Deriva dei continenti – Espansione dei fondali oceanici – Tettonica a zolle La deriva dei continenti. Nel 1910, Taylor pubblicò la prima formulazione di deriva, ma ricevette scarsa attenzione a causa delle inaccettabili conclusioni cui giunse, basate sul distacco della Luna dalla Terra durante il Cretaceo. Secondo lui questo avrebbe provocato delle maree così forti da trascinare i continenti. Nel 1915 il geofisico tedesco Alfred Wegener, affermò che le terre attualmente emerse costituissero all'inizio dell'Era mesozoica (circa 200 milioni di anni fa) un blocco unico (Pangea), circondato da un unico mare vastissimo (Pantalassa): in seguito a colossali fratture, la Pangea sarebbe stata spezzata in molte "zolle" (continenti e isole) galleggianti sullo strato sottostante la crosta. Per effetto della rotazione terrestre, le zolle continentali avrebbero subito un movimento di deriva spostandosi nella direzione della rotazione, cioè verso ovest. Wegener fu il primo a formulare una teoria convincente sulla deriva dei continenti e a sostegno di essa citò le seguenti prove: 1) Prova morfologica: i continenti presentano una corrispondenza nelle linee di costa, specialmente l'Africa e l'America Meridionale; 2) Prova geologica: in Africa e in America Meridionale sono presenti formazioni rocciose con molti punti in comune sia per età che per composizione e struttura; 3) Prova paleontologica: l’Africa e l’America Meridionale hanno in comune fossili di specie identiche di ambiente continentale; tutto ciò è possibile solo se quelle aree un tempo sono state a contatto (prima di Wegener si era ipotizzata la presenza di “ponti continentali” successivamente sprofondati); 4) Prove paleoclimatiche: la presenza di depositi di carbone (indice di condizioni umide), di depositi di gesso, sale, arenarie rosse (indice di climi aridi), in zone tutt’altro che aride o caldo-umide, poteva essere spiegata solo con lo spostamento del continente. La teoria di Wegener si basava su prove sicuramente valide, ma dove risultava debole era nelle cause e nelle modalità della deriva. Le forze derivate dalla rotazione terrestre apparivano del tutto inadeguate e insufficienti, quindi, pur avendo diversi sostenitori, l’idea della deriva dei continenti fu quasi abbandonata. Nel 1929 Holmes propone per la prima volta uno schema del movimento delle masse crostali che prevedeva l’esistenza di celle convettive nel mantello sottostante. I moti convettivi sarebbero stati in grado di fratturare i continenti e spingerli lateralmente. Mancavano però prove definitive a sostegno di questa teoria. L’espansione dei fondali oceanici. Tra il 1950 e il 1964, alcuni geologi e geofisici fecero importanti scoperte che risulteranno determinanti per abbandonare definitivamente la teoria della deriva di Wegener e proporre la moderna teoria dell’espansione dei fondali oceanici. Utilizzando degli ecoscandagli si scopre, sul fondo degli oceani, la presenza di un'unica, grande e continua catena montuosa lunga circa 64.000 chilometri che attraversa da nord a sud l'Atlantico, aggira l'Africa, attraversa l'Oceano Indiano, passa tra l'Australia e Antartide fino alla sponda americana dell'Oceano Pacifico a sud della California, alla quale venne dato il nome di “Dorsale Oceanica". Lungo la dorsale vengono individuate delle fratture trasversali alle quali viene dato il nome di faglie trasformi. Si scopre, inoltre: 1) La presenza di una notevole attività magmatica nelle dorsali; Video: la dorsale medio oceanica e l’Islanda 2) Differente età delle rocce dei fondali oceanici (l’età cresce in direzione dorsale – costa continentale). Foto 3) Presenza di anomalie magnetiche nelle rocce dei fondali oceanici (paleomagnetismo). Video La teoria dell’espansione dei fondali oceanici viene proposta da Hess nel 1960. Questa teoria descrive il movimento delle placche continentali prendendo in esame il movimento dei fondali oceanici. Il materiale magmatico che fuoriesce dalle dorsali oceaniche si solidifica e forma nuova crosta oceanica, il fondo oceanico si espande e allontana tra loro le masse continentali. Poiché la superficie del nostro pianeta non cambia, deve esistere da qualche altra parte un meccanismo di distruzione della crosta. Secondo la teoria, questo processo avviene nelle fosse oceaniche, dove la crosta, spinta da quella nuova, scivola e si fonde nel mantello. Era stato calcolato in 200 milioni di anni il tempo necessario a rinnovare completamente tutto il fondale e dai dati risultava effettivamente che i fondali oceanici non avevano età superiore ai 200 milioni di anni. La differente età dei fondali oceanici con un’età crescente man mano che ci si allontana dalla dorsale e la loro giovane età (se paragonata a quella delle rocce continentali) sono risultate prove decisive per la teoria dell’espansione degli oceani. Se fosse stata vera la teoria di Wegener, con i continenti che galleggiavano come zattere, la crosta continentale avrebbe dovuto avere la stessa età di quella oceanica in quanto formatesi nello stesso periodo e cioè al momento della solidificazione del nostro pianeta. Un’ulteriore prova a favore dell’espansione dei fondali oceanici fu la scoperta delle anomalie magnetiche. In molte rocce magmatiche esistono minerali con proprietà magnetiche; quando un magma che contiene questo tipo di minerali si raffredda, le molecole si dispongono orientandosi in direzione secondo l’asse polare. Una volta fredde, le rocce conservano in modo fisso questo orientamento. Dato che i fondali oceanici sono pieni di rocce le cui particelle non sono orientate verso il Polo Nord, ma puntano in altre direzioni, abbiamo una prova che non si sono formate dove si trovano attualmente, ma da un’altra parte. Dando una datazione alla roccia, i geologi possono risalire alla posizione che aveva la placca continentale durante la formazione della roccia. Un fenomeno interessante è, poi, l’inversione di polarità, cioè la periodica inversione dei poli magnetici terrestri. Il cambiamento avviene ad intervalli abbastanza regolari, in tempi dell’ordine di alcuni milioni di anni, per cui il fondo oceanico risulta costituito da zone basaltiche magnetizzate alternativamente (normale ed inversa), simmetriche rispetto ala dorsale (se il fondale oceanico si fosse formato tutto in una volta presenterebbe una sola magnetizzazione). La teoria della tettonica a placche. L’ipotesi dell’espansione dei fondali oceanici fu integrata, alla fine degli anni ’60, nella nuova rivoluzionaria teoria della dinamica terrestre che interpreta in maniera globale l’evoluzione del nostro pianeta: la tettonica a placche. La litosfera terrestre si presenta come una serie di placche (zolle) che galleggiano sopra l’astenosfera e sono in continuo movimento tra di loro (attenzione, è tutta la litosfera che galleggia non i continenti come affermava Wegener). Esistono una ventina di placche, di cui le maggiori sono sei: quella africana, quella euroasiatica, quella pacifica, la zolla nordamericana, quella sudamericana e quella antartica. Alcune placche comprendono solo crosta continentale, altre invece comprendono parti di crosta oceanica e continentale. I movimenti che compie una placca sono tre: movimenti divergenti: le placche si allontanano tra loro e si forma nuova crosta movimenti convergenti: le placche si scontrano e si distrugge litosfera movimenti di scorrimento: le placche scivolano l’una rispetto all’altra. Non si crea ne si distrugge litosfera Video1 Video 2: Storia della Terra File pdf sulla tettonica delle placche e terremoti I tre tipi di movimenti visti sopra, in combinazione tra loro, comportano i fenomeni dinamici della litosfera, cioè l’attività sismica, l’attività vulcanica e l’attività orogenetica (formazione delle montagne). Solitamente si verificano in prossimità dei margini che possono essere di tre tipi: 1) Margine divergente o di accrescimento: qui si forma nuova crosta terrestre. Le strutture che osserviamo sono le rift valley (rift significa spaccatura). Le fratture vengono riempite da una lava di tipo basaltico prodotta nel mantello. Si osservano: margini divergenti oceanici: le dorsali oceaniche margini divergenti continentali: un esempio è rappresentato dalla rift valley africana che dalla regione dei grandi laghi si estende fino al Mar Rosso, per oltre 6000 km. Con il tempo, in questa zona si originerà un dorsale e il Mar Rosso è destinato a diventare un nuovo oceano. Rift Valley 2) Margine convergente o distruttivo: qui la crosta viene distrutta. La convergenza può avvenire: tra una placca oceanica ed una continentale: si origina un sottoscorrimento (subduzione) della placca oceanica basaltica sotto quella continentale. La subduzione della placca oceanica discendente dà origine ad una elevata attività sismica. Gli ipocentri si dispongono lungo un piano inclinato detto piano di Benioff che forma con la superficie un angolo compreso, in genere, tra i 30° e i 70°, fino ad una profondità massima di circa 700 Km. A profondità maggiori non si hanno fenomeni sismici, perché la roccia perde la propria rigidità e viene riassorbita dal mantello: questo materiale fuso alimenta l’attività vulcanica della zona. C’è da notare che si tratta di un tipo di vulcanismo esplosivo (magmi ricchi di gas), differente da quello tranquillo delle dorsali oceaniche. Tutte le più violente esplosioni vulcaniche si verificano in prossimità di una fossa oceanica, come la famosa eruzione del Krakatoa che distrusse un’intera isola. I vulcani si trovano ad una certa distanza dalla fossa, lungo una linea parallela a quest’ultima. Lo scontro tra le due zolle, oltre a provocare terremoti ed attività vulcaniche, porta alla formazione di montagne (un esempio è rappresentato dalle Ande); tra due placche continentali: si forma una nuova catena montuosa. La catena Himalayana ha avuto origine dallo scontro della placca euroasiatica con quella indiana, le Alpi dallo scontro tra quella euroasiatica e africana (Interessante video sulla formazione del Monte Cervino). Oltre alla formazione di montagne si registrano terremoti, ma a differenza dello scontro oceanocontinente non si ha la formazione di vulcani. tra due placche oceaniche: quando due croste oceaniche convergono (es. Giappone), in genere formano un arco insulare mentre una delle due scorre sotto l'altra. L'arcipelago formatosi è costituito da isole vulcaniche che eruttano il magma proveniente dalla distruzione della crosta oceanica inabissata che, dopo la fusione nel mantello, risale attraverso la crosta oceanica sovrastante. Anche qui si formano montagne, vulcani e sono presenti terremoti. 3) Margine conservativo o trasforme: non si forma né si distrugge crosta. . Video