FORMAZIONE PER LA PREVENZIONE DEL RISCHIO CORRUZIONE
1° Corso di Formazione di livello generale
per i dipendenti appartenenti alle Categorie “A” e “B”
“ETICA PUBBLICA”
Giornate di formazione del 26/06/2014 e 03/07/2014
(ore 9.00-14.00 / ore 15.00-18.00)
Docente: dott. Salvatore Bonasia
Segretario Generale e Responsabile della prevenzione della corruzione
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PERCHE' PARLIAMO DI ETICA PUBBLICA
Nella classifica sulla corruzione 2010 stilata da Trasparency
International l'Italia è al 67° posto su 178 nazioni, ed è
quartultima in Unione Europea.
Secondo le analisi della Corte dei Conti sulla Pubblica
Amministrazione in Italia, il costo della corruzione nel 2009 è
stato di 60 miliardi di euro, circa l'8% della spesa pubblica.
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COSA SIGNIFICA IL TERMINE “ETICA”
Il termine “etica” è sinonimo di “morale” perchè sia la radice
greca che quella latina richiamano allo stesso concetto ossia
ai “costumi”.
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CENNI STORICI
La storia dell'etica è costituita dalla successione delle riflessioni
sull'uomo e sul suo agire. I filosofi hanno da sempre riservato un
notevole spazio ai problemi etici. Tra essi si ricordano in
particolare Socrate, Platone, Aristotele, Macchiavelli, Ugo Grozio,
Rousseau, Kant, Max Scheler. Furono interessati al tema anche
Vico, Herder, Schiller,Hegel, Emerson, Schopenhauer, Nietszche,
Freud.
La riflessione occidentale sull'etica nasce con Socrate, Platone ed
Aristotele, viene poi approfondita dalla Scolastica, ma si afferma in
modo deciso soprattutto con l'illuminismo e in particolare con
Kant, che tenta di definire i presupposti razionali dell'agire morale
dell'uomo, richiamandosi alla necessità di un'etica del tutto
svincolata da ogni finalità esteriore e impostata su un rigoroso
senso del dovere e del rispetto della libertà altrui.
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CENNI STORICI
Per quanto riguarda le culture extraeuropee, grande rilevanza ha il
pensiero filosofico cinese. I filosofi cinesi hanno sempre dato una
grande importanza all'etica, trattando di essa con maggior
interesse e profondità rispetto ad altri argomenti filosofici. I più
importanti filosofi cinesi che si sono interessati di etica sono
Confucio, sicuramente il più importante, Mencio, Laozi, Mozi.
Poiché nelle culture orientali la distinzione tra filosofia e religione
spesso non è chiara e netta, molto importanti per il pensiero etico
sono stati anche il Taoismo e il Buddismo.
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CENNI STORICI
Socrate (469-399 a.C.) è considerato il padre fondatore
dell'etica: la sua riflessione è incentrata sul comportamento
dell'uomo e sostiene che la ricerca del “bene” finalizzato alla
verità si attua nel dialogos, nell'esame in comune di concetti
morali fondamentali, tendendo alla verità su sé stessi per
perseguire sia il “bene privato”, sia “quello della polis (città)”.
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PERCHE' SI DISTINGUE L'“ETICA PUBBLICA”
Il termine “etica” è aggettivato come “pubblica” per
distinguerla dall'“etica privata”.
Distinzione sotto il profilo soggettivo:
 “etica privata” è la morale dell'individuo o delle azioni
individuali;
 “etica pubblica” è la morale dei gruppi, delle collettività
di persone o delle azioni collettive o pubbliche (morale
sociale).
Soltanto con la nascita degli Stati ha avuto un senso
distinguere tra due forme di moralità.
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PERCHE' SI DISTINGUE L'“ETICA PUBBLICA”
Distinzione sotto il profilo dell'oggetto:
 “etica privata” concerne il “bene dell'individuo”;
 “etica pubblica” riguarda il “bene della collettività” e del
gruppo (bene pubblico).
Il “bene pubblico” come bene del corpo sociale è concetto
diverso da quello cattolico di “bene comune” che, viceversa,
è il bene di tutti gli “individui”.
Nell'ottica del bene pubblico l'individuo è solo un pezzo
dell'ingranaggio dell'organizzazione, mentre nell'ottica del
bene privato l'organizzazione è identificata come un potere
oppressivo: quindi le due etiche non possono coesistere,
l'una cercherà di prevalere sull'altra.
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PERCHE' SI DISTINGUE L'“ETICA PUBBLICA”
Secondo un'orientamento (KANT): l'etica ha la sua sede
nell'interiorità, cioè nel mondo della libertà e della volontà.
L'etica pubblica, quindi, consiste nella legalità, cioè in una
legislazione esteriore che garantisce la coesistenza delle
libertà e delle coscienze, ossia l'esercizio della moralità
personale.
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PERCHE' SI DISTINGUE L'“ETICA PUBBLICA”
Secondo un nuovo orientamento si deve distinguere tra “giusto”e
“bene”:
 “il giusto” è un concetto oggettivo e razionale per la valutazione
morale delle istituzioni, delle regole, delle scelte collettive, non si
riferisce alla soggettività perché è un concetto formale e procedurale;
 “il bene” è un concetto soggettivo e preferenziale perché è un
complesso di valori e di fini che ognuno considera appartenenti al
proprio io e che liberamente sceglie.
Questo nuovo orientamento nasce dalla riflessione che la società è
composta da una pluralità di persone, ognuna fornita di una propria
concezione della moralità interiore, pertanto sarebbe meglio governata
e organizzata se impostata su principi procedurali che ciascuno
sceglierebbe perché consentono ad ognuno di realizzare la propria idea
del bene. Occorre distaccare il soggetto agente dai fini particolari per
renderlo indipendente da particolari atteggiamenti.
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PERCHE' SI DISTINGUE L'“ETICA PUBBLICA”
….Questo orientamento è interessante perché dà pari dignità
morale all'etica pubblica ed all'etica privata.
Il bene è qualcosa che deve essere insieme soggettivo e oggettivo,
personale ed universale: ciò che è bene per me è anche ciò che
devo fare, altrimenti non c'è morale.
“Il giusto procedurale” e “il bene soggettivo” si dividono le
caratteristiche della qualità morale: “il giusto” prende per sé
l'universalità, “il bene” prende per sé la soggettività.
Tuttavia questa tesi va criticata in quanto se l'etica pubblica fa
riferimento ai buoni costumi e alle sane regole del vivere civile,
allora un'etica pubblica indifferente a tutto ciò non ha senso,
perché un'etica meramente procedurale sarà universale ma farà
anche astrazione delle pratiche esistenti.
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PERCHE' SI DISTINGUE L'“ETICA PUBBLICA”
Attualmente il bene primario della vita politica è considerato
l'identità personale e collettiva, cioè la visione che ogni persona ha
di quello che è, delle sue caratteristiche fondamentali che la
individuano nei confronti degli altri. L'identità di un individuo o di
un gruppo richiede l'identificabilità da parte di altri individui che
forniscono i criteri che rendono possibile la definizione degli
interessi dei singoli individui. In una società in cui non è possibile
l'identificazione non possiamo neppure sapere bene quali sono i
nostri interessi. Nessuno può conquistare la propria identità da
solo ma soltanto attraverso un dialogo con le altre persone nella
dimensione della pubblicità e della comunanza di linguaggio.
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ETICA E ISTITUZIONI
Per Aristotele l'ambito etico, oltre agli usi, i costumi, le
consuetudini, le forme di comportamento giuste, comprende
anche le istituzioni che sorreggono queste forme di
comportamento (istituzioni etiche della Polis).
Per Hegel quando manca dalle istituzioni quella che egli chiamava
<<eticità>> ovvero quando l'individuo non si riconosce più nelle
istituzioni etiche, l'uomo si rifugia nell'interiorità per ritrovare
l'armonia.
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ETICA E ISTITUZIONI
LA DOMANDA È:
Abbiamo istituzioni etiche, ci riconosciamo in esse, troviamo in
esse la nostra identità perduta?
OSSIA
Abbiamo noi dei costumi?
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ETICA E ISTITUZIONI
I costumi non si possono inventare, occorre analizzare l'esperienza
per riconoscere i costumi dei tempi attuali.
La crisi politica ha mortificato la nozione di “pubblico” inteso come
apertura all'uomo in quanto tale, e provoca spinte verso istituzioni
etiche particolaristiche, verso costumi che hanno smarrito il loro
carattere universale.
L'etica pubblica si può definire <<l'istanza di universalità che viene
avanzata nei confronti dei progetti di vita personali, delle
istituzioni etiche societarie, delle culture particolari>> (Francesco
Viola in “Orientamenti sociali”- 1994).
Le opinioni che ambiscono ad essere universali, perché riguardano
ogni uomo, devono essere visibili e udibili a tutti. C'è una stretta
correlazione tra pubblicità (confronto delle opinioni)e uguaglianza.
La dimensione della pubblicità è diventata essenziale per la qualità
di eticità delle nostre azioni.
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ETICA NELLE ISTITUZIONI
Secondo l'OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo
Economico):
<<La funzione pubblica è depositaria della fiducia del pubblico. I
cittadini contano sull'impegno dei funzionari ad operare per
l'interesse generale, dimostrando imparzialità e amministrando
quotidianamente le risorse pubbliche in modo appropriato.
Un'equa e affidabile pubblica amministrazione ispira fiducia al
pubblico e crea un clima favorevole alle imprese, contribuendo
quindi al buon funzionamento dei mercati e alla crescita
economica. L'etica nella pubblica amministrazione è necessaria al
rafforzamento della fiducia del pubblico; essa rappresenta la
chiave di volta del buon governo>>.
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DEFINIZIONE DI ETICA PUBBLICA
L'agire di ogni pubblico agente nell'esercizio delle funzioni che gli
sono affidate, con disciplina ed onore, con imparzialità nei
confronti del pubblico e attraverso un'azione che nel suo
complesso si pone a servizio esclusivo della Nazione, cioè della
collettività.
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ETICA PUBBLICA
“Etica pubblica” come comportamento corretto nei confronti:
 dell'Amministrazione di appartenenza;
 della collettività.
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FONTI NORMATIVE DELL'ETICA PUBBLICA
La Costituzione Italiana all'art. 54 dispone che:
<<Tutti i cittadini hanno il dovere di essere “fedeli” alla Repubblica
e di osservarne la Costituzione e le leggi.
I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di
adempierle con “disciplina ed onore”, prestando giuramento nei
casi stabiliti dalla legge>>.
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FONTI NORMATIVE DELL'ETICA PUBBLICA
La Costituzione Italiana all'art. 97 dispone che:
<<I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in
modo che siano assicurati il “buon andamento e l'imparzialità”
dell'amministrazione.
Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di
competenza, le attribuzioni e le “responsabilità” proprie dei
funzionari.
Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante
concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge>>.
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FONTI NORMATIVE DELL'ETICA PUBBLICA
La Costituzione Italiana all'art. 98 dispone che:
<<I pubblici impiegati sono al “servizio esclusivo della Nazione”>>.
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POLITICA DELL'ETICA PUBBLICA
La politica dell'etica pubblica è l'insieme delle misure e degli
interventi di carattere legislativo e anche quelle di carattere
organizzativo, formativo e culturale delle singole Amministrazioni
riferite ai pubblici agenti, volti ad ottenere da questi ultimi
modalità di azione e comportamenti conformi ai principi dell'etica
pubblica.
Le aree di intervento sono:
I rapporti tra sfera privata e sfera pubblica degli agenti;
 I rapporti tra politica e amministrazione.

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POLITICA DELL'ETICA PUBBLICA
Strumenti di politica dell'etica pubblica sono:
semplificazione normativa;
 separazione tra politica e amministrazione
 regolamentazione del “conflitto d'interessi”
 Codici etici

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VALORI ETICI DELLA P.A.
I valori della Pubblica Amministrazione sono:
imparzialità;
 Legalità;
 Integrità;
 Efficienza;
 Uguaglianza;
 Responsabilità;
 Giustizia;
 Trasparenza.

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L'ETICA PUBBLICA COME DIRITTO DEGLI AMMINISTRATI
Le norme derivate dalla morale o dalla correttezza amministrativa
assumono rilievo giuridico quando il diritto ad esse si riferisca.
La Costituzione Italiana riconosce l'amministrazione pubblica ed in
particolare le regole (status) che disciplinano i pubblici funzionari
(artt. 114, 95 e 97 Cost.) e per le quali è data rilevanza al
giuramento in quanto fonte specifica di doveri e obblighi ulteriori.
Lo status giuridico segna l'appartenenza di un soggetto ad
un'organizzazione nella quale gli sono riconosciute alcune
posizioni soggettive: poteri, diritti, doveri, e obblighi riconosciuti
dall'ordinamento giuridico generale ma definiti da quello speciale
dell'organizzazione di appartenenza.
Il “rapporto d'impiego” fa sorgere “posizioni giuridiche” verso
l'amministrazione di appartenenza, ma è unicamente lo “status”di
pubblico funzionario
che dà legittimazione al vincolo
costituzionale di disciplina e onore.
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L'ETICA PUBBLICA COME DIRITTO DEGLI AMMINISTRATI
La Costituzione pone tutti i pubblici impiegati al “servizio esclusivo
della Nazione” (art.98 Cost.) intesa come collettività dei cittadini
italiani, e quindi al servizio esclusivo della pluralità
dell'organizzazione
sovrana
(Comune,
Provincia,
Città
Metropolitana, Regione [art. 114 Cost.] e ogni altro organo a
rilevanza costituzionale)
L'art. 98 è una specificazione del principio d'“imparzialità” (art.97
Cost.) contro le indebite interferenze esterne nell'esercizio del
pubblico ufficio, che è a fondamento:
 della
disciplina delle incompatibilità (che caratterizzano il
dipendente pubblico e non quello privato);
 del dovere di correttezza in servizio o fuori servizio.
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L'ETICA PUBBLICA COME DIRITTO DEGLI AMMINISTRATI
<<Coloro a cui sono affidate funzioni pubbliche, non importa se a
carattere d'impiego o onorario, debbono attendervi con “disciplina
e onore” (art. 54 co. 2 Cost) secondo una disposizione che si è
ritenuto specifichi anch'essa il principio di imparzialità e buon
andamento dell'organizzazione amministrativa (art. 97 Cost.)>>
(Roberto Cavallo Perin - “L'etica pubblica come contenuto di un
diritto degli amministrati alla correttezza dei funzionari” in Al
servizio della Nazione - Ed. Franco Angeli - 2009).
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L'ETICA PUBBLICA COME DIRITTO DEGLI AMMINISTRATI
La definizione costituzionale di doveri o obblighi che gli individui
hanno in ragione dello “status” di cittadino o funzionario (incaricato
di funzioni pubbliche) è costituita non dalla disciplina contrattuale
ma dal richiamo alla “fedeltà”, “onore” e “disciplina”
<<La “fedeltà” è alla Repubblica italiana, allo Stato i cui caratteri
sono definiti nella Costituzione e quindi alla Costituzione nel suo
insieme, con il complesso di principi e valori>> (id.- R. Cavallo Perin).
Secondo un orientamento la <<fedeltà>> è un obbligo soggettivo di
cura del pubblico bene (art. 97 cost.) a servizio esclusivo dello
Stato, e ne costituirebbe violazione la:
 violazione del segreto d'ufficio;
 denigrazione della P.A.;
 uso dell'ufficio a fini personali;
 uso illecito delle risorse affidate;
 appartenenza ad associazioni segrete.
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L'ETICA PUBBLICA COME DIRITTO DEGLI AMMINISTRATI
La “fedeltà”, la “fiducia”, postula l'osservanza da parte di un
cittadino (status di cittadino) dell'ordinamento (art. 54 co. 1 Cost.) a
cui si aggiungono, con il diverso status di funzionario pubblico, gli
obblighi di “onore e disciplina”(art. 54 co. 2 Cost.) senza precisare se
collegato ad un rapporto onorario o professionale.
L' “onore” richiama un vincolo qualificato di devozione alla
Repubblica, in nome del quale le funzioni sono esercitate.
La “disciplina” è il fondamento costituzionale del potere disciplinare
dell'amministrazione pubblica, ma è ancor prima <<dovere di
autocontrollo>> del funzionario pubblico, che implica la normale
diligenza nell'adempimento degli obblighi di servizio, nonché
<<decoro>>, inteso come <<buona condotta civile e morale>> in
qualunque occasione, anche fuori servizio.
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L'ETICA PUBBLICA COME DIRITTO DEGLI AMMINISTRATI
La norma costituzionale sugli obblighi di “fedeltà”, “disciplina” e
“onore” (art. 54 Cost.) sintetizza una serie di obblighi del
dipendente la cui trasgressione costituisce fonte di responsabilità
disciplinare; obblighi di:
 legalità;
 fedeltà;
 diligenza;
 rettitudine;
 Obbedienza;
La “diligenza” insieme alla “prudenza” e alla “perizia” fondano la
definizione della <<colpa>> del dipendente fonte di
<<responsabilità amministrativa>> verso l'ente di appartenenza e di
<<responsabilità civile>> verso terzi (art. 28 Cost).
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L'ETICA PUBBLICA COME DIRITTO DEGLI AMMINISTRATI
La “diligenza” è l'obbligo di adempiere ai propri compiti con:
 puntualità;
 cura;
 impegno;
 ordine.
Casi di negligenza sono, quindi, le assenze e i ritardi ingiustificati,
l'inerzia, la trascuratezza, l'ostruzionismo.
La “rettitudine” è l'obbligo di dirittura morale che impone al
dipendente di comportarsi con onestà e probità.
L'“obbedienza” è, in senso lato, una caratteristica del rapporto di
lavoro di pubblico impiego subordinato.
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L'ETICA PUBBLICA COME DIRITTO DEGLI AMMINISTRATI
L'interpretazione letterale dell'art. 54 Cost. sembrerebbe configurare
un “dovere giuridico” di fedeltà, onore e disciplina in capo al
funzionario pubblico a cui corrisponderebbe un “diritto assoluto” degli
amministrati.
In realtà la norma configura un vero e proprio “obbligo giuridico” dei
dipendenti, a cui corrisponde il “diritto relativo” degli amministrati,
siano essi i destinatari dell'azione amministrativa che i
controinteressati.
La violazione dei doveri d'ufficio dà luogo a diversi tipi di responsabilità
giuridica del dipendente a seconda che la violazione ha rilievo, altresì,
per le leggi amministrative, civili e penali, e quindi rispettivamente:
 <<responsabilità
amministrativa>> per danni verso l'ente
e
<<responsabilità disciplinare>> con sanzione per l'illecito disciplinare;
 <<responsabilità
civile>> (contrattuale, extracontrattuale o
precontrattuale);
 <<responsabilità penale>>.
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L'ETICA PUBBLICA COME DIRITTO DEGLI AMMINISTRATI
Il fondamento costituzionale (art. 54 Cost.) del potere disciplinare
dell'amministrazione pubblica nei confronti del dipendente pubblico e la
diretta responsabilità di quest'ultimo (art. 28 Cost.) dà legittimazione
all'esercizio di tale potere anche in assenza di previsioni di legge o di
contratto ed è da considerarsi norma imperativa (indisponibile) rispetto al
contratto di lavoro.
La ragione giuridica del rapporto di lavoro che l'amministrazione instaura
con il funzionario consiste <<nella destinazione delle professionalità
all'esercizio imparziale della funzione o servizio pubblico>>.
E' un'attività preordinata non al perseguimento dell'interesse
patrimoniale dell'organizzazione amministrativa, ma al perseguimento
imparziale degli interessi superindividuali o collettivi (interessi pubblici)
che l'ordinamento di volta in volta ha inteso tutelare per tutti o per
determinati amministrati, che sono “terzi” rispetto all'organizzazione
amministrativa ma comunque sempre destinatari dell'azione
amministrativa.
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L'ETICA PUBBLICA COME DIRITTO DEGLI AMMINISTRATI
In conclusione:
<<...lo status di funzionari e dipendenti pubblici e la conseguente
responsabilità disciplinare trovano fondamento e limite –
indisponibile - nel dovere del pubblico impiegato di servire
esclusivamente la Nazione (art. 98 Cost.) con imparzialità (art. 97
Cost.)disciplina e onore (art. 54 Cost.) e nell'affermata diretta
responsabilità di funzionari e dipendenti pubblici in violazione delle
leggi...amministrative (art. 28 Cost.) caratterizzanti una
responsabilità disciplinare che si distingue da quella del dipendente
privato, rivolta a punire la sola infedeltà verso il datore di lavoro e
che differisce inoltre dalla responsabilità per danno erariale sinora
intesa come danno del dipendente al solo ente di appartenenza>>
(id. - R. Cavallo Perin).
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L'ETICA PUBBLICA COME DIRITTO DEGLI AMMINISTRATI
….il diritto di azione dell'amministrato a tutela dei propri diritti e
interessi legittimi avanti alle giurisdizioni (artt. 24, 102, 103 e 113 Cost)
sia in sede civile che penale, stante la diretta responsabilità dei
dipendenti pubblici, porta alcuni autori (id. - R. Cavallo Perin) a
ritenere che gli amministrati possano <<agire in sede disciplinare ogni
qual volta risultino lesi i loro diritti a vedere funzionari e dipendenti
pubblici adempiere le funzioni con disciplina e onore (artt. 28 e 54
Cost.), veri e propri diritti relativi alla correttezza di funzionari e
dipendenti pubblici esattamente correlati agli indicati obblighi di
questi di legalità, fedeltà, diligenza, rettitudine e obbedienza>>.
La Costituzione legittima tale <<diritto degli amministrati ad agire e a
fortiori ad intervenire, ex art. 9 e 10 della Legge n. 241/1990 e
ss.mm.ii., in sede disciplinare a tutela del loro diritto a vedere tenuto
un comportamento improntato a disciplina e onore in coloro cui sono
affidate pubbliche funzioni (art. 28 e 54 Cost.)>>. (id. - R. Cavallo Perin)
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