Sociologia Economica Karl Polanyi (1886-1964) Due temi dominano l’analisi socio-economica proposta da Polanyi: 1) la relazione che unisce l’economia e la società nelle varie epoche storiche 2) il problema della nascita, dello sviluppo e della crisi di un tipo di società – quella del capitalismo liberale – dominata dai mercati autoregolati Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica Polanyi: una definizione sostanziale dell’economia Partendo dall’assunto che l’uomo dipende per la propria sopravvivenza dalla natura e dagli altri uomini, Polanyi propone un concetto sostanziale di economia. Esso fa riferimento all’interscambio, che ha per scopo la soddisfazione dei bisogni, tra l’ambiente sociale e quello naturale. “…All’origine del concetto sostanziale (di economia ndr.) stanno i concreti sistemi economici. Questi possono essere definiti (…) come un processo istituzionalizzato di interazione tra l’uomo e il suo ambiente, che dà vita a un continuo flusso di mezzi materiali per il soddisfacimento dei bisogni…” Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica Polanyi: l’economia embedded nella società Polanyi è un istituzionalista. È convinto cioè che lo studio dell’economia non possa fondarsi su un’astrazione analitica, così come avviene, invece, nell’analisi proposta dall’economia neo-classica L’analisi economica deve sempre fare riferimento al contesto storico e alle istituzioni sociali che influenzano le motivazioni ed il comportamento economico degli individui “L’economia umana è inserita e coinvolta (embedded) in istituzioni di natura economica e non economica. La presenza di istituzioni non economiche è di importanza decisiva. La religione o il governo possono essere non meno importanti delle istituzioni monetarie o della stessa disponibilità di strumenti e di macchine per la struttura e il funzionamento dell’economia” Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica Polanyi: le forme di integrazione economia-società Partendo da questa concezione dei rapporti tra economia e società Polanyi è interessato a studiare le diverse modalità di istituzionalizzazione delle attività economiche nel tempo e nello spazio. Egli individua tre forme di integrazione tra economia e società: Reciprocità Redistribuzione Scambio (di mercato) Queste tre forme di integrazione regolano la produzione, la distribuzione e lo scambio di beni e servizi. Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica Polanyi: caratteristiche delle forme di integrazione Le tre forme di integrazione tra economia e società rappresentano l’insieme dei meccanismi sociali che, in ciascuna società, garantiscono il processo di allocazione delle risorse per gli individui “Tali meccanismi assicurano in ogni epoca storica l’ordine nella produzione e redistribuzione delle risorse” (Polanyi, 1974: 62). Sono, in altre parole, dei modelli di regolazione che strutturano l’organizzazione dell’economia e i rapporti tra questa ultima e le altre sfere della vita sociale (politica, famiglia, ecc.). Le varie forme di integrazione non si escludono a vicenda; tendono invece a coesistere tra loro anche se una di esse può assumere una posizione dominante all’interno di una specifica società, dettando le regole per l’utilizzo “economico” delle risorse Le forme di integrazione non rappresentano “stadi” dello sviluppo. Esse non implicano nessuna sequenza temporale. A fianco della forma dominante possono co-esistere altre forme secondarie: la stessa forma dominante può ricomparire dopo un periodo di eclisse temporanea Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica Polanyi: la reciprocità La reciprocità è un sistema di integrazione che si basa su gruppi sociali organizzati in forma simmetrica (la famiglia, la parentela, le relazioni tra amici, tra vicini e tra i membri di una stessa associazione). In questi ambiti relazionali, i rapporti economici ed i meccanismi di allocazione delle risorse avvengono sulla base di scambi di beni e servizi che si articolano secondo linee orizzontali e si fondano su aspettative reciproche tra le parti. La donazione di un bene viene effettuata, cioè, sulla fiducia nella restituzione dello stesso bene, o di un’altra risorsa, direttamente a chi ha donato o ad una terza persona in relazione con il donatore. All’interno di questo sistema, le motivazioni che guidano l’azione, i mezzi utilizzati e le ragioni dello scambio, non sono in senso stretto economiche ma dipendono da un sistema più ampio di aspettative e obbligazioni definite socialmente (dalla tradizione, da norme formali ed informali, dai valori ecc.) Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica Polanyi: la redistribuzione La redistribuzione, diversamente dalla reciprocità, implica l’esistenza di organizzazioni sociali più ampie e complesse. In esse emerge la funzione di un centro politico verso cui le risorse confluiscono e dal quale vengono poi ridistribuite secondo dei criteri esplicitamente definiti e socialmente condivisi. Esempio tipico di questo meccanismo di allocazione delle risorse nelle democrazie contemporanee è il welfare state. Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica Polanyi: lo scambio di mercato Lo scambio di mercato, infine, è un sistema di integrazione in cui l’allocazione delle risorse avviene attraverso il prezzo dei beni stabilito nell’interazione tra domanda e offerta. Anche se i mercati e gli scambi sono esistiti fin dall’antichità, secondo Polanyi, questa forma di regolazione diventa dominante soltanto in epoca moderna, raggiungendo il suo culmine nel XIX secolo. Ciò si verifica quando le istituzioni che regolano lo scambio di mercato diventano predominanti, oltre che nella sfera del commercio, anche in quella della produzione e della distribuzione dei redditi. Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica Polanyi: l’affermazione della società capitalistico liberale La società capitalistico librale si afferma definitivamente nel XIX secolo e coincide con la piena affermazione dello scambio di mercato, come forma di integrazione dominante Ciò avviene, quando, il principio dello scambio di mercato oltre ad essere applicato alla distribuzione dei beni, viene esteso anche ai fattori di produzione: terra, capitale e lavoro. La società capitalistico-liberale è, quindi, una società ad economia di mercato Contrariamente a quanto sostenuto dagli economisti, questo processo fu scandito, secondo Polanyi, da interventi di tipo politico-amministrativo volti a rompere le barriere di tipo feudale Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica Le origini della società capitalistico-liberale Nel XIX secolo arrivano a compimento qui processi di trasformazione avviati in epoca medioevale che coincidono con il definitivo superamento “dell’economia signorile” “L’economia pre-medioevale era sostanzialmente una economia senza mercato” (North e Thomas, 1976) all’interno della quale il processo di allocazione delle risorse avveniva prevalentemente attraverso un meccanismo di reciprocità asimmetrica tra i contadini ed i signori locali. I primi, attraverso le corvées, garantivano ai secondi i beni di prima necessità, mentre i signori offrivano in cambio la protezione militare contro eventuali saccheggiatori e garantivano l’amministrazione della giustizia nelle dispute tra contadini. Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica L’economia pre-medioevale Caratteristiche distintive dell’economia pre-medioevale sono: - una scarsa formalizzazione dei diritti di proprietà - un’organizzazione del lavoro agricolo basato sulla servitù - una funzione di protezione militare garantita localmente Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica Crescita demografica e sconvolgimento economico A partire dal XIII secolo i paesi europei conoscono una crescita demografica che portò la popolazione dai 61 milioni di abitanti del 1200 ai 73 milioni dei primi decenni del 1300 La crescita demografica, in un contesto regolativo come quello pre-medioevale, ebbe un impatto importante perché intaccò uno dei principi fondamentali dell’economia signorile: l’abbondanza della terra. la crescita demografica impose le necessità di colonizzare nuove terre, spesso meno fertili e, soprattutto, sempre più distanti dal villaggio. Tale processo innescò una serie di conseguenze che portarono progressivamente all’affermazione di nuovi modelli e strutture di regolazione della sfera politica e di quella economica Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica Le conseguenze economiche del boom demografico medioevale In primo luogo la necessità di coltivare nuove terre rappresentò un incentivo alla costruzione di manufatti idonei alla lavorazione di terreni fino ad allora incolti e che richiedevano, quindi, attività più complesse per renderli produttivi. La domanda di nuovi manufatti, tecnicamente più evoluti, stimolò, inoltre, l’attività artigianale all’interno dei villaggi che iniziarono a ricoprire un ruolo strategico nei processi di scambio tra prodotti naturali e manufatti artigianali. Tale aspetto ha una portata, per certi versi, rivoluzionaria poiché : «né presso gli antici, né durante il primo medioevo […] i beni di normale uso venivano regolarmente comprati e venduti» (North e Thomas, 1976). L’ambito urbano inizia ad assumere, in seguito a questi cambiamenti, una posizione strategica nei processi di sviluppo economico. Da una parte diventa la sede ideale per la crescita e lo sviluppo degli scambi commerciali che garantiranno l’affermazione dell’economia monetaria, dall’altra, il centro urbano si afferma come luogo dell’innovazione tecnica. L’espansione del commercio durante il medioevo portò, inoltre, alla nascita di due istituzioni che ricopriranno una ruolo strategico nell’affermazione dell’economia capitalista: le banche e le assicurazioni. Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica L’affermazione dei diritti di proprietà della terra La piena affermazione della modernizzazione avvenne nel momento in cui tutti questi processi arrivarono a maturazione in quello che viene considerato un altro elemento fondamentale della modernità: l’affermazione dei diritti di proprietà privata. Questo ultimo passaggio presuppone, però, una riforma radicale delle consuetudini d’uso della terra che verrà attuata, pienamente, nei secoli successivi all’epoca medievale. Per arrivare a questo fu necessario, infatti, compiere un altro passaggio: la terra da bene comune utilizzabile da tutta la popolazione, secondo le consuetudini dell’economia feudale, doveva diventare un bene ad uso esclusivo di un proprietario che ne potesse disporre secondo i propri interessi individuali e non più, necessariamente, secondo gli interessi dell’intera comunità L’Inghilterra fu il paese in cui tale passaggio avvenne prima che altrove. In questo paese, infatti, la "liberazione" della terra dai vincoli feudali si affermò a partire dal XVI secolo attraverso le enclosures (recinzioni) dei campi comuni da parte dell’aristocrazia locale Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica L’impatto sociale ed economico delle enclosures L’impatto delle recinzioni e la nascita della proprietà privata della terra va valutato da due punti di vista; a) per il ruolo giocato nell’affermazione dell’economia capitalista b) per le sue conseguenze sul piano sociale. Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica Il ruolo delle enclosures nell’affermazione dell’economia capitalista Dopo le recinzioni la terra iniziò ad essere trattata come qualsiasi merce che poteva essere comprata e venduta. In altre parole la terrà iniziò ad essere considerata un moderno fattore di produzione attraverso cui ricavare un profitto monetario «questo cambiamento segna il trapasso dalla concezione medievale della terra come base delle funzioni e degli obblighi politici alla moderna concezione di essa come investimento redditizio. I proprietari terrieri tendono, insomma, ad acquisire una mentalità mercantile» (Tawney, 1912:180) Anche presso i proprietari terrieri si afferma progressivamente il comportamento dell’uomo d’affari che sfrutta le risorse materiali della sua proprietà con l’occhio teso al profitto e all’efficienza. Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica Proprietà privata ed accumulazione originaria Tanto i grandi possidenti aristocratici quanto i piccoli proprietari terrieri – i cosiddetti yeomen – affiancheranno i commercianti nel processo di accumulazione originaria funzionale all’affermazione dell’economia capitalista (Marx). Tale accumulazione non va intesa soltanto come concentrazione di risorse economiche e finanziarie che supporteranno successivamente gli investimenti necessari alla produzione industriale, ma anche come affermazione di una visione del mondo – lo spirito del capitalismo come lo definisce Weber – in cui il profitto attraverso il lavoro diventa un valore sociale Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica Le conseguenze sociali delle enclosures Il sistema delle recinzioni prevedeva la sottrazione degli appezzamenti in usufrutto o in affitto ai contadini, con il conseguente allontanamento di questi ultimi dalla loro tradizionale economia di sussistenza, nonché dalle proprie abitazioni, che venivano, in molti casi, distrutte Le conseguenze, come si può capire, furono devastanti anche sul piano del soddisfacimento dei bisogni primari per questa popolazione. Lo standard dei loro consumi alimentari peggiorò, inesorabilmente: «costoro si ridussero ad una dieta di pane e formaggio perché il sistema delle recinzioni aveva portato via loro la terra dove raccoglievano altri prodotti alimentari e la legna necessaria per cucinare i cibi » (Deane, 1971:59). Il sistema delle recinzioni portò inoltre alla trasformazione della comunità di villaggio formata da contadini che vivevano a livello di sussistenza in comunità di lavoratori agricoli il cui livello di vita cominciò a dipendere sempre più dalle condizioni di mercato nazionale ed internazionale e dalle condizioni meteorologiche. Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica La nascita del proletariato rurale Progressivamente tra il XVI e la fine del XVII secolo l’azienda familiare autosufficiente del contadino che lavorava per la propria terra cedette il passo ad una popolazione rurale stremata, diseredata e costretta a spostarsi spesso in altre zone rurali o nei centri urbani in cerca di opportunità per vendere la propria forza lavoro. Nasceva il proletariato rurale. La conseguenza di questo cambiamento è che le possibilità di allocazione delle risorse per questa nuova classe sociale vengono a dipendere, quasi esclusivamente, dalla posizione di ciascun individuo nel mercato (del lavoro) e, quindi, dalle condizioni congiunturali del mercato stesso. In questo scenario regolativo, la fase che precede la rivoluzione industriale ed i primi decenni successivi alla sua affermazione rappresentao un periodo molto difficile per il proletariato a causa della forte instabilità delle condizioni di mercato. Fasi di alta richiesta di manodopera, soprattutto nel settore manifatturiero, erano seguite da fasi di stagnazione della domanda di lavoro in uno scenario caratterizzato da continue fluttuazioni economiche. Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica Polanyi: progressiva affermazione del capitalismo liberale Durante il periodo di transizione al nuovo sistema economico-produttivo, fondato sul “mercato autoregolato” e caratterizzato dalla razionalizzazione nei sistemi di produzione agricola e dall’avvio della prima produzione industriale, i termini del rapporto tra economia e società si invertono; non è più l’economia ad essere inserita nei rapporti sociali ma, al contrario, i rapporti sociali ad essere assorbiti dal sistema economico. Questa inversione ha un forte impatto destabilizzante sulla società Secondo Polanyi un sistema basato solo sul mercato autoregolato risulta assolutamente incompatibile con qualsiasi forma di socialità, anzi l’affermazione di tale sistema finisce col distruggere la stessa società. La piena autonomia dell’economia autoregolata si traduce, infatti, in una subordinazione della società alle leggi del mercato e tale subordinazione è incompatibile con l’esistenza stessa della società. Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica Polanyi: mercato autoregolato merci fittizie Secondo Polanyi, i problemi di destabilizzazione del nuovo sistema-socio economico si producono nel momento in cui i principi dello scambio di mercato (auotodiretto) vengono applicate a quelle che egli definisce merci fittizie: Terra: non è una merce vera e propria perché non è un prodotto dell’uomo ma una risorsa naturale. Il suo utilizzo secondo i principi dello scambio di mercato produce squilibri nell’allocazione dei beni primari per gli individui. (Oggi possiamo anche dire che l’utilizzo delle fonti naturali come merci qualsiasi ha un impatto ambientale che mette a serio rischio l’economia e la società post-moderna) Moneta: non è una merce bensì un simbolo del potere di acquisto. Il suo utilizzo come una merce qualsiasi all’interno di una mercato autoregolato produce gravi rischi connessi alla inflazione e deflazione. Lavoro: non è una merce perché è legato alla vita umana che non è prodotta per essere venduta. Trattare il lavoro come una merce qualsiasi significa affidare il destino individuale alla fluttuazioni del mercato e alle congiunture economiche Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica Polanyi: L’autodifesa della società Trattare terra lavoro e moneta come oggetti di scambio sul mercato, al pari delle altre merci, produce notevoli rischi sociali e provoca un contromovimento che si oppone alla crescente espansione del mercato nella società. Si verificano, in altri termini, delle reazioni di autodifesa della società (leggi protezionistiche del lavoro, barriere tariffarie e protettive per difendere il mondo agricolo, forme di controllo e regolazione sul credito e la moneta) che condurranno alla crisi di quella che Polanyi chiama la “civiltà del diciannovesimo secolo” che culminerà con la grande depressione economica innestata dal crollo della borsa americana nel 1929. « Un nuovo modo di vita si diffuse su tutto il pianeta con una pretesa di universalità che era senza confronti dall’epoca degli inizi del cristianesimo; questa volta tuttavia il movimento era ad un livello puramente materiale. Simultaneamente nasceva un contromovimento che era qualcosa di più del solito comportamento difensivo di una società che si trovi di fronte ad un mutamento; era una reazione contro uno sconvolgimento che attaccava il tessuto della società e che avrebbe distrutto l’organizzazione stessa della produzione che il mercato aveva creato ». (Polanyi 1974, p. 167). Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica Polanyi: La grande trasformazione Le diverse soluzioni tentate per arginare l’espansione del mercato (il fascismo, il comunismo sovietico, il New Deal americano), seppur molto diverse tra loro sotto il profilo politicoistituzionale, avevano in comune il fatto di rappresentare dei tentativi di ricollocare il “posto dell’economia” all’interno della società. «….se la produzione poteva essere organizzata teoricamente in questo modo [nella forma dei mercati autoregolati], la finzione della merce trascurava il fatto che lasciare il destino della terra e degli uomini al mercato sarebbe stato equivalente al loro annientamento. Di conseguenza la contromisura consisteva nel controllare l’azione del mercato rispetto ai fattori di produzione, lavoro e terra. Questa era la funzione principale dell’interventismo». (Polanyi 1974, p. 168). I primi decenni del XX secolo, con le svolte tragiche segnate dalle due guerre mondiali, non faranno altro che mettere in luce le tensioni latenti nel capitalismo liberale, avviando un processo di transizione verso nuove forme di organizzazione economica. È questa la Grande Trasformazione di cui parla Polanyi e che si attua – in modi diversi - a cavallo tra le due guerre. Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica Schumpeter: un approccio dinamico all’analisi economica Secondo Schumpeter la teoria d’impostazione neo-classica, è sostanzialmente statica. “Essa descrive la vita economica dal punto di vista della tendenza del sistema economico ad uno stato di equilibrio, la quale tendenza ci dà i mezzi per determinare i prezzi e le quantità dei beni e si presenta nella forma di un adattamento ai dati di volta in volta esistenti. (…) Ma la teoria “statica” non è in grado di descrivere le conseguenze di cambiamenti discontinui nel modo tradizionale di compiere le cose; qui l’analisi statica non può spiegare né il verificarsi di rivoluzioni produttive né i fenomeni che in tale occasioni si producono”. Dunque l’economica tradizionale non riesce a dar conto dei mutamenti radicali che sono alla base dei processi di sviluppo e degli andamenti ciclici dell’economia capitalistica. Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica Schumpeter: innovazione e cicli economici Affinché i cicli economici si realizzino si deve produrre una innovazione nei modi di “combinare materiali e forze” produttive, ovvero si deve verificare l’introduzione di “nuove combinazioni di mezzi di produzione”. Queste innovazioni possono comportare: 1) l’introduzione di un nuovo bene, non familiare ai consumatori. 2) un nuovo modo di organizzare la produzione. 3) l’apertura di nuovi mercati. 4) l’acquisizione di nuove fonti di approvvigionamento di materie prime e di semilavorati. 5) la riorganizzazione di una industria, o la creazione-distruzione di un monopolio. Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica Schumpeter: crescita e crisi dei cicli economici La storia economica è caratterizzata da cicli economici che si aprono sempre con un’innovazione significativa in grado di creare una nuova combinazione produttiva. Le fasi di un ciclo economico, individuate da Schumpeter sono: 1) fase espansiva; collegata all’introduzione e alla prima diffusione dell’innovazione. 2) fase discendente del ciclo; causata dalla crisi delle imprese rimaste fuori dal processo innovativo e dalla saturazione dell’impulso generato dall’innovazione. Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica I cicli economici di Kondratieff Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica Schumpeter: il ruolo dell’imprenditore Secondo Schumpeter, sono gli imprenditori che, per mezzo di queste innovazioni. Sono loro ad imprimere dinamismo all’economia, scuotendola dall’immobilismo del flusso circolare. Egli opera una netta distinzione tra gli innovatori e coloro che, nella gestione delle imprese, svolgono unicamente dei compiti amministrativi e direzionali sfruttando le conoscenze già acquisite e le routine consolidate. Queste attività di management ordinario non definiscono la funzione imprenditoriale che, al contrario, si caratterizza per l’introduzione di nuove “combinazioni dei fattori produttivi” capaci, cioè, di modificare in profondità l’organizzazione dell’economia Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica Schumpeter: la crisi del capitalismo Secondo Schumpeter, sono le trasformazioni socio-culturali provocate dallo sviluppo economico, che creano una sfavorevole al funzionamento dell’economia di mercato L’avvento dei trust, ovvero di imprese sempre più grandi e concentrate, che agiscono in condizioni di oligopolio o di monopolio, non impedisce lo sviluppo economico. Tuttavia l’innovazione all’interno di queste imprese, viene in qualche misura routinizzata, assicurata da team di specialisti alle dipendenze delle grandi imprese. Questa burocratizzazione dell’innovazione, però, toglie spazio alla figura dell’imprenditore nella sua forma originaria “individuale-familiare”. Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica Schumpeter: i motivi della crisi Schumpeter, individua tre processi sociali alla base della crisi del capitalismo di inizio 1900 A) In primo luogo l’indebolimento della borghesia connesso al “deperimento” della figura dell’imprenditore. Con la spersonalizzazione e la burocratizzazione dell’innovazione, la classe dominante viene a perde gran parte del prestigio e della legittimazione legata all’esercizio di quella funzione sociale. B) In secondo luogo vi è la crisi di alcuni gruppi sociali sopravvissuti al disfacimento della società feudale, che puntellano gli equilibri di classe presenti nel capitalismo. Schumpeter si riferisce, in particolare, alla crisi dei ceti aristocratici che, in alcune nazioni (in Inghilterra ad esempio), avevano continuato a svolgere funzioni politiche cruciali per le quali la borghesia non sembrava particolarmente tagliata. C) In terzo luogo vi è la diffusione nell’opinione pubblica di un clima di crescente ostilità nei confronti dell’economia privata. In parallelo alla crescita del benessere e delle aspirazioni, infatti, il capitalismo tende a generare una situazione di inquietudine sociale permanente, legata alla diffusione dell’individualismo. Questa condizione di disagio, però, rimarrebbe senza conseguenze se non venisse fomentata e organizzata da gruppi di intellettuali che alimentano la critica alle istituzioni. Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica Keynes: un ponte verso la realtà A partire dagli anni ’30 del 1900 prende forma un cambiamento molto importante nell’indagine economica: il tentativo di ridurre lo scarto, orami troppo evidente, tra modelli analitici e realtà storico-empirca. Emerge, quindi, l’esigenza di costruire “ponti verso la realtà” (Bell, 1981). Tra questi quello più importante è costituito dall’opera intellettuale di Keynes L’importanza del pensiero keynesiano risiede nell’aver dato fondamento teorico ad alcuni esperimenti di politica sociale che erano già in atto da alcuni anni in molti paesi ad economa di mercato. Il New Deal in America, il nazismo in Germania e la Socialdemocrazia in Svezia, seppur con metodi e strumenti differenti hanno anticipato, infatti, molte delle proposte di politica economica keynesiana Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica Keynes: la critica all’economia neoclassica Il pensiero economico di Keynes segna un punto di rottura importante rispetto alla tradizione neo-classica Mentre l’economa neoclassica si interroga intorno al problema della formazione dei prezzi dei beni e della distribuzione dei reddito, il focus dell’analisi keynesiana si sposta su un livello macro-economico e si concentra attorno ai fattori che influiscono sui livelli di produzione e sulla (in) capacità di un sistema economico di generare piena occupazione A differenza dell’economia neo-classica, inoltre Keynes sostiene che data la complessità dei fenomeni economici il principio della razionalità illimitata non può esistere nella pratica concreta di un comportamento economico Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica Keynes: l’interventismo pubblico come regolatore dell’economia Il funzionamento del mercato auto-regolato non conduce, necessariamente il sistema economico in equilibrio e, soprattutto, non necessariamente si creano autonomamente le condizioni per la piena occupazione La propensione all’investimento da parte dei produttori non è legata, come sosteneva l’economia classica, soltanto ai tassi di interesse L’equilibrio nel mercato del lavoro non è influenzato soltanto dal livelli salariali L’unico elemento in grado di rilanciare la produzione e con essa la domanda di lavoro in una situazione di crisi è la crescita della domanda aggregata di beni . È sul rilancio di questa componente macro-economica che lo Stato deve intervenire attraverso strumenti di sostegno alla produzione (es. politiche fiscali per le imprese) ma soprattutto attraverso interventi di sostegno ai consumi della popolazione. Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica Keynes: deficit spending La spesa pubblica è tanto più efficace quanto più è in grado di stimolare una domanda aggiuntiva. Ne consegue che anche in una situazione di stabilità economica lo Stato dovrà essere in grado di stimolare la domanda aggregata attraverso il ricorso al debito pubblico Compito primario dello Stato diventa, quindi, quello di sostenere il reddito degli individui attraverso meccanismi redistributivi in grado di supportare i consumi. Tale impostazione teorico-analitica segna, quindi, il definitivo superamento del laissez faire e del capitalismo liberale ed apre la strada ad un nuovo modello economico fondato sul capitalismo regolato Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone Sociologia Economica Il compromesso storico I trenta anni gloriosi del capitalismo furono fortemente sostenuti da un nuovo modello di regolazione istituzionale delle economie dei paesi più sviluppati Non si tratta soltanto dell’assorbimento da parte dei governi delle nuove idee keynesiane. Questi sviluppi del pensiero economico furono, sicuramente, molto importanti ma l’intervento regolativo dello Stato è andato oltre quanto sostenuto da Keynes Al ruolo dello Stato va aggiunto quello non certo secondario delle grandi imprese “fordiste” e l’affermazione del modello di “male breadwinner” nei rapporti familiari. È dall’insieme di questi fattori che deriva quello che è stato definito come compromesso storico tra le classi sociali … i movimenti dei lavoratori sospesero le loro rivendicazioni di una più ampia socializzazione dell’economia. In cambio ottennero la contrattazione collettiva, l’integrazione all’interno del sistema politico, il Welfare State. Gli imprenditori sospesero la pretesa di avere una forza lavoro passiva ed atomizzata, accettarono il welfare state ed in cambio ottennero l’accettazione totale della proprietà privata, il primato del profitto di mercato, la pacificazione nazionale, una mercato finanziario stabile…. Università di Torino (sede di Biella) cdl Servizio Sociale (a.a.2007-2008) prof. Domenico Carbone