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PROGRAMMA PER ARGOMENTI
I- “Filosofia” e “filosofi”
II- I problemi della filosofia
(Riepilogo visivo per: I problemi della filosofia, probl.
gnoseologico, metafisico, cosmologico, psicologico,
teologico, morale, estetico)
III- Scienze e filosofia
IV- Filosofia e religione
V- Concetto di “storia della filosofia”
VI- Dal mito alla riflessione filosofica
VII- La filosofia del Medio Evo
1) Divisione generale
2) La Patristica
a) La filosofia nel pensiero cristiano
b) Agostino
3)La Scolastica
a) Rapporto fede- ragione
b) Il problema degli universali
c) Principali correnti e rappresentanti
d) Anselmo d’Aosta
e) Bonaventura da Bagnoregio
f) Tommaso d’Aquino
g) Giovanni Duns Scoto
h) Guglielmo d’Ockham
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I- “Filosofia” e “filosofi”
Il termine “filosofia” significa etimologicamente “amore di
sapienza”, cioè desiderio di conoscere e spiegare la realtà
dell’universo e il destino della vita umana.
L’uomo fin dagli albori della sua vita osserva il mondo che lo
circonda, nota i fenomeni che si succedono, prova nel suo intimo
sentimenti e impulsi, sente di avere il potere di ricordare avvenimenti
ed esperienze passate e di riflettere su quei fatti, pervenendo a
conclusioni che potranno essergli utili in seguito.
Infatti, consapevole che questa terra è il luogo in cui dove condurre
la sua esistenza, egli, dopo un primo sbigottimento, volge il suo animo
all’osservazione della natura al fine di penetrarne i segreti e regolare
adeguatamente la propria vita.
Comportarsi in questo modo significa essere “filosofo”, per cui ogni
uomo, pur non sapendolo, è filosofo.
Naturalmente, gli uomini non sono filosofi allo stesso modo: la
maggior parte di loro lo sono inconsciamente e non sempre, mentre
altri lo sono consapevolmente in quanto di proposito si prefiggono il
compito di risolvere i problemi della vita e propongono le proprie
soluzioni anche agli altri uomini, in modo che esse abbiano un valore
universale, oltre che personale.
I termini “filosofia” e “filosofo” furono introdotti nel IV secolo a.
C. da Pitagora1 in sostituzione di “sapienza” e “sapiente”, usati per
indicre un insieme di verità valide per la conoscenza e la vita pratica, e
per denominare colui il quale aveva il privilegio di insegnare tali
norme.
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Vissuto fra il 571 e il 479 a.C., nacque a Samo, si trasferì nella Magna Grecia e
in Calabria e morì a Metaponto, in Basilicata. A Crotone fondò una comunità
religiosa che aveva interessi ascetici, oltre che filosofici e scientifici. La leggenda
lo presenta come un uomo divino, circondato da fascino misterioso, come il
maestro al quale si deve assoluta riverenza e cieca obbedienza.
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Egli riteneva che la sapienza fosse un dono divino e che sapiente
fosse il fortunato possessore di tale dono.
Di conseguenza, preferiva definirsi “filosofo”, cioè amante del
sapere, perché pensava che il compito precipuo dell’uomo fosse la
ricerca della scienza, condotta e perseguita con le proprie forze.
Conseguentemente, la scienza conquistata in questo modo prendeva
il nome di “filosofia”.
Ma qual è il compito che si prefigge la filosofia?
Essendo amore e ricerca di sapienza, essa indaga tutta la realtà o,
meglio, tutto ciò che esiste nella sua totalità e si domanda quali
rapporti intercorrano fra l’ Essere assoluto e l’uomo.
L’ Essere assoluto è ciò che spiega tutto quello che è e accade, ciò
che contiene in sé la ragione di tutto, vale a dire l’essenza ultima delle
cose.
In relazione a questo Essere, l’uomo ha coscienza di un suo compito,
per cui la sua vita acquista un significato, uno scopo; egli, infatti,
sente di dover attuare pienamente se stesso, cioè i suoi valori spirituali
in modo che la sua esistenza non trascorra invano.
Di conseguenza, il problema che si pone la filosofia è uno solo:
ricercare l’ Essere, determinare il destino dell’uomo e indicare a
questi i mezzi più idonei per attuarlo.
Esso, però, pur essendo unico, si suddivide in molteplici problemi
perché tanto l’essere quanto la vita presentano molti aspetti, ciascuno
dei quali rivela una faccia dell’identica realtà.
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I problemi della filosofia
Riepilogo visivo
cosmologia
psicologia
teologia
metafisica
gnoseologia
morale
I problemi
della
filosofia
pedagogia
estetica
storiografia
politica
economia
sociologia
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II- I problemi della filosofia
I principali problemi della filosofia sono i seguenti: problema
gnoseologico, metafisico, cosmologico, psicologico, teologico,
morale,
estetico,
politico,
sociologico,
economico,
storiografico, pedagogico.
Tutti questi problemi non sono fra loro indipendenti, ma
concorrono, ciascuno per la parte che gli compete, a determinare
l’Essere, e ad offrire una risposta agli interrogativi che l’uomo si pone
sul suo destino.
Il problema gnoseologico, da gnòsis = conoscenza e lògos = scienza
o discorso, tratta proprio del modo in cui l’uomo conosce.
Esso distingue:
a) la conoscenza sensibile da quella intellettiva;
b) ne indaga l’origine;
c) determina se sia possibile raggiungere la verità;
d) riconosce i limiti dell’uomo.
a) La conoscenza sensibile è la sintesi delle impressioni ricevute dai
vari organi di senso, come vista, udito, tatto, gusto e olfatto, alla
presenza di un oggetto.
Così, attraverso essa il soggetto viene a conoscenza del colore, del
suono, dell’estensione, della levigatezza o ruvidezza, del calore, del
sapore, dell’odore di un determinato oggetto.
La conoscenza intellettiva è l’atto mentale con cui si coglie
l’essenza di un oggetto e lo si considera appartenente ad una
determinata specie.
Esempio: Se mi trovo di fronte ad un pioppo, attraverso i sensi
percepisco le sue qualità, come la lunghezza, la levigatezza e il
diametro del tronco, il calore, la forma e la mobilità delle foglie, e ne
ho una immagine precisa, diversa dalle immagini di altri alberi e di
altri pioppi che mi sono formato in analoghe esperienze precedenti.
Questa è la conoscenza sensibile, che è particolare e soggettiva, in
quanto si riferisce sempre ad una determinata circostanza e può
cambiare da individuo ad individuo.
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Tale forma di conoscenza può essere approfondita mediante
l’intelletto e consente la formulazione del concetto e del giudizio.
Infatti, se astraggo, cioè tolgo via con la mente, tutte le qualità
particolari notate in quel pioppo, come, ad esempio, la lunghezza e il
diametro del tronco, coglierò mentalmente l’essenza del pioppo; e se
continuerò ancora in questa opera di astrazione mentale, togliendo
anche la levigatezza del tronco, il colore, la forma e la mobilità delle
foglie, mi rappresenterò mentalmente l’essenza dell’albero in
generale, comune a tutti gli alberi in quanto appartenenti alla stessa
specie.
Questo è il concetto di albero, con il quale si pensa un oggetto
costituito semplicemente di radici, fusto e foglie, senza che siano
determinate le radici o indicato il fusto o qualificate le foglie.
A differenza della sensazione, il concetto è universale e oggettivo
perché è riferibile a tutti gli oggetti della stessa specie ed ha validità di
per se stesso, indipendentemente dall’esperienza particolare di ogni
uomo.
Infine, io posso attribuire ad un oggetto le sue caratteristiche
proprie; così facendo, formulo un giudizio che si esprime con una
proposizione formata da un soggetto e da un predicato congiunti dal
verbo essere.
Esempio, l’albero è un essere vegetale costituito di radici, fusto e
foglie.
La conoscenza intellettiva non è ammessa da tutti i filosofi; fra
costoro ricordiamo i Sofisti, i Cinici, i Cirenaici, gli Epicurei e gli
Scettici.
b) Per quanto riguarda l’origine della conoscenza, si distinguono due
correnti contrastanti: l’empirismo, che muove dall’esperienza e
concepisce l’anima come una tabula rasa, cioè come una tavoletta di
cera, ancora liscia e ben levigata, su cui gli antichi imprimevano i
segni della scrittura, cioè come una pagina bianca; e l’ innatismo,
secondo il quale l’anima possiede fin dalla nascita i concetti, mentre
l’esperienza viene considerata come strumento ausiliario e come
spunto perché questi concetti innati siano ordinati logicamente in un
tutto logico, divenendo chiari al soggetto conoscente.
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Alla prima corrente appartengono soprattutto Aristotele, gli
Epicurei, gli Stoici e San Tommaso; alla seconda appartengono in
particolare Socrate e Platone.
c) Alla domanda se la verità sia raggiungibile, rispondono
positivamente coloro i quali ammettono che i concetti hanno valore
conoscitivo, vale a dire coloro i quali ammettono la validità della
conoscenza intellettiva, mentre discordano coloro i quali negano la
conoscenza intellettiva, riconoscendo nella sensazione l’unica fonte
mediante la quale l’uomo ha contatto con le cose.
La validità conoscitiva dei concetti viene ammessa da vari indirizzi
filosofici e negata da Sofisti, Cinici, Cirenaici, Scettici e Probabilisti2.
d) La conoscenza umana può dispiegarsi con risultati soddisfacenti
nell’ambito della natura ma non può raggiungere con gli stessi mezzi
la realtà non soggetta all’esperienza sensibile.
Di conseguenza, il mondo trascendente, cioè al di sopra delle cose
terrene, separato e distinto da esse e sussistente per se stesso, vale a
dire Dio e l’anima, non può essere conosciuto attraverso le sensazioni,
ma è oggetto di fede e di intuizione immediata, oppure può essere
riconosciuto esistente mediante riflessioni e ragionamenti che,
muovendo dalle cose, ammettono come reale quel mondo che i sensi
non possono sperimentare.
Così, ad esempio, l’universo ed il movimento delle cose inducono
alla conclusione che deve necessariamente esistere un Dio causa
dell’universo e del movimento delle cose.
Infatti, una cosa (effetto) deriva da un’altra cosa (causa) e questa
(effetto) da un’altra ancora (causa), ecc.; non potendo andare
all’infinito, bisogna ammettere l’esistenza di un Dio che è causa e non
effetto di un’altra causa, è, cioè, causa incausata.
Analogamente, una cosa riceve movimento da un’altra e questa da
un’altra ancora; non potendo procedere all’infinito, ci si deve ad un
certo punto fermare per sostenere l’esistenza di un motore che muove
senza essere mosso, cioè l’esistenza di un motore immobile.
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I Probabilisti o Scettici posteriori accettano il criterio della probabilità, cioè il
verosimile e probabile, come regola delle azioni.
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Problema gnoseologico
Riepilogo visivo
a) distingue la con. sensibile e la con.
intellettiva
b) indaga l’ origine di essa
Probl. gnoseologico
gnòsis = conoscenza
+
lògos = discorso. scienza
c) è possibile raggiungere la verità ?
d) riconosce i limiti dell’uomo
a) conoscenza sensibile = sintesi di tutto ciò che proviene dai sensi. É’
particolare e soggettiva
conoscenza intellettiva = coglie l’essenza di un oggetto. E’ universale
e oggettiva. Permette di formulare il concetto e il giudizio
empirismo
b) origine della conoscenza
innatismo
empirismo: l’anima è una tabula rasa su cui si imprimono i dati
provenienti dall’esperienza: Aristotele, Epicurei, Stoici, San Tommaso
innatismo: possiede fin dalla nascita i concetti e l’esperienza è soltanto
un aiuto: Socrate, Platone
si
c) la verità è raggiungibile?
no
si, per coloro che ammettono la con. intellettiva: vari indirizzi
filosofici
no, per coloro che negano la conoscenza intellettiva: Sofisti, Cinici,
Cirenaici, Scettici, Probabilisti
d) limiti dell’uomo: il mondo trascendente non può essere conosciuto
attraverso le sensazioni
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Per quanto riguarda il problema metafisico, è da premettere che il
termine metafisica fu introdotto nel I secolo d. C. dal critico
alessandrino Andronico da Rodi, il quale, sistemando le opere di
Aristotele, pose quelle riguardanti la filosofia prima, cioè la realtà e la
struttura dell’essere, che è al di là dell’esperienza sensibile, metà, cioè
dopo i libri di fisica (phisicà).
Da allora, questo termine sta ad indicare l’essere in sé, la realtà
assoluta o sostanza, l’essenza, al di là delle apparenze sensibili.
Le principali soluzioni del problema sono due: il monismo e il
dualismo.
Il monismo ammette una sola realtà originaria, di carattere materiale
o spirituale, da cui derivano tutte le cose.
Tale principio è immanente nel mondo e si identifica con il mondo
stesso in modo che non si distingue dalle cose, le quali sono la
manifestazione concreta di questo principio.
In età classica l’indirizzo materialistico è seguito dalla Scuola
ionica e dallo Stoicismo; l’indirizzo spiritualistico da Plotino.
Il dualismo ammette due realtà, delle quali una è trascendente, cioè
al di sopra delle cose sensibili ed esistente di per sé, l’altra, invece,
costituisce le cose della natura.
Queste due realtà si trovano contrapposte in Platone, semplicemente
distinte in Aristotele e San Tommaso.
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Problema metafisico
Riepilogo visivo
a) monismo
Probl. metafisico
metà = dopo
+
phisicà = le cose fisiche
b) dualismo
materiale: IoniciStoici
a) monismo = un unico principio di natura
spirituale : Plotino
una trascendente contrapposta :
Platone
b) dualismo = due realtà
o distinta da
una immanente: Aristotele, San
Tommaso
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In riferimento al problema cosmologico, il termine deriva dal greco
kòsmos = ordine, mondo e lògos = discorso.
Con esso si indica quella branca del sapere che studia le leggi e la
forma dell’universo come sistema ordinato.
Abbiamo diverse soluzioni del problema:
a) il materialismo, secondo cui esiste una materia eterna, dalla quale
derivano tutte le cose, compreso l’uomo.
Le forze che regolano la nascita, le trasformazioni e la morte delle
cose sono meccaniche in quanto esse sono strettamente connesse fra
loro e subordinate ad rapporto di causa ed effetto, per cui ad una
determinata causa deve necessariamente corrispondere un effetto
preciso, escludendo qualsiasi libertà e finalità.
Nell’ età classica questa concezione si trova soprattutto in
Aristotele;
b) l’animismo, il quale ammette una materia vivente, fornita di una
propria forza intrinseca, che permette alla materia stessa di assumere
determinazioni diverse.
Questa è la concezione dei Naturalisti presocratici;
c) il dualismo, che ammette una contrapposizione o una semplice
distinzione fra un principio spiritualmente trascendente, regolatore, ed
una materia inerte, che accoglie il movimento.
La contrapposizione fra il principio spirituale e la materia inerte che
subisce il movimento si trova in Platone; la semplice distinzione si
trova in Aristotele, in San Tommaso e in tutto il pensiero cristiano;
d) l’ emanatismo, secondo il quale tutti gli esseri dell’universo
emanano, cioè scaturiscono da un Principio assoluto.
E’ rappresentato da Plotino
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Riepilogo visivo
Problema cosmologico
a) materialismo
b) animismo
Probl. cosmologico
Kòsmos = ordine, mondo
+
lògos
= discorso
c) dualismo
d) emanatismo
a) materialismo = esiste una materia eterna dalla quale derivano tutte
le cose, ivi compreso l’uomo: Aristotele
b) animismo = esiste una materia vivente, dotata di una forza interiore:
naturalisti presocratici
c) dualismo = esistono due principi, uno spirituale trascendente ed uno
materiale, inerte, in contrapposizione: Platone; o semplicemente
distinti: Aristotele, San Tommaso, pensiero cristiano
d) emanatismo = tutti gli esseri dell’universo scaturiscono da un
principio assoluto: Plotino
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E veniamo al problema psicologico, il cui termine è composto da
psichè = anima e lògos = discorso; esso si riferisce a quella scienza
che riguarda l’anima umana della quale ricerca l’origine, la natura, le
attività e il destino.
Questa scienza è la “psicologia razionale”.
Le concezioni che si riferiscono all’anima sono: il materialismo e lo
spiritualismo.
Secondo il materialismo, l’anima è formata della stessa materia del
corpo al quale è legata strettamente e del quale subisce il destino, cioè
la dissoluzione.
Seguono questa corrente gli Atomisti, Aristotele e l’Epicureismo.
Secondo lo spiritualismo, invece, l’anima è una sostanza spirituale,
distinta e talvolta opposta al corpo.
Rappresentanti di questa interpretazione sono Pitagora, Eraclito,
Empedocle, Socrate, Platone, Cicerone, Seneca, Epitteto, Marco
Aurelio, Plotino, il Cristianesimo.
Oltre alla psicologia razionale esiste la “psicologia sperimentale”, o
semplicemente “psicologia”, che studia le attività e le manifestazioni
psichiche, come le sensazioni, i sentimenti, le passioni, le volizioni,
ecc.
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Riepilogo visivo
Problema psicologico
a) materialismo
Probl. psicologico
psichè = anima
+
lògos = discorso
b) spiritualismo
a) materialismo = l’anima è formata della stessa materia del corpo:
Atomisti, Aristotele, Epicurei
b) spiritualismo = l’anima è una sostanza spirituale, distinta o opposta
al corpo
Pitagora, Eraclito, Empedocle, Socrate, Platone, Cicerone,
Seneca, Epitteto, Marco Aurelio, Plotino, Cristianesimo
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Per quanto attiene al problema teologico, il termine teologia deriva
da theòs = Dio e lògos = discorso, e si riferisce a Dio, alla sua
esistenza, ai suoi attributi ed ai suoi rapporti con l’universo e con
l’uomo.
In questa ricerca la teologia razionale si affida alla ragione, la quale
riflette sui dati dell’esperienza e giunge ad affermare l’esistenza di
Dio indipendentemente dalla fede e dalla rivelazione.
In generale a Dio vengono riconosciuti i seguenti attributi: assoluta
perfezione; semplicità : in quanto essere perfetto non è composto da
vari elementi; immutabilità, vale a dire non è soggetto a cambiamenti;
eternità; necessità, in quanto non può non essere; trascendenza, cioè
sussistente indipendentemente dal mondo, al di sopra di esso, e
distinto da esso.
A questi attributi aggiungono l’attributo della provvidenza
Cicerone, Seneca, Epitteto, Marco Aurelio, il Cristianesimo.
Gli Stoici e Plotino, anziché la trascendenza di Dio, ne sostengono
l’ immanenza, cadendo, così, nel panteismo.
Essi, cioè, ritengono che Dio sia posto nel mondo, faccia parte
integrante delle cose stesse (immanentismo) e che si identifichi con il
mondo stesso (panteismo).
Gli Atomisti e gli Epicurei concepiscono Dio come una realtà
materiale soggetta alle leggi della natura.
Gli Scettici, infine, pervengono all’agnosticismo, affermando che
Dio non può essere conosciuto.
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Riepilogo visivo
Problema teologico
Dio esiste, è trascendente, è provvidenza:
Cicerone, Seneca, Epitteto, Marco
Aurelio, Cristianesimo
Dio è immanente (immanentismo) e si
identifica con il mondo (panteismo):
Stoicismo, Plotino
Probl. teologico
Theòs = Dio
Dio è una realtà materiale:
Atomisti, Epicurei
+
lògos = scienza
Dio non può essere conosciuto
(agnosticismo):
Scetticismo
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Il problema morale, da mòs = costume, o anche etico, da èthos =
costume, riguarda l’attività pratica dell’uomo e indica il fine da
raggiungere, suggerendo le norme che devono regolare le singole
azioni e la vita.
Il fine da raggiungere è il bene, ma questo termine assume diversi
significati a seconda dei vari indirizzi filosofici.
Così, abbiamo l’edonismo, che prende in considerazione il bene in
senso fisico, cioè come piacere sensibile, per il quale la morale risiede
nella soddisfazione dei sensi.
Appartengono a questa corrente i Sofisti, i Cirenaici e in parte gli
Epicurei.
Altro indirizzo è l’eudemonismo, secondo il quale il bene è inteso
in senso intellettuale, cioè come verità e la morale risiede nella felicità
dell’anima.
Rappresentanti sono: Socrate, Aristotele.
Infine, una terza corrente intende il bene in senso morale, come
superamento delle passioni e quindi come virtù.
Le figure più rappresentative sono: Platone, gli Stoici, il
Cristianesimo.
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Riepilogo visivo
Problema morale o etico
a) ricerca del bene in senso fisico:
edonismo
Probl. morale o etico
da
Mòs o èthos = costume
b) ricerca del bene in senso intellettuale:
eudemonismo
c) ricerca del bene in senso morale
a) edonismo = la morale risiede nella soddisfazione dei sensi:
Sofisti, Cirenaici, Epicurei
b) eudemonismo = la morale risiede nella felicità dell’anima:
Socrate, Aristotele
c) una terza corrente intende la morale come virtù, cioè come
superamento delle passioni:
Platone, Stoicismo, Cristianesimo
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Derivante da aistheticòs (che si percepisce immediatamente), il
problema estetico ha come oggetto il bello, sia esistente nella natura,
sia creato dall’uomo, e studia il significato ed il valore dell’arte.
Nella storia della filosofia l’opera d’ arte è stata giudicata in
maniera diversa; così Platone la condanna in quanto la considera
ingannatrice e lontana dal vero poiché è imitazione della natura, la
quale, a sua volta, è imitazione dell’unica e vera realtà trascendente,
cioè il mondo delle Idee.
Aristotele, invece, apprezza l’arte e, pur riconoscendo che l’artista
imita la natura, afferma che tale imitazione non è rivolta all’aspetto
sensibile della realtà, ma all’essenza universale delle cose, ed
attribuisce alla tragedia, che è una forma di arte, una funzione
purificatrice dell’animo.
Anche Plotino giudica favorevolmente l’arte come rivelatrice della
bellezza ideale e le assegna il compito di sollevare l’uomo dal mondo
sensibile al mondo dello spirito.
Nel Medio Evo, infine, l’arte è considerata come strumento di
moralità e di scienza.
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Riepilogo visivo
Problema estetico
condanna : Platone
Probl. estetico
aistheticòs =
(che si percepisce
immediatamente)
favorevole : Aristotele(funzione catartica)Plotino
strumento di moralità: Medio Evo
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In riferimento al problema politico, occorre precisare che il termine
deriva da politichè, che significa scienza dello Stato.
Tale problema riguarda la forma di governo e ne esamina l’origine
e l’esercizio dei poteri nei confronti dei cittadini.
Nella storia della filosofia sono state presentate diverse soluzioni.
Così, ad esempio, Platone auspica una repubblica ideale retta dai
filosofi, difesa dai guerrieri e sostenuta dall’attività degli artigiani, dei
contadini e dei commercianti, mentre, invece, Aristotele ammette tre
forme politiche, tutte ugualmente valide: monarchia (governo di uno
solo), aristocrazia (governo di pochi), politìa (governo di molti).
Il problema sociologico da socius = socio e lògos = discorso, ha per
oggetto la società umana, ne indaga i caratteri e ne osserva il modo
con cui essa si evolve.
In questo senso la sociologia è di origine recente, fondata durante il
Positivismo da Augusto Comte.
Il problema economico, da òicos = casa e nomìa = amministrazione,
esamina i mezzi di produzione in rapporto al capitale ed al lavoro, e,
quindi, considera l’attività umana sotto l’aspetto economico.
Oggi questa scienza prende il nome di economia politica, in quanto
suggerisce norme e direttive che lo Stato adotta e segue nell’opera di
governo.
Anche se gli uomini antichi hanno trattato questo problema, si può
dire che l’economia politica è sorta nell’età moderna, dopo la
diffusione del commercio e l’introduzione della moneta, proprio per lo
squilibrio esistente tra l’illimitato sviluppo dei bisogni umani e gli
scarsi mezzi adatti a soddisfarli.
Nel Medio Evo pensatori cristiani come Tommaso d’Aquino si
sono occupati di economia soltanto a scopo morale, cioè per
condannare il desiderio sfrenato di ricchezze.
Il problema storiografico, da història = storia e grafìa =
descrizione, interpretazione, esamina gli avvenimenti storici per
ritrovare in essi i motivi ideali che li hanno prodotti.
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Gli avvenimenti storici, perciò, non hanno valore di per se stessi,
ma sono manifestazioni esteriori di fattori interni che costituiscono
l’essenza della realtà e ne promuovono il divenire.
Tali motivi ideali, naturalmente, variano nei diversi secoli in
corrispondenza della civiltà, del pensiero e delle correnti filosofiche
del tempo.
Così, mentre la storiografia greca tende a conciliare il contrasto tra
il mito e l’esperienza concreta e realistica delle cose, il Medio Evo
interpreta il mondo ed i fatti umani in senso religioso e morale.
Il problema pedagogico, da pàis= fanciullo e ago = guido, si
occupa dell’ educazione e ricerca i mezzi più adatti per formare il
carattere dell’uomo e promuoverne le attitudini, in modo che la sua
personalità possa svilupparsi integralmente per il bene dell’individuo e
della società di cui fa parte.
Generalmente, ogni teoria pedagogica ha come presupposto una
concezione filosofica che determina l’orientamento ed indica i fini
dell’attività educativa.
Così, l’età antica vede nel fanciullo un homunculus, cioè un essere
imperfetto che deve affrettarsi a diventare adulto, e promuove l’
eteroeducazione, cioè un metodo con il quale la personalità
dell’educando rimane soffocata, perché modellata dall’educatore.
Il fanciullo non può manifestare la sua iniziativa né gode di alcuna
libertà, ma deve accettare, subire passivamente, gli insegnamenti
impartiti dl maestro, seguire i suoi comandi, anche se non ne capisce i
motivi e la necessità, in modo da essere irreprensibile, almeno
esternamente, ed evitare i castighi.
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III- Scienze e filosofia
Prima di esaminare quali rapporti intercorrono fra le scienze e la
filosofia, vediamo in cosa esse consistono.
Le scienze studiano un aspetto particolare della realtà; così, ad
esempio, la fisica si occupa delle leggi che regolano i fenomeni
naturali, la biologia di quelli della vita organica, la storia e l’economia
analizzano una diversa attività umana, ecc.
Lo studioso di ciascuna scienza osserva i fatti particolari, i
fenomeni che ad essa si riferiscono, li ordina, li classifica al fine di
ricercare le cause da cui provengono e per trovarne le leggi.
Queste leggi, però, sono valide soltanto per una parte della realtà,
quindi escludono la totalità dell’essere nella sua organicità e non
penetrano l’intima essenza universale dell’essere, comune ad ogni
cosa, sia essa animata o inanimata.
La filosofia, invece, si rivolge a tutto l’essere in quanto essere ed ha
come oggetto non una realtà particolare, come le singole scienze, ma
la realtà in generale.
Di conseguenza, la filosofia ricerca le cause prime, cioè quelle che
non dipendono da altre cause, in quanto sono esse stesse il
fondamento di tutta la realtà e di tutti i fenomeni.
La filosofia è, dunque, la madre di tutte le scienze ed il sostegno di
esse.
Di conseguenza, tra scienze e filosofia non c’è contrapposizione,
bensì una stretta collaborazione.
La filosofia, infatti, accoglie i risultati delle scienze, li elabora e li
unifica in una visione integrale di tutta la realtà; le scienze, da parte
loro, si servono del contributo della filosofia perché qualunque
ricerca, anche quella particolare di ogni scienza, non può compiersi
senza la luce della ragione e senza che siano tenute presenti la
connessione fra i singoli problemi e le esigenze dello spirito
dell’uomo, che tende a superare i fenomeni particolari per rivolgersi
alla interpretazione universale di tutta la realtà.
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IV- Filosofia e religione
Oltre ai rapporti intercorrenti fra filosofia e scienza, occorre
considerare anche i rapporti fra filosofia e religione.
Sia l’una che l’altra danno una risposta ai problemi relativi al
significato della vita ed entrambe ricercano il principio universale
della realtà, un principio che è al di là dell’esperienza sensibile in
grado di spiegare tutte le cose ed i fenomeni del mondo.
Filosofia e religione, però, differiscono per il modo con cui questi
temi vengono affrontati e risolti.
La filosofia, infatti, si serve della ragione, mentre la religione trova
il suo fondamento nella fede; la prima è ragionamento, riflessione ed
ha carattere prevalentemente conoscitivo, la seconda è spontaneità
immediata e acritica, cioè dogmatica, vale a dire accetta la rivelazione
divina come verità indiscussa ed ha carattere prevalentemente morale.
In altre parole, il centro della filosofia è l’uomo, il quale cerca di
scoprire l’universo nel quale vive ed opera; il fondamento della
religione è Dio a cui l’individuo si affida e in cui trova sostegno e
speranza.
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V- Concetto di “storia della filosofia”
La storia della filosofia rappresenta lo sviluppo del pensiero umano
attraverso i secoli ed espone le soluzioni che i singoli pensatori hanno
proposto riguardo ai principali problemi.
Queste soluzioni sono a volte contrastanti o anche opposte tra di
loro in quanto risentono dell’atteggiamento proprio di ogni filosofo e
rivelano il modo di pensare e di sentire dei diversi popoli e dei diversi
periodi.
Anche se contrastanti, le varie interpretazioni filosofiche non sono
separate fra loro, perché ciascuna continua il pensiero precedente dal
quale scaturisce per conseguire una propria autonomia, e preannunzia
lo sviluppo successivo per l’inesauribile ricchezza dello spirito
umano.
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VI- Dal mito alla riflessione filosofica
Non appena l’uomo, ai primi albori della sua vita cosciente
comincia a rendersi conto del mondo in cui vive e dell’ambiente che
lo circonda, viene assalito da un senso di stupore sempre crescente
derivante dalle meraviglie che gli stanno attorno: il succedersi
regolare del dì e della notte, la luminosità degli astri, l’infinità del
cielo, il formarsi delle nuvole ora candide ora buie, il tuono che
assorda, il lampo che abbaglia, il fulmine che uccide, ecc.
È naturale che davanti a questi spettacoli egli si domandi: ma come
accadono questi fenomeni? E perché? Quali leggi li regolano? Cosa
muove le cose?
In un primo momento l’uomo risponde a questi interrogativi
facendo ricorso ala fantasia, successivamente farà appello alla ragione.
Nel primo caso nasce il mito, nel secondo la filosofia.
Ora, il mito presenta tre caratteri peculiari:
1- anzitutto, esso propone una spiegazione dei fenomeni in base ad un
procedimento di somiglianza, raggruppando insieme i fatti analoghi e
spiegando l’uno con l’altro; in altri termini, elencando o collezionando
fenomeni;
2- in secondo luogo, il termine di paragone preferito in ogni
interpretazione mitologica è l’uomo, concepito come un essere
materiale mosso da una forza misteriosa o “soffio vitale”, cioè
l’anima, e a questa stregua è interpretato il complesso dei fatti
naturali.
Tutti i fenomeni vengono riportati a manifestazioni di forze
misteriose e inaccessibili o démoni, cioè forze personificate in quanto
mosse da desideri o da passioni simili a quelle degli uomini.
E ciò perché se ogni fenomeno è movimento e il principio del
movimento è un soffio o anima, come appare nell’uomo che da vivo
respira e da morto è immobile, tutte le cose materiali, in quanto sono
in movimento, sono animate (animismo antropomorfico);
3- infine, queste misteriose forze naturali sono intese come evocabili
con apposite pratiche, in modo da essere rese propizie mediante
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sacrifici e doni e da essere scongiurate mediante pratiche rituali
(magia).
Ne nasce una visione dell’universo altamente poetica, per cui il
mito è un favoleggiare attorno al mistero.
Tuttavia, in quanto il procedimento poetico collega immagini
diverse attraverso analogie, è già un abbozzo di spiegazione, è
filosofia allo stato embrionale.
Infatti, il passaggio da esso alla filosofia come spiegazione
razionale dell’universo è spontaneo e al tempo stesso necessario.
Però, a differenza del mito, la filosofia non si limita a classificare i
fenomeni per via di analogie o somiglianze ma cerca di scoprire se
esista tra essi un rapporto di causa ed effetto.
Inoltre, invece di fare appello alle “anime delle cose”, si richiama
ad entità dimostrabili o attraverso l’evidenza dell’esperienza sensibile
in quanto suscettibili di cadere sotto i sensi, oppure attraverso un
procedimento della mente.
Infine, invece di fare appello a evocazioni magiche, ricerca
l’origine di un fenomeno da un altro, onde padroneggiare gli eventi
del cosmo e stabilire il dominio dell’uomo sulle forze naturali.
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