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QMSCERT
Cert. No. 141209/2200
Azienda con sistema di gestione della qualità
certificato ISO 9001 : 2008
Giovanni Delle Donne
il Cantastorie
Breve viaggio nella storia antica
ISBN 978-88-7276-777-1
prima edizione: gennaio 2010
ristampa
6 5 4
3
2
1
2010
2011
2012
2013
2014
2015
coordinamento editoriale e redazionale: Stefano Puorto
redazione: Maria Rosaria Vado
progetto grafico, impaginazione e copertina: Francesca di Transo
illustrazioni: Francesca di Transo
fotocomposizione:
[email protected]
stampa: Edizioni Tifernum s.r.l. – Città di Castello (Perugia)
per conto della Fratelli Ferraro Editori s.r.l.
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La preistoria è il periodo più antico, più lungo e più oscuro della vicenda umana, nel corso del quale l’uomo ha
compiuto importanti scoperte ed elaborato le prime forme di vita associata. Lo studio della preistoria comporta
la conoscenza dei fenomeni e delle vicende che precedono l’invenzione della scrittura, cioè di tutte le testimonianze anteriori al momento in cui l’uomo cominciò a fissare gli eventi attraverso dei simboli grafici.
Le prime grandi civiltà di cui abbiamo memoria sono nate e si sono sviluppate nei bacini fluviali del Tigri e
dell’Eufrate, in Mesopotamia, del Nilo in Egitto e, più tardi, dell’Indo in India e del Fiume Giallo in Cina. La grande disponibilità di acque è stata, dunque, la condizione comune per lo sviluppo di queste civiltà. L’acqua rendeva fertili i campi con l’irrigazione, i fiumi assicuravano una rapida e facile via di comunicazione e di scambio fra
le varie comunità, che in tal modo uscivano dal loro isolamento; nelle città l’acqua provvedeva al fabbisogno idrico delle abitazioni, degli orti, delle botteghe. Proprio perché fiorite lungo le rive dei fiumi queste prime civiltà
sono state chiamate “fluviali”.
Il centro dell’antica civiltà mediterranea è stata la Grecia. Le prime forme originali e fondamentali della civiltà
europea si devono a gruppi poco numerosi di popoli di origine indoeuropea. I Greci furono inventori, scopritori,
pensatori; produssero grandi opere in ogni ambito artistico, dalla letteratura alla scultura e all’architettura; coltivarono la filosofia e le scienze; organizzarono la loro vita politica nella forma della “città-Stato”, la polis, che ha
rappresentato un modello di libertà e di dignità dell’uomo. Con Alessandro Magno la civiltà greca si diffuse nei
territori dell’impero alessandrino e oltre, giunse lungo le coste francesi e spagnole. In seguito conquistò anche
Roma.
La vicenda storica di Roma è stata straordinaria. Una piccola città di pastori e agricoltori sorta lungo il fiume
Tevere è cresciuta fino a conquistare tutte le terre che si affacciano sul Mediterraneo, divenendo un impero grazie alla tenacia, alla disciplina, allo spirito di sacrifico dei Romani, sempre pronti ad anteporre l’interesse generale a quello personale. Roma fondò la sua potenza sull’esercito, formidabile strumento di guerra, e sulle leggi,
energiche e chiare. Il diritto, infatti, è stato la grande invenzione dei Romani, una preziosa eredità che essi hanno
trasmesso all’Europa e a mondo. Essi non ci hanno lasciato solo il diritto, ma anche i segni alfabetici ancora oggi
in uso, il modo di costruire le strade, la loro dislocazione, una grande quantità di monumenti riccamente adorni
di pitture e di sculture, per cui si può dire che non hanno avuto eguali nel mondo antico.
La sapienza giuridica consentì ai Romani di organizzare in maniera equa ed efficace il loro grande impero che
nei periodi migliori significò pace, prosperità, progresso civile, unità di popoli e di cultura, garanzia di ordine e di
sicurezza. Inizialmente Roma si identificò con l’Italia, poi con tutto l’impero; tutti i popoli da essa dominati, infatti, ebbero la cittadinanza romana. Poi l’impero entrò in crisi. L’imperatore da princeps, “primo”, divenne il dominus, “padrone”, mentre due nuove e potenti forze irrompevano nel mondo romano e lo travolgevano: il
Cristianesimo, animato dai nuovi valori dell’amore, della pace, dell’eguaglianza e della solidarietà fra gli uomini,
e i popoli germanici.
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Indice
LA PREISTORIA
CAPITOLO
CAPITOLO
1
2
INTRODUZIONE
I PRIMI UOMINI
1. L’origine dell’uomo
2. La diffusione dell’uomo
3. Il Paleolitico
A N D I AM O A F O N D O
La nascita della cultura
E S E R CI Z I
IL NEOLITICO E LA RIVOLUZIONE AGRICOLA
1. La scoperta dell’agricoltura e dell’allevamento
2. Le principali coltivazioni e l’addomesticamento degli animali
A N D I AM O A F O N D O
La ruota
3. Lo sviluppo tecnologico
4. Dal villaggio alla città
5. Il culto degli dei e la nascita dell’ordine sacerdotale
6. L’età dei metalli
E S E R CI Z I
UNITÀ
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LE PRIME CIVILTÀ DELLA STORIA
CAPI T OLO
1
INTRODUZIONE
LE CIVILTÀ DELLA MESOPOTAMIA
1. La civiltà nasce lungo il corso dei grandi fiumi
2. Il potere politico
3. Dai Sumeri ai Babilonesi
4. Tecniche e scienze delle civiltà sumero-babilonesi
5. Le prime forme di scrittura
E S E R C IZ I
CAPI T OLO
2
LA CIVILTÀ EGIZIA
1. L’Egitto, dono del Nilo
2. Il faraone e l’ordinamento dello Stato
3. La vita sociale ed economica
4. La produzione agricola e l’alimentazione
5. L’allevamento, le risorse minerarie e il commercio
6. Il culto dei morti
A N D I AM O A F O N D O
Le divinità egizie
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16.22
Pagina 7
7. Le arti
8. Le lettere e le scienze
E S E R CI Z I
CAPI T OLO
UNITÀ
3
3
GLI EBREI
1. Il popolo ebraico e il popolo fenicio
2. La religione ebraica
A N D I AM O A F O N D O
La menoràh
E S E R CI Z I
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LA CIVILTÀ GRECA
CAPI T OLO
1
INTRODUZIONE
LE SOCIETÀ CRETESE E MICENEA
1. La società cretese
2. La civiltà micenea
3. L’invasione dorica
E S E R CI Z I
CAPI T OLO
2
LE POLEIS
1. Dall’aristocrazia verso la democrazia
2. La società greca
3. La società spartana
4. Atene e la nascita della democrazia
5. L’espansione della civiltà greca
E S E R CI Z I
CAPI T OLO
3
LE GUERRE PERSIANE
1. La “monarchia universale”
2. La supremazia militare greca
3. I Greci e i Persiani sul campo di battaglia
4. L’età di Pericle
5. La guerra del Peloponneso
E S E R CI Z I
CAPI T OLO
4
ALESSANDRO MAGNO E L’ELLENISMO
1. Il regno di Macedonia
2. Le conquiste di Alessandro Magno
3. La cultura ellenistica
E S E R CI Z I
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UNITÀ
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Pagina 8
ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO
CAPI T OLO
1
INTRODUZIONE
I POPOLI ITALICI E LA CIVILTÀ ETRUSCA
1. Le prime civiltà italiche
2. Gli Etruschi
3. La vita quotidiana degli Etruschi
E S E R CI Z I
CAPI T OLO
2
ROMA: DALLE ORIGINI ALL’ESPANSIONE IN ITALIA
1. L’origine storica di Roma
AN D I AM O A F O N D O
I sette re di Roma
2. L’organizzazione dello Stato
3. Il tessuto sociale
4. Le istituzioni repubblicane
5. Le lotte fra patrizi e plebei
6. Roma estende il suo dominio nel Lazio
7. I Galli saccheggiano Roma
8. La guerra contro i Sanniti
9. La “vittoria di Pirro”
E S E R CI Z I
CAPI T OLO
3
ROMA ALLA CONQUISTA DEL MEDITERRANEO
1. La Prima guerra punica
2. La Seconda guerra punica
3. Roma conquista la Grecia
La Grecia conquistata conquistò il rozzo conquistatore
4. La Terza guerra punica
5. L’organizzazione dei territori conquistati
6. La società romana dopo le conquiste
7. I Gracchi e la riforma agraria
AN D I AM O A F O N D O
AN D I AM O A F O N D O
E S E R CI Z I
CAPI T OLO
4
Cornelia madre dei Gracchi
LA CRISI DELLA REPUBBLICA
1. Caio Mario e la riforma dell’esercito
2. La ribellione degli Italici
3. Il contrasto tra Mario e Silla
4. Gneo Pompeo
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5. Il primo triumvirato: Pompeo-Cesare-Crasso
6. La dittatura e la morte di Cesare
7. Il secondo triumvirato: Antonio-Ottaviano-Lepido
A N D I AM O A F O N D O
E S E R CI Z I
CAPI T OLO
5
Dalla Repubblica all’Impero
AUGUSTO E I SUOI SUCCESSORI
1. La politica di Augusto
2. La rinascita culturale
3. L’organizzazione della società romana nell’età imperiale
4. Gli imperatori della dinastia Giulio-Claudia
5. La dinastia Flavia
6. Traiano primo imperatore provinciale
7. L’anarchia militare e la tetrarchia
8. La riorganizzazione dell’esercito e l’ereditarietà dei mestieri
E S E R CI Z I
CAPI T OLO
6
IL CRISTIANESIMO
1. La nascita del Cristianesimo
2. Le persecuzioni contro i cristiani
3. L’Editto di Milano
4. Costantino unico imperatore
A N D I AM O A F O N D O
Le conseguenze dell’opera di Costantino
5. L’Editto di Tessalonica
E S E R CI Z I
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CAPITOLO
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LA PREISTORIA
1
I primi uomini
CAPITOLO
2
Il Neolitico
e la rivoluzione
agricola
10
4 milioni
di anni fa
2 milioni
di anni fa
1,7 milioni
di anni fa
250.000
anni fa
Australopiteco
Homo habilis
Homo erectus
Scoperta del fuoco
Homo sapiens
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DINO,
non si può certo dire che siamo mai stati amici, ma adesso che
vado via credo che mi mancherai. L’evoluzione della specie umana
è appena incominciata e come insegnerà lo scienziato Charles Darwin,
attraverso una selezione naturale sopravvivranno soltanto gli esseri viventi
che sapranno adattarsi alle diverse condizioni ambientali. Chissà se un giorno
ci rincontreremo… Ora inizia il mio affascinante viaggio; grazie alla forza e all’ingegno riuscirò a migliorare la qualità della mia vita e ogni nuova scoperta sarà per
me una conquista. Imparerò ad accendere il fuoco, ad allevare il bestiame e a seminare e coltivare i campi, le cui conseguenze saranno il miglioramento delle condizioni di vita, l’aumento della popolazione e, dunque, lo sviluppo tecnologico. Nei villaggi le capanne di canne e fango saranno gradualmente sostituite da costruzioni in
argilla più sicure, la nascita della religione porterà i sacerdoti ai vertici della società, in quanto custodi dei luoghi sacri, gli unici capaci di curare i rapporti tra la
sfera divina e quella umana.
La vita dell’essere umano diventerà nel tempo sempre più “civile”, lontana
oramai dallo stato primitivo barbaro e selvaggio.
Tu, nel frattempo,
CERCA DI DIVENTARE VEGETARIANO!
Homo sapiens sapiens
30.000
anni fa
Neolitico
12.000
anni fa
Fine del Paleolitico.
Scoperta dell’agricoltura
10.000
anni fa
Inizio della scrittura e della Storia
6.000
anni fa
fine del IV
millennio
a.C.
Lavorazione dei metalli
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LA PREISTORIA
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INTRODUZIONE
La Preistoria è quel lunghissimo periodo di quasi 5 miliardi di anni durante i quali si è formata la Terra,
sono comparse le prime forme di vita e, attraverso l’evoluzione, anche l’uomo.
Essa precede la storia e perciò si chiama pre, “prima”, istoria, della “storia”.
Gli studiosi chiamano il periodo più antico della preistoria “Età della pietra”, perché i gruppi umani usavano solo questo materiale. Questo lungo periodo si divide in Paleolitico e Neolitico, perché progres-
sivamente gli uomini riuscirono a migliorare la qualità degli utensili di pietra. La Storia inizia con l’invenzione della scrittura, verso la fine del IV millennio a.C.
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LA PREISTORIA
CAPITOLO
Ti racconteremo:
I PRIMI
UOMINI
DELLE FASI DELL’EVOLUZIONE DELL’UOMO;
DELLE DIFFERENTI CONDIZIONI AMBIENTALI;
-
DELLA SCOPERTA DEL FUOCO.
1. L’ORIGINE DE LL’UOMO
1
Circa 200 milioni di anni fa la Terra era dominata dai rettili,
i dinosauri, “terribili lucertole”; molti erano erbivori e trovavano nutrimento nella foltissima vegetazione che copriva il
pianeta, altri erano predatori carnivori; alcuni erano quadrupedi, altri
bipedi. La maggior parte di loro aveva dimensioni enormi; alcuni,
ANTR OPOMO RFO
infatti, raggiungevano perfino la lunghezza di oltre 30 metri e pesavano più di 80 tonnellate. I dinosauri colonizzarono la terraferma e i
Si chiamano antropomor fe,
cioè dalla “forma umana”, le
mari e alcune specie divennero addirittura adatte al volo; si può dire,
scimmie più evolute, il cui
perciò, che l’intero pianeta era dominato dai rettili. Per milioni di anni
aspetto e atteggiamento ricordano
il loro dominio rese difficile lo sviluppo dei mammiferi, piccoli aniquello
umano.
mali, come il Purgatorius, che vivevano sugli alberi cibandosi di
insetti. Quando, per ragioni che non conosciamo, i dinosauri si estinsero, i mammiferi ebbero la possibilità di moltiplicarsi, dando vita a quasi tutte le
specie oggi esistenti. Fra gli altri apparvero i primati, “i principali”, i “primi”, che
comprendono sia le scimmie A N T R O P O M O R F E , gorilla e scimpanzé, sia gli
antenati dell’uomo, gli ominidi.
È stato uno scienziato inglese, Charles Darwin, vissuto due secoli fa, a intuire che
le scimmie e gli uomini derivano dalla stessa specie animale. Egli ha elaborato la
teoria dell’evoluzione, secondo la quale nel corso del tempo tutti gli esseri viventi subiscono un lento mutamento e di essi, attraverso una selezione naturale,
sopravvivono solo quelli capaci di adattarsi alle condizioni ambientali circostanti,
di procacciarsi il cibo, di difendersi dai nemici e di riprodursi.
Gli Australopitechi, “scimmie dell’emisfero australe”, sono la specie più antica di
ominide. In essi riconosciamo un nostro lontanissimo antenato, dal quale,
mediante un lentissimo processo di evoluzione, è derivato
l’Homo sapiens sapiens. Gli Australopitechi vissero nelle
savane dell’Africa orientale, avevano il corpo
idoneo al bipedismo, gli zigomi pronunciati
e le mascelle sporgenti, erano alti circa un
metro e 35 e pesavano circa 30 chilogrammi. Erano vegetariani, ma quando
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Esistevano diverse specie di dinosauri.
Uno caricatura di Charles Darwin,
rappresentato come una scimmia.
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CAPITOLO
1 - I PRIMI UOMINI
Le varie fasi dell’evoluzione dell’uomo attraverso l’aumento della dimensione del cervello e la conquista della
postura eretta. A ciò si accompagna
anche l’uso esperto delle mani per la
costruzione di utensili.
Resti originali di un Homo erectus,
trovati sull’isola di Java (Indonesia)
nel 1891.
Ricostruzione di un Homo erectus.
capitava si nutrivano anche di
uova e di qualche roditore. Da
una famiglia di Australopitechi
si sviluppò l’Homo habilis, alto
quanto gli altri Australopitechi,
ma con un cervello notevolmente più voluminoso. Che fosse
più intelligente lo si capisce dal
fatto che sapeva scheggiare le
pietre per ottenerne strumenti
di lavoro. Sappiamo che è vissuto nelle savane africane e, dall’esame della sua dentatura, che era
onnivoro, ossia si cibava oltre che di vegetali anche di animali; probabilmente proprio la necessità di procurarsi la carne ha aguzzato
la sua intelligenza. La raccolta dei vegetali non richiede molta perspicacia, abilità che è, invece, indispensabile nella caccia, dove
occorre una strategia, una certa elasticità mentale e un’organizzazione. L’Homo habilis migliorò la comunicazione e la collaborazione di gruppo. Col tempo, una lenta evoluzione determinò il passaggio dall’Homo habilis all’Homo erectus.
L’Erectus costruiva strumenti più perfezionati dell’Habilis, anche
perché, grazie alla vita sociale, era in grado di tramandare meglio
le conoscenze da una generazione all’altra. Era molto abile nel catturare vari tipi di animali, di preferenza il cervo, di cui mangiava
la carne, utilizzava la pelle per coprirsi, le ossa e le corna per farne
utensili. Gli Erectus vivevano in tribù di circa 20 o 30 individui,
spesso usavano grandi caverne come abitazioni e giacigli fatti con
pellicce. I ruoli erano ben distinti: le donne, i ragazzi e gli anziani
restavano al campo e raccoglievano vegetali, mentre gli uomini
andavano a caccia.
Ricostruzione di una scena di caccia. Parco Baconao, Cuba.
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LA PREISTORIA
Esempio di arte rupestre.
Grotte di Lascaux, Francia.
Dall’Africa l’Erectus emigrò in Europa e in
Asia e poi in regioni sempre più lontane. Si
trattava di brevi ma continui spostamenti
che, nel corso dei secoli, portarono i gruppi
umani a migliaia di chilometri di distanza
dal luogo di origine. Le cause di questi spostamenti sono da ricercare nella necessità di
trovare nuovi territori di caccia e nell’abitudine di seguire i branchi di animali selvatici
nelle migrazioni stagionali.
Circa 250.000 anni fa dall’Erectus ebbe origine l’Homo sapiens, capace di comunicare
con un linguaggio verbale abbastanza articolato. Intorno a 30.000 anni fa apparve una
specie umana ancora più evoluta di sapiens,
l’Homo sapiens sapiens, la cui intelligenza
era superiore a quella dei suoi predecessori. Egli affinò le tecniche di lavorazione della
selce fino a superare la fase di semplice scheggiamento e a giungere alla levigazione.
Inventò nuove tecniche di caccia e nuove armi per cacciare, come l’arco, che con minori rischi consentiva di ottenere migliori risultati, dato che permetteva di colpire la
preda da lontano. Era in grado di costruire capanne con ossa e zanne di animali, di
fabbricare aghi di osso per cucire abiti, bottoni di avorio, statuette, bambole. Grazie
al suo livello intellettivo era in grado di pensare, riflettere e progettare; dunque era
ormai simile a noi.
Un esempio di amigdale (dal greco amygdàle, “mandorla”)
che l’uomo primitivo usava per scuoiare gli animali
e per dividere i pezzi di carne.
2. LA DI FF US IO N E DELL ’U OM O
L’Homo sapiens sapiens superò i confini
dell’Eurasia fino ad arrivare in America attraverso gli immensi ghiacciai che collegavano
quel continente alla Siberia. Questa è una
dimostrazione del fatto che egli era in grado di
adattarsi al rigidissimo clima di quelle regioni.
Diffondendosi sulla Terra, i nostri lontani
antenati incontrarono condizioni ambientali
differenti per clima, flora e fauna, per cui svilupparono caratteristiche fisiche di adattamento ai diversi ambienti: in Europa la pelle
chiara che assorbe meglio i raggi del sole; in
Africa la pelle nera che difende meglio dal
calore solare; nelle zone artiche la statura
bassa che permette di esporre al sole una
superficie minore e gli occhi ridotti a una fessura che ostacola le penetrazione del freddo.
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Il dolmen di Poulnabrone in Irlanda. I dolmen erano tombe
collettive costituite da tre pietre verticali che ne sostengono
una orizzontale.
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Pagina 17
CAPITOLO
1 - I PRIMI UOMINI
Alcuni gruppi umani, una volta stabilitisi in una
DNA
regione, sono rimasti isolati per millenni, riproSigla formata con le iniziali del l’es
ducendosi sempre fra di loro, altri hanno avuto
pre ssio ne ing les e D(eoxyribo) N(u
frequenti contatti con altri gruppi, anche attracleic)
A(cid), usata in biochimica e in biol
verso matrimoni che hanno prodotto una noteogia
molecolare per indicare l’acido des
ossiribonucleico,
vole varietà di tipologie fisiche.
presente nei cromosomi di tutti gli
organismi viventi;
Comunque, nonostante le differenze tra gli indidalla molecola del DNA dipende la
trasmissione dei
vidui, oggi gli studiosi distinguono cinque
caratteri ereditari.
grandi raggruppamenti umani: Caucasici,
Orientali, Amerindi, Aborigeni australiani e
Neri. La diversità è dovuta alla localizzazione geografica e riguarda soprattutto l’aspetto esteriore,
non il patrimonio genetico trasmesso attraverso il D N A .
3. IL P ALE OLI TIC O
I dinosauri sono i protagonisti del
cartone animato “L’era glaciale”.
L’intelligenza ha consentito a esseri scimmieschi di diventare
uomini capaci di lavorare la pietra e costruire vari strumenti in
legno. Ebbe inizio così una nuova epoca. Prima l’uomo utilizzava ciò che trovava in natura, dopo fu anche in grado di costruirsi gli strumenti di cui aveva bisogno e imparò anche a conservarli per un uso successivo. Egli scheggiò la pietra e la usò per
uccidere animali di ogni dimensione, dalla volpe alla marmotta, dal cervo all’antilope, fino al mammut, un enorme animale
estinto, simile all’elefante, del peso di circa 8 tonnellate. Oltre
che di questi animali i nostri lontani progenitori si nutrivano
anche di uccelli che catturavano con trappole e di pesci che catturavano con le mani o che colpivano con schegge rocciose
legate a un bastone. Conservavano la carne avanzata essiccandola o immergendola nell’acqua di un ruscello.
Una rivoluzione fondamentale si verificò con la scoperta del
fuoco. L’uso del fuoco cambiò radicalmente la vita dell’uomo
preistorico, perché serviva per vincere i rigori del freddo, illuminare il buio della notte e cuocere la carne. La cottura rendeva la
carne più masticabile e digeribile così che poteva essere mangiata anche da anziani e bambini. Con il fuoco, inoltre, veniva
indurita la punta delle lance. All’inizio gli uomini non
sapevano accendere il fuoco, ma solo conservare quello che
trovavano in natura causato da un fulmine o dall’eruzione
di un vulcano, ci riuscirono solo quando scoprirono che la
pietra focaia, un tipo di roccia chiamata “selce”, percossa
con un’altra pietra produceva scintille. Questa scoperta
favorì l’insediamento stabile in caverne, all’interno delle
quali il fuoco rimaneva sempre acceso, perché serviva
anche a tenere lontano gli animali feroci.
Le selci furono scheggiate dai nostri antenati per produrre
asce o punte di freccia, dando il via all'era dei manufatti.
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LA PREISTORIA
In questa pittura rupestre è raffigurato
un gruppo di cacciatori armati di archi e
frecce.
LA NAS CITA DELL A C UL TUR A
Nel Paleolitico l’uomo viveva di caccia e di raccolta. Le battute di
caccia coinvolgevano l’intera comunità e questa attività favorì la
nascita delle prime forme di organizzazione di gruppo.
Milioni di anni sono stati necessari per passare dalle prime forme di ominidi, che
vagavano per le savane africane, agli
uomini sapiens sapiens. Migliaia di
generazioni sono trascorse, ciascuna
delle quali ha compiuto un modesto progresso, ma unitariamente hanno consentito agli
Australopitechi di raggiungere uno sviluppo della loro
intelligenza maggiore di quella di tutti gli altri esseri
viventi.
L’intelligenza ha consentito a esseri scimmieschi di
divenire uomini e quindi capaci di lavorare la pietra e
costruire vari strumenti, di cacciare, di vincere la paura
del fuoco e utilizzarlo. Essi, inoltre, organizzarono la
loro vita sociale, il cui centro non era più costituito solo
dalle caverne, ma anche da grandi capanne, che erano
in grado di costruire e in cui il gruppo poteva riunirsi,
riscaldarsi intorno al fuoco, proteggersi, mangiare, dormire e comunicare. L’uomo, infine, è stato in grado di
passare da un linguaggio animalesco o quasi a uno
complesso e articolato che gli ha consentito di esprimere concetti anche astratti e di produrre cultura.
18
Quando il clima si fece più mite gli uomini abbandonarono le caverne e cominciarono a costruire abitazioni
all’aperto usando legno, fango secco, paglia e pelli di
animali. Se la zona prescelta era paludosa, fabbricavano
le palafitte. Per difendersi dal freddo gli uomini del
Paleolitico si coprivano con pelli di animali, perciò fu un
notevole passo avanti l’invenzione dell’ago, un’asticciola di osso sottile con un foro in cui
si introduceva un filo di pelle o di
erba intrecciata. Con l’ago le
Anche io faccio
pelli si potevano adattare sul
parte di un clan!
corpo per difendersi meglio dal
freddo.
Col passare dei millenni gli uomini si
resero conto che era più conveniente
vivere in gruppi sempre più numerosi,
sia per difendersi che per cacciare i grandi animali, si
formarono così i clan, gruppi di famiglie che riconoscevano come loro capo un anziano, poi un insieme di clan
dette vita alla tribù.
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CAPITOLO
ESERCIZI
1 - I PRIMI UOMINI
1. Rispondi alle seguenti domande:
a - Di che cosa si cibavano gli Australopitechi?
b - Quali specie comprendono i primati?
c - Chi è l’autore della teoria dell’evoluzione?
d - Che cosa sostiene la teoria dell’evoluzione?
e - Dove vissero gli Australopitechi?
f - Quale animale catturava di preferenza Homo erectus?
g - Quando ebbe origine l’Homo sapiens?
h - Quando apparve l’Homo sapiens sapiens?
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LA PREISTORIA
Ti racconteremo:
DELLA RIVOLUZIONE AGRICOLA;
DELLO SVILUPPO TECNOLOGICO;
-
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DEI PRIMI VILLAGGI.
2
IL NEOLITICO E
LA RIVOLUZIONE
AGRICOLA
CAPITOLO
1 . LA S CO PER T A DEL L’ AGRI CO L T U RA E DEL L’ ALLE VAME N T O
GL ACIA ZIONE
20
Al termine dell’ultima G L A C I A Z I O N E , con l’aumento della temPeriodo durante il quale, in
peratura, sulla Terra si vennero a determinare condizioni climatiseguito a un forte raffreddamento climatico, il ghiaccio
che che favorirono il passaggio dalle attività di caccia e raccolta a
si espande ricoprendo vaste aree
quelle ben più complesse dell’agricoltura e dell’allevamento.
del
globo terrestre.
Questo passaggio, avvenuto circa 12.000 anni fa, segnò l’inizio del
Neolitico che significa “Età della pietra nuova”.
L’uomo era ormai presente in ogni parte del mondo. Partendo dall’Africa, aveva raggiunto l’Europa, l’Asia,
aveva superato la Siberia e si era spinto fino al continente americano; attraverso l’Indonesia stava raggiungendo anche l’Australia. Nello stesso periodo egli, che fino a quel momento era stato cacciatore e raccoglitore, scoprì l’agricoltura, cioè il modo di seminare e coltivare i campi, nonché la maniera di allevare animali. Questo evento costituisce una delle più grandi rivoluzioni nel corso del cammino dell’umanità.
Con la scoperta dell’agricoltura e dell’allevamento l’uomo non si trovò più nella necessità di cercare quotidianamente tutto ciò di cui aveva bisogno per la sua sopravvivenza, perché era ormai in grado di coltivare le piante e di allevare gli animali necessari alla sua esistenza.
Le conseguenze furono molteplici: dal miglioramento delle condizioni di vita all’aumento della
popolazione, dalla progressiva
deforestazione all’ampliamento
delle zone coltivabili, dalla nascita dei villaggi, e in un secondo
tempo delle città, allo sviluppo
delle attività artigianali e quindi
alla lavorazione dei metalli.
La nascita dell’agricoltura, cioè la
“rivoluzione agricola”, avvenne
in Mesopotamia, che significa
“terra tra i fiumi”, regione chiamata anche “Mezzaluna fertile”,
La diffusione
dell’agricoltura.
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2 - IL NEOLITICO E LA RIVOLUZIONE AGRICOLA
il cui territorio era compreso tra i fiumi Tigri ed Eufrate, corrispondente in buona parte all’odierno
Irak. Essa godeva di condizioni climatiche particolarmente favorevoli e offriva notevoli risorse alimentari, perché vi nascevano in gran quantità orzo e grano selvatici e c’era abbondante selvaggina;
perciò alcuni gruppi umani vi si insediarono passando dal nomadismo a una vita prevalentemente
sedentaria. Nacquero così i primi villaggi di qualche centinaio di persone. La sedentarietà permise
agli uomini di capire che i semi caduti nel terreno germogliano dando vita alle piante corrispondenti. Ecco la nascita dell’agricoltura, riconosciuta da tutti gli studiosi come la più straordinaria rivoluzione umana dopo la scoperta del fuoco.
2 . L E P R IN CI P AL I CO L T IV AZ I O NI E L ’ A DDO ME ST I C AM E N T O D E GL I A NI MA L I
Furono coltivati innanzitutto i cereali – orzo, farro, grano –, che uniscono all’alto valore nutritivo la
possibilità di essere conservati. Dal Neolitico a oggi la loro produzione non si è mai interrotta.
Seguirono alcune leguminose, come fave, piselli e lenticchie; poi venne il lino, coltivato per la sua
fibra e per i semi oleosi; infine l’olivo e la vite.
I cereali, l’olio e il vino costituirono e costituiscono ancora oggi l’alimentazione di base delle popolazioni che vivono lungo le coste del
Mediterraneo, tanto che il Cristianesimo li usa nelle sue principali
cerimonie religiose.
Ancora prima della rivoluzione agricola si ebbe l’addomesticamento
di alcuni animali, evento, anche questo, di enorme importanza per
l’uomo. Egli poté avere così una costante riserva di carne e, in un
secondo tempo, di latte, dalla cui lavorazione seppe ricavare il formaggio, alimento di notevole valore nutritivo. In principio l’allevamento era limitato a una o due sole specie che, però, opportunamente selezionate, andavano gradatamente acquistando caratteristiche
molto diverse da quelle rimaste allo stato selvatico: divenivano più
mansuete, le loro carni si facevano più tenere e la produzione di latte
più abbondante.
Furono addomesticati per primi gli ovini, prima la capra e poi la
pecora; seguirono il maiale e il bue che, oltre a fornire la carne, poté
essere utilizzato sia nei lavori agricoli che per il trasporto di pesi; la
sua forza lavoro fu la prima energia impiegata dall’uomo oltre a quella dei propri muscoli. I tipici animali da trasporto vennero dopo,
Fattori che determinarono
la scoperta dell'agricoltura.
L’addomesticamento degli
animali a opera degli
Egiziani
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LA PREISTORIA
LA RU OTA
Un importante mezzo di trasporto, inventato e utilizzato
dall’uomo sin dall’età neolitica, fu una specie di slitta trainata inizialmente dall’uomo
stesso e successivamente da animali
domestici.
Quando si dovevano trasportare per brevi
tratti carichi troppo pesanti, si usavano tronchi di albero
su cui si faceva scorrere il carico. Su questa idea si basa
l’invenzione della ruota.
I sumeri, che abitavano nella Mesopotamia, furono i
primi, intorno al 3000 a.C., a usare la ruota. Erano ruote
piene, cioè senza raggi, molto spesse e pesanti, collegate da un asse che le faceva ruotare. In seguito la ruota
fu perfezionata con il mozzo e con i raggi, che la resero
molto più leggera e maneggevole. Le merci che dovevano essere trasportate per lunghi viaggi continuarono tuttavia, data la scarsità di strade, a essere trasportate a
dorso di asini e muli e in un secondo tempo di
cammelli.
I primi carri furono usati per trasportare
i soldati in battaglia, ma non in combattimento. Solo dopo il 2000 a.C.
si cominciò a usare come trasporto il carro; si trattava di un carro
molto leggero, munito di ruote a
raggi e trainato da cavalli.
L’importanza dell’invenzione
della ruota fu notevole, basti
pensare che un animale aggiogato a un carro con ruote poteva trainare un peso tre volte superiore a
quello trasportato su una slitta.
Donna che lavora al telaio. Il telaio, inventato nell’età
neolitica, fu uno dei primi strumenti che rese più agevole e rapido il lavoro di tessitura. I primi telai erano
costituiti da due paletti di legno fissati al suolo, e altri
orizzontali sui quali venivano tesi i fili in senso verticale rispetto all’ordito.
prima l’asino e poi, ma ormai in
epoca storica, il cavallo.
Prima della rivoluzione agricola gli
uomini si cibavano di quello che la
natura offriva spontaneamente, con
l’agricoltura, invece, essi intervengono
attivamente nel processo naturale: scelgono innanzitutto il tipo di vegetali che
desiderano, poi selezionano i semi da
destinare alla riproduzione, migliorandone
costantemente la qualità per ottenere un’alimentazione più varia e razionale. Nei terreni poco umidi
portano l’acqua, la trasferiscono dove ce n’è troppa; disboscano per ricavare terra da coltivare,
modificando così il paesaggio.
Si può dire che prima della scoperta dell’agricoltura l’uomo era passivo nei confronti della natura,
in quanto si limitava a raccogliere e a cacciare quello che nasceva spontaneamente, con l’agricoltura
diviene attivo, cioè produce quello di cui ha bisogno; la natura diventa così il mezzo di cui egli si serve
per il conseguimento dei suoi fini.
L’agricoltura e l’allevamento non costituirono le uniche fonti di cibo per l’uomo; egli continuò anche a praticare la raccolta di vegetali, la caccia e la pesca.
3. LO SVILUPPO TECNOLOGICO
22
Un’ascia del periodo neolitico.
Nelle comunità paleolitiche tutti gli individui si dedicavano alla ricerca di cibo, non essendo possibili altre
specializzazioni, perché all’individuo che avesse svolto altre attività sarebbe venuto a mancare il cibo, in
quanto, dovendo ognuno pensare solo al proprio sostentamento, nessuno glielo avrebbe potuto procurare.
Con la diffusione dell’allevamento e dell’agricoltura la situazione risultò profondamente modificata, in
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CAPITOLO
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2 - IL NEOLITICO E LA RIVOLUZIONE AGRICOLA
Piastra di argilla risalente a circa 5000 anni fa, proveniente dalla Mesopotamia, che raffigura a sinistra un
sacerdote e a destra un fedele.
.
quanto era possibile per una minoranza
non impegnarsi nella produzione di viveri e dedicarsi, invece, ad altre attività.
Nacquero così gli artigiani, i commercianti, i guerrieri e i sacerdoti.
Le esigenze dell’agricoltura e la presenza degli artigiani portarono nell’età neolitica a uno straordinario
sviluppo tecnologico. L’uomo inventò strumenti di lavoro, necessari
per operazioni complesse quali l’aratura
e la mietitura. Si ebbero così pestelli, mortai, macine, falcetti, vanghe e zappe, depositi per la conservazione dei cereali. Venne sempre di più sentita anche l’esigenza di strumenti necessari alla cottura dei cibi. Ecco perché, dopo l’allevamento e l’agricoltura, inizia la produzione di oggetti di ceramica. La materia prima era l’argilla che veniva modellata nelle forme desiderate e poi messa a cuocere in forni all’aperto. Si ottenevano così vasi, ciotole, piatti di ceramica elegantemente rifiniti, di
varie forme e colori che sostituirono i recipienti di vimini, di legno e di pelle. Poi si arrivò alla filatura e alla tessitura che, utilizzando come materie prime le fibre di lino e la lana delle pecore, permisero il passaggio dagli indumenti di pelle alle vesti di tessuto. L’abitudine di riservare l’attività
tessile alle donne incominciò allora e si può dire che sia durata quasi fino ai nostri giorni.
4 . DAL V ILL AGG IO ALL A CI T T À
Questo terreno
è mio!
L’economia basata sull’agricoltura e sull’allevamento portò a un notevole aumento
della popolazione, che si fece sempre più sedentaria, per cui il centro sociale più
importante divenne il villaggio. I primi villaggi comprendevano
poche capanne circolari di canne e fango. In seguito le abitazioni, che ormai possiamo chiamare case, furono costruite in muratura con blocchi di argilla cruda
e a pianta rettangolare.
All’inizio la struttura sociale del villaggio era molto semplice, perché le attività
non erano ancora ben diversificate. La divisione del lavoro avveniva essenzialmente
sulla base del sesso. I maschi si occupavano della caccia e della pesca, ridotte sempre più a una funzione secondaria, nonché della fabbricazione degli strumenti, le donne, invece, dell’intreccio di
stuoie, della filatura, della tessitura e della lavorazione dell’argilla. Le due attività fondamentali,
coltivare i campi e accudire il bestiame, venivano svolte da uomini e donne insieme.
Nei villaggi si sviluppò anche il concetto di proprietà privata. All’inizio il possesso era collettivo:
sia le terre che i prodotti appartenevano a tutti gli abitanti del
villaggio. In un secondo tempo il bestiame e la terra divenneO
I
C
H
C
R
ro di proprietà delle singole famiglie e poi degli individui. Si
GER A
creò, così, un ordine G E R A R C H I C O tra chi era proprietaDa gerarchia. Indica un ordirio di terre e bestiame e chi non lo era.
a scalare, regolato
ne,
secondo il principio della
indivisubordinazione all’autorità o degli
dui inferiori a quelli superiori.
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LA PREISTORIA
5. I L CU L T O D E G L I D E I E L A NA SC IT A D E L L ’O R D INE
SA CE R D OT AL E
Un altro elemento che contribuì a fissare un ordine gerarchico fra gli uomini che vivevano nei villaggi fu
il culto degli dei. Già nel Paleolitico si svolgevano riti magici e religiosi, ma fu nel Neolitico che essi cominciarono ad articolarsi in forme nuove e complesse. Furono scelti posti sopraelevati, protesi quindi verso il
cielo, per farne luoghi sacri alle divinità, identificate nei fenomeni naturali. Quindi si affermò il sacerdote,
dotato di particolare prestigio e potere, custode dei luoghi sacri, il quale aveva il compito di curare i rapporti fra gli dei e gli uomini.
Mentre al vertice della società si imponevano i sacerdoti, al gradino più basso – ma
in epoca molto successiva – troviamo gli schiavi; coloro che, non avendo la protezione di una famiglia, si davano a un padrone che li difendeva, ma che nello stesso
tempo ne sfruttava il lavoro, oppure erano prigionieri catturati durante scontri tra
villaggi vicini per il possesso di qualche area coltivabile. La stratificazione sociale
e il culto divino furono le cause del passaggio dal villaggio alla città. Il centro cittadino era il tempio; intorno a questo edificio, situato spesso in un luogo sopraelevato, si organizzò tutta la vita sociale. I sacerdoti assunsero un’importanza sempre maggiore; erano loro che avevano il compito di assicurare alla città la benevolenza degli dei, di interpretare il futuro e di dare ordini per le diverse attività
agricole.
Con la città l’uomo creò uno spazio
separato dall’ambiente circostante;
alla vita selvatica egli contrappose
una vita civile, una cultura sempre
più elaborata e complessa, che nel
suo insieme prese il nome di “civiltà”,
termine che deriva dal latino civitas
che significa appunto “città”.
La Venere di Willendorf, statuetta in pietra
calcarea.
Il re e il suo accolito portano
doni al tempio.
6. L’ETÀ D EI META LLI
24
Un altro miglioramento della vita dell’uomo preistorico si ebbe
BA RAT TO
con la lavorazione dei metalli. Intorno al 6.000 a.C. gli uomini
cominciarono a lavorare il rame, un metallo abbastanza diffuso e
L’atto di dare una cosa in camfacile da estrarre, che veniva fuso ad alte temperature e versato in
bio di un’altra. In economia
stampi di argilla per ricavarne oggetti resistenti. Nel 3.000 a.C. scoscambio di beni contro beni.
prirono la possibilità di migliorare la resistenza dei metalli attraverso la lega: il rame fuso insieme allo stagno diede il bronzo, un
metallo molto più duro. Verso il 1200 a.C., l’uomo imparò a estrarre il ferro dalle miniere e a lavorarlo, ma
ormai dalla Preistoria si era passati alla Storia.
Durante l’età dei metalli si ebbe un grande sviluppo commerciale, perché il rame e lo stagno non si trovavano in ogni posto, per cui gli uomini dovevano intraprendere lunghi viaggi per procurarseli, scambiandoli con i loro prodotti. Nacque così il B A R A T T O .
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2 - IL NEOLITICO E LA RIVOLUZIONE AGRICOLA
ESERCIZI
1. Indica con una crocetta se le seguenti affermazioni sono vere (V) o false (F):
V
F
a - Le prime piante coltivate furono gli alberi da frutto.
b - Il Cristianesimo usa i cereali, l’olio e il vino nelle sue principali cerimonie.
c - Prima dell’agricoltura si ebbe l’addomesticamento di alcuni animali.
d - I primi animali addomesticati furono il maiale e il bue.
e - La prima energia impiegata dall’uomo, oltre a quella dei propri
muscoli, fu quella del bue.
f - Con l’agricoltura gli uomini intervennero attivamente nel processo
naturale.
g - In seguito alla scoperta dell’agricoltura e dell’allevamento gli uomini smisero di praticare la raccolta di vegetali, la caccia e la pesca.
h - La diffusione dell’agricoltura e dell’allevamento permise la nascita
degli artigiani, dei commercianti, dei guerrieri e dei sacerdoti.
i - La materia prima nella produzione di oggetti di ceramica era l’argilla.
l - La filatura e la tessitura delle fibre di lino e della lana delle pecore
permisero il passaggio dagli indumenti di pelle alle vesti di tessuto.
2. Quando si verificarono le seguenti scoperte? Fai una crocetta nella casella corrispondente:
Ago
PALEOLITICO
NEOLITICO
Fuoco
Clan e tribù
Allevamento
Agricoltura
Vesti di pelle
Caccia
Linguaggio
Arco
3. Rispondi alla seguente domanda: quali furono le conseguenze della rivoluzione agricola?
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LE PRIME CIVILTÀ
DELLA STORIA
1
Le civiltà
della Mesopotamia
CAPITOLO
2
CAPITOLO
3
La civiltà egizia
Gli Ebrei
4 5 00
26
a.C.
I Sumeri occupano
la Mesopotamia
2000
a. C.
Gli Amorrei sottomettono le città sumere
e fondano Babilonia
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CARE SORELLE,
Il popolo mi ama. Io sono il faraone, il dio Horus,
figlio di Osiride e Iside e l’intero Egitto è nelle mie mani.
Molto presto partirò e attraverserò i grandi fiumi del Nilo, del
Tigre e dell’Eufrate, dove sono fiorite le grandi civiltà. Come sapete, i primi ad abitare la Mesopotamia sono stati i Sumeri, che si organizzarono attraverso una rigida gerarchia sociale, in seguito i Babilonesi svilupparono fortemente gli studi nei campi dell’astronomia, dell’astrologia, della
matematica, raggiungendo importanti traguardi in ambito tecnico. Noi Egiziani
abbiamo il prezioso limo, che il Nilo produce rendendo fertile questa terra,
anche se le regioni desertiche non ci permettono di abitare (e sfruttare) quei
paesaggi desolati…senza vita…sob. Le imponenti piramidi e i suggestivi obelischi
sono testimonianze indiscusse della nostra abilità nella architettura. E siamo gli
unici a venerare i morti attraverso l’imbalsamazione e la mummificazione. Nelle
tombe i defunti hanno oggetti e cibo, in maniera che il loro viaggio verso l’aldilà sia sereno e sicuro, a patto che la loro vita sulla terra sia stata onesta!
Sono sicuro che avremo nella storia un ruolo importante; passeranno i
secoli e gli uomini volgeranno a noi sempre uno sguardo di ammirazione e di… stupore!
Mi raccomando,
OGNI SCRIBA DOVRÀ RACCONTARE
LE MIE IMPRESE!!!
125 0
a .C.
Gli Ebrei fuggono
dall’Egitto
800
a.C.
I Fenici fondano
le prime colonie
70
d.C.
I Romani distruggono
Gerusalemme
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LE PRIME CIVILTÀ DELLA STORIA
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INTRODUZIONE
L’ambiente geografico ha avuto un ruolo decisivo
nella nascita delle prime civiltà. Non c’è dubbio
che alcune condizioni ambientali stimolino più di
altre il progresso umano. Un territorio improdut-
tivo difficilmente favorisce lo sviluppo tecnico,
anzi spesso nemmeno l’insediamento umano; ma
neanche una terra troppo ricca stimola l’intelli-
genza, al contrario, di solito spinge l’uomo a vivere usufruendo dei beni che essa offre spontaneamente.
Le regioni in cui sono nate e si sono sviluppate le
prime civiltà avevano molte potenzialità che
necessitavano di un notevole impegno materiale e
intellettuale perché potessero essere sfruttate.
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LE PRIME CIVILTÀ DELLA STORIA
Ti racconteremo:
- DEL RUOLO DEI GRANDI FIUMI;
- DEI SUMERI E DEI BABILONESI.
1
LE CIVILTÀ
DELLA
MESOPOTAMIA
CAPITOLO
1 . LA CI VI L T À NA SCE LU N GO I L CO RS O DEI
GR A NDI F IU M I
Sin dal V millennio a.C. molte tribù si erano concentrate nei pressi di grandi fiumi, fra il
Tigri e l’Eufrate, lungo il Nilo, l’Indo e il Fiume Giallo in Cina; tutte zone in cui la caccia
e la pesca compensavano la scarsità dell’allevamento. Ogni tribù tentò di coltivare quelle
terre, su cui le periodiche inondazioni depositavano il limo, un fango particolarmente fertile, ma gli sforzi di singole tribù erano insufficienti a bonificare territori con immense
paludi. Perciò fu necessario il lavoro unitario di molte tribù per spianare colline e colmare valli, cioè per rendere il terreno piano e quindi facilmente coltivabile dopo ogni inondazione. Ai primi lavori di bonifica seguirono quelli di arginamento, che richiedevano un
numero di persone ancora maggiore e quindi gruppi dominanti che ne coordinassero gli
sforzi. Con grandi sacrifici fu realizzato un sistema di canali e di dighe per regolamentare l’acqua che, concentrata in bacini, poteva essere utilizzata durante i periodi di siccità.
Lo sviluppo delle grandi valli fluviali, dunque, determinò una progressiva unificazione
delle tribù coinvolte nei lavori di bonifica e una sempre maggiore separazione dei ruoli
fra i capi e la grande maggioranza dei subordinati.
Grazie alla spontanea azione fertilizzante del limo e all’irrigazione, l’agricoltura produceva molto più che altrove permettendo a un elevato numero di persone di essere libere dall’incombenza di procurarsi direttamente il cibo e quindi di dedicarsi ad attività più specialistiche. Questo fece sì che le città divenissero centri sempre più importanti, perché accan-
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Un’imbarcazione sul fiume Eufrate.
Un villaggio sulle sponde del Nilo.
Vista satellitare
del fiume Nilo.
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CAPITOLO
1 - LE CIVILTÀ DELLA MESOPOTAMIA
to all’agricoltura, che continuava ad avere un ruolo fondamentale, vi si svilupparono altre attività,
come l’artigianato, il commercio e l’edilizia, che contribuirono notevolmente al progresso della
civiltà.
2 . IL POT ER E P OLIT ICO
Con il passare del tempo la città divenne la sede del potere centrale che coordinava, indirizzava e
controllava tutte le attività lavorative. All’inizio era il sacerdote a detenere sia il potere religioso che
quello politico. I sacerdoti, infatti, amministravano tutte le derrate alimentari che, come ogni altra
cosa, erano considerate proprietà della divinità che abitava nel tempio. I sacerdoti erano anche i
custodi della volontà divina e come tali godevano di immensa autorità, di cui si servivano per
costringere gli altri a prendere parte ai lavori di bonifica delle paludi e di arginamento dei fiumi,
necessari per la coltivazione della terra.
I sacerdoti erano, inoltre, scienziati. Misuravano il tempo, stabilivano le varie fasi dei lavori agricoli, regolavano tutte le attività sociali studiando gli astri e interpretando i fenomeni naturali. Il tempio era il fulcro dell’economia, non solo perché in esso confluivano le offerte che gli uomini portavano agli dei per propiziarseli, ma anche perché vi arrivavano i tributi, sotto forma di prodotti agricoli, che i contadini erano obbligati periodicamente a versare. Nei magazzini del tempio venivano anche conservate le riserve alimentari da
distribuire in caso di necessità. Il tempio, insomma, era il centro di raccolta e di ridistribuzione
della ricchezza, allora rappresentata quasi esclusivamente dal cibo. Allo svolgimento di questa
attività erano addetti funzionari che, in caso di
necessità, ricorrevano ai guerrieri, i quali, normalmente, avevano il compito di difendere la
città.
Nei pressi del tempio c’erano anche le case dei
sacerdoti, quelle dei magistrati, che collaboravano con loro al governo della città, e quelle dei
I portatori di offerte alle divinità.
guerrieri. In un secondo tempo il potere politico fu
assunto prevalentemente dal re, il quale continuò ad
avvalersi del sostegno e del consenso dei sacerdoti, che
rimasero interpreti della volontà divina.
3. DAI SUMERI AI BABILONESI
La Mesopotamia, “terra tra i fiumi” (dal greco mésos, “in
mezzo” e pótamos “fiume”) è un vasto territorio pianeggiante situato fra il Tigri e l’Eufrate. Essa si divideva in
due grandi regioni: a nord l’Assiria e a sud Babilonia,
ossia dall’odierna Bagdad al mare.
Il Tigri e l’Eufrate rendevano fertile il territorio con le
loro alluvioni che, lasciando sul terreno il fertile limo,
I popoli della Mezzaluna fertile.
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LE PRIME CIVILTÀ DELLA STORIA
Lo “stendardo di Ur”. Si tratta di un mosaico di conchiglie e lapislazzuli trovato nel palazzo reale.
In alto è raffigurato un banchetto, in basso alcuni lavori agricoli.
favorivano la coltivazione di numerose specie di vegetali. Tale territorio, ricco anche
di alberi da frutta e di selvaggina, è stato la culla della civiltà.
Il primo popolo a occupare la Mesopotamia, nel 4500 a.C., fu quello dei Sumeri, i
quali si fusero pacificamente con le popolazioni locali. Essi iniziarono lavori per
prosciugare paludi e sottrarre alle acque nuove terre da coltivare, cominciarono a
costruire canali per far defluire l’acqua in eccesso e per conservare l’altra in modo
da utilizzarla nei periodi di siccità. Diedero inizio così a una fiorente agricoltura,
costruirono navi, svilupparono il commercio, edificarono case e templi e fondarono le prime città.
I Sumeri non si organizzarono in un unico Stato, bensì in tante città-stato indipendenti l’una dall’altra, economicamente autosufficienti, a volte in lotta fra loro.
L’organizzazione interna di ogni città era basata su di una forte stratificazione
sociale, al cui apice troviamo all’inizio i sacerdoti, detentori oltre che
del potere religioso anche di quello politico, successivamente un
re, chiamato in lingua sumera lugal “grande uomo”, che svolgeva contemporaneamente la funzione di primo sacerdote e di
comandante dell’esercito e che era considerato il prediletto
degli dei pur non essendo un dio.
Verso il 2000 a.C. gli Amorrei, una popolazione proveniente
dal deserto arabico, sottomise le città sumeriche e fondò
Babilonia, “porta degli dei”, che sotto il re Hammurabi raggiunse un grande splendore. Questi cercò di unificare i diversi
popoli che abitavano la Mesopotamia rafforzando il potere
centrale e imponendo a tutte le città il culto del dio
Marduk. L’unità religiosa avrebbe contribuito ad amalgamare i popoli e a rinsaldare il potere centrale. Nasceva
così la civiltà babilonese, erede per molti aspetti di quella sumerica e a essa debitrice nelle lettere e nelle arti.
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Divinità babilonese
in atteggiamento
protettivo
e invitante al culto.
Statua in bronzo e oro
di Hammurabi in preghiera.
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CAPITOLO
1 - LE CIVILTÀ DELLA MESOPOTAMIA
La porta di Ishtar, ottavo ingresso alla città di Babilonia.
4. TECNICHE E SCIENZE DELLE
CIVILTÀ SUMERO-BABILONESI
Hammurabi sviluppò il commercio, rese l’amministrazione statale più efficiente e promosse una serie di opere
pubbliche, tra le quali ricordiamo il perfezionamento
delle tecniche di irrigazione. Allo scopo di rendere più
uniti i popoli a lui sottomessi, egli emanò per tutti le stesse leggi, riunite in un codice inciso su una lastra di pietra:
la stele di Hammurabi. Il codice di Hammurabi presentava una grande novità rispetto alle altre leggi: non permetteva ai parenti delle vittime la vendetta privata; solo
un funzionario dello Stato, dopo un regolare processo,
poteva emettere la condanna. Questa raccolta di leggi
prendeva in considerazione ogni aspetto della vita e per
molti reati prevedeva la pena di morte.
Veniva ucciso, per esempio, chi causava la morte di un uomo libero,
chi professava la stregoneria, chi
dichiarava il falso nei processi ecc. Altre pene previste erano la mutilazione,
sulla base della legge del taglione, che imponeva come pena per il colpevole
lo stesso danno che questi aveva causato alla sua vittima. Potevano essere
tagliate le mani, le orecchie, il naso ecc.
La società babilonese era divisa in uomini liberi (ufficiali, funzionari di corte
e sacerdoti), semiliberi (artigiani, mercanti e contadini) e schiavi. Le pene
erano diverse a seconda della categoria sociale cui apparteneva chi aveva
commesso il reato e chi l’aveva subito. Le pene più severe erano previste per
gli schiavi, meno severe per i semiliberi e ancora più lievi per i liberi. Solo nel
caso in cui il colpevole commetteva un reato contro un suo pari la pena equivaleva al danno commesso. Si legge, infatti, nel codice: “Se un nobile toglie
un occhio a un altro nobile gli sarà tolto un suo occhio. Se lo toglie a un contadino pagherà una mina d’argento, se lo toglie a uno schiavo pagherà la
metà del suo prezzo d’acquisto”. E ancora: “Il furto subito da un nobile viene
ripagato 30 volte, quello subito da un semilibero solo 10”.
Il codice di Hammurabi si basava su due principi fondamentali: le leggi
dovevano essere certe e sicure – per questo erano scritte – e nessuno poteva
applicarle a suo arbitrio; i deboli e gli indifesi dovevano essere protetti dalla
prepotenza dei più forti.
La civiltà babilonese sviluppò lo studio dell’astronomia intrecciato a quello dell’astrologia, ossia alla credenza che i destini degli uomini fossero
influenzati dagli astri e che attraverso la loro osservazione fosse possibile
prevedere il futuro. Gli scienziati individuarono i movimenti dei pianeti, le
costellazioni, le eclissi di Sole e di Luna; elaborarono un ingegnoso sistema
per la misurazione del tempo. Per il calcolo dell’anno si basavano su un
calendario astronomico di 12 mesi, basato sulle fasi della luna. Ripartirono
il giorno in 24 ore, ciascuna di 60 minuti, proprio come facciamo noi oggi.
Arrivarono a un buon livello nello studio della matematica: idearono il
Il “Codice di Hammurabi”. Stele rinvenuta a Susa (Iran) e conservata presso
il museo del Louvre (Parigi). Nella parte superiore sono raffigurati Hammurabi,
in piedi, e Shamash, dio del Sole e della Giustizia, seduto sul trono.
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LE PRIME CIVILTÀ DELLA STORIA
Lo ziqqurat di Ur.
Lo ziqqurat è un grande tempio costituito da una
serie di piattaforme tronco–coniche sovrapposte,
sulla cui sommità sorgeva il santuario.
sistema decimale; sapevano estrarre le radici
quadrate e cubiche, misurare le aree e i volumi; divisero il cerchio in 360 gradi e giunsero
a inventare una specie di calcolatore per le
moltiplicazioni e le divisioni. Ottennero risultati notevoli anche in ambito tecnico: applicarono la ruota ai trasporti via terra e la vela a
quelli via acqua. In architettura usarono l’arco e la volta, che dopo di loro non furono più
usati fino agli Etruschi. Per le costruzioni utilizzavano mattoni di argilla cotti al sole.
Costruirono palazzi sontuosi e grandiosi templi, edificarono le Ziqqurat, imponenti edifici
sacri alti fino a 10 metri.
La tecnica dei Sumeri: l’immagine presenta carri
da trasporto dei Sumeri. Come si può notare le
ruote erano piene, cioè senza raggi, formate da
due tavolette a forma di semicerchio, tenute
insieme da una coppia di traverse.
5. L E P R IM E FO R M E D I S CR I T T U R A
L’invenzione della scrittura scaturisce dalle esigenze derivanti dalla complessità
Nasce adesso
sociale, politica, religiosa e soprattutto economica delle città. Testimonianze
la scrittura...
certe attestano che sin dal 3500 a.C. la scrittura veniva usata a Uruk, una città
situata lungo il fiume Eufrate. Il suo tempio era il centro di una intensa attività commerciale: dai villaggi circostanti vi giungeva una notevole quantità di prodotti agricoli,
sotto forma di tributi, che in parte venivano scambiati con altra merce e in parte costituivano il compenso degli artigiani e delle altre maestranze della città. Erano responsabili di questo movimento i sacerdoti del tempio e i loro funzionari che, trovandosi in difficoltà nel tenere in
mente tutti i generi di merci, la provenienza e le quantità, si ingegnavano come meglio potevano. Ma di
fronte alla complessa amministrazione della città, che si andava sempre di più ingrandendo, fu necessario escogitare qualcosa di più preciso, nacque così la prima
forma di scrittura.
Tavolette sumere incise a
caratteri cuneiformi.
I caratteri cuneiformi sono
così chiamati perché incisi
sull’argilla con una canna
appuntita che produceva
segni a forma di cuneo.
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CAPITOLO
1 - LE CIVILTÀ DELLA MESOPOTAMIA
ESERCIZI
1. Indica con una crocetta se le seguenti affermazioni sono vere (V) o false (F):
V
F
a - Gli sforzi di singole tribù, in Mesopotamia, erano insufficienti a bonificare vasti territori paludosi.
b - L’acqua fu concentrata in bacini per essere usata nei periodi di
siccità.
c - Lo sviluppo delle grandi valli fluviali non determinò l’unificazione
delle tribù coinvolte nei lavori di bonifica.
d - Nelle città si svilupparono l’artigianato, il commercio e l’edilizia.
e - All’inizio il potere religioso e politico nelle città era nelle mani dei
sacerdoti.
f - I sacerdoti erano anche scienziati.
g - Il tempio svolgeva solo la funzione di centro religioso.
h - I guerrieri avevano solo il compito di garantire l’ordine pubblico.
i - In un secondo tempo il potere politico fu assunto dal re.
2. Indica con una crocetta la conclusione corretta delle seguenti frasi:
a - La Mesopotamia è un vasto territorio
privo di corsi d’acqua.
situato fra il Tigri e l’Eufrate.
b - Il primo popolo a occupare la Mesopotamia fu quello
dei Sumeri.
degli Amorrei.
c - I Sumeri si organizzarono in
un unico Stato.
varie città-stato indipendenti l’una dall’altra.
d - L’organizzazione interna delle città sumere era basata
sull’eguaglianza.
su di una forte stratificazione sociale.
e - Nelle città sumere il re era
comandante dell’esercito e primo sacerdote.
considerato un dio.
f - Hammurabi, re degli Amorrei,
impose a tutte le città il culto del dio Marduk.
fu un grande condottiero.
g - Hammurabi emanò per tutti le stesse leggi per
migliorare le tecniche agricole.
rendere più uniti i popoli sottomessi.
h - Il codice di Hammurabi
vietava ai parenti delle vittime la vendetta privata.
consentiva al colpevole di un reato di difendersi in giudizio.
i - Il codice di Hammurabi prevedeva
pene basate sulla mutilazione.
che la pena per il reo avesse uno scopo rieducativo.
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LE PRIME CIVILTÀ DELLA STORIA
Ti racconteremo:
DEL FIUME NILO;
DELL’ORGANIZZAZIONE DELLA SOCIETÀ;
-
DEL CULTO DEI MORTI.
2
LA CIVILTÀ
EGIZIA
CAPITOLO
1. L’EGIT T O, DONO DEL NILO
Il visitatore dell’Egitto, venendo da paesi con regolari precipitazioni atmosferiche, dove i campi coltivabili si estendono dalle valli sino alle prime pendici delle montagne e dove le condizioni meteorologiche sono varie, si rende conto immediatamente
delle particolari condizioni climatiche e delle caratteristiche del territorio che si estende lungo il corso
del Nilo. L’Egitto è un paese in cui piove raramente e in cui le terre coltivabili, nettamente distinte
dal deserto, si trovano solo lungo la valle del
fiume. Dove non arrivano le acque del Nilo, che
trasportano il prezioso limo, non c’è più la fertile
terra “nera”, ma incomincia la rossa sabbia del
deserto. La delimitazione è così netta che, a volte, è
addirittura possibile stare con un piede su una
zolla di terra alluvionale e con l’altro sulla sabbia
senza vita del deserto. Se si volge lo sguardo verso
la valle del Nilo, si coglie una vita attiva e industriosa; osservando le colline, invece, l’occhio si
perde su un paesaggio desolato. L’attenzione del
visitatore è attratta, soprattutto, dal grande fiume
melmoso, che trasporta la vita insieme all’acqua. Se
il corso del fiume dovesse interrompersi, la fertile
terra coltivabile si trasformerebbe in sabbia, che il
vento spazzerebbe rapidamente via. Quando,
durante le annate di siccità, l’inondazione del Nilo
non avveniva, i danni erano gravissimi; se questo
evento si verificava per diversi anni di seguito, la
carestia era inevitabile con conseguenze disastrose.
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Egiziani intenti a mietere il grano.
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CAPITOLO
2 - LA CIVILTÀ EGIZIA
2 . IL FA RA ONE E L’ORD IN AMEN T O DEL LO S T AT O
Il faraone trae le sue origini dai capitribù della
società agricolo-pastorale precedente, di cui conservò alcune caratteristiche, come il bastone
ricurvo e la barba posticcia di montone. Egli era
il simbolo vivente dello Stato, garante della sua
unità, assommava in sé tutti i poteri, politici e
religiosi, emanava le leggi e le faceva applicare.
Era considerato un dio, il dio Horus, figlio
della più importante coppia divina, Osiride e
Iside, e dopo la morte veniva identificato con lo
stesso Osiride. Era al faraone che le divinità concedevano i benefici delle piene del Nilo, era lui
che teneva i predoni lontani dall’Egitto. Egli era
considerato proprietario di tutto il territorio egizio, compresi gli uomini e gli animali. Proprio
perché lo Stato apparteneva al faraone come proprietà privata, l’Egitto era una monarchia ereditaIl faraone Micerino
ria e il trono era trasmesso di padre in figlio come
fra due divinità femminili.
un bene di famiglia.
La bellissima Nefertiti,
A partire dalla quarta dinastia, il faraone cominmoglie del faraone
ciò ad avvalersi di un primo ministro, il visir,
Akhenaton.
capo e responsabile dell’apparato burocratico
dello Stato, e di altri funzionari, ciascuno
dei quali aveva competenza su un determinato settore della vita del paese: chi era a
Il faraone Micerino raffigurato
capo
dell’amministrazione per la riscossioinsieme alla moglie.
ne delle imposte, chi a capo di quella giudiziaria, chi dirigeva i lavori
pubblici. C’erano poi i governatori
dei nomi, “i distretti”, i nomarchi,
subordinati agli alti funzionari.
Godevano di particolari privilegi i
nobili e soprattutto i sacerdoti; i
nobili erano, generalmente, ufficiali
dell’esercito che si dedicavano alla
difesa dello Stato. I sacerdoti, oltre a
votarsi al culto delle varie divinità,
si applicavano allo studio delle
scienze, soprattutto della matematica e dell’astronomia; ricoprivano, inoltre, ruoli politici essenziali come consiglieri del sovrano, amministravano le imposte in
natura versate dal popolo e i doni dei faraoni ai templi. I sacerdoti e i nobili erano esentati dal pagamento di qualunque tributo, mentre i contadini erano obbligati a versare all’erario parte
del raccolto.
La regina dà l’ultimo tocco all’abbigliamento del giovane faraone
Tutankhamon.
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LE PRIME CIVILTÀ DELLA STORIA
3. LA VI T A S OCIAL E ED EC ONOMIC A
Danzatrici e suonatori ad una festa.
In Egitto erano tenuti in grande considerazione gli artisti, fra i quali
erano apprezzati particolarmente gli scultori e i pittori. C’erano molti
artigiani come fabbri, carpentieri, ebanisti, vetrai, armaioli,
gioiellieri ecc. Generalmente
questi mestieri erano trasmessi di padre in figlio. Rilevante
era anche la produzione
domestica di tessuti e di abiti.
Artisti e artigiani lavoravano
al servizio del faraone, dei
sacerdoti, dei ricchi e potenti
signori, ricevendo come compenso prodotti della natura,
dal momento che non esisteva il denaro, e a volte terre in
concessione. La gran massa
del popolo era costituita da
contadini, alcuni dei quali
lavoravano la terra alla
La gerarchia sociale egiziana.
dipendenza diretta del sovraIl trono di Tutankhamon.
no, erano cioè “servi del re”;
altri ottenevano campi in
assegnazione, dato che solo il
re poteva esserne proprietario; altri ancora erano bracIl tempio di Abu Simbel.
cianti agricoli salariati.
Durante i mesi in cui erano sospesi i lavori nei
campi, i contadini avevano l’obbligo di partecipare alla costruzione dei grandi monumenti.
Come in tutti gli stati dell’antichità, non mancavano gli schiavi; si trattava generalmente di stranieri
catturati durante le spedizioni militari, i quali erano
impiegati per i lavori più umili e gravosi; c’erano
anche i cosiddetti “schiavi di famiglia”, che si
occupavano dei lavori domestici.
Gli Egizi avevano un considerevole senso della
famiglia, all’interno della quale la donna aveva
un ruolo rilevante, tanto che, se rimaneva
vedova,
diventava
capofamiglia.
Particolare cura veniva dedicata
all’istruzione dei figli.
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La statua di uno scriba, conservata al museo del Louvre a Parigi.
Lo scriba era il solo a conoscere tutti i caratteri della scrittura geroglifica,
perciò aveva un ruolo importante nella vita economica e sociale dell’Egitto.
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CAPITOLO
2 - LA CIVILTÀ EGIZIA
4 . L A P R OD U Z IO N E AG R I C O L A E L ’ AL IM E N T AZ I O N E
In Egitto i prodotti agricoli fondamentali erano il grano e l’orzo; dall’orzo si ricavava anche la birra,
bevanda molto apprezzata. Si coltivavano anche ortaggi, lenticchie, fagioli, cetrioli, cipolle e alberi
da frutto, come fichi e datteri.
Lungo il Nilo venivano coltivati, inoltre, il lino, l’ulivo e la vite. La pianta più caratteristica
dell’Egitto era però il papiro, che cresceva rigoglioso negli acquitrini del
delta. Con il papiro si fabbricavano
funi, stuoie, cesti, sandali e perfino piccole imbarcazioni. Dal suo stelo, inoltre, tagliato in piccole strisce, intrecciate, pigiate e fatte essiccare al sole, si
otteneva un foglio adatto alla scrittura,
che si diffuse in tutto il mondo antico.
L’alimentazione delle classi superiori
era molto diversa da quella dei poveri.
I ricchi si cibavano della carne degli
animali che essi stessi cacciavano nel
deserto, come struzzi, antilopi, gazzelle, buoi selvatici, o sul Nilo, come gli
ippopotami, ma preferivano quella di
montone o di capra. I loro pranzi si
Il settore agricolo era molto sviluppato e l’aratura dei campi avveniva concludevano con dolci di miele, fichi
e datteri.
con un aratro di legno trainato da buoi.
La preparazione del pane.
5 . L ’ A L L E V A M E N T O , L E R IS O R S E
M I N E R AR I E E I L C O M M E R C IO
Nell’economia egizia ebbe un peso rilevante l’allevamento
di asini, capre, bovini, montoni, suini e pollame. L’asino fu
molto usato fino a quando non si diffuse l’allevamento del
cavallo.
Notevoli erano pure le risorse minerarie. C’erano cave di calcare da cui si traeva la pietra più usata per la costruzione dei templi, delle tombe e dei grandi palazzi; le pietre più pregiate erano il granito rosso, quello nero e l’alabastro, che venivano adoperate soltanto per le statue degli dei e dei faraoni; non mancavano miniere d’oro e di pietre preziose, come lapislazzuli, turchesi e ametiste.
All’interno dell’Egitto erano poco sviluppate le attività commerciali. In seguito all’accentramento
dell’economia, infatti, ogni suddito riceveva il necessario per vivere dal faraone o dai sacerdoti, perciò gli scambi all’interno erano molto contenuti. Il commercio con l’estero puntava soprattutto
all’importazione di prodotti di lusso, come erbe aromatiche ed essenze di profumi; veniva anche
importato legno pregiato, particolarmente il cedro del Libano, con cui si costruivano le imbarcazioni per navigare sul Nilo, lungo le coste del Mediterraneo e nel Mar Rosso.
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LE PRIME CIVILTÀ DELLA STORIA
Anubi, dio dei morti,
rappresentato con la testa di sciacallo.
6. IL CUL TO DEI MORT I
Gli Egizi pensavano che tutta la realtà fosse la manifestazione di un’unica essenza vitale, tutto secondo loro era vita, anche ciò che appariva come
morte. A ogni stagione il Nilo dona la fertilità ai campi; ogni mattina,
dopo essere “morto” la sera prima, il Sole risorge; anche l’uomo, dopo la
morte, è destinato a ritornare in vita. Ma affinché ciò avvenga è indispensabile che il corpo del defunto sia ben conservato, in modo che l’anima
possa ritornare prima o dopo ad abitarlo. Ecco perché gli Egizi cercavano
di conservare il corpo dei loro morti mediante l’imbalsamazione, tecnica
in cui raggiunsero livelli altissimi. Essa consisteva nella trasformazione
del corpo in mummia, detta così dal nome del più importante materiale usato, la cera, nella lingua egizia,
“mum”. Gli effetti della mummificazione sono stati straordinari tanto è vero che ancora oggi, dopo millenni, possiamo osservare le mummie intatte in molti musei del mondo. La mummia veniva chiusa nel sarcofago, una cassa di legno a forma umana sul cui coperchio era
raffigurata l’immagine del morto. Affinché la vita continuasse
L E DI V I NI T À E G I Z IE
dopo la morte non era però sufficiente la mummificazione. Era
indispensabile anche che il defunto avesse a disposizione tutto
senGli Egizi erano pervasi da un forte
no
ava
ess
ciò che gli era stato necessario durante la vita. Perciò, sulle
prof
i
Ess
.
timento religioso
raado
cioè
ta,
teis
pareti delle tombe degli appartenenti alle classi elevate venivapoli
una religione
e
seri
una
ma
dio
solo
no dipinti animali, persone, oggetti e cibo, allo scopo di circonvano non un
.
di divinità, a volte in lotta fra loro
dare il defunto di tutto ciò che gli aveva reso piacevole la vita
utto di quelli
e che doveva accompagnarlo nell’aldilà.
Avevano il culto degli animali, sopratt
omo, come il
che svolgevano un’azione utile all’u
Poi la tomba veniva accuratamente murata, nella convinzione
arsi delle piene,
coccodrillo che segnalava l’avvicin
che l’anima del defunto se fosse potuta uscire avrebbe tormencallo che elimil’ibis che uccideva i serpenti, lo scia
tato i vivi. I cadaveri delle persone delle classi inferiori veniva, lo sparviero e
nava dalle rive dei fiumi le carogne
no sepolti nella sabbia con una pesante lastra di pietra sulla
distruttori di
il gatto che si cibavano di roditori,
toro
un
Api,
fossa per proteggerli dagli sciacalli, oppure venivano buttati
era
rato
cereali. Par ticolarmente ado
sua
alla
te;
fron
a
sull
nel Nilo, dove i coccodrilli li divoravano.
ca
nero con una macchia bian
le
con
,
toro
altro
un
e
Nei tempi più antichi la sopravvivenza dopo la morte era un
mor te veniva mummificato
deva il suo
privilegio esclusivo del faraone, successivamente l’immortalistesse caratteristiche fisiche, pren
tà diventò un diritto di tutti, i quali, però, per avere accesso
posto.
tificate in ciò
Le principali divinità venivano iden
alla vita eterna, dovevano aver vissuto onestamente sulla
e il Nilo.
che dava prosperità all’Egitto: il Sole
terra. Per questo in ogni tomba veniva posto il libro dei
fu adoraIl Sole, sia pure con nomi diversi,
morti, con lo scopo di suggerire al defunto i meriti che
Amon,
to in tutto il paese; era chiamato Ra,
doveva enumerare di fronte al tribunale di Osiride.
divinità erano Nut, la dea del
Aton. Altre
igurato
cielo, e Anubi, il dio dei mor ti, raff
te in
ama
to
Mol
con la testa di sciacallo.
:
igne
ben
nità
tutto l’Egitto erano le tre divi
ide,
Osir
s
.
u
r
o
H
Osiride, Iside e il loro figlio
del
figlio del dio della terra e della dea
a e
omb
tret
d’ol
cielo, governava il regno
iva
ven
nti;
giudicava le anime dei defu
che
a,
terr
a
dell
identificato con la fertilità
etazioa ogni stagione fa rinascere la veg
uto far
dov
bbe
ne, e con l’energia che avre
tificaiden
si
resuscitare i mor ti. Il faraone
va con Horus.
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CAPITOLO
2 - LA CIVILTÀ EGIZIA
La camera funeraria del faraone Tutankhamon
nella Valle dei Re.
La Sfinge e una delle piramidi di GIza vicino al Cairo.
7. LE ARTI
L’arte egizia fu tra le più splendide del
mondo antico e desta ancora oggi la nostra
ammirazione. Essa non aveva finalità estetiche, cioè le opere non erano ideate e realizzate per essere ammirate, ma esclusivamente per scopi pratici, quali la venerazione degli dei, la propaganda e l’esaltazione
del faraone.
I templi e i sepolcri testimoniano una straIl tempio di Karnak a Luxor.
ordinaria abilità nell’architettura. Le statue, improntate a una notevole solennità, avevano l’intento di idealizzare il personaggio, che veniva rappresentato in un atteggiamento immobile e composto perché esprimesse una profonda religiosità, mentre il volto era riprodotto il più realisticamente possibile.
Quella egizia era un’arte conservatrice, simbolo della fiducia nell’immobilità della struttura politico-sociale sulla quale si fondava lo Stato. Infatti, sia le
opere scultoree che quelle pittoriche si ripetono nel tempo, anche a distanza
di secoli, in forme pressoché identiche nelle pose come nello stile.
Le numerose opere pittoriche che ci sono pervenute attestano la capacità
degli artisti di infondere nelle figure agilità, vivacità e armonia compositiva.
Esse testimoniano anche la gioia di vivere, come traspare dalle rappresentazioni di vita quotidiana, che frequentemente raffigurano scene di banchetti,
di musica e di danza, di caccia e di pesca; scene che generalmente adornavano i monumenti tombali.
Scena di un libro dei morti che illustra il dio Thot
mentre presiede al giudizio dei defunti.
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LE PRIME CIVILTÀ DELLA STORIA
Obelisco del tempio di Karnak. Dopo la conquista dell’Egitto
i Romani trasportarono in Italia molti obelischi,
che divennero simbolo della potenza degli imperatori romani.
8. LE L ET T ERE E LE SCIENZE
La più antica forma letteraria comprende i testi sacri delle piramidi e il libro dei
morti, un insieme di formule religiose scritte in linguaggio solenne. Non manca la
letteratura didattica, costituita da M A S S I M E e racconti di natura morale, quella
cronachistica, che celebra le imprese dei faraoni, e quella profana che presenta
poesie d’amore e racconti romanzeschi, come le famose avventure di Sinuhe, in
cui viene esaltato il senso dell’avventura.
Gli Egizi, spinti da necessità pratiche, acquisirono considerevoli conoscenze in
vari campi del sapere. La notevole conoscenza tecnica e scientifica permise loro di
costruire le piramidi e trasportare gli enormi O B E L I S C H I dalle cave al luogo in
cui dovevano essere eretti. Tutto questo
MAS SIMA
non sarebbe stato possibile senza approfondite cognizioni di meccanica e di
Frase breve con cui viene enunS T A T I C A . Essi giunsero alla misuraciata una regola di comportazione quasi perfetta del tempo, medianmento.
te la lunga e scrupolosa osservazione
degli astri, del succedersi delle stagioni
e delle piene del Nilo. Sin dalle origini
OBE LISC O
avevano adottato un calendario solare per
cui l’anno era di 365 giorni, suddivisi in
Pilastro molto alto a base quadrata ricavato
12 mesi di 30 giorni; mentre i restanti 5
da un solo blocco di pietra, che, restringendosi sempre di più verso l’estremità superiore,
giorni venivano aggiunti ad alcuni
finisce con una punta a forma di piramide. È
mesi, a seconda delle necessità. Il giorornato con iscrizioni e decorazioni sui lati.
no era di 24 ore, ma il dì e la notte avevano una durata variabile a seconda
delle stagioni. L’esigenza della costruST ATIC A
zione e della manutenzione dei canali e
delle dighe, nonché la necessità di ridiseScienza che studia gli stati di equilibrio dei
gnare i confini dei campi dopo ogni
corpi.
piena del Nilo, dettero impulso agli
studi matematici.
Gli Egizi ebbero anche
L’inno al Sole, consideranotevoli conoscenze di
ta un’importante opera
chimica, nome che sembra
di letteratura religiosa.
derivare da kemi, che in
egiziano significa “terra nera”, di chirurgia, tanto
da essere in grado di trapanare il cranio, di anatomia e biologia, come testimonia la mummificazione. Bisogna, tuttavia, notare che non seppero
organizzare e unificare tutte le loro conoscenze
sulla base di una dottrina completa; questo si
verificherà solo nel VI secolo a.C. con la trattazione scientifica della natura propria della filosofia
greca.
Le piramidi di Giza.
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CAPITOLO
ESERCIZI
2 - LA CIVILTÀ EGIZIA
1. Indica con una crocetta se le seguenti affermazioni sono vere (V) o false (F):
V
F
a - Il visir era capo dell’esercito.
b - I monarchi erano governatori dei distretti.
c - I sacerdoti si dedicavano esclusivamente al culto degli dei.
d - Anche i sacerdoti e i nobili dovevano versare i tributi.
e - In Egitto erano molto apprezzati i pittori e gli scultori.
f - I contadini erano “servi del re”.
g - Nei mesi in cui erano sospesi i lavori agricoli i contadini erano
obbligati a partecipare alla costruzione dei grandi monumenti.
h - L’alimentazione dei ricchi era uguale a quella dei poveri.
i - La pianta più caratteristica dell’Egitto era il papiro.
l - L’asino era molto usato nei lavori agricoli.
m - All’interno dell’Egitto erano molto sviluppate le attività commerciali.
2. L’Egitto fu il primo Stato unitario della storia e la prima monarchia assoluta, rappresentata dal
faraone. Completa le seguenti frasi:
I segni del potere del faraone erano
Il faraone era il simbolo vivente
Il faraone era considerato un
Il faraone assumeva in sé
Dopo la morte il faraone era
Il faraone trasmetteva
Il faraone era considerato proprietario
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LE PRIME CIVILTÀ DELLA STORIA
Ti racconteremo:
- DELLE PEREGRINAZIONI DEGLI
- DELLA RELIGIONE EBRAICA.
EBREI;
3
GLI EBREI
CAPITOLO
Una moneta fenicia.
1 . IL P O P O L O E BR A I CO E I L P O P O L O F E NI CI O
Per ragioni diverse il popolo ebraico e quello fenicio hanno avuto nella storia un posto di
rilievo. Gli Ebrei per la loro religione: furono i primi a credere in un solo dio, padre di tutte le
genti, che promette la salvezza dell’anima più che il benessere materiale. I Fenici per il loro impero economico fondato sul commercio con tutti i popoli che abitavano lungo
le coste del Mediterraneo. Essi occupavano una stretta
fascia costiera fra il Libano e il Mar Mediterraneo, confinante a nord con la Siria e a sud con la Palestina, dove si
erano stabiliti nel secondo millennio a.C., provenendo dal
deserto arabico. I Greci li chiamavano “Fenici”, cioè “quelli della porpora”, perché usavano tingere le stoffe di color
porpora; di conseguenza fu chiamata Fenicia la regione
abitata da loro. I Fenici, invece, preferivano chiamarsi
“Sidonii”, cioè abitanti della città di Sidone, che fu a lungo
il loro porto più importante.
Gli Ebrei erano pastori nomadi di lingua semitica, divisi in
12 tribù, che si spostavano con i loro armenti alla ricerca di
nuovi pascoli, guidati da un patriarca, “padre”, scelto, di
I Fenici costruivano navi da guerra e per il commercio.
solito, fra gli anziani per la sua saggezza. Essi erano poco
numerosi e certamente non paragonabili per potenza politica e militare agli
Egizi e ai Babilonesi, eppure hanno avuto una grande importanza nella storia
dell’umanità.
All’inizio del secondo millennio a.C. Abramo, il primo patriarca del popolo
ebraico, partì con la sua gente dalla Mesopotamia alla ricerca di un luogo in cui
stabilirsi. Dopo lunghe peregrinazioni giunse nella Terra di Canaan, l’attuale
Palestina, e vi si stabilì con il suo popolo. Non molto tempo dopo essi, spinti
dalla carestia, emigrarono in Egitto, dove rimasero per diversi secoli. All’inizio
furono accolti benevolmente e ottennero anche terre da coltivare, ma in seguito furono resi schiavi. Perciò, verso il 1250 a.C., guidati dal patriarca Mosè,
decisero di fuggire dall’Egitto e di fare ritorno in Palestina. Durante l’esodo
dall’Egitto verso la “Terra promessa” Mosè ricevette da Jahwèh, sul monte
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Mosè in una statua realizzata da Michelangelo.
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CAPITOLO
3 - GLI EBREI
Dalla città di Ur
alla costruzione del Regno di Israele.
ISR AEL E
Significa “colui che lotta con Dio”.
Nome dato a Giacobbe, nipote di
Abramo, e da lui passato a tutto il
popolo ebraico.
MONOT EIST A
È colui che crede in un solo dio (dal greco
monos, “solo” e cheos “dio”).
.
Il re Salomone incontra la regina di Saba.
Sinai, le tavole dei Dieci comandamenti,
che costituiscono il fondamento della religione ebraica.
Le tribù erano indipendenti l’una dall’altra,
ma, di fronte al pericolo di nemici esterni, si
unirono fondando il Regno di I S R A E L E . Il
primo re fu Saul; a lui seguirono Davide, il
quale conquistò Gerusalemme, e poi
Salomone, famoso per la saggezza e il senso
di giustizia. Egli organizzò meglio lo Stato, sviluppò i commerci, fece costruire a Gerusalemme un grande palazzo
reale e il Tempio, simbolo dell’unità religiosa degli Ebrei.
Dopo Salomone il Regno di Israele decadde e si divise in due
stati: a nord il Regno d’Israele con capitale Samaria, a sud il
Regno di Giuda con capitale Gerusalemme.
Gli Ebrei divisi furono facilmente conquistati dal re babilonese Nabucodonosor, il quale, dopo che ebbe distrutto
Gerusalemme, rese schiavo e portò con sé a Babilonia gran
parte del popolo, che ritornò libero solo dopo che il Regno di
Babilonia fu vinto dai Persiani.
Il popolo ebraico non riuscì a ricostituire il Regno di Israele
conquistato prima dai Persiani, poi da Alessandro Magno e
infine dai Romani, che nel 70 d.C. distrussero ancora una
volta Gerusalemme. Da allora ebbe inizio la diaspora, cioè la
“dispersione”, degli Ebrei nel mondo. Essi però continuarono a mantenere intatta la loro religione e a difendere le loro
tradizioni.
2 . LA RELI GI O NE EB RAI CA
Che strano credere
in un solo dio...
Gli Ebrei sono stati l’unico popolo M O N O T E I S T A dell’antichità, cioè credente in un solo dio e la religione ha condizionato in modo determinante sia la loro
storia che la loro vita pubblica e privata, li ha guidati e sostenuti in tutte le loro
scelte e peripezie e li ha tenuti strettamente uniti anche dopo la diaspora.
Gli Ebrei adoravano come loro unico protettore Jahwèh, dio invisibile, onnipotente e
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LE PRIME CIVILTÀ DELLA STORIA
LA MENOR ÀH
L'angelo di Dio ferma Abramo che sta per uccidere il figlio Isacco.
Si tratta di un grande candelabro
a sette bracci le cui fiammelle
sono alimentate dall’olio di
oliva. La menoràh ardeva
perennemente nel tempio di
Gerusalemme. Dopo che il
tempio fu distrutto nel 70 d.C. dai romani,
la menoràh (che in ebraico significa “candelabro”) ne divenne il simbolo, in ricordo
di quel grande tempio, centro del culto e
della cultura ebraica. Per questo la menoràh non può mancare, ancora oggi, in ogni
luogo di culto ebraico.
giusto, l’unico vero “Dio, Signore dell’Universo e di tutti i popoli”. Essi ci hanno lasciato un testo sacro di grandissima importanza, la Bibbia (dal greco biblia, che significa “libri”), composta da
vari libri, scritti in epoche diverse, che non solo è alla base dell’ebraismo ma anche del Cristianesimo. Per i cristiani, tuttavia, la
Bibbia costituisce solo una parte delle sacre scritture, cioè il
Vecchio Testamento, mentre i Vangeli, gli atti e le lettere degli
apostoli costituiscono il Nuovo Testamento.
Come il Cristianesimo, anche la religione islamica deriva dall’ebraismo. Maometto infatti, fondatore nel VII secolo dell’Islām,
riprende alcuni insegnamenti di Mosè e di Gesù, come testimonia il
Corano, il libro sacro dei musulmani.
La civiltà ebraica, dunque, profondamente animata dall’idea del
divino, ha contribuito moltissimo a infondere e mantenere in buona
parte dell’umanità i valori religiosi. Essa, inoltre, ha rafforzato il
concetto che l’uomo è degno del più alto rispetto, perché creato da
Dio e fatto a sua immagine e somiglianza.
Il luogo di culto degli Ebrei è la sinagoga, in cui un rabbino guida i fedeli nella preghiera. Inoltre, essi devono pregare tre volte al giorno rivolti verso Gerusalemme con il capo coperto da un berretto chiamato kipà.
Il rito principale viene celebrato al tramonto del venerdì,
quando inizia il riposo di 24 ore; per loro, infatti, il giorno
di riposo è il sabato. La festività maggiore è la Pasqua, in
ricordo della liberazione dalla schiavitù in Egitto, celebrata con una cena in cui si consuma l’agnello e il pane
azzimo, cioè non lievitato.
La cena pasquale.
Durante la cena pasquale due rabbini
leggono il racconto della fuga degli Ebrei dall’Egitto.
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ESERCIZI
CAPITOLO
3 - GLI EBREI
1. Indica con una crocetta la conclusione corretta delle seguenti frasi:
a - Per i cristiani la Bibbia degli Ebrei è
il punto centrale del Cristianesimo.
una parte delle Sacre scritture.
b - La religione islamica deriva
dall’ebraismo.
dal Cristianesimo.
c - L’ebraismo sostiene che
l’uomo, creato da Dio, è degno del massimo rispetto.
che Cristo è il Messia.
d - Il rito principale dell’ebraismo viene celebrato
al tramonto del venerdì.
alla domenica.
e - La festività principale degli ebrei è
la Pasqua.
il Natale.
2. Rispondi alle seguenti domande:
a - Perché gli Ebrei hanno un posto di rilievo nella storia?
b - Come preferivano chiamarsi i Fenici?
c - In quante tribù erano divisi gli Ebrei?
d - Che cosa significa patriarca?
e - Che cosa significa Jahwèh?
f - Come furono accolti gli Ebrei in Egitto?
g - Quando gli Ebrei decisero di fuggire dall’Egitto?
h - Dove ricevette Mosè le tavole dei Dieci comandamenti?
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CAPITOLO
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LA CIVILTÀ
GRECA
1
Le società
cretese
e micenea
CAPITOLO
2
CAPITOLO
3
CAPITOLO
4
Le poleis
Le guerre persiane
Alessandro Magno
e l’Ellenismo
Anno dei primi
giochi olimpici
1200
48
800
a.C.
a.C.
Medioevo ellenico
776
a. C.
Fondazione di numerose colonie greche
Sconfitta dell’esercito persiano
per terra e per mare
500
a.C.
479
a.C.
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ZEUS,
e tu saresti il Signore dell’Olimpo, il padre
degli dei? Tu dovresti garantire l’ordine nel mondo
degli uomini e fare in modo che le altre divinità rispettino
l’equilibrio e la pace... Invece mi sembra che gli dei siano capricciosi e dispettosi e che gli uomini si facciano solo la guerra, mandando in rovina anche i bellissimi templi a noi dedicati!!! Sono stufa!
Ora partirò per visitare i luoghi in cui la civiltà minoica e la civiltà micenea
hanno lasciato eccezionali testimonianze del loro splendore. Gli affreschi
dei grandi palazzi dei re dovranno essere meravigliosi! Ma in verità nutro un
profondo desiderio di conoscere la storia delle città-stato, le poleis, specialmente Atene e Sparta, destinate a ricoprire, per motivi diversi, un ruolo
importante nel mondo greco. D’altronde, le guerre persiane metteranno a
dura prova il popolo greco e inarrestabile sarà l’avanzata di Alessandro
Magno. Dunque avrò modo di studiare la società degli uomini, spero
più equilibrata di quella degli dei, i quali non esitano a intervenire
sull’operato umano in maniera non sempre giusta...
TORNERÒ PER DARTI DEI CONSIGLI!!!
Sconfitta greca a Cheronea
ad opera di Filippo II
431
4 04
a.C.
a.C.
Guerra
del Peloponneso
338
a.C.
336
a.C.
Successione di Alessandro Magno
sul trono della Macedonia
323
a.C.
Morte di Alessandro
Magno
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LA CIVILTÀ GRECA
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INTRODUZIONE
La civiltà europea è nata in Grecia in una piccola e povera area
geografica, situata nella parte meridionale della penisola balcanica,
una terra che si affaccia su un mare limpidissimo con una costa
molto frastagliata. Però il mondo greco si è sviluppato non solo in
questa parte continentale, ma anche nelle numerose isole del Mar
Egeo, del Mar Ionio e sulle coste dell’Asia Minore. Intensi rappor-
ti commerciali e spirituali univano, infatti, il Peloponneso alle isole
Cicladi, all’Attica e a Creta, così come il resto della Grecia alle
altre isole dell’Egeo. Tanto è vero che le civiltà cretese e micenea,
nelle quali si possono rintracciare i primi segni della civiltà greca,
sono state indicate con l’unico appellativo di “civiltà egea”.
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LA CIVILTÀ GRECA
Ti racconteremo:
DELLA CIVILTÀ MINOICA;
DELLA CIVILTÀ MICENEA;
-
DEL MEDIOEVO ELLENICO.
1
LE SOCIETÀ
CRETESE
E MICENEA
CAPITOLO
1 . L A S OC IE T À C R E T E S E
52
L’isola di Creta, situata quasi al centro del Mediterraneo orientale, è
stata un punto di incontro tra la Grecia, l’Egitto e l’Asia minore. Già
nel III millennio a.C. i Cretesi abitavano Creta e varie altre isole
dell’Egeo. Le città cretesi, indipendenti fra loro, sorgevano intorno
ai grandi palazzi dei re. Alcuni di questi palazzi, riportati alla luce
dagli archeologi, destano la nostra meraviglia per la ricchezza e la
perfezione architettonica. Si sviluppavano intorno a un cortile centrale e, pur essendo di almeno due piani, si inserivano perfettamente nel paesaggio circostante, poiché seguivano l’andamento del terreno ed erano forniti di numerosi giardini pensili. Generalmente il
piano terra era utilizzato come deposito per le provviste di grano,
olio, vino, mentre i piani superiori erano destinati ad abitazione del
sovrano e della sua famiglia. Soprattutto la stanza del trono era
decorata a colori vivaci. Ogni palazzo era costituito da numerosissime stanze, collegate fra loro da ampi corridoi; non mancavano le
stanze da bagno, fornite di vasche dalla linea molto elegante.
Le vaste foreste che coprivano le montagne consentirono ai suoi abitanti di costruire una poderosa flotta mercantile, capace di trasportare grandi quantità di merci. I Cretesi furono in grado, in tal modo,
di diffondere i loro prodotti in tutto il Mediterraneo orientale.
Esperti nella tecnica del tornio, crearono bellissimi vasi di ceramica,
mirabilmente decorati con raffigurazioni di animali e di fiori. Erano
anche abilissimi costruttori di armi; infatti, le loro frecce e i loro
archi erano particolarmente apprezzati. Fabbricavano, inoltre,
spade e pugnali con l’impugnatura di avorio, A L A B A S T R O ,
argento e oro.
Per proteggere le navi mercantili e i commerci allestirono anche
una flotta da guerra con la quale riuscirono a dominare il mare a
tal punto che le loro città non avevano bisogno di mura di difesa,
perché la flotta era in grado di fermare, sul mare, qualunque
aggressore.
Il “Principe dei gigli”. L’armonia di questa
immagine prelude alla ricerca dei Greci
sulla figura umana.
A LA BAS TR O
Minerale di colore bianco o
giallognolo usato per lavori
ornamentali.
Nell’antico Egitto, a Creta e a Micene era
utilizzato anche per i rivestimenti di pareti o per i vasi funebri.
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CAPITOLO
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1 - LE SOCIETÀ CRETESE E MICENEA
La corrida cretese. L’affresco raffigura la capriola acrobatica di un atleta sopra il dorso di un
toro. Questo gioco ha un significato profondamente religioso, perché il toro rappresentava il
genere maschile. Il toro, inoltre, era l’animale
sacrificato alla dea madre. Spesso sulle facciate
dei templi venivano collocate gigantesche
corna di pietra a indicare la sacralità di quei
luoghi.
La società cretese era particolarmente
festosa e serena; così, infatti, ci appare
attraverso le pitture parietali e le decorazioni sulle ceramiche. Il sovrano, sempre
circondato da ministri, funzionari e scribi, era considerato simile a un dio. La donna occupava un
posto centrale nella società; il nome di famiglia veniva trasmesso, infatti, in linea femminile. Gli
uomini e le donne lavoravano insieme nei campi e nelle fabbriche, insieme frequentavano le assemblee, i teatri e i giochi sportivi. Lo spettacolo che più di ogni altro entusiasmava i Cretesi era un
gioco che consisteva nell’aizzare un toro contro un giovane, il quale, mentre l’animale lo caricava a
testa bassa, doveva essere agile e veloce nell’afferrargli le corna, fare una giravolta e ricadere in groppa o dietro all’animale.
Rhyton a testa
All’inizio della loro civiltà i Cretesi adoravano pietre, animali e piante; sucdi toro in
cessivamente venerarono la dea madre, che aveva come compagno un toro.
argento.
Durante i sacrifici, ai quali presiedevano le sacerdotesse, veniva utilizzata
Recipiente
un’ascia considerata magica, caduta dal cielo: la làbrys. Il toro e la colomba
usato per bere.
erano animali sacri.
I Cretesi furono molto influenzati dalla civiltà egizia, ma riuscirono ugualmente a elaborare una cultura originale, contribuendo a creare le basi della
civiltà europea. La civiltà cretese fu la prima a basare la propria ricchezza sugli
scambi commerciali marittimi; questo contribuì notevolmente allo sviluppo
delle civiltà lungo le coste del Mediterraneo. Furono i Cretesi, infatti, a mettere in
comunicazione paesi lontani. La civiltà cretese, detta anche minoica dal nome del
famoso re Minosse, scomparve improvvisamente, forse a
Chissà
causa di un terremoto o di un maremoto, e i suoi abitanti
p
e
r
q
uale motivo
furono vinti dal popolo guerriero dei Micenei.
la civiltà cretese è finita...
2 . LA C IV IL T À M IC E NE A
Nello stesso periodo in cui nel mare Egeo fioriva la civiltà minoica nella penisola greca ci fu l’arrivo degli Indoeuropei, che Omero chiama Achei e che costituirono il primo gruppo dei futuri Elleni.
Insediandosi fra le aspre montagne e nelle valli più fertili della Grecia, essi si raggrupparono in una
serie di villaggi. Risentirono indubbiamente dell’influenza della civiltà minoica; per questo probabilmente a poco a poco anch’essi costruirono varie città, la più importante delle quali fu Micene, nel
Peloponneso; perciò noi chiamiamo civiltà micenea quella che si sviluppò tra il 1600 e il 1200 a.C.
Gli Achei si distinguevano dai Cretesi soprattutto perché erano popolazioni fondamentalmente
guerriere che usavano armi potenti e carri da guerra. Le loro città, ognuna delle quali formava un
regno, erano cinte da alte e poderose mura. Anche i palazzi dei re, costruiti sul modello cretese, avevano il carattere di grandi fortezze.
Intorno al re primeggiava la classe dei nobili, che erano esperti guerrieri. I valori più apprezzati
erano la forza, il coraggio, l’eroismo.
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LA CIVILTÀ GRECA
La porta dei leoni a Micene.
Un’importanza particolare aveva il culto dei morti.
Sono state ritrovate le grandiose tombe dei re con ricchissimi corredi funebri. Gli Achei conoscevano
Coppa aurea micenea
anche una forma di scrittura sillabica, derivata per
con decorazione a spirale.
semplificazione dalla più complessa scrittura cretese, come si è potuto capire
dalle numerosissime tavolette ritrovate negli scavi di Micene e di altre città.
Essi appresero l’arte della navigazione dai Cretesi, ai quali subentrarono,
intorno al 1450 a.C., nel dominio del Mare Egeo. Verso il 1250 a.C. ci fu la
guerra di Troia, potente città dell’Asia Minore che controllava il passaggio
dei traffici fra il Mar Nero e il Mare Egeo. Gli Achei organizzarono una spedizione contro Troia, che pur resistendo a lungo all’assedio, alla fine fu costretta a soccombere. Poco dopo la distruzione della città la civiltà micenea sparì come
quella minoica. E, come nel caso di Creta, la fine della potenza degli Achei è stata
attribuita a fattori diversi. Si pensa, fra l’altro, a una gravissima crisi economica, che
ne avrebbe drasticamente ridotto la prosperità. Ma il fattore principale sembra essere
stato l’invasione della Grecia da parte dei Dori, anche essi Indoeuropei come gli Achei.
Con l’arrivo di questo popolo e degli altri che seguirono si aprì un importante capitolo della storia.
3 . L’ IN VA SI O NE DO R IC A
Guerrieri achei.
Dopo aver conquistato la Grecia centrale, i Dori penetrarono nel Peloponneso
e, abbattuta la civiltà micenea, ridussero in schiavitù gli Achei. Dal 1200 all’800 a.C.
la Grecia attraversò un periodo di grave crisi, a cui è stato dato il nome di Medioevo
ellenico, per indicare il periodo di mezzo fra la civiltà micenea e quella della Grecia
classica. Durante il Medioevo ellenico, le caratteristiche della civiltà micenea scomparvero quasi del tutto. Le attività artistiche e artigianali si ridussero notevolmente, così gli
scambi commerciali; l’economia tornò a basarsi quasi esclusivamente sull’agricoltura e sull’allevamento. Per quanto riguarda l’organizzazione politica, i grandi regni achei si frantumarono in piccole unità: prima ogni centro fu governato da un re, poi subentrarono i nobili, grandi
proprietari terrieri e allevatori. Oltre ai nobili c’erano gli uomini liberi, dediti all’agricoltura e al commercio, che si svolgeva mediante il baratto. Non mancavano gli schiavi che, come al solito, erano costretti a
svolgere i lavori più faticosi e più umili.
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CAPITOLO
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1 - LE SOCIETÀ CRETESE E MICENEA
ESERCIZI
1. Inserisci nella tabella gli avvenimenti corrispondenti alle date riportate nella colonna di sinistra:
DATE
AVVENIMENTI
III millennio a.C.
1600–1200 a.C.
1450 a.C.
1250 a.C.
1200–800 a.C.
2. Rispondi alle seguenti domande:
a - Dove si trova l’isola di Creta?
b - Dove sorgevano le città cretesi?
c - A cosa era adibito il piano terra dei palazzi dei re?
d - In che modo i Cretesi trasportavano le loro merci?
e - A chi era affidata la difesa delle città cretesi?
f - Quale posto occupava la donna nella società cretese?
g - Quali erano i valori più apprezzati dagli Achei?
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LA CIVILTÀ GRECA
Ti racconteremo:
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-
DELLE CITTÀ-STATO;
DELL’ORGANIZZAZIONE SOCIALE A SPARTA E AD ATENE.
CAPITOLO
2
LE POLEIS
1 . DAL L ’ AR I ST O CR AZ IA V E R SO L A D E MO C R AZ I A
In seguito a un lungo e complesso sviluppo sociale, sorsero in Grecia varie
poleis, “citta-stato”, indipendenti l’una dall’altra, governate dagli aristocratici (dal greco áristos, “il migliore” e krátos “potere”). Mentre nelle città micenee i centri ruotavano intorno ai palazzi dei re, nelle poleis la vita sociale
si svolgeva nell’A G O R À , cioè nella piazza, sede del mercato e dell’assemblea dei cittadini, che si riunivano per discutere delle necessità della
città. Ogni polis aveva un’acropoli, “città alta”, in cui venivano edificati
i templi e i monumenti più importanti, e una parte bassa costituita da
villaggi, campi, porti, abitata da tutti i cittadini senza distinzione di ceto
sociale.
Quando, oltre all’agricoltura e alla pastorizia, si incominciò a praticare su
larga scala anche l’artigianato, si sviluppò il commercio marittimo. Verso la
metà del 700 a.C. la fondazione di colonie agevolò l’esportazione di prodotti artigianali e l’importazione di materie prime. Molto importante ai fini
dello sviluppo economico delle
città fu l’uso della moneta che,
A GORÀ
oltre a facilitare gli scambi, permise il prestito a chi intendeva iniPiazza principale della polis, in cui
si svolgeva la vita politica e comziare un’attività economica. I commermerciale della città. Era di forma
cianti e gli artigiani, man mano che si rafforzarettangolare, aveva su tutti e quatvano economicamente, vedevano nel governo
tro i lati dei portici su cui si affacciavano gli uffiLa dea Atena. degli aristocratici, essenzialmente proprietari
ci pubblici principali.
terrieri, un potere ingiusto e oppressivo da parte
di pochi sul resto dei cittadini. Le poleis vissero pertanto un
lungo periodo di gravi tensioni fra i nuovi gruppi emergenti e i
nobili.
Ad Atene una limitazione del potere nobiliare si ebbe verso la
fine del VII secolo a.C. quando, per la prima volta, furono messe
per iscritto le leggi. L’incarico fu dato a Dracone, il quale, nel
codice che porta il suo nome, inserì norme talmente severe che
ancora oggi chiamiamo “draconiana” una legge molto rigorosa.
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Due monete che raffigurano una testa di
donna e un mostro.
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CAPITOLO
2 - LE POLEIS
Schema della struttura delle poleis greche.
La necessità di avere leggi scritte nasceva
dal fatto che, essendo le leggi tramandate
oralmente, i nobili, che erano gli unici a
esercitare la funzione di giudici, le applicavano in modo arbitrario, di solito nell’interesse della classe alla quale appartenevano.
Un altro importante passo verso l’eguaglianza si ebbe con l’estensione dei diritti
politici a tutti i cittadini che avessero un
reddito; questo diede loro l’accesso alle
cariche pubbliche, prima riservate solo ai
nobili. Come si può capire, era iniziato in
alcune città greche il cammino verso la
democrazia.
2 . LA S O CI ETÀ G RECA
In ogni città greca, come abbiamo già accennato, la società era stratificata. All’apice
c’erano i nobili, ai quali spettavano le
cariche pubbliche più importanti, ma
anche l’obbligo di fornire, in caso di guerra, i combattenti meglio equipaggiati.
Uomini liberi, ma di minore prestigio sociale, erano i contadini, gli artigiani, i commercianti. Poi c’erano i meteci, cioè gli stranieri,
In molte poleis all'educazione dei
oggi chiamati immigrati, che erano molto
ragazzi ci pensava un gruppo eletto
numerosi e di rilevante importanza
quasi sempre dai cittadini.
economica, ma non avevano diritti
politici. Anche essi, come gli uomini liberi, si dedicavano ad attività commerciali e artigianali, organizzando lo sfruttamento delle miniere, controllando la produzione delle ceramiche e le attività bancarie. C’erano, infine,
gli schiavi; inizialmente pochi, divennero in un secondo momento tanto
numerosi da costituire la grande massa dei lavoratori delle città.
Nel V secolo a.C. Atene contava circa 150.000 abitanti, di cui quasi 25.000
erano meteci e 60.000 schiavi. In molte città due partiti lottavano per la
conquista del potere: quello degli aristocratici, che volevano conservare
nelle proprie mani il governo della città, e quello dei democratici che, al
contrario, auspicavano l’avvento della democrazia, ossia il potere del
démos, “popolo”. Nessuno, però, si preoccupava dei diritti degli schiavi, ai
quali non restava che la speranza di essere liberati dai loro padroni o la
rivolta.
La dea Afrodite.
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LA CIVILTÀ GRECA
Rovine dell’antica Sparta.
3 . L A S OC IE T À S P AR T AN A
Verso il VI secolo a.C. fra tutte le città-stato emersero Sparta nel Peloponneso e Atene nell’Attica, che
riuscirono a imporre il loro predominio sulle altre
poleis greche. Le due città erano in contrasto fra loro
a causa soprattutto della diversa struttura sociale e
politica. Sparta, dominata da un governo aristocratico-oligarchico, militarmente molto potente, era
legata alla terraferma e basava la sua economia sull’agricoltura. Atene, invece, era una città marittima,
dedita ai commerci, le cui istituzioni politiche si
andavano evolvendo verso la democrazia.
La società spartana era divisa in tre gruppi sociali.
Gli spartiati, discendenti dei Dori, proprietari delle
terre più fertili, risiedevano a Sparta e avevano
nelle loro mani il governo della città. I perieci, abitatori delle zone periferiche meno fertili, erano considerati uomini liberi e come tali obbligati a prestare il servizio militare; erano contadini, pescatori,
commercianti e artigiani. La classe più bassa era
quella degli iloti, discendenti delle popolazioni
indigene del Peloponneso, che erano stati ridotti in
schiavitù ed erano costretti a lavorare la terra degli
spartiati in cambio della metà del raccolto.
L’educazione dei bambini era
molto severa. A sette anni passavano sotto il controllo dello Stato che impartiva loro un’educazione basata soprattutto
sull’addestramento militare. Dovevano imparare a sopportare ogni fatica, la fame e il
freddo, con l’obiettivo di disprezzare il pericolo e diventare guerrieri forti, disciplinati e
valorosi. Essi dedicavano al servizio militare la maggior parte della loro vita: dai 16 ai
60 anni. Le donne, anche se escluse dalle operazioni militari, dovevano praticare attività sportive allo scopo di generare figli forti e robusti. In tal modo l’esercito spartano, pur poco numeroso, era in grado di battere qualunque altro esercito delle cittàstato greche. La potenza militare di Sparta fu favorita anche dalla presenza nel
Peloponneso di miniere di ferro, metallo indispensabile per la costruzione delle armi.
L’organizzazione politica spartana era basata su di un governo oligarchico nelle mani
degli spartiati, i quali, al compimento del trentesimo anno di età, entravano a far parte
dell’Apella, “assemblea popolare”, che prendeva decisioni sulle questioni principali
della città. Le deliberazioni dell’Apella dovevano essere approvate dalla Gherusía, un
consiglio di 28 anziani eletti dalla stessa apella tra i suoi membri di età superiore a 60
anni, i quali restavano in carica tutta la vita. L’apella eleggeva anche un consiglio di
cinque efori, “magistrati”, la cui carica durava un anno, con il compito di fare eseguire le leggi, amministrare la giustizia e controllare il comportamento dei cittadini
e degli stessi sovrani. I re, il cui titolo era ereditario, guidavano l’esercito in caso di
guerra.
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Ragazza spartana raffigurata mentre corre.
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CAPITOLO
2 - LE POLEIS
4 . AT E NE E LA NA SC IT A DE L LA DE M O CR A Z IA
Bassorilievo della dea Atena.
Atene seppe sfruttare abilmente la sua posizione geografica non
lontana dal mare, ove costruì i porti di Falero e del Pireo, in un
territorio, l’Attica, ricco di risorse naturali. Vi erano miniere di
piombo e d’argento; sulle colline, molto soleggiate, si coltivavano
l’ulivo, la vite e il fico; non mancava un’argilla particolarmente
adatta alla produzione dei vasi di ceramica. Gli Ateniesi esportavano tutti questi prodotti, mentre importavano grano, lino,
legname, pece, di cui si servivano nella costruzione delle navi, e
lana grezza, che lavoravano ottenendo morbide stoffe.
Grazie all’affermazione di gruppi di mercanti e artigiani e alla
capacità di due grandi statisti e legislatori, Solone e Clistene, nacque ad Atene, per la prima volta nella storia, una forma di democrazia. Si tratta di una democrazia diretta. Questo significa che
non venivano eletti dei rappresentanti del popolo, ma tutti i cittadini liberi si riunivano in un’assemblea, chiamata Ecclesía. In
realtà tra i 500.000 abitanti dell’Attica del VI secolo a.C. godevano di questo diritto solo 40.000, perché ne erano privi le donne,
gli schiavi e gli stranieri. L’Ecclesía si riuniva nell’agorà e tutti i
partecipanti avevano il diritto di parola. Ogni anno all’interno
dell’Assemblea venivano sorteggiate 500 persone che formavano
il Consiglio, il quale aveva il compito di elaborare e proporre le
leggi all’Assemblea. All’interno del Consiglio venivano estratti a
sorte nove arconti, che si occupavano delle questioni principali,
quali la guerra, la pace, l’economia, la religione, e dieci strateghi,
ai quali era affidato il comando dell’esercito e della flotta. Gli
arconti restavano in carica solo un anno e non potevano essere rieletti, mentre gli strateghi erano rieleggibili senza limitazione alcuna.
Fra il VII e il VI secolo a.C. Atene si trovò in una grave
situazione politico-economica: le terre migliori
erano nelle mani degli aristocratici mentre i piccoli contadini erano ridotti alla fame e spesso in
schiavitù, in quanto non potevano pagare i loro
debiti; per questo si verificavano spesso tumulti.
Nel 594 a.C. venne eletto magistrato, con pieni
poteri, Solone, un abile e giusto uomo politico.
Egli stabilì innanzitutto che tutti i debiti contratti fino a quell’anno venissero annullati e che in futuro nessuno
potesse essere ridotto in schiavitù per debiti. Si fondava cosi il
principio della inviolabilità della libertà personale. Quindi,
per allargare la partecipazione dei cittadini al governo
della città, li divise in quattro classi, senza considerare
l’appartenenza alla classe nobiliare o popolare, ma solo
sulla base del reddito annuo.
Ad Atene se si sospettava che un cittadino tramasse contro la democrazia si poteva ricorrere all’ostracismo.
I nomi degli esiliati dall’Assemblea venivano scritti su un coccio, parola che in greco si dice òstrakon.
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LA CIVILTÀ GRECA
Le prime tre classi pagavano le tasse, fornivano i soldati per l’esercito e di conseguenza potevano ricoprire cariche pubbliche; la quarta, formata da piccoli contadini e artigiani, non pagavano tasse, erano chiamati alle armi solo in caso di necessità, ma non potevano accedere alle cariche pubbliche.
5 . L’ ES PAN SI O NE DELLA CI VI L TÀ G RECA
I contrasti all’interno delle poleis fra aristocrazia e popolo ebbero
frequentemente una valvola di sfogo verso l’esterno. Dall’800 al 500
a.C. ci fu un’altra grande ondata colonizzatrice, non limitata al Mare
Egeo. Furono fondate numerose colonie in tutto il bacino del
Mediterraneo: in Sicilia, nell’Italia meridionale, nell’Africa settentrionale, in Francia e sulle rive del Mar Nero. In alcune zone la colonizzazione fu molto fitta. Cosi accadde in tutta la fascia costiera della
Sicilia, fatta eccezione per la zona di Palermo, colonia fenicia. In
Puglia, Basilicata, Calabria e Campania le colonie greche furono cosi
tante che questa parte dell’Italia meridionale, in epoca latina, fu
chiamata Magna Grecia, cioè Grande Grecia.
Importanti città debbono la loro origine ai Greci, tra le quali ricordiamo Siracusa, Agrigento, Zancle (Messina), Catania, Selinunte, in
Sicilia; Taranto, Metaponto, Sibari, Crotone, Locri, Reggio, Elea,
Cuma, Napoli, Pitecussa (Ischia) e Poseidonia (Paestum) nell’Italia
meridionale. Marsiglia in Francia, Cirene in Libia. Alcune di queste
città raggiunsero una grandezza, una potenza, una floridezza comparabili con quelle della madrepatria. Siracusa, in particolare, finì
col diventare una delle maggiori città del mondo greco.
L’Antro della Sibilla cumana fu uno dei santuari più venerati dell’antichità, scavato dai
Greci tra il VI e il III secolo a.C.
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Resti di uno dei templi di Selinunte.
Un tempio della valle dei templi di Agrigento.
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ESERCIZI
CAPITOLO
2 - LE POLEIS
1. Indica con una crocetta se le seguenti affermazioni sono vere (V) o false (F):
V
a - Nelle città greche la società era stratificata.
b - Nelle città greche c’era un solo partito, quello degli aristocratici.
c - Sparta era una città marinara dedita ai commerci.
d - La società spartana era divisa in tre gruppi sociali.
e - A Sparta i bambini a sette anni passavano sotto il controllo dello Stato.
f - A Sparta le donne non potevano praticare attività sportive.
g - A Sparta c’era un governo democratico.
h - Nell’Attica si coltivava l’ulivo, la vite e il fico.
i - Ad Atene l’ecclesia era l’assemblea popolare che riuniva tutti i cittadini
liberi.
l - Ad Atene gli arconti avevano il compito di occuparsi delle questioni principali.
m - Ad Atene agli strateghi era affidato il comando dell’esercito e della flotta.
n - Dall’800 al 500 a.C. parte dalla Grecia una grande ondata colonizzatrice.
F
2. Spiega il significato dei seguenti termini:
a - Poleis
b - Agorà
c - Acropoli
d - Meteci
e - Apella
f - Gherusia
g - Efori
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LA CIVILTÀ GRECA
Ti racconteremo:
DEL CONFLITTO TRA I GRECI E I PERSIANI;
DELL’ASCESA AL POTERE DI PERICLE;
-
DELLA GUERRA DEL PELOPONNESO.
3
LE GUERRE
PERSIANE
CAPITOLO
1 . LA “MONARCHIA UNIVERSALE”
Verso il 550 a.C. l’imperatore Ciro riunì sotto il suo scettro i Medi e i Persiani, dando vita a quello che sarebbe ben presto diventato l’Impero persiano. Nel giro di una ventina di anni, infatti, Ciro sottomise tutta
l’Asia Minore, la Mesopotamia, le terre dei Fenici e degli Ebrei e i territori
a nord e a est dell’altopiano iranico. Il figlio di Ciro, Cambise, conquistò
anche l’Egitto, mentre uno dei successori di Cambise, Dario I, salito al
trono nel 521 a.C., estese ancora i confini dell’Impero: a oriente fino al
fiume Indo, a occidente dal Bosforo fino al Danubio e alla Tracia.
Esteso dal Golfo Persico al Mediterraneo, l’Impero persiano era il più vasto
di tutti quelli visti fino ad allora, tanto che i contemporanei lo chiamarono
“universale”. I Persiani si erano imposti così rapidamente su tanti popoli
per due ragioni: erano una grande potenza militare e sapevano trattare con
larghezza d’animo e di vedute i popoli vinti, a cui imponevano rapporti di
sudditanza ragionevoli. I Persiani adoravano il sole, la luna, la terra, l’acqua, il fuoco e i venti. Amavano molto il vino. Avevano l’abitudine di
discutere delle questioni più importanti in stato di ubriachezza; il giorno
dopo veniva riportato loro il parere accettato il giorno precedente, se lo
approvavano anche a mente serena vi si attenevano, altrimenti vi rinunciavano.
Quando due persone si incontravano per strada, se erano della stessa condizione sociale, si baciano sulla bocca; se uno dei due era di poco inferiore,
si baciavano sulle guance; se uno era di nascita molto più bassa si inginocchiava e adorava l’altro.
La tomba dell’imperatore Ciro.
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Bassorilievo raffigurante l’imperatore Dario mentre fonda Persepoli.
Il cilindro di Ciro, che contiene un’iscrizione con
la quale il sovrano legittima la conquista di Babilonia.
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CAPITOLO
3 - LE GUERRE PERSIANE
2 . L A S U P R E M A Z I A M I LIT ARE G RECA
Il secolo V a.C. iniziò con la guerra tra
l’Impero persiano e le città greche, una contesa che si può dire tra due mondi; lo scontro
era decisivo, i Greci si rendevano conto che la
posta in gioco era la loro libertà e identità
nazionale. Occasione del conflitto fu la rivolta della città di Mileto contro i Persiani, i
quali reagirono attaccando e distruggendo la
città. Il re Dario, quindi, si volse contro Atene
ed Eretria, che avevano aiutato i rivoltosi. La
spedizione militare persiana, dopo aver occupato Eretria, proseguì verso Atene. L’esercito
ateniese, forte di 10.000 soldati, attese nella
pianura di Maratona quello persiano ben più
numeroso. Ma il comandante ateniese
L’Impero persiano al culmine della sua estensione.
Milziade, che conosceva bene le tecniche di
guerra dei Persiani, li attaccò e li sconfisse.
Si narra che la notizia della vittoria fu portata
da Maratona ad Atene dal soldato Filippide,
il quale dopo aver corso per 42 chilometri e
300 metri morì appena giunto a destinazione
(nelle nostre Olimpiadi si corre in suo onore
la gara chiamata “maratona”).
Malgrado la vittoria di Milziade, era chiaro
che i Persiani avrebbero cercato di ottenere la
rivincita. Perciò, il capo della democrazia ateniese, Temistocle, allestì una potente flotta da
guerra, facendo costruire oltre 100 triremi,
non solo per contrapporla ai Persiani, ma
anche per sviluppare il dominio ateniese nel
Mediterraneo. Il potenziamento della flotta
ateniese ebbe anche un’importante conseUna ricostruzione della battaglia navale di Salamina
nel videogioco “Sparta”.
guenza sociale, perché
sulle navi furono impiegati come rematori molti cittadini che, partecipando
alla difesa della città, oltre ad acquistare maggiore prestigio sociale, acquisirono anche i pieni diritti politici. Quando i Greci ricevettero la notizia che i
Persiani stavano predisponendo un’altra spedizione militare contro di loro, misero da parte le rivalità reciproche e si allearono nella Lega panellenica guidata da
Sparta, che ebbe il comando dell’esercito di terra, mentre ad Atene fu affidato il
comando della flotta. La grande armata persiana, con a capo il re Serse, penetrò
nella Tessaglia e puntò su Atene. Nel tentativo di rallentarne l’avanzata, i Greci
inviarono alcune migliaia di guerrieri al Passo delle Termopili sotto la guida
dello spartano Leonida. Essi riuscirono, per qualche giorno, a fermare l’avanzata
persiana, ma quando si profilò la minaccia di essere attaccati alle spalle, Leonida
fece ritirare il grosso delle truppe e rimase con soli 300 Spartani a difendere fino
Busto di Leonida, condottiero spartano.
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LA CIVILTÀ GRECA
Un guerriero persiano.
alla morte il passo. Il sacrificio di Leonida e dei suoi non fu inutile; non solo perché permise ai Greci di preparare la resistenza, ma, soprattutto, perché fu un
grande esempio per gli altri guerrieri greci che combattevano per la libertà del
loro paese.
Nel 479 a.C. l’esercito persiano fu definitivamente sconfitto sia per terra che per
mare. La vittoria dei Greci assunse un importante significato politico e morale,
perché significava la superiorità dell’Occidente, dove gli uomini erano liberi,
sull’Oriente, dove le popolazioni erano sottomesse alla tirannia del sovrano. In
particolare, fu Atene a incarnare il trionfo della libertà.
3. I G REC I E I PE RS I A NI SU L C AM P O D I
BATT AG LIA
Il conflitto greco-persiano fu molto significativo anche dal punto di vista militare. Sul campo di battaglia, infatti, si ripropose la stessa differenza che c’era fra
le piccole e dinamiche città greche e l’immenso e rigido Impero persiano. Il
guerriero greco, l’oplita, così chiamato dal nome dello scudo (hoplon), era dotato di un armamento semplice e razionale: uno scudo ovale o rotondo, una lunga
lancia, una spada corta a doppio taglio, una protezione di metallo o di pelle
sulle parti più esposte del corpo, dei gambali e un elmo piumato. I soldati persiani, invece, avevano armamenti più pesanti e lunghi
vestiti che impacciavano i loro movimenti. Inoltre,
l’esercito persiano aveva difficoltà di movimento perché troppo numeroso e, soprattutto, perché costituito
da uomini che provenivano dalle varie zone
dell’Impero, per cui, parlando lingue diverse, erano
lenti nel capire gli ordini.
I fanti greci si schieravano a falange, cioè in file compatte, e presentavano al nemico la punta delle loro lunghe lance, per cui apparivano pronti a sfondare le file
avversarie. La cavalleria non aveva, invece, grande
importanza negli eserciti greci, perciò gli strateghi
badavano a evitare che i nemici potessero far valere la
loro superiorità in questo settore, come non
accettavano lo scontro tra eserciti schierati
per non subire la superiorità numerica del
Ricostruzione della falange oplitica greca. In realtà l'equinemico. Milziade vinse a Maratona con un
paggiamento dei soldati non era uniforme, tranne che a
Sparta, dato che ognuno doveva procurarsi da solo le armi
attacco in campo aperto, ma a sorpresa; nella bate decorarle.
taglia di Salamina le navi greche, più piccole, ma
anche più agili e manovrabili, si dimostrarono molto più efficaci delle grandi e pesanti navi avversarie.
Per i Persiani, già stupiti dal fatto che il nemico non si arrendesse di fronte al loro immenso esercito, fu
addirittura sconvolgente sentirsi attaccati da guerrieri che combattevano ferocemente e senza seguire le
regole classiche della battaglia. Fu, dunque, la capacità di variare le strategie di combattimento,
oltre all’ardore di combattere per la propria libertà, a dare la vittoria ai Greci.
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Un arciere persiano.
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CAPITOLO
L’Acropoli di Atene oggi.
3 - LE GUERRE PERSIANE
4 . L’ETÀ DI PERICLE
La vittoria sui Persiani rafforzò Atene, che
aveva sostenuto il peso maggiore della
guerra. Infatti, essa riuscì a estendere sul
mare la sua egemonia e, contemporaneamente, raggiunse il massimo splendore
culturale e artistico, favorita in questo dall’ascesa al potere di Pericle. Questi, capo
del partito democratico, grande oratore e
abile politico, eletto stratega nel 461 a.C.,
sostenne l’espansione marittima e commerciale di Atene. In politica interna estese a tutti i cittadini ateniesi, indipendentemente dalla nascita e dalla ricchezza, i
diritti politici e, per permettere anche ai
più poveri di ricoprire cariche pubbliche,
concesse loro una indennità giornaliera.
L’età di Pericle è nota soprattutto per il
grandioso sviluppo delle arti. Grandi
autori tragici, quali Eschilo, Sofocle ed
Euripide, furono molto apprezzati dagli
spettatori, perché il teatro era per gli
Ateniesi non solo uno svago, ma anche un
mezzo per imparare a ragionare e a giudicare meglio. Fu eretto il Partenone, splendido tempio dedicato ad Atena, di cui lo
scultore Fidia eseguì i fregi e la statua
della dea. Gli scritti dello storico Erodoto
sulle guerre persiane venivano letti pubLa loggia delle cariatidi.
blicamente e filosofi di ogni regione andavano a vivere ad Atene, la città più ricca e popolosa della Grecia. L’arte e la letteratura dell’età di
Pericle ci hanno lasciato un documento del passato glorioso degli eroi e dei miti dell’antica Grecia
e hanno reso Atene la culla della cultura classica; aggettivo con cui nei secoli seguenti essa è
stata identificata.
Le feste principali che coinvolgevano tutta la Grecia erano i giochi olimpici, celebrati in
onore di Zeus Olimpio; tanto che i Greci, a partire dal IV secolo
cominciarono a calcolare il tempo basandolo sulla loro ricorrenza quadriennale, a iniziare dal 776 a.C., data dei primi
giochi olimpici. Atleti di tutte le città prendevano parte a
questa grande celebrazione che si svolgeva a Olimpia,
città del Peloponneso, consacrata a Zeus.
In occasione dei giochi i Greci mettevano da parte
ogni contesa, ogni opposizione politica e tutti si sentivano uniti dallo stesso vincolo nazionale. I giochi olimpici
dunque non erano solo una manifestazione religiosa e sportiva,
ma avevano anche un grande valore patriottico e politico.
Busto di Pericle.
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LA CIVILTÀ GRECA
5. LA GUERRA DEL PELOPONNESO
L’espansionismo ateniese finì col destare viva preoccupazione a Sparta,
potenza militare prevalentemente terrestre. Le due città, rette da regimi
diversi, erano a capo di due leghe politico-militari: Atene della Lega di
Delo, Sparta di quella del Peloponneso.
La causa principale della guerra fra i due schieramenti fu il predominio economico ateniese, che impoveriva città come Corinto, Argo, Megara. Atene,
infatti, aveva il controllo della produzione e dell’esportazione della ceramica e di gran parte del commercio
del grano, del bestiame e dei
metalli provenienti dalle colonie
del Mar Nero e dell’Italia meridionale. La potenza crescente di
Atene, che intendeva imporre la
sua supremazia su tutte le città greche, provocò la reazione di Sparta e
della Lega del Peloponneso.
La guerra scoppiò nel 431 e durò
fino al 404 a.C., si svolse non solo in
Grecia, ma anche in Sicilia e si concluse con la sconfitta di Atene, che
fu costretta ad abbattere le sue fortificazioni, a distruggere la flotta,
tranne dodici navi, e ad aderire alla
Lega dei Peloponneso, riuscendo
tuttavia a conservare la propria
indipendenza. Dopo la guerra, ad
Atene salirono al potere gli aristocratici, il cui governo, chiamato dei
“Trenta tiranni”, fu corrotto e
dispotico; solo in seguito fu reintrodotta la democrazia. La sconfitta
segnò il tramonto dell’impero commerciale di Atene, ma non quello
Stele epigrafica che riporta un decreto onorofico alla città di Samo e un rilievo che rapdel suo dominio culturale, grazie
presenta le dee Era e Atena, protettrici di
soprattutto a uomini di grande
Samo e di Atene, che si stringono la mano.
ingegno, come lo storico Tucidide,
Secondo l’iscrizione gli Ateniesi onorano gli
il commediografo Aristofane, che
abitanti di Samo, rimasti fedeli ad Atene
anche dopo la sua sconfitta ad opera di
nelle sue commedie mise in ridicoSparta, a differenza delle altre città della
lo i suoi concittadini, il filosofo
Lega di Delo, entrate in rivolta.
Socrate, il quale sosteneva la necessità della conoscenza di se stessi prima di giudicare gli altri. Platone, discepolo di Socrate, uno dei più grandi filosofi dell’umanità, importante per
aver parlato dell’immortalità dell’anima e della necessità che il governo
della città fosse affidato agli uomini migliori per onestà e saggezza.
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Stele epigrafica sulla quale sono registrati
i tributi pagati dal 439 al 431 a.C. dalle città
facenti parte della Lega di Delo.
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CAPITOLO
3 - LE GUERRE PERSIANE
ESERCIZI
1. Indica con una crocetta se le seguenti affermazioni sono vere (V) o false (F):
V
a - Il guerriero greco aveva un armamento pesante.
b - Il guerriero persiano aveva un armamento semplice e razionale.
c - L’esercito persiano, in battaglia, aveva difficoltà di movimento perché
era molto numeroso.
d - L’esercito greco si schierava a falange.
e - Nell’esercito greco aveva una grande importanza la cavalleria.
f - Nella battaglia di Salamina, le navi greche, più piccole e agili, prevalsero su quelle persiane.
g - In seguito alla vittoria sui Persiani Atene ottenne la supremazia sul mare.
h - Pericle sostenne l’espansione marittima e commerciale di Atene.
i - Durante l’età di Pericle non ci fu ad Atene un grande sviluppo artistico.
l - Durante l’età di Pericle Atene era la città più ricca e popolosa della
Grecia.
m - Atene era a capo della Lega di Delo, Sparta di quella del Peloponneso.
n - Il tentativo di Sparta di imporre la sua supremazia su tutta la Grecia
provocò la reazione della Lega di Delo.
o - Sparta, alla guida della Lega del Peloponneso, sconfisse la Lega di
Delo.
p - Dopo la guerra del Peloponneso ad Atene fu instaurato il governo dei
“Trenta tiranni”.
F
2. Indica con una crocetta la conclusione corretta delle seguenti frasi:
a - L’imperatore Ciro
iniziò la guerra contro le città greche.
dette vita all’Impero persiano.
b - L’Impero persiano era
il più grande impero di quelli esistiti fino ad allora.
molto debole dal punto di vista militare.
c - L’occasione del conflitto greco-persiano fu
la rivolta della città di Mileto.
il grande sviluppo commerciale persiano.
d - L’esercito ateniese, comandato da Milziade,
attaccò e sconfisse quello persiano.
non riuscì a fermare l’avanzata persiana.
e - Temistocle, capo della democrazia ateniese, in vista dello scontro con i Persiani
arruolò un gran numero di soldati.
fece costruire una potente flotta.
f - I Greci, temendo di doversi scontrare con i Persiani,
si allearono nella Lega panellenica guidata da Sparta.
tentarono di instaurare una trattativa con loro.
g - Dopo una lunga guerra i Persiani
sconfissero i Greci.
furono sconfitti per terra e per mare.
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LA CIVILTÀ GRECA
Ti racconteremo:
DI ALESSANDRO MAGNO;
DEI DIADOCHI;
-
18.12
DELL’ETÀ ELLENISTICA.
4
ALESSANDRO
MAGNO
E L’ELLENISMO
CAPITOLO
1. I L R E G N O D I M A C E D O N I A
A nord della Tessaglia si estendeva il regno di Macedonia, il cui territorio era costituito da una zona pianeggiante coltivata con cura e da boschi e pascoli dove era praticato l’allevamento, in particolare quello dei
cavalli. Il governo dello Stato, che aveva come capitale Pella, era fortemente accentrato nelle mani di un’aristocrazia terriera che eleggeva il re.
Nel 359 a.C. fu eletto re Filippo II, il quale si dedicò particolarmente al potenziamento dell’esercito, allo
scopo di sottomettere la Grecia e aprirsi uno sbocco al mare. In pochi anni egli dotò la Macedonia di un
esercito permanente ben addestrato che si basava sulla cosiddetta falange,
costituita da 1600 opliti, schierati su sedici file di 100 soldati l’una. Ogni soldato era armato, oltre che di spada, di una lunga lancia che puntava contro il nemico; i soldati delle ultime file appoggiavano le loro lance sulle
spalle dei soldati che li precedevano, in tal modo la falange era in
grado di vincere qualsiasi nemico.
Filippo si propose alle città greche come capo di
una grande alleanza dei Greci contro i Persiani.
I Greci rifiutarono e costituirono una lega per
opporsi al re macedone; ma a Cheronea, nel 338
a.C., furono sconfitti e le poleis persero la libertà e l’indipendenza.
Filippo, quindi, si accinse a preparare una spedizione dei Greci contro l’Impero persiano ma,
poco prima che le truppe si mettessero in marcia, nel 336 a.C., fu assassinato, lasciando il
Medaglione che raffigura
trono al giovane figlio Alessandro.
Filippo II, re di Macedonia.
2 . L E C ON QU I S T E D I A L E S S A N D R O M A G N O
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Appassionato lettore dell’Iliade di Omero, Alessandro sbarcò con il suo potente esercito a
Troia, come a voler ricordare l’antica impresa degli Achei contro i Troiani, quindi proseguì per via terra verso la Siria e la Fenicia per sottomettere tutte le basi navali persiane.
Un oplita greco.
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19.18
CAPITOLO
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4 - ALESSANDRO MAGNO E L’ELLENISMO
Alessandro Magno a cavallo.
Nel giro di dieci anni sconfisse ripetutamente l’Impero persiano, conquistò la Siria, la Fenicia, la Palestina, entrò trionfalmente in Egitto, dove fondò Alessandria, destinata a
diventare la più importante città del Mediterraneo prima
dell’ascesa di Roma. Ripresa l’avanzata verso oriente, attraversò l’Afghanistan spingendosi fino in India. Davanti a lui
si apriva il misterioso mondo orientale, ma i suoi soldati,
stanchi di combattere e di marciare, si rifiutarono di procedere oltre. Allora ordinò di ritornare indietro. Rientrò a
La Nike di Samotracia, una delle più
Babilonia, che scelse come capitale dell’impero da lui fonfamose statue ellenistiche, che, pur
dato, e si dedicò all’organizzazione dei suoi domini per unipriva di braccia e testa, sembra simboleggiare l’impeto travolgente delle
ficare culturalmente i popoli sottomessi, integrando la culconquiste di Alessandro.
tura greca con quella orientale. Istituì una moneta unica per
agevolare il commercio; introdusse come lingua ufficiale dell’Impero il greco, facilitò i matrimoni
fra persone appartenenti a popoli diversi, promosse la fondazione di nuove città. Nel 323 a.C., mentre stava progettando nuove spedizioni militari, morì improvvisamente, all’età di appena 33 anni.
Egli era stato il fondatore di un Impero che si estendeva dalla Macedonia fino al fiume Indo e per
questo gli fu attribuito l’appellativo di Magno, “grande”.
Alla morte di Alessandro seguì una lunga serie di lotte fra i suoi generali, i diadochi, “successori”,
per la spartizione dell’Impero, che alla fine risultò diviso in vari regni: il Regno d’Egitto, il Regno di
Siria, il Regno di Macedonia e, in un secondo tempo, il piccolo Regno di Pergamo.
3. LA CULTURA ELLENISTICA
I regni nati dalla dissoluzione dell’impero fondato da
Alessandro Magno furono detti ellenistici dal nome di
“Elleni”, con cui si chiamavano i Greci nel loro complesso.
In tal modo si ruppe l’unità dell’Impero, ma rimase salda
l’unità culturale. Infatti, il greco si affermò come la lingua
comune e la cultura greca si diffuse in tutto il mondo
Mediterraneo e in parte del mondo asiatico.
Durante l’età ellenistica la città assunse un nuovo aspetto.
Essa non era più solo il luogo abitato dai cittadini, con i
mercati e l’acropoli, ma divenne anche la splendida cornice
Laocoonte e i suoi due figli lottano coi serpenti,
scultura greca della scuola di Rodi (I secolo a.C.),
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LA CIVILTÀ GRECA
Ricostruzione della città di Pergamo.
del re, sovrano-dio. Gli spazi pubblici furono ampliati, gli
edifici assunsero proporzioni gigantesche per accogliere il
re e la sua corte. Ogni nuova città fu progettata secondo un
disegno organico; nacque così la scienza urbanistica.
La forma di Stato del mondo ellenistico fu quella di regni
molto ampi. Il più grande fu quello di Siria con capitale
Antiochia, che dopo lunghe guerre contro l’Egitto decadde,
mentre i territori a oriente del fiume Eufrate furono conquistati dai Parti. Altro importante regno fu quello di
Macedonia, che ebbe però vita agitata a causa delle lotte
con le città greche, gelose della loro antica indipendenza.
In Asia Minore si affermò il Regno di Pergamo, assai ricco
e splendido per cultura, dove nacque la carta pergamena,
che si otteneva dalla pelle di pecora e che cominciò a sostituire l’uso del papiro. Tutti questi regni saranno poi conquistati dai Romani. Il regno di Pergamo sarà addirittura
ceduto a Roma per testamento dal re Attalo III.
La forma politica della polis non scomparve, anzi conobbe,
nell’ambito dei regni ellenistici, una nuova stagione, sia
pure con ambizioni minori di quelle di Atene e di Sparta.
Uno dei diadochi, Tolomeo, fondò in Egitto un potente
regno e fece di Alessandria il centro della cultura greca.
Chiamò a corte artisti e scienziati, dotò la città di una
biblioteca che arrivò a contenere oltre 700.000 volumi e di
un’accademia, detta Museo, “luogo delle muse”. Ad
Alessandria fu anche tradotta in greco la Bibbia.
L’Egitto visse tre secoli di prosperità grazie alla produzione e alla esportazione di prodotti molto apprezzati, come
l’olio, la lana, il lino, la canapa, il papiro, la birra, il vetro e
il frumento.
Rovine della città di Pergamo.
L’età ellenistica fu caratterizzata anche da un grande fervore di studi. Eratostene di Cirene calcolò la lunghezza dell’equatore con risultati quasi esatti. Aristarco di
Samo intuì che la Terra ruotava intorno al Sole e che quindi non era al centro dell’universo. Ben nota è l’invenzione degli specchi ustori con cui Archimede, concentrandovi i raggi del Sole, incendiò le navi romane
che assediavano Siracusa. Fu inventato, inoltre, il mulino ad acqua. Nelle arti si distinsero gli scultori di
Pergamo e di Rodi. Tra i poeti ricordiamo Teocrito, iniziatore della poesia bucolica, cioè pastorale,
Callimaco autore di raffinati C A R M I, Apollonio di Rodi, che scrisse un poema epico, Le Argonautiche,
sulle fantastiche gesta di Giasone.
L’antica Grecia è sempre stata idealizzata. I poeti ci hanno lasciato un’immagine che corrisponde, probabilmente, più ai loro sogni che alla realtà, descrivendola come terra di eterna giovinezza, di felicità e di
serenità. Eppure in quel mito c’è qualcosa di vero, c’è il loro
senso della bellezza, il gusto dell’armonia, la tensione verso
CA RME
la purezza dell’animo. Si tratta di un grande messaggio:
non importa se la vita dei Greci era diversa da come viene
Solenne componimento poetico
diretto a interpretare o esaltare lirirappresentata, resta il fatto che noi ce la immaginiamo così
camente un fatto, una persona o
proprio perché essi hanno saputo dare di loro stessi questa
una consuetudine.
immagine.
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CAPITOLO
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4 - ALESSANDRO MAGNO E L’ELLENISMO
ESERCIZI
1. Inserisci nella tabella le date e le conseguenze degli eventi:
EVENTI
DATE
CONSEGUENZE
Filippo II viene eletto
re della Macedonia.
Filippo II sconfigge la lega
greca a Cheronea.
Muore Filippo II.
Muore Alessandro Magno.
2. Indica con una crocetta se le seguenti affermazioni sono vere (V) o false (F):
a - Alessandro Magno scelse Babilonia come capitale dell’Impero da lui fondato.
b - Lo scopo principale di Alessandro Magno era quello di unificare culturalmente
tutti i popoli dell’Impero da lui fondato.
c - Alessandro Magno istituì un’unica moneta in tutto l’Impero.
d - Alessandro Magno ostacolò i matrimoni fra persone di popoli diversi.
e - I diadochi erano i successori di Alessandro Magno.
f - I regni nati dalla dissoluzione dell’Impero fondato da Alessandro Magno furono
detti ellenistici.
g - Durante l’età ellenistica l’aspetto delle città non subì alcuna modifica.
h - Durante l’età ellenistica nacque la scienza urbanistica.
i - Nel Regno di Pergamo nacque la carta pergamena.
l - Il centro della cultura greca durante l’età ellenistica fu Atene.
m - La biblioteca di Alessandria conteneva oltre 700.000 volumi.
n - Aristarco di Samo intuì che la Terra ruotava intorno al Sole.
V
F
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ROMA: DAI SETTE
COLLI ALL’IMPERO
1
CAPITOLO
I popoli italici
e la civiltà etrusca
CAPITOLO
2
CAPITOLO
3
CAPITOLO
4
CAPITOLO
5
CAPITOLO
6
Roma: dalle origini
all’espansione
in Italia
Roma alla conquista
del Mediterraneo
La crisi
della Repubblica
Augusto
e i suoi successori
Il Cristianesimo
Fondazione di Roma
753
72
a.C.
494
a.C.
Secessione della plebe romana
sul Monte Sacro
390
a.C.
Saccheggio di Roma
ad opera dei Galli
275
a.C.
Vittoria romana
su Pirro
264
146
a.C.
a.C.
Guerre puniche
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O SENATORI,
Roma si estende su territori immensi… infiniti… Eppure
in origine era semplicemente un piccolo villaggio eretto sul colle
Palatino, che, secondo la tradizione, fu governato tra il 753 a.C., anno
della sua fondazione, e il 509 a.C. da sette re. Ma dopo aver cacciato dalla
città l’ultimo regnante, Tarquinio il Superbo, i Romani instaurarono la repubblica. Da allora l’espansione di Roma è stata inarrestabile, grazie a un’accurata
organizzazione delle cariche pubbliche e del settore militare. Le lotte per il potere
tra patrizi e plebei sono state sempre frequenti, anche se l’incisione delle Dodici tavole affisse nel foro segnò una svolta decisiva nel diritto e nell’amministrazione della giustizia. Sono consapevole che il mio viaggio sarà lungo e difficile: difendere Roma è il mio
dovere, conoscere la storia delle guerre sannitiche e puniche, della conquista del
mondo greco, della riforma agraria dei Gracchi mi servirà per comprendere i cambiamenti della società romana. La riforma dell’esercito voluta da Caio Mario avrà conseguenze molto serie; ora possono arruolarsi tutti e sicuramente non si combatte
per la patria, ma per la paga, per il bottino e per le ricompense dei terreni conquistati. Che delusione! O senatori, la repubblica è in crisi e l’Impero è alle
porte: ben presto il potere passerà dalle mani dei cittadini liberi a quelle dell’imperatore, e l’autorità del Senato sopravviverà come istituzione, ma più nella forma che nella sostanza…
TEMPI DIFFICILI PER VOI...
Editto
di Milano
91
a.C.
89
a. C.
Ribellione
degli Italici
44
a.C.
Uccisione
di Cesare
29
a.C.
14
d.C.
Impero
di Ottaviano
70
Distruzione di
Gerusalemme
98
1 17
Impero
di Traiano
284
305
Impero
di Diocleziano
313
Editto di
Tessalonica
380
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ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO
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INTRODUZIONE
L’Italia, al centro del Mediterraneo, costituisce un ponte tra l’Europa e l’Africa e un naturale tramite
fra popoli e culture diverse. Le sue fertili terre e il clima temperato hanno attirato varie popolazioni che
hanno formato un mosaico di genti differenti. Nell’antichità la penisola era chiamata con nomi diversi e
il nome “Italia”, terra dei vitelli, in origine indicava solo la parte meridionale dell’odierna Calabria.
Roma, i cui primi insediamenti risalgono al X secolo a.C., estese il suo dominio su tutta la penisola, rea-
lizzando una federazione tra i popoli che l’abitavano. Successivamente, con una serie di fortunate guerre, si confrontò con Cartagine e con gli Stati ellenistici, eredi dell’Impero fondato da Alessandro Magno,
e in poco più di un secolo, fra il 264 e il 146 a.C., impose la sua dominazione su tutti i Paesi che si affacciavano sul Mediterraneo. I Romani riuscirono a superare le lotte sociali, che, pur gravi, non arrivarono
mai a rompere l’unità politica romana. Lo strumento materiale della potenza di Roma furono i suoi eser-
citi, formidabili strumenti di guerra mai conosciuti prima. Roma seppe consolidare la sua potenza con un
eccezionale sistema giuridico. Tutto fu ordinato con leggi efficaci e chiare. Il diritto fu la grande invenzione dei Romani; una preziosa eredità che essi hanno trasmesso all’Europa e al mondo.
Sotto l’imperatore Traiano l’Impero romano raggiunse la sua massima espansione. Si estendeva dalla
Scozia fino ai confini dell’Iran e dal Sahara fino al Mare del Nord. Era abitato da popolazioni differen-
ti, e comprendeva ambienti naturali diversissimi. In tutto l’Impero la lingua ufficiale era il latino, ovunque si pagava in sesterzi e si ubbidiva alle leggi romane.
L’Impero romano non ci ha lasciato solo monumenti e opere d’arte di straordinaria bellezza, ma anche
l’alfabeto che ancora oggi usiamo. La nostra lingua deriva dal latino; dobbiamo ai Romani la base del
nostro sistema giuridico, stradale e architettonico!
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ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO
Ti racconteremo:
-
-
I CARATTERI DELLE PRIME CIVILTÀ ITALICHE;
LA CIVILTÀ ETRUSCA.
1
I POPOLI ITALICI
E LA CIVILTÀ
ETRUSCA
1 . LE PR IM E CI VI L TÀ IT ALI CH E
76
CAPITOLO
V IL L A NO V I A NO
Il nome deriva da Villanova,
presso Bologna, dove è stato
rinvenuto un villaggio tipico di
opere
questa cultura, perché privo di
rti
repe
difensive, che ha fornito molti
archeologici.
La penisola italica è stata abitata dall’uomo fin dai tempi preistorici. Il
clima mite e le foreste, che allora ricoprivano quasi tutto il suo territorio, ne facevano un luogo ideale per la caccia e la raccolta di cibo. Scavi
archeologici hanno evidenziato che i primi abitatori vivevano vicino ai
laghi e lungo i fiumi, dove sono stati rinvenuti strumenti in pietra
lavorata. Resti risalenti all’età paleolitica sono stati trovati in alcune
grotte nei pressi di Otranto in Puglia, a Tivoli nel Lazio, in alcune zone della Toscana e in Sicilia.
Tra il II e il I millennio a.C. la penisola fu abitata da Latini, Umbri, Sabini e Sanniti, al centro, Liguri e
Veneti al Nord, Osci in Campania, Messapi in Puglia, Sardi in Sardegna, Sicani
e Siculi in Sicilia.
Per quanto riguarda le prime civiltà italiche, risalenti al 1000 a.C., gli studiosi
distinguono due grandi aree geografiche: l’Italia meridionale e adriatica, in cui
i morti venivano inumati, cioè seppelliti, e l’Italia settentrionale, con il Lazio e la
Toscana, in cui venivano cremati,
cioè bruciati, e se ne conservavano le
ceneri in apposite urne di terracotta
dette urne cinerarie.
Ricordiamo soprattutto due civiltà.
La prima, detta delle terramare, si
sviluppò tra Modena e Piacenza,
dove sono stati trovati villaggi di
capanne circolari, che poggiano su
Cinierario bronzeo
pali conficcati nel terreno. Accanto a
di epoca villanoviana.
ogni villaggio, protetto da un fossato, sorgeva una necropoli per le urne cinerarie. Gli scavi
archeologici hanno riportato alla luce zappe, scuri di bronzo e
macine di pietra, reperti che testimoniano che quelle popolazioni avevano un’economia prevalentemente agricola. Ancor
più avanzata era l’altra civiltà italica detta V I L L A N O V I A N A ,
che conosceva l’uso del ferro. Essa si diffuse in tutta l’Italia centrale e in parte della Campania e influenzò quella etrusca, che
si sviluppò in seguito nella stessa area geografica.
I popoli che abitarono la penisola italica prima di Roma.
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CAPITOLO
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1 - I POPOLI ITALICI E LA CIVILTÀ ETRUSCA
Anfora a figure rosse che illustrano una scena mitologica.
La stele di Nora, che documenta iscrizioni in lingua fenicia.
Fra il IX e l’VIII secolo a.C. altri popoli provenienti da Paesi del Mediterraneo si stanziarono in
Italia. Ricordiamo soprattutto i Greci e i Fenici, questi ultimi provenienti da Cartagine. I Greci si stabilirono in ondate successive nell’Italia meridionale e in
Sicilia e furono tanto numerosi che a queste regioni fu
dato il nome di Magna Grecia, “Grande Grecia”.
La colonizzazione greca dell’Italia meridionale fu molto
importante per gli indigeni, perché i Greci vi introdussero il commercio e le prime monete, migliorarono le tecniche
della navigazione e dell’artigianato. A Siracusa nacque uno
dei più grandi matematici della storia, Archimede, e in Calabria
fiorì la scuola del famoso scienziato e filosofo Pitagora.
Anche i Fenici fondarono importanti colonie, ricordiamo Cagliari in Sardegna e Palermo in Sicilia,
ma una loro ulteriore espansione fu fermata dalla colonizzazione greca nell’Italia meridionale e
dagli Etruschi nel Lazio e in Toscana.
2 . GLI E TRU S CHI
Cinerario bronzeo proveniente dalla necropoli
dell’Olmebello a Bisenzio, VIII sec. a. C.
L’origine del popolo etrusco rappresenta ancora oggi un
enigma. Secondo il grande storico Erodoto essi erano approdati dopo un lungo viaggio in mare sulle coste italiane provenendo dalla Lidia, una regione dell’Asia Minore che avevano
abbandonato in seguito a una terribile carestia. Spesso, infatti, gli
Etruschi erano chiamati Lidii, i Romani dettero loro il nome di Tusci
e i Greci quello di Tirreni. Secondo altre ipotesi, gli Etruschi
erano un popolo indigeno dell’Italia, anche se con costumi
e lingua diversi da quelli degli altri popoli italici.
I primordi della civiltà etrusca si collocano agli inizi del I millennio
a.C. fra il Tevere e l’Arno sulle coste del Lazio e della Toscana. Nel 700 a.C. Vulci,
Tarquinia e Populonia erano già fiorenti città etrusche. La piena affermazione
degli Etruschi si ebbe con l’estensione dei loro domini sull’intera Toscana e su
parte dell’Umbria e del Lazio. Essi fondarono città come Volterra, Chiusi,
Arezzo, Cortona, Orvieto, Tuscania, Fiesole e Perugia; non costituirono mai uno
Stato unitario, ma ogni città era indipendente dalle altre e si governava con proprie leggi. A capo di ognuna di esse c’era un re-sacerdote, chiamato lucumone,
assistito da un consiglio di anziani, che rappresentavano le classi nobili, e da
una assemblea popolare. Successivamente le più potenti città etrusche si unirono in una lega a carattere religioso, che, in seguito alla ripresa dell’espansione,
si trasformò in un organismo politico-militare. Gli etruschi estesero il loro
dominio a sud, nella Campania, dove fondarono Capua e Nola, e a nord, verso
l’Adriatico, dove colonizzarono la pianura dell’Emilia-Romagna. Essi fondavano il loro sviluppo e la loro ricchezza sul commercio, su un artigianato molto
raffinato e sull’agricoltura, che forniva un’abbondante produzione di cereali e
una pregiata qualità di olio e di vino. Per estendere le aree coltivabili, prosciugaStatua di Minerva in terracotta.
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ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO
La Tomba della Caccia, risalente al 510-520 a. C.,
riassume il gusto delle classi aristocratiche per la narrazione.
rono paludi e scavarono canali di irrigazione. Si
specializzarono nell’estrazione e nella lavorazione
dei metalli. Si dotarono di una potente flotta, con
la quale intrapresero fitti scambi commerciali,
soprattutto con le colonie greche della Magna
Grecia, da dove importavano materie prime e
oggetti di lusso ed esportavano grano, metalli,
vini e prodotti lavorati.
Nel VI secolo a.C. gli Etruschi raggiunsero la massima espansione, ma nel secolo successivo iniziò il
loro lento declino. Nel 474 a.C., sconfitti dai
Siracusani nella battaglia navale di Cuma furono
costretti ad abbandonare gradualmente i territori
conquistati e le basi commerciali e a ripiegare in
Toscana.
In concomitanza con il tramonto della potenza etrusca si andava affermando quella romana, che finì col
sottomettere molte città etrusche; ma la civiltà etrusca non scomparve, perché molti suoi elementi furono
assimilati dai Romani.
3 . L A V IT A Q U OT I D IA NA D E G L I E T R U S CH I
Gli scavi archeologici hanno riportato alla luce numerose necropoli etrusche che ci consentono di gettare uno sguardo su questa civiltà, sia perché alcune tombe riproducono la stessa struttura delle abitazioni, sia perché vi sono stati rinvenuti numerosi oggetti. Sono stati trovati, infatti, armi, corazze, bellissimi
vasi, anfore in argento, gioielli d’oro, a testimonianza di
una civiltà ricca ed evoluta. Nella ricostruzione della loro
vita ci hanno aiutato molto le pitture che decorano le pareti delle grandi tombe, nonché i vasi e le coppe, sui quali
sono raffigurate scene di banchetti, di battaglie, di viaggi
per mare, di caccia, di pesca e di cerimonie religiose, di giochi sportivi come quelli dei Greci (lotte, scontri di pugilato,
lancio del disco, corse sui carri e a piedi).
Il sarcofago degli sposi.
All’abitazione etrusca si accedeva
Si tratta in realtà di un’urna cineraria.
attraverso un corridoio che immetteva in un cortiletto. Su di esso si apriva il vano principale della casa, una grande stanza da cui si accedeva ad altre stanze più piccole. L’arredamento comprendeva solo letti coperti di stoffe e cuscini, sedie di legno o di vimini, sgabelli e tavoli, oggetti di bronzo e recipienti di terracotta.
Nella prima fase della civiltà etrusca la donna viveva su un piano di parità con
l’uomo, come ci fanno capire le pitture tombali raffiguranti dei banchetti, in
cui si vedono uomini e donne mangiare distesi sullo stesso letto. L’abitudine
della donna a partecipare ai pranzi seduta cominciò a diffondersi a partire
dal IV secolo a.C., usanza che fu successivamente adottata dai Romani.
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La chimera d’Arezzo, bronzo, V-VI sec. a. C.
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19.25
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1 - I POPOLI ITALICI E LA CIVILTÀ ETRUSCA
ESERCIZI
1. Indica la data degli avvenimenti elencati a sinistra inserendo una crocetta nel relativo riquadro:
AVVENIMENTI
VI secolo a. C.
I millennio a.C.
474 a.C.
Primordi della civiltà etrusca.
Gli Etruschi raggiunsero
la massima espansione.
Gli Etruschi furono sconfitti
dai Siracusani.
2. Rispondi alle seguenti domande:
a - A quando risalgono le prime civiltà italiche?
b - Dove si sviluppò la civiltà delle terramare?
c - Dove si sviluppò la civiltà villanoviana?
d - Quali popoli si stabilirono in Italia fra il IX e l’VIII secolo a.C.?
e - Da dove provenivano i Fenici?
f - A quali regioni fu dato il nome di Magna Grecia?
g - Dove nacque Archimede?
h- Le pareti delle tombe, i vasi e le coppe cosa raffiguravano?
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ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO
Ti racconteremo:
- L’ORIGINE
DI ROMA;
- L’ORGANIZZAZIONE
-
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LE PRIME GUERRE.
CAPITOLO
2
ROMA:
DALLE ORIGINI
ALL’ESPANSIONE
IN ITALIA
POLITICA E SOCIALE DELLA CITTÀ;
1 . L ’ OR IG I N E S T O R IC A D I R O MA
La lupa di Roma è una scultura in bronzo
che risale al 450 a.C., ma le statue
dei gemelli Romolo e Remo
furono aggiunte nel Rinascimento.
Il primo insediamento di quella che doveva diventare
Roma è stato trovato sul Colle Palatino, dove esistono tracce di abitazioni e sepolture risalenti al X secolo a.C. La
nascita della città, però, fu legata al Tevere e all’Isola
Tiberina, situata in mezzo al fiume, nella zona in cui gli
Etruschi commerciavano con la Magna Grecia. Dalla stessa
zona passava la via del sale, la futura via Salaria che dalle saline situate sulla riva destra del Tevere portava verso il Meridione e verso
gli Appennini il prodotto, prezioso per l’alimentazione e per la conservazione dei cibi. Un centro commerciale sorto in quel territorio fu
all’origine della nascita di Roma.
Verso il 1000 a.C. alla foce del Tevere c’era una pianura paludosa e
malarica; sulla riva sinistra del fiume si innalzavano i Colli Albani,
coperti di boschi e popolati da animali selvatici, come il lupo, l’orso, il
cervo e il cinghiale.
I SE TT E RE DI ROMA
80
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I sette colli su cui, secondo la tradizione, sorse Roma.
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2 - ROMA: DALLE ORIGINI ALL’ESPANSIONE IN ITALIA
Ai margini dei boschi si estendevano pianure adatte alla pastorizia e all’agricoltura. Su questo territorio si erano stabiliti i Latini, che avevano posto i loro villaggi sulle alture per sfuggire alla malaria delle paludi e per difendersi meglio dalle razzie delle vicine tribù dei Sabini, dei Volsci e degli
Equi.
Fino all’VIII secolo a.C. non si può parlare di Roma come di una città, ma piuttosto di una comunità di villaggi, che godevano di un’ottima posizione commerciale perché situati in un punto di passaggio degli scambi commerciali tra il nord e il sud della penisola.
Fra l’VIII e il VII secolo a.C. il villaggio eretto sul Palatino si ampliò fino ad assorbire quelli circostanti; Roma divenne, così, una vera città. Allora fu eletto un re e la
struttura urbanistica della città cambiò gradualmente fisionomia. Infatti, gli abitanti
tracciarono strade, costruirono templi e case in muratura ed eressero una poderosa
cerchia di mura difensive; inoltre, cominciarono anche a lavorare la ceramica e
i metalli.
2 . L ’ O R G AN IZ Z A Z I ON E D E L L O S T AT O
Il re aveva due poteri fondamentali: era comandante dell’esercito, in
tempo di guerra, e interpretava il volere degli dei, era cioè sacerdote supremo della comunità, e in quanto tale assicurava la pace con gli dei. La parola pax significa, infatti, patto, con il quale Roma si impegnava a rispettare gli
dei in cambio della loro protezione. Da qui si capisce l’importanza della religione nella società romana; tutti gli atti pubblici, d’altronde, erano accompagnati da qualche rito o da formule religiose.
Il potere del re era parzialmente controllato da due assemblee: il Senato e i comizi curiati. I Senatori (da senex, “vecchio”) erano i capi delle grandi famiglie aristocratiche. I comizi curiati erano formati da cittadini romani divisi in 30 curie,
10 per ognuna delle tre tribù delle origini. Il re consultava il
Senato sulle principali questioni di politica interna ed estera. Il Senato, alla morte del re, designava il suo successore.
Il potere dei comizi curiati era limitato all’approvazione o alla bocciatura delle decisioni del Senato e delle
leggi proposte dal re, e alla deliberazione della
guerra e della pace.
3. I L T E S S U T O S O C I A L E
Un funzionario romano.
Roma antica era abitata da pastori e agricoltori, perciò la sua organizzazione
sociale era legata al mondo contadino. Base della società romana era la famiglia.
Un gruppo di famiglie che discendeva da un unico antenato, a volte mitico, costituiva una gens, “gente” e ogni individuo appartenente a una gens ne prendeva il nome.
Un cittadino romano vestito con la toga.
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ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO
Il collare di uno schiavo.
Le gentes costituivano il ceto nobiliare dei patrizi, cioè
discendenti dai patres, personaggi illustri; tutti gli altri cittadini liberi erano plebei, dal latino plebs, “popolo”. I plebei,
che erano contadini, pastori, artigiani, non avevano gli
stessi diritti dei patrizi, potevano essere ridotti in schiavitù per debiti ed erano esclusi dall’uso e dall’assegnazione
dell’agro pubblico, cioè dei terreni di recente conquista.
Inoltre, nelle controversie con i patrizi, i plebei difficilmente
ottenevano giustizia, perché non c’erano leggi scritte e i giudici, tutti patrizi, favorivano coloro che appartenevano al loro stesso ceto sociale.
In fondo alla scala sociale c’erano gli schiavi, che erano prigionieri di guerra o persone che, non avendo potuto pagare dei
debiti, erano state ridotte in schiavitù. La schiavitù era una
condizione ereditaria. Il padrone poteva fare degli schiavi ciò che voleva, venderNell’antica Roma le matrone
li o addirittura ucciderli, ma anche concedere loro la libertà, in tal caso gli schiavi
amavano i capelli ricci e
divenivano liberti.
biondi e usavano spesso le
parrucche
4 . L E I ST IT U Z IO NI R E P U B BL IC ANE
Nel 509 a.C. i Romani, dopo aver cacciato Tarquinio il Superbo, abolirono la monarchia e instaurarono la
R E P U B B L I C A . Per evitare la concentrazione del potere nelle mani di una sola persona, le cariche pubbliche furono distribuite fra più magistrati (da magister, “capo, maestro”), furono temporanee, cioè limitate
nel tempo, e onorifiche, ossia non retribuite.
I cittadini maschi furono divisi in cinque classi a seconda del censo, cioè dalla ricchezza. Ogni classe doveva dare all’esercito un determinato numero di centurie, ogni centuria comprendeva 100 uomini; alle classi
più ricche era richiesto un numero
maggiore di centurie. Tale divisione in
centurie, necessaria per la formazione
dell’esercito, servì anche come base per
l’istituzione dei comizi centuriati, l’assemblea di cittadini che eleggeva i
magistrati più importanti della repubblica. Ogni centuria, infatti, aveva diritto a un voto e le classi più ricche, che
armavano più centurie, esprimevano
quindi più voti.
RE PUBB LIC A
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La repubblica è un regime
ben diverso dalla monarchia,
in quanto il potere non apparine
tiene al re ma al popolo. Infatti il term
e
a”
“cos
res,
o
latin
dal
va
repubblica deri
i”.
publica, “di tutt
Il Foro Romano era il nucleo della civiltà romana,
il centro della vita politica, giuridica, economica, sociale e religiosa.
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Pagina 83
2 - ROMA: DALLE ORIGINI ALL’ESPANSIONE IN ITALIA
C’erano poi i comizi tributi, formati dai cittadini raggruppati in tribù su
base territoriale, per cui l’appartenenza a una determinata tribù
dipendeva dal luogo in cui uno era residente.
Le istituzioni politiche della repubblica romana erano, dunque,
molto articolate. I comizi centuriati eleggevano due consoli, che
per la durata di un anno esercitavano il potere militare e quello
esecutivo. La loro nomina, però, doveva essere approvata dal
Senato che controllava anche l’operato di tutti gli alti magistrati
della repubblica, aveva la direzione della politica interna ed estera, curava il bilancio della città, amministrava la terra appartenente allo Stato, emanava le leggi. I comizi centuriati eleggevano anche
due pretori, che amministravano la giustizia, e i censori che censivano la ricchezza dei cittadini per inserirli nelle varie classi sociali e per
stabilire l’entità dei tributi che ognuno doveva pagare. Inoltre, esercitavano
un controllo sulla moralità dei cittadini.
La costituzione repubblicana prevedeva anche una figura straordinaria,
quella del dittatore, eletto con poteri assoluti in caso di grave pericolo per lo Stato; carica che, però,
durava solo sei mesi.
Oggi il termine dittatore ha un significato negativo, perché indica una persona che si è impadronita del potere con la forza e lo mantiene contro la volontà dei cittadini. La figura del dittatore nella
Roma antica era, invece, una carica istituzionale come le altre.
5 . L E L O T T E FR A P AT R IZ I E P L E BE I
Nella repubblica romana il potere, inizialmente, era accentrato nelle mani di poche persone. Tutte
le magistrature, infatti, erano riservate esclusivamente ai patrizi. I plebei avevano nei confronti
dello Stato solo doveri: dovevano prestare il servizio militare, ma non potevano partecipare alla
spartizione del bottino in caso di guerra vittoriosa; pur essendo cittadini romani, non potevano sposare persone appartenenti al patriziato. Perciò fra i plebei era diffuso un notevole malcontento.
Bisogna fare attenzione a non considerare l’opposizione dei plebei ai patrizi come scontro fra poveri e ricchi; fra i plebei c’erano ricchi e poveri, grandi e piccoli proprietari terrieri. Ma a un plebeo,
anche se poteva diventare
ricchissimo, era ugualmente precluso l’accesso
alla nobiltà e la partecipazione alle elezioni per le
cariche pubbliche.
Nel 494 a.C. i plebei, per
manifestare la loro protesta, abbandonarono l’esercito e si ritirarono sul
Monte Sacro, volendo così
dimostrare di non riconoscere più le istituzioni
romane.
Numa Pompilio riceve dalla ninfa Egeria le leggi di Roma.
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ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO
Le pareti delle abitazioni dei patrizi erano affrescate con figure mitologiche
o di animali, decorazioni geometriche o paesaggi di fantasia.
A questa prima secessione ne seguirono altre, fino a quando essi non
ottennero importanti riforme: assegnazione ai plebei di una parte
delle terre conquistate; elezione di un collegio di dieci uomini, i
decemviri, con l’incarico di mettere per iscritto le leggi, che poi furono dette delle dodici tavole, perché incise su dodici tavole di bronzo;
istituzione dei tribuni della plebe con il compito di annullare i provvedimenti contrari agli interessi della plebe, in tal modo l’amministrazione della giustizia veniva sottratta all’arbitrio della classe
dominante; abolizione della norma che proibiva i matrimoni tra
patrizi e plebei.
Le dodici tavole furono affisse nel foro, dove tutti potevano leggerle.
I plebei ottennero un altro importantissimo successo nel 367 a.C.,
quando fu loro riconosciuto il diritto di avere ogni anno un proprio
rappresentante eletto alla carica di console. In tal modo essi non solo
ebbero l’accesso alla massima magistratura dello Stato, ma, siccome
i consoli allo scadere del mandato diventavano senatori, anche l’ammissione al Senato.
Un banchetto in una casa patrizia.
6 . R O M A E S T E ND E IL S U O DO MI NI O
NE L LA Z IO
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Una giovane coppia di Pompei.
Il primo obiettivo dell’espansione romana fu il dominio del Lazio e
il controllo delle popolazioni latine che abitavano la regione. I Latini,
nel tentativo di opporsi all’espansionismo romano, si unirono in una
lega, ma nel 496 a.C i Romani riuscirono a sconfiggerli e ad assoggettarli. Roma divenne cosi la città predominante della Lega latina. Ben
più difficile fu la guerra che intraprese contro Veio, potente città
etrusca, situata ad appena 20 chilometri di distanza. Essa controllava la riva destra del Tevere e avrebbe potuto paralizzare il traffico
commerciale romano che si svolgeva prevalentemente lungo il fiume
fino al porto di Ostia. La lunga guerra si concluse solo nel 396 a.C.,
quando l’esercito romano, guidato da Furio Camillo, espugnò e
distrusse la città. Il territorio che era appartenuto a Veio fu annesso
a Roma.
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2 - ROMA: DALLE ORIGINI ALL’ESPANSIONE IN ITALIA
Asterix e Obelix, i due celebri Galli del fumetto.
7. I GAL L I S ACC HE G GIA NO R O MA
Roma, ormai padrona del Lazio e di buona parte della valle del
Tevere, si vide all’improvviso minacciata dall’invasione dei Galli. I
Galli erano un popolo indoeuropeo che abitava nella regione dell’odierna Francia e che da qualche secolo si era stanziato anche
nell’Italia settentrionale dopo averne cacciato gli Etruschi.
Nel 390 a.C., al comando di Brenno, i Galli superarono gli
Appennini e, dopo avere sconfitto un esercito romano che aveva
tentato di fermarli, occuparono Roma, la saccheggiarono e l’incendiarono. Poco dopo, però, non essendo preparati per un’occupazione permanente, o perché si accontentarono del bottino e del
riscatto pagato dai Romani, ripassarono gli Appennini e rientrarono nei territori di provenienza.
La leggenda racconta che, mentre i Romani stavano pesando l’oro richiesto dai Galli, Brenno, per
ottenerne di più, sguainò la spada e, gettandola sulla bilancia, esclamò: vae victis!, “guai ai vinti”,
ma, sorpreso dall’arrivo di Furio Camillo a capo di un esercito, dovette lasciare precipitosamente la
città.
Roma si riprese rapidamente e, grazie all’abilità dei suoi generali, riacquistò il sopravvento sulle
popolazioni vicine che si erano ribellate approfittando dell’invasione dei Galli.
8 . LA GU ERRA CO NT RO I SA NNI TI
Ottenuto il controllo del Lazio, i Romani entrarono
in contatto con un popolo molto bellicoso, quello
dei Sanniti che, occupando le regioni appenniniche, tendeva a espandersi nella Campania le cui
città erano alleate di Roma; perciò lo scontro divenne inevitabile. La guerra, che durò un trentennio,
inizialmente fu sfavorevole agli eserciti romani.
Nel 321 a.C., infatti, dopo aver subito la dura sconfitta delle Forche Caudine, i soldati romani prigionieri furono costretti a subire una profonda umiliazione: passare sotto un giogo formato da due lance
conficcate nel terreno e una terza posta sopra orizzontalmente. La guerra poi riprese e si concluse
solo nel 295 a.C., quando a Sentino, in Umbria, si
svolse la battaglia decisiva, in cui i Sanniti, ai quali
si erano aggiunti gli Umbri, gli Etruschi e i Galli,
subirono una disfatta definitiva. I Romani sottomisero così gli ultimi centri etruschi in Umbria e nella
Toscana settentrionale e costrinsero i popoli sconfitti ad aderire a un trattato di alleanza con Roma.
All’inizio del III secolo a.C. Roma aveva ormai il
controllo della penisola italica, dall’Appennino
tosco-emiliano fino alla Campania e alle Puglie.
Guerrieri sanniti.
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ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO
Busto di Pirro.
9. L A “ VI T T O R IA D I P I R R O ”
Grazie al predominio sull’Italia centrale, Roma si trovò a contatto con le città della
Magna Grecia, molte delle quali accettarono la sua supremazia, mentre Taranto,
ricca città commerciale, decise di opporsi. Non essendo, però, in grado di affrontare da
sola Roma, chiese aiuto a Pirro, re dell’Epiro, l’attuale Grecia nord-occidentale e
l’Albania, il quale, mirando a unificare sotto il suo dominio l’Italia meridionale
e la Sicilia, aderì alla richiesta di Taranto.
Nel 280 a.C. Pirro sbarcò in Italia con un esercito di 30.000 soldati e 20 elefanti
rivestiti di pesanti corazze. Probabilmente proprio a causa degli elefanti, che
turbarono le legioni romane, Pirro riuscì a infliggere ai Romani due sconfitte,
ma pur vittorioso, subì tali perdite che ancora oggi si parla di “vittoria di
Pirro” per indicare un successo pagato a caro prezzo.
La battaglia decisiva fra Pirro e i Romani avvenne nel 275 a.C. a Malevento,
dove i Romani sconfissero Pirro che fu costretto a lasciare l’Italia. Da allora i
Romani, in ricordo della vittoria contro Pirro, cambiarono il nome della città in Benevento.
Ormai tutta l’Italia peninsulare, dai fiumi Magra e Rubicone fino allo Stretto di Messina, era unificata sotto
l’autorità di Roma in una federazione di popoli, che contava almeno 4 milioni di abitanti. Roma riuscì abilmente a costituirsi in Italia una solida base di potere, di cui si servì
per espandere il suo dominio fuori dalla penisola.
I Romani, talvolta, erano stati molto duri con le popolazioni conquistate, avevano fatto massacri, deportazioni, avevano ridotto
migliaia di nemici in schiavitù, ma nella maggioranza dei casi le
città vinte divennero alleate e non suddite di Roma. Solo in caso
di guerra esse dovevano fornire aiuti militari a Roma, cioè dovevano contribuire alla difesa comune.
L’avanzata di Pirro e del suo esercito.
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Pirro raffigurato come il dio Marte.
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2 - ROMA: DALLE ORIGINI ALL’ESPANSIONE IN ITALIA
ESERCIZI
1. Indica con una crocetta se le seguenti affermazioni sono vere (V) o false (F).
V
a - I Galli erano stanziati in Francia e nell’Italia settentrionale.
b - I Romani ebbero facilmente ragione dei Sanniti.
c - Taranto si oppose all’espansionismo romano nell’Italia meridionale.
d - “Vittoria di Pirro” significa vittoria pagata a caro prezzo.
e - I Romani furono sempre molto comprensivi con i popoli sottomessi.
F
2. Rispondi alle seguenti domande:
a - Quale era la base delle società romana?
b - Che cosa significa “plebei”?
c - Chi c’era in fondo alla scala sociale?
d - Inizialmente a chi erano riservate le magistrature romane?
e - Un plebeo ricco poteva accedere alle cariche pubbliche?
f - Perché furono istituiti i tribunali della plebe?
g - Dove furono affisse le Dodici tavole?
h - Che cosa ottennero i plebei nel 367 a.C.?
i - Dove si scontrarono Pirro e i Romani nel 275 a.C.?
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ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO
Ti racconteremo:
LE GUERRE PUNICHE;
I CARATTERI DELLA SOCIETÀ ROMANA;
LE RIFORME DEI GRACCHI.
CAPITOLO
ROMA
ALLA CONQUISTA
DEL MEDITERRANEO
1 . L A P R I MA G U E R R A P U N IC A
Dopo aver conquistato la penisola italica, Roma si trovò a
diretto contatto con la potente città di Cartagine, colonia
fenicia divenuta una grande potenza marittima. Protetta
da una potente flotta militare, essa controllava il commercio di tutto il Mediterraneo occidentale. Aveva fondato
colonie nella Spagna meridionale, nella Sicilia occidentale, in Sardegna e in Corsica. Era chiaro, dunque, che
l’espansionismo romano lungo le coste del Mediterraneo
trovava in Cartagine una rivale: lo scontro fra le due
potenti città divenne così inevitabile.
Alla vigilia della guerra Cartagine era senz’altro più forte
di Roma sul mare, ma aveva un grave svantaggio: il suo
esercito era costituito da mercenari, cioè da soldati pagati per combattere, arruolati in diverse regioni. Roma,
invece, poteva disporre di un esercito formato da cittadini romani e dai suoi alleati italici.
Le guerre dei Romani contro Cartagine
furono dette “puniche”, perché Punici
erano chiamati i Cartaginesi.
La Prima guerra punica scoppiò nel
264 a.C. per la supremazia in Sicilia. I
Romani inviarono nell’isola un esercito
che sconfisse ripetutamente quello cartaginese, ma era chiaro che mai sarebbero riusciti a vincere la guerra se non
si fossero dotati anche di una flotta per
ostacolare i rifornimenti che Cartagine
inviava al proprio esercito e per attaccare la rivale sul suo territorio. Il
Senato romano decise così di allestire
una flotta di 100 navi da guerra, che
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Trireme usata durante la Prima guerra punica.
La Prima guerra punica fu la prima delle tre grandi guerre che Roma
e Cartagine combatterono per il controllo della Sicilia e per la supremazia
nel Mar Mediterraneo.
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3 - ROMA ALLA CONQUISTA DEL MEDITERRANEO
PRO VINCIA
sconfisse quella cartaginese nelle acque di Milazzo. La
vittoria romana sul mare fu possibile per l’introduzione
di una nuova macchina militare: il corvo. Si trattava di
un ponte di legno girevole, lungo e robusto, situato a
prua delle navi romane, munito di un arpione che
agganciava la nave nemica. Sul ponte passavano i soldati romani e ingaggiavano un combattimento corpo a
corpo, tecnica in cui erano particolarmente abili. Alla
fine della lunga guerra la battaglia decisiva si svolse
presso le isole Egadi e si concluse con la vittoria romana.
Cartagine fu costretta a sgombrare la Sicilia, che divenne la prima P R O V I N C I A romana, e a versare a Roma un’enorme indennità di guerra.
Dopo la conclusione della guerra i Romani conquistarono anche la Sardegna e la Corsica e negli
anni successivi sottrassero ai Galli la Gallia Cisalpina, “al di qua delle alpi”, cioè la pianura padana. Combatterono e sconfissero, inoltre, gli Illiri stanziati lungo le coste della Dalmazia.
Il nome provincia indica il particolare tipo di governo che Roma
instaurò nei territori occupati fuori
fu governata
della penisola italica. La provincia
onsoli e da
inizialmente da pretori, poi da proc
non erano
propretori. Gli abitanti delle province
Roma e perconsiderati cittadini, ma sudditi di
molto alte.
ciò costretti a pagare delle imposte
2 . L A SE C O NDA G U E R R A PU N IC A
A Cartagine furono necessari più di 20 anni per riprendersi dalla sconfitta subita nella Prima guerra punica, ma finalmente fu in grado di riprendere le ostilità contro Roma. Le operazioni militari
partirono dalla Spagna e si svolsero quasi esclusivamente per terra. Protagonista del conflitto fu
Annibale, un generale di eccezionali capacità militari che aveva giurato odio eterno a Roma.
Nel 219 a.C. Annibale attaccò la città di Sagunto. Con il trattato dell’Ebro i Cartaginesi si erano
impegnati con Roma a non oltrepassare tale fiume. Sagunto, oltre a essere a sud dell’Ebro, era anche
una città alleata di Roma, perciò i Romani chiesero ad Annibale di ritirarsi. Il generale cartaginese
rifiutò e la guerra ebbe inizio.
Annibale lasciò la Spagna con un esercito di 20.000 fanti, 6000 cavalieri e alcuni elefanti, attraversò
la Gallia, superò le Alpi e arrivò nella pianura padana, dove migliaia di galli, in rivolta contro Roma,
rafforzarono il suo esercito. Egli sconfisse ripetutamente gli eserciti che Roma gli contrappose, ma
non riuscì a sollevare le popolazioni dell’Italia centrale contro Roma, allora si diresse verso l’Italia
meridionale allo scopo di indebolire la rete di alleanze fra Roma e gli Italici.
Ma solo alcune città accettarono l’alleanza con
Ritratto di Annibale.
Annibale, le altre rimasero fedeli a Roma.
Nel tentativo di fermare il generale cartaginese, il Senato romano nominò dittatore
Quinto Fabio Massimo il quale, ritenendo che non fosse prudente affrontare
l’esercito cartaginese in una battaglia campale, si limitò a logorarne la resistenza con azioni
improvvise e limitate e a impedirgli di ricevere rifornimenti. Per questa sua tattica fu
chiamato “il temporeggitore”. Alla scadenza della sua
dittatura, i consoli decisero di attaccare l’esercito cartaginese in campo aperto. La battaglia si svolse nel 216 a.C. a
La traversata di Annibale colse di sorpresa i Romani, anche perché
gli elefanti erano bestie quasi del tutto sconosciute in Europa.
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ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO
Annibale e i suoi elefanti mentre valicano le Alpi.
Canne, dove i Romani furono duramente sconfitti.
Molte città, come Capua, Taranto, Siracusa, nonché
Filippo V di Macedonia, ritenendo che Annibale fosse
sul punto di vincere la guerra, passarono dalla parte
cartaginese.
I Romani si trovarono in condizioni drammatiche, ma
seppero reagire con grande energia e coraggio.
Anzitutto promossero la leva in massa, arruolando giovanissimi e schiavi e promettendo a questi ultimi la
libertà se avessero combattuto. Quindi attaccarono e
riconquistarono Capua e Siracusa, mentre un altro esercito romano che combatteva in Spagna agli ordini di
Publio Cornelio Scipione (chiamato poi “l’Africano”)
sconfisse l’esercito cartaginese agli ordini di Asdrubale fratello di Annibale. Quindi
Scipione sbarcò in Africa per attaccare direttamente Cartagine che,
trovandosi in pericolo, si affrettò a richiamare in patria Annibale.
La battaglia decisiva fra i due grandi generali si svolse a Zama,
nel Nordafrica, nel 202 a.C., Scipione riportò una grande vittoria e Annibale fu costretto ad accettare le dure condizioni di pace imposte dai Romani:
Cartagine dovette rinunciare a tutte le
sue colonie fuori dall’Africa, consegnare la flotta, impegnarsi a
non dichiarare guerra senza l’autorizzazione del Senato romano e versare in 50 anni un’indennità di oltre
1000 quintali d’argento.
Busto di Scipione l’Africano.
3 . R O M A C ON QU IS T A L A G R E C I A
Dopo avere sconfitto Cartagine, l’interesse di Roma si indirizzò verso
Oriente, dove c’erano i regni ellenistici, nati in seguito al disgregamento dell’Impero fondato da Alessandro Magno.
Roma era spinta a intervenire in Oriente innanzitutto perché vedeva in
alcuni di questi regni una minaccia, poi perché i commercianti, gli
imprenditori e i militari romani volevano fare nuove conquiste per trarne
vantaggi economici, infine perché la classe colta romana, che subiva il
fascino della cultura greca, desiderava appropriarsene.
Inizialmente i Romani intervennero a sostegno delle città greche contro i
Macedoni che sconfissero in una serie di vittoriose battaglie, riducendo la
Grecia a provincia romana con il nome di Acaia.
Statua di Annibale conservata
presso il Museo del Louvre a Parigi.
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3 - ROMA ALLA CONQUISTA DEL MEDITERRANEO
LA GRE CIA C ONQU ISTA TA
C ONQU ISTÒ IL R OZZ O C ONQU ISTA TO RE
I Romani subirono il fascino del mondo greco sin da prima della conquista. Essi
ammiravano la civiltà greca, adoravano divinità greche, usavano un alfabeto di origine greca, apprezzavano gli artisti e l’arte greca.
Dopo la sottomissione della Grecia e il contatto con i regni ellenistici del
Vicino Oriente, l’influenza della civiltà greca su quella romana si accrebbe, soprattutto fra le classi benestanti. Dalla Grecia arrivavano splendide opere d’arte e artisti, maestri di lingua greca, uomini di cultura, quali filosofi,
poeti ecc. La cultura greca, così, condizionò notevolmente quella romana. Il grande poeta latino Orazio
scrisse: “La Grecia conquistò a sua volta il rozzo conquistatore”.
I ricchi romani presero l’abitudine di fare apprendere
ai figli la lingua, la letteratura e l’arte greca. Divenne
consuetudine fare un viaggio in Grecia per visitare i
luoghi più famosi. Molti conservatori, però, che
volevano preservare il tradizionale modo di vivere dei Romani, basato sulla semplicità, sul rigore morale e sulle antiche credenze religiose,
cercarono di opporsi alla diffusione della cultura e dei costumi greci a Roma; tra costoro ricordiamo Marco Porcio Catone che, nel II secolo
a.C., fu uno degli uomini politici più illustri di
Roma. Egli sosteneva che i Romani dovevano
continuare a vivere secondo le antiche tradizioni e che bisognava coltivare la lingua latina.
Catone stesso dette l’esempio scrivendo un’opera
Marco Porcio Catone.
Busto di Omero. storica in latino.
4 . LA TE R Z A GU E R R A PU NIC A
Intanto Cartagine, nonostante le durissime
condizioni che Roma le aveva imposto alla
conclusione della Seconda guerra punica,
aveva riacquistato un certo potere economico. Ciò suscitava molta preoccupazione a
Roma, dove era ancora vivo il ricordo delle
drammatiche guerre precedenti. Perciò il
Senato, prendendo a pretesto il fatto che
Cartagine guerreggiasse contro la Numidia
senza averne chiesto l’autorizzazione a
Roma, inviò contro di essa un esercito. Ma
solo dopo due anni di assedio Scipione
Emiliano riuscì, nel 146 a.C., a conquistare e
distruggere la città.
Timgad, città della Numidia.
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ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO
5. L ’ O R G A N IZ Z AZ I O N E D E I T E R R I T O R I C ON Q U IS T A T I
I Romani si dimostrarono molto abili nell’organizzare i territori conquistati. Stabilirono due diversi tipi di
rapporto con le città italiche. Ad alcune lasciarono l’autonomia amministrativa e le proprie leggi; gli abitanti non godevano della cittadinanza romana ma diventavano socii, cioè “alleati”. I socii avevano l’obbligo di arruolare ogni anno contingenti militari per l’esercito romano. Ad altre città, dette municipi, concessero la cittadinanza romana, oltre al diritto di commercio e di matrimonio con cittadini romani, e riconobbero loro l’autonomia amministrativa. I territori conquistati fuori dalla penisola furono divisi in province
e governate da magistrati detti proconsoli, con il compito di far rispettare le leggi romane e di riscuotere
pesanti imposte, perché gli abitanti
delle province erano considerati non
cittadini romani, ma sudditi.
Per rendere stabile il dominio sui territori conquistati i Romani vi fondarono le colonie. Inizialmente esse
avevano uno scopo militare, perché
da un lato dovevano garantire la
sicurezza della conquista e dall’altro
essere avamposti di difesa; per questo, di solito, erano assegnate a cittadini romani che avevano compiuto il
servizio militare. Magistrati romani,
chiamati patroni, erano posti alla
guida dei coloni con l’incarico di
I possedimenti romani dopo le guerre puniche.
provvedere alla divisione e all’assegnazione di circa un terzo delle
terre coltivate sottratte alla popolazione vinta. Le colonie erano a
tutti gli effetti territorio romano.
La divisione e l’assegnazione delle colonie erano fatte secondo lo
schema dell’accampamento. Sul terreno venivano tracciate due
strade che si intersecavano ad angolo retto: il decumano massimo da
Est a Ovest e il cardo massimo da Nord a Sud; parallele a essi venivano tracciate altre strade minori, in modo da formare un reticolo.
Ne risultavano degli appezzamenti quadrati, detti centurie, di 700
metri di lato e di circa 50 ettari l’uno.
6 . L A SO C I E T À R O MA N A D OP O L E
CO NQUI ST E
L’estensione delle conquiste romane lungo le coste del
Mediterraneo provocò una notevole trasformazione della società
romana e italica. Grandi quantità di ricchezze venivano portate da
ogni provincia a Roma, dove confluivano anche artisti, letterati e
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Mosaico che raffigura i giochi praticati dai Romani.
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3 - ROMA ALLA CONQUISTA DEL MEDITERRANEO
Scena di un sacrificio durante un censimento.
uomini d’affari da ogni parte dell’Impero. Gli schiavi aumentarono a dismisura, in quanto interi
popoli, durante le guerre, venivano fatti prigionieri e venduti come schiavi. Essi erano impiegati in
ogni tipo di lavoro, ma soprattutto utilizzati come contadini nelle grandi proprietà agricole. Le lunghe guerre sostenute da Roma avevano provocato il fallimento dei piccoli proprietari terrieri perché, una volta tornati a casa dalle guerre, trovavano le terre incolte e, non potendo dissodarle per
mancanza di mezzi, erano costretti a venderle. Finivano così con l’essere assorbite dalle grandi
aziende agricole. Le terre che i Romani conquistavano o confiscavano alle città sconfitte entravano
a far parte dell’ager publicus, “terre di proprietà dello Stato”, ma la maggior parte di esse cadeva
sotto il controllo dei grandi proprietari terrieri.
L’espansionismo romano determinò la nascita di una nuova classe sociale: i cavalieri, così detti perché, avendo i mezzi per comprarsi un cavallo e un’armatura, partecipavano alla guerra militando
nella cavalleria. Roma affidava ai cavalieri l’amministrazione delle province, da cui si traevano redditi altissimi. In conclusione, si può dire che la grande espansione romana in Italia e lungo le coste
del Mediterraneo trasformò la repubblica romana in una repubblica oligarchica, dominata da due
classi: quella dei senatori e quella dei cavalieri, le cui ricchezze aumentarono enormemente. La
plebe, invece, sia contadina che cittadina, si era impoverita per l’utilizzazione della manodopera
schiavista in tutti i settori. La situazione era drammatica per i contadini italici e romani che, rimasti
senza terra e senza lavoro, a migliaia abbandonavano la campagna insieme alle loro famiglie e si
recavano a Roma nella speranza di trovare lavoro. A volte venivano impiegati nella costruzione di
grandi edifici pubblici realizzati con le ricchezze che arrivavano a Roma dalle province, ma di solito non potevano fare altro che vivere di espedienti. Gli Italici, inoltre, cominciarono a ribellarsi alla supremazia di Roma, perché avevano preso parte a tutte
le guerre combattute da Roma, ma erano esclusi quasi del tutto dalla spartizione delle terre confiscate ai vinti e non godevano degli stessi diritti dei
cittadini romani.
7 . I GR A CCH I E LA R I FO R M A A GR A R IA
I fratelli Tiberio e Caio Gracco tentarono di fare delle leggi a favore dei contadini. Eletto tribuno della plebe, nel 133 a.C., Tiberio fece approvare una legge di
riforma agraria, secondo la quale nessuno poteva possedere più di 1000 iugeri (circa 250 ettari) dell’ager publicus; il resto doveva essere diviso in piccoli
lotti e distribuito alle famiglie contadine povere.
Tiberio e Caio Gracco.
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ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO
COR N EL IA
MADRE DEI GRA CCHI
Cornelia, figlia di Scipione l’Africano, moglie di
Tiberio Sempronio Gracco e madre dei tribuni
Tiberio e Caio Gracco, fu una donna molto colta
e di animo forte. Si racconta che, rimasta vedova
giovanissima, avesse rifiutato di sposare il re d'Egitto, Tolomeo
Fiscone, per dedicarsi completamente all'educazione dei figli.
Si narra che Cornelia ad una matrona che le ostentava collane e gioielli, dopo aver ascoltato a lungo in silenzio, esclamò
mostrando i suoi due figli: "Ecco i miei gioielli".
Secondo alcune ricerche storiche, la vicenda invece non terminò lì. La matrona, offesa, il giorno dopo, tornata da Cornelia, le
esibì i suoi tre figli. Cornelia, fiera nobildonna romana, non
poteva tollerare di soccombere alla superiorità dell'altra e, fattasi prestare i due figli di una sua schiava, sbattè sul tavolo
ben quattro bambini. A ciò la matrona reagì mostrando il giorno dopo cinque pargoli.
E la “sfida” continuò a lungo coinvolgendo nello scontro gli
infanti di due interi quartieri di Roma.
La legge colpiva gli interessi dei senatori, molti dei quali si
erano arricchiti impossessandosi di terreni dell’ager publicus, che ora dovevano restituire; perciò essi cercarono di
opporsi in tutti i modi all’applicazione della legge.
Gravissimi tumulti scoppiarono a Roma perché Tiberio
intendeva presentare per la seconda volta la sua candidatuTiberio e Caio Gracco bambini, ritratti con la
ra a tribuno della plebe, in violazione della norma che lo vieloro madre Cornelia.
tava. I senatori lo accusarono di aspirare a imporre il suo
potere personale. Tiberio e molti suoi seguaci furono uccisi durante una sommossa. La riforma agraria da
lui voluta, però, fu applicata in molte regioni italiche.
Qualche anno dopo la morte di Tiberio, nel 123 a.C., fu eletto tribuno della plebe suo fratello Caio Gracco.
Egli fece in modo che fosse pienamente applicata la riforma agraria voluta dal fratello, ottenne che ogni
mese fosse distribuita alla plebe romana una certa quantità di grano a prezzi più bassi di quelli di mercato e sostenne la fondazione di nuove colonie per distribuire terre ai disoccupati. Per
Nessuno
ottenere l’appoggio dei cavalieri propose che essi facessero parte delle giurie dei
vuole mai rinuciare
tribunali che giudicavano l’operato dei governatori delle province. Infine, proai propri privilegi...
pose che fosse estesa a tutti gli Italici la cittadinanza romana. Quest’ultima proposta, però, provocò la reazione della plebe romana, timorosa di perdere i suoi
privilegi; di ciò approfittarono i ricchi proprietari terrieri per abbattere il potere di
Caio Gracco. Egli, rimasto con pochi seguaci, si rifugiò sull’Aventino per cercare di organizzare una difesa, poi, però, visto inutile il tentativo, si fece uccidere da uno schiavo.
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3 - ROMA ALLA CONQUISTA DEL MEDITERRANEO
ESERCIZI
1. Rispondi alle seguenti domande:
a - A chi erano favorevoli le leggi volute da Tiberio e Caio Gracco?
b - A quanto equivalevano 1000 iugeri?
c - Quando fu eletto tribuno della plebe Caio Gracco?
d - Perché Caio Gracco sostenne la fondazione di nuove colonie?
e - Da chi fu abbattuto il potere di Caio Gracco?
2. Indica con una crocetta la conclusione corretta delle seguenti frasi:
a - Ad alcune città sottomesse i Romani
lasciarono l’autonomia amministrativa e le proprie leggi.
distrussero le mura.
b - Alcune città, dette municipi, ottennero dai Romani
la cittadinanza romana.
di diventare alleate di Roma.
c - I territori conquistati dai Romani fuori d’Italia furono divisi in province e governate
da consoli.
da magistrati detti proconsoli.
d - Nei territori conquistati i Romani fondarono
soprattutto colonie.
Città.
e - La maggior parte dell’ager pubblicus
fu distribuito alla plebe romana.
cadde nelle mani dei grandi proprietari terrieri.
f - Roma affidava ai cavalieri l’amministrazione
delle province.
dell’esercito.
g - Dopo la conquista della Grecia, l’influenza della civiltà greca su quella romana
aumentò.
diminuì.
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ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO
Ti racconteremo:
- LE RIVENDICAZIONI E I SUCCESSI DEGLI ITALICI;
- LO SCONTRO TRA MARIO E SILLA;
- LA CONQUISTA DELLA GALLIA;
- L’AFFERMAZIONE DI OTTAVIANO.
4
LA CRISI
DELLA
REPUBBLICA
CAPITOLO
1. C AI O MA RI O E LA RI F OR MA DEL L’ ESE RCI T O
A Roma, durante il consolato dei fratelli Gracchi, si erano formati due schieramenti politici: quello degli
aristocratici e quello dei democratici o popolari. Il primo comprendeva i senatori e i ricchi proprietari terrieri preoccupati di difendere i propri interessi, il secondo univa uomini di varia estrazione sociale che
appoggiavano le rivendicazioni della plebe romana e dei contadini. C’erano, inoltre, i cavalieri che stavano accumulando grandi ricchezze e aspiravano al governo dello Stato. La sconfitta dei Gracchi sembrò
segnare la fine del partito popolare, che però si riprese alcuni anni dopo, quando ne assunse la direzione
Caio Mario eletto console nel 107 a.C.. Egli era un “uomo nuovo”, cioè un personaggio i cui antenati non
avevano ricoperto cariche pubbliche. Mario ottenne il comando dell’esercito che combatteva in Africa contro Giugurta, re della Numidia, il quale aveva spodestato gli eredi di Massinissa, fedeli alleati di Roma, e
in pochissimo tempo lo sconfisse e lo condusse in catene a Roma. Poco dopo guidò due spedizioni contro
i Cimbri e i Teutoni, infliggendo loro gravissime sconfitte. Acquistò così un grande prestigio che gli consentì di essere eletto console ripetutamente. Senza dubbio,
contribuì alle sue vittorie la riforma da lui introdotta nell’esercito. Fino ad allora i
soldati venivano reclutati, essenzialmente, fra i piccoli proprietari terrieri, il cui
numero, però, risultava ormai insufficiente, data l’estensione dei confini e le continue guerre. Mario, allora, aprì l’arruolamento alla grande massa dei proletari e
dei disoccupati, romani e italici, i quali, attratti dal soldo (cioè dalla paga, da qui
il termine soldato), si arruolavano volentieri, divenendo soldati di mestiere. Alla
fine della lunga permanenza sotto le armi il comandante dell’esercito otteneva
delle terre e una parte del bottino da distribuire ai suoi soldati. Pertanto, il rapporto fra i generali e le truppe divenne particolarmente stretto. Le vittorie erano vantaggiose per tutti, perché quanto più il comandante dell’esercito diveniva potente, tante più concessioni poteva ottenere per i suoi soldati.
Busto di Caio Mario.
2. LA RIBELL ION E DEGL I IT AL IC I
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La riforma dell’esercito indusse gli Italici, il cui contributo era determinante, a chiedere con maggiore insistenza la cittadinanza romana. Questo avrebbe consentito loro di ottenere parte dei tributi che provenivano dalle province, di partecipare agli appalti di opere pubbliche, di contribuire all’equipaggiamento del-
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CAPITOLO
4 - LA CRISI DELLA REPUBBLICA
Busto di Lucio Cornelio Silla.
l’esercito con i notevoli redditi che ne derivavano e di usufruire della
distribuzione di terre dell’ager publicus. Il Senato romano si oppose alla
richiesta e gli Italici si ribellarono. Lo scontro, che fu durissimo, durò dal
91 all’89 a.C., Roma subì diverse sconfitte e gli Italici arrivarono a costituire un nuovo Stato che chiamarono “Italia”. Alla fine si giunse alla pace,
grazie alle vittorie dell’esercito romano guidato da Lucio Cornelio Silla e
grazie soprattutto alla concessione della cittadinanza romana alle città che
erano rimaste fedeli a Roma e a quelle che avevano deposto le armi.
3. IL CONT R AST O T RA MARIO E SILL A
Durante la guerra contro gli Italici emersero le qualità militari di Lucio Cornelio Silla che, a differenza di Mario, era di nobile famiglia, motivo per cui il Senato pensò di metterlo a capo del partito
aristocratico. A lui fu affidato il comando dell’esercito inviato contro Mitridate, re del Ponto, il quale
aveva sollevato i popoli orientali contro Roma.
Silla era in Campania con il suo esercito, pronto a imbarcarsi per l’Oriente, quando ricevette la notizia che a Roma Mario stava tentando di fargli revocare il comando. Egli allora ritornò a Roma a capo
delle sue legioni e alle porte della città sbaragliò l’esercito di Mario, il quale fu costretto a rifugiarsi
in Africa. Dopo la partenza di Silla per l’Oriente, Mario rientrò a Roma, dove perseguitò spietatamente gli aristocratici, ma pochi mesi dopo morì.
In Oriente Silla sconfisse ripetutamente Mitridate, poi, preoccupato per le notizie che gli arrivavano da Roma, preferì concludere la guerra con una pace conveniente per il re, che si vide restituito
intatto il regno, e rientrò in Italia. Nell’83 a.C. sbarcò a Brindisi, dove fu accolto trionfalmente.
Giunto a Roma, cominciò a vendicarsi duramente contro i seguaci di Mario, facendo affiggere nei
luoghi pubblici le cosiddette liste di proscrizione, elenchi di uomini condannati a morte perché
accusati di essere nemici della repubblica, in realtà rivali politici di Silla. L’ordine era che chiunque,
incontrandoli, poteva ucciderli, mentre i loro beni sarebbero stati messi all’asta e venduti a prezzi
bassissimi. Quindi Silla, fattosi nominare dittatore con pieni poteri, attuò una serie di riforme: favorì la formazione di piccole proprietà contadine; raddoppiò il numero dei senatori, portandolo da 300
a 600 per rafforzare il partito aristocratico; limitò il potere dei tribuni della plebe e stabilì che i consoli potevano comandare l’esercito nelle province, ma non in Italia, a sud cioè dei fiumi Magra e
Rubicone, dove i magistrati potevano esercitare solo i poteri civili.
Dopo aver restaurato la repubblica aristocratica, Silla si ritirò a vita privata e poco dopo morì.
4 . GNEO POMPEO
Nel 76 a.C., alla morte di Silla, Gneo Pompeo, che era stato uno dei suoi più validi generali, fu eletto pretore e inviato in Spagna a capo di un esercito per domare una rivolta guidata da Quinto
Sertorio, governatore delle province spagnole. In quattro anni
Pompeo riportò la Spagna sotto il dominio di Roma. Nel
frattempo l’Italia era sconvolta dalla drammatica rivolta
degli schiavi guidata da Spartaco, un trace di notevole
capacità organizzativa. La ribellione scoppiò nella scuola
Un denario che raffigura Gneo Pompeo.
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ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO
Uno scontro tra gladiatori.
di gladiatori di Capua con l’intento di riportare
nella terra d’origine tutti gli schiavi. Dopo aver
inflitto diverse sconfitte ai Romani, l’esercito di
Spartaco fu intercettato da quello romano guidato
da Marco Licinio Crasso e annientato. Spartaco
morì in battaglia e gli schiavi catturati furono crocifissi lungo la via Appia.
Intanto Pompeo, rientrato in Italia, fu eletto console insieme a Crasso ed ebbe l’incaricato della guerra contro i pirati, i quali approfittando dei numerosi impegni militari cui Roma aveva dovuto far
fronte, partendo dalle loro basi in Cilicia (Asia
Minore), spadroneggiavano nel Mar Egeo e
nell’Adriatico, attaccando i convogli di navi e saccheggiando le coste delle province romane. Pompeo iniziò l’offensiva contro di loro a capo di una flotta di 500 navi e con 120.000 legionari. In meno di due mesi
annientò i pirati e distrusse le loro basi. Subito dopo gli fu affidato l’incarico della guerra contro Mitridate,
re del Ponto, che aveva ripreso le armi contro Roma. Ancora una volta Pompeo seppe agire con abilità e
rapidità: sconfisse Mitridate e trasformò il suo regno in provincia romana. Poi si impadronì della Siria, che
divenne anch’essa una provincia romana, e occupò Gerusalemme e la Palestina.
Mentre Pompeo era impegnato contro Mitridate, a Roma il patrizio Lucio Sergio Catilina ordiva una congiura per impadronirsi del potere. Il colpo di Stato architettato da Catilina prevedeva l’uccisione dei consoli e la conquista del potere con un esercito cui dovevano partecipare anche i gladiatori. Ma il console
Marco Tullio Cicerone, grande oratore e uomo di cultura, scoprì il piano e denunciò in Senato Catilina, il
quale fuggì da Roma e si rifugiò presso il suo esercito in Etruria, ma fu sconfitto e ucciso nella battaglia che
si svolse nel 62 a.C. presso Pistoia. Nello stesso anno Pompeo, ricchissimo di gloria e di bottino, rientrò in
Italia, sciolse l’esercito e chiese al Senato una grande distribuzione di terre ai suoi veterani. Tutti pensavano che la sua richiesta sarebbe stata accolta, ma il Senato diffidava moltissimo dei generali vittoriosi, che
potevano contare sulla fedeltà dei loro soldati e sull’ammirazione della plebe, perciò respinse la richiesta di Pompeo.
5. IL PRIMO TRIUNVIRATO: POMPEO-CESARE-CRASSO
Pompeo, deluso perché il Senato aveva respinto la richiesta di distribuire terre ai suoi legionari, si alleò con Crasso e con Caio Giulio Cesare,
della nobile gens Giulia, uomo che durante il servizio militare in Asia
Minore aveva dato prova di ottime qualità strategiche. Essi fecero un
accordo a tre detto triumvirato, attraverso cui intendevano sostituirsi al
Senato. Nel 59 a.C. Cesare, divenuto console, fece distribuire molte terre
ai veterani di Pompeo, mentre per sé pretese il comando di un esercito
con l’intento di sottomettere la Gallia, perché si era reso conto che ormai
le battaglie politiche si potevano vincere solo con conquiste militari. Nel
58 a.C. partì per la Gallia che era abitata dai Celti o Galli, un popolo diviso in numerose tribù, spesso in lotta fra loro. Ogni tribù era dominata dai
guerrieri e dai druidi, sacerdoti che avevano anche funzioni giudiziarie e
politiche. In otto anni conquistò tutta la Gallia, compreso l’attuale Belgio,
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Cesare (sulla sinistra) e Pompeo Magno (sulla destra),
ritratti dall'artista Taddeo di Bartolo, affresco, 1414, Siena.
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4 - LA CRISI DELLA REPUBBLICA
Statua che rappresenta Giulio Cesare.
fino al canale della Manica e ne fece una provincia romana. In Gallia furono costruite
città ricche di monumenti e fornite di strade e acquedotti. I Galli pagarono tutto ciò con
migliaia di vite umane, circa un milione di prigionieri ridotti in schiavitù e la perdita della
libertà e della propria identità culturale, perché dovettero adottare la lingua, gli usi e i
costumi romani. La conquista della Gallia procurò a Cesare l’appoggio dell’esercito,
della plebe e dei cavalieri, interessati ai commerci; ma suscitò anche l’invidia di Pompeo
e la diffidenza del Senato. Lo stesso triunvirato si era sciolto perché Crasso era morto
combattendo contro i Parti e a Roma era ripresa la lotta politica: bande armate si
scontravano nella città con una tale violenza da arrivare a incendiare perfino la
sede del Senato. I senatori, allora, si affidarono a Pompeo che fu nominato unico
console. Frattanto, mentre Cesare nel 49 a.C. rientrava a Roma dalla Gallia,
ricevette l’ordine dal Senato di sciogliere l’esercito. Arrivato al Rubicone,
che segnava il confine fra le province e l’Italia e che la legge vietava di passare in armi, Cesare si fermò e pensò un’intera notte sul da farsi. All’alba pronunciò la famosa frase: alea iacta est, “il dado è tratto”, ossia la decisione è presa, e alla
testa delle sue legioni attraversò il fiume e marciò su
Roma. Pompeo fuggì nella penisola balcanica, mentre
l’Italia e Roma cadevano nelle mani di Cesare.
Alla fine del 49 a.C. Cesare passò in Grecia per affrontare Pompeo, che nel frattempo aveva arruolato un esercito. La battaglia decisiva avvenne nel 48 a.C. a Farsalo, nella
Tessaglia. Pompeo fu sconfitto e riuscì a stento a sfuggire
alla cattura riparando in Egitto, dove il giovane faraone
Tolomeo XIV lo fece uccidere pensando di compiacere il vincitore. Cesare, arrivato in Egitto, decise di punire il faraone per
l’assassinio di Pompeo, cacciandolo dal trono e mettendo al
suo posto la sorella Cleopatra.
Cleopatra in un ritratto di Michelangelo.
6 . L A D IT T A T U R A E L A MO R T E D I CE SA R E
Dopo avere sconfitto i figli di Pompeo in Africa e in
Spagna, Cesare rientrò a Roma, dove ottenne il titolo di
imperator, “generale vittorioso”, ossia comandante
supremo di tutte le forze militari romane, inoltre si fece
nominare dittatore, prima per un decennio, poi a vita.
Egli prese nelle sue mani i poteri militari e civili, ma
non ne abusò; seppe, infatti, essere clemente con i suoi
avversari politici. A Roma ristabilì l’ordine e la sicurezza, quindi ridusse i debiti dei contadini poveri e assegnò molte terre ai suoi veterani e a quelli di Pompeo,
fondò colonie e realizzò grandi opere pubbliche.
Per far entrare in Senato molti suoi sostenitori, aumentò il numero dei senatori da 600 a 900.
Giulio Cesare sul carro trionfale, ad opera di Andrea Mantegna.
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ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO
La morte di Giulio Cesare.
Con questa politica Cesare creò un vasto consenso intorno
al suo governo, ma non riuscì a conquistare la vecchia oligarchia senatoria, la quale si era vista sottrarre il potere. Un
piccolo gruppo di moderati, fedeli alle istituzioni repubblicane, si assunse il compito di eliminare il tiranno. Guidata
da Bruto e Cassio, la congiura scattò il 15 marzo del 44 a.C.
(idi di marzo): mentre entrava in Senato, Cesare fu colpito a
pugnalate dai congiurati e cadde esanime sotto la statua di
Pompeo, il suo grande antagonista.
7. IL S E CO NDO T R I U MV IR AT O : A N T O NI O - O T T A VI A NO LEPI DO
Con la morte di Cesare i congiurati speravano di ripristinare la supremazia del Senato, ma si
sbagliavano. Dopo alterne vicende il comando fu assunto da un triumvirato costituito da
Marco Antonio, amico di Cesare, Marco Emilio Lepido, che era stato suo generale, e da Caio
Ottaviano, pronipote e figlio adottivo di Cesare, che come suo erede aveva assunto il
nome di Caio Giulio Cesare Ottaviano. I triumviri vendicarono l’assassinio di Cesare
condannando a morte centinaia di senatori e migliaia di cavalieri. Anche il grande oratore Marco Tullio Cicerone, avversario di Antonio, fu ucciso. Subito dopo, nel 42 a.C.,
Antonio e Ottaviano si misero a capo di un esercito e sbarcarono in Grecia, dove Bruto
e Cassio avevano arruolato truppe. Lo scontro avvenne a Filippi, in Macedonia: Bruto
e Cassio furono sconfitti e uccisi. Dopo la battaglia di Filippi, i triumviri si divisero il
potere: Ottaviano ottenne il governo dell’Italia e delle province occidentali, Antonio quelBusto di Cicerone. lo delle province orientali e Lepido l’Africa. Qualche anno dopo, mentre Lepido rinunciava al governo dell’Africa e assumeva la funzione di pontefice
massimo, cioè capo dei sacerdoti che vigilavano sui culti reliER O
D A L L A RE PU B B L I C A AL L ’I M P
giosi, fra Antonio e Ottaviano incominciava a nascere una probfonda rivalità, perché ognuno mirava a eliminare l’altro.
repu
a
dall
gio
Ottaviano attuò il passag
sò
pas
re
pote
In Oriente Antonio sposò la regina d’Egitto Cleopatra, quindi
il
blica all’impero, per cui
lle
que
a
ri
libe
insieme progettarono la costituzione di un grande regno con
dalle mani dei cittadini
sto
capitale Alessandria, che essi avrebbero governato come uno
dell’imperatore. Le ragioni di que
fatto
passaggio sono da ricercare nel
Stato indipendente da Roma. Ottaviano accusò Antonio di
del lungo
co
stan
ai
orm
era
ano
rom
olo
voler separare l’Oriente da Roma e convinse il Senato a dichiache il pop
guerre civili che
periodo di tensioni, di violenze e di
rare guerra all’Egitto.
odo repubblicaavevano caratterizzato l’ultimo peri
Lo scontro decisivo fra Ottaviano e Antonio, alleato di
persona autorevono. Molti pensavano che solo una
Cleopatra, si svolse nelle acque di Azio, presso la Macedonia,
lla pace e serele avrebbe potuto farsi garante di que
dove Ottaviano, a capo della flotta romana, riportò una granrone
pad
nuto
Dive
nità invocate ormai da ogni parte.
ciprin
un
e
de vittoria. Antonio e Cleopatra ritornarono ad Alessandria,
com
e
di Roma, Ottaviano poté governar
egli
;
nale
uzio
istit
ma l’anno dopo, alla notizia dell’arrivo delle legioni di
pe, ma non sconvolse l’assetto
tà del
tori
l’au
se
ives
ravv
sop
Ottaviano, si suicidarono. L’Egitto divenne così possesso di
che
tti,
lasciò, infa
egnò per
imp
si
Egli
a.
form
a
nell
solo
Ottaviano. Il 29 a.C. Ottaviano rientrò in Italia: a soli 32 anni
pure
Senato, sia
hé solo così
perc
o,
Stat
do
soli
ere
rend
e
are
egli era ormai l’unico, incontrastato dominatore di tutti i terorganizz
periodo di pace.
avrebbe potuto godere di un lungo
ritori dell’Impero romano.
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CAPITOLO
4 - LA CRISI DELLA REPUBBLICA
ESERCIZI
1. Indica con una crocetta se le seguenti affermazioni sono vere (V) o false (F):
a - Durante il tribunato dei fratelli Gracchi a Roma c’era un solo schieramento politico.
b - La sconfitta dei Gracchi sembrò segnare la fine del partito popolare.
c - Caio Mario assunse la direzione del partito aristocratico.
d - Giugurta era re della Numidia.
e - Il termine soldato deriva da soldo.
f - Gli Italici chiedevano con insistenza la cittadinanza romana.
g - L’esercito romano guidato da Lucio Cornelio Silla fu sconfitto dagli Italici.
V
F
2. Nella seguente tabella inserisci in corrispondenza di ogni personaggio le informazioni principali
che lo riguardano:
PERSONAGGIO
INFORMAZIONI
Silla
Pompeo
Mario
Cesare
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ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO
Ti racconteremo:
-
-
DELL’ETÀ IMPERIALE;
DELLA SUCCESSIONE ALLA MORTE DI AUGUSTO.
5
AUGUSTO
E I SUOI
SUCCESSORI
CAPITOLO
1. LA POLIT ICA DI AUGUST O
Durante il lungo governo di Augusto, durato fino al 14*, nessuno osò mettere
in discussione il suo potere e il suo operato. D’altronde, la stabilità politica e
la pace erano il frutto della sua azione saggia e accorta. Infatti, non ci furono
guerre di espansione territoriale, ma solo quelle necessarie per salvaguardare i confini dell’Impero. Per questo l’età augustea è considerata uno dei
periodi più felici della storia romana e non a caso si parla di pax augustea.
Augusto affidò al Senato l’amministrazione delle province più tranquille
(province senatorie) e riservò a sé quelle situate alle frontiere (province
imperiali), dove erano concentrate le truppe addette alla difesa. In tal
modo, mentre governava mediante uomini di sua fiducia quelle regioni,
teneva anche sotto controllo la macchina
militare romana. Egli creò nuovi magistrati,
come il prefetto urbano, incaricato di mantenere
l’ordine pubblico, il prefetto dell’annona, addetto
al rifornimento di grano all’Italia, il prefetto del pretorio, a capo dei pretoriani, corpo di truppe scelte costituito da 9000 uomini che dovevano attendere alla difesa
dell’imperatore.
Augusto accentuò il carattere professionale dell’esercito, di cui
poteva entrare a far parte solo chi aveva la cittadinanza romana. Ogni soldato prestava servizio per 20 anni, alla fine dei
quali otteneva una somma di denaro o un pezzo di terra da
Testa di bronzo di Augusto.
coltivare. Le terre assegnate ai soldati si trovavano generalmente nelle province ai confini dell’Impero, perciò i cittadini italici o romani, andando
ad abitare in quelle terre, contribuivano a rendere più stretti i legami fra Roma e
l’Impero. Anche la flotta militare fu rafforzata e dislocata a Ravenna nell’Adriatico, a
Capo Miseno nel Tirreno e sui fiumi Danubio e Reno, punti strategici dell’Impero.
Essa aveva il compito di tenere il mare libero dai pirati, proteggere il commercio e
spostare le truppe dove fosse necessario.
Augusto istituì anche il fisco, dal latino fiscus, “canestro”; si trattava del tesoro dell’imperatore, alimentato dalle imposte.
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* Le date non seguite dalla sigla a.C. si intendono d.C. (dopo Cristo).
Statua di Augusto.
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CAPITOLO
5 - AUGUSTO E I SUOI SUCCESSORI
Augusto attuò una riforma monetaria tra il 23 e il 20 a.C. allo scopo di risolvere
il disordine nella produzione monetaria di Roma. Le nuove monete avevano in
comune la costante raffigurazione dell’Imperatore.
A Oriente raggiunse un accordo con i Parti, fissando con loro il confine sull’Eufrate. A Occidente consolidò il dominio romano in
Spagna, nella Gallia e nella zona alpina. Non riuscì il tentativo di
sottomettere la Germania per dare maggiore sicurezza ai territori
settentrionali dell’Impero. Le legioni romane comandate dal console Quintilio Varo caddero in un’imboscata dei Germani e furono
massacrate presso Teutoburgo, l’anno 9. Perciò Augusto stabilì il confine dell’Impero lungo la linea dei fiumi Reno e Danubio.
2 . L A RINASC IT A CU LT URALE
Virgilio con l'Eneide tra le muse Clio e Melpomene.
Augusto dedicò una particolare cura a convincere
i popoli dell’Impero che essi facevano parte di una
civiltà superiore, frutto di un progetto divino, in
cui erano confluite le conquiste delle civiltà precedenti, soprattutto quella greca. Per diffondere questa idea e celebrare gli splendori di Roma, egli si
circondò dei più grandi poeti e scrittori del suo
tempo, tra i quali ricordiamo Virgilio, Orazio e
Livio.
Virgilio cantò nelle Bucoliche e nelle Georgiche un
ideale di vita campestre, serena e pacifica, mentre
con l’Eneide celebrò le origini leggendarie di Roma
attraverso le vicissitudini di Enea, dalla distruzione di Troia fino al suo arrivo nel Lazio.
Orazio cantò la vita quotidiana, esaltò la figura di
Augusto e la grandezza di Roma pacificata. Tito
Livio fu autore di una grande storia di Roma, che
in gran parte, purtroppo, è andata perduta.
Augusto dette anche un notevole impulso all’abbellimento di Roma, tanto che poté vantarsi di
aver trovato una città di mattoni e di averla trasformata in una città di marmo. Durante l’età di
Augusto sorsero molti archi di trionfo in suo
onore, allo scopo di celebrare e ricordare le
sue vittorie; ricordiamo, tra tutti, quello di
Rimini, in cui viene magnificata la grandezza
e l’equilibrio della personalità e della politica
dell’imperatore.
A tutte le forme dell’arte, ma in particolare
alla scultura, Augusto chiese che attraverso
le statue che lo rappresentavano si divulgasse l’idea che egli governava non con la
forza, ma con l’autorità morale e la
saggezza.
Ricostruzione dell’Ara Pacis a Roma.
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ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO
3. L’ORGANIZZAZIONE
NELL’ETÀ IMPERIALE
DELLA
SOCIET À
ROMANA
I senatori continuarono a essere privilegiati, ma la classe che Augusto favorì fu quella dei cavalieri; essi,
infatti, ottennero molte cariche pubbliche, alti gradi nell’esercito e alcuni di loro furono nominati governatori delle province. Inoltre, erano soprattutto i cavalieri a occuparsi del commercio e dell’attività bancaria.
Si può dire che in molte città dell’Impero la vita amministrativa, sociale ed economica era nelle loro mani.
Nei primi secoli dell’Impero si formò anche un ceto medio abbastanza numeroso, costituito da commercianti, artigiani, agricoltori benestanti, funzionari dello Stato e ufficiali dell’esercito. Per tenere tranquilla
la plebe romana che contava circa 200.000 persone, Augusto ordinava, di tanto in tanto, la distribuzione di
grano e denaro, organizzava giochi e spettacoli pubblici gratuiti. Le condizioni degli
schiavi migliorarono sensibilmente. Il loro numero diminuì molto, sia per la fine
delle guerre e della pirateria, i cui prigionieri erano ridotti in schiavitù, sia perché
Non era raro che
molti furono liberati, divenendo così liberti, cioè ex schiavi. Inoltre, se uno schiagli schiavi venissero liberati!
vo dimostrava capacità e intelligenza, spesso il suo padrone lo avviava a un
mestiere o a una professione; non era quindi raro il caso di uno schiavo che gestiva
una bottega, produceva e vendeva oggetti, faceva il medico o il maestro; il reddito che
ne ricavava andava al padrone, che però gliene lasciava una parte. Molti schiavi divennero tanto ricchi da comprarsi la libertà, versando al loro padrone una considerevole
somma. Anche le leggi divennero più miti nei confronti degli schiavi, i padroni infatti persero il diritto di
vita e di morte su loro.
4. GLI I M PE R AT O R I DE L LA DI NA ST IA G IU LI O - CLA U DI A
Durante gli ultimi anni della vita Augusto si pose il problema della successione. Egli
intendeva scegliere una persona in grado di governare un grande organismo politico
quale era l’Impero romano, ma tale scelta non doveva avvenire in modo ufficiale, perché nella forma egli aveva conservato le istituzioni repubblicane. Non avendo figli
maschi decise di adottare Tiberio, il figlio che sua moglie Livia aveva avuto dal primo
marito. Tiberio faceva parte della gens Claudia, ma essendo stato adottato dall’imperatore, entrò a far parte anche della gens Giulia, alla quale
apparteneva Augusto.
Succeduto ad Augusto, Tiberio seguì l’esempio del suo
illustre predecessore, rispettò il Senato, sostituì i
governatori incapaci e disonesti delle province e
cercò di non imporre tributi troppo gravosi ai sudditi. Negli ultimi anni della sua vita si ritirò nella splendida villa di Capri, dove morì nel 37.
Successore di Tiberio fu Gaio, soprannominato Caligola
per le scarpe militari (caligulae) che amava indossare. Egli
pretese di essere adorato come un dio, a imitazione dei
sovrani delle dinastie ellenistiche. Ben presto dette segni
di squilibrio mentale, commettendo varie stravaganze,
finché non fu ucciso.
A Caligola succedette lo zio Claudio, uomo mite e
saggio, che fece costruire un grande porto a Ostia e
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Tiberio aveva 56 anni quando fu chiamato al potere.
Caligola venne ucciso a 29 anni in una congiura di Palazzo.
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CAPITOLO
5 - AUGUSTO E I SUOI SUCCESSORI
Proclamazione di Claudio imperatore; Claudio fu trovato nascosto
dietro una tenda dai pretoriani, che lo nominarono imperatore.
La Dumus Aurea fu costruita da Nerone
dopo l’incendio che devastò Roma nel 64.
riprese la conquista della Britannia. Morì nel 54 probabilmente fatto avvelenare
dalla moglie Agrippina, per favorire la successione al trono del figlio Nerone,
avuto da un precedente matrimonio. Quando Nerone divenne imperatore
aveva appena 17 anni e, guidato dalla madre e dal filosofo Seneca, governò con
saggezza ed equilibrio. Poi cambiò comportamento, divenendo estremamente
dispotico: fece uccidere persino il fratellastro, la madre e la moglie Poppea. A
Nerone è stato attribuito l’incendio di Roma che provocò la morte di migliaia di
persone. Egli ne accusò i cristiani, che perseguitò condannando a morte tanti
innocenti, fra i quali gli apostoli Pietro e Paolo. Questa fu la prima persecuzione
contro i cristiani. I crimini di Nerone provocarono nel 68 una rivolta contro di lui
che, abbandonato da tutti, si fece uccidere da uno schiavo.
Il busto di Nerone, il cui regno durò 14 anni.
5. L A DINASTIA FLAVIA
Alla morte di Nerone emerse la forza delle legioni che
divennero arbitre dell’elezione dell’imperatore. Nel 69 acclamarono imperatore Tito Flavio Vespasiano, comandante delle legioni d’Oriente, con il quale iniziò la dinastia Flavia. Vespasiano risanò le finanze dello Stato, impoverite dai suoi
predecessori, e ristabilì l’ordine all’interno dell’Impero, soffocando una serie di rivolte in Gallia. Represse anche la grande insurrezione della Giudea, dove inviò un esercito al comando del figlio Tito, il quale nel 70 conquistò e distrusse Gerusalemme;
cominciò allora la diaspora, ossia la dispersione degli ebrei fuori dalla Palestina.
Alla morte di Vespasiano, nel 79, gli succedette il figlio Tito, l’imperatore
chiamato dai Romani “delizia del genere umano”. In quello stesso anno si
verificò la terribile eruzione del Vesuvio, che distrusse le città di Pompei e di
Ercolano.
Sesterzio di Vespasiano, coniato nel 71 per celebrare la vittoria nella prima guerra giudaica; il rovescio della moneta reca la scritta IVDAEA CAPTA, "Giudea conquistata"..
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ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO
Il Colosseo, chiamato dagli antichi romani “Anphitheatrum Flavlum”,
fu costruito da Vespasiano nel 72 e inaugurato da suo figlio Tito nell’80.
6. T RA I AN O P RIMO I MP ERAT ORE P ROVI CI A LE
Il primo imperatore di origine provinciale fu lo spagnolo Ulpio
Traiano (98-117). Egli fu un saggio
amministratore e un grande generale, tanto che il Senato gli conferì il
titolo di “ottimo principe”.
Traiano conquistò la Dacia, l’attuale
Romania, che divenne provincia
romana, e altri territori; l’Impero
raggiunse così la sua massima
espansione. Realizzò un vasto programma di opere pubbliche: prolungò la via Appia da Benevento a
Brindisi, fece costruire la colonna
Traiana, per celebrare le sue vittorie
contro i Daci. Nel 117, alla sua morte,
gli successe Adriano, a cui si deve la
costruzione di una lunga muraglia, il
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L’Impero romano alla morte
di Augusto e alla morte di Traiano.
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CAPITOLO
5 - AUGUSTO E I SUOI SUCCESSORI
Il Vallo di Adriano originariamente si estendeva per 117 km.
Vallo di Adriano, per proteggere la Britannia dalle popolazioni della
Scozia.
Adriano, grande amante della cultura, ci ha lasciato Villa Adriana, a
Tivoli, il Pantheon e il mausoleo, che l’imperatore fece costruire per sé a
Roma e che nel Medioevo fu trasformato in fortezza (oggi Castel
sant’Angelo).
Uno degli imperatori più illustri e colti fu Marco Aurelio (161-180), il
quale dovette intraprendere una serie di campagne militari contro i Parti
in Oriente e i Germani sul Danubio.
7 . L ’A NA RC HI A MI LI T ARE E LA T ET RA RC HI A
Gli anni che vanno dal 235 al 268 furono un periodo passato alla storia come “anarchia militare”,
perché le varie armate dislocate nelle diverse zone dell’impero acclamavano come imperatore il
proprio comandante, perciò, spesso, si arrivava alla guerra civile. Questi conflitti, oltre ai massacri,
provocavano disordini, pestilenze e carestie, che decimavano la popolazione.
L’intervento dello Stato diminuì, le strade divennero insicure e difficili i rifornimenti alimentari
delle città, le quali incominciarono a spopolarsi e ad avviarsi verso un’inevitabile decadenza.
Tutto questo accadeva mentre i barbari, spinti da spostamenti di popoli provenienti dalle grandi
pianure orientali, premevano sempre più minacciosamente lungo i confini dell’Impero. Prima furono i Franchi e gli Alamanni a forzare le frontiere arrivando fino in Gallia, poi fu la volta dei Goti che
invasero la Dacia e funestarono i territori lungo i Balcani con le loro scorrerie.
Di fronte alla grave crisi che colpiva l’Impero, molti imperatori cercarono di trovare una soluzione.
Tra questi ricordiamo Diocleziano che, proclamato imperatore dalle sue legioni nel 284, per dare
all’Impero maggiore autorità e prestigio, fece in modo che il suo massimo rappresentante, l’imperatore stesso, fosse considerato “figlio di Giove” e quindi dio egli stesso.
Ai suoi stessi cortigiani egli appariva con una corona in testa e una veste purpurea fregiata d’oro.
Tutti i membri della sua splendida corte dovevano stare in piedi in sua presenza.
Diocleziano si rese conto che l’Impero, essendo una struttura molto complessa, doveva costantemente affrontare tali e tanti problemi, sia interni che esterni, da non poter essere governato da un
solo imperatore e da una sola capitale. Perciò divise l’Impero in due parti, ognuna governata da un
Augusto. Ogni Augusto sceglieva un Cesare, al quale affidava il governo di una parte del proprio
territorio e che era destinato a succedergli alla sua morte. Questa forma
di governo fu chiamata tetrarchia, cioè governo a quattro. L’Impero non
perdeva la sua unità politica, in quanto ogni legge era valida su tutto il
suo territorio, ma la sua amministrazione era più efficace e più facilmente difendibili i suoi confini. Diocleziano riservò a se stesso l’Oriente con
capitale Nicomedia e affidò l’Occidente con capitale Milano al suo compagno d’armi Massimiano. La tetrarchia durò solo fino all’abdicazione
di Diocleziano grazie alla sua forte personalità. In seguito proprio la
tetrarchia portò alla scissione definitiva tra l’Impero d’Occidente e quello d’Oriente. La riforma di Diocleziano prevedeva, inoltre, la divisione
del territorio dell’Impero in quattro prefetture, suddivise in dodici diocesi e queste in novantasei province. Tutte queste divisioni costituiranno la base della futura organizzazione della cristianità in Occidente.
I primi tetrarchi:
Diocleziano, Massimiano, Galerio e Costanzo.
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ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO
Le invasioni barbariche che si verificarono nel III secolo .
8. L A R I O R G A N I Z Z A Z I O N E D E L L ’ E S E R C IT O
E L’ERED IT A RI ET À D EI MES T I ERI
Diocleziano cercò anche di contrastare la pressione delle popolazioni
barbariche, rafforzando con fortificazioni i confini dell’Impero e aumentando il numero delle legioni che presidiavano le frontiere. Inoltre, organizzò un forte esercito di riserva da inviare nelle parti dell’Impero in cui
si verificavano disordini o c’era il pericolo di invasioni. Per far fronte alla
maggiore richiesta di soldati, istituì un nuovo sistema di leva che prevedeva per i proprietari terrieri l’obbligo di fornire delle reclute, oppure
una somma di denaro che permettesse il reclutamento di soldati anche
fra gli stessi barbari.
Tutta l’opera di Diocleziano, dalla fortificazione dei confini al rafforzamento dell’esercito, dalla riorganizzazione amministrativa alla tetrarchia, fece aumentare il numero dei funzionari e quindi delle spese statali. Per farvi fronte e per realizzare una più equa giustizia fiscale, egli ordinò un censimento di tutti gli abitanti dell’Impero e delle loro ricchezze.
Per risolvere il problema della scarsità della manodopera, soprattutto
agricola, ma anche delle altre attività lavorative, egli emanò un decreto
che obbligava ogni lavoratore a continuare a svolgere il proprio mestiere e i figli a fare lo stesso mestiere dei propri padri. Fu così che nelle campagne si creò la servitù della gleba (in latino gleba significa “terra”), ossia
la obbligatorietà dei contadini e dei loro discendenti a restare legati alla
terra che coltivavano. Dall’economia dell’Impero romano essa passerà a
quella medievale.
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CAPITOLO
5 - AUGUSTO E I SUOI SUCCESSORI
ESERCIZI
1. Indica con una crocetta se le seguenti affermazioni sono vere (V) o false (F):
a - Augusto non privilegiò né i cavalieri né i senatori.
b - I cavalieri non si potevano occupare dell’attività bancaria.
c - Nell’età imperiale il ceto medio era poco numeroso.
d - Augusto ordinava, di tanto in tanto, la distribuzione di grano e di denaro
alla plebe romana.
e - Sotto il governo di Augusto migliorarono le condizioni degli schiavi.
V
F
2. Nella seguente tabella inserisci in corrispondenza di ogni personaggio le informazioni principali
che lo riguardano:
PERSONAGGIO
INFORMAZIONI
Tiberio
Caligola
Nerone
Vespasiano
Traiano
Adriano
Marco Aurelio
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ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO
Ti racconteremo:
DEL MESSAGGIO DI GESÙ;
DELLE PERSECUZIONI CONTRO I CRISTIANI;
DELL’IMPERATORE COSTANTINO.
CAPITOLO
6
IL
CRISTIANESIMO
1. LA NA SC I T A DEL CRI S TI A NES I MO
In un’atmosfera di attesa, durante il governo di Augusto, a
Betlemme in Palestina nel regno di Erode il Grande, nacque Gesù.
Egli trascorse i suoi primi trent’anni di vita nel villaggio di
Nazareth, lavorando come falegname, poi cominciò a predicare
l’evangelo, cioè la buona novella, che ci è stata tramandata da
alcuni suoi discepoli, detti perciò “evangelisti”: Matteo, Marco,
Luca e Giovanni. Il messaggio di Gesù era molto rivoluzionario,
esortava ad amare gli altri come se stessi, a essere umili e giusti;
diceva che di fronte a Dio non c’era alcuna distinzione fra uomini,
donne, signori e schiavi e che bisognava pentirsi dei propri peccati se si voleva essere accolti nel Regno dei Cieli dopo la morte.
Gesù diceva: “Beati i poveri, beati quelli che soffrono, beati quelli
che piangono”. “Il Signore Iddio tuo è l’unico Signore e tu lo amerai con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua
mente e con tutte le tue forze”. “Amerai il prossimo tuo come te
stesso”. Questo messaggio di amore, di povertà e di giustizia si
diffuse fra la popolazione, che riconobbe in Gesù il Messia, cioè il
Salvatore, il figlio di Dio, che gli antichi profeti ebrei avevano
annunciato. Ma nella Palestina, dominata dai Romani, la nuova
religione fu vista come un pericolo perché, dal momento che esaltava la giustizia e l’eguaglianza, avrebbe potuto spingere il popolo
alla ribellione contro i Romani. Al Sinedrio, supremo consiglio
religioso, politico e giudiziario d’Israele, il messaggio di Gesù
apparve pericoloso, perché poteva essere un mezzo per attentare al
potere costituito, perciò fu accusato di empietà e di ribellione e
condotto davanti al governatore Ponzio Pilato che lo condannò a
morte per crocifissione, pena riservata agli schiavi ribelli e ai ladroni. Il messaggio d’amore predicato da Gesù, detto Cristo, cioè l’unto, l’eletto del Signore, non si spense con la sua morte. Egli aveva
scelto fra i suoi seguaci dodici apostoli, incaricandoli di diffondere nel mondo la nuova religione.
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Il Cristo Pantocratore del Duomo di Cefalù
in Sicilia.
Tavola in avorio con gli apostoli Pietro e Paolo
che furono tra i primi martiri del Cristianesimo.
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CAPITOLO
C HI E S A
Dal greco ekklesia, “assemblea”. Inizialmente il termine
era usato per indicare la
comunità dei credenti in Gesù Cristo; in
seguito designò anche il luogo in cui essi
si riunivano per pregare e celebrare l’eucarestia.
PR E S B I T E R O
Dal greco presbyteros, “più anziano”,
oggi chiamato anche sacerdote o, più
correntemente, prete. Inizialmente era
un uomo anziano che spiegava le
Scritture; in seguito questo ruolo fu affidato a chi era sapiente e saggio.
PROS EL ITISMO
Azione di chi cerca di fare nuovi seguaci
di una religione, di una dottrina, di un
partito.
POLIT EISMO
Forma di religione che ammette l’esistenza di più divinità prevalentemente antropomorfe.
6 - IL CRISTIANESIMO
La crocefissione cominciò ad essere pubblicamente rappresentata dai Cristiani solo intorno
al IV secolo, quando l'imperatore romano
Costantino I, nella sua opera di passaggio dal
paganesimo ne vietò l'uso come pena capitale.
La diffusione del Cristianesimo fu molto
rapida, anche perché favorita dall’unità politica e linguistica dell’Impero
romano. I primi cristiani si
riunivano in comunità chiamate C H I E S E , guidati da
P R E S B I T E R I e da vescovi.
Le varie comunità che si andavano diffondendo in tutto l’Impero si tenevano in
stretto contatto fra di loro, perché consapevoli di appartenere a un’unica grande
comunità formata da tutti coloro che credevano in Cristo. Ogni comunità si riuniva
per ascoltare la lettura e la spiegazione dei
Vangeli e per consumare un pasto rituale
durante il quale veniva distribuita l’eucaristia,
in commemorazione del sacrificio di Cristo
sulla croce. A Roma il Cristianesimo fu portato da
Pietro e Paolo, che subirono il martirio durante il regno di
Nerone. Pietro aveva assunto una posizione preminente a
Roma, diventando vescovo della città. Da Roma il
Cristianesimo raggiunse tutti i Paesi dell’area mediterranea,
fino alle più lontane province dell’Impero. In un primo tempo
si diffuse fra i poveri e gli oppressi, poi anche fra le classi
sociali più alte fino ai militari e agli alti funzionari dello Stato.
All’inizio gli imperatori tollerarono la nuova religione, considerandola come le altre senza preoccuparsene. I contrasti sorsero quando i cristiani, credendo nell’eguaglianza di tutti gli
uomini di fronte a Dio, rifiutarono il culto dell’imperatore.
2. LE P ERSECUZIONI CONT RO I
C RIST IAN I
Il Cristianesimo, capace di un P R O S E L I T I S M O superiore a
qualsiasi altra religione dell’Impero, era considerata una religione di ribelli, in quanto negava i principi fondamentali su cui
si basava lo Stato romano, quali il culto dell’imperatore, il
P O L I T E I S M O e i valori della morale pagana.
Si è visto come Diocleziano, dichiarandosi “figlio di Giove”,
intendesse divinizzare la sua persona, considerando il culto
dell’imperatore non solo un omaggio rivolto alla sua persona,
ma anche un mezzo per rafforzare il legame di lealtà fra i sudLe Catacombe di San Callisto a Roma.
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ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO
Un corteo di divinità riprodotto su un sarcofago.
diti e lo Stato. I cristiani credevano, invece, in un rigido ed esclusivo
M O N O T E I S M O . Essi, inoltre, tendevano a organizzarsi in modo
autonomo rispetto allo Stato, allo scopo di aiutarsi reciprocamente,
dando del lavoro a chi poteva lavorare e soccorrendo quelli che non
erano in grado di lavorare. Per questo i cristiani potevano rappresentare una minaccia per l’Impero. Per scongiurare questo pericolo, gli
imperatori reagirono con le persecuzioni, che furono numerose e
feroci, ma non riuscirono ad arginare la diffusione della nuova fede.
L’ultima e più grave persecuzione fu quella ordinata da Diocleziano
che vedeva nei cristiani un ostacolo al superamento delle gravi difficoltà in cui si dibatteva l’Impero. Ma il Cristianesimo uscì dalle persecuzioni ancora più rafforzato grazie all’aureola di martirio delle
sue vittime.
3. L ’E DI TT O DI MIL AN O
MONOT EISMO
Dottrina religiosa che afferma
l’esistenza di un solo Dio.
E DITTO
Ordine scritto avente valore di legge.
DIR ITTO D’AS ILO
Riconoscimento alla Chiesa del diritto di
concedere asilo, cioè protezione, alle persone ricercate dalle autorità civili e rifugiatesi
in un luogo sacro (chiesa, convento ecc.).
Nel 305 Diocleziano abdicò e costrinse Massimiano a fare altrettanto. Immediatamente il sistema di successione previsto dalla tetrarchia entrò in crisi: Augusti e Cesari cominciarono a combattere l’un contro l’altro, finché rimasero in campo soltanto due Augusti: Licinio in Oriente e Costantino in Occidente.
Nel 313 i due Augusti emanarono l’E D I T T O di Milano, che accordava “ai cristiani e a tutti gli altri la libertà di seguire la religione in cui ciascuno crede [...] affinché non si leda l’onore e la religione di alcuno”.
L’Editto disponeva anche la restituzione ai cristiani delle chiese e dei beni che erano stati loro confiscati
negli anni precedenti. Costantino non si limitò solo a questo, infatti egli esentò il clero dal pagamento delle
imposte e concesse agli ecclesiastici che si fossero macchiati di un crimine di essere giudicati da tribunali
formati da ecclesiastici, le cui sentenze furono equiparate a quelle dei tribunali civili. Secondo il credo cristiano
la domenica diventò giorno festivo.
Notevoli fondi statali furono investiti per costruire chiese e basiliche, a ognuna delle quali furono assegnati
vasti possedimenti. A ogni chiesa, inoltre, fu riconosciuto il D I R I T T O D ’ A S I L O e la possibilità di ricevere
donazioni e lasciti.
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Alcuni resti dei palazzi imperiali di Milano.
Qui si vedono le basi di un'edicola che probabilmente era
dotata di colonne, con attorno un corridoio e diversi locali.
In uno di questi palazzi vi fu l'accordo tra Costantino
e Licinio noto come l'Editto di Milano.
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CAPITOLO
6 - IL CRISTIANESIMO
4 . C O S T A N T I N O U N I C O I M P E R A T O RE
ER ES IA
Con tale termine la Chiesa di
Roma indica qualsiasi interpretazione del Cristianesimo contraria a quella da lei stabilita. È eretico chi
professa una eresia.
C ON CI L IO EC U M EN I C O
Assemblea a cui partecipano tutti i vescovi della Chiesa cattolica per discutere e
deliberare su gravi questioni dogmatiche e
disciplinari concernenti la fede.
ARIA NESIMO
Eresia diffusasi a partire dal IV secolo in
seguito alla predicazione del prete africano
Ario, che negava l’eguaglianza del Figlio e
del Padre e quindi la natura divina del
Figlio.
Nel 324 Costantino invase le province orientali dell’Impero,
eliminò Licinio, suo ultimo rivale, e ricostituì sotto la sua
sola guida l’unità di tutto l’Impero fino all’anno della sua
morte, avvenuta nel 337. Egli accentuò il culto dell’imperatore, che doveva essere venerato come un dio. Splendidamente
vestito di un abito d’oro tempestato di pietre preziose, egli
viveva quasi isolato e vincolato a un cerimoniale di origine
orientale, che prevedeva la pratica della prosternazione, cioè
l’obbligo di inginocchiarsi davanti a lui e baciargli l’orlo
della veste. Questo rituale sarà fatto proprio dagli ecclesiastici cristiani durante le cerimonie religiose.
Costantino si rese conto che il Cristianesimo era ormai una
religione seguita da migliaia di persone e che quindi costituiva una forza che non poteva essere vinta; perciò accettò la
nuova religione nel tentativo di farne un sostegno dello
Stato. Ai cristiani, però, non interessava appoggiare
l’Impero, ma solo servirsene per diffondere il proprio credo
religioso. Per tenere uniti i cristiani Costantino combatté le
E R E S I E , tra le quali la più rilevante fu l’arianesimo e convocò un concilio universale a Nicea. Fu il primo C O N C I L I O
E C U M E N I C O della storia del Cristianesimo; si aprì nel
maggio del 325 alla presenza di tutti i vescovi dell’Impero; fu
presieduto dallo stesso imperatore, che prese parte attiva ai
dibattiti e alle deliberazioni, e si concluse con la condanna
della dottrina ariana e di tutte le altre eresie.
L’A R I A N E S I M O , tuttavia, non fu sconfitto, ma si diffuse
fra le popolazioni germaniche, con la conseguenza che, dopo
le invasioni, i rapporti fra la popolazione romana
dell’Impero d’Occidente e le popolazioni barbariche furono
piuttosto difficili.
L E C ONSE GUENZ E
DEL L’O PER A DI CO STA NTINO
Un mondo nuovo prende forma con Costantino. Il
trasferimento della capitale sposterà tutto l’equilibrio dell’Impero dal Mediterraneo verso
l’Oriente. L’Impero non sarà più romano, ma cristiano e la Chiesa gli fornirà una nuova legge morale.
La stessa figura dell’imperatore subisce una modifica sostanziale, in quanto, ritenendosi investito del potere da Dio, diviene l’unica autorità legittima.
Costantino favorisce il clero e appoggia la Chiesa, che si rafforzerà ancora di più dopo la caduta dell’Impero romano
d’Occidente, dalle cui ceneri nascerà l’Europa medievale.
Testa della statua monumentale di Costantino, conservata nei Musei Capitolini a Roma.
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ROMA: DAI SETTE COLLI ALL’IMPERO
Raffigurazione di Costantino nella basilica di Hagia Sophia a
Istanbul. L'imperatore per la Chiesa Ortodossa è un santo.
C OS T AN T IN O P OLI
Antica colonia greca fondata nel VII secolo
a.C. col nome di Bisanzio, da cui, in seguito,
derivò all’Impero romano d’Oriente la denominazione di
bizantino. Nel 330 l’imperatore Costantino vi fissò la sua
residenza e la chiamò Costantinopoli. Fu conquistata dai
Turchi nel 1453, ma mantenne ugualmente il nome di
Costantinopoli fino al 1760, quando le venne dato l’attuale nome di Istanbul.
P A GA N ES IM O
Indica i culti politeistici dell’antichità greco-romana, considerati in opposizione al giudaismo e al Cristianesimo, in
quanto monoteisti.
Negli ultimi anni del suo Impero, Costantino si rese
conto che le esigenze politiche e militari lo costringevano a risiedere quasi sempre in Oriente; perciò pensò di
trasferire definitivamente la capitale da Roma a Bisanzio, sulle rive settentrionali del Bosforo.
La posizione geografica di Bisanzio era ottima, sia perché era al centro di traffici fra i ricchi Paesi del Vicino
Oriente, sia perché vicina ai confini minacciati dalle scorrerie dei barbari.
Nel 330, dunque, Bisanzio, ampliata e abbellita con opere monumentali, fu elevata a capitale dell’Impero e
dal nome di Costantino fu chiamata C O S T A N T I N O P O L I . Costantino pensava di avere semplicemente
spostato la capitale in una posizione più adatta a difendere e controllare l’Impero. Costantinopoli, invece,
divenne una città greco-orientale nella lingua, nei costumi, nell’organizzazione dello Stato, nell’economia
e nella cultura. Essa, cioè, divenne la capitale di un nuovo Impero orientale, anche se conservava il nome
di romano.
5. L’EDI T T O DI TE SS AL ONI CA
La Chiesa cristiana si affermò definitivamente nel 380, quando l’imperatore
Teodosio, sollecitato dal vescovo di Milano, Ambrogio, emanò l’Editto di
Tessalonica, con il quale riconosceva il Cristianesimo, denominato cattolico, ossia
universale, come l’unica religione dell’Impero e dichiarava la superiorità del
vescovo di Roma su tutti gli altri vescovi della cristianità. Il papa, o pontefice romano, acquistava così una grande autorità, non solo per il prestigio di essere vescovo di
Roma, ma anche perché cominciò ad assumere le funzioni del potere civile man mano
che questo si andava sgretolando.
In seguito, i culti non cristiani furono sempre più limitati e i templi chiusi o trasformati in chiese cristiane. Il politeismo sopravvisse solo nei villaggi o pagi e proprio
dal termine pago deriva la parola P A G A N E S I M O .
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Sul rovescio di questa moneta, coniata sotto Valentiniano II,
sono rappresentati Valentiniano e Teodosio,
entrambi con un'aureola.
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CAPITOLO
ESERCIZI
6 - IL CRISTIANESIMO
1. Indica con una crocetta se le seguenti affermazioni sono vere (V) o false (F):
a - Gli evangelisti erano: Matteo, Marco, Luca e Giovanni.
b - Gesù esortava ad amare gli altri come se stessi.
c - Ponzio Pilato decise di liberare Gesù.
d - Gesù incaricò i dodici apostoli di recarsi a Roma.
e - La diffusione del Cristianesimo fu favorita dall’unità politica e linguistica
dell’Impero romano.
f - A Roma il Cristianesimo fu portato da Pietro e Paolo.
g - Inizialmente il Cristianesimo si diffuse tra le classi colte.
h - I cristiani rifiutavano il culto dell’imperatore.
i - Il Cristianesimo appoggiava i principi fondamentali su cui si basava
l’Impero romano.
l - Diocleziano si dichiarava “figlio di Giove”.
m - Il Cristianesimo uscì dalle persecuzioni ancora più forte.
V
F
2. Indica con una crocetta il significato dei seguenti termini:
a - Evangelo
insieme dei libri della Bibbia.
Buona novella.
Scritti di San paolo.
b - Messia
Salvatore, figlio di Dio.
Messaggero.
Funzionario dello Stato.
c - Apostoli
Persecutori di Gesù.
Sacerdoti ebraici.
Stretti seguaci di Gesù.
d - Chiesa
Comunità degli apostoli.
Comunità dei credenti in Gesù Cristo.
Assemblea dei sacerdoti cristiani.
e - Vescovi
Sacerdoti più anziani.
Sacerdoti più giovani.
Capi delle prime comunità cristiane.
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