AVVIAMENTO PRE:Layout 1 08/09/2009 11.16 Pagina 2 QMSCERT Cert. No. 141209/2200 Azienda con sistema di gestione della qualità certificato ISO 9001 : 2008 Giovanni Delle Donne il Cantastorie Breve viaggio nella storia antica ISBN 978-88-7276-777-1 prima edizione: gennaio 2010 ristampa 6 5 4 3 2 1 2010 2011 2012 2013 2014 2015 coordinamento editoriale e redazionale: Stefano Puorto redazione: Maria Rosaria Vado progetto grafico, impaginazione e copertina: Francesca di Transo illustrazioni: Francesca di Transo fotocomposizione: [email protected] stampa: Edizioni Tifernum s.r.l. – Città di Castello (Perugia) per conto della Fratelli Ferraro Editori s.r.l. PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA L’Editore, nell’ambito delle leggi internazionali sul copyright, è a disposizione degli aventi diritto non potuti rintracciare. I diritti di traduzione, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo, compresi microfilm e copie fotostatiche, sono riservati per tutti i Paesi. Si ritengono contraffatte le copie non firmate o non munite del contrassegno della S.I.A.E. © 2010 Fratelli Ferraro Editori s.r.l. Via Pisciarelli, 73 - 80078 Pozzuoli (Na) Tel. 081.6171021 Fax 081.5701100 E-mail: [email protected] http://www.ferraronline.it AVVIAMENTO PRE:Layout 1 08/09/2009 11.16 Pagina 3 AVVIAMENTO PRE:Layout 1 08/09/2009 11.16 Pagina 4 AVVIAMENTO PRE:Layout 1 11/09/2009 20.21 Pagina 5 La preistoria è il periodo più antico, più lungo e più oscuro della vicenda umana, nel corso del quale l’uomo ha compiuto importanti scoperte ed elaborato le prime forme di vita associata. Lo studio della preistoria comporta la conoscenza dei fenomeni e delle vicende che precedono l’invenzione della scrittura, cioè di tutte le testimonianze anteriori al momento in cui l’uomo cominciò a fissare gli eventi attraverso dei simboli grafici. Le prime grandi civiltà di cui abbiamo memoria sono nate e si sono sviluppate nei bacini fluviali del Tigri e dell’Eufrate, in Mesopotamia, del Nilo in Egitto e, più tardi, dell’Indo in India e del Fiume Giallo in Cina. La grande disponibilità di acque è stata, dunque, la condizione comune per lo sviluppo di queste civiltà. L’acqua rendeva fertili i campi con l’irrigazione, i fiumi assicuravano una rapida e facile via di comunicazione e di scambio fra le varie comunità, che in tal modo uscivano dal loro isolamento; nelle città l’acqua provvedeva al fabbisogno idrico delle abitazioni, degli orti, delle botteghe. Proprio perché fiorite lungo le rive dei fiumi queste prime civiltà sono state chiamate “fluviali”. Il centro dell’antica civiltà mediterranea è stata la Grecia. Le prime forme originali e fondamentali della civiltà europea si devono a gruppi poco numerosi di popoli di origine indoeuropea. I Greci furono inventori, scopritori, pensatori; produssero grandi opere in ogni ambito artistico, dalla letteratura alla scultura e all’architettura; coltivarono la filosofia e le scienze; organizzarono la loro vita politica nella forma della “città-Stato”, la polis, che ha rappresentato un modello di libertà e di dignità dell’uomo. Con Alessandro Magno la civiltà greca si diffuse nei territori dell’impero alessandrino e oltre, giunse lungo le coste francesi e spagnole. In seguito conquistò anche Roma. La vicenda storica di Roma è stata straordinaria. Una piccola città di pastori e agricoltori sorta lungo il fiume Tevere è cresciuta fino a conquistare tutte le terre che si affacciano sul Mediterraneo, divenendo un impero grazie alla tenacia, alla disciplina, allo spirito di sacrifico dei Romani, sempre pronti ad anteporre l’interesse generale a quello personale. Roma fondò la sua potenza sull’esercito, formidabile strumento di guerra, e sulle leggi, energiche e chiare. Il diritto, infatti, è stato la grande invenzione dei Romani, una preziosa eredità che essi hanno trasmesso all’Europa e a mondo. Essi non ci hanno lasciato solo il diritto, ma anche i segni alfabetici ancora oggi in uso, il modo di costruire le strade, la loro dislocazione, una grande quantità di monumenti riccamente adorni di pitture e di sculture, per cui si può dire che non hanno avuto eguali nel mondo antico. La sapienza giuridica consentì ai Romani di organizzare in maniera equa ed efficace il loro grande impero che nei periodi migliori significò pace, prosperità, progresso civile, unità di popoli e di cultura, garanzia di ordine e di sicurezza. Inizialmente Roma si identificò con l’Italia, poi con tutto l’impero; tutti i popoli da essa dominati, infatti, ebbero la cittadinanza romana. Poi l’impero entrò in crisi. L’imperatore da princeps, “primo”, divenne il dominus, “padrone”, mentre due nuove e potenti forze irrompevano nel mondo romano e lo travolgevano: il Cristianesimo, animato dai nuovi valori dell’amore, della pace, dell’eguaglianza e della solidarietà fra gli uomini, e i popoli germanici. AVVIAMENTO PRE:Layout 1 UNITÀ 1 08/09/2009 11.16 Pagina 6 Indice LA PREISTORIA CAPITOLO CAPITOLO 1 2 INTRODUZIONE I PRIMI UOMINI 1. L’origine dell’uomo 2. La diffusione dell’uomo 3. Il Paleolitico A N D I AM O A F O N D O La nascita della cultura E S E R CI Z I IL NEOLITICO E LA RIVOLUZIONE AGRICOLA 1. La scoperta dell’agricoltura e dell’allevamento 2. Le principali coltivazioni e l’addomesticamento degli animali A N D I AM O A F O N D O La ruota 3. Lo sviluppo tecnologico 4. Dal villaggio alla città 5. Il culto degli dei e la nascita dell’ordine sacerdotale 6. L’età dei metalli E S E R CI Z I UNITÀ 2 10 14 16 17 18 19 20 21 22 22 23 24 24 25 LE PRIME CIVILTÀ DELLA STORIA CAPI T OLO 1 INTRODUZIONE LE CIVILTÀ DELLA MESOPOTAMIA 1. La civiltà nasce lungo il corso dei grandi fiumi 2. Il potere politico 3. Dai Sumeri ai Babilonesi 4. Tecniche e scienze delle civiltà sumero-babilonesi 5. Le prime forme di scrittura E S E R C IZ I CAPI T OLO 2 LA CIVILTÀ EGIZIA 1. L’Egitto, dono del Nilo 2. Il faraone e l’ordinamento dello Stato 3. La vita sociale ed economica 4. La produzione agricola e l’alimentazione 5. L’allevamento, le risorse minerarie e il commercio 6. Il culto dei morti A N D I AM O A F O N D O Le divinità egizie 26 30 31 31 33 34 35 36 37 38 39 39 40 40 AVVIAMENTO PRE:Layout 1 21/09/2009 16.22 Pagina 7 7. Le arti 8. Le lettere e le scienze E S E R CI Z I CAPI T OLO UNITÀ 3 3 GLI EBREI 1. Il popolo ebraico e il popolo fenicio 2. La religione ebraica A N D I AM O A F O N D O La menoràh E S E R CI Z I 41 42 43 44 45 46 47 LA CIVILTÀ GRECA CAPI T OLO 1 INTRODUZIONE LE SOCIETÀ CRETESE E MICENEA 1. La società cretese 2. La civiltà micenea 3. L’invasione dorica E S E R CI Z I CAPI T OLO 2 LE POLEIS 1. Dall’aristocrazia verso la democrazia 2. La società greca 3. La società spartana 4. Atene e la nascita della democrazia 5. L’espansione della civiltà greca E S E R CI Z I CAPI T OLO 3 LE GUERRE PERSIANE 1. La “monarchia universale” 2. La supremazia militare greca 3. I Greci e i Persiani sul campo di battaglia 4. L’età di Pericle 5. La guerra del Peloponneso E S E R CI Z I CAPI T OLO 4 ALESSANDRO MAGNO E L’ELLENISMO 1. Il regno di Macedonia 2. Le conquiste di Alessandro Magno 3. La cultura ellenistica E S E R CI Z I 48 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 68 69 71 AVVIAMENTO PRE:Layout 1 UNITÀ 4 08/09/2009 11.16 Pagina 8 ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO CAPI T OLO 1 INTRODUZIONE I POPOLI ITALICI E LA CIVILTÀ ETRUSCA 1. Le prime civiltà italiche 2. Gli Etruschi 3. La vita quotidiana degli Etruschi E S E R CI Z I CAPI T OLO 2 ROMA: DALLE ORIGINI ALL’ESPANSIONE IN ITALIA 1. L’origine storica di Roma AN D I AM O A F O N D O I sette re di Roma 2. L’organizzazione dello Stato 3. Il tessuto sociale 4. Le istituzioni repubblicane 5. Le lotte fra patrizi e plebei 6. Roma estende il suo dominio nel Lazio 7. I Galli saccheggiano Roma 8. La guerra contro i Sanniti 9. La “vittoria di Pirro” E S E R CI Z I CAPI T OLO 3 ROMA ALLA CONQUISTA DEL MEDITERRANEO 1. La Prima guerra punica 2. La Seconda guerra punica 3. Roma conquista la Grecia La Grecia conquistata conquistò il rozzo conquistatore 4. La Terza guerra punica 5. L’organizzazione dei territori conquistati 6. La società romana dopo le conquiste 7. I Gracchi e la riforma agraria AN D I AM O A F O N D O AN D I AM O A F O N D O E S E R CI Z I CAPI T OLO 4 Cornelia madre dei Gracchi LA CRISI DELLA REPUBBLICA 1. Caio Mario e la riforma dell’esercito 2. La ribellione degli Italici 3. Il contrasto tra Mario e Silla 4. Gneo Pompeo 72 76 77 78 79 80 80 81 81 82 83 84 85 85 86 87 88 89 90 91 91 92 92 93 94 95 96 96 97 97 unità 1 prest2:Layout 1 08/09/2009 11.19 Pagina 9 5. Il primo triumvirato: Pompeo-Cesare-Crasso 6. La dittatura e la morte di Cesare 7. Il secondo triumvirato: Antonio-Ottaviano-Lepido A N D I AM O A F O N D O E S E R CI Z I CAPI T OLO 5 Dalla Repubblica all’Impero AUGUSTO E I SUOI SUCCESSORI 1. La politica di Augusto 2. La rinascita culturale 3. L’organizzazione della società romana nell’età imperiale 4. Gli imperatori della dinastia Giulio-Claudia 5. La dinastia Flavia 6. Traiano primo imperatore provinciale 7. L’anarchia militare e la tetrarchia 8. La riorganizzazione dell’esercito e l’ereditarietà dei mestieri E S E R CI Z I CAPI T OLO 6 IL CRISTIANESIMO 1. La nascita del Cristianesimo 2. Le persecuzioni contro i cristiani 3. L’Editto di Milano 4. Costantino unico imperatore A N D I AM O A F O N D O Le conseguenze dell’opera di Costantino 5. L’Editto di Tessalonica E S E R CI Z I 98 99 100 100 101 102 103 104 104 105 106 107 108 109 110 111 112 113 113 114 115 1 unità unità 1 prest2:Layout 1 23/07/2009 CAPITOLO 18.34 Pagina 10 LA PREISTORIA 1 I primi uomini CAPITOLO 2 Il Neolitico e la rivoluzione agricola 10 4 milioni di anni fa 2 milioni di anni fa 1,7 milioni di anni fa 250.000 anni fa Australopiteco Homo habilis Homo erectus Scoperta del fuoco Homo sapiens unità 1 prest2:Layout 1 21/09/2009 16.23 Pagina 11 DINO, non si può certo dire che siamo mai stati amici, ma adesso che vado via credo che mi mancherai. L’evoluzione della specie umana è appena incominciata e come insegnerà lo scienziato Charles Darwin, attraverso una selezione naturale sopravvivranno soltanto gli esseri viventi che sapranno adattarsi alle diverse condizioni ambientali. Chissà se un giorno ci rincontreremo… Ora inizia il mio affascinante viaggio; grazie alla forza e all’ingegno riuscirò a migliorare la qualità della mia vita e ogni nuova scoperta sarà per me una conquista. Imparerò ad accendere il fuoco, ad allevare il bestiame e a seminare e coltivare i campi, le cui conseguenze saranno il miglioramento delle condizioni di vita, l’aumento della popolazione e, dunque, lo sviluppo tecnologico. Nei villaggi le capanne di canne e fango saranno gradualmente sostituite da costruzioni in argilla più sicure, la nascita della religione porterà i sacerdoti ai vertici della società, in quanto custodi dei luoghi sacri, gli unici capaci di curare i rapporti tra la sfera divina e quella umana. La vita dell’essere umano diventerà nel tempo sempre più “civile”, lontana oramai dallo stato primitivo barbaro e selvaggio. Tu, nel frattempo, CERCA DI DIVENTARE VEGETARIANO! Homo sapiens sapiens 30.000 anni fa Neolitico 12.000 anni fa Fine del Paleolitico. Scoperta dell’agricoltura 10.000 anni fa Inizio della scrittura e della Storia 6.000 anni fa fine del IV millennio a.C. Lavorazione dei metalli 11 1 UNITÀ unità 1 prest2:Layout 1 12 23/07/2009 18.35 Pagina 12 LA PREISTORIA unità 1 prest2:Layout 1 23/07/2009 18.35 Pagina 13 INTRODUZIONE La Preistoria è quel lunghissimo periodo di quasi 5 miliardi di anni durante i quali si è formata la Terra, sono comparse le prime forme di vita e, attraverso l’evoluzione, anche l’uomo. Essa precede la storia e perciò si chiama pre, “prima”, istoria, della “storia”. Gli studiosi chiamano il periodo più antico della preistoria “Età della pietra”, perché i gruppi umani usavano solo questo materiale. Questo lungo periodo si divide in Paleolitico e Neolitico, perché progres- sivamente gli uomini riuscirono a migliorare la qualità degli utensili di pietra. La Storia inizia con l’invenzione della scrittura, verso la fine del IV millennio a.C. 13 1 UNITÀ unità 1 prest2:Layout 1 - - 11/09/2009 20.27 Pagina 14 LA PREISTORIA CAPITOLO Ti racconteremo: I PRIMI UOMINI DELLE FASI DELL’EVOLUZIONE DELL’UOMO; DELLE DIFFERENTI CONDIZIONI AMBIENTALI; - DELLA SCOPERTA DEL FUOCO. 1. L’ORIGINE DE LL’UOMO 1 Circa 200 milioni di anni fa la Terra era dominata dai rettili, i dinosauri, “terribili lucertole”; molti erano erbivori e trovavano nutrimento nella foltissima vegetazione che copriva il pianeta, altri erano predatori carnivori; alcuni erano quadrupedi, altri bipedi. La maggior parte di loro aveva dimensioni enormi; alcuni, ANTR OPOMO RFO infatti, raggiungevano perfino la lunghezza di oltre 30 metri e pesavano più di 80 tonnellate. I dinosauri colonizzarono la terraferma e i Si chiamano antropomor fe, cioè dalla “forma umana”, le mari e alcune specie divennero addirittura adatte al volo; si può dire, scimmie più evolute, il cui perciò, che l’intero pianeta era dominato dai rettili. Per milioni di anni aspetto e atteggiamento ricordano il loro dominio rese difficile lo sviluppo dei mammiferi, piccoli aniquello umano. mali, come il Purgatorius, che vivevano sugli alberi cibandosi di insetti. Quando, per ragioni che non conosciamo, i dinosauri si estinsero, i mammiferi ebbero la possibilità di moltiplicarsi, dando vita a quasi tutte le specie oggi esistenti. Fra gli altri apparvero i primati, “i principali”, i “primi”, che comprendono sia le scimmie A N T R O P O M O R F E , gorilla e scimpanzé, sia gli antenati dell’uomo, gli ominidi. È stato uno scienziato inglese, Charles Darwin, vissuto due secoli fa, a intuire che le scimmie e gli uomini derivano dalla stessa specie animale. Egli ha elaborato la teoria dell’evoluzione, secondo la quale nel corso del tempo tutti gli esseri viventi subiscono un lento mutamento e di essi, attraverso una selezione naturale, sopravvivono solo quelli capaci di adattarsi alle condizioni ambientali circostanti, di procacciarsi il cibo, di difendersi dai nemici e di riprodursi. Gli Australopitechi, “scimmie dell’emisfero australe”, sono la specie più antica di ominide. In essi riconosciamo un nostro lontanissimo antenato, dal quale, mediante un lentissimo processo di evoluzione, è derivato l’Homo sapiens sapiens. Gli Australopitechi vissero nelle savane dell’Africa orientale, avevano il corpo idoneo al bipedismo, gli zigomi pronunciati e le mascelle sporgenti, erano alti circa un metro e 35 e pesavano circa 30 chilogrammi. Erano vegetariani, ma quando 14 Esistevano diverse specie di dinosauri. Uno caricatura di Charles Darwin, rappresentato come una scimmia. unità 1 prest2:Layout 1 23/07/2009 18.35 Pagina 15 CAPITOLO 1 - I PRIMI UOMINI Le varie fasi dell’evoluzione dell’uomo attraverso l’aumento della dimensione del cervello e la conquista della postura eretta. A ciò si accompagna anche l’uso esperto delle mani per la costruzione di utensili. Resti originali di un Homo erectus, trovati sull’isola di Java (Indonesia) nel 1891. Ricostruzione di un Homo erectus. capitava si nutrivano anche di uova e di qualche roditore. Da una famiglia di Australopitechi si sviluppò l’Homo habilis, alto quanto gli altri Australopitechi, ma con un cervello notevolmente più voluminoso. Che fosse più intelligente lo si capisce dal fatto che sapeva scheggiare le pietre per ottenerne strumenti di lavoro. Sappiamo che è vissuto nelle savane africane e, dall’esame della sua dentatura, che era onnivoro, ossia si cibava oltre che di vegetali anche di animali; probabilmente proprio la necessità di procurarsi la carne ha aguzzato la sua intelligenza. La raccolta dei vegetali non richiede molta perspicacia, abilità che è, invece, indispensabile nella caccia, dove occorre una strategia, una certa elasticità mentale e un’organizzazione. L’Homo habilis migliorò la comunicazione e la collaborazione di gruppo. Col tempo, una lenta evoluzione determinò il passaggio dall’Homo habilis all’Homo erectus. L’Erectus costruiva strumenti più perfezionati dell’Habilis, anche perché, grazie alla vita sociale, era in grado di tramandare meglio le conoscenze da una generazione all’altra. Era molto abile nel catturare vari tipi di animali, di preferenza il cervo, di cui mangiava la carne, utilizzava la pelle per coprirsi, le ossa e le corna per farne utensili. Gli Erectus vivevano in tribù di circa 20 o 30 individui, spesso usavano grandi caverne come abitazioni e giacigli fatti con pellicce. I ruoli erano ben distinti: le donne, i ragazzi e gli anziani restavano al campo e raccoglievano vegetali, mentre gli uomini andavano a caccia. Ricostruzione di una scena di caccia. Parco Baconao, Cuba. 15 1 UNITÀ unità 1 prest2:Layout 1 23/07/2009 18.35 Pagina 16 LA PREISTORIA Esempio di arte rupestre. Grotte di Lascaux, Francia. Dall’Africa l’Erectus emigrò in Europa e in Asia e poi in regioni sempre più lontane. Si trattava di brevi ma continui spostamenti che, nel corso dei secoli, portarono i gruppi umani a migliaia di chilometri di distanza dal luogo di origine. Le cause di questi spostamenti sono da ricercare nella necessità di trovare nuovi territori di caccia e nell’abitudine di seguire i branchi di animali selvatici nelle migrazioni stagionali. Circa 250.000 anni fa dall’Erectus ebbe origine l’Homo sapiens, capace di comunicare con un linguaggio verbale abbastanza articolato. Intorno a 30.000 anni fa apparve una specie umana ancora più evoluta di sapiens, l’Homo sapiens sapiens, la cui intelligenza era superiore a quella dei suoi predecessori. Egli affinò le tecniche di lavorazione della selce fino a superare la fase di semplice scheggiamento e a giungere alla levigazione. Inventò nuove tecniche di caccia e nuove armi per cacciare, come l’arco, che con minori rischi consentiva di ottenere migliori risultati, dato che permetteva di colpire la preda da lontano. Era in grado di costruire capanne con ossa e zanne di animali, di fabbricare aghi di osso per cucire abiti, bottoni di avorio, statuette, bambole. Grazie al suo livello intellettivo era in grado di pensare, riflettere e progettare; dunque era ormai simile a noi. Un esempio di amigdale (dal greco amygdàle, “mandorla”) che l’uomo primitivo usava per scuoiare gli animali e per dividere i pezzi di carne. 2. LA DI FF US IO N E DELL ’U OM O L’Homo sapiens sapiens superò i confini dell’Eurasia fino ad arrivare in America attraverso gli immensi ghiacciai che collegavano quel continente alla Siberia. Questa è una dimostrazione del fatto che egli era in grado di adattarsi al rigidissimo clima di quelle regioni. Diffondendosi sulla Terra, i nostri lontani antenati incontrarono condizioni ambientali differenti per clima, flora e fauna, per cui svilupparono caratteristiche fisiche di adattamento ai diversi ambienti: in Europa la pelle chiara che assorbe meglio i raggi del sole; in Africa la pelle nera che difende meglio dal calore solare; nelle zone artiche la statura bassa che permette di esporre al sole una superficie minore e gli occhi ridotti a una fessura che ostacola le penetrazione del freddo. 16 Il dolmen di Poulnabrone in Irlanda. I dolmen erano tombe collettive costituite da tre pietre verticali che ne sostengono una orizzontale. unità 1 prest2:Layout 1 11/09/2009 20.29 Pagina 17 CAPITOLO 1 - I PRIMI UOMINI Alcuni gruppi umani, una volta stabilitisi in una DNA regione, sono rimasti isolati per millenni, riproSigla formata con le iniziali del l’es ducendosi sempre fra di loro, altri hanno avuto pre ssio ne ing les e D(eoxyribo) N(u frequenti contatti con altri gruppi, anche attracleic) A(cid), usata in biochimica e in biol verso matrimoni che hanno prodotto una noteogia molecolare per indicare l’acido des ossiribonucleico, vole varietà di tipologie fisiche. presente nei cromosomi di tutti gli organismi viventi; Comunque, nonostante le differenze tra gli indidalla molecola del DNA dipende la trasmissione dei vidui, oggi gli studiosi distinguono cinque caratteri ereditari. grandi raggruppamenti umani: Caucasici, Orientali, Amerindi, Aborigeni australiani e Neri. La diversità è dovuta alla localizzazione geografica e riguarda soprattutto l’aspetto esteriore, non il patrimonio genetico trasmesso attraverso il D N A . 3. IL P ALE OLI TIC O I dinosauri sono i protagonisti del cartone animato “L’era glaciale”. L’intelligenza ha consentito a esseri scimmieschi di diventare uomini capaci di lavorare la pietra e costruire vari strumenti in legno. Ebbe inizio così una nuova epoca. Prima l’uomo utilizzava ciò che trovava in natura, dopo fu anche in grado di costruirsi gli strumenti di cui aveva bisogno e imparò anche a conservarli per un uso successivo. Egli scheggiò la pietra e la usò per uccidere animali di ogni dimensione, dalla volpe alla marmotta, dal cervo all’antilope, fino al mammut, un enorme animale estinto, simile all’elefante, del peso di circa 8 tonnellate. Oltre che di questi animali i nostri lontani progenitori si nutrivano anche di uccelli che catturavano con trappole e di pesci che catturavano con le mani o che colpivano con schegge rocciose legate a un bastone. Conservavano la carne avanzata essiccandola o immergendola nell’acqua di un ruscello. Una rivoluzione fondamentale si verificò con la scoperta del fuoco. L’uso del fuoco cambiò radicalmente la vita dell’uomo preistorico, perché serviva per vincere i rigori del freddo, illuminare il buio della notte e cuocere la carne. La cottura rendeva la carne più masticabile e digeribile così che poteva essere mangiata anche da anziani e bambini. Con il fuoco, inoltre, veniva indurita la punta delle lance. All’inizio gli uomini non sapevano accendere il fuoco, ma solo conservare quello che trovavano in natura causato da un fulmine o dall’eruzione di un vulcano, ci riuscirono solo quando scoprirono che la pietra focaia, un tipo di roccia chiamata “selce”, percossa con un’altra pietra produceva scintille. Questa scoperta favorì l’insediamento stabile in caverne, all’interno delle quali il fuoco rimaneva sempre acceso, perché serviva anche a tenere lontano gli animali feroci. Le selci furono scheggiate dai nostri antenati per produrre asce o punte di freccia, dando il via all'era dei manufatti. 17 1 UNITÀ unità 1 prest2:Layout 1 11/09/2009 20.30 Pagina 18 LA PREISTORIA In questa pittura rupestre è raffigurato un gruppo di cacciatori armati di archi e frecce. LA NAS CITA DELL A C UL TUR A Nel Paleolitico l’uomo viveva di caccia e di raccolta. Le battute di caccia coinvolgevano l’intera comunità e questa attività favorì la nascita delle prime forme di organizzazione di gruppo. Milioni di anni sono stati necessari per passare dalle prime forme di ominidi, che vagavano per le savane africane, agli uomini sapiens sapiens. Migliaia di generazioni sono trascorse, ciascuna delle quali ha compiuto un modesto progresso, ma unitariamente hanno consentito agli Australopitechi di raggiungere uno sviluppo della loro intelligenza maggiore di quella di tutti gli altri esseri viventi. L’intelligenza ha consentito a esseri scimmieschi di divenire uomini e quindi capaci di lavorare la pietra e costruire vari strumenti, di cacciare, di vincere la paura del fuoco e utilizzarlo. Essi, inoltre, organizzarono la loro vita sociale, il cui centro non era più costituito solo dalle caverne, ma anche da grandi capanne, che erano in grado di costruire e in cui il gruppo poteva riunirsi, riscaldarsi intorno al fuoco, proteggersi, mangiare, dormire e comunicare. L’uomo, infine, è stato in grado di passare da un linguaggio animalesco o quasi a uno complesso e articolato che gli ha consentito di esprimere concetti anche astratti e di produrre cultura. 18 Quando il clima si fece più mite gli uomini abbandonarono le caverne e cominciarono a costruire abitazioni all’aperto usando legno, fango secco, paglia e pelli di animali. Se la zona prescelta era paludosa, fabbricavano le palafitte. Per difendersi dal freddo gli uomini del Paleolitico si coprivano con pelli di animali, perciò fu un notevole passo avanti l’invenzione dell’ago, un’asticciola di osso sottile con un foro in cui si introduceva un filo di pelle o di erba intrecciata. Con l’ago le Anche io faccio pelli si potevano adattare sul parte di un clan! corpo per difendersi meglio dal freddo. Col passare dei millenni gli uomini si resero conto che era più conveniente vivere in gruppi sempre più numerosi, sia per difendersi che per cacciare i grandi animali, si formarono così i clan, gruppi di famiglie che riconoscevano come loro capo un anziano, poi un insieme di clan dette vita alla tribù. unità 1 prest2:Layout 1 23/07/2009 18.35 Pagina 19 CAPITOLO ESERCIZI 1 - I PRIMI UOMINI 1. Rispondi alle seguenti domande: a - Di che cosa si cibavano gli Australopitechi? b - Quali specie comprendono i primati? c - Chi è l’autore della teoria dell’evoluzione? d - Che cosa sostiene la teoria dell’evoluzione? e - Dove vissero gli Australopitechi? f - Quale animale catturava di preferenza Homo erectus? g - Quando ebbe origine l’Homo sapiens? h - Quando apparve l’Homo sapiens sapiens? 19 1 UNITÀ unità 1 prest2:Layout 1 - - 11/09/2009 20.31 LA PREISTORIA Ti racconteremo: DELLA RIVOLUZIONE AGRICOLA; DELLO SVILUPPO TECNOLOGICO; - Pagina 20 DEI PRIMI VILLAGGI. 2 IL NEOLITICO E LA RIVOLUZIONE AGRICOLA CAPITOLO 1 . LA S CO PER T A DEL L’ AGRI CO L T U RA E DEL L’ ALLE VAME N T O GL ACIA ZIONE 20 Al termine dell’ultima G L A C I A Z I O N E , con l’aumento della temPeriodo durante il quale, in peratura, sulla Terra si vennero a determinare condizioni climatiseguito a un forte raffreddamento climatico, il ghiaccio che che favorirono il passaggio dalle attività di caccia e raccolta a si espande ricoprendo vaste aree quelle ben più complesse dell’agricoltura e dell’allevamento. del globo terrestre. Questo passaggio, avvenuto circa 12.000 anni fa, segnò l’inizio del Neolitico che significa “Età della pietra nuova”. L’uomo era ormai presente in ogni parte del mondo. Partendo dall’Africa, aveva raggiunto l’Europa, l’Asia, aveva superato la Siberia e si era spinto fino al continente americano; attraverso l’Indonesia stava raggiungendo anche l’Australia. Nello stesso periodo egli, che fino a quel momento era stato cacciatore e raccoglitore, scoprì l’agricoltura, cioè il modo di seminare e coltivare i campi, nonché la maniera di allevare animali. Questo evento costituisce una delle più grandi rivoluzioni nel corso del cammino dell’umanità. Con la scoperta dell’agricoltura e dell’allevamento l’uomo non si trovò più nella necessità di cercare quotidianamente tutto ciò di cui aveva bisogno per la sua sopravvivenza, perché era ormai in grado di coltivare le piante e di allevare gli animali necessari alla sua esistenza. Le conseguenze furono molteplici: dal miglioramento delle condizioni di vita all’aumento della popolazione, dalla progressiva deforestazione all’ampliamento delle zone coltivabili, dalla nascita dei villaggi, e in un secondo tempo delle città, allo sviluppo delle attività artigianali e quindi alla lavorazione dei metalli. La nascita dell’agricoltura, cioè la “rivoluzione agricola”, avvenne in Mesopotamia, che significa “terra tra i fiumi”, regione chiamata anche “Mezzaluna fertile”, La diffusione dell’agricoltura. unità 1 prest2:Layout 1 23/07/2009 CAPITOLO 18.35 Pagina 21 2 - IL NEOLITICO E LA RIVOLUZIONE AGRICOLA il cui territorio era compreso tra i fiumi Tigri ed Eufrate, corrispondente in buona parte all’odierno Irak. Essa godeva di condizioni climatiche particolarmente favorevoli e offriva notevoli risorse alimentari, perché vi nascevano in gran quantità orzo e grano selvatici e c’era abbondante selvaggina; perciò alcuni gruppi umani vi si insediarono passando dal nomadismo a una vita prevalentemente sedentaria. Nacquero così i primi villaggi di qualche centinaio di persone. La sedentarietà permise agli uomini di capire che i semi caduti nel terreno germogliano dando vita alle piante corrispondenti. Ecco la nascita dell’agricoltura, riconosciuta da tutti gli studiosi come la più straordinaria rivoluzione umana dopo la scoperta del fuoco. 2 . L E P R IN CI P AL I CO L T IV AZ I O NI E L ’ A DDO ME ST I C AM E N T O D E GL I A NI MA L I Furono coltivati innanzitutto i cereali – orzo, farro, grano –, che uniscono all’alto valore nutritivo la possibilità di essere conservati. Dal Neolitico a oggi la loro produzione non si è mai interrotta. Seguirono alcune leguminose, come fave, piselli e lenticchie; poi venne il lino, coltivato per la sua fibra e per i semi oleosi; infine l’olivo e la vite. I cereali, l’olio e il vino costituirono e costituiscono ancora oggi l’alimentazione di base delle popolazioni che vivono lungo le coste del Mediterraneo, tanto che il Cristianesimo li usa nelle sue principali cerimonie religiose. Ancora prima della rivoluzione agricola si ebbe l’addomesticamento di alcuni animali, evento, anche questo, di enorme importanza per l’uomo. Egli poté avere così una costante riserva di carne e, in un secondo tempo, di latte, dalla cui lavorazione seppe ricavare il formaggio, alimento di notevole valore nutritivo. In principio l’allevamento era limitato a una o due sole specie che, però, opportunamente selezionate, andavano gradatamente acquistando caratteristiche molto diverse da quelle rimaste allo stato selvatico: divenivano più mansuete, le loro carni si facevano più tenere e la produzione di latte più abbondante. Furono addomesticati per primi gli ovini, prima la capra e poi la pecora; seguirono il maiale e il bue che, oltre a fornire la carne, poté essere utilizzato sia nei lavori agricoli che per il trasporto di pesi; la sua forza lavoro fu la prima energia impiegata dall’uomo oltre a quella dei propri muscoli. I tipici animali da trasporto vennero dopo, Fattori che determinarono la scoperta dell'agricoltura. L’addomesticamento degli animali a opera degli Egiziani 21 1 UNITÀ unità 1 prest2:Layout 1 23/07/2009 18.35 Pagina 22 LA PREISTORIA LA RU OTA Un importante mezzo di trasporto, inventato e utilizzato dall’uomo sin dall’età neolitica, fu una specie di slitta trainata inizialmente dall’uomo stesso e successivamente da animali domestici. Quando si dovevano trasportare per brevi tratti carichi troppo pesanti, si usavano tronchi di albero su cui si faceva scorrere il carico. Su questa idea si basa l’invenzione della ruota. I sumeri, che abitavano nella Mesopotamia, furono i primi, intorno al 3000 a.C., a usare la ruota. Erano ruote piene, cioè senza raggi, molto spesse e pesanti, collegate da un asse che le faceva ruotare. In seguito la ruota fu perfezionata con il mozzo e con i raggi, che la resero molto più leggera e maneggevole. Le merci che dovevano essere trasportate per lunghi viaggi continuarono tuttavia, data la scarsità di strade, a essere trasportate a dorso di asini e muli e in un secondo tempo di cammelli. I primi carri furono usati per trasportare i soldati in battaglia, ma non in combattimento. Solo dopo il 2000 a.C. si cominciò a usare come trasporto il carro; si trattava di un carro molto leggero, munito di ruote a raggi e trainato da cavalli. L’importanza dell’invenzione della ruota fu notevole, basti pensare che un animale aggiogato a un carro con ruote poteva trainare un peso tre volte superiore a quello trasportato su una slitta. Donna che lavora al telaio. Il telaio, inventato nell’età neolitica, fu uno dei primi strumenti che rese più agevole e rapido il lavoro di tessitura. I primi telai erano costituiti da due paletti di legno fissati al suolo, e altri orizzontali sui quali venivano tesi i fili in senso verticale rispetto all’ordito. prima l’asino e poi, ma ormai in epoca storica, il cavallo. Prima della rivoluzione agricola gli uomini si cibavano di quello che la natura offriva spontaneamente, con l’agricoltura, invece, essi intervengono attivamente nel processo naturale: scelgono innanzitutto il tipo di vegetali che desiderano, poi selezionano i semi da destinare alla riproduzione, migliorandone costantemente la qualità per ottenere un’alimentazione più varia e razionale. Nei terreni poco umidi portano l’acqua, la trasferiscono dove ce n’è troppa; disboscano per ricavare terra da coltivare, modificando così il paesaggio. Si può dire che prima della scoperta dell’agricoltura l’uomo era passivo nei confronti della natura, in quanto si limitava a raccogliere e a cacciare quello che nasceva spontaneamente, con l’agricoltura diviene attivo, cioè produce quello di cui ha bisogno; la natura diventa così il mezzo di cui egli si serve per il conseguimento dei suoi fini. L’agricoltura e l’allevamento non costituirono le uniche fonti di cibo per l’uomo; egli continuò anche a praticare la raccolta di vegetali, la caccia e la pesca. 3. LO SVILUPPO TECNOLOGICO 22 Un’ascia del periodo neolitico. Nelle comunità paleolitiche tutti gli individui si dedicavano alla ricerca di cibo, non essendo possibili altre specializzazioni, perché all’individuo che avesse svolto altre attività sarebbe venuto a mancare il cibo, in quanto, dovendo ognuno pensare solo al proprio sostentamento, nessuno glielo avrebbe potuto procurare. Con la diffusione dell’allevamento e dell’agricoltura la situazione risultò profondamente modificata, in unità 1 prest2:Layout 1 11/09/2009 CAPITOLO 20.32 Pagina 23 2 - IL NEOLITICO E LA RIVOLUZIONE AGRICOLA Piastra di argilla risalente a circa 5000 anni fa, proveniente dalla Mesopotamia, che raffigura a sinistra un sacerdote e a destra un fedele. . quanto era possibile per una minoranza non impegnarsi nella produzione di viveri e dedicarsi, invece, ad altre attività. Nacquero così gli artigiani, i commercianti, i guerrieri e i sacerdoti. Le esigenze dell’agricoltura e la presenza degli artigiani portarono nell’età neolitica a uno straordinario sviluppo tecnologico. L’uomo inventò strumenti di lavoro, necessari per operazioni complesse quali l’aratura e la mietitura. Si ebbero così pestelli, mortai, macine, falcetti, vanghe e zappe, depositi per la conservazione dei cereali. Venne sempre di più sentita anche l’esigenza di strumenti necessari alla cottura dei cibi. Ecco perché, dopo l’allevamento e l’agricoltura, inizia la produzione di oggetti di ceramica. La materia prima era l’argilla che veniva modellata nelle forme desiderate e poi messa a cuocere in forni all’aperto. Si ottenevano così vasi, ciotole, piatti di ceramica elegantemente rifiniti, di varie forme e colori che sostituirono i recipienti di vimini, di legno e di pelle. Poi si arrivò alla filatura e alla tessitura che, utilizzando come materie prime le fibre di lino e la lana delle pecore, permisero il passaggio dagli indumenti di pelle alle vesti di tessuto. L’abitudine di riservare l’attività tessile alle donne incominciò allora e si può dire che sia durata quasi fino ai nostri giorni. 4 . DAL V ILL AGG IO ALL A CI T T À Questo terreno è mio! L’economia basata sull’agricoltura e sull’allevamento portò a un notevole aumento della popolazione, che si fece sempre più sedentaria, per cui il centro sociale più importante divenne il villaggio. I primi villaggi comprendevano poche capanne circolari di canne e fango. In seguito le abitazioni, che ormai possiamo chiamare case, furono costruite in muratura con blocchi di argilla cruda e a pianta rettangolare. All’inizio la struttura sociale del villaggio era molto semplice, perché le attività non erano ancora ben diversificate. La divisione del lavoro avveniva essenzialmente sulla base del sesso. I maschi si occupavano della caccia e della pesca, ridotte sempre più a una funzione secondaria, nonché della fabbricazione degli strumenti, le donne, invece, dell’intreccio di stuoie, della filatura, della tessitura e della lavorazione dell’argilla. Le due attività fondamentali, coltivare i campi e accudire il bestiame, venivano svolte da uomini e donne insieme. Nei villaggi si sviluppò anche il concetto di proprietà privata. All’inizio il possesso era collettivo: sia le terre che i prodotti appartenevano a tutti gli abitanti del villaggio. In un secondo tempo il bestiame e la terra divenneO I C H C R ro di proprietà delle singole famiglie e poi degli individui. Si GER A creò, così, un ordine G E R A R C H I C O tra chi era proprietaDa gerarchia. Indica un ordirio di terre e bestiame e chi non lo era. a scalare, regolato ne, secondo il principio della indivisubordinazione all’autorità o degli dui inferiori a quelli superiori. 23 1 UNITÀ unità 1 prest2:Layout 1 23/07/2009 18.35 Pagina 24 LA PREISTORIA 5. I L CU L T O D E G L I D E I E L A NA SC IT A D E L L ’O R D INE SA CE R D OT AL E Un altro elemento che contribuì a fissare un ordine gerarchico fra gli uomini che vivevano nei villaggi fu il culto degli dei. Già nel Paleolitico si svolgevano riti magici e religiosi, ma fu nel Neolitico che essi cominciarono ad articolarsi in forme nuove e complesse. Furono scelti posti sopraelevati, protesi quindi verso il cielo, per farne luoghi sacri alle divinità, identificate nei fenomeni naturali. Quindi si affermò il sacerdote, dotato di particolare prestigio e potere, custode dei luoghi sacri, il quale aveva il compito di curare i rapporti fra gli dei e gli uomini. Mentre al vertice della società si imponevano i sacerdoti, al gradino più basso – ma in epoca molto successiva – troviamo gli schiavi; coloro che, non avendo la protezione di una famiglia, si davano a un padrone che li difendeva, ma che nello stesso tempo ne sfruttava il lavoro, oppure erano prigionieri catturati durante scontri tra villaggi vicini per il possesso di qualche area coltivabile. La stratificazione sociale e il culto divino furono le cause del passaggio dal villaggio alla città. Il centro cittadino era il tempio; intorno a questo edificio, situato spesso in un luogo sopraelevato, si organizzò tutta la vita sociale. I sacerdoti assunsero un’importanza sempre maggiore; erano loro che avevano il compito di assicurare alla città la benevolenza degli dei, di interpretare il futuro e di dare ordini per le diverse attività agricole. Con la città l’uomo creò uno spazio separato dall’ambiente circostante; alla vita selvatica egli contrappose una vita civile, una cultura sempre più elaborata e complessa, che nel suo insieme prese il nome di “civiltà”, termine che deriva dal latino civitas che significa appunto “città”. La Venere di Willendorf, statuetta in pietra calcarea. Il re e il suo accolito portano doni al tempio. 6. L’ETÀ D EI META LLI 24 Un altro miglioramento della vita dell’uomo preistorico si ebbe BA RAT TO con la lavorazione dei metalli. Intorno al 6.000 a.C. gli uomini cominciarono a lavorare il rame, un metallo abbastanza diffuso e L’atto di dare una cosa in camfacile da estrarre, che veniva fuso ad alte temperature e versato in bio di un’altra. In economia stampi di argilla per ricavarne oggetti resistenti. Nel 3.000 a.C. scoscambio di beni contro beni. prirono la possibilità di migliorare la resistenza dei metalli attraverso la lega: il rame fuso insieme allo stagno diede il bronzo, un metallo molto più duro. Verso il 1200 a.C., l’uomo imparò a estrarre il ferro dalle miniere e a lavorarlo, ma ormai dalla Preistoria si era passati alla Storia. Durante l’età dei metalli si ebbe un grande sviluppo commerciale, perché il rame e lo stagno non si trovavano in ogni posto, per cui gli uomini dovevano intraprendere lunghi viaggi per procurarseli, scambiandoli con i loro prodotti. Nacque così il B A R A T T O . unità 2 PRESTORIA:Layout 1 11/09/2009 CAPITOLO 20.34 Pagina 25 2 - IL NEOLITICO E LA RIVOLUZIONE AGRICOLA ESERCIZI 1. Indica con una crocetta se le seguenti affermazioni sono vere (V) o false (F): V F a - Le prime piante coltivate furono gli alberi da frutto. b - Il Cristianesimo usa i cereali, l’olio e il vino nelle sue principali cerimonie. c - Prima dell’agricoltura si ebbe l’addomesticamento di alcuni animali. d - I primi animali addomesticati furono il maiale e il bue. e - La prima energia impiegata dall’uomo, oltre a quella dei propri muscoli, fu quella del bue. f - Con l’agricoltura gli uomini intervennero attivamente nel processo naturale. g - In seguito alla scoperta dell’agricoltura e dell’allevamento gli uomini smisero di praticare la raccolta di vegetali, la caccia e la pesca. h - La diffusione dell’agricoltura e dell’allevamento permise la nascita degli artigiani, dei commercianti, dei guerrieri e dei sacerdoti. i - La materia prima nella produzione di oggetti di ceramica era l’argilla. l - La filatura e la tessitura delle fibre di lino e della lana delle pecore permisero il passaggio dagli indumenti di pelle alle vesti di tessuto. 2. Quando si verificarono le seguenti scoperte? Fai una crocetta nella casella corrispondente: Ago PALEOLITICO NEOLITICO Fuoco Clan e tribù Allevamento Agricoltura Vesti di pelle Caccia Linguaggio Arco 3. Rispondi alla seguente domanda: quali furono le conseguenze della rivoluzione agricola? 25 2 23/07/2009 unità unità 2 PRESTORIA:Layout 1 CAPITOLO 18.40 Pagina 26 LE PRIME CIVILTÀ DELLA STORIA 1 Le civiltà della Mesopotamia CAPITOLO 2 CAPITOLO 3 La civiltà egizia Gli Ebrei 4 5 00 26 a.C. I Sumeri occupano la Mesopotamia 2000 a. C. Gli Amorrei sottomettono le città sumere e fondano Babilonia unità 2 PRESTORIA:Layout 1 11/09/2009 20.35 Pagina 27 CARE SORELLE, Il popolo mi ama. Io sono il faraone, il dio Horus, figlio di Osiride e Iside e l’intero Egitto è nelle mie mani. Molto presto partirò e attraverserò i grandi fiumi del Nilo, del Tigre e dell’Eufrate, dove sono fiorite le grandi civiltà. Come sapete, i primi ad abitare la Mesopotamia sono stati i Sumeri, che si organizzarono attraverso una rigida gerarchia sociale, in seguito i Babilonesi svilupparono fortemente gli studi nei campi dell’astronomia, dell’astrologia, della matematica, raggiungendo importanti traguardi in ambito tecnico. Noi Egiziani abbiamo il prezioso limo, che il Nilo produce rendendo fertile questa terra, anche se le regioni desertiche non ci permettono di abitare (e sfruttare) quei paesaggi desolati…senza vita…sob. Le imponenti piramidi e i suggestivi obelischi sono testimonianze indiscusse della nostra abilità nella architettura. E siamo gli unici a venerare i morti attraverso l’imbalsamazione e la mummificazione. Nelle tombe i defunti hanno oggetti e cibo, in maniera che il loro viaggio verso l’aldilà sia sereno e sicuro, a patto che la loro vita sulla terra sia stata onesta! Sono sicuro che avremo nella storia un ruolo importante; passeranno i secoli e gli uomini volgeranno a noi sempre uno sguardo di ammirazione e di… stupore! Mi raccomando, OGNI SCRIBA DOVRÀ RACCONTARE LE MIE IMPRESE!!! 125 0 a .C. Gli Ebrei fuggono dall’Egitto 800 a.C. I Fenici fondano le prime colonie 70 d.C. I Romani distruggono Gerusalemme 27 2 UNITÀ unità 2 PRESTORIA:Layout 1 28 23/07/2009 18.40 Pagina 28 LE PRIME CIVILTÀ DELLA STORIA unità 2 PRESTORIA:Layout 1 23/07/2009 18.40 Pagina 29 INTRODUZIONE L’ambiente geografico ha avuto un ruolo decisivo nella nascita delle prime civiltà. Non c’è dubbio che alcune condizioni ambientali stimolino più di altre il progresso umano. Un territorio improdut- tivo difficilmente favorisce lo sviluppo tecnico, anzi spesso nemmeno l’insediamento umano; ma neanche una terra troppo ricca stimola l’intelli- genza, al contrario, di solito spinge l’uomo a vivere usufruendo dei beni che essa offre spontaneamente. Le regioni in cui sono nate e si sono sviluppate le prime civiltà avevano molte potenzialità che necessitavano di un notevole impegno materiale e intellettuale perché potessero essere sfruttate. 29 2 UNITÀ unità 2 PRESTORIA:Layout 1 23/07/2009 18.40 Pagina 30 LE PRIME CIVILTÀ DELLA STORIA Ti racconteremo: - DEL RUOLO DEI GRANDI FIUMI; - DEI SUMERI E DEI BABILONESI. 1 LE CIVILTÀ DELLA MESOPOTAMIA CAPITOLO 1 . LA CI VI L T À NA SCE LU N GO I L CO RS O DEI GR A NDI F IU M I Sin dal V millennio a.C. molte tribù si erano concentrate nei pressi di grandi fiumi, fra il Tigri e l’Eufrate, lungo il Nilo, l’Indo e il Fiume Giallo in Cina; tutte zone in cui la caccia e la pesca compensavano la scarsità dell’allevamento. Ogni tribù tentò di coltivare quelle terre, su cui le periodiche inondazioni depositavano il limo, un fango particolarmente fertile, ma gli sforzi di singole tribù erano insufficienti a bonificare territori con immense paludi. Perciò fu necessario il lavoro unitario di molte tribù per spianare colline e colmare valli, cioè per rendere il terreno piano e quindi facilmente coltivabile dopo ogni inondazione. Ai primi lavori di bonifica seguirono quelli di arginamento, che richiedevano un numero di persone ancora maggiore e quindi gruppi dominanti che ne coordinassero gli sforzi. Con grandi sacrifici fu realizzato un sistema di canali e di dighe per regolamentare l’acqua che, concentrata in bacini, poteva essere utilizzata durante i periodi di siccità. Lo sviluppo delle grandi valli fluviali, dunque, determinò una progressiva unificazione delle tribù coinvolte nei lavori di bonifica e una sempre maggiore separazione dei ruoli fra i capi e la grande maggioranza dei subordinati. Grazie alla spontanea azione fertilizzante del limo e all’irrigazione, l’agricoltura produceva molto più che altrove permettendo a un elevato numero di persone di essere libere dall’incombenza di procurarsi direttamente il cibo e quindi di dedicarsi ad attività più specialistiche. Questo fece sì che le città divenissero centri sempre più importanti, perché accan- 30 Un’imbarcazione sul fiume Eufrate. Un villaggio sulle sponde del Nilo. Vista satellitare del fiume Nilo. unità 2 PRESTORIA:Layout 1 23/07/2009 18.40 Pagina 31 CAPITOLO 1 - LE CIVILTÀ DELLA MESOPOTAMIA to all’agricoltura, che continuava ad avere un ruolo fondamentale, vi si svilupparono altre attività, come l’artigianato, il commercio e l’edilizia, che contribuirono notevolmente al progresso della civiltà. 2 . IL POT ER E P OLIT ICO Con il passare del tempo la città divenne la sede del potere centrale che coordinava, indirizzava e controllava tutte le attività lavorative. All’inizio era il sacerdote a detenere sia il potere religioso che quello politico. I sacerdoti, infatti, amministravano tutte le derrate alimentari che, come ogni altra cosa, erano considerate proprietà della divinità che abitava nel tempio. I sacerdoti erano anche i custodi della volontà divina e come tali godevano di immensa autorità, di cui si servivano per costringere gli altri a prendere parte ai lavori di bonifica delle paludi e di arginamento dei fiumi, necessari per la coltivazione della terra. I sacerdoti erano, inoltre, scienziati. Misuravano il tempo, stabilivano le varie fasi dei lavori agricoli, regolavano tutte le attività sociali studiando gli astri e interpretando i fenomeni naturali. Il tempio era il fulcro dell’economia, non solo perché in esso confluivano le offerte che gli uomini portavano agli dei per propiziarseli, ma anche perché vi arrivavano i tributi, sotto forma di prodotti agricoli, che i contadini erano obbligati periodicamente a versare. Nei magazzini del tempio venivano anche conservate le riserve alimentari da distribuire in caso di necessità. Il tempio, insomma, era il centro di raccolta e di ridistribuzione della ricchezza, allora rappresentata quasi esclusivamente dal cibo. Allo svolgimento di questa attività erano addetti funzionari che, in caso di necessità, ricorrevano ai guerrieri, i quali, normalmente, avevano il compito di difendere la città. Nei pressi del tempio c’erano anche le case dei sacerdoti, quelle dei magistrati, che collaboravano con loro al governo della città, e quelle dei I portatori di offerte alle divinità. guerrieri. In un secondo tempo il potere politico fu assunto prevalentemente dal re, il quale continuò ad avvalersi del sostegno e del consenso dei sacerdoti, che rimasero interpreti della volontà divina. 3. DAI SUMERI AI BABILONESI La Mesopotamia, “terra tra i fiumi” (dal greco mésos, “in mezzo” e pótamos “fiume”) è un vasto territorio pianeggiante situato fra il Tigri e l’Eufrate. Essa si divideva in due grandi regioni: a nord l’Assiria e a sud Babilonia, ossia dall’odierna Bagdad al mare. Il Tigri e l’Eufrate rendevano fertile il territorio con le loro alluvioni che, lasciando sul terreno il fertile limo, I popoli della Mezzaluna fertile. 31 2 UNITÀ unità 2 PRESTORIA:Layout 1 23/07/2009 18.40 Pagina 32 LE PRIME CIVILTÀ DELLA STORIA Lo “stendardo di Ur”. Si tratta di un mosaico di conchiglie e lapislazzuli trovato nel palazzo reale. In alto è raffigurato un banchetto, in basso alcuni lavori agricoli. favorivano la coltivazione di numerose specie di vegetali. Tale territorio, ricco anche di alberi da frutta e di selvaggina, è stato la culla della civiltà. Il primo popolo a occupare la Mesopotamia, nel 4500 a.C., fu quello dei Sumeri, i quali si fusero pacificamente con le popolazioni locali. Essi iniziarono lavori per prosciugare paludi e sottrarre alle acque nuove terre da coltivare, cominciarono a costruire canali per far defluire l’acqua in eccesso e per conservare l’altra in modo da utilizzarla nei periodi di siccità. Diedero inizio così a una fiorente agricoltura, costruirono navi, svilupparono il commercio, edificarono case e templi e fondarono le prime città. I Sumeri non si organizzarono in un unico Stato, bensì in tante città-stato indipendenti l’una dall’altra, economicamente autosufficienti, a volte in lotta fra loro. L’organizzazione interna di ogni città era basata su di una forte stratificazione sociale, al cui apice troviamo all’inizio i sacerdoti, detentori oltre che del potere religioso anche di quello politico, successivamente un re, chiamato in lingua sumera lugal “grande uomo”, che svolgeva contemporaneamente la funzione di primo sacerdote e di comandante dell’esercito e che era considerato il prediletto degli dei pur non essendo un dio. Verso il 2000 a.C. gli Amorrei, una popolazione proveniente dal deserto arabico, sottomise le città sumeriche e fondò Babilonia, “porta degli dei”, che sotto il re Hammurabi raggiunse un grande splendore. Questi cercò di unificare i diversi popoli che abitavano la Mesopotamia rafforzando il potere centrale e imponendo a tutte le città il culto del dio Marduk. L’unità religiosa avrebbe contribuito ad amalgamare i popoli e a rinsaldare il potere centrale. Nasceva così la civiltà babilonese, erede per molti aspetti di quella sumerica e a essa debitrice nelle lettere e nelle arti. 32 Divinità babilonese in atteggiamento protettivo e invitante al culto. Statua in bronzo e oro di Hammurabi in preghiera. unità 2 PRESTORIA:Layout 1 23/07/2009 18.40 Pagina 33 CAPITOLO 1 - LE CIVILTÀ DELLA MESOPOTAMIA La porta di Ishtar, ottavo ingresso alla città di Babilonia. 4. TECNICHE E SCIENZE DELLE CIVILTÀ SUMERO-BABILONESI Hammurabi sviluppò il commercio, rese l’amministrazione statale più efficiente e promosse una serie di opere pubbliche, tra le quali ricordiamo il perfezionamento delle tecniche di irrigazione. Allo scopo di rendere più uniti i popoli a lui sottomessi, egli emanò per tutti le stesse leggi, riunite in un codice inciso su una lastra di pietra: la stele di Hammurabi. Il codice di Hammurabi presentava una grande novità rispetto alle altre leggi: non permetteva ai parenti delle vittime la vendetta privata; solo un funzionario dello Stato, dopo un regolare processo, poteva emettere la condanna. Questa raccolta di leggi prendeva in considerazione ogni aspetto della vita e per molti reati prevedeva la pena di morte. Veniva ucciso, per esempio, chi causava la morte di un uomo libero, chi professava la stregoneria, chi dichiarava il falso nei processi ecc. Altre pene previste erano la mutilazione, sulla base della legge del taglione, che imponeva come pena per il colpevole lo stesso danno che questi aveva causato alla sua vittima. Potevano essere tagliate le mani, le orecchie, il naso ecc. La società babilonese era divisa in uomini liberi (ufficiali, funzionari di corte e sacerdoti), semiliberi (artigiani, mercanti e contadini) e schiavi. Le pene erano diverse a seconda della categoria sociale cui apparteneva chi aveva commesso il reato e chi l’aveva subito. Le pene più severe erano previste per gli schiavi, meno severe per i semiliberi e ancora più lievi per i liberi. Solo nel caso in cui il colpevole commetteva un reato contro un suo pari la pena equivaleva al danno commesso. Si legge, infatti, nel codice: “Se un nobile toglie un occhio a un altro nobile gli sarà tolto un suo occhio. Se lo toglie a un contadino pagherà una mina d’argento, se lo toglie a uno schiavo pagherà la metà del suo prezzo d’acquisto”. E ancora: “Il furto subito da un nobile viene ripagato 30 volte, quello subito da un semilibero solo 10”. Il codice di Hammurabi si basava su due principi fondamentali: le leggi dovevano essere certe e sicure – per questo erano scritte – e nessuno poteva applicarle a suo arbitrio; i deboli e gli indifesi dovevano essere protetti dalla prepotenza dei più forti. La civiltà babilonese sviluppò lo studio dell’astronomia intrecciato a quello dell’astrologia, ossia alla credenza che i destini degli uomini fossero influenzati dagli astri e che attraverso la loro osservazione fosse possibile prevedere il futuro. Gli scienziati individuarono i movimenti dei pianeti, le costellazioni, le eclissi di Sole e di Luna; elaborarono un ingegnoso sistema per la misurazione del tempo. Per il calcolo dell’anno si basavano su un calendario astronomico di 12 mesi, basato sulle fasi della luna. Ripartirono il giorno in 24 ore, ciascuna di 60 minuti, proprio come facciamo noi oggi. Arrivarono a un buon livello nello studio della matematica: idearono il Il “Codice di Hammurabi”. Stele rinvenuta a Susa (Iran) e conservata presso il museo del Louvre (Parigi). Nella parte superiore sono raffigurati Hammurabi, in piedi, e Shamash, dio del Sole e della Giustizia, seduto sul trono. 33 2 UNITÀ unità 2 PRESTORIA:Layout 1 23/07/2009 18.40 Pagina 34 LE PRIME CIVILTÀ DELLA STORIA Lo ziqqurat di Ur. Lo ziqqurat è un grande tempio costituito da una serie di piattaforme tronco–coniche sovrapposte, sulla cui sommità sorgeva il santuario. sistema decimale; sapevano estrarre le radici quadrate e cubiche, misurare le aree e i volumi; divisero il cerchio in 360 gradi e giunsero a inventare una specie di calcolatore per le moltiplicazioni e le divisioni. Ottennero risultati notevoli anche in ambito tecnico: applicarono la ruota ai trasporti via terra e la vela a quelli via acqua. In architettura usarono l’arco e la volta, che dopo di loro non furono più usati fino agli Etruschi. Per le costruzioni utilizzavano mattoni di argilla cotti al sole. Costruirono palazzi sontuosi e grandiosi templi, edificarono le Ziqqurat, imponenti edifici sacri alti fino a 10 metri. La tecnica dei Sumeri: l’immagine presenta carri da trasporto dei Sumeri. Come si può notare le ruote erano piene, cioè senza raggi, formate da due tavolette a forma di semicerchio, tenute insieme da una coppia di traverse. 5. L E P R IM E FO R M E D I S CR I T T U R A L’invenzione della scrittura scaturisce dalle esigenze derivanti dalla complessità Nasce adesso sociale, politica, religiosa e soprattutto economica delle città. Testimonianze la scrittura... certe attestano che sin dal 3500 a.C. la scrittura veniva usata a Uruk, una città situata lungo il fiume Eufrate. Il suo tempio era il centro di una intensa attività commerciale: dai villaggi circostanti vi giungeva una notevole quantità di prodotti agricoli, sotto forma di tributi, che in parte venivano scambiati con altra merce e in parte costituivano il compenso degli artigiani e delle altre maestranze della città. Erano responsabili di questo movimento i sacerdoti del tempio e i loro funzionari che, trovandosi in difficoltà nel tenere in mente tutti i generi di merci, la provenienza e le quantità, si ingegnavano come meglio potevano. Ma di fronte alla complessa amministrazione della città, che si andava sempre di più ingrandendo, fu necessario escogitare qualcosa di più preciso, nacque così la prima forma di scrittura. Tavolette sumere incise a caratteri cuneiformi. I caratteri cuneiformi sono così chiamati perché incisi sull’argilla con una canna appuntita che produceva segni a forma di cuneo. 34 unità 2 PRESTORIA:Layout 1 23/07/2009 18.40 Pagina 35 CAPITOLO 1 - LE CIVILTÀ DELLA MESOPOTAMIA ESERCIZI 1. Indica con una crocetta se le seguenti affermazioni sono vere (V) o false (F): V F a - Gli sforzi di singole tribù, in Mesopotamia, erano insufficienti a bonificare vasti territori paludosi. b - L’acqua fu concentrata in bacini per essere usata nei periodi di siccità. c - Lo sviluppo delle grandi valli fluviali non determinò l’unificazione delle tribù coinvolte nei lavori di bonifica. d - Nelle città si svilupparono l’artigianato, il commercio e l’edilizia. e - All’inizio il potere religioso e politico nelle città era nelle mani dei sacerdoti. f - I sacerdoti erano anche scienziati. g - Il tempio svolgeva solo la funzione di centro religioso. h - I guerrieri avevano solo il compito di garantire l’ordine pubblico. i - In un secondo tempo il potere politico fu assunto dal re. 2. Indica con una crocetta la conclusione corretta delle seguenti frasi: a - La Mesopotamia è un vasto territorio privo di corsi d’acqua. situato fra il Tigri e l’Eufrate. b - Il primo popolo a occupare la Mesopotamia fu quello dei Sumeri. degli Amorrei. c - I Sumeri si organizzarono in un unico Stato. varie città-stato indipendenti l’una dall’altra. d - L’organizzazione interna delle città sumere era basata sull’eguaglianza. su di una forte stratificazione sociale. e - Nelle città sumere il re era comandante dell’esercito e primo sacerdote. considerato un dio. f - Hammurabi, re degli Amorrei, impose a tutte le città il culto del dio Marduk. fu un grande condottiero. g - Hammurabi emanò per tutti le stesse leggi per migliorare le tecniche agricole. rendere più uniti i popoli sottomessi. h - Il codice di Hammurabi vietava ai parenti delle vittime la vendetta privata. consentiva al colpevole di un reato di difendersi in giudizio. i - Il codice di Hammurabi prevedeva pene basate sulla mutilazione. che la pena per il reo avesse uno scopo rieducativo. 35 2 UNITÀ unità 2 PRESTORIA:Layout 1 - - 23/07/2009 18.40 Pagina 36 LE PRIME CIVILTÀ DELLA STORIA Ti racconteremo: DEL FIUME NILO; DELL’ORGANIZZAZIONE DELLA SOCIETÀ; - DEL CULTO DEI MORTI. 2 LA CIVILTÀ EGIZIA CAPITOLO 1. L’EGIT T O, DONO DEL NILO Il visitatore dell’Egitto, venendo da paesi con regolari precipitazioni atmosferiche, dove i campi coltivabili si estendono dalle valli sino alle prime pendici delle montagne e dove le condizioni meteorologiche sono varie, si rende conto immediatamente delle particolari condizioni climatiche e delle caratteristiche del territorio che si estende lungo il corso del Nilo. L’Egitto è un paese in cui piove raramente e in cui le terre coltivabili, nettamente distinte dal deserto, si trovano solo lungo la valle del fiume. Dove non arrivano le acque del Nilo, che trasportano il prezioso limo, non c’è più la fertile terra “nera”, ma incomincia la rossa sabbia del deserto. La delimitazione è così netta che, a volte, è addirittura possibile stare con un piede su una zolla di terra alluvionale e con l’altro sulla sabbia senza vita del deserto. Se si volge lo sguardo verso la valle del Nilo, si coglie una vita attiva e industriosa; osservando le colline, invece, l’occhio si perde su un paesaggio desolato. L’attenzione del visitatore è attratta, soprattutto, dal grande fiume melmoso, che trasporta la vita insieme all’acqua. Se il corso del fiume dovesse interrompersi, la fertile terra coltivabile si trasformerebbe in sabbia, che il vento spazzerebbe rapidamente via. Quando, durante le annate di siccità, l’inondazione del Nilo non avveniva, i danni erano gravissimi; se questo evento si verificava per diversi anni di seguito, la carestia era inevitabile con conseguenze disastrose. 36 Egiziani intenti a mietere il grano. unità 2 PRESTORIA:Layout 1 23/07/2009 18.41 Pagina 37 CAPITOLO 2 - LA CIVILTÀ EGIZIA 2 . IL FA RA ONE E L’ORD IN AMEN T O DEL LO S T AT O Il faraone trae le sue origini dai capitribù della società agricolo-pastorale precedente, di cui conservò alcune caratteristiche, come il bastone ricurvo e la barba posticcia di montone. Egli era il simbolo vivente dello Stato, garante della sua unità, assommava in sé tutti i poteri, politici e religiosi, emanava le leggi e le faceva applicare. Era considerato un dio, il dio Horus, figlio della più importante coppia divina, Osiride e Iside, e dopo la morte veniva identificato con lo stesso Osiride. Era al faraone che le divinità concedevano i benefici delle piene del Nilo, era lui che teneva i predoni lontani dall’Egitto. Egli era considerato proprietario di tutto il territorio egizio, compresi gli uomini e gli animali. Proprio perché lo Stato apparteneva al faraone come proprietà privata, l’Egitto era una monarchia ereditaIl faraone Micerino ria e il trono era trasmesso di padre in figlio come fra due divinità femminili. un bene di famiglia. La bellissima Nefertiti, A partire dalla quarta dinastia, il faraone cominmoglie del faraone ciò ad avvalersi di un primo ministro, il visir, Akhenaton. capo e responsabile dell’apparato burocratico dello Stato, e di altri funzionari, ciascuno dei quali aveva competenza su un determinato settore della vita del paese: chi era a Il faraone Micerino raffigurato capo dell’amministrazione per la riscossioinsieme alla moglie. ne delle imposte, chi a capo di quella giudiziaria, chi dirigeva i lavori pubblici. C’erano poi i governatori dei nomi, “i distretti”, i nomarchi, subordinati agli alti funzionari. Godevano di particolari privilegi i nobili e soprattutto i sacerdoti; i nobili erano, generalmente, ufficiali dell’esercito che si dedicavano alla difesa dello Stato. I sacerdoti, oltre a votarsi al culto delle varie divinità, si applicavano allo studio delle scienze, soprattutto della matematica e dell’astronomia; ricoprivano, inoltre, ruoli politici essenziali come consiglieri del sovrano, amministravano le imposte in natura versate dal popolo e i doni dei faraoni ai templi. I sacerdoti e i nobili erano esentati dal pagamento di qualunque tributo, mentre i contadini erano obbligati a versare all’erario parte del raccolto. La regina dà l’ultimo tocco all’abbigliamento del giovane faraone Tutankhamon. 37 2 UNITÀ unità 2 PRESTORIA:Layout 1 11/09/2009 20.37 Pagina 38 LE PRIME CIVILTÀ DELLA STORIA 3. LA VI T A S OCIAL E ED EC ONOMIC A Danzatrici e suonatori ad una festa. In Egitto erano tenuti in grande considerazione gli artisti, fra i quali erano apprezzati particolarmente gli scultori e i pittori. C’erano molti artigiani come fabbri, carpentieri, ebanisti, vetrai, armaioli, gioiellieri ecc. Generalmente questi mestieri erano trasmessi di padre in figlio. Rilevante era anche la produzione domestica di tessuti e di abiti. Artisti e artigiani lavoravano al servizio del faraone, dei sacerdoti, dei ricchi e potenti signori, ricevendo come compenso prodotti della natura, dal momento che non esisteva il denaro, e a volte terre in concessione. La gran massa del popolo era costituita da contadini, alcuni dei quali lavoravano la terra alla La gerarchia sociale egiziana. dipendenza diretta del sovraIl trono di Tutankhamon. no, erano cioè “servi del re”; altri ottenevano campi in assegnazione, dato che solo il re poteva esserne proprietario; altri ancora erano bracIl tempio di Abu Simbel. cianti agricoli salariati. Durante i mesi in cui erano sospesi i lavori nei campi, i contadini avevano l’obbligo di partecipare alla costruzione dei grandi monumenti. Come in tutti gli stati dell’antichità, non mancavano gli schiavi; si trattava generalmente di stranieri catturati durante le spedizioni militari, i quali erano impiegati per i lavori più umili e gravosi; c’erano anche i cosiddetti “schiavi di famiglia”, che si occupavano dei lavori domestici. Gli Egizi avevano un considerevole senso della famiglia, all’interno della quale la donna aveva un ruolo rilevante, tanto che, se rimaneva vedova, diventava capofamiglia. Particolare cura veniva dedicata all’istruzione dei figli. 38 La statua di uno scriba, conservata al museo del Louvre a Parigi. Lo scriba era il solo a conoscere tutti i caratteri della scrittura geroglifica, perciò aveva un ruolo importante nella vita economica e sociale dell’Egitto. unità 2 PRESTORIA:Layout 1 23/07/2009 18.41 Pagina 39 CAPITOLO 2 - LA CIVILTÀ EGIZIA 4 . L A P R OD U Z IO N E AG R I C O L A E L ’ AL IM E N T AZ I O N E In Egitto i prodotti agricoli fondamentali erano il grano e l’orzo; dall’orzo si ricavava anche la birra, bevanda molto apprezzata. Si coltivavano anche ortaggi, lenticchie, fagioli, cetrioli, cipolle e alberi da frutto, come fichi e datteri. Lungo il Nilo venivano coltivati, inoltre, il lino, l’ulivo e la vite. La pianta più caratteristica dell’Egitto era però il papiro, che cresceva rigoglioso negli acquitrini del delta. Con il papiro si fabbricavano funi, stuoie, cesti, sandali e perfino piccole imbarcazioni. Dal suo stelo, inoltre, tagliato in piccole strisce, intrecciate, pigiate e fatte essiccare al sole, si otteneva un foglio adatto alla scrittura, che si diffuse in tutto il mondo antico. L’alimentazione delle classi superiori era molto diversa da quella dei poveri. I ricchi si cibavano della carne degli animali che essi stessi cacciavano nel deserto, come struzzi, antilopi, gazzelle, buoi selvatici, o sul Nilo, come gli ippopotami, ma preferivano quella di montone o di capra. I loro pranzi si Il settore agricolo era molto sviluppato e l’aratura dei campi avveniva concludevano con dolci di miele, fichi e datteri. con un aratro di legno trainato da buoi. La preparazione del pane. 5 . L ’ A L L E V A M E N T O , L E R IS O R S E M I N E R AR I E E I L C O M M E R C IO Nell’economia egizia ebbe un peso rilevante l’allevamento di asini, capre, bovini, montoni, suini e pollame. L’asino fu molto usato fino a quando non si diffuse l’allevamento del cavallo. Notevoli erano pure le risorse minerarie. C’erano cave di calcare da cui si traeva la pietra più usata per la costruzione dei templi, delle tombe e dei grandi palazzi; le pietre più pregiate erano il granito rosso, quello nero e l’alabastro, che venivano adoperate soltanto per le statue degli dei e dei faraoni; non mancavano miniere d’oro e di pietre preziose, come lapislazzuli, turchesi e ametiste. All’interno dell’Egitto erano poco sviluppate le attività commerciali. In seguito all’accentramento dell’economia, infatti, ogni suddito riceveva il necessario per vivere dal faraone o dai sacerdoti, perciò gli scambi all’interno erano molto contenuti. Il commercio con l’estero puntava soprattutto all’importazione di prodotti di lusso, come erbe aromatiche ed essenze di profumi; veniva anche importato legno pregiato, particolarmente il cedro del Libano, con cui si costruivano le imbarcazioni per navigare sul Nilo, lungo le coste del Mediterraneo e nel Mar Rosso. 39 2 UNITÀ unità 2 PRESTORIA:Layout 1 23/07/2009 18.41 Pagina 40 LE PRIME CIVILTÀ DELLA STORIA Anubi, dio dei morti, rappresentato con la testa di sciacallo. 6. IL CUL TO DEI MORT I Gli Egizi pensavano che tutta la realtà fosse la manifestazione di un’unica essenza vitale, tutto secondo loro era vita, anche ciò che appariva come morte. A ogni stagione il Nilo dona la fertilità ai campi; ogni mattina, dopo essere “morto” la sera prima, il Sole risorge; anche l’uomo, dopo la morte, è destinato a ritornare in vita. Ma affinché ciò avvenga è indispensabile che il corpo del defunto sia ben conservato, in modo che l’anima possa ritornare prima o dopo ad abitarlo. Ecco perché gli Egizi cercavano di conservare il corpo dei loro morti mediante l’imbalsamazione, tecnica in cui raggiunsero livelli altissimi. Essa consisteva nella trasformazione del corpo in mummia, detta così dal nome del più importante materiale usato, la cera, nella lingua egizia, “mum”. Gli effetti della mummificazione sono stati straordinari tanto è vero che ancora oggi, dopo millenni, possiamo osservare le mummie intatte in molti musei del mondo. La mummia veniva chiusa nel sarcofago, una cassa di legno a forma umana sul cui coperchio era raffigurata l’immagine del morto. Affinché la vita continuasse L E DI V I NI T À E G I Z IE dopo la morte non era però sufficiente la mummificazione. Era indispensabile anche che il defunto avesse a disposizione tutto senGli Egizi erano pervasi da un forte no ava ess ciò che gli era stato necessario durante la vita. Perciò, sulle prof i Ess . timento religioso raado cioè ta, teis pareti delle tombe degli appartenenti alle classi elevate venivapoli una religione e seri una ma dio solo no dipinti animali, persone, oggetti e cibo, allo scopo di circonvano non un . di divinità, a volte in lotta fra loro dare il defunto di tutto ciò che gli aveva reso piacevole la vita utto di quelli e che doveva accompagnarlo nell’aldilà. Avevano il culto degli animali, sopratt omo, come il che svolgevano un’azione utile all’u Poi la tomba veniva accuratamente murata, nella convinzione arsi delle piene, coccodrillo che segnalava l’avvicin che l’anima del defunto se fosse potuta uscire avrebbe tormencallo che elimil’ibis che uccideva i serpenti, lo scia tato i vivi. I cadaveri delle persone delle classi inferiori veniva, lo sparviero e nava dalle rive dei fiumi le carogne no sepolti nella sabbia con una pesante lastra di pietra sulla distruttori di il gatto che si cibavano di roditori, toro un Api, fossa per proteggerli dagli sciacalli, oppure venivano buttati era rato cereali. Par ticolarmente ado sua alla te; fron a sull nel Nilo, dove i coccodrilli li divoravano. ca nero con una macchia bian le con , toro altro un e Nei tempi più antichi la sopravvivenza dopo la morte era un mor te veniva mummificato deva il suo privilegio esclusivo del faraone, successivamente l’immortalistesse caratteristiche fisiche, pren tà diventò un diritto di tutti, i quali, però, per avere accesso posto. tificate in ciò Le principali divinità venivano iden alla vita eterna, dovevano aver vissuto onestamente sulla e il Nilo. che dava prosperità all’Egitto: il Sole terra. Per questo in ogni tomba veniva posto il libro dei fu adoraIl Sole, sia pure con nomi diversi, morti, con lo scopo di suggerire al defunto i meriti che Amon, to in tutto il paese; era chiamato Ra, doveva enumerare di fronte al tribunale di Osiride. divinità erano Nut, la dea del Aton. Altre igurato cielo, e Anubi, il dio dei mor ti, raff te in ama to Mol con la testa di sciacallo. : igne ben nità tutto l’Egitto erano le tre divi ide, Osir s . u r o H Osiride, Iside e il loro figlio del figlio del dio della terra e della dea a e omb tret d’ol cielo, governava il regno iva ven nti; giudicava le anime dei defu che a, terr a dell identificato con la fertilità etazioa ogni stagione fa rinascere la veg uto far dov bbe ne, e con l’energia che avre tificaiden si resuscitare i mor ti. Il faraone va con Horus. 40 unità 2 PRESTORIA:Layout 1 23/07/2009 18.41 Pagina 41 CAPITOLO 2 - LA CIVILTÀ EGIZIA La camera funeraria del faraone Tutankhamon nella Valle dei Re. La Sfinge e una delle piramidi di GIza vicino al Cairo. 7. LE ARTI L’arte egizia fu tra le più splendide del mondo antico e desta ancora oggi la nostra ammirazione. Essa non aveva finalità estetiche, cioè le opere non erano ideate e realizzate per essere ammirate, ma esclusivamente per scopi pratici, quali la venerazione degli dei, la propaganda e l’esaltazione del faraone. I templi e i sepolcri testimoniano una straIl tempio di Karnak a Luxor. ordinaria abilità nell’architettura. Le statue, improntate a una notevole solennità, avevano l’intento di idealizzare il personaggio, che veniva rappresentato in un atteggiamento immobile e composto perché esprimesse una profonda religiosità, mentre il volto era riprodotto il più realisticamente possibile. Quella egizia era un’arte conservatrice, simbolo della fiducia nell’immobilità della struttura politico-sociale sulla quale si fondava lo Stato. Infatti, sia le opere scultoree che quelle pittoriche si ripetono nel tempo, anche a distanza di secoli, in forme pressoché identiche nelle pose come nello stile. Le numerose opere pittoriche che ci sono pervenute attestano la capacità degli artisti di infondere nelle figure agilità, vivacità e armonia compositiva. Esse testimoniano anche la gioia di vivere, come traspare dalle rappresentazioni di vita quotidiana, che frequentemente raffigurano scene di banchetti, di musica e di danza, di caccia e di pesca; scene che generalmente adornavano i monumenti tombali. Scena di un libro dei morti che illustra il dio Thot mentre presiede al giudizio dei defunti. 41 2 UNITÀ unità 2 PRESTORIA:Layout 1 23/07/2009 18.41 Pagina 42 LE PRIME CIVILTÀ DELLA STORIA Obelisco del tempio di Karnak. Dopo la conquista dell’Egitto i Romani trasportarono in Italia molti obelischi, che divennero simbolo della potenza degli imperatori romani. 8. LE L ET T ERE E LE SCIENZE La più antica forma letteraria comprende i testi sacri delle piramidi e il libro dei morti, un insieme di formule religiose scritte in linguaggio solenne. Non manca la letteratura didattica, costituita da M A S S I M E e racconti di natura morale, quella cronachistica, che celebra le imprese dei faraoni, e quella profana che presenta poesie d’amore e racconti romanzeschi, come le famose avventure di Sinuhe, in cui viene esaltato il senso dell’avventura. Gli Egizi, spinti da necessità pratiche, acquisirono considerevoli conoscenze in vari campi del sapere. La notevole conoscenza tecnica e scientifica permise loro di costruire le piramidi e trasportare gli enormi O B E L I S C H I dalle cave al luogo in cui dovevano essere eretti. Tutto questo MAS SIMA non sarebbe stato possibile senza approfondite cognizioni di meccanica e di Frase breve con cui viene enunS T A T I C A . Essi giunsero alla misuraciata una regola di comportazione quasi perfetta del tempo, medianmento. te la lunga e scrupolosa osservazione degli astri, del succedersi delle stagioni e delle piene del Nilo. Sin dalle origini OBE LISC O avevano adottato un calendario solare per cui l’anno era di 365 giorni, suddivisi in Pilastro molto alto a base quadrata ricavato 12 mesi di 30 giorni; mentre i restanti 5 da un solo blocco di pietra, che, restringendosi sempre di più verso l’estremità superiore, giorni venivano aggiunti ad alcuni finisce con una punta a forma di piramide. È mesi, a seconda delle necessità. Il giorornato con iscrizioni e decorazioni sui lati. no era di 24 ore, ma il dì e la notte avevano una durata variabile a seconda delle stagioni. L’esigenza della costruST ATIC A zione e della manutenzione dei canali e delle dighe, nonché la necessità di ridiseScienza che studia gli stati di equilibrio dei gnare i confini dei campi dopo ogni corpi. piena del Nilo, dettero impulso agli studi matematici. Gli Egizi ebbero anche L’inno al Sole, consideranotevoli conoscenze di ta un’importante opera chimica, nome che sembra di letteratura religiosa. derivare da kemi, che in egiziano significa “terra nera”, di chirurgia, tanto da essere in grado di trapanare il cranio, di anatomia e biologia, come testimonia la mummificazione. Bisogna, tuttavia, notare che non seppero organizzare e unificare tutte le loro conoscenze sulla base di una dottrina completa; questo si verificherà solo nel VI secolo a.C. con la trattazione scientifica della natura propria della filosofia greca. Le piramidi di Giza. 42 unità 2 PRESTORIA:Layout 1 23/07/2009 18.41 Pagina 43 CAPITOLO ESERCIZI 2 - LA CIVILTÀ EGIZIA 1. Indica con una crocetta se le seguenti affermazioni sono vere (V) o false (F): V F a - Il visir era capo dell’esercito. b - I monarchi erano governatori dei distretti. c - I sacerdoti si dedicavano esclusivamente al culto degli dei. d - Anche i sacerdoti e i nobili dovevano versare i tributi. e - In Egitto erano molto apprezzati i pittori e gli scultori. f - I contadini erano “servi del re”. g - Nei mesi in cui erano sospesi i lavori agricoli i contadini erano obbligati a partecipare alla costruzione dei grandi monumenti. h - L’alimentazione dei ricchi era uguale a quella dei poveri. i - La pianta più caratteristica dell’Egitto era il papiro. l - L’asino era molto usato nei lavori agricoli. m - All’interno dell’Egitto erano molto sviluppate le attività commerciali. 2. L’Egitto fu il primo Stato unitario della storia e la prima monarchia assoluta, rappresentata dal faraone. Completa le seguenti frasi: I segni del potere del faraone erano Il faraone era il simbolo vivente Il faraone era considerato un Il faraone assumeva in sé Dopo la morte il faraone era Il faraone trasmetteva Il faraone era considerato proprietario 43 2 UNITÀ unità 2 PRESTORIA:Layout 1 11/09/2009 20.38 Pagina 44 LE PRIME CIVILTÀ DELLA STORIA Ti racconteremo: - DELLE PEREGRINAZIONI DEGLI - DELLA RELIGIONE EBRAICA. EBREI; 3 GLI EBREI CAPITOLO Una moneta fenicia. 1 . IL P O P O L O E BR A I CO E I L P O P O L O F E NI CI O Per ragioni diverse il popolo ebraico e quello fenicio hanno avuto nella storia un posto di rilievo. Gli Ebrei per la loro religione: furono i primi a credere in un solo dio, padre di tutte le genti, che promette la salvezza dell’anima più che il benessere materiale. I Fenici per il loro impero economico fondato sul commercio con tutti i popoli che abitavano lungo le coste del Mediterraneo. Essi occupavano una stretta fascia costiera fra il Libano e il Mar Mediterraneo, confinante a nord con la Siria e a sud con la Palestina, dove si erano stabiliti nel secondo millennio a.C., provenendo dal deserto arabico. I Greci li chiamavano “Fenici”, cioè “quelli della porpora”, perché usavano tingere le stoffe di color porpora; di conseguenza fu chiamata Fenicia la regione abitata da loro. I Fenici, invece, preferivano chiamarsi “Sidonii”, cioè abitanti della città di Sidone, che fu a lungo il loro porto più importante. Gli Ebrei erano pastori nomadi di lingua semitica, divisi in 12 tribù, che si spostavano con i loro armenti alla ricerca di nuovi pascoli, guidati da un patriarca, “padre”, scelto, di I Fenici costruivano navi da guerra e per il commercio. solito, fra gli anziani per la sua saggezza. Essi erano poco numerosi e certamente non paragonabili per potenza politica e militare agli Egizi e ai Babilonesi, eppure hanno avuto una grande importanza nella storia dell’umanità. All’inizio del secondo millennio a.C. Abramo, il primo patriarca del popolo ebraico, partì con la sua gente dalla Mesopotamia alla ricerca di un luogo in cui stabilirsi. Dopo lunghe peregrinazioni giunse nella Terra di Canaan, l’attuale Palestina, e vi si stabilì con il suo popolo. Non molto tempo dopo essi, spinti dalla carestia, emigrarono in Egitto, dove rimasero per diversi secoli. All’inizio furono accolti benevolmente e ottennero anche terre da coltivare, ma in seguito furono resi schiavi. Perciò, verso il 1250 a.C., guidati dal patriarca Mosè, decisero di fuggire dall’Egitto e di fare ritorno in Palestina. Durante l’esodo dall’Egitto verso la “Terra promessa” Mosè ricevette da Jahwèh, sul monte 44 Mosè in una statua realizzata da Michelangelo. unità 2 PRESTORIA:Layout 1 23/07/2009 18.42 Pagina 45 CAPITOLO 3 - GLI EBREI Dalla città di Ur alla costruzione del Regno di Israele. ISR AEL E Significa “colui che lotta con Dio”. Nome dato a Giacobbe, nipote di Abramo, e da lui passato a tutto il popolo ebraico. MONOT EIST A È colui che crede in un solo dio (dal greco monos, “solo” e cheos “dio”). . Il re Salomone incontra la regina di Saba. Sinai, le tavole dei Dieci comandamenti, che costituiscono il fondamento della religione ebraica. Le tribù erano indipendenti l’una dall’altra, ma, di fronte al pericolo di nemici esterni, si unirono fondando il Regno di I S R A E L E . Il primo re fu Saul; a lui seguirono Davide, il quale conquistò Gerusalemme, e poi Salomone, famoso per la saggezza e il senso di giustizia. Egli organizzò meglio lo Stato, sviluppò i commerci, fece costruire a Gerusalemme un grande palazzo reale e il Tempio, simbolo dell’unità religiosa degli Ebrei. Dopo Salomone il Regno di Israele decadde e si divise in due stati: a nord il Regno d’Israele con capitale Samaria, a sud il Regno di Giuda con capitale Gerusalemme. Gli Ebrei divisi furono facilmente conquistati dal re babilonese Nabucodonosor, il quale, dopo che ebbe distrutto Gerusalemme, rese schiavo e portò con sé a Babilonia gran parte del popolo, che ritornò libero solo dopo che il Regno di Babilonia fu vinto dai Persiani. Il popolo ebraico non riuscì a ricostituire il Regno di Israele conquistato prima dai Persiani, poi da Alessandro Magno e infine dai Romani, che nel 70 d.C. distrussero ancora una volta Gerusalemme. Da allora ebbe inizio la diaspora, cioè la “dispersione”, degli Ebrei nel mondo. Essi però continuarono a mantenere intatta la loro religione e a difendere le loro tradizioni. 2 . LA RELI GI O NE EB RAI CA Che strano credere in un solo dio... Gli Ebrei sono stati l’unico popolo M O N O T E I S T A dell’antichità, cioè credente in un solo dio e la religione ha condizionato in modo determinante sia la loro storia che la loro vita pubblica e privata, li ha guidati e sostenuti in tutte le loro scelte e peripezie e li ha tenuti strettamente uniti anche dopo la diaspora. Gli Ebrei adoravano come loro unico protettore Jahwèh, dio invisibile, onnipotente e 45 2 UNITÀ unità 2 PRESTORIA:Layout 1 23/07/2009 18.42 Pagina 46 LE PRIME CIVILTÀ DELLA STORIA LA MENOR ÀH L'angelo di Dio ferma Abramo che sta per uccidere il figlio Isacco. Si tratta di un grande candelabro a sette bracci le cui fiammelle sono alimentate dall’olio di oliva. La menoràh ardeva perennemente nel tempio di Gerusalemme. Dopo che il tempio fu distrutto nel 70 d.C. dai romani, la menoràh (che in ebraico significa “candelabro”) ne divenne il simbolo, in ricordo di quel grande tempio, centro del culto e della cultura ebraica. Per questo la menoràh non può mancare, ancora oggi, in ogni luogo di culto ebraico. giusto, l’unico vero “Dio, Signore dell’Universo e di tutti i popoli”. Essi ci hanno lasciato un testo sacro di grandissima importanza, la Bibbia (dal greco biblia, che significa “libri”), composta da vari libri, scritti in epoche diverse, che non solo è alla base dell’ebraismo ma anche del Cristianesimo. Per i cristiani, tuttavia, la Bibbia costituisce solo una parte delle sacre scritture, cioè il Vecchio Testamento, mentre i Vangeli, gli atti e le lettere degli apostoli costituiscono il Nuovo Testamento. Come il Cristianesimo, anche la religione islamica deriva dall’ebraismo. Maometto infatti, fondatore nel VII secolo dell’Islām, riprende alcuni insegnamenti di Mosè e di Gesù, come testimonia il Corano, il libro sacro dei musulmani. La civiltà ebraica, dunque, profondamente animata dall’idea del divino, ha contribuito moltissimo a infondere e mantenere in buona parte dell’umanità i valori religiosi. Essa, inoltre, ha rafforzato il concetto che l’uomo è degno del più alto rispetto, perché creato da Dio e fatto a sua immagine e somiglianza. Il luogo di culto degli Ebrei è la sinagoga, in cui un rabbino guida i fedeli nella preghiera. Inoltre, essi devono pregare tre volte al giorno rivolti verso Gerusalemme con il capo coperto da un berretto chiamato kipà. Il rito principale viene celebrato al tramonto del venerdì, quando inizia il riposo di 24 ore; per loro, infatti, il giorno di riposo è il sabato. La festività maggiore è la Pasqua, in ricordo della liberazione dalla schiavitù in Egitto, celebrata con una cena in cui si consuma l’agnello e il pane azzimo, cioè non lievitato. La cena pasquale. Durante la cena pasquale due rabbini leggono il racconto della fuga degli Ebrei dall’Egitto. 46 unità 3 prestoria:Layout 1 28/07/2009 18.10 Pagina 47 ESERCIZI CAPITOLO 3 - GLI EBREI 1. Indica con una crocetta la conclusione corretta delle seguenti frasi: a - Per i cristiani la Bibbia degli Ebrei è il punto centrale del Cristianesimo. una parte delle Sacre scritture. b - La religione islamica deriva dall’ebraismo. dal Cristianesimo. c - L’ebraismo sostiene che l’uomo, creato da Dio, è degno del massimo rispetto. che Cristo è il Messia. d - Il rito principale dell’ebraismo viene celebrato al tramonto del venerdì. alla domenica. e - La festività principale degli ebrei è la Pasqua. il Natale. 2. Rispondi alle seguenti domande: a - Perché gli Ebrei hanno un posto di rilievo nella storia? b - Come preferivano chiamarsi i Fenici? c - In quante tribù erano divisi gli Ebrei? d - Che cosa significa patriarca? e - Che cosa significa Jahwèh? f - Come furono accolti gli Ebrei in Egitto? g - Quando gli Ebrei decisero di fuggire dall’Egitto? h - Dove ricevette Mosè le tavole dei Dieci comandamenti? 47 3 11/09/2009 unità unità 3 prestoria:Layout 1 CAPITOLO 20.44 Pagina 48 LA CIVILTÀ GRECA 1 Le società cretese e micenea CAPITOLO 2 CAPITOLO 3 CAPITOLO 4 Le poleis Le guerre persiane Alessandro Magno e l’Ellenismo Anno dei primi giochi olimpici 1200 48 800 a.C. a.C. Medioevo ellenico 776 a. C. Fondazione di numerose colonie greche Sconfitta dell’esercito persiano per terra e per mare 500 a.C. 479 a.C. unità 3 prestoria:Layout 1 28/07/2009 18.11 Pagina 49 ZEUS, e tu saresti il Signore dell’Olimpo, il padre degli dei? Tu dovresti garantire l’ordine nel mondo degli uomini e fare in modo che le altre divinità rispettino l’equilibrio e la pace... Invece mi sembra che gli dei siano capricciosi e dispettosi e che gli uomini si facciano solo la guerra, mandando in rovina anche i bellissimi templi a noi dedicati!!! Sono stufa! Ora partirò per visitare i luoghi in cui la civiltà minoica e la civiltà micenea hanno lasciato eccezionali testimonianze del loro splendore. Gli affreschi dei grandi palazzi dei re dovranno essere meravigliosi! Ma in verità nutro un profondo desiderio di conoscere la storia delle città-stato, le poleis, specialmente Atene e Sparta, destinate a ricoprire, per motivi diversi, un ruolo importante nel mondo greco. D’altronde, le guerre persiane metteranno a dura prova il popolo greco e inarrestabile sarà l’avanzata di Alessandro Magno. Dunque avrò modo di studiare la società degli uomini, spero più equilibrata di quella degli dei, i quali non esitano a intervenire sull’operato umano in maniera non sempre giusta... TORNERÒ PER DARTI DEI CONSIGLI!!! Sconfitta greca a Cheronea ad opera di Filippo II 431 4 04 a.C. a.C. Guerra del Peloponneso 338 a.C. 336 a.C. Successione di Alessandro Magno sul trono della Macedonia 323 a.C. Morte di Alessandro Magno 49 3 UNITÀ unità 3 prestoria:Layout 1 50 28/07/2009 18.11 Pagina 50 LA CIVILTÀ GRECA unità 3 prestoria:Layout 1 28/07/2009 18.11 Pagina 51 INTRODUZIONE La civiltà europea è nata in Grecia in una piccola e povera area geografica, situata nella parte meridionale della penisola balcanica, una terra che si affaccia su un mare limpidissimo con una costa molto frastagliata. Però il mondo greco si è sviluppato non solo in questa parte continentale, ma anche nelle numerose isole del Mar Egeo, del Mar Ionio e sulle coste dell’Asia Minore. Intensi rappor- ti commerciali e spirituali univano, infatti, il Peloponneso alle isole Cicladi, all’Attica e a Creta, così come il resto della Grecia alle altre isole dell’Egeo. Tanto è vero che le civiltà cretese e micenea, nelle quali si possono rintracciare i primi segni della civiltà greca, sono state indicate con l’unico appellativo di “civiltà egea”. 51 3 UNITÀ unità 3 prestoria:Layout 1 - - 11/09/2009 20.47 Pagina 52 LA CIVILTÀ GRECA Ti racconteremo: DELLA CIVILTÀ MINOICA; DELLA CIVILTÀ MICENEA; - DEL MEDIOEVO ELLENICO. 1 LE SOCIETÀ CRETESE E MICENEA CAPITOLO 1 . L A S OC IE T À C R E T E S E 52 L’isola di Creta, situata quasi al centro del Mediterraneo orientale, è stata un punto di incontro tra la Grecia, l’Egitto e l’Asia minore. Già nel III millennio a.C. i Cretesi abitavano Creta e varie altre isole dell’Egeo. Le città cretesi, indipendenti fra loro, sorgevano intorno ai grandi palazzi dei re. Alcuni di questi palazzi, riportati alla luce dagli archeologi, destano la nostra meraviglia per la ricchezza e la perfezione architettonica. Si sviluppavano intorno a un cortile centrale e, pur essendo di almeno due piani, si inserivano perfettamente nel paesaggio circostante, poiché seguivano l’andamento del terreno ed erano forniti di numerosi giardini pensili. Generalmente il piano terra era utilizzato come deposito per le provviste di grano, olio, vino, mentre i piani superiori erano destinati ad abitazione del sovrano e della sua famiglia. Soprattutto la stanza del trono era decorata a colori vivaci. Ogni palazzo era costituito da numerosissime stanze, collegate fra loro da ampi corridoi; non mancavano le stanze da bagno, fornite di vasche dalla linea molto elegante. Le vaste foreste che coprivano le montagne consentirono ai suoi abitanti di costruire una poderosa flotta mercantile, capace di trasportare grandi quantità di merci. I Cretesi furono in grado, in tal modo, di diffondere i loro prodotti in tutto il Mediterraneo orientale. Esperti nella tecnica del tornio, crearono bellissimi vasi di ceramica, mirabilmente decorati con raffigurazioni di animali e di fiori. Erano anche abilissimi costruttori di armi; infatti, le loro frecce e i loro archi erano particolarmente apprezzati. Fabbricavano, inoltre, spade e pugnali con l’impugnatura di avorio, A L A B A S T R O , argento e oro. Per proteggere le navi mercantili e i commerci allestirono anche una flotta da guerra con la quale riuscirono a dominare il mare a tal punto che le loro città non avevano bisogno di mura di difesa, perché la flotta era in grado di fermare, sul mare, qualunque aggressore. Il “Principe dei gigli”. L’armonia di questa immagine prelude alla ricerca dei Greci sulla figura umana. A LA BAS TR O Minerale di colore bianco o giallognolo usato per lavori ornamentali. Nell’antico Egitto, a Creta e a Micene era utilizzato anche per i rivestimenti di pareti o per i vasi funebri. unità 3 prestoria:Layout 1 11/09/2009 20.47 CAPITOLO Pagina 53 1 - LE SOCIETÀ CRETESE E MICENEA La corrida cretese. L’affresco raffigura la capriola acrobatica di un atleta sopra il dorso di un toro. Questo gioco ha un significato profondamente religioso, perché il toro rappresentava il genere maschile. Il toro, inoltre, era l’animale sacrificato alla dea madre. Spesso sulle facciate dei templi venivano collocate gigantesche corna di pietra a indicare la sacralità di quei luoghi. La società cretese era particolarmente festosa e serena; così, infatti, ci appare attraverso le pitture parietali e le decorazioni sulle ceramiche. Il sovrano, sempre circondato da ministri, funzionari e scribi, era considerato simile a un dio. La donna occupava un posto centrale nella società; il nome di famiglia veniva trasmesso, infatti, in linea femminile. Gli uomini e le donne lavoravano insieme nei campi e nelle fabbriche, insieme frequentavano le assemblee, i teatri e i giochi sportivi. Lo spettacolo che più di ogni altro entusiasmava i Cretesi era un gioco che consisteva nell’aizzare un toro contro un giovane, il quale, mentre l’animale lo caricava a testa bassa, doveva essere agile e veloce nell’afferrargli le corna, fare una giravolta e ricadere in groppa o dietro all’animale. Rhyton a testa All’inizio della loro civiltà i Cretesi adoravano pietre, animali e piante; sucdi toro in cessivamente venerarono la dea madre, che aveva come compagno un toro. argento. Durante i sacrifici, ai quali presiedevano le sacerdotesse, veniva utilizzata Recipiente un’ascia considerata magica, caduta dal cielo: la làbrys. Il toro e la colomba usato per bere. erano animali sacri. I Cretesi furono molto influenzati dalla civiltà egizia, ma riuscirono ugualmente a elaborare una cultura originale, contribuendo a creare le basi della civiltà europea. La civiltà cretese fu la prima a basare la propria ricchezza sugli scambi commerciali marittimi; questo contribuì notevolmente allo sviluppo delle civiltà lungo le coste del Mediterraneo. Furono i Cretesi, infatti, a mettere in comunicazione paesi lontani. La civiltà cretese, detta anche minoica dal nome del famoso re Minosse, scomparve improvvisamente, forse a Chissà causa di un terremoto o di un maremoto, e i suoi abitanti p e r q uale motivo furono vinti dal popolo guerriero dei Micenei. la civiltà cretese è finita... 2 . LA C IV IL T À M IC E NE A Nello stesso periodo in cui nel mare Egeo fioriva la civiltà minoica nella penisola greca ci fu l’arrivo degli Indoeuropei, che Omero chiama Achei e che costituirono il primo gruppo dei futuri Elleni. Insediandosi fra le aspre montagne e nelle valli più fertili della Grecia, essi si raggrupparono in una serie di villaggi. Risentirono indubbiamente dell’influenza della civiltà minoica; per questo probabilmente a poco a poco anch’essi costruirono varie città, la più importante delle quali fu Micene, nel Peloponneso; perciò noi chiamiamo civiltà micenea quella che si sviluppò tra il 1600 e il 1200 a.C. Gli Achei si distinguevano dai Cretesi soprattutto perché erano popolazioni fondamentalmente guerriere che usavano armi potenti e carri da guerra. Le loro città, ognuna delle quali formava un regno, erano cinte da alte e poderose mura. Anche i palazzi dei re, costruiti sul modello cretese, avevano il carattere di grandi fortezze. Intorno al re primeggiava la classe dei nobili, che erano esperti guerrieri. I valori più apprezzati erano la forza, il coraggio, l’eroismo. 53 3 UNITÀ unità 3 prestoria:Layout 1 28/07/2009 18.11 Pagina 54 LA CIVILTÀ GRECA La porta dei leoni a Micene. Un’importanza particolare aveva il culto dei morti. Sono state ritrovate le grandiose tombe dei re con ricchissimi corredi funebri. Gli Achei conoscevano Coppa aurea micenea anche una forma di scrittura sillabica, derivata per con decorazione a spirale. semplificazione dalla più complessa scrittura cretese, come si è potuto capire dalle numerosissime tavolette ritrovate negli scavi di Micene e di altre città. Essi appresero l’arte della navigazione dai Cretesi, ai quali subentrarono, intorno al 1450 a.C., nel dominio del Mare Egeo. Verso il 1250 a.C. ci fu la guerra di Troia, potente città dell’Asia Minore che controllava il passaggio dei traffici fra il Mar Nero e il Mare Egeo. Gli Achei organizzarono una spedizione contro Troia, che pur resistendo a lungo all’assedio, alla fine fu costretta a soccombere. Poco dopo la distruzione della città la civiltà micenea sparì come quella minoica. E, come nel caso di Creta, la fine della potenza degli Achei è stata attribuita a fattori diversi. Si pensa, fra l’altro, a una gravissima crisi economica, che ne avrebbe drasticamente ridotto la prosperità. Ma il fattore principale sembra essere stato l’invasione della Grecia da parte dei Dori, anche essi Indoeuropei come gli Achei. Con l’arrivo di questo popolo e degli altri che seguirono si aprì un importante capitolo della storia. 3 . L’ IN VA SI O NE DO R IC A Guerrieri achei. Dopo aver conquistato la Grecia centrale, i Dori penetrarono nel Peloponneso e, abbattuta la civiltà micenea, ridussero in schiavitù gli Achei. Dal 1200 all’800 a.C. la Grecia attraversò un periodo di grave crisi, a cui è stato dato il nome di Medioevo ellenico, per indicare il periodo di mezzo fra la civiltà micenea e quella della Grecia classica. Durante il Medioevo ellenico, le caratteristiche della civiltà micenea scomparvero quasi del tutto. Le attività artistiche e artigianali si ridussero notevolmente, così gli scambi commerciali; l’economia tornò a basarsi quasi esclusivamente sull’agricoltura e sull’allevamento. Per quanto riguarda l’organizzazione politica, i grandi regni achei si frantumarono in piccole unità: prima ogni centro fu governato da un re, poi subentrarono i nobili, grandi proprietari terrieri e allevatori. Oltre ai nobili c’erano gli uomini liberi, dediti all’agricoltura e al commercio, che si svolgeva mediante il baratto. Non mancavano gli schiavi che, come al solito, erano costretti a svolgere i lavori più faticosi e più umili. 54 unità 3 prestoria:Layout 1 11/09/2009 20.47 CAPITOLO Pagina 55 1 - LE SOCIETÀ CRETESE E MICENEA ESERCIZI 1. Inserisci nella tabella gli avvenimenti corrispondenti alle date riportate nella colonna di sinistra: DATE AVVENIMENTI III millennio a.C. 1600–1200 a.C. 1450 a.C. 1250 a.C. 1200–800 a.C. 2. Rispondi alle seguenti domande: a - Dove si trova l’isola di Creta? b - Dove sorgevano le città cretesi? c - A cosa era adibito il piano terra dei palazzi dei re? d - In che modo i Cretesi trasportavano le loro merci? e - A chi era affidata la difesa delle città cretesi? f - Quale posto occupava la donna nella società cretese? g - Quali erano i valori più apprezzati dagli Achei? 55 3 UNITÀ unità 3 prestoria:Layout 1 28/07/2009 18.11 Pagina 56 LA CIVILTÀ GRECA Ti racconteremo: - - DELLE CITTÀ-STATO; DELL’ORGANIZZAZIONE SOCIALE A SPARTA E AD ATENE. CAPITOLO 2 LE POLEIS 1 . DAL L ’ AR I ST O CR AZ IA V E R SO L A D E MO C R AZ I A In seguito a un lungo e complesso sviluppo sociale, sorsero in Grecia varie poleis, “citta-stato”, indipendenti l’una dall’altra, governate dagli aristocratici (dal greco áristos, “il migliore” e krátos “potere”). Mentre nelle città micenee i centri ruotavano intorno ai palazzi dei re, nelle poleis la vita sociale si svolgeva nell’A G O R À , cioè nella piazza, sede del mercato e dell’assemblea dei cittadini, che si riunivano per discutere delle necessità della città. Ogni polis aveva un’acropoli, “città alta”, in cui venivano edificati i templi e i monumenti più importanti, e una parte bassa costituita da villaggi, campi, porti, abitata da tutti i cittadini senza distinzione di ceto sociale. Quando, oltre all’agricoltura e alla pastorizia, si incominciò a praticare su larga scala anche l’artigianato, si sviluppò il commercio marittimo. Verso la metà del 700 a.C. la fondazione di colonie agevolò l’esportazione di prodotti artigianali e l’importazione di materie prime. Molto importante ai fini dello sviluppo economico delle città fu l’uso della moneta che, A GORÀ oltre a facilitare gli scambi, permise il prestito a chi intendeva iniPiazza principale della polis, in cui si svolgeva la vita politica e comziare un’attività economica. I commermerciale della città. Era di forma cianti e gli artigiani, man mano che si rafforzarettangolare, aveva su tutti e quatvano economicamente, vedevano nel governo tro i lati dei portici su cui si affacciavano gli uffiLa dea Atena. degli aristocratici, essenzialmente proprietari ci pubblici principali. terrieri, un potere ingiusto e oppressivo da parte di pochi sul resto dei cittadini. Le poleis vissero pertanto un lungo periodo di gravi tensioni fra i nuovi gruppi emergenti e i nobili. Ad Atene una limitazione del potere nobiliare si ebbe verso la fine del VII secolo a.C. quando, per la prima volta, furono messe per iscritto le leggi. L’incarico fu dato a Dracone, il quale, nel codice che porta il suo nome, inserì norme talmente severe che ancora oggi chiamiamo “draconiana” una legge molto rigorosa. 56 Due monete che raffigurano una testa di donna e un mostro. unità 3 prestoria:Layout 1 28/07/2009 18.11 Pagina 57 CAPITOLO 2 - LE POLEIS Schema della struttura delle poleis greche. La necessità di avere leggi scritte nasceva dal fatto che, essendo le leggi tramandate oralmente, i nobili, che erano gli unici a esercitare la funzione di giudici, le applicavano in modo arbitrario, di solito nell’interesse della classe alla quale appartenevano. Un altro importante passo verso l’eguaglianza si ebbe con l’estensione dei diritti politici a tutti i cittadini che avessero un reddito; questo diede loro l’accesso alle cariche pubbliche, prima riservate solo ai nobili. Come si può capire, era iniziato in alcune città greche il cammino verso la democrazia. 2 . LA S O CI ETÀ G RECA In ogni città greca, come abbiamo già accennato, la società era stratificata. All’apice c’erano i nobili, ai quali spettavano le cariche pubbliche più importanti, ma anche l’obbligo di fornire, in caso di guerra, i combattenti meglio equipaggiati. Uomini liberi, ma di minore prestigio sociale, erano i contadini, gli artigiani, i commercianti. Poi c’erano i meteci, cioè gli stranieri, In molte poleis all'educazione dei oggi chiamati immigrati, che erano molto ragazzi ci pensava un gruppo eletto numerosi e di rilevante importanza quasi sempre dai cittadini. economica, ma non avevano diritti politici. Anche essi, come gli uomini liberi, si dedicavano ad attività commerciali e artigianali, organizzando lo sfruttamento delle miniere, controllando la produzione delle ceramiche e le attività bancarie. C’erano, infine, gli schiavi; inizialmente pochi, divennero in un secondo momento tanto numerosi da costituire la grande massa dei lavoratori delle città. Nel V secolo a.C. Atene contava circa 150.000 abitanti, di cui quasi 25.000 erano meteci e 60.000 schiavi. In molte città due partiti lottavano per la conquista del potere: quello degli aristocratici, che volevano conservare nelle proprie mani il governo della città, e quello dei democratici che, al contrario, auspicavano l’avvento della democrazia, ossia il potere del démos, “popolo”. Nessuno, però, si preoccupava dei diritti degli schiavi, ai quali non restava che la speranza di essere liberati dai loro padroni o la rivolta. La dea Afrodite. 57 3 UNITÀ unità 3 prestoria:Layout 1 12/09/2009 19.10 Pagina 58 LA CIVILTÀ GRECA Rovine dell’antica Sparta. 3 . L A S OC IE T À S P AR T AN A Verso il VI secolo a.C. fra tutte le città-stato emersero Sparta nel Peloponneso e Atene nell’Attica, che riuscirono a imporre il loro predominio sulle altre poleis greche. Le due città erano in contrasto fra loro a causa soprattutto della diversa struttura sociale e politica. Sparta, dominata da un governo aristocratico-oligarchico, militarmente molto potente, era legata alla terraferma e basava la sua economia sull’agricoltura. Atene, invece, era una città marittima, dedita ai commerci, le cui istituzioni politiche si andavano evolvendo verso la democrazia. La società spartana era divisa in tre gruppi sociali. Gli spartiati, discendenti dei Dori, proprietari delle terre più fertili, risiedevano a Sparta e avevano nelle loro mani il governo della città. I perieci, abitatori delle zone periferiche meno fertili, erano considerati uomini liberi e come tali obbligati a prestare il servizio militare; erano contadini, pescatori, commercianti e artigiani. La classe più bassa era quella degli iloti, discendenti delle popolazioni indigene del Peloponneso, che erano stati ridotti in schiavitù ed erano costretti a lavorare la terra degli spartiati in cambio della metà del raccolto. L’educazione dei bambini era molto severa. A sette anni passavano sotto il controllo dello Stato che impartiva loro un’educazione basata soprattutto sull’addestramento militare. Dovevano imparare a sopportare ogni fatica, la fame e il freddo, con l’obiettivo di disprezzare il pericolo e diventare guerrieri forti, disciplinati e valorosi. Essi dedicavano al servizio militare la maggior parte della loro vita: dai 16 ai 60 anni. Le donne, anche se escluse dalle operazioni militari, dovevano praticare attività sportive allo scopo di generare figli forti e robusti. In tal modo l’esercito spartano, pur poco numeroso, era in grado di battere qualunque altro esercito delle cittàstato greche. La potenza militare di Sparta fu favorita anche dalla presenza nel Peloponneso di miniere di ferro, metallo indispensabile per la costruzione delle armi. L’organizzazione politica spartana era basata su di un governo oligarchico nelle mani degli spartiati, i quali, al compimento del trentesimo anno di età, entravano a far parte dell’Apella, “assemblea popolare”, che prendeva decisioni sulle questioni principali della città. Le deliberazioni dell’Apella dovevano essere approvate dalla Gherusía, un consiglio di 28 anziani eletti dalla stessa apella tra i suoi membri di età superiore a 60 anni, i quali restavano in carica tutta la vita. L’apella eleggeva anche un consiglio di cinque efori, “magistrati”, la cui carica durava un anno, con il compito di fare eseguire le leggi, amministrare la giustizia e controllare il comportamento dei cittadini e degli stessi sovrani. I re, il cui titolo era ereditario, guidavano l’esercito in caso di guerra. 58 Ragazza spartana raffigurata mentre corre. unità 3 prestoria:Layout 1 12/09/2009 19.11 Pagina 59 CAPITOLO 2 - LE POLEIS 4 . AT E NE E LA NA SC IT A DE L LA DE M O CR A Z IA Bassorilievo della dea Atena. Atene seppe sfruttare abilmente la sua posizione geografica non lontana dal mare, ove costruì i porti di Falero e del Pireo, in un territorio, l’Attica, ricco di risorse naturali. Vi erano miniere di piombo e d’argento; sulle colline, molto soleggiate, si coltivavano l’ulivo, la vite e il fico; non mancava un’argilla particolarmente adatta alla produzione dei vasi di ceramica. Gli Ateniesi esportavano tutti questi prodotti, mentre importavano grano, lino, legname, pece, di cui si servivano nella costruzione delle navi, e lana grezza, che lavoravano ottenendo morbide stoffe. Grazie all’affermazione di gruppi di mercanti e artigiani e alla capacità di due grandi statisti e legislatori, Solone e Clistene, nacque ad Atene, per la prima volta nella storia, una forma di democrazia. Si tratta di una democrazia diretta. Questo significa che non venivano eletti dei rappresentanti del popolo, ma tutti i cittadini liberi si riunivano in un’assemblea, chiamata Ecclesía. In realtà tra i 500.000 abitanti dell’Attica del VI secolo a.C. godevano di questo diritto solo 40.000, perché ne erano privi le donne, gli schiavi e gli stranieri. L’Ecclesía si riuniva nell’agorà e tutti i partecipanti avevano il diritto di parola. Ogni anno all’interno dell’Assemblea venivano sorteggiate 500 persone che formavano il Consiglio, il quale aveva il compito di elaborare e proporre le leggi all’Assemblea. All’interno del Consiglio venivano estratti a sorte nove arconti, che si occupavano delle questioni principali, quali la guerra, la pace, l’economia, la religione, e dieci strateghi, ai quali era affidato il comando dell’esercito e della flotta. Gli arconti restavano in carica solo un anno e non potevano essere rieletti, mentre gli strateghi erano rieleggibili senza limitazione alcuna. Fra il VII e il VI secolo a.C. Atene si trovò in una grave situazione politico-economica: le terre migliori erano nelle mani degli aristocratici mentre i piccoli contadini erano ridotti alla fame e spesso in schiavitù, in quanto non potevano pagare i loro debiti; per questo si verificavano spesso tumulti. Nel 594 a.C. venne eletto magistrato, con pieni poteri, Solone, un abile e giusto uomo politico. Egli stabilì innanzitutto che tutti i debiti contratti fino a quell’anno venissero annullati e che in futuro nessuno potesse essere ridotto in schiavitù per debiti. Si fondava cosi il principio della inviolabilità della libertà personale. Quindi, per allargare la partecipazione dei cittadini al governo della città, li divise in quattro classi, senza considerare l’appartenenza alla classe nobiliare o popolare, ma solo sulla base del reddito annuo. Ad Atene se si sospettava che un cittadino tramasse contro la democrazia si poteva ricorrere all’ostracismo. I nomi degli esiliati dall’Assemblea venivano scritti su un coccio, parola che in greco si dice òstrakon. 59 3 UNITÀ unità 3 prestoria:Layout 1 28/07/2009 18.12 Pagina 60 LA CIVILTÀ GRECA Le prime tre classi pagavano le tasse, fornivano i soldati per l’esercito e di conseguenza potevano ricoprire cariche pubbliche; la quarta, formata da piccoli contadini e artigiani, non pagavano tasse, erano chiamati alle armi solo in caso di necessità, ma non potevano accedere alle cariche pubbliche. 5 . L’ ES PAN SI O NE DELLA CI VI L TÀ G RECA I contrasti all’interno delle poleis fra aristocrazia e popolo ebbero frequentemente una valvola di sfogo verso l’esterno. Dall’800 al 500 a.C. ci fu un’altra grande ondata colonizzatrice, non limitata al Mare Egeo. Furono fondate numerose colonie in tutto il bacino del Mediterraneo: in Sicilia, nell’Italia meridionale, nell’Africa settentrionale, in Francia e sulle rive del Mar Nero. In alcune zone la colonizzazione fu molto fitta. Cosi accadde in tutta la fascia costiera della Sicilia, fatta eccezione per la zona di Palermo, colonia fenicia. In Puglia, Basilicata, Calabria e Campania le colonie greche furono cosi tante che questa parte dell’Italia meridionale, in epoca latina, fu chiamata Magna Grecia, cioè Grande Grecia. Importanti città debbono la loro origine ai Greci, tra le quali ricordiamo Siracusa, Agrigento, Zancle (Messina), Catania, Selinunte, in Sicilia; Taranto, Metaponto, Sibari, Crotone, Locri, Reggio, Elea, Cuma, Napoli, Pitecussa (Ischia) e Poseidonia (Paestum) nell’Italia meridionale. Marsiglia in Francia, Cirene in Libia. Alcune di queste città raggiunsero una grandezza, una potenza, una floridezza comparabili con quelle della madrepatria. Siracusa, in particolare, finì col diventare una delle maggiori città del mondo greco. L’Antro della Sibilla cumana fu uno dei santuari più venerati dell’antichità, scavato dai Greci tra il VI e il III secolo a.C. 60 Resti di uno dei templi di Selinunte. Un tempio della valle dei templi di Agrigento. unità 3 prestoria:Layout 1 28/07/2009 18.12 Pagina 61 ESERCIZI CAPITOLO 2 - LE POLEIS 1. Indica con una crocetta se le seguenti affermazioni sono vere (V) o false (F): V a - Nelle città greche la società era stratificata. b - Nelle città greche c’era un solo partito, quello degli aristocratici. c - Sparta era una città marinara dedita ai commerci. d - La società spartana era divisa in tre gruppi sociali. e - A Sparta i bambini a sette anni passavano sotto il controllo dello Stato. f - A Sparta le donne non potevano praticare attività sportive. g - A Sparta c’era un governo democratico. h - Nell’Attica si coltivava l’ulivo, la vite e il fico. i - Ad Atene l’ecclesia era l’assemblea popolare che riuniva tutti i cittadini liberi. l - Ad Atene gli arconti avevano il compito di occuparsi delle questioni principali. m - Ad Atene agli strateghi era affidato il comando dell’esercito e della flotta. n - Dall’800 al 500 a.C. parte dalla Grecia una grande ondata colonizzatrice. F 2. Spiega il significato dei seguenti termini: a - Poleis b - Agorà c - Acropoli d - Meteci e - Apella f - Gherusia g - Efori 61 3 UNITÀ unità 3 prestoria:Layout 1 - - 12/09/2009 19.16 Pagina 62 LA CIVILTÀ GRECA Ti racconteremo: DEL CONFLITTO TRA I GRECI E I PERSIANI; DELL’ASCESA AL POTERE DI PERICLE; - DELLA GUERRA DEL PELOPONNESO. 3 LE GUERRE PERSIANE CAPITOLO 1 . LA “MONARCHIA UNIVERSALE” Verso il 550 a.C. l’imperatore Ciro riunì sotto il suo scettro i Medi e i Persiani, dando vita a quello che sarebbe ben presto diventato l’Impero persiano. Nel giro di una ventina di anni, infatti, Ciro sottomise tutta l’Asia Minore, la Mesopotamia, le terre dei Fenici e degli Ebrei e i territori a nord e a est dell’altopiano iranico. Il figlio di Ciro, Cambise, conquistò anche l’Egitto, mentre uno dei successori di Cambise, Dario I, salito al trono nel 521 a.C., estese ancora i confini dell’Impero: a oriente fino al fiume Indo, a occidente dal Bosforo fino al Danubio e alla Tracia. Esteso dal Golfo Persico al Mediterraneo, l’Impero persiano era il più vasto di tutti quelli visti fino ad allora, tanto che i contemporanei lo chiamarono “universale”. I Persiani si erano imposti così rapidamente su tanti popoli per due ragioni: erano una grande potenza militare e sapevano trattare con larghezza d’animo e di vedute i popoli vinti, a cui imponevano rapporti di sudditanza ragionevoli. I Persiani adoravano il sole, la luna, la terra, l’acqua, il fuoco e i venti. Amavano molto il vino. Avevano l’abitudine di discutere delle questioni più importanti in stato di ubriachezza; il giorno dopo veniva riportato loro il parere accettato il giorno precedente, se lo approvavano anche a mente serena vi si attenevano, altrimenti vi rinunciavano. Quando due persone si incontravano per strada, se erano della stessa condizione sociale, si baciano sulla bocca; se uno dei due era di poco inferiore, si baciavano sulle guance; se uno era di nascita molto più bassa si inginocchiava e adorava l’altro. La tomba dell’imperatore Ciro. 62 Bassorilievo raffigurante l’imperatore Dario mentre fonda Persepoli. Il cilindro di Ciro, che contiene un’iscrizione con la quale il sovrano legittima la conquista di Babilonia. unità 3 prestoria:Layout 1 12/09/2009 19.17 Pagina 63 CAPITOLO 3 - LE GUERRE PERSIANE 2 . L A S U P R E M A Z I A M I LIT ARE G RECA Il secolo V a.C. iniziò con la guerra tra l’Impero persiano e le città greche, una contesa che si può dire tra due mondi; lo scontro era decisivo, i Greci si rendevano conto che la posta in gioco era la loro libertà e identità nazionale. Occasione del conflitto fu la rivolta della città di Mileto contro i Persiani, i quali reagirono attaccando e distruggendo la città. Il re Dario, quindi, si volse contro Atene ed Eretria, che avevano aiutato i rivoltosi. La spedizione militare persiana, dopo aver occupato Eretria, proseguì verso Atene. L’esercito ateniese, forte di 10.000 soldati, attese nella pianura di Maratona quello persiano ben più numeroso. Ma il comandante ateniese L’Impero persiano al culmine della sua estensione. Milziade, che conosceva bene le tecniche di guerra dei Persiani, li attaccò e li sconfisse. Si narra che la notizia della vittoria fu portata da Maratona ad Atene dal soldato Filippide, il quale dopo aver corso per 42 chilometri e 300 metri morì appena giunto a destinazione (nelle nostre Olimpiadi si corre in suo onore la gara chiamata “maratona”). Malgrado la vittoria di Milziade, era chiaro che i Persiani avrebbero cercato di ottenere la rivincita. Perciò, il capo della democrazia ateniese, Temistocle, allestì una potente flotta da guerra, facendo costruire oltre 100 triremi, non solo per contrapporla ai Persiani, ma anche per sviluppare il dominio ateniese nel Mediterraneo. Il potenziamento della flotta ateniese ebbe anche un’importante conseUna ricostruzione della battaglia navale di Salamina nel videogioco “Sparta”. guenza sociale, perché sulle navi furono impiegati come rematori molti cittadini che, partecipando alla difesa della città, oltre ad acquistare maggiore prestigio sociale, acquisirono anche i pieni diritti politici. Quando i Greci ricevettero la notizia che i Persiani stavano predisponendo un’altra spedizione militare contro di loro, misero da parte le rivalità reciproche e si allearono nella Lega panellenica guidata da Sparta, che ebbe il comando dell’esercito di terra, mentre ad Atene fu affidato il comando della flotta. La grande armata persiana, con a capo il re Serse, penetrò nella Tessaglia e puntò su Atene. Nel tentativo di rallentarne l’avanzata, i Greci inviarono alcune migliaia di guerrieri al Passo delle Termopili sotto la guida dello spartano Leonida. Essi riuscirono, per qualche giorno, a fermare l’avanzata persiana, ma quando si profilò la minaccia di essere attaccati alle spalle, Leonida fece ritirare il grosso delle truppe e rimase con soli 300 Spartani a difendere fino Busto di Leonida, condottiero spartano. 63 3 UNITÀ unità 3 prestoria:Layout 1 28/07/2009 18.12 Pagina 64 LA CIVILTÀ GRECA Un guerriero persiano. alla morte il passo. Il sacrificio di Leonida e dei suoi non fu inutile; non solo perché permise ai Greci di preparare la resistenza, ma, soprattutto, perché fu un grande esempio per gli altri guerrieri greci che combattevano per la libertà del loro paese. Nel 479 a.C. l’esercito persiano fu definitivamente sconfitto sia per terra che per mare. La vittoria dei Greci assunse un importante significato politico e morale, perché significava la superiorità dell’Occidente, dove gli uomini erano liberi, sull’Oriente, dove le popolazioni erano sottomesse alla tirannia del sovrano. In particolare, fu Atene a incarnare il trionfo della libertà. 3. I G REC I E I PE RS I A NI SU L C AM P O D I BATT AG LIA Il conflitto greco-persiano fu molto significativo anche dal punto di vista militare. Sul campo di battaglia, infatti, si ripropose la stessa differenza che c’era fra le piccole e dinamiche città greche e l’immenso e rigido Impero persiano. Il guerriero greco, l’oplita, così chiamato dal nome dello scudo (hoplon), era dotato di un armamento semplice e razionale: uno scudo ovale o rotondo, una lunga lancia, una spada corta a doppio taglio, una protezione di metallo o di pelle sulle parti più esposte del corpo, dei gambali e un elmo piumato. I soldati persiani, invece, avevano armamenti più pesanti e lunghi vestiti che impacciavano i loro movimenti. Inoltre, l’esercito persiano aveva difficoltà di movimento perché troppo numeroso e, soprattutto, perché costituito da uomini che provenivano dalle varie zone dell’Impero, per cui, parlando lingue diverse, erano lenti nel capire gli ordini. I fanti greci si schieravano a falange, cioè in file compatte, e presentavano al nemico la punta delle loro lunghe lance, per cui apparivano pronti a sfondare le file avversarie. La cavalleria non aveva, invece, grande importanza negli eserciti greci, perciò gli strateghi badavano a evitare che i nemici potessero far valere la loro superiorità in questo settore, come non accettavano lo scontro tra eserciti schierati per non subire la superiorità numerica del Ricostruzione della falange oplitica greca. In realtà l'equinemico. Milziade vinse a Maratona con un paggiamento dei soldati non era uniforme, tranne che a Sparta, dato che ognuno doveva procurarsi da solo le armi attacco in campo aperto, ma a sorpresa; nella bate decorarle. taglia di Salamina le navi greche, più piccole, ma anche più agili e manovrabili, si dimostrarono molto più efficaci delle grandi e pesanti navi avversarie. Per i Persiani, già stupiti dal fatto che il nemico non si arrendesse di fronte al loro immenso esercito, fu addirittura sconvolgente sentirsi attaccati da guerrieri che combattevano ferocemente e senza seguire le regole classiche della battaglia. Fu, dunque, la capacità di variare le strategie di combattimento, oltre all’ardore di combattere per la propria libertà, a dare la vittoria ai Greci. 64 Un arciere persiano. unità 3 prestoria:Layout 1 28/07/2009 18.12 Pagina 65 CAPITOLO L’Acropoli di Atene oggi. 3 - LE GUERRE PERSIANE 4 . L’ETÀ DI PERICLE La vittoria sui Persiani rafforzò Atene, che aveva sostenuto il peso maggiore della guerra. Infatti, essa riuscì a estendere sul mare la sua egemonia e, contemporaneamente, raggiunse il massimo splendore culturale e artistico, favorita in questo dall’ascesa al potere di Pericle. Questi, capo del partito democratico, grande oratore e abile politico, eletto stratega nel 461 a.C., sostenne l’espansione marittima e commerciale di Atene. In politica interna estese a tutti i cittadini ateniesi, indipendentemente dalla nascita e dalla ricchezza, i diritti politici e, per permettere anche ai più poveri di ricoprire cariche pubbliche, concesse loro una indennità giornaliera. L’età di Pericle è nota soprattutto per il grandioso sviluppo delle arti. Grandi autori tragici, quali Eschilo, Sofocle ed Euripide, furono molto apprezzati dagli spettatori, perché il teatro era per gli Ateniesi non solo uno svago, ma anche un mezzo per imparare a ragionare e a giudicare meglio. Fu eretto il Partenone, splendido tempio dedicato ad Atena, di cui lo scultore Fidia eseguì i fregi e la statua della dea. Gli scritti dello storico Erodoto sulle guerre persiane venivano letti pubLa loggia delle cariatidi. blicamente e filosofi di ogni regione andavano a vivere ad Atene, la città più ricca e popolosa della Grecia. L’arte e la letteratura dell’età di Pericle ci hanno lasciato un documento del passato glorioso degli eroi e dei miti dell’antica Grecia e hanno reso Atene la culla della cultura classica; aggettivo con cui nei secoli seguenti essa è stata identificata. Le feste principali che coinvolgevano tutta la Grecia erano i giochi olimpici, celebrati in onore di Zeus Olimpio; tanto che i Greci, a partire dal IV secolo cominciarono a calcolare il tempo basandolo sulla loro ricorrenza quadriennale, a iniziare dal 776 a.C., data dei primi giochi olimpici. Atleti di tutte le città prendevano parte a questa grande celebrazione che si svolgeva a Olimpia, città del Peloponneso, consacrata a Zeus. In occasione dei giochi i Greci mettevano da parte ogni contesa, ogni opposizione politica e tutti si sentivano uniti dallo stesso vincolo nazionale. I giochi olimpici dunque non erano solo una manifestazione religiosa e sportiva, ma avevano anche un grande valore patriottico e politico. Busto di Pericle. 65 3 UNITÀ unità 3 prestoria:Layout 1 28/07/2009 18.12 Pagina 66 LA CIVILTÀ GRECA 5. LA GUERRA DEL PELOPONNESO L’espansionismo ateniese finì col destare viva preoccupazione a Sparta, potenza militare prevalentemente terrestre. Le due città, rette da regimi diversi, erano a capo di due leghe politico-militari: Atene della Lega di Delo, Sparta di quella del Peloponneso. La causa principale della guerra fra i due schieramenti fu il predominio economico ateniese, che impoveriva città come Corinto, Argo, Megara. Atene, infatti, aveva il controllo della produzione e dell’esportazione della ceramica e di gran parte del commercio del grano, del bestiame e dei metalli provenienti dalle colonie del Mar Nero e dell’Italia meridionale. La potenza crescente di Atene, che intendeva imporre la sua supremazia su tutte le città greche, provocò la reazione di Sparta e della Lega del Peloponneso. La guerra scoppiò nel 431 e durò fino al 404 a.C., si svolse non solo in Grecia, ma anche in Sicilia e si concluse con la sconfitta di Atene, che fu costretta ad abbattere le sue fortificazioni, a distruggere la flotta, tranne dodici navi, e ad aderire alla Lega dei Peloponneso, riuscendo tuttavia a conservare la propria indipendenza. Dopo la guerra, ad Atene salirono al potere gli aristocratici, il cui governo, chiamato dei “Trenta tiranni”, fu corrotto e dispotico; solo in seguito fu reintrodotta la democrazia. La sconfitta segnò il tramonto dell’impero commerciale di Atene, ma non quello Stele epigrafica che riporta un decreto onorofico alla città di Samo e un rilievo che rapdel suo dominio culturale, grazie presenta le dee Era e Atena, protettrici di soprattutto a uomini di grande Samo e di Atene, che si stringono la mano. ingegno, come lo storico Tucidide, Secondo l’iscrizione gli Ateniesi onorano gli il commediografo Aristofane, che abitanti di Samo, rimasti fedeli ad Atene anche dopo la sua sconfitta ad opera di nelle sue commedie mise in ridicoSparta, a differenza delle altre città della lo i suoi concittadini, il filosofo Lega di Delo, entrate in rivolta. Socrate, il quale sosteneva la necessità della conoscenza di se stessi prima di giudicare gli altri. Platone, discepolo di Socrate, uno dei più grandi filosofi dell’umanità, importante per aver parlato dell’immortalità dell’anima e della necessità che il governo della città fosse affidato agli uomini migliori per onestà e saggezza. 66 Stele epigrafica sulla quale sono registrati i tributi pagati dal 439 al 431 a.C. dalle città facenti parte della Lega di Delo. unità 3 prestoria:Layout 1 28/07/2009 18.12 Pagina 67 CAPITOLO 3 - LE GUERRE PERSIANE ESERCIZI 1. Indica con una crocetta se le seguenti affermazioni sono vere (V) o false (F): V a - Il guerriero greco aveva un armamento pesante. b - Il guerriero persiano aveva un armamento semplice e razionale. c - L’esercito persiano, in battaglia, aveva difficoltà di movimento perché era molto numeroso. d - L’esercito greco si schierava a falange. e - Nell’esercito greco aveva una grande importanza la cavalleria. f - Nella battaglia di Salamina, le navi greche, più piccole e agili, prevalsero su quelle persiane. g - In seguito alla vittoria sui Persiani Atene ottenne la supremazia sul mare. h - Pericle sostenne l’espansione marittima e commerciale di Atene. i - Durante l’età di Pericle non ci fu ad Atene un grande sviluppo artistico. l - Durante l’età di Pericle Atene era la città più ricca e popolosa della Grecia. m - Atene era a capo della Lega di Delo, Sparta di quella del Peloponneso. n - Il tentativo di Sparta di imporre la sua supremazia su tutta la Grecia provocò la reazione della Lega di Delo. o - Sparta, alla guida della Lega del Peloponneso, sconfisse la Lega di Delo. p - Dopo la guerra del Peloponneso ad Atene fu instaurato il governo dei “Trenta tiranni”. F 2. Indica con una crocetta la conclusione corretta delle seguenti frasi: a - L’imperatore Ciro iniziò la guerra contro le città greche. dette vita all’Impero persiano. b - L’Impero persiano era il più grande impero di quelli esistiti fino ad allora. molto debole dal punto di vista militare. c - L’occasione del conflitto greco-persiano fu la rivolta della città di Mileto. il grande sviluppo commerciale persiano. d - L’esercito ateniese, comandato da Milziade, attaccò e sconfisse quello persiano. non riuscì a fermare l’avanzata persiana. e - Temistocle, capo della democrazia ateniese, in vista dello scontro con i Persiani arruolò un gran numero di soldati. fece costruire una potente flotta. f - I Greci, temendo di doversi scontrare con i Persiani, si allearono nella Lega panellenica guidata da Sparta. tentarono di instaurare una trattativa con loro. g - Dopo una lunga guerra i Persiani sconfissero i Greci. furono sconfitti per terra e per mare. 67 3 UNITÀ unità 3 prestoria:Layout 1 - - 28/07/2009 Pagina 68 LA CIVILTÀ GRECA Ti racconteremo: DI ALESSANDRO MAGNO; DEI DIADOCHI; - 18.12 DELL’ETÀ ELLENISTICA. 4 ALESSANDRO MAGNO E L’ELLENISMO CAPITOLO 1. I L R E G N O D I M A C E D O N I A A nord della Tessaglia si estendeva il regno di Macedonia, il cui territorio era costituito da una zona pianeggiante coltivata con cura e da boschi e pascoli dove era praticato l’allevamento, in particolare quello dei cavalli. Il governo dello Stato, che aveva come capitale Pella, era fortemente accentrato nelle mani di un’aristocrazia terriera che eleggeva il re. Nel 359 a.C. fu eletto re Filippo II, il quale si dedicò particolarmente al potenziamento dell’esercito, allo scopo di sottomettere la Grecia e aprirsi uno sbocco al mare. In pochi anni egli dotò la Macedonia di un esercito permanente ben addestrato che si basava sulla cosiddetta falange, costituita da 1600 opliti, schierati su sedici file di 100 soldati l’una. Ogni soldato era armato, oltre che di spada, di una lunga lancia che puntava contro il nemico; i soldati delle ultime file appoggiavano le loro lance sulle spalle dei soldati che li precedevano, in tal modo la falange era in grado di vincere qualsiasi nemico. Filippo si propose alle città greche come capo di una grande alleanza dei Greci contro i Persiani. I Greci rifiutarono e costituirono una lega per opporsi al re macedone; ma a Cheronea, nel 338 a.C., furono sconfitti e le poleis persero la libertà e l’indipendenza. Filippo, quindi, si accinse a preparare una spedizione dei Greci contro l’Impero persiano ma, poco prima che le truppe si mettessero in marcia, nel 336 a.C., fu assassinato, lasciando il Medaglione che raffigura trono al giovane figlio Alessandro. Filippo II, re di Macedonia. 2 . L E C ON QU I S T E D I A L E S S A N D R O M A G N O 68 Appassionato lettore dell’Iliade di Omero, Alessandro sbarcò con il suo potente esercito a Troia, come a voler ricordare l’antica impresa degli Achei contro i Troiani, quindi proseguì per via terra verso la Siria e la Fenicia per sottomettere tutte le basi navali persiane. Un oplita greco. unità 3 prestoria:Layout 1 12/09/2009 19.18 CAPITOLO Pagina 69 4 - ALESSANDRO MAGNO E L’ELLENISMO Alessandro Magno a cavallo. Nel giro di dieci anni sconfisse ripetutamente l’Impero persiano, conquistò la Siria, la Fenicia, la Palestina, entrò trionfalmente in Egitto, dove fondò Alessandria, destinata a diventare la più importante città del Mediterraneo prima dell’ascesa di Roma. Ripresa l’avanzata verso oriente, attraversò l’Afghanistan spingendosi fino in India. Davanti a lui si apriva il misterioso mondo orientale, ma i suoi soldati, stanchi di combattere e di marciare, si rifiutarono di procedere oltre. Allora ordinò di ritornare indietro. Rientrò a La Nike di Samotracia, una delle più Babilonia, che scelse come capitale dell’impero da lui fonfamose statue ellenistiche, che, pur dato, e si dedicò all’organizzazione dei suoi domini per unipriva di braccia e testa, sembra simboleggiare l’impeto travolgente delle ficare culturalmente i popoli sottomessi, integrando la culconquiste di Alessandro. tura greca con quella orientale. Istituì una moneta unica per agevolare il commercio; introdusse come lingua ufficiale dell’Impero il greco, facilitò i matrimoni fra persone appartenenti a popoli diversi, promosse la fondazione di nuove città. Nel 323 a.C., mentre stava progettando nuove spedizioni militari, morì improvvisamente, all’età di appena 33 anni. Egli era stato il fondatore di un Impero che si estendeva dalla Macedonia fino al fiume Indo e per questo gli fu attribuito l’appellativo di Magno, “grande”. Alla morte di Alessandro seguì una lunga serie di lotte fra i suoi generali, i diadochi, “successori”, per la spartizione dell’Impero, che alla fine risultò diviso in vari regni: il Regno d’Egitto, il Regno di Siria, il Regno di Macedonia e, in un secondo tempo, il piccolo Regno di Pergamo. 3. LA CULTURA ELLENISTICA I regni nati dalla dissoluzione dell’impero fondato da Alessandro Magno furono detti ellenistici dal nome di “Elleni”, con cui si chiamavano i Greci nel loro complesso. In tal modo si ruppe l’unità dell’Impero, ma rimase salda l’unità culturale. Infatti, il greco si affermò come la lingua comune e la cultura greca si diffuse in tutto il mondo Mediterraneo e in parte del mondo asiatico. Durante l’età ellenistica la città assunse un nuovo aspetto. Essa non era più solo il luogo abitato dai cittadini, con i mercati e l’acropoli, ma divenne anche la splendida cornice Laocoonte e i suoi due figli lottano coi serpenti, scultura greca della scuola di Rodi (I secolo a.C.), 69 3 UNITÀ unità 3 prestoria:Layout 1 28/07/2009 18.12 Pagina 70 LA CIVILTÀ GRECA Ricostruzione della città di Pergamo. del re, sovrano-dio. Gli spazi pubblici furono ampliati, gli edifici assunsero proporzioni gigantesche per accogliere il re e la sua corte. Ogni nuova città fu progettata secondo un disegno organico; nacque così la scienza urbanistica. La forma di Stato del mondo ellenistico fu quella di regni molto ampi. Il più grande fu quello di Siria con capitale Antiochia, che dopo lunghe guerre contro l’Egitto decadde, mentre i territori a oriente del fiume Eufrate furono conquistati dai Parti. Altro importante regno fu quello di Macedonia, che ebbe però vita agitata a causa delle lotte con le città greche, gelose della loro antica indipendenza. In Asia Minore si affermò il Regno di Pergamo, assai ricco e splendido per cultura, dove nacque la carta pergamena, che si otteneva dalla pelle di pecora e che cominciò a sostituire l’uso del papiro. Tutti questi regni saranno poi conquistati dai Romani. Il regno di Pergamo sarà addirittura ceduto a Roma per testamento dal re Attalo III. La forma politica della polis non scomparve, anzi conobbe, nell’ambito dei regni ellenistici, una nuova stagione, sia pure con ambizioni minori di quelle di Atene e di Sparta. Uno dei diadochi, Tolomeo, fondò in Egitto un potente regno e fece di Alessandria il centro della cultura greca. Chiamò a corte artisti e scienziati, dotò la città di una biblioteca che arrivò a contenere oltre 700.000 volumi e di un’accademia, detta Museo, “luogo delle muse”. Ad Alessandria fu anche tradotta in greco la Bibbia. L’Egitto visse tre secoli di prosperità grazie alla produzione e alla esportazione di prodotti molto apprezzati, come l’olio, la lana, il lino, la canapa, il papiro, la birra, il vetro e il frumento. Rovine della città di Pergamo. L’età ellenistica fu caratterizzata anche da un grande fervore di studi. Eratostene di Cirene calcolò la lunghezza dell’equatore con risultati quasi esatti. Aristarco di Samo intuì che la Terra ruotava intorno al Sole e che quindi non era al centro dell’universo. Ben nota è l’invenzione degli specchi ustori con cui Archimede, concentrandovi i raggi del Sole, incendiò le navi romane che assediavano Siracusa. Fu inventato, inoltre, il mulino ad acqua. Nelle arti si distinsero gli scultori di Pergamo e di Rodi. Tra i poeti ricordiamo Teocrito, iniziatore della poesia bucolica, cioè pastorale, Callimaco autore di raffinati C A R M I, Apollonio di Rodi, che scrisse un poema epico, Le Argonautiche, sulle fantastiche gesta di Giasone. L’antica Grecia è sempre stata idealizzata. I poeti ci hanno lasciato un’immagine che corrisponde, probabilmente, più ai loro sogni che alla realtà, descrivendola come terra di eterna giovinezza, di felicità e di serenità. Eppure in quel mito c’è qualcosa di vero, c’è il loro senso della bellezza, il gusto dell’armonia, la tensione verso CA RME la purezza dell’animo. Si tratta di un grande messaggio: non importa se la vita dei Greci era diversa da come viene Solenne componimento poetico diretto a interpretare o esaltare lirirappresentata, resta il fatto che noi ce la immaginiamo così camente un fatto, una persona o proprio perché essi hanno saputo dare di loro stessi questa una consuetudine. immagine. 70 unità 4 prestoria:Layout 1 12/09/2009 19.20 CAPITOLO Pagina 71 4 - ALESSANDRO MAGNO E L’ELLENISMO ESERCIZI 1. Inserisci nella tabella le date e le conseguenze degli eventi: EVENTI DATE CONSEGUENZE Filippo II viene eletto re della Macedonia. Filippo II sconfigge la lega greca a Cheronea. Muore Filippo II. Muore Alessandro Magno. 2. Indica con una crocetta se le seguenti affermazioni sono vere (V) o false (F): a - Alessandro Magno scelse Babilonia come capitale dell’Impero da lui fondato. b - Lo scopo principale di Alessandro Magno era quello di unificare culturalmente tutti i popoli dell’Impero da lui fondato. c - Alessandro Magno istituì un’unica moneta in tutto l’Impero. d - Alessandro Magno ostacolò i matrimoni fra persone di popoli diversi. e - I diadochi erano i successori di Alessandro Magno. f - I regni nati dalla dissoluzione dell’Impero fondato da Alessandro Magno furono detti ellenistici. g - Durante l’età ellenistica l’aspetto delle città non subì alcuna modifica. h - Durante l’età ellenistica nacque la scienza urbanistica. i - Nel Regno di Pergamo nacque la carta pergamena. l - Il centro della cultura greca durante l’età ellenistica fu Atene. m - La biblioteca di Alessandria conteneva oltre 700.000 volumi. n - Aristarco di Samo intuì che la Terra ruotava intorno al Sole. V F 71 4 12/09/2009 unità unità 4 prestoria:Layout 1 19.23 Pagina 72 ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO 1 CAPITOLO I popoli italici e la civiltà etrusca CAPITOLO 2 CAPITOLO 3 CAPITOLO 4 CAPITOLO 5 CAPITOLO 6 Roma: dalle origini all’espansione in Italia Roma alla conquista del Mediterraneo La crisi della Repubblica Augusto e i suoi successori Il Cristianesimo Fondazione di Roma 753 72 a.C. 494 a.C. Secessione della plebe romana sul Monte Sacro 390 a.C. Saccheggio di Roma ad opera dei Galli 275 a.C. Vittoria romana su Pirro 264 146 a.C. a.C. Guerre puniche unità 4 prestoria:Layout 1 12/09/2009 20.06 Pagina 73 O SENATORI, Roma si estende su territori immensi… infiniti… Eppure in origine era semplicemente un piccolo villaggio eretto sul colle Palatino, che, secondo la tradizione, fu governato tra il 753 a.C., anno della sua fondazione, e il 509 a.C. da sette re. Ma dopo aver cacciato dalla città l’ultimo regnante, Tarquinio il Superbo, i Romani instaurarono la repubblica. Da allora l’espansione di Roma è stata inarrestabile, grazie a un’accurata organizzazione delle cariche pubbliche e del settore militare. Le lotte per il potere tra patrizi e plebei sono state sempre frequenti, anche se l’incisione delle Dodici tavole affisse nel foro segnò una svolta decisiva nel diritto e nell’amministrazione della giustizia. Sono consapevole che il mio viaggio sarà lungo e difficile: difendere Roma è il mio dovere, conoscere la storia delle guerre sannitiche e puniche, della conquista del mondo greco, della riforma agraria dei Gracchi mi servirà per comprendere i cambiamenti della società romana. La riforma dell’esercito voluta da Caio Mario avrà conseguenze molto serie; ora possono arruolarsi tutti e sicuramente non si combatte per la patria, ma per la paga, per il bottino e per le ricompense dei terreni conquistati. Che delusione! O senatori, la repubblica è in crisi e l’Impero è alle porte: ben presto il potere passerà dalle mani dei cittadini liberi a quelle dell’imperatore, e l’autorità del Senato sopravviverà come istituzione, ma più nella forma che nella sostanza… TEMPI DIFFICILI PER VOI... Editto di Milano 91 a.C. 89 a. C. Ribellione degli Italici 44 a.C. Uccisione di Cesare 29 a.C. 14 d.C. Impero di Ottaviano 70 Distruzione di Gerusalemme 98 1 17 Impero di Traiano 284 305 Impero di Diocleziano 313 Editto di Tessalonica 380 73 unità 4 prestoria:Layout 1 UNITÀ 4 74 29/07/2009 16.34 Pagina 74 ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO unità 4 prestoria:Layout 1 29/07/2009 16.34 Pagina 75 INTRODUZIONE L’Italia, al centro del Mediterraneo, costituisce un ponte tra l’Europa e l’Africa e un naturale tramite fra popoli e culture diverse. Le sue fertili terre e il clima temperato hanno attirato varie popolazioni che hanno formato un mosaico di genti differenti. Nell’antichità la penisola era chiamata con nomi diversi e il nome “Italia”, terra dei vitelli, in origine indicava solo la parte meridionale dell’odierna Calabria. Roma, i cui primi insediamenti risalgono al X secolo a.C., estese il suo dominio su tutta la penisola, rea- lizzando una federazione tra i popoli che l’abitavano. Successivamente, con una serie di fortunate guerre, si confrontò con Cartagine e con gli Stati ellenistici, eredi dell’Impero fondato da Alessandro Magno, e in poco più di un secolo, fra il 264 e il 146 a.C., impose la sua dominazione su tutti i Paesi che si affacciavano sul Mediterraneo. I Romani riuscirono a superare le lotte sociali, che, pur gravi, non arrivarono mai a rompere l’unità politica romana. Lo strumento materiale della potenza di Roma furono i suoi eser- citi, formidabili strumenti di guerra mai conosciuti prima. Roma seppe consolidare la sua potenza con un eccezionale sistema giuridico. Tutto fu ordinato con leggi efficaci e chiare. Il diritto fu la grande invenzione dei Romani; una preziosa eredità che essi hanno trasmesso all’Europa e al mondo. Sotto l’imperatore Traiano l’Impero romano raggiunse la sua massima espansione. Si estendeva dalla Scozia fino ai confini dell’Iran e dal Sahara fino al Mare del Nord. Era abitato da popolazioni differen- ti, e comprendeva ambienti naturali diversissimi. In tutto l’Impero la lingua ufficiale era il latino, ovunque si pagava in sesterzi e si ubbidiva alle leggi romane. L’Impero romano non ci ha lasciato solo monumenti e opere d’arte di straordinaria bellezza, ma anche l’alfabeto che ancora oggi usiamo. La nostra lingua deriva dal latino; dobbiamo ai Romani la base del nostro sistema giuridico, stradale e architettonico! 75 unità 4 prestoria:Layout 1 UNITÀ 4 29/07/2009 16.34 Pagina 76 ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO Ti racconteremo: - - I CARATTERI DELLE PRIME CIVILTÀ ITALICHE; LA CIVILTÀ ETRUSCA. 1 I POPOLI ITALICI E LA CIVILTÀ ETRUSCA 1 . LE PR IM E CI VI L TÀ IT ALI CH E 76 CAPITOLO V IL L A NO V I A NO Il nome deriva da Villanova, presso Bologna, dove è stato rinvenuto un villaggio tipico di opere questa cultura, perché privo di rti repe difensive, che ha fornito molti archeologici. La penisola italica è stata abitata dall’uomo fin dai tempi preistorici. Il clima mite e le foreste, che allora ricoprivano quasi tutto il suo territorio, ne facevano un luogo ideale per la caccia e la raccolta di cibo. Scavi archeologici hanno evidenziato che i primi abitatori vivevano vicino ai laghi e lungo i fiumi, dove sono stati rinvenuti strumenti in pietra lavorata. Resti risalenti all’età paleolitica sono stati trovati in alcune grotte nei pressi di Otranto in Puglia, a Tivoli nel Lazio, in alcune zone della Toscana e in Sicilia. Tra il II e il I millennio a.C. la penisola fu abitata da Latini, Umbri, Sabini e Sanniti, al centro, Liguri e Veneti al Nord, Osci in Campania, Messapi in Puglia, Sardi in Sardegna, Sicani e Siculi in Sicilia. Per quanto riguarda le prime civiltà italiche, risalenti al 1000 a.C., gli studiosi distinguono due grandi aree geografiche: l’Italia meridionale e adriatica, in cui i morti venivano inumati, cioè seppelliti, e l’Italia settentrionale, con il Lazio e la Toscana, in cui venivano cremati, cioè bruciati, e se ne conservavano le ceneri in apposite urne di terracotta dette urne cinerarie. Ricordiamo soprattutto due civiltà. La prima, detta delle terramare, si sviluppò tra Modena e Piacenza, dove sono stati trovati villaggi di capanne circolari, che poggiano su Cinierario bronzeo pali conficcati nel terreno. Accanto a di epoca villanoviana. ogni villaggio, protetto da un fossato, sorgeva una necropoli per le urne cinerarie. Gli scavi archeologici hanno riportato alla luce zappe, scuri di bronzo e macine di pietra, reperti che testimoniano che quelle popolazioni avevano un’economia prevalentemente agricola. Ancor più avanzata era l’altra civiltà italica detta V I L L A N O V I A N A , che conosceva l’uso del ferro. Essa si diffuse in tutta l’Italia centrale e in parte della Campania e influenzò quella etrusca, che si sviluppò in seguito nella stessa area geografica. I popoli che abitarono la penisola italica prima di Roma. unità 4 prestoria:Layout 1 29/07/2009 CAPITOLO 16.34 Pagina 77 1 - I POPOLI ITALICI E LA CIVILTÀ ETRUSCA Anfora a figure rosse che illustrano una scena mitologica. La stele di Nora, che documenta iscrizioni in lingua fenicia. Fra il IX e l’VIII secolo a.C. altri popoli provenienti da Paesi del Mediterraneo si stanziarono in Italia. Ricordiamo soprattutto i Greci e i Fenici, questi ultimi provenienti da Cartagine. I Greci si stabilirono in ondate successive nell’Italia meridionale e in Sicilia e furono tanto numerosi che a queste regioni fu dato il nome di Magna Grecia, “Grande Grecia”. La colonizzazione greca dell’Italia meridionale fu molto importante per gli indigeni, perché i Greci vi introdussero il commercio e le prime monete, migliorarono le tecniche della navigazione e dell’artigianato. A Siracusa nacque uno dei più grandi matematici della storia, Archimede, e in Calabria fiorì la scuola del famoso scienziato e filosofo Pitagora. Anche i Fenici fondarono importanti colonie, ricordiamo Cagliari in Sardegna e Palermo in Sicilia, ma una loro ulteriore espansione fu fermata dalla colonizzazione greca nell’Italia meridionale e dagli Etruschi nel Lazio e in Toscana. 2 . GLI E TRU S CHI Cinerario bronzeo proveniente dalla necropoli dell’Olmebello a Bisenzio, VIII sec. a. C. L’origine del popolo etrusco rappresenta ancora oggi un enigma. Secondo il grande storico Erodoto essi erano approdati dopo un lungo viaggio in mare sulle coste italiane provenendo dalla Lidia, una regione dell’Asia Minore che avevano abbandonato in seguito a una terribile carestia. Spesso, infatti, gli Etruschi erano chiamati Lidii, i Romani dettero loro il nome di Tusci e i Greci quello di Tirreni. Secondo altre ipotesi, gli Etruschi erano un popolo indigeno dell’Italia, anche se con costumi e lingua diversi da quelli degli altri popoli italici. I primordi della civiltà etrusca si collocano agli inizi del I millennio a.C. fra il Tevere e l’Arno sulle coste del Lazio e della Toscana. Nel 700 a.C. Vulci, Tarquinia e Populonia erano già fiorenti città etrusche. La piena affermazione degli Etruschi si ebbe con l’estensione dei loro domini sull’intera Toscana e su parte dell’Umbria e del Lazio. Essi fondarono città come Volterra, Chiusi, Arezzo, Cortona, Orvieto, Tuscania, Fiesole e Perugia; non costituirono mai uno Stato unitario, ma ogni città era indipendente dalle altre e si governava con proprie leggi. A capo di ognuna di esse c’era un re-sacerdote, chiamato lucumone, assistito da un consiglio di anziani, che rappresentavano le classi nobili, e da una assemblea popolare. Successivamente le più potenti città etrusche si unirono in una lega a carattere religioso, che, in seguito alla ripresa dell’espansione, si trasformò in un organismo politico-militare. Gli etruschi estesero il loro dominio a sud, nella Campania, dove fondarono Capua e Nola, e a nord, verso l’Adriatico, dove colonizzarono la pianura dell’Emilia-Romagna. Essi fondavano il loro sviluppo e la loro ricchezza sul commercio, su un artigianato molto raffinato e sull’agricoltura, che forniva un’abbondante produzione di cereali e una pregiata qualità di olio e di vino. Per estendere le aree coltivabili, prosciugaStatua di Minerva in terracotta. 77 unità 4 prestoria:Layout 1 UNITÀ 4 29/07/2009 16.34 Pagina 78 ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO La Tomba della Caccia, risalente al 510-520 a. C., riassume il gusto delle classi aristocratiche per la narrazione. rono paludi e scavarono canali di irrigazione. Si specializzarono nell’estrazione e nella lavorazione dei metalli. Si dotarono di una potente flotta, con la quale intrapresero fitti scambi commerciali, soprattutto con le colonie greche della Magna Grecia, da dove importavano materie prime e oggetti di lusso ed esportavano grano, metalli, vini e prodotti lavorati. Nel VI secolo a.C. gli Etruschi raggiunsero la massima espansione, ma nel secolo successivo iniziò il loro lento declino. Nel 474 a.C., sconfitti dai Siracusani nella battaglia navale di Cuma furono costretti ad abbandonare gradualmente i territori conquistati e le basi commerciali e a ripiegare in Toscana. In concomitanza con il tramonto della potenza etrusca si andava affermando quella romana, che finì col sottomettere molte città etrusche; ma la civiltà etrusca non scomparve, perché molti suoi elementi furono assimilati dai Romani. 3 . L A V IT A Q U OT I D IA NA D E G L I E T R U S CH I Gli scavi archeologici hanno riportato alla luce numerose necropoli etrusche che ci consentono di gettare uno sguardo su questa civiltà, sia perché alcune tombe riproducono la stessa struttura delle abitazioni, sia perché vi sono stati rinvenuti numerosi oggetti. Sono stati trovati, infatti, armi, corazze, bellissimi vasi, anfore in argento, gioielli d’oro, a testimonianza di una civiltà ricca ed evoluta. Nella ricostruzione della loro vita ci hanno aiutato molto le pitture che decorano le pareti delle grandi tombe, nonché i vasi e le coppe, sui quali sono raffigurate scene di banchetti, di battaglie, di viaggi per mare, di caccia, di pesca e di cerimonie religiose, di giochi sportivi come quelli dei Greci (lotte, scontri di pugilato, lancio del disco, corse sui carri e a piedi). Il sarcofago degli sposi. All’abitazione etrusca si accedeva Si tratta in realtà di un’urna cineraria. attraverso un corridoio che immetteva in un cortiletto. Su di esso si apriva il vano principale della casa, una grande stanza da cui si accedeva ad altre stanze più piccole. L’arredamento comprendeva solo letti coperti di stoffe e cuscini, sedie di legno o di vimini, sgabelli e tavoli, oggetti di bronzo e recipienti di terracotta. Nella prima fase della civiltà etrusca la donna viveva su un piano di parità con l’uomo, come ci fanno capire le pitture tombali raffiguranti dei banchetti, in cui si vedono uomini e donne mangiare distesi sullo stesso letto. L’abitudine della donna a partecipare ai pranzi seduta cominciò a diffondersi a partire dal IV secolo a.C., usanza che fu successivamente adottata dai Romani. 78 La chimera d’Arezzo, bronzo, V-VI sec. a. C. unità 4 prestoria:Layout 1 12/09/2009 CAPITOLO 19.25 Pagina 79 1 - I POPOLI ITALICI E LA CIVILTÀ ETRUSCA ESERCIZI 1. Indica la data degli avvenimenti elencati a sinistra inserendo una crocetta nel relativo riquadro: AVVENIMENTI VI secolo a. C. I millennio a.C. 474 a.C. Primordi della civiltà etrusca. Gli Etruschi raggiunsero la massima espansione. Gli Etruschi furono sconfitti dai Siracusani. 2. Rispondi alle seguenti domande: a - A quando risalgono le prime civiltà italiche? b - Dove si sviluppò la civiltà delle terramare? c - Dove si sviluppò la civiltà villanoviana? d - Quali popoli si stabilirono in Italia fra il IX e l’VIII secolo a.C.? e - Da dove provenivano i Fenici? f - A quali regioni fu dato il nome di Magna Grecia? g - Dove nacque Archimede? h- Le pareti delle tombe, i vasi e le coppe cosa raffiguravano? 79 unità 4 prestoria:Layout 1 UNITÀ 4 19.58 Pagina 80 ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO Ti racconteremo: - L’ORIGINE DI ROMA; - L’ORGANIZZAZIONE - 12/09/2009 LE PRIME GUERRE. CAPITOLO 2 ROMA: DALLE ORIGINI ALL’ESPANSIONE IN ITALIA POLITICA E SOCIALE DELLA CITTÀ; 1 . L ’ OR IG I N E S T O R IC A D I R O MA La lupa di Roma è una scultura in bronzo che risale al 450 a.C., ma le statue dei gemelli Romolo e Remo furono aggiunte nel Rinascimento. Il primo insediamento di quella che doveva diventare Roma è stato trovato sul Colle Palatino, dove esistono tracce di abitazioni e sepolture risalenti al X secolo a.C. La nascita della città, però, fu legata al Tevere e all’Isola Tiberina, situata in mezzo al fiume, nella zona in cui gli Etruschi commerciavano con la Magna Grecia. Dalla stessa zona passava la via del sale, la futura via Salaria che dalle saline situate sulla riva destra del Tevere portava verso il Meridione e verso gli Appennini il prodotto, prezioso per l’alimentazione e per la conservazione dei cibi. Un centro commerciale sorto in quel territorio fu all’origine della nascita di Roma. Verso il 1000 a.C. alla foce del Tevere c’era una pianura paludosa e malarica; sulla riva sinistra del fiume si innalzavano i Colli Albani, coperti di boschi e popolati da animali selvatici, come il lupo, l’orso, il cervo e il cinghiale. I SE TT E RE DI ROMA 80 rnaRoma, secondo la tradizione, fu gove ne, azio fond sua a dell o ann ta fra il 753, ttro qua i prim I re. e sett da e il 509 a.C. fondi origine latino–sabina: Romolo, pro, l o i p m o P a m u N , città datore della à, unit com e vari e dell motore dell’unità religiosa o c n A e a, long Alba se Tu llo Os tilio, che sottomi un e truir cos fece vi e a Marzio, che conquistò Osti so al mare. Seguì, porto per garantire a Roma l’acces Prisco, originario, i o i n u q r a quindi, un re etrusco: T a città etrusca di dall e, come dice il suo stesso nom o , a cui si deve la l l i u T i o v r e Tarquinia. Il sesto re fu S dette appunto a, mur di costruzione della cerchia o Tarquinio il usc l’etr fu re mura serviane. L’ultimo dalla città, ponenSuperbo, che i Romani cacciarono ia. do fine, cosi, alla monarch I sette colli su cui, secondo la tradizione, sorse Roma. unità 4 prestoria:Layout 1 CAPITOLO 29/07/2009 16.34 Pagina 81 2 - ROMA: DALLE ORIGINI ALL’ESPANSIONE IN ITALIA Ai margini dei boschi si estendevano pianure adatte alla pastorizia e all’agricoltura. Su questo territorio si erano stabiliti i Latini, che avevano posto i loro villaggi sulle alture per sfuggire alla malaria delle paludi e per difendersi meglio dalle razzie delle vicine tribù dei Sabini, dei Volsci e degli Equi. Fino all’VIII secolo a.C. non si può parlare di Roma come di una città, ma piuttosto di una comunità di villaggi, che godevano di un’ottima posizione commerciale perché situati in un punto di passaggio degli scambi commerciali tra il nord e il sud della penisola. Fra l’VIII e il VII secolo a.C. il villaggio eretto sul Palatino si ampliò fino ad assorbire quelli circostanti; Roma divenne, così, una vera città. Allora fu eletto un re e la struttura urbanistica della città cambiò gradualmente fisionomia. Infatti, gli abitanti tracciarono strade, costruirono templi e case in muratura ed eressero una poderosa cerchia di mura difensive; inoltre, cominciarono anche a lavorare la ceramica e i metalli. 2 . L ’ O R G AN IZ Z A Z I ON E D E L L O S T AT O Il re aveva due poteri fondamentali: era comandante dell’esercito, in tempo di guerra, e interpretava il volere degli dei, era cioè sacerdote supremo della comunità, e in quanto tale assicurava la pace con gli dei. La parola pax significa, infatti, patto, con il quale Roma si impegnava a rispettare gli dei in cambio della loro protezione. Da qui si capisce l’importanza della religione nella società romana; tutti gli atti pubblici, d’altronde, erano accompagnati da qualche rito o da formule religiose. Il potere del re era parzialmente controllato da due assemblee: il Senato e i comizi curiati. I Senatori (da senex, “vecchio”) erano i capi delle grandi famiglie aristocratiche. I comizi curiati erano formati da cittadini romani divisi in 30 curie, 10 per ognuna delle tre tribù delle origini. Il re consultava il Senato sulle principali questioni di politica interna ed estera. Il Senato, alla morte del re, designava il suo successore. Il potere dei comizi curiati era limitato all’approvazione o alla bocciatura delle decisioni del Senato e delle leggi proposte dal re, e alla deliberazione della guerra e della pace. 3. I L T E S S U T O S O C I A L E Un funzionario romano. Roma antica era abitata da pastori e agricoltori, perciò la sua organizzazione sociale era legata al mondo contadino. Base della società romana era la famiglia. Un gruppo di famiglie che discendeva da un unico antenato, a volte mitico, costituiva una gens, “gente” e ogni individuo appartenente a una gens ne prendeva il nome. Un cittadino romano vestito con la toga. 81 unità 4 prestoria:Layout 1 UNITÀ 4 29/07/2009 16.34 Pagina 82 ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO Il collare di uno schiavo. Le gentes costituivano il ceto nobiliare dei patrizi, cioè discendenti dai patres, personaggi illustri; tutti gli altri cittadini liberi erano plebei, dal latino plebs, “popolo”. I plebei, che erano contadini, pastori, artigiani, non avevano gli stessi diritti dei patrizi, potevano essere ridotti in schiavitù per debiti ed erano esclusi dall’uso e dall’assegnazione dell’agro pubblico, cioè dei terreni di recente conquista. Inoltre, nelle controversie con i patrizi, i plebei difficilmente ottenevano giustizia, perché non c’erano leggi scritte e i giudici, tutti patrizi, favorivano coloro che appartenevano al loro stesso ceto sociale. In fondo alla scala sociale c’erano gli schiavi, che erano prigionieri di guerra o persone che, non avendo potuto pagare dei debiti, erano state ridotte in schiavitù. La schiavitù era una condizione ereditaria. Il padrone poteva fare degli schiavi ciò che voleva, venderNell’antica Roma le matrone li o addirittura ucciderli, ma anche concedere loro la libertà, in tal caso gli schiavi amavano i capelli ricci e divenivano liberti. biondi e usavano spesso le parrucche 4 . L E I ST IT U Z IO NI R E P U B BL IC ANE Nel 509 a.C. i Romani, dopo aver cacciato Tarquinio il Superbo, abolirono la monarchia e instaurarono la R E P U B B L I C A . Per evitare la concentrazione del potere nelle mani di una sola persona, le cariche pubbliche furono distribuite fra più magistrati (da magister, “capo, maestro”), furono temporanee, cioè limitate nel tempo, e onorifiche, ossia non retribuite. I cittadini maschi furono divisi in cinque classi a seconda del censo, cioè dalla ricchezza. Ogni classe doveva dare all’esercito un determinato numero di centurie, ogni centuria comprendeva 100 uomini; alle classi più ricche era richiesto un numero maggiore di centurie. Tale divisione in centurie, necessaria per la formazione dell’esercito, servì anche come base per l’istituzione dei comizi centuriati, l’assemblea di cittadini che eleggeva i magistrati più importanti della repubblica. Ogni centuria, infatti, aveva diritto a un voto e le classi più ricche, che armavano più centurie, esprimevano quindi più voti. RE PUBB LIC A 82 La repubblica è un regime ben diverso dalla monarchia, in quanto il potere non apparine tiene al re ma al popolo. Infatti il term e a” “cos res, o latin dal va repubblica deri i”. publica, “di tutt Il Foro Romano era il nucleo della civiltà romana, il centro della vita politica, giuridica, economica, sociale e religiosa. unità 4 prestoria:Layout 1 CAPITOLO 29/07/2009 16.34 Pagina 83 2 - ROMA: DALLE ORIGINI ALL’ESPANSIONE IN ITALIA C’erano poi i comizi tributi, formati dai cittadini raggruppati in tribù su base territoriale, per cui l’appartenenza a una determinata tribù dipendeva dal luogo in cui uno era residente. Le istituzioni politiche della repubblica romana erano, dunque, molto articolate. I comizi centuriati eleggevano due consoli, che per la durata di un anno esercitavano il potere militare e quello esecutivo. La loro nomina, però, doveva essere approvata dal Senato che controllava anche l’operato di tutti gli alti magistrati della repubblica, aveva la direzione della politica interna ed estera, curava il bilancio della città, amministrava la terra appartenente allo Stato, emanava le leggi. I comizi centuriati eleggevano anche due pretori, che amministravano la giustizia, e i censori che censivano la ricchezza dei cittadini per inserirli nelle varie classi sociali e per stabilire l’entità dei tributi che ognuno doveva pagare. Inoltre, esercitavano un controllo sulla moralità dei cittadini. La costituzione repubblicana prevedeva anche una figura straordinaria, quella del dittatore, eletto con poteri assoluti in caso di grave pericolo per lo Stato; carica che, però, durava solo sei mesi. Oggi il termine dittatore ha un significato negativo, perché indica una persona che si è impadronita del potere con la forza e lo mantiene contro la volontà dei cittadini. La figura del dittatore nella Roma antica era, invece, una carica istituzionale come le altre. 5 . L E L O T T E FR A P AT R IZ I E P L E BE I Nella repubblica romana il potere, inizialmente, era accentrato nelle mani di poche persone. Tutte le magistrature, infatti, erano riservate esclusivamente ai patrizi. I plebei avevano nei confronti dello Stato solo doveri: dovevano prestare il servizio militare, ma non potevano partecipare alla spartizione del bottino in caso di guerra vittoriosa; pur essendo cittadini romani, non potevano sposare persone appartenenti al patriziato. Perciò fra i plebei era diffuso un notevole malcontento. Bisogna fare attenzione a non considerare l’opposizione dei plebei ai patrizi come scontro fra poveri e ricchi; fra i plebei c’erano ricchi e poveri, grandi e piccoli proprietari terrieri. Ma a un plebeo, anche se poteva diventare ricchissimo, era ugualmente precluso l’accesso alla nobiltà e la partecipazione alle elezioni per le cariche pubbliche. Nel 494 a.C. i plebei, per manifestare la loro protesta, abbandonarono l’esercito e si ritirarono sul Monte Sacro, volendo così dimostrare di non riconoscere più le istituzioni romane. Numa Pompilio riceve dalla ninfa Egeria le leggi di Roma. 83 unità 4 prestoria:Layout 1 UNITÀ 4 29/07/2009 16.34 Pagina 84 ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO Le pareti delle abitazioni dei patrizi erano affrescate con figure mitologiche o di animali, decorazioni geometriche o paesaggi di fantasia. A questa prima secessione ne seguirono altre, fino a quando essi non ottennero importanti riforme: assegnazione ai plebei di una parte delle terre conquistate; elezione di un collegio di dieci uomini, i decemviri, con l’incarico di mettere per iscritto le leggi, che poi furono dette delle dodici tavole, perché incise su dodici tavole di bronzo; istituzione dei tribuni della plebe con il compito di annullare i provvedimenti contrari agli interessi della plebe, in tal modo l’amministrazione della giustizia veniva sottratta all’arbitrio della classe dominante; abolizione della norma che proibiva i matrimoni tra patrizi e plebei. Le dodici tavole furono affisse nel foro, dove tutti potevano leggerle. I plebei ottennero un altro importantissimo successo nel 367 a.C., quando fu loro riconosciuto il diritto di avere ogni anno un proprio rappresentante eletto alla carica di console. In tal modo essi non solo ebbero l’accesso alla massima magistratura dello Stato, ma, siccome i consoli allo scadere del mandato diventavano senatori, anche l’ammissione al Senato. Un banchetto in una casa patrizia. 6 . R O M A E S T E ND E IL S U O DO MI NI O NE L LA Z IO 84 Una giovane coppia di Pompei. Il primo obiettivo dell’espansione romana fu il dominio del Lazio e il controllo delle popolazioni latine che abitavano la regione. I Latini, nel tentativo di opporsi all’espansionismo romano, si unirono in una lega, ma nel 496 a.C i Romani riuscirono a sconfiggerli e ad assoggettarli. Roma divenne cosi la città predominante della Lega latina. Ben più difficile fu la guerra che intraprese contro Veio, potente città etrusca, situata ad appena 20 chilometri di distanza. Essa controllava la riva destra del Tevere e avrebbe potuto paralizzare il traffico commerciale romano che si svolgeva prevalentemente lungo il fiume fino al porto di Ostia. La lunga guerra si concluse solo nel 396 a.C., quando l’esercito romano, guidato da Furio Camillo, espugnò e distrusse la città. Il territorio che era appartenuto a Veio fu annesso a Roma. unità 4 prestoria:Layout 1 CAPITOLO 29/07/2009 16.34 Pagina 85 2 - ROMA: DALLE ORIGINI ALL’ESPANSIONE IN ITALIA Asterix e Obelix, i due celebri Galli del fumetto. 7. I GAL L I S ACC HE G GIA NO R O MA Roma, ormai padrona del Lazio e di buona parte della valle del Tevere, si vide all’improvviso minacciata dall’invasione dei Galli. I Galli erano un popolo indoeuropeo che abitava nella regione dell’odierna Francia e che da qualche secolo si era stanziato anche nell’Italia settentrionale dopo averne cacciato gli Etruschi. Nel 390 a.C., al comando di Brenno, i Galli superarono gli Appennini e, dopo avere sconfitto un esercito romano che aveva tentato di fermarli, occuparono Roma, la saccheggiarono e l’incendiarono. Poco dopo, però, non essendo preparati per un’occupazione permanente, o perché si accontentarono del bottino e del riscatto pagato dai Romani, ripassarono gli Appennini e rientrarono nei territori di provenienza. La leggenda racconta che, mentre i Romani stavano pesando l’oro richiesto dai Galli, Brenno, per ottenerne di più, sguainò la spada e, gettandola sulla bilancia, esclamò: vae victis!, “guai ai vinti”, ma, sorpreso dall’arrivo di Furio Camillo a capo di un esercito, dovette lasciare precipitosamente la città. Roma si riprese rapidamente e, grazie all’abilità dei suoi generali, riacquistò il sopravvento sulle popolazioni vicine che si erano ribellate approfittando dell’invasione dei Galli. 8 . LA GU ERRA CO NT RO I SA NNI TI Ottenuto il controllo del Lazio, i Romani entrarono in contatto con un popolo molto bellicoso, quello dei Sanniti che, occupando le regioni appenniniche, tendeva a espandersi nella Campania le cui città erano alleate di Roma; perciò lo scontro divenne inevitabile. La guerra, che durò un trentennio, inizialmente fu sfavorevole agli eserciti romani. Nel 321 a.C., infatti, dopo aver subito la dura sconfitta delle Forche Caudine, i soldati romani prigionieri furono costretti a subire una profonda umiliazione: passare sotto un giogo formato da due lance conficcate nel terreno e una terza posta sopra orizzontalmente. La guerra poi riprese e si concluse solo nel 295 a.C., quando a Sentino, in Umbria, si svolse la battaglia decisiva, in cui i Sanniti, ai quali si erano aggiunti gli Umbri, gli Etruschi e i Galli, subirono una disfatta definitiva. I Romani sottomisero così gli ultimi centri etruschi in Umbria e nella Toscana settentrionale e costrinsero i popoli sconfitti ad aderire a un trattato di alleanza con Roma. All’inizio del III secolo a.C. Roma aveva ormai il controllo della penisola italica, dall’Appennino tosco-emiliano fino alla Campania e alle Puglie. Guerrieri sanniti. 85 unità 4 prestoria:Layout 1 UNITÀ 4 29/07/2009 16.34 Pagina 86 ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO Busto di Pirro. 9. L A “ VI T T O R IA D I P I R R O ” Grazie al predominio sull’Italia centrale, Roma si trovò a contatto con le città della Magna Grecia, molte delle quali accettarono la sua supremazia, mentre Taranto, ricca città commerciale, decise di opporsi. Non essendo, però, in grado di affrontare da sola Roma, chiese aiuto a Pirro, re dell’Epiro, l’attuale Grecia nord-occidentale e l’Albania, il quale, mirando a unificare sotto il suo dominio l’Italia meridionale e la Sicilia, aderì alla richiesta di Taranto. Nel 280 a.C. Pirro sbarcò in Italia con un esercito di 30.000 soldati e 20 elefanti rivestiti di pesanti corazze. Probabilmente proprio a causa degli elefanti, che turbarono le legioni romane, Pirro riuscì a infliggere ai Romani due sconfitte, ma pur vittorioso, subì tali perdite che ancora oggi si parla di “vittoria di Pirro” per indicare un successo pagato a caro prezzo. La battaglia decisiva fra Pirro e i Romani avvenne nel 275 a.C. a Malevento, dove i Romani sconfissero Pirro che fu costretto a lasciare l’Italia. Da allora i Romani, in ricordo della vittoria contro Pirro, cambiarono il nome della città in Benevento. Ormai tutta l’Italia peninsulare, dai fiumi Magra e Rubicone fino allo Stretto di Messina, era unificata sotto l’autorità di Roma in una federazione di popoli, che contava almeno 4 milioni di abitanti. Roma riuscì abilmente a costituirsi in Italia una solida base di potere, di cui si servì per espandere il suo dominio fuori dalla penisola. I Romani, talvolta, erano stati molto duri con le popolazioni conquistate, avevano fatto massacri, deportazioni, avevano ridotto migliaia di nemici in schiavitù, ma nella maggioranza dei casi le città vinte divennero alleate e non suddite di Roma. Solo in caso di guerra esse dovevano fornire aiuti militari a Roma, cioè dovevano contribuire alla difesa comune. L’avanzata di Pirro e del suo esercito. 86 Pirro raffigurato come il dio Marte. unità 4 prestoria:Layout 1 CAPITOLO 29/07/2009 16.34 Pagina 87 2 - ROMA: DALLE ORIGINI ALL’ESPANSIONE IN ITALIA ESERCIZI 1. Indica con una crocetta se le seguenti affermazioni sono vere (V) o false (F). V a - I Galli erano stanziati in Francia e nell’Italia settentrionale. b - I Romani ebbero facilmente ragione dei Sanniti. c - Taranto si oppose all’espansionismo romano nell’Italia meridionale. d - “Vittoria di Pirro” significa vittoria pagata a caro prezzo. e - I Romani furono sempre molto comprensivi con i popoli sottomessi. F 2. Rispondi alle seguenti domande: a - Quale era la base delle società romana? b - Che cosa significa “plebei”? c - Chi c’era in fondo alla scala sociale? d - Inizialmente a chi erano riservate le magistrature romane? e - Un plebeo ricco poteva accedere alle cariche pubbliche? f - Perché furono istituiti i tribunali della plebe? g - Dove furono affisse le Dodici tavole? h - Che cosa ottennero i plebei nel 367 a.C.? i - Dove si scontrarono Pirro e i Romani nel 275 a.C.? 87 unità 4 prestoria:Layout 1 UNITÀ 4 - - - 12/09/2009 19.29 Pagina 88 ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO Ti racconteremo: LE GUERRE PUNICHE; I CARATTERI DELLA SOCIETÀ ROMANA; LE RIFORME DEI GRACCHI. CAPITOLO ROMA ALLA CONQUISTA DEL MEDITERRANEO 1 . L A P R I MA G U E R R A P U N IC A Dopo aver conquistato la penisola italica, Roma si trovò a diretto contatto con la potente città di Cartagine, colonia fenicia divenuta una grande potenza marittima. Protetta da una potente flotta militare, essa controllava il commercio di tutto il Mediterraneo occidentale. Aveva fondato colonie nella Spagna meridionale, nella Sicilia occidentale, in Sardegna e in Corsica. Era chiaro, dunque, che l’espansionismo romano lungo le coste del Mediterraneo trovava in Cartagine una rivale: lo scontro fra le due potenti città divenne così inevitabile. Alla vigilia della guerra Cartagine era senz’altro più forte di Roma sul mare, ma aveva un grave svantaggio: il suo esercito era costituito da mercenari, cioè da soldati pagati per combattere, arruolati in diverse regioni. Roma, invece, poteva disporre di un esercito formato da cittadini romani e dai suoi alleati italici. Le guerre dei Romani contro Cartagine furono dette “puniche”, perché Punici erano chiamati i Cartaginesi. La Prima guerra punica scoppiò nel 264 a.C. per la supremazia in Sicilia. I Romani inviarono nell’isola un esercito che sconfisse ripetutamente quello cartaginese, ma era chiaro che mai sarebbero riusciti a vincere la guerra se non si fossero dotati anche di una flotta per ostacolare i rifornimenti che Cartagine inviava al proprio esercito e per attaccare la rivale sul suo territorio. Il Senato romano decise così di allestire una flotta di 100 navi da guerra, che 88 3 Trireme usata durante la Prima guerra punica. La Prima guerra punica fu la prima delle tre grandi guerre che Roma e Cartagine combatterono per il controllo della Sicilia e per la supremazia nel Mar Mediterraneo. unità 4 prestoria:Layout 1 CAPITOLO 29/07/2009 16.34 Pagina 89 3 - ROMA ALLA CONQUISTA DEL MEDITERRANEO PRO VINCIA sconfisse quella cartaginese nelle acque di Milazzo. La vittoria romana sul mare fu possibile per l’introduzione di una nuova macchina militare: il corvo. Si trattava di un ponte di legno girevole, lungo e robusto, situato a prua delle navi romane, munito di un arpione che agganciava la nave nemica. Sul ponte passavano i soldati romani e ingaggiavano un combattimento corpo a corpo, tecnica in cui erano particolarmente abili. Alla fine della lunga guerra la battaglia decisiva si svolse presso le isole Egadi e si concluse con la vittoria romana. Cartagine fu costretta a sgombrare la Sicilia, che divenne la prima P R O V I N C I A romana, e a versare a Roma un’enorme indennità di guerra. Dopo la conclusione della guerra i Romani conquistarono anche la Sardegna e la Corsica e negli anni successivi sottrassero ai Galli la Gallia Cisalpina, “al di qua delle alpi”, cioè la pianura padana. Combatterono e sconfissero, inoltre, gli Illiri stanziati lungo le coste della Dalmazia. Il nome provincia indica il particolare tipo di governo che Roma instaurò nei territori occupati fuori fu governata della penisola italica. La provincia onsoli e da inizialmente da pretori, poi da proc non erano propretori. Gli abitanti delle province Roma e perconsiderati cittadini, ma sudditi di molto alte. ciò costretti a pagare delle imposte 2 . L A SE C O NDA G U E R R A PU N IC A A Cartagine furono necessari più di 20 anni per riprendersi dalla sconfitta subita nella Prima guerra punica, ma finalmente fu in grado di riprendere le ostilità contro Roma. Le operazioni militari partirono dalla Spagna e si svolsero quasi esclusivamente per terra. Protagonista del conflitto fu Annibale, un generale di eccezionali capacità militari che aveva giurato odio eterno a Roma. Nel 219 a.C. Annibale attaccò la città di Sagunto. Con il trattato dell’Ebro i Cartaginesi si erano impegnati con Roma a non oltrepassare tale fiume. Sagunto, oltre a essere a sud dell’Ebro, era anche una città alleata di Roma, perciò i Romani chiesero ad Annibale di ritirarsi. Il generale cartaginese rifiutò e la guerra ebbe inizio. Annibale lasciò la Spagna con un esercito di 20.000 fanti, 6000 cavalieri e alcuni elefanti, attraversò la Gallia, superò le Alpi e arrivò nella pianura padana, dove migliaia di galli, in rivolta contro Roma, rafforzarono il suo esercito. Egli sconfisse ripetutamente gli eserciti che Roma gli contrappose, ma non riuscì a sollevare le popolazioni dell’Italia centrale contro Roma, allora si diresse verso l’Italia meridionale allo scopo di indebolire la rete di alleanze fra Roma e gli Italici. Ma solo alcune città accettarono l’alleanza con Ritratto di Annibale. Annibale, le altre rimasero fedeli a Roma. Nel tentativo di fermare il generale cartaginese, il Senato romano nominò dittatore Quinto Fabio Massimo il quale, ritenendo che non fosse prudente affrontare l’esercito cartaginese in una battaglia campale, si limitò a logorarne la resistenza con azioni improvvise e limitate e a impedirgli di ricevere rifornimenti. Per questa sua tattica fu chiamato “il temporeggitore”. Alla scadenza della sua dittatura, i consoli decisero di attaccare l’esercito cartaginese in campo aperto. La battaglia si svolse nel 216 a.C. a La traversata di Annibale colse di sorpresa i Romani, anche perché gli elefanti erano bestie quasi del tutto sconosciute in Europa. 89 unità 4 prestoria:Layout 1 UNITÀ 4 29/07/2009 16.34 Pagina 90 ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO Annibale e i suoi elefanti mentre valicano le Alpi. Canne, dove i Romani furono duramente sconfitti. Molte città, come Capua, Taranto, Siracusa, nonché Filippo V di Macedonia, ritenendo che Annibale fosse sul punto di vincere la guerra, passarono dalla parte cartaginese. I Romani si trovarono in condizioni drammatiche, ma seppero reagire con grande energia e coraggio. Anzitutto promossero la leva in massa, arruolando giovanissimi e schiavi e promettendo a questi ultimi la libertà se avessero combattuto. Quindi attaccarono e riconquistarono Capua e Siracusa, mentre un altro esercito romano che combatteva in Spagna agli ordini di Publio Cornelio Scipione (chiamato poi “l’Africano”) sconfisse l’esercito cartaginese agli ordini di Asdrubale fratello di Annibale. Quindi Scipione sbarcò in Africa per attaccare direttamente Cartagine che, trovandosi in pericolo, si affrettò a richiamare in patria Annibale. La battaglia decisiva fra i due grandi generali si svolse a Zama, nel Nordafrica, nel 202 a.C., Scipione riportò una grande vittoria e Annibale fu costretto ad accettare le dure condizioni di pace imposte dai Romani: Cartagine dovette rinunciare a tutte le sue colonie fuori dall’Africa, consegnare la flotta, impegnarsi a non dichiarare guerra senza l’autorizzazione del Senato romano e versare in 50 anni un’indennità di oltre 1000 quintali d’argento. Busto di Scipione l’Africano. 3 . R O M A C ON QU IS T A L A G R E C I A Dopo avere sconfitto Cartagine, l’interesse di Roma si indirizzò verso Oriente, dove c’erano i regni ellenistici, nati in seguito al disgregamento dell’Impero fondato da Alessandro Magno. Roma era spinta a intervenire in Oriente innanzitutto perché vedeva in alcuni di questi regni una minaccia, poi perché i commercianti, gli imprenditori e i militari romani volevano fare nuove conquiste per trarne vantaggi economici, infine perché la classe colta romana, che subiva il fascino della cultura greca, desiderava appropriarsene. Inizialmente i Romani intervennero a sostegno delle città greche contro i Macedoni che sconfissero in una serie di vittoriose battaglie, riducendo la Grecia a provincia romana con il nome di Acaia. Statua di Annibale conservata presso il Museo del Louvre a Parigi. 90 unità 4 prestoria:Layout 1 CAPITOLO 29/07/2009 16.35 Pagina 91 3 - ROMA ALLA CONQUISTA DEL MEDITERRANEO LA GRE CIA C ONQU ISTA TA C ONQU ISTÒ IL R OZZ O C ONQU ISTA TO RE I Romani subirono il fascino del mondo greco sin da prima della conquista. Essi ammiravano la civiltà greca, adoravano divinità greche, usavano un alfabeto di origine greca, apprezzavano gli artisti e l’arte greca. Dopo la sottomissione della Grecia e il contatto con i regni ellenistici del Vicino Oriente, l’influenza della civiltà greca su quella romana si accrebbe, soprattutto fra le classi benestanti. Dalla Grecia arrivavano splendide opere d’arte e artisti, maestri di lingua greca, uomini di cultura, quali filosofi, poeti ecc. La cultura greca, così, condizionò notevolmente quella romana. Il grande poeta latino Orazio scrisse: “La Grecia conquistò a sua volta il rozzo conquistatore”. I ricchi romani presero l’abitudine di fare apprendere ai figli la lingua, la letteratura e l’arte greca. Divenne consuetudine fare un viaggio in Grecia per visitare i luoghi più famosi. Molti conservatori, però, che volevano preservare il tradizionale modo di vivere dei Romani, basato sulla semplicità, sul rigore morale e sulle antiche credenze religiose, cercarono di opporsi alla diffusione della cultura e dei costumi greci a Roma; tra costoro ricordiamo Marco Porcio Catone che, nel II secolo a.C., fu uno degli uomini politici più illustri di Roma. Egli sosteneva che i Romani dovevano continuare a vivere secondo le antiche tradizioni e che bisognava coltivare la lingua latina. Catone stesso dette l’esempio scrivendo un’opera Marco Porcio Catone. Busto di Omero. storica in latino. 4 . LA TE R Z A GU E R R A PU NIC A Intanto Cartagine, nonostante le durissime condizioni che Roma le aveva imposto alla conclusione della Seconda guerra punica, aveva riacquistato un certo potere economico. Ciò suscitava molta preoccupazione a Roma, dove era ancora vivo il ricordo delle drammatiche guerre precedenti. Perciò il Senato, prendendo a pretesto il fatto che Cartagine guerreggiasse contro la Numidia senza averne chiesto l’autorizzazione a Roma, inviò contro di essa un esercito. Ma solo dopo due anni di assedio Scipione Emiliano riuscì, nel 146 a.C., a conquistare e distruggere la città. Timgad, città della Numidia. 91 unità 4 prestoria:Layout 1 UNITÀ 4 29/07/2009 16.35 Pagina 92 ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO 5. L ’ O R G A N IZ Z AZ I O N E D E I T E R R I T O R I C ON Q U IS T A T I I Romani si dimostrarono molto abili nell’organizzare i territori conquistati. Stabilirono due diversi tipi di rapporto con le città italiche. Ad alcune lasciarono l’autonomia amministrativa e le proprie leggi; gli abitanti non godevano della cittadinanza romana ma diventavano socii, cioè “alleati”. I socii avevano l’obbligo di arruolare ogni anno contingenti militari per l’esercito romano. Ad altre città, dette municipi, concessero la cittadinanza romana, oltre al diritto di commercio e di matrimonio con cittadini romani, e riconobbero loro l’autonomia amministrativa. I territori conquistati fuori dalla penisola furono divisi in province e governate da magistrati detti proconsoli, con il compito di far rispettare le leggi romane e di riscuotere pesanti imposte, perché gli abitanti delle province erano considerati non cittadini romani, ma sudditi. Per rendere stabile il dominio sui territori conquistati i Romani vi fondarono le colonie. Inizialmente esse avevano uno scopo militare, perché da un lato dovevano garantire la sicurezza della conquista e dall’altro essere avamposti di difesa; per questo, di solito, erano assegnate a cittadini romani che avevano compiuto il servizio militare. Magistrati romani, chiamati patroni, erano posti alla guida dei coloni con l’incarico di I possedimenti romani dopo le guerre puniche. provvedere alla divisione e all’assegnazione di circa un terzo delle terre coltivate sottratte alla popolazione vinta. Le colonie erano a tutti gli effetti territorio romano. La divisione e l’assegnazione delle colonie erano fatte secondo lo schema dell’accampamento. Sul terreno venivano tracciate due strade che si intersecavano ad angolo retto: il decumano massimo da Est a Ovest e il cardo massimo da Nord a Sud; parallele a essi venivano tracciate altre strade minori, in modo da formare un reticolo. Ne risultavano degli appezzamenti quadrati, detti centurie, di 700 metri di lato e di circa 50 ettari l’uno. 6 . L A SO C I E T À R O MA N A D OP O L E CO NQUI ST E L’estensione delle conquiste romane lungo le coste del Mediterraneo provocò una notevole trasformazione della società romana e italica. Grandi quantità di ricchezze venivano portate da ogni provincia a Roma, dove confluivano anche artisti, letterati e 92 Mosaico che raffigura i giochi praticati dai Romani. unità 4 prestoria:Layout 1 CAPITOLO 29/07/2009 16.35 Pagina 93 3 - ROMA ALLA CONQUISTA DEL MEDITERRANEO Scena di un sacrificio durante un censimento. uomini d’affari da ogni parte dell’Impero. Gli schiavi aumentarono a dismisura, in quanto interi popoli, durante le guerre, venivano fatti prigionieri e venduti come schiavi. Essi erano impiegati in ogni tipo di lavoro, ma soprattutto utilizzati come contadini nelle grandi proprietà agricole. Le lunghe guerre sostenute da Roma avevano provocato il fallimento dei piccoli proprietari terrieri perché, una volta tornati a casa dalle guerre, trovavano le terre incolte e, non potendo dissodarle per mancanza di mezzi, erano costretti a venderle. Finivano così con l’essere assorbite dalle grandi aziende agricole. Le terre che i Romani conquistavano o confiscavano alle città sconfitte entravano a far parte dell’ager publicus, “terre di proprietà dello Stato”, ma la maggior parte di esse cadeva sotto il controllo dei grandi proprietari terrieri. L’espansionismo romano determinò la nascita di una nuova classe sociale: i cavalieri, così detti perché, avendo i mezzi per comprarsi un cavallo e un’armatura, partecipavano alla guerra militando nella cavalleria. Roma affidava ai cavalieri l’amministrazione delle province, da cui si traevano redditi altissimi. In conclusione, si può dire che la grande espansione romana in Italia e lungo le coste del Mediterraneo trasformò la repubblica romana in una repubblica oligarchica, dominata da due classi: quella dei senatori e quella dei cavalieri, le cui ricchezze aumentarono enormemente. La plebe, invece, sia contadina che cittadina, si era impoverita per l’utilizzazione della manodopera schiavista in tutti i settori. La situazione era drammatica per i contadini italici e romani che, rimasti senza terra e senza lavoro, a migliaia abbandonavano la campagna insieme alle loro famiglie e si recavano a Roma nella speranza di trovare lavoro. A volte venivano impiegati nella costruzione di grandi edifici pubblici realizzati con le ricchezze che arrivavano a Roma dalle province, ma di solito non potevano fare altro che vivere di espedienti. Gli Italici, inoltre, cominciarono a ribellarsi alla supremazia di Roma, perché avevano preso parte a tutte le guerre combattute da Roma, ma erano esclusi quasi del tutto dalla spartizione delle terre confiscate ai vinti e non godevano degli stessi diritti dei cittadini romani. 7 . I GR A CCH I E LA R I FO R M A A GR A R IA I fratelli Tiberio e Caio Gracco tentarono di fare delle leggi a favore dei contadini. Eletto tribuno della plebe, nel 133 a.C., Tiberio fece approvare una legge di riforma agraria, secondo la quale nessuno poteva possedere più di 1000 iugeri (circa 250 ettari) dell’ager publicus; il resto doveva essere diviso in piccoli lotti e distribuito alle famiglie contadine povere. Tiberio e Caio Gracco. 93 unità 4 prestoria:Layout 1 UNITÀ 4 29/07/2009 16.35 Pagina 94 ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO COR N EL IA MADRE DEI GRA CCHI Cornelia, figlia di Scipione l’Africano, moglie di Tiberio Sempronio Gracco e madre dei tribuni Tiberio e Caio Gracco, fu una donna molto colta e di animo forte. Si racconta che, rimasta vedova giovanissima, avesse rifiutato di sposare il re d'Egitto, Tolomeo Fiscone, per dedicarsi completamente all'educazione dei figli. Si narra che Cornelia ad una matrona che le ostentava collane e gioielli, dopo aver ascoltato a lungo in silenzio, esclamò mostrando i suoi due figli: "Ecco i miei gioielli". Secondo alcune ricerche storiche, la vicenda invece non terminò lì. La matrona, offesa, il giorno dopo, tornata da Cornelia, le esibì i suoi tre figli. Cornelia, fiera nobildonna romana, non poteva tollerare di soccombere alla superiorità dell'altra e, fattasi prestare i due figli di una sua schiava, sbattè sul tavolo ben quattro bambini. A ciò la matrona reagì mostrando il giorno dopo cinque pargoli. E la “sfida” continuò a lungo coinvolgendo nello scontro gli infanti di due interi quartieri di Roma. La legge colpiva gli interessi dei senatori, molti dei quali si erano arricchiti impossessandosi di terreni dell’ager publicus, che ora dovevano restituire; perciò essi cercarono di opporsi in tutti i modi all’applicazione della legge. Gravissimi tumulti scoppiarono a Roma perché Tiberio intendeva presentare per la seconda volta la sua candidatuTiberio e Caio Gracco bambini, ritratti con la ra a tribuno della plebe, in violazione della norma che lo vieloro madre Cornelia. tava. I senatori lo accusarono di aspirare a imporre il suo potere personale. Tiberio e molti suoi seguaci furono uccisi durante una sommossa. La riforma agraria da lui voluta, però, fu applicata in molte regioni italiche. Qualche anno dopo la morte di Tiberio, nel 123 a.C., fu eletto tribuno della plebe suo fratello Caio Gracco. Egli fece in modo che fosse pienamente applicata la riforma agraria voluta dal fratello, ottenne che ogni mese fosse distribuita alla plebe romana una certa quantità di grano a prezzi più bassi di quelli di mercato e sostenne la fondazione di nuove colonie per distribuire terre ai disoccupati. Per Nessuno ottenere l’appoggio dei cavalieri propose che essi facessero parte delle giurie dei vuole mai rinuciare tribunali che giudicavano l’operato dei governatori delle province. Infine, proai propri privilegi... pose che fosse estesa a tutti gli Italici la cittadinanza romana. Quest’ultima proposta, però, provocò la reazione della plebe romana, timorosa di perdere i suoi privilegi; di ciò approfittarono i ricchi proprietari terrieri per abbattere il potere di Caio Gracco. Egli, rimasto con pochi seguaci, si rifugiò sull’Aventino per cercare di organizzare una difesa, poi, però, visto inutile il tentativo, si fece uccidere da uno schiavo. 94 unità 4 prestoria:Layout 1 CAPITOLO 29/07/2009 16.35 Pagina 95 3 - ROMA ALLA CONQUISTA DEL MEDITERRANEO ESERCIZI 1. Rispondi alle seguenti domande: a - A chi erano favorevoli le leggi volute da Tiberio e Caio Gracco? b - A quanto equivalevano 1000 iugeri? c - Quando fu eletto tribuno della plebe Caio Gracco? d - Perché Caio Gracco sostenne la fondazione di nuove colonie? e - Da chi fu abbattuto il potere di Caio Gracco? 2. Indica con una crocetta la conclusione corretta delle seguenti frasi: a - Ad alcune città sottomesse i Romani lasciarono l’autonomia amministrativa e le proprie leggi. distrussero le mura. b - Alcune città, dette municipi, ottennero dai Romani la cittadinanza romana. di diventare alleate di Roma. c - I territori conquistati dai Romani fuori d’Italia furono divisi in province e governate da consoli. da magistrati detti proconsoli. d - Nei territori conquistati i Romani fondarono soprattutto colonie. Città. e - La maggior parte dell’ager pubblicus fu distribuito alla plebe romana. cadde nelle mani dei grandi proprietari terrieri. f - Roma affidava ai cavalieri l’amministrazione delle province. dell’esercito. g - Dopo la conquista della Grecia, l’influenza della civiltà greca su quella romana aumentò. diminuì. 95 unità 4 prestoria:Layout 1 UNITÀ 4 29/07/2009 16.35 Pagina 96 ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO Ti racconteremo: - LE RIVENDICAZIONI E I SUCCESSI DEGLI ITALICI; - LO SCONTRO TRA MARIO E SILLA; - LA CONQUISTA DELLA GALLIA; - L’AFFERMAZIONE DI OTTAVIANO. 4 LA CRISI DELLA REPUBBLICA CAPITOLO 1. C AI O MA RI O E LA RI F OR MA DEL L’ ESE RCI T O A Roma, durante il consolato dei fratelli Gracchi, si erano formati due schieramenti politici: quello degli aristocratici e quello dei democratici o popolari. Il primo comprendeva i senatori e i ricchi proprietari terrieri preoccupati di difendere i propri interessi, il secondo univa uomini di varia estrazione sociale che appoggiavano le rivendicazioni della plebe romana e dei contadini. C’erano, inoltre, i cavalieri che stavano accumulando grandi ricchezze e aspiravano al governo dello Stato. La sconfitta dei Gracchi sembrò segnare la fine del partito popolare, che però si riprese alcuni anni dopo, quando ne assunse la direzione Caio Mario eletto console nel 107 a.C.. Egli era un “uomo nuovo”, cioè un personaggio i cui antenati non avevano ricoperto cariche pubbliche. Mario ottenne il comando dell’esercito che combatteva in Africa contro Giugurta, re della Numidia, il quale aveva spodestato gli eredi di Massinissa, fedeli alleati di Roma, e in pochissimo tempo lo sconfisse e lo condusse in catene a Roma. Poco dopo guidò due spedizioni contro i Cimbri e i Teutoni, infliggendo loro gravissime sconfitte. Acquistò così un grande prestigio che gli consentì di essere eletto console ripetutamente. Senza dubbio, contribuì alle sue vittorie la riforma da lui introdotta nell’esercito. Fino ad allora i soldati venivano reclutati, essenzialmente, fra i piccoli proprietari terrieri, il cui numero, però, risultava ormai insufficiente, data l’estensione dei confini e le continue guerre. Mario, allora, aprì l’arruolamento alla grande massa dei proletari e dei disoccupati, romani e italici, i quali, attratti dal soldo (cioè dalla paga, da qui il termine soldato), si arruolavano volentieri, divenendo soldati di mestiere. Alla fine della lunga permanenza sotto le armi il comandante dell’esercito otteneva delle terre e una parte del bottino da distribuire ai suoi soldati. Pertanto, il rapporto fra i generali e le truppe divenne particolarmente stretto. Le vittorie erano vantaggiose per tutti, perché quanto più il comandante dell’esercito diveniva potente, tante più concessioni poteva ottenere per i suoi soldati. Busto di Caio Mario. 2. LA RIBELL ION E DEGL I IT AL IC I 96 La riforma dell’esercito indusse gli Italici, il cui contributo era determinante, a chiedere con maggiore insistenza la cittadinanza romana. Questo avrebbe consentito loro di ottenere parte dei tributi che provenivano dalle province, di partecipare agli appalti di opere pubbliche, di contribuire all’equipaggiamento del- unità 4 prestoria:Layout 1 12/09/2009 19.30 Pagina 97 CAPITOLO 4 - LA CRISI DELLA REPUBBLICA Busto di Lucio Cornelio Silla. l’esercito con i notevoli redditi che ne derivavano e di usufruire della distribuzione di terre dell’ager publicus. Il Senato romano si oppose alla richiesta e gli Italici si ribellarono. Lo scontro, che fu durissimo, durò dal 91 all’89 a.C., Roma subì diverse sconfitte e gli Italici arrivarono a costituire un nuovo Stato che chiamarono “Italia”. Alla fine si giunse alla pace, grazie alle vittorie dell’esercito romano guidato da Lucio Cornelio Silla e grazie soprattutto alla concessione della cittadinanza romana alle città che erano rimaste fedeli a Roma e a quelle che avevano deposto le armi. 3. IL CONT R AST O T RA MARIO E SILL A Durante la guerra contro gli Italici emersero le qualità militari di Lucio Cornelio Silla che, a differenza di Mario, era di nobile famiglia, motivo per cui il Senato pensò di metterlo a capo del partito aristocratico. A lui fu affidato il comando dell’esercito inviato contro Mitridate, re del Ponto, il quale aveva sollevato i popoli orientali contro Roma. Silla era in Campania con il suo esercito, pronto a imbarcarsi per l’Oriente, quando ricevette la notizia che a Roma Mario stava tentando di fargli revocare il comando. Egli allora ritornò a Roma a capo delle sue legioni e alle porte della città sbaragliò l’esercito di Mario, il quale fu costretto a rifugiarsi in Africa. Dopo la partenza di Silla per l’Oriente, Mario rientrò a Roma, dove perseguitò spietatamente gli aristocratici, ma pochi mesi dopo morì. In Oriente Silla sconfisse ripetutamente Mitridate, poi, preoccupato per le notizie che gli arrivavano da Roma, preferì concludere la guerra con una pace conveniente per il re, che si vide restituito intatto il regno, e rientrò in Italia. Nell’83 a.C. sbarcò a Brindisi, dove fu accolto trionfalmente. Giunto a Roma, cominciò a vendicarsi duramente contro i seguaci di Mario, facendo affiggere nei luoghi pubblici le cosiddette liste di proscrizione, elenchi di uomini condannati a morte perché accusati di essere nemici della repubblica, in realtà rivali politici di Silla. L’ordine era che chiunque, incontrandoli, poteva ucciderli, mentre i loro beni sarebbero stati messi all’asta e venduti a prezzi bassissimi. Quindi Silla, fattosi nominare dittatore con pieni poteri, attuò una serie di riforme: favorì la formazione di piccole proprietà contadine; raddoppiò il numero dei senatori, portandolo da 300 a 600 per rafforzare il partito aristocratico; limitò il potere dei tribuni della plebe e stabilì che i consoli potevano comandare l’esercito nelle province, ma non in Italia, a sud cioè dei fiumi Magra e Rubicone, dove i magistrati potevano esercitare solo i poteri civili. Dopo aver restaurato la repubblica aristocratica, Silla si ritirò a vita privata e poco dopo morì. 4 . GNEO POMPEO Nel 76 a.C., alla morte di Silla, Gneo Pompeo, che era stato uno dei suoi più validi generali, fu eletto pretore e inviato in Spagna a capo di un esercito per domare una rivolta guidata da Quinto Sertorio, governatore delle province spagnole. In quattro anni Pompeo riportò la Spagna sotto il dominio di Roma. Nel frattempo l’Italia era sconvolta dalla drammatica rivolta degli schiavi guidata da Spartaco, un trace di notevole capacità organizzativa. La ribellione scoppiò nella scuola Un denario che raffigura Gneo Pompeo. 97 unità 4 prestoria:Layout 1 UNITÀ 4 29/07/2009 16.35 Pagina 98 ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO Uno scontro tra gladiatori. di gladiatori di Capua con l’intento di riportare nella terra d’origine tutti gli schiavi. Dopo aver inflitto diverse sconfitte ai Romani, l’esercito di Spartaco fu intercettato da quello romano guidato da Marco Licinio Crasso e annientato. Spartaco morì in battaglia e gli schiavi catturati furono crocifissi lungo la via Appia. Intanto Pompeo, rientrato in Italia, fu eletto console insieme a Crasso ed ebbe l’incaricato della guerra contro i pirati, i quali approfittando dei numerosi impegni militari cui Roma aveva dovuto far fronte, partendo dalle loro basi in Cilicia (Asia Minore), spadroneggiavano nel Mar Egeo e nell’Adriatico, attaccando i convogli di navi e saccheggiando le coste delle province romane. Pompeo iniziò l’offensiva contro di loro a capo di una flotta di 500 navi e con 120.000 legionari. In meno di due mesi annientò i pirati e distrusse le loro basi. Subito dopo gli fu affidato l’incarico della guerra contro Mitridate, re del Ponto, che aveva ripreso le armi contro Roma. Ancora una volta Pompeo seppe agire con abilità e rapidità: sconfisse Mitridate e trasformò il suo regno in provincia romana. Poi si impadronì della Siria, che divenne anch’essa una provincia romana, e occupò Gerusalemme e la Palestina. Mentre Pompeo era impegnato contro Mitridate, a Roma il patrizio Lucio Sergio Catilina ordiva una congiura per impadronirsi del potere. Il colpo di Stato architettato da Catilina prevedeva l’uccisione dei consoli e la conquista del potere con un esercito cui dovevano partecipare anche i gladiatori. Ma il console Marco Tullio Cicerone, grande oratore e uomo di cultura, scoprì il piano e denunciò in Senato Catilina, il quale fuggì da Roma e si rifugiò presso il suo esercito in Etruria, ma fu sconfitto e ucciso nella battaglia che si svolse nel 62 a.C. presso Pistoia. Nello stesso anno Pompeo, ricchissimo di gloria e di bottino, rientrò in Italia, sciolse l’esercito e chiese al Senato una grande distribuzione di terre ai suoi veterani. Tutti pensavano che la sua richiesta sarebbe stata accolta, ma il Senato diffidava moltissimo dei generali vittoriosi, che potevano contare sulla fedeltà dei loro soldati e sull’ammirazione della plebe, perciò respinse la richiesta di Pompeo. 5. IL PRIMO TRIUNVIRATO: POMPEO-CESARE-CRASSO Pompeo, deluso perché il Senato aveva respinto la richiesta di distribuire terre ai suoi legionari, si alleò con Crasso e con Caio Giulio Cesare, della nobile gens Giulia, uomo che durante il servizio militare in Asia Minore aveva dato prova di ottime qualità strategiche. Essi fecero un accordo a tre detto triumvirato, attraverso cui intendevano sostituirsi al Senato. Nel 59 a.C. Cesare, divenuto console, fece distribuire molte terre ai veterani di Pompeo, mentre per sé pretese il comando di un esercito con l’intento di sottomettere la Gallia, perché si era reso conto che ormai le battaglie politiche si potevano vincere solo con conquiste militari. Nel 58 a.C. partì per la Gallia che era abitata dai Celti o Galli, un popolo diviso in numerose tribù, spesso in lotta fra loro. Ogni tribù era dominata dai guerrieri e dai druidi, sacerdoti che avevano anche funzioni giudiziarie e politiche. In otto anni conquistò tutta la Gallia, compreso l’attuale Belgio, 98 Cesare (sulla sinistra) e Pompeo Magno (sulla destra), ritratti dall'artista Taddeo di Bartolo, affresco, 1414, Siena. unità 4 prestoria:Layout 1 29/07/2009 16.35 Pagina 99 CAPITOLO 4 - LA CRISI DELLA REPUBBLICA Statua che rappresenta Giulio Cesare. fino al canale della Manica e ne fece una provincia romana. In Gallia furono costruite città ricche di monumenti e fornite di strade e acquedotti. I Galli pagarono tutto ciò con migliaia di vite umane, circa un milione di prigionieri ridotti in schiavitù e la perdita della libertà e della propria identità culturale, perché dovettero adottare la lingua, gli usi e i costumi romani. La conquista della Gallia procurò a Cesare l’appoggio dell’esercito, della plebe e dei cavalieri, interessati ai commerci; ma suscitò anche l’invidia di Pompeo e la diffidenza del Senato. Lo stesso triunvirato si era sciolto perché Crasso era morto combattendo contro i Parti e a Roma era ripresa la lotta politica: bande armate si scontravano nella città con una tale violenza da arrivare a incendiare perfino la sede del Senato. I senatori, allora, si affidarono a Pompeo che fu nominato unico console. Frattanto, mentre Cesare nel 49 a.C. rientrava a Roma dalla Gallia, ricevette l’ordine dal Senato di sciogliere l’esercito. Arrivato al Rubicone, che segnava il confine fra le province e l’Italia e che la legge vietava di passare in armi, Cesare si fermò e pensò un’intera notte sul da farsi. All’alba pronunciò la famosa frase: alea iacta est, “il dado è tratto”, ossia la decisione è presa, e alla testa delle sue legioni attraversò il fiume e marciò su Roma. Pompeo fuggì nella penisola balcanica, mentre l’Italia e Roma cadevano nelle mani di Cesare. Alla fine del 49 a.C. Cesare passò in Grecia per affrontare Pompeo, che nel frattempo aveva arruolato un esercito. La battaglia decisiva avvenne nel 48 a.C. a Farsalo, nella Tessaglia. Pompeo fu sconfitto e riuscì a stento a sfuggire alla cattura riparando in Egitto, dove il giovane faraone Tolomeo XIV lo fece uccidere pensando di compiacere il vincitore. Cesare, arrivato in Egitto, decise di punire il faraone per l’assassinio di Pompeo, cacciandolo dal trono e mettendo al suo posto la sorella Cleopatra. Cleopatra in un ritratto di Michelangelo. 6 . L A D IT T A T U R A E L A MO R T E D I CE SA R E Dopo avere sconfitto i figli di Pompeo in Africa e in Spagna, Cesare rientrò a Roma, dove ottenne il titolo di imperator, “generale vittorioso”, ossia comandante supremo di tutte le forze militari romane, inoltre si fece nominare dittatore, prima per un decennio, poi a vita. Egli prese nelle sue mani i poteri militari e civili, ma non ne abusò; seppe, infatti, essere clemente con i suoi avversari politici. A Roma ristabilì l’ordine e la sicurezza, quindi ridusse i debiti dei contadini poveri e assegnò molte terre ai suoi veterani e a quelli di Pompeo, fondò colonie e realizzò grandi opere pubbliche. Per far entrare in Senato molti suoi sostenitori, aumentò il numero dei senatori da 600 a 900. Giulio Cesare sul carro trionfale, ad opera di Andrea Mantegna. 99 unità 4 prestoria:Layout 1 UNITÀ 4 29/07/2009 16.35 Pagina 100 ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO La morte di Giulio Cesare. Con questa politica Cesare creò un vasto consenso intorno al suo governo, ma non riuscì a conquistare la vecchia oligarchia senatoria, la quale si era vista sottrarre il potere. Un piccolo gruppo di moderati, fedeli alle istituzioni repubblicane, si assunse il compito di eliminare il tiranno. Guidata da Bruto e Cassio, la congiura scattò il 15 marzo del 44 a.C. (idi di marzo): mentre entrava in Senato, Cesare fu colpito a pugnalate dai congiurati e cadde esanime sotto la statua di Pompeo, il suo grande antagonista. 7. IL S E CO NDO T R I U MV IR AT O : A N T O NI O - O T T A VI A NO LEPI DO Con la morte di Cesare i congiurati speravano di ripristinare la supremazia del Senato, ma si sbagliavano. Dopo alterne vicende il comando fu assunto da un triumvirato costituito da Marco Antonio, amico di Cesare, Marco Emilio Lepido, che era stato suo generale, e da Caio Ottaviano, pronipote e figlio adottivo di Cesare, che come suo erede aveva assunto il nome di Caio Giulio Cesare Ottaviano. I triumviri vendicarono l’assassinio di Cesare condannando a morte centinaia di senatori e migliaia di cavalieri. Anche il grande oratore Marco Tullio Cicerone, avversario di Antonio, fu ucciso. Subito dopo, nel 42 a.C., Antonio e Ottaviano si misero a capo di un esercito e sbarcarono in Grecia, dove Bruto e Cassio avevano arruolato truppe. Lo scontro avvenne a Filippi, in Macedonia: Bruto e Cassio furono sconfitti e uccisi. Dopo la battaglia di Filippi, i triumviri si divisero il potere: Ottaviano ottenne il governo dell’Italia e delle province occidentali, Antonio quelBusto di Cicerone. lo delle province orientali e Lepido l’Africa. Qualche anno dopo, mentre Lepido rinunciava al governo dell’Africa e assumeva la funzione di pontefice massimo, cioè capo dei sacerdoti che vigilavano sui culti reliER O D A L L A RE PU B B L I C A AL L ’I M P giosi, fra Antonio e Ottaviano incominciava a nascere una probfonda rivalità, perché ognuno mirava a eliminare l’altro. repu a dall gio Ottaviano attuò il passag sò pas re pote In Oriente Antonio sposò la regina d’Egitto Cleopatra, quindi il blica all’impero, per cui lle que a ri libe insieme progettarono la costituzione di un grande regno con dalle mani dei cittadini sto capitale Alessandria, che essi avrebbero governato come uno dell’imperatore. Le ragioni di que fatto passaggio sono da ricercare nel Stato indipendente da Roma. Ottaviano accusò Antonio di del lungo co stan ai orm era ano rom olo voler separare l’Oriente da Roma e convinse il Senato a dichiache il pop guerre civili che periodo di tensioni, di violenze e di rare guerra all’Egitto. odo repubblicaavevano caratterizzato l’ultimo peri Lo scontro decisivo fra Ottaviano e Antonio, alleato di persona autorevono. Molti pensavano che solo una Cleopatra, si svolse nelle acque di Azio, presso la Macedonia, lla pace e serele avrebbe potuto farsi garante di que dove Ottaviano, a capo della flotta romana, riportò una granrone pad nuto Dive nità invocate ormai da ogni parte. ciprin un e de vittoria. Antonio e Cleopatra ritornarono ad Alessandria, com e di Roma, Ottaviano poté governar egli ; nale uzio istit ma l’anno dopo, alla notizia dell’arrivo delle legioni di pe, ma non sconvolse l’assetto tà del tori l’au se ives ravv sop Ottaviano, si suicidarono. L’Egitto divenne così possesso di che tti, lasciò, infa egnò per imp si Egli a. form a nell solo Ottaviano. Il 29 a.C. Ottaviano rientrò in Italia: a soli 32 anni pure Senato, sia hé solo così perc o, Stat do soli ere rend e are egli era ormai l’unico, incontrastato dominatore di tutti i terorganizz periodo di pace. avrebbe potuto godere di un lungo ritori dell’Impero romano. 100 unità 4 prestoria:Layout 1 29/07/2009 16.35 Pagina 101 CAPITOLO 4 - LA CRISI DELLA REPUBBLICA ESERCIZI 1. Indica con una crocetta se le seguenti affermazioni sono vere (V) o false (F): a - Durante il tribunato dei fratelli Gracchi a Roma c’era un solo schieramento politico. b - La sconfitta dei Gracchi sembrò segnare la fine del partito popolare. c - Caio Mario assunse la direzione del partito aristocratico. d - Giugurta era re della Numidia. e - Il termine soldato deriva da soldo. f - Gli Italici chiedevano con insistenza la cittadinanza romana. g - L’esercito romano guidato da Lucio Cornelio Silla fu sconfitto dagli Italici. V F 2. Nella seguente tabella inserisci in corrispondenza di ogni personaggio le informazioni principali che lo riguardano: PERSONAGGIO INFORMAZIONI Silla Pompeo Mario Cesare 101 unità 4 prestoria:Layout 1 UNITÀ 4 29/07/2009 16.35 Pagina 102 ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO Ti racconteremo: - - DELL’ETÀ IMPERIALE; DELLA SUCCESSIONE ALLA MORTE DI AUGUSTO. 5 AUGUSTO E I SUOI SUCCESSORI CAPITOLO 1. LA POLIT ICA DI AUGUST O Durante il lungo governo di Augusto, durato fino al 14*, nessuno osò mettere in discussione il suo potere e il suo operato. D’altronde, la stabilità politica e la pace erano il frutto della sua azione saggia e accorta. Infatti, non ci furono guerre di espansione territoriale, ma solo quelle necessarie per salvaguardare i confini dell’Impero. Per questo l’età augustea è considerata uno dei periodi più felici della storia romana e non a caso si parla di pax augustea. Augusto affidò al Senato l’amministrazione delle province più tranquille (province senatorie) e riservò a sé quelle situate alle frontiere (province imperiali), dove erano concentrate le truppe addette alla difesa. In tal modo, mentre governava mediante uomini di sua fiducia quelle regioni, teneva anche sotto controllo la macchina militare romana. Egli creò nuovi magistrati, come il prefetto urbano, incaricato di mantenere l’ordine pubblico, il prefetto dell’annona, addetto al rifornimento di grano all’Italia, il prefetto del pretorio, a capo dei pretoriani, corpo di truppe scelte costituito da 9000 uomini che dovevano attendere alla difesa dell’imperatore. Augusto accentuò il carattere professionale dell’esercito, di cui poteva entrare a far parte solo chi aveva la cittadinanza romana. Ogni soldato prestava servizio per 20 anni, alla fine dei quali otteneva una somma di denaro o un pezzo di terra da Testa di bronzo di Augusto. coltivare. Le terre assegnate ai soldati si trovavano generalmente nelle province ai confini dell’Impero, perciò i cittadini italici o romani, andando ad abitare in quelle terre, contribuivano a rendere più stretti i legami fra Roma e l’Impero. Anche la flotta militare fu rafforzata e dislocata a Ravenna nell’Adriatico, a Capo Miseno nel Tirreno e sui fiumi Danubio e Reno, punti strategici dell’Impero. Essa aveva il compito di tenere il mare libero dai pirati, proteggere il commercio e spostare le truppe dove fosse necessario. Augusto istituì anche il fisco, dal latino fiscus, “canestro”; si trattava del tesoro dell’imperatore, alimentato dalle imposte. 102 * Le date non seguite dalla sigla a.C. si intendono d.C. (dopo Cristo). Statua di Augusto. unità 4 prestoria:Layout 1 29/07/2009 16.35 Pagina 103 CAPITOLO 5 - AUGUSTO E I SUOI SUCCESSORI Augusto attuò una riforma monetaria tra il 23 e il 20 a.C. allo scopo di risolvere il disordine nella produzione monetaria di Roma. Le nuove monete avevano in comune la costante raffigurazione dell’Imperatore. A Oriente raggiunse un accordo con i Parti, fissando con loro il confine sull’Eufrate. A Occidente consolidò il dominio romano in Spagna, nella Gallia e nella zona alpina. Non riuscì il tentativo di sottomettere la Germania per dare maggiore sicurezza ai territori settentrionali dell’Impero. Le legioni romane comandate dal console Quintilio Varo caddero in un’imboscata dei Germani e furono massacrate presso Teutoburgo, l’anno 9. Perciò Augusto stabilì il confine dell’Impero lungo la linea dei fiumi Reno e Danubio. 2 . L A RINASC IT A CU LT URALE Virgilio con l'Eneide tra le muse Clio e Melpomene. Augusto dedicò una particolare cura a convincere i popoli dell’Impero che essi facevano parte di una civiltà superiore, frutto di un progetto divino, in cui erano confluite le conquiste delle civiltà precedenti, soprattutto quella greca. Per diffondere questa idea e celebrare gli splendori di Roma, egli si circondò dei più grandi poeti e scrittori del suo tempo, tra i quali ricordiamo Virgilio, Orazio e Livio. Virgilio cantò nelle Bucoliche e nelle Georgiche un ideale di vita campestre, serena e pacifica, mentre con l’Eneide celebrò le origini leggendarie di Roma attraverso le vicissitudini di Enea, dalla distruzione di Troia fino al suo arrivo nel Lazio. Orazio cantò la vita quotidiana, esaltò la figura di Augusto e la grandezza di Roma pacificata. Tito Livio fu autore di una grande storia di Roma, che in gran parte, purtroppo, è andata perduta. Augusto dette anche un notevole impulso all’abbellimento di Roma, tanto che poté vantarsi di aver trovato una città di mattoni e di averla trasformata in una città di marmo. Durante l’età di Augusto sorsero molti archi di trionfo in suo onore, allo scopo di celebrare e ricordare le sue vittorie; ricordiamo, tra tutti, quello di Rimini, in cui viene magnificata la grandezza e l’equilibrio della personalità e della politica dell’imperatore. A tutte le forme dell’arte, ma in particolare alla scultura, Augusto chiese che attraverso le statue che lo rappresentavano si divulgasse l’idea che egli governava non con la forza, ma con l’autorità morale e la saggezza. Ricostruzione dell’Ara Pacis a Roma. 103 unità 4 prestoria:Layout 1 UNITÀ 4 29/07/2009 16.35 Pagina 104 ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO 3. L’ORGANIZZAZIONE NELL’ETÀ IMPERIALE DELLA SOCIET À ROMANA I senatori continuarono a essere privilegiati, ma la classe che Augusto favorì fu quella dei cavalieri; essi, infatti, ottennero molte cariche pubbliche, alti gradi nell’esercito e alcuni di loro furono nominati governatori delle province. Inoltre, erano soprattutto i cavalieri a occuparsi del commercio e dell’attività bancaria. Si può dire che in molte città dell’Impero la vita amministrativa, sociale ed economica era nelle loro mani. Nei primi secoli dell’Impero si formò anche un ceto medio abbastanza numeroso, costituito da commercianti, artigiani, agricoltori benestanti, funzionari dello Stato e ufficiali dell’esercito. Per tenere tranquilla la plebe romana che contava circa 200.000 persone, Augusto ordinava, di tanto in tanto, la distribuzione di grano e denaro, organizzava giochi e spettacoli pubblici gratuiti. Le condizioni degli schiavi migliorarono sensibilmente. Il loro numero diminuì molto, sia per la fine delle guerre e della pirateria, i cui prigionieri erano ridotti in schiavitù, sia perché Non era raro che molti furono liberati, divenendo così liberti, cioè ex schiavi. Inoltre, se uno schiagli schiavi venissero liberati! vo dimostrava capacità e intelligenza, spesso il suo padrone lo avviava a un mestiere o a una professione; non era quindi raro il caso di uno schiavo che gestiva una bottega, produceva e vendeva oggetti, faceva il medico o il maestro; il reddito che ne ricavava andava al padrone, che però gliene lasciava una parte. Molti schiavi divennero tanto ricchi da comprarsi la libertà, versando al loro padrone una considerevole somma. Anche le leggi divennero più miti nei confronti degli schiavi, i padroni infatti persero il diritto di vita e di morte su loro. 4. GLI I M PE R AT O R I DE L LA DI NA ST IA G IU LI O - CLA U DI A Durante gli ultimi anni della vita Augusto si pose il problema della successione. Egli intendeva scegliere una persona in grado di governare un grande organismo politico quale era l’Impero romano, ma tale scelta non doveva avvenire in modo ufficiale, perché nella forma egli aveva conservato le istituzioni repubblicane. Non avendo figli maschi decise di adottare Tiberio, il figlio che sua moglie Livia aveva avuto dal primo marito. Tiberio faceva parte della gens Claudia, ma essendo stato adottato dall’imperatore, entrò a far parte anche della gens Giulia, alla quale apparteneva Augusto. Succeduto ad Augusto, Tiberio seguì l’esempio del suo illustre predecessore, rispettò il Senato, sostituì i governatori incapaci e disonesti delle province e cercò di non imporre tributi troppo gravosi ai sudditi. Negli ultimi anni della sua vita si ritirò nella splendida villa di Capri, dove morì nel 37. Successore di Tiberio fu Gaio, soprannominato Caligola per le scarpe militari (caligulae) che amava indossare. Egli pretese di essere adorato come un dio, a imitazione dei sovrani delle dinastie ellenistiche. Ben presto dette segni di squilibrio mentale, commettendo varie stravaganze, finché non fu ucciso. A Caligola succedette lo zio Claudio, uomo mite e saggio, che fece costruire un grande porto a Ostia e 104 Tiberio aveva 56 anni quando fu chiamato al potere. Caligola venne ucciso a 29 anni in una congiura di Palazzo. unità 4 prestoria:Layout 1 12/09/2009 19.31 Pagina 105 CAPITOLO 5 - AUGUSTO E I SUOI SUCCESSORI Proclamazione di Claudio imperatore; Claudio fu trovato nascosto dietro una tenda dai pretoriani, che lo nominarono imperatore. La Dumus Aurea fu costruita da Nerone dopo l’incendio che devastò Roma nel 64. riprese la conquista della Britannia. Morì nel 54 probabilmente fatto avvelenare dalla moglie Agrippina, per favorire la successione al trono del figlio Nerone, avuto da un precedente matrimonio. Quando Nerone divenne imperatore aveva appena 17 anni e, guidato dalla madre e dal filosofo Seneca, governò con saggezza ed equilibrio. Poi cambiò comportamento, divenendo estremamente dispotico: fece uccidere persino il fratellastro, la madre e la moglie Poppea. A Nerone è stato attribuito l’incendio di Roma che provocò la morte di migliaia di persone. Egli ne accusò i cristiani, che perseguitò condannando a morte tanti innocenti, fra i quali gli apostoli Pietro e Paolo. Questa fu la prima persecuzione contro i cristiani. I crimini di Nerone provocarono nel 68 una rivolta contro di lui che, abbandonato da tutti, si fece uccidere da uno schiavo. Il busto di Nerone, il cui regno durò 14 anni. 5. L A DINASTIA FLAVIA Alla morte di Nerone emerse la forza delle legioni che divennero arbitre dell’elezione dell’imperatore. Nel 69 acclamarono imperatore Tito Flavio Vespasiano, comandante delle legioni d’Oriente, con il quale iniziò la dinastia Flavia. Vespasiano risanò le finanze dello Stato, impoverite dai suoi predecessori, e ristabilì l’ordine all’interno dell’Impero, soffocando una serie di rivolte in Gallia. Represse anche la grande insurrezione della Giudea, dove inviò un esercito al comando del figlio Tito, il quale nel 70 conquistò e distrusse Gerusalemme; cominciò allora la diaspora, ossia la dispersione degli ebrei fuori dalla Palestina. Alla morte di Vespasiano, nel 79, gli succedette il figlio Tito, l’imperatore chiamato dai Romani “delizia del genere umano”. In quello stesso anno si verificò la terribile eruzione del Vesuvio, che distrusse le città di Pompei e di Ercolano. Sesterzio di Vespasiano, coniato nel 71 per celebrare la vittoria nella prima guerra giudaica; il rovescio della moneta reca la scritta IVDAEA CAPTA, "Giudea conquistata".. 105 unità 4 prestoria:Layout 1 UNITÀ 4 29/07/2009 16.35 Pagina 106 ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO Il Colosseo, chiamato dagli antichi romani “Anphitheatrum Flavlum”, fu costruito da Vespasiano nel 72 e inaugurato da suo figlio Tito nell’80. 6. T RA I AN O P RIMO I MP ERAT ORE P ROVI CI A LE Il primo imperatore di origine provinciale fu lo spagnolo Ulpio Traiano (98-117). Egli fu un saggio amministratore e un grande generale, tanto che il Senato gli conferì il titolo di “ottimo principe”. Traiano conquistò la Dacia, l’attuale Romania, che divenne provincia romana, e altri territori; l’Impero raggiunse così la sua massima espansione. Realizzò un vasto programma di opere pubbliche: prolungò la via Appia da Benevento a Brindisi, fece costruire la colonna Traiana, per celebrare le sue vittorie contro i Daci. Nel 117, alla sua morte, gli successe Adriano, a cui si deve la costruzione di una lunga muraglia, il 106 L’Impero romano alla morte di Augusto e alla morte di Traiano. unità 4 prestoria:Layout 1 12/09/2009 19.33 Pagina 107 CAPITOLO 5 - AUGUSTO E I SUOI SUCCESSORI Il Vallo di Adriano originariamente si estendeva per 117 km. Vallo di Adriano, per proteggere la Britannia dalle popolazioni della Scozia. Adriano, grande amante della cultura, ci ha lasciato Villa Adriana, a Tivoli, il Pantheon e il mausoleo, che l’imperatore fece costruire per sé a Roma e che nel Medioevo fu trasformato in fortezza (oggi Castel sant’Angelo). Uno degli imperatori più illustri e colti fu Marco Aurelio (161-180), il quale dovette intraprendere una serie di campagne militari contro i Parti in Oriente e i Germani sul Danubio. 7 . L ’A NA RC HI A MI LI T ARE E LA T ET RA RC HI A Gli anni che vanno dal 235 al 268 furono un periodo passato alla storia come “anarchia militare”, perché le varie armate dislocate nelle diverse zone dell’impero acclamavano come imperatore il proprio comandante, perciò, spesso, si arrivava alla guerra civile. Questi conflitti, oltre ai massacri, provocavano disordini, pestilenze e carestie, che decimavano la popolazione. L’intervento dello Stato diminuì, le strade divennero insicure e difficili i rifornimenti alimentari delle città, le quali incominciarono a spopolarsi e ad avviarsi verso un’inevitabile decadenza. Tutto questo accadeva mentre i barbari, spinti da spostamenti di popoli provenienti dalle grandi pianure orientali, premevano sempre più minacciosamente lungo i confini dell’Impero. Prima furono i Franchi e gli Alamanni a forzare le frontiere arrivando fino in Gallia, poi fu la volta dei Goti che invasero la Dacia e funestarono i territori lungo i Balcani con le loro scorrerie. Di fronte alla grave crisi che colpiva l’Impero, molti imperatori cercarono di trovare una soluzione. Tra questi ricordiamo Diocleziano che, proclamato imperatore dalle sue legioni nel 284, per dare all’Impero maggiore autorità e prestigio, fece in modo che il suo massimo rappresentante, l’imperatore stesso, fosse considerato “figlio di Giove” e quindi dio egli stesso. Ai suoi stessi cortigiani egli appariva con una corona in testa e una veste purpurea fregiata d’oro. Tutti i membri della sua splendida corte dovevano stare in piedi in sua presenza. Diocleziano si rese conto che l’Impero, essendo una struttura molto complessa, doveva costantemente affrontare tali e tanti problemi, sia interni che esterni, da non poter essere governato da un solo imperatore e da una sola capitale. Perciò divise l’Impero in due parti, ognuna governata da un Augusto. Ogni Augusto sceglieva un Cesare, al quale affidava il governo di una parte del proprio territorio e che era destinato a succedergli alla sua morte. Questa forma di governo fu chiamata tetrarchia, cioè governo a quattro. L’Impero non perdeva la sua unità politica, in quanto ogni legge era valida su tutto il suo territorio, ma la sua amministrazione era più efficace e più facilmente difendibili i suoi confini. Diocleziano riservò a se stesso l’Oriente con capitale Nicomedia e affidò l’Occidente con capitale Milano al suo compagno d’armi Massimiano. La tetrarchia durò solo fino all’abdicazione di Diocleziano grazie alla sua forte personalità. In seguito proprio la tetrarchia portò alla scissione definitiva tra l’Impero d’Occidente e quello d’Oriente. La riforma di Diocleziano prevedeva, inoltre, la divisione del territorio dell’Impero in quattro prefetture, suddivise in dodici diocesi e queste in novantasei province. Tutte queste divisioni costituiranno la base della futura organizzazione della cristianità in Occidente. I primi tetrarchi: Diocleziano, Massimiano, Galerio e Costanzo. 107 unità 4 prestoria:Layout 1 UNITÀ 4 12/09/2009 20.01 Pagina 108 ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO Le invasioni barbariche che si verificarono nel III secolo . 8. L A R I O R G A N I Z Z A Z I O N E D E L L ’ E S E R C IT O E L’ERED IT A RI ET À D EI MES T I ERI Diocleziano cercò anche di contrastare la pressione delle popolazioni barbariche, rafforzando con fortificazioni i confini dell’Impero e aumentando il numero delle legioni che presidiavano le frontiere. Inoltre, organizzò un forte esercito di riserva da inviare nelle parti dell’Impero in cui si verificavano disordini o c’era il pericolo di invasioni. Per far fronte alla maggiore richiesta di soldati, istituì un nuovo sistema di leva che prevedeva per i proprietari terrieri l’obbligo di fornire delle reclute, oppure una somma di denaro che permettesse il reclutamento di soldati anche fra gli stessi barbari. Tutta l’opera di Diocleziano, dalla fortificazione dei confini al rafforzamento dell’esercito, dalla riorganizzazione amministrativa alla tetrarchia, fece aumentare il numero dei funzionari e quindi delle spese statali. Per farvi fronte e per realizzare una più equa giustizia fiscale, egli ordinò un censimento di tutti gli abitanti dell’Impero e delle loro ricchezze. Per risolvere il problema della scarsità della manodopera, soprattutto agricola, ma anche delle altre attività lavorative, egli emanò un decreto che obbligava ogni lavoratore a continuare a svolgere il proprio mestiere e i figli a fare lo stesso mestiere dei propri padri. Fu così che nelle campagne si creò la servitù della gleba (in latino gleba significa “terra”), ossia la obbligatorietà dei contadini e dei loro discendenti a restare legati alla terra che coltivavano. Dall’economia dell’Impero romano essa passerà a quella medievale. 108 unità 4 prestoria:Layout 1 29/07/2009 16.35 Pagina 109 CAPITOLO 5 - AUGUSTO E I SUOI SUCCESSORI ESERCIZI 1. Indica con una crocetta se le seguenti affermazioni sono vere (V) o false (F): a - Augusto non privilegiò né i cavalieri né i senatori. b - I cavalieri non si potevano occupare dell’attività bancaria. c - Nell’età imperiale il ceto medio era poco numeroso. d - Augusto ordinava, di tanto in tanto, la distribuzione di grano e di denaro alla plebe romana. e - Sotto il governo di Augusto migliorarono le condizioni degli schiavi. V F 2. Nella seguente tabella inserisci in corrispondenza di ogni personaggio le informazioni principali che lo riguardano: PERSONAGGIO INFORMAZIONI Tiberio Caligola Nerone Vespasiano Traiano Adriano Marco Aurelio 109 unità 4 prestoria:Layout 1 UNITÀ 4 - - - 29/07/2009 16.35 Pagina 110 ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO Ti racconteremo: DEL MESSAGGIO DI GESÙ; DELLE PERSECUZIONI CONTRO I CRISTIANI; DELL’IMPERATORE COSTANTINO. CAPITOLO 6 IL CRISTIANESIMO 1. LA NA SC I T A DEL CRI S TI A NES I MO In un’atmosfera di attesa, durante il governo di Augusto, a Betlemme in Palestina nel regno di Erode il Grande, nacque Gesù. Egli trascorse i suoi primi trent’anni di vita nel villaggio di Nazareth, lavorando come falegname, poi cominciò a predicare l’evangelo, cioè la buona novella, che ci è stata tramandata da alcuni suoi discepoli, detti perciò “evangelisti”: Matteo, Marco, Luca e Giovanni. Il messaggio di Gesù era molto rivoluzionario, esortava ad amare gli altri come se stessi, a essere umili e giusti; diceva che di fronte a Dio non c’era alcuna distinzione fra uomini, donne, signori e schiavi e che bisognava pentirsi dei propri peccati se si voleva essere accolti nel Regno dei Cieli dopo la morte. Gesù diceva: “Beati i poveri, beati quelli che soffrono, beati quelli che piangono”. “Il Signore Iddio tuo è l’unico Signore e tu lo amerai con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutte le tue forze”. “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. Questo messaggio di amore, di povertà e di giustizia si diffuse fra la popolazione, che riconobbe in Gesù il Messia, cioè il Salvatore, il figlio di Dio, che gli antichi profeti ebrei avevano annunciato. Ma nella Palestina, dominata dai Romani, la nuova religione fu vista come un pericolo perché, dal momento che esaltava la giustizia e l’eguaglianza, avrebbe potuto spingere il popolo alla ribellione contro i Romani. Al Sinedrio, supremo consiglio religioso, politico e giudiziario d’Israele, il messaggio di Gesù apparve pericoloso, perché poteva essere un mezzo per attentare al potere costituito, perciò fu accusato di empietà e di ribellione e condotto davanti al governatore Ponzio Pilato che lo condannò a morte per crocifissione, pena riservata agli schiavi ribelli e ai ladroni. Il messaggio d’amore predicato da Gesù, detto Cristo, cioè l’unto, l’eletto del Signore, non si spense con la sua morte. Egli aveva scelto fra i suoi seguaci dodici apostoli, incaricandoli di diffondere nel mondo la nuova religione. 110 Il Cristo Pantocratore del Duomo di Cefalù in Sicilia. Tavola in avorio con gli apostoli Pietro e Paolo che furono tra i primi martiri del Cristianesimo. unità 4 prestoria:Layout 1 12/09/2009 19.35 Pagina 111 CAPITOLO C HI E S A Dal greco ekklesia, “assemblea”. Inizialmente il termine era usato per indicare la comunità dei credenti in Gesù Cristo; in seguito designò anche il luogo in cui essi si riunivano per pregare e celebrare l’eucarestia. PR E S B I T E R O Dal greco presbyteros, “più anziano”, oggi chiamato anche sacerdote o, più correntemente, prete. Inizialmente era un uomo anziano che spiegava le Scritture; in seguito questo ruolo fu affidato a chi era sapiente e saggio. PROS EL ITISMO Azione di chi cerca di fare nuovi seguaci di una religione, di una dottrina, di un partito. POLIT EISMO Forma di religione che ammette l’esistenza di più divinità prevalentemente antropomorfe. 6 - IL CRISTIANESIMO La crocefissione cominciò ad essere pubblicamente rappresentata dai Cristiani solo intorno al IV secolo, quando l'imperatore romano Costantino I, nella sua opera di passaggio dal paganesimo ne vietò l'uso come pena capitale. La diffusione del Cristianesimo fu molto rapida, anche perché favorita dall’unità politica e linguistica dell’Impero romano. I primi cristiani si riunivano in comunità chiamate C H I E S E , guidati da P R E S B I T E R I e da vescovi. Le varie comunità che si andavano diffondendo in tutto l’Impero si tenevano in stretto contatto fra di loro, perché consapevoli di appartenere a un’unica grande comunità formata da tutti coloro che credevano in Cristo. Ogni comunità si riuniva per ascoltare la lettura e la spiegazione dei Vangeli e per consumare un pasto rituale durante il quale veniva distribuita l’eucaristia, in commemorazione del sacrificio di Cristo sulla croce. A Roma il Cristianesimo fu portato da Pietro e Paolo, che subirono il martirio durante il regno di Nerone. Pietro aveva assunto una posizione preminente a Roma, diventando vescovo della città. Da Roma il Cristianesimo raggiunse tutti i Paesi dell’area mediterranea, fino alle più lontane province dell’Impero. In un primo tempo si diffuse fra i poveri e gli oppressi, poi anche fra le classi sociali più alte fino ai militari e agli alti funzionari dello Stato. All’inizio gli imperatori tollerarono la nuova religione, considerandola come le altre senza preoccuparsene. I contrasti sorsero quando i cristiani, credendo nell’eguaglianza di tutti gli uomini di fronte a Dio, rifiutarono il culto dell’imperatore. 2. LE P ERSECUZIONI CONT RO I C RIST IAN I Il Cristianesimo, capace di un P R O S E L I T I S M O superiore a qualsiasi altra religione dell’Impero, era considerata una religione di ribelli, in quanto negava i principi fondamentali su cui si basava lo Stato romano, quali il culto dell’imperatore, il P O L I T E I S M O e i valori della morale pagana. Si è visto come Diocleziano, dichiarandosi “figlio di Giove”, intendesse divinizzare la sua persona, considerando il culto dell’imperatore non solo un omaggio rivolto alla sua persona, ma anche un mezzo per rafforzare il legame di lealtà fra i sudLe Catacombe di San Callisto a Roma. 111 unità 4 prestoria:Layout 1 UNITÀ 4 12/09/2009 19.37 Pagina 112 ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO Un corteo di divinità riprodotto su un sarcofago. diti e lo Stato. I cristiani credevano, invece, in un rigido ed esclusivo M O N O T E I S M O . Essi, inoltre, tendevano a organizzarsi in modo autonomo rispetto allo Stato, allo scopo di aiutarsi reciprocamente, dando del lavoro a chi poteva lavorare e soccorrendo quelli che non erano in grado di lavorare. Per questo i cristiani potevano rappresentare una minaccia per l’Impero. Per scongiurare questo pericolo, gli imperatori reagirono con le persecuzioni, che furono numerose e feroci, ma non riuscirono ad arginare la diffusione della nuova fede. L’ultima e più grave persecuzione fu quella ordinata da Diocleziano che vedeva nei cristiani un ostacolo al superamento delle gravi difficoltà in cui si dibatteva l’Impero. Ma il Cristianesimo uscì dalle persecuzioni ancora più rafforzato grazie all’aureola di martirio delle sue vittime. 3. L ’E DI TT O DI MIL AN O MONOT EISMO Dottrina religiosa che afferma l’esistenza di un solo Dio. E DITTO Ordine scritto avente valore di legge. DIR ITTO D’AS ILO Riconoscimento alla Chiesa del diritto di concedere asilo, cioè protezione, alle persone ricercate dalle autorità civili e rifugiatesi in un luogo sacro (chiesa, convento ecc.). Nel 305 Diocleziano abdicò e costrinse Massimiano a fare altrettanto. Immediatamente il sistema di successione previsto dalla tetrarchia entrò in crisi: Augusti e Cesari cominciarono a combattere l’un contro l’altro, finché rimasero in campo soltanto due Augusti: Licinio in Oriente e Costantino in Occidente. Nel 313 i due Augusti emanarono l’E D I T T O di Milano, che accordava “ai cristiani e a tutti gli altri la libertà di seguire la religione in cui ciascuno crede [...] affinché non si leda l’onore e la religione di alcuno”. L’Editto disponeva anche la restituzione ai cristiani delle chiese e dei beni che erano stati loro confiscati negli anni precedenti. Costantino non si limitò solo a questo, infatti egli esentò il clero dal pagamento delle imposte e concesse agli ecclesiastici che si fossero macchiati di un crimine di essere giudicati da tribunali formati da ecclesiastici, le cui sentenze furono equiparate a quelle dei tribunali civili. Secondo il credo cristiano la domenica diventò giorno festivo. Notevoli fondi statali furono investiti per costruire chiese e basiliche, a ognuna delle quali furono assegnati vasti possedimenti. A ogni chiesa, inoltre, fu riconosciuto il D I R I T T O D ’ A S I L O e la possibilità di ricevere donazioni e lasciti. 112 Alcuni resti dei palazzi imperiali di Milano. Qui si vedono le basi di un'edicola che probabilmente era dotata di colonne, con attorno un corridoio e diversi locali. In uno di questi palazzi vi fu l'accordo tra Costantino e Licinio noto come l'Editto di Milano. unità 4 prestoria:Layout 1 12/09/2009 19.37 Pagina 113 CAPITOLO 6 - IL CRISTIANESIMO 4 . C O S T A N T I N O U N I C O I M P E R A T O RE ER ES IA Con tale termine la Chiesa di Roma indica qualsiasi interpretazione del Cristianesimo contraria a quella da lei stabilita. È eretico chi professa una eresia. C ON CI L IO EC U M EN I C O Assemblea a cui partecipano tutti i vescovi della Chiesa cattolica per discutere e deliberare su gravi questioni dogmatiche e disciplinari concernenti la fede. ARIA NESIMO Eresia diffusasi a partire dal IV secolo in seguito alla predicazione del prete africano Ario, che negava l’eguaglianza del Figlio e del Padre e quindi la natura divina del Figlio. Nel 324 Costantino invase le province orientali dell’Impero, eliminò Licinio, suo ultimo rivale, e ricostituì sotto la sua sola guida l’unità di tutto l’Impero fino all’anno della sua morte, avvenuta nel 337. Egli accentuò il culto dell’imperatore, che doveva essere venerato come un dio. Splendidamente vestito di un abito d’oro tempestato di pietre preziose, egli viveva quasi isolato e vincolato a un cerimoniale di origine orientale, che prevedeva la pratica della prosternazione, cioè l’obbligo di inginocchiarsi davanti a lui e baciargli l’orlo della veste. Questo rituale sarà fatto proprio dagli ecclesiastici cristiani durante le cerimonie religiose. Costantino si rese conto che il Cristianesimo era ormai una religione seguita da migliaia di persone e che quindi costituiva una forza che non poteva essere vinta; perciò accettò la nuova religione nel tentativo di farne un sostegno dello Stato. Ai cristiani, però, non interessava appoggiare l’Impero, ma solo servirsene per diffondere il proprio credo religioso. Per tenere uniti i cristiani Costantino combatté le E R E S I E , tra le quali la più rilevante fu l’arianesimo e convocò un concilio universale a Nicea. Fu il primo C O N C I L I O E C U M E N I C O della storia del Cristianesimo; si aprì nel maggio del 325 alla presenza di tutti i vescovi dell’Impero; fu presieduto dallo stesso imperatore, che prese parte attiva ai dibattiti e alle deliberazioni, e si concluse con la condanna della dottrina ariana e di tutte le altre eresie. L’A R I A N E S I M O , tuttavia, non fu sconfitto, ma si diffuse fra le popolazioni germaniche, con la conseguenza che, dopo le invasioni, i rapporti fra la popolazione romana dell’Impero d’Occidente e le popolazioni barbariche furono piuttosto difficili. L E C ONSE GUENZ E DEL L’O PER A DI CO STA NTINO Un mondo nuovo prende forma con Costantino. Il trasferimento della capitale sposterà tutto l’equilibrio dell’Impero dal Mediterraneo verso l’Oriente. L’Impero non sarà più romano, ma cristiano e la Chiesa gli fornirà una nuova legge morale. La stessa figura dell’imperatore subisce una modifica sostanziale, in quanto, ritenendosi investito del potere da Dio, diviene l’unica autorità legittima. Costantino favorisce il clero e appoggia la Chiesa, che si rafforzerà ancora di più dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente, dalle cui ceneri nascerà l’Europa medievale. Testa della statua monumentale di Costantino, conservata nei Musei Capitolini a Roma. 113 unità 4 prestoria:Layout 1 UNITÀ 4 12/09/2009 20.02 Pagina 114 ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO Raffigurazione di Costantino nella basilica di Hagia Sophia a Istanbul. L'imperatore per la Chiesa Ortodossa è un santo. C OS T AN T IN O P OLI Antica colonia greca fondata nel VII secolo a.C. col nome di Bisanzio, da cui, in seguito, derivò all’Impero romano d’Oriente la denominazione di bizantino. Nel 330 l’imperatore Costantino vi fissò la sua residenza e la chiamò Costantinopoli. Fu conquistata dai Turchi nel 1453, ma mantenne ugualmente il nome di Costantinopoli fino al 1760, quando le venne dato l’attuale nome di Istanbul. P A GA N ES IM O Indica i culti politeistici dell’antichità greco-romana, considerati in opposizione al giudaismo e al Cristianesimo, in quanto monoteisti. Negli ultimi anni del suo Impero, Costantino si rese conto che le esigenze politiche e militari lo costringevano a risiedere quasi sempre in Oriente; perciò pensò di trasferire definitivamente la capitale da Roma a Bisanzio, sulle rive settentrionali del Bosforo. La posizione geografica di Bisanzio era ottima, sia perché era al centro di traffici fra i ricchi Paesi del Vicino Oriente, sia perché vicina ai confini minacciati dalle scorrerie dei barbari. Nel 330, dunque, Bisanzio, ampliata e abbellita con opere monumentali, fu elevata a capitale dell’Impero e dal nome di Costantino fu chiamata C O S T A N T I N O P O L I . Costantino pensava di avere semplicemente spostato la capitale in una posizione più adatta a difendere e controllare l’Impero. Costantinopoli, invece, divenne una città greco-orientale nella lingua, nei costumi, nell’organizzazione dello Stato, nell’economia e nella cultura. Essa, cioè, divenne la capitale di un nuovo Impero orientale, anche se conservava il nome di romano. 5. L’EDI T T O DI TE SS AL ONI CA La Chiesa cristiana si affermò definitivamente nel 380, quando l’imperatore Teodosio, sollecitato dal vescovo di Milano, Ambrogio, emanò l’Editto di Tessalonica, con il quale riconosceva il Cristianesimo, denominato cattolico, ossia universale, come l’unica religione dell’Impero e dichiarava la superiorità del vescovo di Roma su tutti gli altri vescovi della cristianità. Il papa, o pontefice romano, acquistava così una grande autorità, non solo per il prestigio di essere vescovo di Roma, ma anche perché cominciò ad assumere le funzioni del potere civile man mano che questo si andava sgretolando. In seguito, i culti non cristiani furono sempre più limitati e i templi chiusi o trasformati in chiese cristiane. Il politeismo sopravvisse solo nei villaggi o pagi e proprio dal termine pago deriva la parola P A G A N E S I M O . 114 Sul rovescio di questa moneta, coniata sotto Valentiniano II, sono rappresentati Valentiniano e Teodosio, entrambi con un'aureola. unità 4 prestoria:Layout 1 29/07/2009 16.35 Pagina 115 CAPITOLO ESERCIZI 6 - IL CRISTIANESIMO 1. Indica con una crocetta se le seguenti affermazioni sono vere (V) o false (F): a - Gli evangelisti erano: Matteo, Marco, Luca e Giovanni. b - Gesù esortava ad amare gli altri come se stessi. c - Ponzio Pilato decise di liberare Gesù. d - Gesù incaricò i dodici apostoli di recarsi a Roma. e - La diffusione del Cristianesimo fu favorita dall’unità politica e linguistica dell’Impero romano. f - A Roma il Cristianesimo fu portato da Pietro e Paolo. g - Inizialmente il Cristianesimo si diffuse tra le classi colte. h - I cristiani rifiutavano il culto dell’imperatore. i - Il Cristianesimo appoggiava i principi fondamentali su cui si basava l’Impero romano. l - Diocleziano si dichiarava “figlio di Giove”. m - Il Cristianesimo uscì dalle persecuzioni ancora più forte. V F 2. Indica con una crocetta il significato dei seguenti termini: a - Evangelo insieme dei libri della Bibbia. Buona novella. Scritti di San paolo. b - Messia Salvatore, figlio di Dio. Messaggero. Funzionario dello Stato. c - Apostoli Persecutori di Gesù. Sacerdoti ebraici. Stretti seguaci di Gesù. d - Chiesa Comunità degli apostoli. Comunità dei credenti in Gesù Cristo. Assemblea dei sacerdoti cristiani. e - Vescovi Sacerdoti più anziani. Sacerdoti più giovani. Capi delle prime comunità cristiane. 115