EVOLUZIONE E DIVERSIFICAZIONE DELLE PIANTE La Terra provvede al sostentamento di circa 260.000 specie di tracheofite. Queste variano dalle minuscole, galleggianti lenticchia d’acqua, Lemna e Spirodela (Araceae), di pochi millimetri e senza foglie, agli alberi giganteschi come le sequoie (Sequoia, Cupressaceae), alte più di 100 metri e vecchie di migliaia di anni. Per quanto dissimili, questi organismi così diversi sono imparentati tra loro nell’albero della vita attraverso un comune antenato. Spirodela Lemna Sequoia L’evoluzione, ossia il cambiamento genetico nel tempo, è alla base di questa straordinaria diversità e dello stesso albero della vita. Un ingrediente essenziale dell’evoluzione è la naturale variabilità tra individui, per cui è importante comprendere come si origina questa variabilità e come si distribuisce geograficamente. Celmisia longifolia Cypripedium acaule Calochilus robertsonii Calanthe triplicata TEORIE DELL’EVOLUZIONE ORGANICA L’evoluzione è stata spesso definita in due modi: 1- Cambiamento della frequenza genica. 2- Modifiche nella discendenza. La seconda definizione è associata a Darwin (1809-1882) che concepì la teoria oggi chiamata darwinismo. Questa si è rilevata una delle teorie più significative della storia, ha avuto un influenza decisiva non solo sulle scienze biologiche, ma anche sulla percezione del nostro posto nel mondo. Gaillardia Altri studiosi, in particolare Lamarck (1744-1829), aveva suggerito che gli organismi cambiano nel tempo, un’idea incoraggiata dalla scoperta di numerosi fossili e dalla maggior estensione dell’età della Terra. Egli però credeva nella ereditarietà dei caratteri acquisiti. SELEZIONE NATURALE Darwin capì che tutti gli organismi sono collegati tra loro in un albero della vita che si ramifica, e immaginò un processo che potesse generare quel modello. Chiamò questo processo SELEZIONE NATURALE. Neoregelia La sua logica è basata su un insieme di fatti che Darwin collegò tra loro e su due importanti deduzioni basate su questi fatti. In sintesi, Darwin riteneva che senza l’ereditarietà, attraverso cui le caratteristiche di successo sono trasmesse agli individui delle generazioni future, la popolazione non cambierebbe nel tempo. Nella sua massima accezione si può riassumere il Darwinismo “nel concetto che una variazione ereditabile della fitness conduce alla selezione naturale e all’evoluzione”. Sebbene la selezione naturale sia responsabile della maggior parte del cambiamento evolutivo, qualche volta deve agire una causa alternativa. Quando l’influenza della selezione naturale è debole, è il caso a governare il corso del cambiamento evolutivo. Un gene può essere presente in una popolazione o in una specie non perché esso conferisca maggiore fitness rispetto ad un altro gene, ma soltanto per caso. Questo processo, conosciuto come deriva genetica casuale è alla base della teoria neutrale dell’evoluzione molecolare. (Lì, 1997). Poco dopo la pubblicazione di Darwin, un monaco austriaco, Mendel (1822-1884), condusse eleganti esperimenti che dimostravano l’ereditarietà nel pisello comune da giardino. Questi esperimenti non furono apprezzati dagli studiosi fino all’inizio del XX sec., quando formarono le basi della genetica. VERSO UNA NUOVA SINTESI NEODARWINIANA? Successivamente, due scienziati britannici (R.A. Fischer e J.B.S. Haldane) e un americano (S. Wright) svilupparono il settore della genetica delle popolazioni e fornirono un’impalcatura quantitativa e teorica agli studi sui cambiamenti evolutivi nelle popolazioni, il darwinismo fu ribattezzato NeoDarwinismo. Assunzioni ausiliarie Pluralità di livelli (micro e macroevoluzione) Pluralità di ritmi (Punct. Equil.) Nucleo DW esteso Mutazione – Selezione – Deriva – Macroevoluzione Pluralità di fattori (funzioni e strutture; Evo-Devo) Rinnovata capacità esplicativa Cornice teorica coerente LA DIVERSITÀ DELLE PIANTE SCATURISCE DALL’EVOLUZIONE L’evoluzione, quale fonte di biodiversità, trova conferma nei fossili, nella distribuzione di caratteri comuni a gruppi di organismi (alcuni sono comuni a tutti gli essere viventi), nella diversità degli organismi che si osserva a livello geografico e negli studi ambientali. I fossili delle angiosperme documentano l’evoluzione delle strutture, fiori, frutti, foglie e altre parti, ma anche l’origine e l’estinzione di specie, generi e famiglie (Stewart e Rothwell 1993). Nonostante esistano numerose lacune, la documentazione fornita dai fossili prova in modo schiacciante il cambiamento morfologico degli organismi (e perciò dei loro geni) durante i milioni di anni di vita sulla Terra. Archaeanthus linnenbergeri Dilcher and Crane. Reconstruction of leafy twig and flower (Image courtesy of David Dilcher). Il fatto che gli organismi viventi operino attraverso comuni processi genetici e biochimici depone a favore di un’unica origine e di una storia comune della vita sulla Terra. In tutti gli organismi le funzioni fondamentali percorrono le stesse vie metaboliche. Per es. la produzione di ATP nel ciclo di Krebs. Tale processo avviene nei mitocondri, organuli che si trovano solo negli organismi eucariotici. Il DNA costituisce il genotipo che contiene l’informazione genetica in tutti gli organismi. La codifica dell’informazione è contenuta nella sequenza dei nucleotidi che compongono il DNA. Questo codice è praticamente universale in tutti gli organismi viventi e viene trasmesso (spesso con alcune varianti) al fine di coordinare lo sviluppo del fenotipo. Il fenotipo è il risultato dell’interazione tra genotipo e l’ambiente. FIG 6.4 JUDD E’ il fenotipo che spesso documenta i principali cambiamenti genetici. Il petalo inferiore specializzato (labbro o labello) dei fiori di orchidea, è un esempio di come forma, colore e dimensioni si siano diversificati nelle varie specie. Bulbophyllum echinolabium Dactylorhiza foliosa Orchis purpurea Gongora superflua Encyclia The Prasophyllum leek orchids are one of the few Australian terrestrial orchid genera to provide the reward of nectar to their pollinators. Note the orchid pollen mass attached to the face of the pollinator. Comparison of flightless female thynnine wasp, Zapilothynnus trilobatus and the orchid labellum of Drakaea glyptodon. The males of this wasp species are sexually attracted to the orchid first by a scent that probably mimics the female wasp pheromone, then at short range by the visual similarity of the orchid labellum. Cyanicula gemmata falsely advertises the promise of a food reward by its bright color, but does not provide any to the flower beetles that pollinate it.. A male Lissopimpla excelsa wasp with pollen it has just removed during pseudocopulation with the flower of Cryptostylis ovata Malgrado la diversità, queste forme risalgono ad un labello ancestrale comune e sono tutte modificazioni dovute all’evoluzione che ha agito per milioni di anni. Questa comune storia evolutiva conferisce al labello delle diverse orchidee una fondamentale somiglianza, detta omologia. Molti dei cambiamenti, che rendono gli organismi diversi tra loro, incidono sulle capacità di sopravvivere e di riprodursi. Questa capacità è chiamata fitness evolutiva ed è correlata al concetto di adattamento evolutivo, cioè lo stretto legame tra gli organismi e il loro ambiente. Le variazioni di colore, forma e dimensioni dei fiori, per esempio, sono adattamenti che attraggono, manipolano e ricompensano dozzine di specie di uccelli e pipistrelli oltre a migliaia specie di api, farfalle notturne ed altri insetti impollinatori. I fiori impollinati dai pipistrelli, per esempio, sono facilmente accessibili a questi mammiferi volanti, sono bianchi, facilmente individuabili di notte e forniscono nettare abbondante come ricompensa. Un altro importante esempio di adattamento è dato dallo sperone del nettare dell’orchidea Angraecum sesquipedale del Madagascar. L’epiteto specifico si riferisce proprio alla considerevole lunghezza dello sperone: sesqui indica uno e mezzo e pedale si riferisce al piede; perciò, “ un piede e mezzo” (in realtà lo sperone è lungo solo 30, non 45 cm). Gli impollinatori di questa specie non erano conosciuti al tempo di Darwin, ma egli ipotizzò che ci doveva essere una farfalla notturna con una proboscide abbastanza lunga da raggiungere sul fondo dello sperone. In seguito questa sfingide fu effettivamente scoperta. Un indizio decisivo a sostegno dell’evoluzione è offerto dall’intricata variabilità geografica che si osserva all’interno dei gruppi di organismi. Numerosi modelli sono stati proposti per documentare come la diversità morfologica, ecologica, fenologica e genetica dei vegetali distribuiti sul territorio sia correlata con le caratteristiche geografiche, fisiche o biotiche in continuo mutamento. Il pino di Jeffrey (Pinus ieffreyi), un albero forestale delle regioni montane che cresce dall’Oregon sud-occidentale al Messico, illustra uno di questi modelli (Furnier e Adams 1986). Questa specie conserva un’elevata diversità genetica, come molte conifere, ad eccezione delle popolazioni che crescono sui suoli serpentinosi. Questi suoli, che sono sterili, differiscono sufficientemente da altri più fertili da indurre la formazione di ecotipi edafici (popolazioni specializzate per certe situazioni ecologiche, come le condizioni del suolo).. Gli ecotipi del pino di Jeffrey, adatti al serpentino, sono geneticamente più uniformi delle popolazioni che vivono sui suoli più fertili, probabilmente a causa dell’intensa selezione naturale a favore di genotipi tolleranti delle difficili condizioni del suolo. L’evoluzione è frequentemente considerata su due livelli. ANAGENESI l’accumulo dei cambiamenti all’interno della stirpe. CLADOGENESI i cambiamenti che per scissione di una specie, portano alla formazione di due nuove specie. LA DIVERSIFICAZIONE NELLE POPOLAZIONI E NELLE SPECIE ORIGINI DELLA DIVERSITA’ Mutazione e ricombinazione genetica sono le principali cause di variabilità all’interno delle popolazioni e delle specie, e sono la materia grezza sulla quale operano la selezione naturale e la deriva genetica casuale. Nuovi genotipi possono originarsi secondo differenti meccanismi: a) ibridazioni, specialmente se seguite da poliploidia; b) mutazioni; c) ricombinazioni geniche. Questi tre meccanismi possono anche agire contemporaneamente non per forza in modo separato. Occorre precisare però, che la comparsa di nuovi genotipi non porta mai alla nascita di nuove specie, se non entrano successivamente in gioco altri due processi di importanza determinante per la speciazione: la Selezione e l’Isolamento riproduttivo. L’effetto di una mutazione può essere: LETALE NEUTRALE quando incide su prodotti essenziali dell’azione genica. per la sopravvivenza dell’organismo. SELETTIVAMENTE VANTAGGIOSA la mutazione ha un effetto benefico sull’individuo. Uno dei più importanti tipi di mutazione è la duplicazione che crea copie extra di geni. ANEUPLOIDIA e POLIPLOIDIA sono le mutazioni più diffuse. L’aneuploidia è molto frequente in alcuni gruppi, come nel ricco genere Carex (Cyperaceae), in cui il numero cromosomico aploide varia da 6 a 56 ed ogni numero da 12 e 43 è stato trovato in almeno una specie. Anche Poa e Salix presentano serie aneuploidi. La poliploidia è un evento evolutivo molto importante che riprenderò successivamente in questa trattazione. Carex grayii Poa annua Salix amygdaloides RICOMBINAZIONE GENETICA crossin-over Anche il flusso genico, che introduce nuovo materiale genetico in una popolazione, e la deriva genetica casuale, la fortuita fissazione dei geni in piccole popolazioni, sono tra i fattori che favoriscono la variabilità. Anche il flusso genico, che introduce nuovo materiale genetico in una popolazione, e la deriva genetica casuale, la fortuita fissazione dei geni in piccole popolazioni, sono tra i fattori che favoriscono la variabilità. MODELLI DI DIVERSIFICAZIONE LOCALE E GEOGRAFICA Per capire come variano gli organismi nello spazio bisogna partire dallo studio delle popolazioni. Per popolazione s’intende un gruppo di individui interfecondi appartenenti alla stessa specie che occupano una regione geografica più o meno ben definita. A volte derivano dalla progenie di un solo individuo oppure sono alimentate regolarmente da immigranti. La diversità della loro storia, abbinata a differenti livelli di diversità genetica, significa che le popolazioni sono molto diverse tra loro dal punto di vista genetico. Inserire strutture Nelle piante, però, il modello di variazione nello spazio è solitamente discontinuo. L’Abies concolor una conifera delle regioni montuose dell’ovest degli Stati Uniti e del Messico settentrionale, mostra forti discontinuità geografiche: le popolazioni del nord della California sono le uniche ad avere rami pelosi e foglie indentate; le popolazioni della Baja della California possiedono unicamente foglie brevi e spesse; un gruppo di popolazioni dello Utah è caratterizzato da foglie corte e prodotti chimici leggermente diversi da quelli di un altro gruppo di popolazioni del Colorado e New Mexico meridionale. Tipi di variazione che si estendono su vaste aree del globo sono comuni in molti gruppi di piante. Alcuni di questi trovano la loro origine nella deriva dei continenti che ha determinato la frammentazione delle terre e la separazione dei taxa in gruppi geograficamente isolati e potenzialmente in grado di diversificarsi. Un esempio ben conosciuto di questo processo, che prende il nome di vicarianza, è quello del faggio australe (Nothofagus, Nothofagaceae). LA SELEZIONE La selezione naturale ha importanza enorme nei processi di speciazione. Infatti le mutazioni, le ricombinazioni geniche, le ibridazioni seguite da poliploidia potranno provocare la formazione di genotipi nuovi, che saranno in grado di affermarsi solo se interviene a loro favore la selezione. Essa, non consiste tuttavia, come pensava Darwin, in un meccanismo che elimina i più deboli, intesi come individui che hanno capacità riproduttiva più ridotta. La selezione può essere definita come l’insieme di cause, che favoriscono la riproduzione preferenziale di alcuni genotipi rispetto ad altri. Quando interviene tale meccanismo, la legge di Hardy-Weinberg perde qualsiasi valore, in quanto non è più rispettata una delle sue premesse, e cioè quella che presuppone una uguale capacità di riproduzione di tutti gli individui. Nella popolazione, allora, si manifesterà uno spostamento della frequenza dei vari genotipi, finché alcuni saranno totalmente differenziati, da poter costituire degli ecotipi caratteristici. The perpendicular lines represent a range of possible relative frequencies of a dominant and recessive allele. Where the perpendicular intersects the three lines (orange for homozygous recessive, blue for homozygous dominant, and green for heterozygous), the horizontal leading to the y axis tells the expected proportion of each genotype at that particular starting frequency of A and a TIPI DI SELEZIONE Bisogna tener presente che la selezione può agire in modo differente sulle popolazioni appartenenti ad una medesima specie. Nel caso in cui le condizioni ambientali nell’areale si mantengono inalterate, saranno favoriti i genotipi che già si sono affermati da tempo. La selezione, in tal caso, sarebbe stabilizzatrice, dato che verrebbero eliminati tutti i genotipi che più si discostano da quelli tipici della specie. Schema della frequenza di un dato carattere nella selezione. Ma se ci dovesse essere una progressiva variazione di un qualsiasi fattore (per esempio un aumento della temperatura), si vedrà allora che saranno via via favoriti quei genotipi che potranno meglio sfruttare il maggior calore. La selezione diviene allora direzionale, con il progressivo spostamento dei valori medi della popolazione, per quel dato carattere o quel complesso di caratteri, che favoriscono la riproduzione preferenziale di alcuni genotipi. Schema della frequenza di un dato carattere nella selezione Ma se l’areale della specie è di dimensioni più vaste, può darsi che, in luoghi diversi, la selezione favorisca genotipi differenti; si parla allora di selezione disruptiva o smembrante. Così, per esempio in un areale che occupi gran parte dell’Europa, potranno essere favoriti, verso il nord, determinati genotipi e verso i luoghi più caldi del sud, genotipi che si discostino in senso opposto dai valori medi, tipici di tutta la specie. Schema della frequenza di un dato carattere nella selezione MECCANISMI DELLA SELEZIONE I meccanismi che consentono alla selezione di raggiungere il suo scopo, sono di vario genere. Tra questi, i più importanti sono due, che, in maniera tipica, portano ad una modifica di quelle frequenze geniche, che dovrebbero affermarsi, se fosse sempre valida la legge di Hardy Weinberg. Infatti, le frequenze geniche posso venire modificate, tutte le volte che la selezione o qualche altro fattore, agisce su uno o sull’altro dei presupposti di questa legge. Ciò si verifica, per esempio, quando la selezione determina la morte di tutti gli omozigoti per un dato gene recessivo, o di quegli individui, che posseggono un determinato allele dominante. E’ sufficiente, infatti che si riduca anche di poco la capacità di sopravvivere o di riprodursi degli individui, che posseggono quei dati alleli, perché perda ogni validità la legge di Hardy Weinberg e perché sia possibile alla selezione, di favorire un cambiamento nelle frequenze geniche. Il gene “scelto” dalla selezione, viene allora fissato in quella data popolazione, mentre l’altro allele può anche andare perduto. Evolution of R genes in local populations Un secondo meccanismo, con il quale la selezione può far variare le frequenze geniche, consiste in una eliminazione di determinati alleli, alla meiosi. Si tratta di un processo (deriva meiotica) legato al fatto che, molto spesso, nelle piante, al momento della meiosi, solo un’unica spora rimane vitale. La selezione, in questi casi può agire sull’orientamento metafisico dei cromatidi, così da far migrare verso le cellule che saranno riassorbite, quei geni che essa tende ad eliminare. In natura, sono numerosi gli esempi, nei quali appare evidente l’azione della selezione, che può agire in modo: diretto si esplica sulle stesse popolazioni di piante, che vengono selezionate; indiretto invece, è quello che si esplica, per esempio, sugli animali che si nutrono di quelle piante, sui loro funghi parassiti e così via. La selezione agisce, di solito, in modo da favorire i genotipi che posseggono la maggior probabilità e la più elevata capacità di dare origine a discendenti vitali, a loro volta in grado di raggiungere lo stadio riproduttivo. Questi genotipi possono anche risultare differenti da quelli che assicurerebbero la migliore o la più pronta utilizzazione delle risorse dell’ambiente. Per esempio nelle piante del deserto, si potrebbe pensare che la selezione avesse agito o agisse ancora, in modo da favorire quei genotipi che producono semi capaci di germinare con la minima quantità di acqua presente. Ciò invece non avviene, per il motivo che, in questo caso, molti semi si potrebbero probabilmente sviluppare in tale ambiente, ma poi non vi sarebbe acqua sufficiente per l’ulteriore crescita della plantula, che non potrebbe raggiungere la fioritura. Accade così che da tempo sono stati selezionati quei genotipi che producono semi la cui germinazione avviene solo se la pioggia raggiunge una determinata quantità, favorevole non solo per la germinazione del seme, ma anche per la crescita della pianta. Essa potrà così raggiungere la fioritura o uno stadio tanto avanzato, da sopportare, senza danno, il secco, e poi fiorire e produrre semi alla successiva caduta della pioggia. Un esempio, piuttosto complesso, di azione della selezione è quello che si può desumere dalla distribuzione di alcune leguminose, caratterizzate dalla produzione di glucosidi cianogenetici, nei quali, cioè, è liberato acido cianidrico, quando il glucoside venga idrolizzato da particolari enzimi Distribuzione, secondo Daday, di piante di Trifolium repens, provviste o prive di geni ai quali è legata la sintesi di glucosidi cianogenetici. Le linee della figura indicano le isoterme di gennaio. Turesson ha effettuato delle sperimentazioni per vedere se alcuni fenotipi ben differenti di Hieracium umbellatum, che crescevano rispettivamente nei boschi, nei campi sabbiosi e sulle dune della spiaggia, conservassero le loro caratteristiche di portamento e di larghezza delle foglie, anche se coltivati tutti insieme, in un medesimo ambiente. Questi mantenevano, anche nel mutato ambiente, le esatte caratteristiche morfologiche da essi possedute negli ambienti originari, dimostrando così l’esistenza di variazioni intraspecifiche ereditarie in stretto rapporto con le condizioni ambientali. LA SPECIAZIONE A livello di popolazione e di gruppi di popolazioni, la variazione naturale di solito non è continua, ma si percepisce come un insieme di unità discrete, o taxa. Il taxon più importante è la specie perché è spesso il più piccolo insieme di popolazioni, chiaramente riconoscibile e definibile. Popolazione di organismi molto simili tra loro in grado di accoppiarsi e dare origine a prole fertile. In fase di trasformazione durante il suo movimento nello spazio e nel tempo. Ciò che favorisce il mantenimento di una specie è l’isolamento riproduttivo. La specie è : CRITERIO DEFINIZIONE Biologico Un complesso di popolazioni interfeconde, riprodutivamente isolate da tutti gli altri complessi analoghi. NB - Lo scambio genico può essere attuale o potenziale Riproduttivo Un complesso di individui che condividono il medesimo sistema riproduttivo, ed usano segnali visivi, acustici, o chimici per il mutuo riconoscimento. Ecologico Un complesso di popolazioni che occupano una nicchia ecologica propria specifica. Filogenetico Un complesso di popolazioni monofiletiche che evolvono in modo unitario. Tassonomico Un complesso di individui morfologicamente simili fra loro, distinguibili da tutti gli altri complessi analoghi. Nomenclaturale La specie è identificata per mezzo di un binomio latino, di cui il primo termine rappresenta l'affiliazione ad un genere, ed il secondo designa la specie. La speciazione si può definire come un processo di permanente divaricazione dei sistemi di popolazioni così che gli individui che migrano da un sistema ad un altro sarebbero svantaggiati. L’origine di questo svantaggio risiederebbe nella mancanza di partner per i migranti, se i due sistemi fossero isolati dal punto di vista riproduttivo. Oppure, un migrante potrebbe non essere in grado di competere con i residenti nel resistere ai patogeni, agli insetti nocivi, ai predatori o nell’attrarre gli impollinatori e gli animali che disperdono i frutti. La speciazione potrebbe essere il risultato di un cambiamento adattativo o anche casuale. Nello studio della speciazione la lentezza del processo costituisce uno dei problemi. Possiamo cogliere solo dei momenti del divenire temporale e pertanto dobbiamo dedurre un intero processo da un modello. Per esempio in Gilia (Polemoniaceae), genere erbaceo di piccole dimensioni, alcune specie sud-occidentali del Nord America contengono gruppi di popolazioni interpretate come razze. Queste differiscono morfologicamente, spesso crescono insieme, si incrociano e si rimescolano. Gilia capitata Sims subsp. capitata Gilia capitata Le sottospecie, mostrano, invece, minore sovrapposizione geografica rispetto alle razze, ma registrano un rimescolamento sia pure parziale. Le specie appartenenti a questo genere sono di norma ben differenziate e mostrano minor tendenza all’interscambio. Da tali modelli di razze, sottospecie e specie, si è dedotto che la speciazione è un processo graduale di divergenza e interruzione del flusso genico. Gilia sinistra M. E. Jone Questo processo di graduale divergenza che porta alla formazione di nuove specie, passando per le tappe intermedie di razze e sottospecie, rappresenta l’interpretazione tradizionale della speciazione. Secondo questa interpretazione, è necessario l’isolamento geografico per interrompere il flusso genico e permettere la divergenza di gruppi isolati di popolazioni. Questo tipo di processo è indicato come speciazione allopatrica o geografica. ALLOPATRIA PER DISPERSIONE ALLOPATRIA PER VICARIANZA E’ importante notare che la divergenza nella capacità di interscambio non deriva automaticamente dalla separazione geografica. Per esempio, il platano (Platanus occidentalis, Platanaceae) del Nord America orientale e il P. orientalis dell’est della regione mediterranea sono rimasti geograficamente separati per milioni di anni e si sono morfologicamente diversificati; tuttavia l’ibrido artificiale è vigoroso, fertile ed è utilizzato frequentemente come maestosa pianta ornamentale. D’altra parte, popolazioni caratterizzate da ampia separazione geografica e temporale possono essere morfologicamente molto simili. Platanus occidentalis Platanus orientalis A confutare il modello di speciazione allopatrica, Levin (1993) oppone la mancanza di meccanismi efficaci che agiscono per trasformare delle razze geografiche in specie coerenti. I due meccanismi più verosimili che sono stati individuati sono il flusso genico e la selezione naturale che agiscono uniformemente su tutto l’areale di una specie. I geni sono trasportati dai granuli pollinici e dai frutti; molti cadono nelle vicinanze della pianta che li ha prodotti e diminuiscono rapidamente di numero via via che si allontana. Il flusso genico è di solito misurato in metri, e di rado si estende fino ad un chilometro. Innanzitutto bisogna ricordare che la diffusione dei geni tra popolazioni di una razza geografica con areale molto esteso richiede migliaia di generazioni. Però, occasionalmente, il polline o il frutto possono viaggiare fino ad una considerevole distanza e il flusso genico nelle piante sembra adeguato a permettere la diffusione di alleli molto favorevoli (Riesberg e Burke 2001). Secondo un altro punto di vista, nella speciazione il flusso genico non deve essere necessariamente esteso o la selezione uniforme su territori molto ampi. Si postula, invece, che siano le popolazioni locali, o metapopolazioni (insieme di popolazioni locali collegato da flusso genico occasionale), ad essere maggiormente coinvolte nella formazione di nuove specie. Quest’alternativa è chiamata speciazione locale, o modello di isolamento periferico (Levin 1993). Le piccole popolazioni al margine dell’areale sono soggette a deriva genetica casuale e le condizioni ambientali di frontiera potrebbero innescare un cambiamento adattativo. L’importanza di questi cambiamenti casuali e/o adattativi potrebbe essere tale da dare origine ad una nuova stirpe (una neospecie);questa potrebbe fallire e non diffondersi geograficamente e perciò estinguersi. Se invece si espandesse, il suo successo potrebbe dipendere dal possesso di adattamenti ecologici unici che le permetterebbero di evitare la competizione con i genitori. Le popolazioni della neospecie che si diffondono a partire da una popolazione originaria comune, sarebbero vincolate da reciproci legami di parentela. Sia le caratteristiche ecologiche che i cambiamenti genomici rivestono un ruolo molto importante nella speciazione (Levin 2000). Nel caso di piante hawaiane chiamate silverswords (spada d’argento) sono le differenze ecologiche la causa principale di speciazione. La diversificazione evolutiva di questo gruppo è stata spiegata ipotizzando prima la dispersione tra isole e poi l’adattamento a numerosi, importanti cambiamenti ecologici lungo gradienti di umidità. Malgrado la diversità morfologica ed ecologica, i genomi non si sono differenziati al punto da bloccare il flusso genico tra specie e persino tra generi (Carr 1995; Caraway et al., 2001). In particolari circostanze nuove specie potrebbero originarsi senza isolamento geografico, sebbene sia necessaria qualche forte barriera al flusso genico. Un esempio di questo modello di speciazione chiamata speciazione simpatrica, coinvolge il genere Stephanomeria (Asteraceae). E’ stata avanzata l’ipotesi che una nuova specie annuale, S. malheurensis, sia comparsa di recente in Oregon, all’interno di una popolazione di S. exigua ssp.coronaria (Brauner e Gottlieb, 1987). Questa nuova specie contava meno di 250 individui quando fu scoperta agli inizi degli anni settanta. Stephanomeria exigua Stephanomeria malheurensis La nuova specie e i suoi progenitori sono simili geneticamente ma differiscono morfologicamente nei caratteri quantitativi (come la lunghezza dell’achenio). Il progenitore, S. exigua ssp. coronaria, è incapace di autoimpollinazione, mentre la derivata S. malheurensis è prevalentemente autogama, il che riduce il flusso genico tra questa e il progenitore. Il passaggio all’autoimpollinazione è controllato da un solo gene e perciò questo è un evento di scarsa importanza dal punto di vista genetico. Tuttavia le differenze nella struttura dei cromosomi tra il genitore e la neospecie comportano l’intersterilità, un ulteriore barriera al flusso genico. Due specie del genere Mimulus (Phrymaceae) potrebbero illustrare un caso di speciazione rapida dovuta ad una barriera contro il flusso genico causata da cambiamenti genetici (Bradshw et al 1995). Mimulus lewisii e M. cardinalis differiscono vistosamente nella morfologia fiorale. I fiori di M. lewisii sono impollinati da bombi; i petali sono rosa con guide del nettare gialle e piattaforma di approdo, in più contengono scarse quantità di nettare concentrato. I fiori di M. cardinalis, adattati per essere impollinati dai colibrì, sono di un rosso sgargiante, con un tubo della corolla stretto e nettare copioso. Mimulus lewisii Mimulus cardinalis Nonostante queste importanti differenze fiorali, le ibridazioni sperimentali tra le due specie producono progenie vigorosa e fertile. L’ibridazione naturale, invece, non è mai stata osservata in natura anche se fioriscono contemporaneamente. Le differenze fiorali tra le specie sono controllate da geni a spettro relativamente ampio. Ne deriva che l’isolamento riproduttivo e quindi la speciazione, potrebbero essere avvenuti abbastanza rapidamente. CONSERVAZIONE DELLA DIVERSITÀ CONTRO IL FLUSSO GENICO I meccanismi di isolamento riproduttivo impediscono il flusso genico tra molte specie strettamente affini. E’ importante comprendere che la natura del flusso genico inter- ed intraspecifico non è usata qui come criterio per il riconoscimento delle specie. Vi è attualmente un certo rifiuto nella equivalenza generalmente accettata di specie vegetali = comunità riproduttive, tra le quali il flusso genico non ha luogo e all’interno delle quali il flusso genico agisce come forza unificante. Il flusso genico, invece, intercorre tra individui di molte specie vegetali diverse e non si verifica tra popolazioni geograficamente distanti di specie ampiamente distribuite, come la canna gigante (Phragmites australis) che cresce in molti continenti. Il flusso genico tra piante di continenti diversi deve essere molto debole (o inesistente) e tuttavia le piante sono, nel complesso, molto simili morfologicamente e perciò considerate membri della stessa specie. Phragmites australis CLASSIFICAZIONE DEI MECCANISMI DI ISOLAMENTO RIPRODUTTIVO L’isolamento riproduttivo comprende quei meccanismi che impediscono l’interscambio. Le barriere geografiche sono spesso considerate un meccanismo di isolamento riproduttivo, ma sono altra cosa dai meccanismi descritti in questa classificazione, perché questi ultimi agiscono quando due specie sono a contatto. La separazione fisica in realtà isola le specie, ma si deve stare attenti a non attribuirle troppa importanza. Popolazioni ampiamente disgiunte, come il faggio americano (Fagus grandiflora, Fagaceae), il cui areale va dal New Brunswick al nord della Florida, potrebbero essere considerate specie separate se l’isolamento geografico fosse il solo criterio per definire la specie. Ma i faggi del Canada e della Florida non differiscono un gran che e sono da tutti considerati membri della stessa specie. Spesso gruppi di popolazioni all’interno di una specie si sono adatte a condizioni climatiche o edafiche diverse. Il ginepro rosso dell’est (Juniperus virginiana, Cupressaceae) cresce comunemente in campi abbandonati e sugli aridi altipiani di gran parte del Nord America orientale. Dal Nord Carolina alla Florida centrale e nord-occidentale, tuttavia, questa specie cresce su dune di sabbia e banchi sabbiosi delle sponde fluviali. Questo ecotipo non è riconosciuto come specie distinta, esattamente come gli ecotipi edafici del pino di Jeffrey. Vi sono casi, però, di specie isolate ecologicamente dai loro parenti stretti. Le orchidee bianche del genere Cypripedium (Orchidaceae), per esempio, crescono spesso nelle praterie, mentre quelle gialle abitano le foreste. In questo caso, la differenza ecologica è abbastanza incisiva da ridurre la capacità adattativa degli ibridi e perciò è sufficiente perché possa essere accettata come meccanismo di isolamento riproduttivo. Cypripedium acaule GENOMICI ECOLOGICI I meccanismi di isolamento riproduttivo si classificano a seconda di dove si collocano rispetto all’evento riproduttivo: meccanismi pre-impollinazione, post-impollinazione e, in quest’ambito pre-zigotici (prima della fecondazione) e post-zigotici (dopo la fecondazione). Levin (2000) classifica i meccanismi d’isolamento in ecologici, che coincidono con il gruppo pre-impollinazione della tabella, e genomici, che coincidono con i meccanismi post-impollinazione. I meccanismi ecologici evidenziano come specie e ambiente (includendo gli impollinatori tra le risorse ambientali) interagiscono in vario modo limitando cosi le loro possibilità di interscambio. Affinché si verifichi un isolamento post-impollinazione è necessario che ci sia divergenza genomica. TEMPORALE- preimpollinazione Succede spesso che molte specie simpatriche strettamente affini, come le numerose specie di Phlox dell’Illinois orientale e centrale e molte specie di querce, fioriscono in diversi periodi dell’anno (criterio 1 a della tabella). Anche in alcuni salici (Salix) opera l’isolamento riproduttivo stagionale. Ma Anche la fioritura in momenti diversi della giornata (1b) potrebbe in realtà isolare le specie che altrimenti si ibriderebbero. Agrostis stolonifera, (Poaceae) fiorisce al mattino mentre un’altra specie di agrostide (A. tenuis) nel pomeriggio. Condizioni meteorologiche insolite potrebbero portare alla fioritura simultanea e all’ibridazione. Agrostis tenuis Agrostis stolonifera ISOLAMENTO FIORALE Gli adattamenti fiorali per attrarre impollinatori diversi limitano o impediscono lo scambio genico tra molte specie. Questi adattamenti possono operare sulle strutture fiorali o influire sul comportamento dell’impollinatore (etologia). L’isolamento comportamentale (3 a) riflette la capacità degli impollinatori a distinguere i segnali fiorali, come colore, forma, e odore. E’ nota la capacità delle api a riconoscere le caratteristiche fiorali; la loro sensibilità alla fragranza delle orchidee, per esempio, è alla base di molti importanti casi di isolamento riproduttivo. Orchidee strettamente affini al genere Ophrys, diffuse soprattutto nella regione mediterranea, producono fragranze fiorali diverse che attraggono i maschi di specie diverse di api e di vespe. Una volta che l’insetto approda sul fiore, la continua stimolazione dei profumi fiorali, oltre alla forma e all’epidermide del fiore, scatenano gli istinti di accoppiamento dell’insetto. Indotto con l’inganno alla pseudocopulazione, l’insetto impollina il fiore. La costanza fiorale è un altro aspetto dell’isolamento comportamentale: consiste nel fatto che l’impollinatore limita le sue visite ad una sola specie anche se sono disponibili altri tipi di fiori. In Ophrys, le api, attratte dal profumo di una particolare specie, tendono a visitare solo i fiori di questa durante le loro incursioni, evitando cosi impollinazioni interspecifiche. Un altro esempio ci viene da due specie di bocca di leone Antirrhinumm majus e A. glutinosum (Plantaginaceae). Durante i voli di approvvigionamento in piantagioni miste, le api visitano una sola specie e i semi raccolti in seguito mostrano solo pochi casi di ibridazione anche se le due specie sono interfertili. Antirrhinumm glutinosum Antirrhinumm majus Due specie di Fuchsia (Onagraceae) mostrano che l’isolamento fiorale coinvolge la struttura del fiore (3 b). Dove sono allopatriche le due specie, F. parviflora e F. enciliandra ssp. enciliandra, hanno fiori di dimensioni simili, ed entrambe sono impollinate da colibrì e da api. I petali della prima sono rossi, quelli della seconda bianchi o rosa. Dove gli areali delle due specie si sovrappongono, però, i loro fiori cambiano profondamente; i petali di F. parviflora sono bianchi e l’ipanzio è più corto e largo favorendo così l’impollinazione da parte delle api. Nell’area di simpatria le piante di F. enciliandra hanno fiori rossi con un ipazio più lungo e stretto, rendendole molto più attraenti per i colibrì. Fuchsia enciliandrica Fuchsia parviflora Poiché non si conoscono casi di ibridazione tra queste specie, si pensa che questi cambiamenti fiorali siano adattamenti per ridurre la competizione fra impollinatori. Tali casi di divergenza sono chiamati spostamento del carattere. Un altro caso ben studiato di isolamento fiorale è quello di Aquilegia (Ranunculaceae) impollinata da colibrì. I fiori di Aquilegia formosa sono rossi, reclinati, con speroni nettariferi brevi e sono impollinati da colibrì. I fiori di Aquilegia pubescens variano da giallo pallido al bianco sono eretti, hanno speroni nettariferi lunghi e sono impollinati da smerinti. Aquilegia formosa Aquilegiapubescens Le due specie crescono in genere ad altitudini diverse, ma, dove convivono, si verificano casi di ibridazione probabilmente perché un impollinatore diverso dai colibrì o dagli smerinti impollina i fiori di entrambe le specie. Anche se vi è scambio genico interspecifico, le differenze fiorali persistono. Da queste osservazioni possiamo desumere che è importante per le specie conservare le proprie sindromi fiorali e che l’isolamento fiorale è una barriera di primaria importanza contro il flusso genico interspecifico. Examples of natural variation in a hybrid zone between A. Formosa and A. pubescens Aquilegia coerulea ssp pinetorum Aquilegia canadensis Aquilegia flavescens Aquilegia skinneri Quantitative Trait Locus Mapping phylogeny of Aquilegia and close relatives Asclepias tuberosa Asclepias curassavica Alcune specie di Asclepias (Apocynaceae) possiedono un’altra forma di isolamento fiorale strutturale. In questo genere, il polline è ammassato in globuli chiamati pollinii, trasferiti in blocco allo stigma. Gli stigmi giacciono all’interno di una fenditura, così che i pollini devono avere un orientamento ben preciso perché abbia luogo l’impollinazione. La forma dei pollinii di specie diverse differisce in modo tale che è difficile che i pollinii di una specie si adattino alla fenditura stigmatica di un’altra. AUTOFECONDAZIONE Il passaggio dall’esoincrocio all’autofecondazione si è verificato in molte piante. Richiede che l’autoincompatibilità, cioè l’impossibilità ad autoimpollinarsi e autofecondarsi, sia rimpiazzata dall’autocompatibilità. L’autoimpollinazione è associata a cambiamenti nella morfologia fiorale, come ridotte quantità di polline, corolle e lobi corallini piccoli, lobi stigmatici piccoli, e riavvicinamento di stigmi e antere. Le piante autocompatibili non hanno bisogno di investire molto in polline e corolle che attraggano gli impollinatori perché la riproduzione è autogama e ciò richiede una stretta vicinanza di stigmi e antere. Diverse combinazioni di incrocio in relazione all'autoincompatibilità. (A) nell'incompatibilit a di tipo gametotico il riconoscimento del polline, che avviene nel terzo superiore dello stilo, dipende esclusivamente dall'aplotipo S portato dal genoma aploide del granulo stesso, generando quindi tre possibili esiti nell'interazione fra due genotipi diploidi: incompatibilità, semicompatibilità e compatibilità totale. (B) nell'incompatibilità sporotica invece il riconoscimento del polline avviene sulla papilla stigmatica, ed essendo determinato dal genotipo diploide del parentale maschile può portare solo a incompatibilità o compatibilità totale. Tratto da Silva and Goring, 2001. Il passaggio all’autocompatibilità si è verificato più volte nella stessa stirpe, come riscontrato in uno studio sul genere Linanthus (Polemoniaceae). Una ricostruzione filogenetica di una parte del genere, che utilizza dati molecolari basati su sequenze ITS, ha rilevato che ciò che era stato chiamato L.bicolor è costituito da tre cladi: uno della California meridionale, un secondo della California e dell’Oregon e un terzo dello Stato di Washington e della Columbia Britannica (Goodvillie 1999). Le piante che costituiscono questi tre cladi hanno caratteri fiorali morfologicamente simili che sono comuni alle piante autogame e consentono il loro accorpamento in un’unica specie. Linanthus bicolor Le differenze in caratteri meno evidenti, come i tricomi calicini, sono in armonia con le affinità molecolari dei tre cladi nei confronti delle altre specie e confermano l’indicazione, che ci viene dai dati molecolari, che L. bicolor sia polifiletico e spiega le somiglianze tra i cladi come il risultato di un’evoluzione convergente. L’autocompatibilità si sarebbe evoluta in quanto faciliterebbe la riproduzione nel caso in cui l’esoincrocio non fosse praticabile. Le piante di tutti e tre i cladi di L. bicolor crescono in habitat aridi che, al momento della fioritura, ospitano un numero relativamente basso di impollinatori. I progenitori di questi cladi, migrati in questi habitat, potrebbero aver reagito alla scarsità di impollinatori divenendo autocompatibili. Con il passaggio all’autoimpollinazione si verifica la riduzione o l’interruzione del flusso genico. I fiori perdono attività nei confronti degli impollinatori e la deposizione precoce del polline sullo stigma dello stesso fiore limita le possibilità di un impollinazione incrociata. Un caso ben documentato di questo tipo di cambiamento coinvolge alcune graminacee che hanno sviluppato tolleranza per i metalli pesanti, come il rame presenti sul suolo attorno alle miniere (Antonovics et al., 1971). L’agrostide (Agrostis tenuis) ed il paleo odoroso (Anthoxanthum odoratum) si articolano in sottopopolazioni tolleranti ai metalli pesanti che crescono sui suoli contaminati dalle miniere. L’autogamia in queste sottopopolazioni limita il flusso genico provenienti dalle popolazioni vicine, allogame ma non metallo-tolleranti, e quindi consente il permanere della tolleranza. Agrostis tenuis Anthoxanthum odoratum La speciazione simpatrica di Stephanomeria malheurensis fu in parte mediata dal passaggio all’autocompatibilità e all’autoimpollinazione. Alcune specie eliminano completamente l’impollinazione incrociata ed effettuano l’autogamia nei fiori ancora chiusi (cleistogamia). Stephanomeria malheurensis INCOMPATIBILITÀ Se il polline di una specie si posa sullo stigma di un’altra specie, lo stigma e lo stilo di solito non permettono la crescita del tubetto pollinico estraneo fino all’ovulo. Lo stigma e lo stilo delle angiosperme funzionano efficacemente come filtri e permettono alla pianta materna di accettare o rifiutare il polline. Spesso il polline di una specie, come il mais (Zea mays) non germina sugli stigmi di uno stretto parente (in questo caso Tripsacum) e non cresce nei suoi stili (nonostante che l’incrocio reciproco sia coronato da successo). Zea mays Tripsacum dactyloides Un caso ben documentato della maggior efficacia del polline intraspecifico rispetto a quello interspecifico è offerto da Haplopappus (Asteraceae). Se i granuli pollinici di H. torreyi e di H.graniticus vengono mescolati e poi applicati agli stigmi della prima specie, si produce in prevalenza progenie non ibrida. Se il polline di H. graniticus viene posto per primo sugli stigmi di H. torreyi e quello di H. torreyi è applicato solo successivamente entro l’arco di 24 minuti, la produzione non ibrida è ancora favorita. Se l’intervallo tra l’applicazione del polline della specie diversa e quello della stessa specie supera i 24 minuti, la progenie è prevalentemente ibrida. Anche in Iris (Iridaceae) il polline intraspecifico, mescolato a quello di altre specie, si rivela più efficace. Carney et al. (1994) ha applicato miscele di pollini in varie proporzioni, di I. fulva e I. hexagona agli stigmi di entrambe le specie e ha poi controllato la percentuale di semi ibridi e non ibridi ottenuti. Ha dimostrato che i granuli conspecifici producono molti più semi dei granuli interspecifici qualunque sia la proporzione con cui sono stati miscelati eccetto quando il polline appartiene esclusivamente ad altre specie. Iris hexagona Iris fulva Il polline conspecifico è più competitivo di quello interspecifico perché i tubetti pollinici crescono più rapidamente nello stili della stessa specie. L’ibrido tra queste specie si forma. Anche quando si forma un embrione ibrido, questo potrebbe non svilupparsi in un seme vitale per incompatibilità tra i genomi parentali dell’embrione o tra l’embrione ibrido e l’endosperma materno. L’embrione ibrido risultante dall’incrocio tra Primula eliator e P. veris è un esempio di questa incapacità a maturare. Primula elatior Primula veris NON VITALITÀ DEGLI IBRIDI Se non sono vitali, gli ibridi non possono raggiungere la maturità riproduttiva, come Papaver dubium x P. rhoeas. Inoltre, le esigenze ecologiche di un ibrido sono probabilmente diverse da quelle dei genitori. Perciò la mancata vitalità di un ibrido potrebbe essere causata dalla mancanza di una nicchia ecologica appropriata, una possibilità che a volte è chiamato isolamento ecologico. Papaver rhoeas Papaver dubium ISOLAMENTO FIORALE DEGLI IBRIDI L’isolamento fiorale dell’ibrido si riferisce all’assenza di impollinatori efficaci per un ibrido di due specie adattate ad impollinatori molto diversi. Olearia is a large and conspicuous genus of shrubs in the sunflower or daisy family (Asteraceae) with some 23 species in Tasmania of which 8 are endemic to Tasmania (not counting subspecies) Olearia persoonioides X Olearia pinifolia