore di “sapersela cavare” in determinate situazioni. Questo concetto è innovativo e permette a Giddens di affermare che polte pratiche sociali possono essere svolte pur non essendo direttamente motivate. La teoria dell’agire del soggetto è così sintetizzata; A Inconscio (condizioni Sconosciute) B Soggettività dell’attore 1) controllo riflessivo 2) razionalizzazione 3) motivazione C Conseguenze impreviste Inconscio e condizioni impreviste sono al di fuori del controllo dell’attore, mentre la soggettività dell’attore consiste nella capacità del soggetto di svolgere un’attività nella vita sociale. Il controllo 15 riflessivo si riferisce al carattere intenzionale dell’agire. La razionalizzazione è radicata nella coscienza discorsiva e permette all’attore di spiegare verbalmente le ragioni del suo agire. La motivazione interviene eccezionalmente in quanto non coinvolta in modo diretto ma risulta un potenziale per l’azione. LA STRUTTURAZIONE Le azioni sociali si collocano sempre in un preciso ambito spazio temporale. Questa precisazione induce Giddens a saldare il concetto di azione a quello di struttura, che si riferisce “alle proprietà strutturali che provvedono a fissare lo spazio ed il tempo nei sistemi sociali”. Queste proprietà possono essere meglio comprese come regole e risorse, continuamente impegnate nella riproduzione di sistemi sociali. Le strutture sono temporaneamente presenti solo nel momento della costituzione sociale. Se le strutture sussistono fuori dal tempo e dallo spazio significa che non possono essere considerate come comportamenti storici situati in oggetti concreti e dunque la struttura è virtuale e non puo’ essere pensata in termini concreti se non quando prende forma nei momenti di creazione del sistema, con riferimento ad uno specifico ambito spaziale e temporale. La struttura è un insieme organizzato di regole e risorse impiegato nella riproduzioni di sistemi sociali. REGOLA: apprendere una regola vuol dire che si è in grado di sapere cosa fare nelle situazioni in cui puo’ essere applicata; attuare una regola significa generare una forma di attività. Le regole a loro volta sono: semantiche (forniscono strutture di senso e schemi interpretativi) e morali (danno indicazioni per valutare la condotta). LE RISORSE: sono qualunque tipo di vantaggio o capacità che gli agenti mettono in atto al fine di influenzare la natura o il risultato di un processo di interazione. Esse sono strumenti di potere in senso lato e assoluto. Giddens concepisce la struttura sia come mezzo sia come risultato dell’agire che si attiva all’interno dei sistemi sociali. La struttura ha dualità perchè le regole e le risorse sono il mezzo tramite cui la vita sociale è prodotta e riprodotta, ed il risultato, prodotto e riprodotto, dell’agire degli esseri umani. Nell’ambito di questa configurazione l’individuo agisce in modo consapevole ma nel contempo concorre a riprodurre la struttura. In tale quadro la struttura assume la duplice funzione di mezzo e risultato dell’agire. L’azione ha al suo interno potere, comunicazione, moralità che rappresentano i tre momenti dell’azione concreta e trovano un corrispettivo nell’ambito della struttura grazie ai processi di mediazione. Dominio, legittimazione, senso, sono elementi reciprocamente interrelati e sono analiticamente separabili nel contesto delle strutture. Il dualismo individuo-società è stato riformulato da Giddens in azione-struttura. Per Giddens la struttura è permissiva e costrittiva. La teoria della strutturazione pone in rilievo un aspetto sinora ignorato nelle definizioni negative del termine “costrizione”. Non importa quanto severa essa possa essere perchè stabilisce sempre anche una serie di opportunità che consentono di intervenire nella vita sociale. Viene così minimizzata l’incidenza “costrittiva” nella struttura dando risalto al ruolo attivo del soggetto capace di comprendere la realtà sociale e di intervenire efficacemente su ed entro essa. Un ruolo importante nell’intervento è dato dalla “distribuzione delle opzioni”. Gli attori hanno sempre buone ragioni per agire ma, spesso, le alternative sono poche e dunque la loro condotta puo’ apparire “guidata” da potenze implacabili. Esiste comunque una dose di intenzionalità nell’azione anche quando le costrizioni sono molo rilevanti. CENNI DEL DIBATTITO SULLA TEORIA DELLA STRUTTURAZIONE 16 La concezione dell’azione e della struttura sociale di Giddens evidenzia due caratteristiche salienti: la prima dà vita ad una teoria dell’agire connessa ad una visione antropologica in cui l’uomo appare un agente cosciente; la seconda è concepita come un luogo di riproduzione di pratiche istituzionalizzate tramite lo svo lgimento di attività in larga misura di routine. La teoria di Giddens sarebbe riuscita a valorizzare l’individuo quale agente cosciente e competente seppur costantemente condizionato da strutture sociali che però è in grado di modificare. LUCI ED OMBRE DELLA TEORIA DI GIDDENS Il dibattito sulla teoria di Giddens mette in luce quanto sia difficile superare il dualismo azionestruttura che peraltro contrappone olismo ed individualismo. Lo sforzo di Giddens è stato la fonte di apprezzamenti e di critiche. Nonostante i suoi sforzi rimangono ancora senza soluzione alcuni quesiti. La scelta del sociologo di Cambridge di lavorare ad un livello teorico molto generale rischia di trasformare i suoi studi in una sorta di credo che non lascia nessuno spazio alla verifica. Alcuni interrogativi rimangono senza risposta: in cosa consiste la natura dell’azione se la teoria della strutturazione da una parte pone l’accento sul protagonismo dell’uomo attore sociale capace e competente e dall’altra elabora il concetto di strut tura identificandola come la base del sistema sociale in cui gli agenti si collocano. Che spazio è lasciato al significato dell’azione? Cosa contiene il controllo riflessivo dell’agire a parte il comportamento strategico che tenta di adeguarsi costantement e al valore delle circostanze? (Bertilson 1984). CAPITOLO III AZIONE E STRUTTURA UN QUADRO DI RIFERIMENTO Gli olisti hanno teorizzato i fenomeni sociali a partire dalla struttura, gli individualisti a partire dall’attore. Gli olisti sono indotti a trascurare il peso della libertà individuale e a sopravvalutare l’incidenza dei condizionamenti strutturali. Gli individualisti sottovalutano la rilevanza del dato strutturale enfatizzando la libertà di scelta dei soggetti. Per opposte ragioni olisti ed individualisti non arrivano a riconoscere che azione e struttura sono entrambi essenziali.T ale affermazione trova riscontro nei dati che seguono. a) I FENOMENI SOCIALI SONO UN PRODOTTO UMANO. L’uomo è un animale biologicamente instabile che tende a sopperire alla sua debolezza nei confronti dell’ambiente creando strutture che lo difendono dal mondo esterno, creando le strutture sociali con le quali esprimere ordine ed organizzazione. I prodotti sociali dell’attività umana hanno carattere sui generis, relativamente autonomo rispetto al loro contesto organico ambientale (Gehlen 1985-Berger e Luckman 1969). b) I FENOMENI SOCIALI SONO UNA REALTA’ OGGETTIVA. I fenomeni sociali sono sempre creati dall’uomo anche se non appaiono direttamente identificabili come prodotto umano ma come qualcosa a sè stante, dotato di esistenza autonoma oggettiva (es.la scansione del tempo che sembra un fatto naturale ma di fatto è un’azione sociale). La tipizzazione di Schultz: si vede un tipo in divisa che mette un foglio sotto un tergicristallo, lo tipizziamo come “vigile urbano”, ma anche come uomo, italiano, ecc... L’insieme di tipizzazioni influenza la relazione con la persona, che spesso non identifichiamo come tale ma come tipo. c) L’UOMO E’ UN PRODOTTO SOCIALE Il mondo sociale che è stato oggettivato viene fatto proprio dalla coscienza individuale ed interiorizzato tramite processi di socializzazione primaria e secondaria assumendo carattere di realtà soggettiva in quanto assunta dai singoli individui. La socializzazione fa apparire l’individuo come prodotto sociale, risultante da una serie di influenze provenienti dal mondo sociale dirette a costruirne e determinarne la personalità. 17 Alla luce di quanto sopra è possibile ipotizzare alcune conseguenze relative al rapporto azionestruttura: 1) Constatata l’esistenza di un rapporto dinamico tra uomo e mondo sociale, si puo’ desumere l’esistenza di un nesso tra azione e struttura; 2) Il rapporto azione struttura si qualifica in termini dialettici. La prima crea, produce, modifica, estingue la seconda che a sua volta condiziona la prima. La struttura, prodotto dell’uomo, interviene sul suo produttore condizionandolo. 3) È possibile riconoscere un primato “genetico” dell’azione sociale perchè è alla base della formazione della struttura, ma dal momento in cui la struttura si costituisce essa va a condizionare e guidare i soggetti ad essa collegati o in essa coinvolti. 4) Non si puo’ affermare aprioristicamente che l’azione abbia il primato sulla struttura, è piu’ realistico proporre come unica generalizzazione la loro interdipendenza che deve essere analizzata di volta in volta facendo riferimento ad un preciso contesto storico. Da questo assunto emerge che la sociologia analizzi i fenomeni sociali ponendo una costante attenzione alla loro contestualizzazione storica. AZIONE SOCIALE a) Spiegazione teleologica intenzionale. Fa riferimento al rapporto mezzi- fini. Si puo’ parlare di azione solo quando esiste un rapporto di subordinazione di determinati mezzi a determinati fini. b) Spiegazione causale. Fa riferimento al rapporto causa effetto. L’azione puo’ essere spiegata solo come conseguenza di eventi che la precedono. Alla luce delle citate definizioni l’azione puo’ essere definita: “un agire dotato di senso, intenzionale, teleologico, orientato da norme, riferito ad una situazione che offre opportunità e pone vincoli”. Quando un’azione puo’ definirsi sociale? a) L’attore ha come riferimento una situazione che include altri soggetti dei quali tiene conto in vista dell’azione e nel corso di essa; b) L’attore è in rapporto con altri soggetti che dispongono di risorse e caratteristiche in grado di influenzare la sua azione; c) L’attore condivide con altri una serie di valori, di modelli, di comportamenti, di simboli, cioè una cultura antropologicamente intesa (Cohen, 1971). Nel caso in cui nell’azione siano presenti tutte e tre le componenti, si tratta di azione “strutturata” che ha un grado di standardizzazione e prevedibilità superiore rispetto alle azioni non strutturate. Intodotto il concetto di azione strutturata si puo’ passare alla struttura sociale. STRUTTURA SOCIALE La struttura è un insieme relativamente stabile di elementi che sono collegati tra loro in modo particolare che interagiscono al suo interno con scopi variabili e non sempre definiti e nella quale, a volte, sussistono conflitti di interessi tra persone e gruppi in essa operanti. La qualificazione sociale della struttura risulta decisamente connessa alla “posizione sociale” che è un dato strutturale poichè non è altro che il posto occupato dal soggetto all’interno di una struttura sociale. Quindi si puo’ definire come un insieme relativamente stabile di posizioni sociali differenziate e interdipendenti. La struttura sociale risulta quindi : a) Struttura di posizioni sociali differenti in cui è distribuita una determinata popolazione; b) Struttura di relazioni che collegano tra loro le varie posizioni. . ORDINE SOCIALE, NORME E MODELLI DI COMPORTAMENTO 18 La struttura sociale si qualifica anche per una certa stabilità, quindi un certo ordine ed anche il suo contrario ovvero disordine. Secondo la definizione data da Alexander 1988, essa consiste in un “insieme di istituzioni in cui si sostanzia l’ordine sociale collettivo”. L’ordine sociale denota sempre una qualche coerenza, una relativa persistenza nel tempo, la presenza di limiti imposti al soggetto ed è proprio per queste caratteristiche che l’ordine consente una certa prevedibilità nei confronti dell’azione sociale. La tradizione sociologica contempla diverse risposte circa l’esistere simbolico; all’interesse personale “che spinge gli uomini a cooperare anche inconsapevolmente; alla condivisione dei valori in base al quale gli uomini trovano le ragioni della loro associazione. ORDINE SOCIALE:SCHEMA ED APPROCCI APPROCCI TEORIE OLISTICI CONSENSUALI OLISTICI CONFLITTUALI INDIVIDUALISTICI INTERAZIONISMO SIMBOLICO ETNOMETODOLOGIA SOGGETTIVO INDIVIDUALISTICI ORDINE SOCIALE AUTORI DI RIFERIMENTO OGGETTIVO DURKHEIMTENDENZIALMENTE COMTE STABILE OGGETTIVO MARX-PARSONS TENDENZIALMENTE PRECARIO NEGOZIALE BLUMER GARFINKEL Il concetto di ordine, che è un prodotto umano, implica l’esistenza di norme, di prescrizioni, che intervengono nel regolare l’azione. Le norme concorrono a modellare il corso dell’azione e possono essere individuate attraverso la seguente tipologia: a. norme morali – fanno riferimento alla coscienza (es. fedeltà coniugale, deontologia professionale ecc…) b. norme tecniche – si riferiscono alla conoscenza (es. norme sanitarie, codice civile e penale ecc…) c. norme rituali – riguardano la dimensione affettiva, espressiva dell’agire individuale e collettivo (es. ricorrenze, feste, galateo ecc…) Non tutte le norme hanno lo stesso grado di rilevanza e gli stessi poteri prescrittivi. E’ possibile individuare insiemi di norme che riguardano specifici aspetti della vita sociale e costituiscono le “istituzioni”. Norme socialmente rilevanti “istituzioni” possono essere: il matrimonio, la proprietà ecc… Le istituzioni costituiscono uno strumento di controllo dell’agire individuale e collettivo. Secondo DAHERENDORF 1971 “sono bastioni contro la malvagità degli uomini. Ad orientare l’azione intervengono anche vincoli, che sono delle limitazioni nella libertà di movimento e possono essere di natura ambientale o di interdipendenza. In una determinata formazione storico sociale è possibile individuare dei modelli di comportamento, particolari modi di agire e di pensare che vengono adottati ripetutamente nel tempo dai membri di un gruppo sociale - o almeno da parte di essi - così da manifestare delle uniformità e consentire la prevedibilità delle azioni sociali. I modelli di comportamento possono essere ideali (es. religione) o reali ovvero quelli concretamente adottati dai singoli soggetti. Una seconda distinzione è data dai comportamenti interni (forme di pensiero) ed esterni che esprimono azioni sociali osservabili e misurabili. Schema MC CLUNG LEE 1970 sulla obbligatorietà e generalità dei modelli di comportamento: 19 Modelli di comportamento 1. Convenzioni 2. Morale 3. Costumi di gruppo 4. Mores 5. Pratiche 6. Consuetudini 7. Atteggiamenti 8. Sentimenti Grado di Generalità Tendenzialmente per tutti i membri di una società Tendenzialmente pe tutti i membri di una società Tendenzialmente per tutti gli appartenenti ad un particolare gruppo presente nella soc. Tendenzialmente per tutti gli appartenenti ad un particolare gruppo presente nella soc. per un singolo individuo e si traducono in azioni (esterno) per un singolo individuo e si traducono in azione (esterno) forme di pensiero e stati d0animo propri di un individui (interno) forme di pensiero e stati d'animo propri di un individuo (interno) Grado di obbligatorietà bassa elevata bassa elevata bassa elevata bassa elevata *per mores si intendono quei comportamenti che fanno assumere ad una convenzione di carattere morale e viceversa RUOLI SOCIALI Approccio olistico: ”il ruolo ha una connotazione normativa ed appare imposto dall’esterno all’individuo. Deve essere assunto come dimensione obbligante”. Approccio individualistico: ”Il ruolo si depotenzia in doverosità ed è oggetto di contrattazione. Per Parsons il ruolo è dato dai diritti e dai doveri propri di chi interagisce con altri in base a norme provenienti dall’esterno ma interiorizzate dall’attore. I ruoli costituiscono veri e propri mezzi attraverso i quali si formano le azioni concrete. Diversa la concezione di ruolo nell’interazionismo simbolico di Blumer: pur riconoscendo l’importanza strutturale dei ruoli sociali, sostiene che l’interazione sociale avviene tra persone e non tra ruoli, persone che mentre interagiscono parlano di problemi ed argomenti e non di ruoli che definisce come “una guida all’azione di tipo flessibile e mutevole” Alla luce di quanto sopra si puo’ asserire che i ruoli sono elementi stabili di riferimento che vengono però costantemente elaborati e negoziati durante i processi interattivi e conseguentemente non possono che costituire guide all’azione. Al carattere impositivo (olismo) si sostituisce il carattere negoziale dei ruoli (individualismo) che consente la perdita della qualificazione normativa. Il ruolo è in genere un’azione strutturata che si specifica inoltre per la presenza di altre caratteristiche quali: 1) si riferisce sempre ad una posizione sociale; 2) possiede sempre una dimensione normativa; 3) presenta sempre carattere di reciprocità. Non tutto l’agire, ancorché sociale consiste in un agire di ruolo, infatti l’agire umano contempla quattro differenti espressioni: agire; agire-sociale; agire-strutturato; agire di ruolo. AUTONOMIA RELATIVA DELL’AZIONE E DELLA STRUTTURA La libertà dell’agire dell’uomo viene affrontata in modo contrapposto da olismo ed individualismo. Nell’olismo gli individui sono esseri programmati della struttura sociale ed il loro libero volere si riduce ad inganno e apparenza. Per gli individualisti gli individui sono dotati di libera volontà, creano e dominano la struttura sociale. Rispetto a queste due tesi opposte è lecito riconoscere che tutti gli individui sono interdipendenti e che l’interdipendenza, insieme all’interazione,impone limiti, quindi dei vincoli alla libertà di agire con variabili di intensità:la libertà è quindi sempre limitata. IMPLICAZIONI RECIPROCHE DI AZIONE E STRUTTURA DAHERENDORF, 1981. Sul tema della libertà nella società riprende i concetti espressi da Weber circa il concetto di “chance” che sono le occasioni offerte dalla struttura sociale all’individuo, specificando che le chances di vita sono funzioni di opzioni e legature. Le prime sono opportunità, opzioni di scelta offerte della struttura sociale;le opzioni esigono sempre e comunque processi di scelta. Le legature sono appartenenze,ovvero legami, che istituiscono relazioni sociali che a loro volta danno fondamento, senso e ancoraggio all’agire. Esse costituiscono dei vincoli posti dalla 20 struttura, indispensabili per dare orientamento all’individuo:le opzioni consistono in possibilità offerte dalla struttura. Si evidenzia una “implicazione reciproca” fra azione e struttura, nel senso che l’individuo precisa le proprie azioni in base alle chances che sono un preciso elemento strutturale, ma queste a loro volta, trovano attuazione tramite l’agire dell’uomo. DAHRENDORF insiste sulla necessità di una equilibrata compresenza di opzioni e legature, precisando come nelle società pre- moderne ci sia un eccesso di legature e una carenza di opzioni e come invece in quella contemporanea si registra un rischio inverso. Le legature costituiscono un limite perché riducono gli spazi di libertà ma garantiscono un ancoraggio di cui l’individuo ha bisogno per orientare la propria azione anche se cio’ comporta la rinuncia alla libertà assoluta. Da qui la conferma di una intrinseca implicazione reciproca di azione e struttura. LA SOCIALIZZAZIONE: NESSO AZIONE STRUTTURA L’essere umano appare scarsamente programmato dal punto di vista biologico. Di conseguenza l’agire degli uomini si basa in larga misura sull’apprendimento e solo in minima parte sull’istintività, cioè sui modelli complessi di comportamento determinato dai geni, elementi innati. Da qui la distinzione fra azione e comportamento. La cultura, che è una creazione umana non acquisita biologicamente, trasmessa e modificata da una generazione all’altra, svolge negli esseri umani una funzione simile a quella svolta dalla programmazione genetica (istinto) negli animali. Gli uccelli ad esempio migrano per programmazio ne genetica. Gli uomini per poter disporre dei contenuti di conoscenza, cioè della cultura, devono necessariamente apprenderli; a differenza degli animali, l'uomo possiede una ampia capacità di apprendimento. La socializzazione consiste nel processo mediante il quale l’individuo, da essere esclusivamente biologico diventa membro di un determinato gruppo sociale. Questo processo svolge una funzione mediatrice tra il singolo individuo, privo all’origine di ogni socialità, e la società mancante di ogni forma di individualità. L’apprendimento della cultura trasfigura l’uomo limitandone la libertà anche se contemporaneamente lo rende riconoscibile da parte della società cui appartiene. La socializzazione incide sull’individuo che dallo stato iniziale di asocialità viene man mano incardinato nella società tramite l’apprendimento anche inconsapevole di quelle regole (cultura) che gli consentono di diventare membro della società e di occupare in essa determinate posizioni sociali. Si determina così che esistono una molteplicità ed una articolazione degli stessi processi di socializzazione che non possono quindi esseri ricondotti ad una sola modalità di espressione. Esiste un nesso ineludibile tra azione e struttura. L’azione umana è influenzata dalle strutture che sono il risultato dell’azione umana che crea e modifica la struttura. CAPITOLO QUARTO L’ETEROGENEITA’ DELLE AZIONI E DELLE STRUTTURE SOCIALI L’agire secondo Habermas: agire teleologico, agire regolato da norme, agire drammaturgico agire comunicativo, i primi tre sono subordinati all’ultimo che risulta l’agire per eccellenza. L’agire secondo Weber: agire razionale rispetto allo scopo, agire razionale rispetto al valore, agire affettivo, agire tradizionale, dove il primo risulta come riferimento generale essendo piu’ chiaro per l’osservatore che intende comprendere il comportamento altrui. Bisogna tenere presente la distinzione fra azioni logiche ed azioni non logiche proposta da VILFREDO PARETO 1988 secondo cui la sociologia deve procedere per esperienze e sperimentazioni senza cadere nel “rischio metafisico”. Lo studio dei fenomeni sociali deve puntare alla scoperta delle uniformità sciogliendo il metodo di analisi quantitativo piuttosto che qualitativo, che adotti un metodo logico sperimentale che procede tramite l’induzione. Solo così la sociologia potrà raggiungere gli stessi progressi dell’economia. Pareto indica due criteri essenziali per qualificare le azioni umane: 1) ogni fenomeno sociale puo’ essere esaminato sotto il profilo soggettivo, ovvero come si presenta all’individuo, oppure sotto il profilo oggettivo, ossia come esso è nella realtà; 21 2) le azioni devono essere raggruppate in due classi: a)azioni logiche in cui i mezzi sono adeguati ai fini ed uniti logicamente ad esso(es.navigare a remi) b)azioni non logiche, nelle quali questo rapporto viene a mancare (es. invocare Poseidone per riuscire a navigare). Secondo PARETO l’ambito proprio della sociologia si colloca nello studio delle azioni non logiche che sono formate da una parte costante, “il residuo ” che corrisponde agli istinti, ai sentimenti, ai bisogni, e da una parte variabile, “la derivazione” che consiste nella giustificazione e nella spiegazione dell’azione da parte dell’attore. L’azione non logica nella sua parte variabile si puo’ dedurre dagli studi che hanno per oggetto la “personalità modale” ovvero quella che per alcuni suoi tratti distintivi, si riscontra con maggior frequenza all’interno di un determinato gruppo sociale. RIESMAN sosteneva che l’agire “diretto dalla tradizione (eterodiretto) è minuziosamente controllato dalla comunità, mentre l’agire “autodiretto” dell’uomo è guidato da interiorizzazioni acquisite nei primi anni di vita. L’agire eterodiretto appare orientato dall’influenza della società contemporanea ed è per questo molto variabile. THOMAS e ZNANIECKI teorizzano l’agire “filisteo” con carattere tendenzialmente rigido, l’agire “bohemien” con elevata adattabilità provvisoria dovuta alla mancanza di una sistematica organizzazione, l’agire creativo che pur possedendo un carattere fissato ed organizzato fa emergere la necessità di evolversi. UNA TIPOLOGIA DELL’AZIONE SOCIALE L’azione non puo’ essere ridotta ad un unico tipo, è opportuno introdurre una nuova tipologia che individui precisi nessi tra singoli tipi di azione e la struttura sociale. Per tale scopo si distinguono l’azione storica, l’azione teleologico-normativa e l’azione adattativa, rifacendosi ai postulati dell’agire sociale proposti da Weber, Habermas e Hannah ARENDT. In particolare quest’ultima offre una prospettiva particolare utile ai nostri fini. Lo studioso distingue i tre seguenti tipi di azione: 1) Action (azione) è un’attività rischiosa che richiederebbe il coraggio di chi la compie nel provare a confermarne la validità nel tempo. L’action produce qualcosa di nuovo, “un inizio” che tende a durare (es. una strategia militare o politica); 2) Work (opera) azione tipica dell’”homo faber” che produce effetti concreti, cioè gli artefatti; 3) Labor (lavoro) agire completamente finalizzato al reperimento dei mezzi di sussistenza. L’azione storica è assimilabile all”action”, quella teleologica-normativa al “work” e quella adattativa al “labor”. Habermas 1970 prospetta tre approcci epistemologici e li pone a fondamento di uno dei tre tipi di azione individuati: 1) Approccio ermene utico, che comprende l’azione storica; 2) Approccio normativo-analitico che comprende l’azione teleologico-normativo; 3) Approccio empirico-analitico che comprende l’azione adattativa ERMENEUTICA = metodo utilizzato per la comprensione di un testo (dal greco ermeneun=interpretare) SCIENZE ANALITICO NORMATIVE: concernono principalmente l’economia SCIENZE EMPIRICO ANALITICHE: metodo riconducibile allo studio delle scienze naturali (i comportamenti si riproducono in modo uniforme sono dunque prevedibili e spiegabili mediante leggi generali). AZIONE STORICA Azione inaspettata che presenta sempre carattere di novità e che comporta l’assunzione di rischio da parte del soggetto che la compie. Essa presenta incertezza dell’esito e della rilevanza delle conseguenze prevedibili e non prevedibili. Puo’ essere individuale e collettiva. (es. azioni storiche individuali dell’uomo carismatico Mose’ Giulio Cesare Napoleone, azioni storiche collettive Rivoluzione Francesce, Bolscevica ecc...). 22 Il concetto di azione storica collettiva di Touraine : ”l’azione storica collettiva è la creazione,innovazione,attribuzione di un senso che si manifesta ad esempio in un movimento sociale che crea dei conflitti, delle istituzioni,dei rapporti sociali nuovi”. ALBERONI asserisce che l’azione storica è riconducibile all’esperienza fondamentale di “stato nascente" interpretata quale fattore generativo dei movimenti sociali. ALBERT HIRSCHMAN fa ricadere nell’azione storica anche l’agire politico. In questa categoria rientrano le grandi invenzioni, le scoperte, le creazioni che danno vita ai nuovi metodi di organizzazione sociale: “I rapporti di forza si trasformano quando una migliore capacità comincia ad operare attraverso la forma di organizzazione nuova (Crozier.friedberg 1978). L’azione storica mette in evidenza la centralità dell’attore sia esso individuale o collettivo, AUTORE EMBLEMATICO DI RIFERIMENTO: ERVING GOFFMAN “Azione fatale” concetto di consequenzialità intesa come “la capacità di un risultato di andare oltre quelli che sono i confini dell’occasione in cui esso viene determinato e di esercitare un influenza obbiettiva sul resto della vita di colui che scommette”. L’azione fatale si caratterizza per una proprietà oggettiva (possesso di virtu’ morali in specie coraggio da parte dell’attore che ne determina il carattere) e per una proprietà oggettiva (fattore di rischio che determina l’incertezza dell’esito positivo dell’azione). Goffman elenca una serie di azioni che hanno caratere di problematicità e consequenzialità: imprese rischiose,errori strategici,ruoli pericolosi, attività del politico,professione di soldato e poliziotto, sport professionistici. L’azione fatale piu’ significativa è quella che presenta una “celebrazione dell’autodeterminazione”, assieme al possesso di virtu’ morali come il coraggio. L’azione fatale di Goffman è quindi riconducibile all’azione storica perchè ingloba gli elementi di; interferenza sul corso degli eventi, incertezza,problematicità,rischiosità e responsabilità dell’attore, imprevedibilità delle consegue nze, condividendo dunque il concetto di novità. NESSO AZIONE STORICA-STRUTTURA SOCIALE L’azione storica si qualifica per la sua relativa indipendenza nei confronti della struttura. L’azione storica è in grado di intervenire sulla struttura anche in modo innovativo ed è in grado di modificarla, riformarla, contrastarla ed anche distruggerla per crearne una nuova. L’azione storica puo’ produrre nuove strutture sia di tipo religioso e sia politico (vds Gesu’ Cristo, Napoleone ecc...) che spesso sono causa di conflitti come le strutture preesistenti ma denotano novità e coraggio da parte degli attori AZIONE TELEOLOGICO-NORMATIVA “azione conforme a norme ed orientata al perseguimento di una meta e che pertanto comporta sempre una proiezione nel futuro” AUTORE EMBLEMATICO DI RIFERIMENTO:TALCOTT PARSONS Ci si riferisce all’opera fondamentale di Parsons “la struttura dell’azione sociale” 1986, nella quale viene formulata una teoria volontaristica dell’azione che si configura come l’esito di una convergenza fra i contributi forniti dai grandi sociologi Weber, Durkheim, Pareto e dall’economista Marshall. La teoria dell’azione volontaristica si caratterizza sotto un duplice profilo: l’elemento della progettualità e quello della normatività. Parsons individua nei seguenti elementi lo schema dell’azione: 1) Colui che compie l’atto, l’attore; 2) Il fine dell’azione, che le conferisce carattere teleologico perchè rappresenta la definizione di uno stato futuro anticipato mentalmente all’attore; 3) La situazione, che è il luogo in cui l’azione si svolge e che comprende le condizioni che l’attore non è in grado di controllare ed i mezzi che invece sono sotto il suo controllo che gli consentono di portare a termine l’azione; 4) L’orientamento normativo, che mette in relazione gli altri elementi dell’azione ed assume su di essi un carattere di primazia in quanto essenziale al concetto di azione è la presenza di un orientamento normativo. 23 Nella teoria volontaristica di Parsons l’attore ha comunque una certa rilevanza grazie alle sue facoltà mentali che lo collocano in una posizione sopraelevata rispetto alle situazioni in cui agire. Il sociologo nordamericano riconosce la rilevanza della soggettività per la teoria dell’azione differenziandosi dagli approcci biologici e behavioristi che concepiscono l’essere umano solo come organismo. Nella sua teoria l’uomo viene assunto come “ego o self” e per questo il corpo si limita ad essere, per l’attore, solo un segmento della situazione al pari degli altri segmenti. La teoria volontaristica è una risposta alle sfide della teoria positivistica che concepisce l’azione come mero adattamento alla situazione o all’ambiente non riconoscendo spazio all’orientamento normativo ed al conseguimento del fine. Parsons infatti dà rilievo alla norma ed al fine che a loro volta chiamano in causa la volontà dell’attore conferendole una rilevanza prioritaria rispetto alla facoltà conoscitiva. In questa stessa prospettiva si colloca NEIL J.SMELSER che coniuga aspetti teleologici, normativi e valoriali i quali “stabiliscono in termini generali le situazioni finali desiderabili che sono la guida dell’agire umano”. I valori sono le formulazioni piu’ generali dei fini legittimi che guidano l’azione umana. NESSO AZIONE TELEOLOGICO NORMATIVA-STRUTTURA SOCIALE L’azione teleologico normativa presenta sempre natura di interpretazione nei confronti delle strutture sociali. Dalla sua nascita l’uomo si trova di fronte a strutture sociali a lui esterne ed a lui preesistenti. Le strutture manifestano la loro connotazione normativa nella misura in cui il soggetto “le fa proprie” interiorizzandole, ragion per cui quando obbedisce alle norme è convinto di obbedire alla propria coscienza credendo paradossalmente di obbedire a se stesso. Dal punto di vista della struttura opera invece il processo di socializzazione che induce ad integrare il soggetto socializzato all’interno della struttura stessa. Da questa duplice situazione di interiorizzazione scaturisce “l’interpenetrazione” in quanto l’individuo interiorizza la struttura e questa integra il soggetto; tramite interiorizzazione il soggetto si appropria della struttura, tramite la socializzazione la struttura si appropria del soggetto. In questo schema teorico entrambi sono ugualmente necessari ed assumono pari rilevanza, perchè il rapporto di compenetrazione deve essere armonico per consentire una continuità tra azione e struttura. AZIONE ADATTIVA Un azione adattiva si caratterizza per il fatto di rapportare un soggetto ad una realtà istituzionale a lui esterna in modo tale da eliminare lo squilibrio insorto a questo rapporto. L’azione tende a conformarsi alle regole che cambiano in relazione alle mutevoli esigenze ambientali. Si tratta dunque di un’azione ad elevato automatismo e fortemente condizionata dall’ambiente. AUTORE EMBLEMATICO DI RIFERIMENTO:NIKLAS LUHMANN Opera principale ”illuminismo sociologico” 1983. I concetti basilari della sua teoria consistono in quello di “sistema sociale” e di “ambiente”. Il sistema sociale definisce le proprie caratteristiche e le proprie articolazioni principali sulla base del rapporto che stabilisce con l’ambiente. La struttura è intesa in una accezione particolare ovvero come “generalizzazione delle aspettative” che sono dei comportamenti diretti ad armonizzare l’agire di piu’ persone e fondate sul fatto che risultano stabiliti a priori sia i tipi di comportamento di massima prevedibili, sia i tipi di comportamento che sono esclusi dal sistema a causa della loro incompatibilità nei suoi confronti. Per generalizzazione delle aspettative Luhmann intende “l’acquisizione da parte del sistema di una indifferenza relativa nei confronti dei movimenti ambientali, di una distaccata autonomia e di elasticità e mobilità nelle relazioni, tali da poter compensare gli inevitabili flussi ambientali”. La stabilizzazione di un sistema è un problema generato dall’ambiente mutevole e la sua soluzione consiste nel mutamento delle funzioni che l’emergere del problema ha dimostrato essere disfunzionale e nell’apprendimento di nuove funzioni assieme alla stabilizzazione della struttura. A sua volta stabilizzare la struttura di un sistema significa realizzare processi di stabilizzazione temporale, materiale e sociale delle aspettative di comportamento. Per Luhmann esiste un tipo di 24 struttura fondamentale caratterizzata alla congruenza di un triplice profitto: temporale- materiale sociale che è il diritto. Questa struttura assolve l’esigenza di: assicurare la stabilizzazione del sistema;ridurre la complessità dell’ambiente; garantire un equilibrio perennemente rimesso in discussione e ricomposto tra sistema ed ambiente. La condizione originaria del rapporto sistemaambiente è lo squilibrio e la riduzione della complessità dell’ambiente da parte del sistema che conduce ad una condizione di, seppur precario, equilibrio che i continui rimaneggiamenti delle regole concorrono a stabilizzare (Funzione adattiva). Luhmann individua i seguenti punti salienti dell’azione adattativa: 1) Distinzione tra mondo e ambiente. La complessità del sistema è sempre inferiore a quella del mondo e anche a quella dell’ambiente; 2) Il concetto di “confine”: sistema ed ambiente sono entità contigue e complementari poste su uno stesso piano. Il sistema è concepito come “sistema entro un ambiente” e questa complementarietà è evidenziata dalla differenza tra “un dentro e un fuori” che consente di formare isole di complessità ridotta entro il mondo e di mantenere costanti. Queste isole sono i sistemi 3) Predominanza della facoltà conoscitiva. I sistemi sociali tendono a sopravvivere tramite le informazioni relative agli effetti del proprio comportamento, che derivano dall’ambiente che consente al sistema di sisporre di una vasta gamma di reazioni per correggere le conseguenze dei propri errori (funzione cognitiva di derivazione cibernetica). Luhmann rappresenta la collettività come internamente scissa tra l’ambito microsociologico degli individui e della microcomunità a base affettiva (come la famiglia) e l’ambito macrosociologico costituito dalle grandi organizzazioni prevalentemente pubbliche, quali lo stato, ma anche private. Gli individui e le microcomunità hanno scarse capacità di ridurre la complessità dell’ambiente a causa dei margini di attenzione, esperienza ed azione limitati e per essere caratterizzati da un raggio di azione circoscritto e basato prevalenteme nte dalla condivisione di “affetti”. All'opposto i sistemi organizzativi, definiti da Luhmann “sistemi sociali complessi”, hanno una grande capacità di ridurre la complessità del loro ambiente perchè le loro prestazioni sono strumentali e svincolate da legami affettivi. I sistemi sociali complessi hanno una elevata capacità di attenzione che gli consente di conoscere rapidamente l’ambiente,seppur vasto e complesso, esercitando su di esso un controllo svincolato da legami affettivi, quindi indifferente verso le previsioni esercitate dall’ambiente. L’indifferenza garantisce al sistema capacità selettiva e flessibilità. Luhmann definisce le azioni delle strutture macrosociali, le cui azioni individuali sono finalizzate esclusivamente alla stabilità del sistema in quanto all’individuo è precluso l’accesso alla comprensione dei fini delle organizzazioni, come “azioni latenti” di soggetti che agiscono in modo inconsapevole ed involontario rispetto agli obbiettivi dei sistemi sociali complessi. Da qui la pertinenza nel definire adattivo questo modo di concepire l’azione nel quale i soggetti concorrono nel realizzare l’adattamento dei sistemi al loro ambiente. NESSO AZIONE ADATTIVA l’essenza di una azione adattativa consiste nel ristabilire un equilibrio tra attore ed ambiente. L’azione è guidata da norme che hanno caratteristiche diverse da quelle dell’azione teleologiconormativa, perchè non si tratta di norme etiche ma di norme “tecniche” la cui osservanza produce automaticamente un risultato utile per chi agisce. Tali norme hanno una funzione utilitaristica per il soggetto che se ne serve per raggiungere un determinato obbiettivo. Il rapporto azione adattativa-struttura insiste nel criterio secondo cui ci atteniamo alle norme. Per abitudine, per non rinunciare ad un vantaggio, per non subire un danno. Agendo in maniera adattiva l’attore tende a stabilire, nei confronti della struttura, una situazione di equilibrio seppur sempre precario. AZIONI MISTE 25 Di volta in volta, nell’ambito di una stessa struttura, soggetti diversi possono svolgere azioni differenti qualificabili come storiche-teleologico normative o adattive. Nello stesso tempo le azioni possono avere connotazione mista, ad esempio iniziare come normative e terminare come teleologico normative. Tutti questi tipi di azione infatti, non necessariamente si escludono a vicenda. QUADRO RIASSUNTIVO DELLA TIPOLOGIA DI AZIONI SOCIALI Elementi distintivi Riferimento fondamentale Grado di Libertà dell'attore Natura dell'Azione Tipo potere esercitato Fondamenti epistemologici Azione Storica Attore Elevato Innovazione (action) Carismatico Scienza Ermeneutica Nesso azione-struttura L'azione crea, modifica, distrugge le norme etiche e tecniche Autore emblematico di riferimento Goffman Azione Teleologico Normativa Orientamento normativo Medio Opera (Work) Legale - Razionale Scienze Normativo-analitiche Interiorizzazione delle norme ai fini integrativi (prevalenza norme etiche) Azione Adattiva Ambiente Basso Lavoro (labor) Tradizionale Scienze empirico-analitiche Rapporto "opportunistico" con le norme (prevalenza di norme tecniche) Parsons Luhmann LA VARIABILITA’ DEL NESSO AZIONE SOCIALE-STRUTTURA Richard MUNCH, rielaborando la teoria di Giddens sulla strutturazione, evidenzia l’eterogenicità del nesso azione-struttura, asserendo che non puo’ essere ricondotto ad un’unica interpretazione teorica. Processi fondamentali (complessità simbolica e contingenza dell'azione Caratteri dell'azione Finalità A elevata complessità simbolica e elevata contingenza Acquisizione di molti strumenti per conseguire molteplici scopi B elevata comp0lessità simbolica e scarsa contingenza conseguimento di un solo scopo pur in presenza di una molteplicità di possibili scopi alternativi C bassa complessità simbolica e scarsa contingenza conformità a norme particolari D Bassa complessità simbolica ed alta contingenza rafforzamento di idee generali tramite la definizione di situazione Modalità ricorso all'intelligenza nella comprensione dei processi e uso della moneta in situazioni di mercato competitivo capacità competitiva ed esercizio del potere in situazioni di dominio e di conflitto influenze interpersonali nell'ambito di contesti comunitari applicazione di definizioni della situazione in processi di codificazione simbolica Principio informatore Struttura Fondamentale Mezzi di interazione Teoria esplicativa determinazione del grado ottimale della realizzazione dell'obiettivo mercato denaro economia scelta di un unico scopo potere dominio conflittuale conformità alle norme comunità tradizionale influenza normativofenomenologica coerenza con le idee comunicazione discorsiva impegni etici comuni agire comunicativo 26 I contributi teorici dello schema sono utili per approfondire la conoscenza delle singole modalità che legano le azioni alle strutture. Questi nessi non possono essere ricondotti ad un’unica teorizzazione per la loro intrinseca eterogeneità. IL PROBLEMA DELLA RAZIONALITA’ DELL’AGIRE UMANO LA CENTRALITA’ DELLA DIMENSIONE RAZIONALE Con la questione della razionalità dell’agire umano si devono fare i conti con le teorie che pongono l’accento sull’elemento esterno di tipo condizionale e con quelle che riconoscono particolare rilievo all’elemento normativo interno al soggetto. Le prime caratterizzano l’azione come strumentale riducendo i mezzi ai fini; le seconde puntano l’autonomia dei fini rispetto ai mezzi. In entrambi i casi rimane centrale la questione della razionalità. La sociologia ha sempre dovuto misurarsi con la questione della razionalità. Il termine razio nalità viene usato con significati diversi ed in considerazione della rilevanza che essa assume per la comprensione e la spiegazione dell’agire sociale. PARSONS nella “struttura dell’azione sociale” definisce razionale “l’azione che persegue i fini possibili nell’ambito dell’azione, servendosi di quei mezzi,tra quelli di cui l’attore dispone, che sono intrinsecamente adatti al raggiungimento del fine, per ragioni comprensibili e verificabili empiricamente”. Secondo Parsons per agire in modo razionale l’attore deve essere in grado di conoscere la situazione e di valutare gli esiti delle possibili scelte che ha facoltà di compiere. SCHUTZ pochi anni dopo osserva che raramente nella vita quotidiana gli attori si comportano secondo la logica indicata da Parsons nel suo lavoro del 1937. La percezione della realtà per Schultz è sempre mediata non solo dalla percezione soggettiva, ma anche dalla presenza di convenzioni, tradizioni, norme, che allontanano i nostri comportamenti da quella razionalità teorizzata da Parsons. Ogni attore ha un bagaglio di conoscenze ed esperienze che gli consente di agire nella realtà di ogni giorno in modo competente anche se non necessariamente razionale. Questo non significa che la nozione di razionalità perda valore, essa piu’ che descrivere una qualità dell’agire, va intesa come lo strumento per poter svolgere l’analisi della realtà sociale. Schutz sostiene che nei confronti dell’azione sociale, l’aggettivo razionale va inteso come “ragionevole”. Per la sua prevedibilità non sarebbe altro che la conseguenza dell’esperienza accumulata, che ci suggerisce la condotta da tenere nel corso di un evento. Queste considerazioni portano Schutz ad affermare che bisogna distinguere la razionalità dell’attore da quella dell’osservatore che è in grado, Ex-post, di valutare rispetto ai criteri di razionalità. Per questo la razionalità piu’ che essere propria dell’attore, è strumento mediante il quale ha luogo la conoscenza scientifica. Per HABERMAS la ragione non è altro che uno strumento di lavoro che sottonde alle nostre attività quotidiane. Egli rifiuta una visione astratta della ragione (separata da ogni realtà concreta) per cercare di introdurre la razionalità nella logica dell’azione sociale. Non è dunque importante discorrere sulla ragione ma occorre analizzare scientificamente la ragione nella azione, cioè nella pratica comunicativa. Negli ultimi tempi razionalità è stato usato soprattutto con l’affermarsi della “scuola della ragione” che ha cercato piu’ compiutamente di utilizzare la razionalità per spiegare l’intera vita sociale. LA TEORIA DELLA SCIENZA RAZIONALE La teoria della scelta razionale si qualifica in quanto estensione del modello dell’uomo economico alle altre sfere dell’agire sociale è un modello basato sull’idea di “comportamento massimizzante” finalizzato alla ricerca del risultato con il minimo dei costi. Come postulato da BECHER 1976, “si applica a tutte le sfere dell’agire umano, sia che si tratti di comportamenti che hanno a che fare con prezzi monetari o fittizi, con scelte frequenti o infrequenti, con decisioni importanti o meno importanti,con fini automatici o emozionalmente significativi, con individui ricchi o poveri, uomini o donne,adulti o bambini, stupidi o intellettuali,insegnanti o studenti. La teoria della scelta razionale è una “sfida alla sociologia” che nel corso degli anni ’80 ha prodotto sofisticati sistemi tesi al conseguimento di teorizzazioni piu’ complesse. 27 La teoria della scelta razionale si basa su tre capisaldi: 1) GLI ATTORI SONO RAZIONALI. La razionalità è concepita in senso formale (Weber). Consiste nella scelta dei mezzi che nel caso piu’ economico consentono di conseguire i fini. Essi esulano dall’analisi e sono dati; 2) GLI ATTORI SONO MOTIVATI DAL “SELF INTEREST” hanno cioè una spinta utilitaristica; 3) GLI ATTORI SONO ATOMI. Sono individui senza una precisa identità e sono sganciati da una precisa posizione sociale. I sostenitori di questa teoria non arrivano ad affermare che il loro modello è riferito all’uomo reale, anzi tutti riconoscono che si tratta di un modello fortemente semplificato. Essi sostengono che nel metodo la realtà sociale puo’ essere analizzata a partire dalle azioni dei singoli individui. ELSTER sostiene che questa posizione epistemologica nega che vi siano entità sovraindividuali che vengono logicamente prima dell’ordine esplicativo, dando una spiegazione dei fenomeni aggregati che parte dalle azioni individuali. La maggior parte degli autori afferma che l’azione non è sempre e comunque razionale e che l’irrazionalità non esiste nella realtà. L’essenza di questa teoria puo’ essere così riassunta: ”l’azione è espressione e realizzazione di una scelta compiuta dall’attore". Tale scelta è riferita ad un paniere di preferenze razionalmente ordinate in base ai possibili risultati dell’azione, in ossequio alla ricerca per cui, tra un insieme di azioni possibili l’attore sceglie quella soluzione le cui conseguenze sono a lui preferite. In questa spiegazione è centrale il nesso tra azione e ragione. Un attore è luogo di decisione e di azione, e l’azione è la conseguenza delle decisioni dell’attore. ULTERIORI APPROFONDIMENTI NOZIONE DI RAZIONALITA’ LIMITATA (SIMON 1982). Nella maggior parte delle situazioni, gli attori non dispongono dell’insieme delle informazioni necessarie e presentano intrinseci limiti cognitivi che vanno individuati nella incapacità umana di raccogliere in modo obbiettivo i dati di conoscenza che concernono la realtà circostante. Di norma gli attori economizzano nella valutazione delle alternative accontentandosi di seguire una linea di condotta soddisfacente, rinunciando a massimalizzare i risultati. NOZIONE DI RAZIONALITA’ STRATEGICA a) Solo di rado l’attore ha obbiettivi chiari. I suoi progetti sono in genere molteplici, ambigui, contraddittori; b) Il suo comportamento è attivo; c) Il comportamento ha senso in quanto egli è razionale rispetto alle opportunità esistenti; d) L’azione tende a cogliere le possibilità (dimensione offensiva) e a mantenere il proprio spazio di libertà (azione difensiva). Per quanto sopra la razionalità no n puo’ essere concepita al di fuori del contesto nel quale l’attore opera e dal quale trae la sua stessa razionalità. A.SEU (1977) vede nell’uomo razionale “altruismo” ricondotto alle dimensioni fondamentali di “simpatia” (simpaty) ed impegno (commitment) nelle quali identifica 1) il disagio provocato dall’altrui sofferenza 2) la disponibilità ad agire per gli altri, anche se cio’ comporta di andare contro il proprio interesse. Con questo assunto SEN vuole superare il concetto egoistico dell’azione raziona le. J.ELSTER in Ulisse e le sirene (1983) evidenzia la capacità dell’attore razionale di legarsi a valori di lungo periodo senza farsi attrarre dalle sirene che tendono a distoglierlo dal suo scopo. Egli riconosce che l’azione non sempre è razionale e che vi sono problemi nell’identificare strettamente la razionalità con il comportamento massimizzante. BOUDON (1980) con l’idea delle ”buone ragioni” asserisce che esse possono anche essere obbiettivamente non valide ma non per questo inefficaci nel guidare l’azione. L’attore sociale, in virtu’ delle sue “buone ragioni” puo’ addirittura arrivare a credere ad idee false. BOUDON 28 distingue tra razionalità soggettiva e razionalità oggettiva e definisce la razionalità come uno stile di comportamento adatto al perseguimento di determinati fini entro i limiti imposti da certe condizioni e limitazioni.Gli sviluppi della teoria dell’uomo razionale sottolineano la nozione di “effetti perversi” (unintended conseguences) ripresa dal concetto di “consequenzialità delle attese” dato da MERTON. Questa analisi porta al superamento definitivo della posizione che vede dietro la società, dietro ad ogni evento sociale, sempre e qualcuno che lo ha voluto, progettato, realizzato (Antiseri 1991). AL DI LA’ DELL’UOMO RAZIONALE Nei rapporti tra azione e razionalità rimangono ancora molti punti oscuri. “la formazione del sistema delle preferenze” non puo’ essere considerato come un fenomeno puramente individuale, ma va visto come un ”processo strettamente interconnesso con la realtà socio culturale circostante”. Le preferenze, assunte come razionali, non possono essere messe in discussione da standard etici collettivi. L’azione umana è razionale quando: i suoi scopi perseguono i fini di carattere generale nel modo piu’ efficace in rapporto ai costi-benefici; i fini di carattere generale non sono mossi da ideali ma si prefiggono di massimizzare il piacere e minimizzare il dolore. L’azione razionale si caratterizza non solo per riduzione dei fini ai mezzi ma anche per l’adattamento dell’autore alla situazione. Questo rapporto è guidato soltanto dall’efficienza e si fonda sulla conoscenza esatta che l’attore acquisisce dalla situazione e peculiarmente dall’elemento condizionale dell’azione stessa. Un altro problema è dato dalla capacità di autocontrollo del soggetto rispetto alle proprie preferenze e quindi dalla capacità di intervenire per modificarle (HIRSCHAMANN 1982: La scelta è un processo che lavora contemporaneamente su diversi registri temporali e su diversi campi di riferimento. Occorre tenere conto del contesto in cui l’azione ha luogo perchè nella teoria della scelta razionale si tende a ridurre questo concetto al problema della raccolta e del trattamento dell’informazione da parte del soggetto. SIMON ha parlato di “razionalità limitata” proprio riferendosi alla limitata disponibilità di informazioni in possesso dell’attore. La realtà sociale non puo’ ridursi ad un fascio di dati di cui l’attore puo’ disporre. Al contrario gran parte della tradizione sociologica insiste “sull’elevato grado di ambiguità che caratterizzate le azioni umane. GOFFMANN (1959) ha dimostrato che le nostre azioni piu’ che da una valutazione soggettiva delle opportunità disponibili, sono sovente orientate dalle reazioni degli altri in un processo interattivo complesso fatto di ambiguità e reattività piu’ che da trasparenza e calcolo. AZIONE STRUTTURA RAZIONALITA’ Un’azione è spiegata quando si puo’ dimostrare che è stata compiuta per determinate ragioni. Concludendo si puo’ osservare che la teoria della scelta razionale è un tentativo di risolvere un problema classico relativo all’azione mediante il ricorso ad un modello efficace perchè semplice e facilmente formalizzabile. Il problema nasce quando tale modello si propone come alternativo e sostitutivo dei modelli tradizionali nei cui confronti appare debole e poi non riesce a risolvere il rapporto azione struttura perchè trascura alcune dimensioni costitutive dell’agire umano. DIMENSIONE RAZIONALE E DIMENSIONE EXTRA RAZIONALE L’osservazione e lo studio della realtà empirica hanno ripetutamente confermato l’esistenza e la rilevanza di una sfera extra-razionale che è cruciale per la comprensione dell’azione sociale. ACHILLE ARDIGO’: secondo la sua teoria, anche il prescentifico mondo della vita, in continua trasformazione, diviene rilevante per la comprensione dell’azione sociale: “quel mondo della vita che nella nostra esistenza ci è largamente pre-dato non è mero ambiente rispetto alla nostra soggettiva autoreferenzialità”. Ritiene che il punto essenziale per comprendere l’azione sociale risiede proprio nella dialettica tra mondo della vita e capacità autocosciente,introspettiva e comunicante del soggetto. MICHEL MAFFERSON teorizza che nelle società avanzate si registra un nuovo eppure antichissimo paradigma “dionisiaco” dai tratti neo-tribali. Il sentimento e le passioni tendono a riaffermare la loro centralità nel gioco societario. Per questo l’organizzazione razionale deve 29 riconoscere che alla sua base c’è una logica passionale che non puo’ essere cancellato da alcun progetto illuministico. ALEXANDER ha tenuto conto dell’extra-razionale per sviluppare l’approccio alla teoria multidimensionale, che cerca di considerare la dimensione razionale (strumentale) e quella non razionale (normativa) dell’azione allo scopo di coniugare l’aspetto volontaristico interno alla soggettività con i condizionamenti esterni, la libertà con la coercizione. L’incontro tra questi elementi si realizza grazie ad un piu’ organico collegamento tra azione e l’ordine sociale inteso come il problema del coordinamento in unità, della pluralità di individui agenti, in forme sociali non casuali. Su questa base Alexander ritiene che sia possibile giungere ad un incontro tra ordine e libertà. Solo un approccio multidimensionale puo’ consentire di superare le “aporie” (difficoltà insolubile di un ragionamento) che affliggono il determinismo oggettivistico e l’idealismo soggettivistico. 30 GLOSSARIO Positivismo Indirizzo filosofico fondato sulla posizione privilegiata della conoscenza scientifica e sperimentale, concepita come l'unica forma legittima di conoscenza della realtà. La parola 'positivismo' fu utilizzata per la prima volta da Saint-Simon per indicare la caratteristica propria del sapere scientifico, inteso come un sapere 'positivo', cioè rivolto alla realtà effettiva (in contrapposizione alle vuote astrazioni della metafisica), e pertanto valido perché verificabile sperimentalmente. Ma il vero e proprio fondatore del positivismo è stato Auguste Comte, allievo e collaboratore di SaintSimon e autore di un “Corso di filosofia positiva” in sei volumi (1830-1842). I diversi pensatori che si sono riallacciati alle sue idee, pur dando luogo a indirizzi autonomi, hanno perlopiù condiviso le seguenti tesi: il rifiuto della metafisica come pseudosapere, l'identificazione dell'oggetto della conoscenza con i dati di fatto così come sono studiati dalle scienze sperimentali, l'estensione dei metodi della scienza naturale a tutti i settori del sapere, la fiducia nel progresso dell'umanità come effetto del progresso scientifico. Erede in larga parte dell'illuminismo del Settecento e dello spirito dell'empirismo inglese, il pensiero positivistico non è del tutto estraneo al clima delle filosofie romantiche della storia sviluppatesi nei primi decenni dell'Ottocento. Ma soprattutto il positivismo avrebbe costituito, nel corso del XIX secolo, una prospettiva globale che guardava con ottimismo ai grandi mutamenti culturali in atto nella società europea e negli Stati Uniti, entrati nella fase dell'industrializzazione. Si possono nondimeno distinguere alcuni orientamenti di fondo del positivismo ottocentesco. Secondo Comte le conoscenze umane sono passate attraverso tre stadi: lo stadio teologico, lo stadio metafisico, lo stadio positivo o scientifico, il quale soltanto può essere considerato come definitivo. 'Nello stadio positivo', scrive Comte, “lo spirito umano rinuncia a indagare l'origine e la destinazione dell'universo e a conoscere le cause intime dei fenomeni, per tentare unicamente di scoprire, mediante l'uso ben combinato del ragionamento e dell'osservazione, le loro leggi effettive, cioè le loro relazioni invariabili di successione e di somiglianza”. Compito della filosofia è unicamente quello di offrire una classificazione delle scienze, che per Comte sono la matematica, l'astronomia, la fisica, la chimica e la biologia, secondo una divisione che corrisponde all'ordine storico con cui esse si sono emancipate dallo stadio teologico e metafisico per entrare in quello positivo. Ma l'obiettivo di Comte era di favorire la nascita di una nuova scienza, cioè la sociologia, che studiasse empiricamente i fenomeni sociali. Sociologia Disciplina scientifica che, attraverso il ricorso a propri metodi di indagine e tecniche di ricerca, studia la società e la vita sociale, allo scopo di comprendere le leggi che sono alla base delle loro dinamiche e del loro mutamento. Oggetto dello studio sociologico sono gli individui in quanto esseri sociali, interagenti cioè con altri individui, e quindi: le relazioni e le norme che stabiliscono (linguaggi, convenzioni, costumi, riti, leggi ecc.); gli aggregati e le strutture che creano (gruppi, famiglie, classi, istituzioni ecc.); i ruoli e i fenomeni che la relazione tra gli individui produce (status, poteri, conflitti ecc.). L’indagine sociologica ha avuto tra i suoi primi oggetti di studio i fenomeni legati allo sviluppo industriale e all’urbanizzazione e ha legato la sua ricerca successiva soprattutto al tentativo di comprendere i mutamenti che si verificano all’interno delle società moderne. Molto genericamente, si potrebbe definire la sociologia la “scienza della modernità”. Viene annoverata tra le scienze 31 sociali – insieme con l’antropologia culturale, la psicologia, la storia, la geografia, l’economia, l’etologia, la scienza della politica ecc. – con cui condivide campi di studi e strumenti di ricerca. La sociologia come insieme di conoscenze sistematiche è una scienza di recente costituzione. Fu Auguste Comte a usare già nel 1824 (e poi di nuovo nel 1838, nel suo Corso di filosofia positiva) il termine “sociologia”, in sostituzione dell’espressione “fisica sociale”, precedentemente usata dallo stesso Comte. Per Comte, la nuova disciplina avrebbe dovuto scoprire le leggi fondamentali che governano le società, come le scienze fisiche avevano individuato le leggi naturali. Il filosofo inglese Herbert Spencer sviluppò ulteriormente la concezione originaria di Comte, assimilando la società a un organismo vivente. Padri della nuova scienza sono considerati anche altri filosofi dell’Ottocento, come Karl Marx e Saint-Simon, Alexis de Tocqueville e John Stuart Mill. In Francia la sociologia venne riconosciuta disciplina accademica fra il 1880 e 1890. Emile Durkheim fu il primo a fondare una vera e propria scuola di pensiero sociologico e si batté perché alla nuova scienza fosse riconosciuta una sua specifica autonomia. Secondo uno dei principi fondamentali della teoria durkheimiana, esistono realtà indipendenti dalla volontà dei singoli individui, i fatti sociali, spiegabili solo considerando i fattori sociali che li determinano; un’applicazione esemplare di tale principio è costituita dall’analisi sociologica di un fenomeno apparentemente del tutto psicologico come il suicidio. Uno sviluppo importante per la definizione della nuo va scienza si ebbe in Germania, dove la sociologia fu riconosciuta come disciplina accademica agli inizi del Novecento e uno dei suoi maggiori esponenti fu Max Weber. Invece di emulare le scienze naturali (come accadeva in Francia e in Inghilterra), la sociologia tedesca, grazie a Weber, Georg Simmel e all’influenza di Wilhelm Dilthey e del marxismo, elaborò un nuovo metodo d’indagine. Oltre a spiegare i fenomeni dall’esterno, i sociologi tedeschi si imposero di comprenderli dall’interno, intuendo che la comprensione dell’azione sociale è imprescindibile dalla considerazione del soggetto che la compie e che ogni fatto sociale è un fatto a sé, dal quale non si ricavano regole generali All’interno della disciplina sociologica, nel corso del suo sviluppo si sono distinti vari orientamenti, di cui i principali sono il funzionalismo, la sociologia critica, la sociologia marxista, la sociologia neoweberiana, l’interazionismo simbolico. Il funzionalismo ritiene la società un sistema funzionale e adattativo, dove i comportamenti individuali e collettivi e le strutture sociali corrispondono alle esigenze di sopravvivenza della società. Questa concezione, presente già nell’opera di Saint-Simon e Comte, ha tra i suoi principali esponenti Durkheim, Talcott Parsons, Robert King Merton. L’approccio funzionalista, abbandonato per un lungo periodo di tempo, è stato ripreso negli anni Ottanta, soprattutto nell’opera di Niklas Luhmann. Funzionalismo (sociologia) In sociologia, prospettiva teorica che considera la società composta da parti interconnesse e interdipendenti, in modo tale che la rottura dello stato di equilibrio, eventualmente prodotta da una singola parte, tenda a essere compensata dal mutamento che interviene in un'altra parte, in una sorta di reazione a catena. La prospettiva funzionalista, che ha avuto larga diffusione nelle scienze sociali, afferma che un certo fenomeno esiste in quanto correlato a una pluralità di fenomeni che variano sistematicamente al suo variare. Essa presuppone cioè l'esistenza di un sistema di forze interrelate, che può essere espresso anche mediante formule matematiche. Principali esponenti di 32 tale prospettiva furono Talcott Parsons e Robert Merton. In particolare, secondo Parsons tutto ciò che esiste nella società è funzionale rispetto all'intero sistema sociale o ad alcune sue parti; ciò che continua a conservarsi quindi risponderebbe a precise esigenze sociali. 2. LA CRITICA AL FUNZIONALISMO La critica più rilevante, mossa alla versione parsonsiana del funzionalismo, riguarda il suo conservatorismo: infatti, se ogni istituzione si conserva soltanto in quanto utile e funzionale, da ciò consegue una vera e propria difesa acritica dell'esistente che risulterebbe quindi costituito dall'insieme di stati, processi e istituzioni migliori (o più funzionali possibile); la filosofia sottostante sarebbe dunque che “ciò che esiste è anche ciò che è meglio”. Merton, introducendo le nozioni di 'disfunzione' e di 'funzione latente', ha in parte tentato di porre rimedio ai limiti della versione precedente, tuttavia il declino della prospettiva funzionalista è continuato fino ai giorni nostri. La prospettiva marxista infatti ha largamente influenzato il filone dei teorici del conflitto (fra cui si annoverano ad esempio gli studiosi della scuola di Francoforte) che, contrariamente ai funzionalisti, considerano la società come un'arena attraversata inevitabilmente da conflitti sociali. Sistema sociale In sociologia, insieme di rapporti fra gli elementi costitutivi di una società. La struttura di un sistema sociale è, pertanto, rappresentata dalla totalità delle relazioni sociali che ogni singolo soggetto, individuale o collettivo, intrattiene con altri e le cui caratteristiche sono indipendenti dalle individualità ma corrispondono a precise aspettative di ruolo e di posizione. Il concetto di sistema sociale ha favorito analisi più ampie e dettagliate dei fenomeni sociali ed è la traduzione, in termini sociologici, della nozione generale di sistema elaborata dalle scienze naturali. Ogni sistema, infatti, astrattamente si presenta come una totalità, in cui le singole parti sono in relazione reciproca e danno vita a un complesso con caratteristiche non riconducibili semplicemente alla somma dei singoli elementi da cui è composto. L’idea che la società possa essere considerata come un tutto, in cui le parti sono reciprocamente interdipendenti, è presente, sia pur con valenze diverse, fin dagli esordi della sociologia. Nel XIX secolo, ad esempio, Auguste Comte e Herbert Spencer interpretarono il concetto di sistema sociale in termini fisiologici. Secondo questa prospettiva, la società può essere paragonata a un organismo vivente, il cui stato generale di salute dipende dal corretto funzionamento e dalla reciproca interazione di tutti gli organi. Riportando questi concetti alla realtà sociale, ciò vuol dire che ogni singola unità, interagendo con le altre, può determinare e condizionare l’andamento generale del sistema. Anche Karl Marx condivise una concezione sistemica della società, non assimilabile però a quelle di tipo organicistico. Per Marx, i diversi elementi del sistema sociale (i rapporti di produzione, le forze produttive, le classi sociali, le ideologie, i fenomeni culturali, le religioni, il diritto ecc.), pur essendo strettamente collegati fra loro, non sono in grado di influenzarsi reciprocamente. Infatti, solo i rapporti di produzione sono capaci di modificare e di condizionare gli altri fattori, che quindi da essi dipendono primariamente. Agli inizi del XX secolo, Vilfredo Pareto sviluppò un approccio, più propriamente meccanicistico, che dedicava una particolare attenzione allo studio dell’equilibrio sociale inteso come il risultato di forze contrapposte, di attrazione e di repulsione, presenti in una data collettività. Per Pareto, 33 l’equilibrio, ossia lo stato normale di un sistema, può essere minacciato e modificato da individui o gruppi che agiscono in contrasto con il resto della società, creando così la possibilità di una catena di azioni e reazioni. Si deve a Talcott Parsons la teorizzazione più completa della società in termini sistemici. Per Parsons, nel sistema sociale non agiscono però gli individui, ma i ruoli che essi ricoprono e che sono determinati dallo status, indipendente dalla personalità del singolo. Per Parsons il sistema sociale tende automaticamente a riequilibrarsi e a riprodursi. In epoca più recente alcuni sociologi hanno tentato di porre a fondamento della concezione sistemica della società alcuni presupposti basilari tratti dalla teoria dei sistemi. Questo settore dell’epistemologia contemporanea cerca di rintracciare e definire le proprietà generali dei sistemi, cioè i principi validi per tutti i tipi di costellazione sistemica indipendentemente dalle specifiche caratteristiche degli elementi che le costituiscono. In particolare, l’osservazione sistemica che tutte le relazioni sono interpretabili come flussi di informazioni ha portato il sociologo tedesco Niklas Luhmann a considerare la società nel suo complesso come il sistema al quale fanno riferimento tutti i sistemi sociali che la costituiscono, nella misura in cui essa garantisce le condizioni di sopravvivenza di ogni singolo sistema, va le a dire la produzione e la riproduzione della comunicazione. Nella riflessione sociologica contemporanea il concetto di sistema sociale presenta alcune caratteristiche quasi unanimemente condivise. Innanzitutto esso viene applicato a ogni forma di raggruppamento umano mediamente strutturato, e non più soltanto alla società nel suo complesso. Inoltre i suoi elementi costitutivi non sono i singoli individui ma le azioni e i comportamenti definiti da determinate posizioni sociali e dai ruoli corrispondenti. Ne consegue, quindi, che un individuo, in virtù della molteplicità dei ruoli e delle posizioni sociali che ricopre nel corso della sua esistenza, può appartenere a più sistemi, contemporaneamente o successivamente. Il che vuol dire, anche, che ogni costellazione sistemica presenta delle interazioni caratteristiche e diversificate rispetto a quelle degli altri sistemi, fra i quali, quindi, è possibile stabilire dei confini e delle modalità di rapporto. L’analisi e la lettura dei fenomeni sociali in chiave sistemica ha permesso non solo di identificare e di comprendere, in maniera più precisa, il funzionamento di alcuni settori e di numerose dinamiche sociali, ma anche di prospettare la costruzione di sistemi sociali completamente nuovi.