MANUALE DI ACUSTICA APPLICATA parte prima

MANUALE
DI
ACUSTICA APPLICATA
parte prima
Ing. Cortonesi & Ing. Prati
Studio di fonica
Indice
-pag.3
Introduzione
Definizione di rumore
-pag.4
L’onda sonora
-pag.8
La velocità del suono nei diversi mezzi
-pag.9
Pressione sonora, potenza sonora, intensità sonora, densità di energia sonora
-pag.12
Calcolo del livello di pressione sonora risultante dalla somma di più livelli
-pag.13
Rapporto tra pressione sonora e potenza sonora
-pag.17
Determinazione della potenza sonora di una sorgente di rumore
-pag.19
La propagazione del rumore all’aperto
-pag.22
La propagazione del suono negli ambienti chiusi
-pag.29
Riverberazione
-pag.31
Il rumore relativamente alla possibilità di insorgenza di disturbo o danno
Lo sviluppo in serie di Fourier
-pag.35
Bande di ottava
-pag.36
Terzi d’ottava
-pag.39
Classificazione dei diversi tipi di rumore
-pag.41
La sensazione acustica
-pag.43
Le curve isofone ISO
-pag.45
Noise Criteria
-pag.46
Cenni sulle costanti di tempo degli strumenti di misura
-pag.47
Il livello continuo equivalente, gli indici statistici cumulativi, il SEL
-pag.50
Il rumore relativamente agli interventi di protezione acustica
-pag.52
La diffrazione del suono
-pag.53
L’interferenza costruttiva e distruttiva
-pag.54
Risonatori
-pag.55
Conclusioni
Introduzione
Queste pagine sono state pensate per offrire le basi teoriche per un corretto approccio ai problemi pratici
relativi all’impatto ambientale del fenomeno fisico del rumore. Per questo motivo, quando occorre, si è
preferito sintetizzare la digressione teorica con precise notazioni di tipo “pratico”, evidenziate con apposite note in colore rosso . Più che un trattato di acustica dunque, questo lavoro nasce con l’ambizione di
costituire un manuale di consultazione per quanti operano nella lotta contro l’inquinamento acustico.
Rumore
Dal punto di vista igienistico si può definire rumore “un suono non desiderato, una sensazione uditiva sgradevole e fastidiosa o intollerabile, con evidente carattere di disturbo e
sofferenza”.
Dal punto di vista fisico questa definizione non è del tutto soddisfacente. In fisica infatti è
piuttosto difficile distinguere tra suoni e rumori, in quanto gli uni e gli altri posseggono
caratteristiche descrivibili matematicamente alla stessa maniera.
Gli effetti nocivi che l’esposizione al rumore determina sull’uomo possono variare in relazione a:
-le caratteristiche fisiche del fenomeno
-i tempi e le modalità di manifestazione dell’evento sonoro
-la specifica sensibilità dell’individuo
Essi possono essere così classificati:
-danno: una qualsiasi azione non reversibile o non completamente reversibile, che sia
chiaramente identificabile dal punto di vista clinico
-disturbo: una qualsiasi alterazione temporanea delle condizioni psico-fisiche del soggetto, che determini effetti fisio-patologici ben definiti
-fastidio (annoyance): un sentimento di scontentezza riferito al rumore, che l’individuo sa
o crede che possa agire su di lui in modo negativo in abbinamento ad altri fattori di natura
psicologica, sociologica ed economica
Questi effetti nocivi producono quindi:
-effetti di tipo specifico sull’organo dell’udito (es. sordità, totale o parziale)
-effetti di tipo neuro-endocrino, psicologico, psicosomatico
-effetti psicosociali
Il rumore trasmesso per via aerea è originato da una frazione dell’energia totale assorbita
da una macchina che, come altre, non si trasforma in lavoro utile. Questa frazione di energia, inducendo vibrazioni attraverso la struttura della macchina, mette in vibrazione l’aria
circostante. Le molecole dell’aria “non traslano” ma “oscillano” da una posizione media a
due posizioni estreme e opposte, più o meno simultaneamente, producendo nell’aria zone
di compressione e di rarefazione. Tali compressioni e rarefazioni, frutto di oscillazioni
spesso scoordinate e aleatorie , che tutte insieme concorrono al “fenomeno fisico rumore”, vengono rilevate da appositi strumenti di misura.
L’onda sonora
La figura evidenzia l’oscillazione di una piccola porzione della superficie di una macchina
in funzione. Chiameremo tale frazione di superficie “sorgente di rumore”.
P
1
2
C
A
C
B
3
C
4
2
B
t
4
3
H
A
C
T
t
1
v
4
1
C
B
C
C
t
3
2
H = ampiezza massima di oscillazione
t = tempo
P = pressione
T = periodo
v = velocità
A
Figura 1
La sorgente di rumore oscilla intorno la posizione media C, toccando le posizioni estreme
B ed A. Più precisamente essa si sposta da C a B raggiungendo il massimo della sua oscillazione in quel punto, dopodichè essa torna indietro ripassando per la posizione mediana
C e raggiungendo la posizione estrema opposta A, quindi torna ancora indietro verso la
sua posizione mediana C.
Un’ oscillazione può dirsi completa dopo che la sorgente ha eseguito per intero l’oscillazione descritta (C>B>C>A>C). L’ampiezza di oscillazione è massima in A e in B. La
pressione P, indotta nel suo intorno dalla sorgente, è, al confine dell’oscillazione ( punti B
e A), tanto più grande quanto maggiore è l’ampiezza massima di oscillazione H, perchè il
numero di particelle d’aria, spostate dalla perturbazione causata dalla sorgente, è tanto
maggiore quanto maggiore è H. Essa sarà invece pari a zero nel punto C, perchè in tale
punto, è nulla l’interazione con le particelle d’aria che la circondano.
Viceversa la velocità v della sorgente sarà nulla al confine dell’oscillazione (cioè là dove
la sorgente si ferma prima di tornare indietro) e massima nel punto C.
La pressione indotta P e la velocità v variano dunque nell’intorno del punto C (centro dell’oscillazione), in funzione del tempo, secondo la curve riportate nella Figura 1 (trattasi
di “curve sinusoidali”, cioè curve seno e coseno, che seguono la legge del “moto armonico
semplice”, sulla cui definizione non ci soffermeremo). Come si vede dalla figura, la pressione P (funzione seno) è sfasata di 90° rispetto alla velocità v (funzione coseno). Se l’intera oscillazione si compie in mezzo secondo, diremo che il periodo T dell’oscillazione è
mezzo secondo, cioè 0.5 s. Poichè si definisce frequenza f dell’oscillazione “il numero di
oscillazioni complete che si hanno in un secondo”, se T=0.5 s, potremmo affermare che il
fenomeno ondulatorio è caratterizzato da una frequenza pari a 2 oscillazioni complete al
secondo. L’unità di misura della frequenza è l’Hertz (simbolo Hz), che vale 1 oscillazione al secondo. Pertanto un fenomeno ondulatorio, caratterizzato da un periodo T=0.5 s,
ha una frequenza f di 2 Hertz (2 Hz). Vale dunque la relazione:
1) T = 1/f
o anche:
1’) f=1/T
Ma cosa succede alle particelle contigue alla sorgente che origina la perturbazione?
Innanzitutto: con quale velocità tale perturbazione si propaga alle particelle circostanti?
Se tale velocità fosse infinita tutte le particelle d’aria posizionate sull’asse di oscillazione
della particella perturbante si muoverebbero istantaneamente, il che equivarrebbe a dire
anche che esse non offrirebbero alcuna resistenza alla perturbazione. In realtà la velocità
con cui tale perturbazione si trasmette non è infinita ma assume valori finiti caratteristici
del mezzo in cui si propaga. Nell’aria, alla temperatura di 20°C e alla pressione atmosferica a livello del mare, essa assume il valore di circa 344 m/s e viene chiamata velocità del
suono nell’aria. Per convenzione, essa viene indicata con la lettera c.
Poichè lo spazio è dato dal prodotto della velocità per il tempo impiegato a percorrerlo,
può essere ora interessante andare a vedere quanti metri di particelle d’aria allineate una
dietro l’altra sono percorsi da una perturbazione della durata di mezzo secondo. Il risultato
è 344 x 0.5 = 172 m . Tale spazio rappresenta la lunghezza d’onda l
λ di una perturbazione di tipo oscillatorio armonico caratterizzata da un periodo di 0.5 secondi o, se si vuole,
da una frequenza di 2 Hz. E’ allora possibile stabilire le seguenti relazioni:
l = cT
2) λ
che, per la 1’), può essere scritta:
l = c/f
3) λ
Dalla 3) si vede come “più alta è la frequenza del fenomeno oscillatorio e minore è la lunghezza d’onda”
Ricorda: le alte frequenze (come le bugie) hanno le gambe corte.
Figura 2
C'
P, v
λ/8
λ/4
B'
C
P
1
B
C
3
T = 0.5 s
2
C'
λ = 172 m
A
4
C
t
t
A'
C'
Per quanto sinora detto, con riferimento alla Figura 2, si vede come la perturbazione
indotta da una sorgente con periodo T = 0.5 s dia luogo ad una perturbazione “speculare”
sulle particelle contigue, di pari periodo, ma “dilatata” nello spazio. Infatti il picco di pressione tra C e B, che si sviluppa nel tempo T/4, si trasmetterà, nel tempo T/4, ad una
distanza di λ /4 = 344 x T/4, mentre il gradiente di pressione che si origina nel tempo T/8
(gradiente inferiore a quello che si sviluppa nel tempo T/4) si trasmetterà, nel tempo T/8,
alla distanza di λ /8 = 344 x T/8.
Quando si manifesta l’aumento di pressione sulle particelle contigue alla sorgente, per ciascuna di esse si producono due effetti:
-da un lato ogni particella trasmette a quella seguente il proprio gradiente di pressione,
consentendo il propagarsi della perturbazione
-dall’altro la resistenza offerta dalla catena di particelle a valle, ne limita l’espansione
obbligandola a tornare verso la propria posizione originale.
In questo moto di “avanti-indietro” ogni particella della catena, a cavallo dell’onda di
propagazione, è caratterizzata da due parametri che la individuano univocamente:
-un proprio valore medio di pressione trasmessa P
-un proprio valore medio di velocità di traslazione v
Queste due grandezze sono intimamente legate nel senso che ad un picco del segnale
della pressione corrisponde un picco del segnale della velocità di traslazione delle
particelle.
Si capisce dunque come, a differenza di quanto accadeva per la sorgente, dove velocità di
oscillazione e pressione trasmessa erano sfasate di 90°, la pressione e la velocità media
delle particelle che fanno parte dell’onda che si propaga alle velocità c del suono siano
invece in fase (vedi Figura 2 dove per la pressione P e la velocità v viene rappresentato lo
stesso andamento dell’onda di propagazione). Si originano così zone di compressione e di
rarefazione, in corrispondenza delle quali la velocità media di traslazione delle particelle
d’aria e la pressione media trasmessa sono, in valore assoluto, massime.
Tali zone si trovano in corrispondenza di λ/4 e di 3/4 di λ.
Ricorda: i massimi valori assoluti di pressione e velocità, in un onda sonora, si hanno in
corrispondenza di λ/4 e di 3/4 di λ.
Ogni punto di un campo sonoro è compiutamente descritto dai due parametri fondamentali
che caratterizzano lo stato delle particelle d’aria ivi presenti: pressione e velocità.
Ricordando che una pressione è fisicamente definita come il rapporto tra una forza e una
superficie e che una velocità non è altro che il rapporto tra una distanza e il tempo impiegato a percorrerla, possiamo esprime il prodotto pressione x velocità come:
(forza/superficie) x (distanza/tempo) =
(forza x distanza)/(superficie x tempo) =
energia/(superficie x tempo) =
potenza/superficie
La conoscenza della pressione e della velocità delle particelle d’aria di un campo sonoro
consente dunque di ricavare, attraverso il loro prodotto, il valore della potenza sonora per
unità di superficie.
La velocità del suono nei diversi mezzi
Come detto la velocità del suono è la velocità di propagazione delle onde sonore attraverso un dato mezzo. Tale velocità non deve essere confusa con la velocità media di traslazione v delle particelle a cavallo dell’onda sonora, che dipende dalla potenza sonora della
sorgente. La velocità del suono nell’aria può essere espressa dalla relazione:
4)
c = γg P/ρ
r
dove γg è il rapporto tra il calore specifico dell’aria a pressione costante e quello a volume
r è la densità in kg/m3.
costante pari a 1.40, P è la pressione atmosferica in N/m2 e ρ
Assumendo per la pressione atmosferica il valore di una atmosfera fisica, che vale 10333
kg/m2, si ottiene per P il valore di 10333 x 9.81 = 101366 N/m2. La densità dell’aria
ρ è di circa 1.20 kg/m3 alla temperatura di 20 °C. Dalla 4) si ottiene dunque:
secca r
c=343.8 m/s cioè circa 344 m/s come già assunto a pag.5 (velocità del suono nell’aria)
Essa aumenta di 0.6 m/s per ogni grado centigrado di aumento della temperatura ed è indipendente dalle variazioni di pressione barometrica e di lunghezza d’onda.
La velocità del suono nei solidi può essere espressa da:
5)
c=
r
E/ρ
r la densità in kg/m3.
dove E è il modulo di elasticità del materialein N/m2, e ρ
r circa 7850 kg/m3.
Nel caso dell’acciaio E è circa 205940x10^6 N/m2 e ρ
Dalla 5) si ottiene dunque:
c= 5120 m/s (velocità del suono nell’acciaio)
Ricorda: contrariamente ad una convinzione generalmente diffusa, la velocità del suono
non è più elevata in un mezzo ad alta densità, come evidenziato del resto nella 4) e nella
5). E’ il modulo di elasticità del materiale che è direttamente proporzionale alla velocità.
Spesso materiali di elevata densità presentano moduli di elasticità elevati e questo ha contribuito al diffondersi di questa convinzione.
Anche la velocità del suono nei liquidi può essere espressa con una formula analoga alla
5) salvo sostituire E con B (modulo di elasticità a compressione cubica in N/m2)
r di
Poichè l’acqua ha un modulo di elasticità B pari a 2.1 x 10^9 N/m2 e una densità di ρ
circa 998 kg/m3 la velocità del suono nell’acqua risulta pari a circa:
c= 1450 m/s (velocità del suono nell’acqua)
Ricorda: Il campo delle frequenze udibili, per un soggetto normale, oscilla tra i 16÷20 Hz
e i 16÷20 kHz (kiloHertz; 1 kHz = 1000 Hz), cioè l’ orecchio umano riesce a captare suoni
e rumori caratterizzati da frequenze di oscillazione comprese tra 16÷20 oscillazioni al
secondo e 16.000÷20.000 oscillazioni al secondo.
Infatti, se consideriamo un piccola superficie S di aria, la forza esercitata su di essa dalla
pressione P(t) della perturbazione, sarà data da P(t) x S e poichè l’energia è, come noto,
data dal prodotto della forza per lo spostamento, l’energia associata alla pressione acustica
P(t) nel tempo t sarà data da:
t
t
E = P(t) dt x S x X(t) dt
0
0
dove X(t) è lo spostamento dello stratarello d’aria. Se l’energia sonora si manifesta nel
tempo t, ad essa sarà associata la potenza sonora:
t
t
W = P(t) dt x S x X(t) dt
0
0
t
dove X(t) / t esprime dimensionalmente una velocità, la velocità v(t) di traslazione dello
stratarello d’aria . Tale velocità v(t) è pari al rapporto tra la pressione P(t) e la “resistenza
acustica” dell’aria r
ρa , data dal prodotto tra la velocità del suono nell’aria c per la densità
dell’aria r
ρ . Tale prodotto vale r
ρa = 344 x 1,2 = circa 413 kg x m-2 x s-1
Pertanto possiamo scrivere:
t
t
t
6) W = P(t) dt x S x P(t) dt =
0
0
0
ρa
r
2
P(t) dt x S
r
ρ
a
Se integriamo tra 0 e T (periodo) e dividiamo tutto per T per assumere il valore medio
della potenza sonora in una oscillazione completa, ricordando la definizione di valore efficace, la 6) può essere scritta:
r
7) W =Pe 2 x S /ρ
[Watts] dove Pe è la pressione efficace in Pascal [Pa]
a
Dividendo la 7) per la superficie S si ottiene “la potenza sonora per unità di superficie”
cioè la cosiddetta intensità sonora I che vale dunque:
ρa
8) I = Pe 2 / r
[Watts/m2]
Dividendo la 8) per c [m/s] si ottiene la densità di energia sonora D che vale dunque:
9) D = I/c [J/m3]
La 6) si basa sull’ipotesi di uno stratarello d’aria molto piccolo o molto distante dalla sorgente sonora, cioè su di uno stratarello piano perpendicolare alla direzione di propagazione dell’onda. Poichè in realtà l’onda di pressione generata in un mezzo isotropo (cioè con
resistenza acustica uguale in tutte le direzioni) si propaga in tutte le direzioni con ugual
rapidità dando luogo ad una propagazione sferica, il valore della superficie da inserire
nella 6) vale:
10) S = 4 x π x r2 [m2]
dove r é il raggio della superficie sferica considerata e quindi la 7) diventa:
ρa [Watts]
11) W = Pe 2 x 4 x π x r2 / r
Dalla 8) e dalla 11) la pressione sonora Pe alla distanza r dalla sorgente vale, riferita
rispettivamente alla intensità sonora e alla potenza sonora:
1/2 [Pascal]
12) Pe = (I x ρ
r )
a
2 1/2 [Pascal]
r /(4 x π x r )]
13) Pe = [W x ρ
a
La minima variazione di pressione effettiva udibile alla frequenza di riferimento di
1000 Hz è pari a:
2 x 10-5 Pascal
Sostituendo tale valore nella 8) si ottiene:
I = (2 x 10-5)2 / 413 = circa 10-12 Watts/m2
Ricorda: dato che al di sotto di questi due valori, alla frequenza di 1000 Hz, non esiste
fatto acustico percepibile, essi vengono considerati come “zero” per le scale della pressione e della intensità e potenza sonora per tutte le frequenze.
Il valore massimo della scala acustica viene fissato là dove la sensazione sonora si trasforma in senzazione dolorosa: ca 63,25 Pascal
Ne consegue un’intensità sonora di circa 10 Watts/m2
Le scale che ne risultano sono manifestamente scomode da usare.
Si ha infatti, per la pressione sonora, un rapporto tra massima e minima pressione sonora
pari a:
63,25/(2 x 10-5) = 3.162.500
e per l’intensità e la potenza sonora:
10/10-12 = 1013
Per tale motivo si è fatto ricorso ad una scala che “comprima” queste escursioni.
Si è trovato perciò conveniente ricorrere ai livelli sonori, anzichè a grandezze assolute.
Il livello, per definizione, costituisce il logaritmo del rapporto tra una grandezza data e
una di riferimento, tra loro omogenee.
Uno dei vantaggi fondamentali dell'uso dei logaritmi è la capacità di comprimere campi o
escursioni molto vaste in numeri di poche cifre.
Per i problemi di acustica è la soluzione ideale. Potenze sonore comprese tra qualche centomilionesimo di watt e qualche migliaio di watt (grandezza assoluta) possono essere così
semplicemente "tradotte" in una manciata di deciBel ( unità di livello).
Il deciBel, che vale un decimo di Bel, non è, ripetiamo, una unità di misura assoluta, ma
una unità di livello che esprime il logaritmo del rapporto tra due quantità omogenee, una
delle quali presa come riferimento.
Nella misura della pressione sonora e nel calcolo della potenza sonora il logaritmo che
viene adottato è in base 10. Il logaritmo decimale viene definito come quel numero a cui
bisogna elevare la base (appunto il numero 10) per ottenere il numero dato.
Esempio: qual è il logaritmo decimale di 100?
log10100 = 2
base
risultato
numero dato
Il risultato è 2, infatti 102 fa appunto 100. Analogamente si può provare che il log101000
è 3, perchè 103 fa appunto 1000, e così via.
Come si vede, adottando la scala logaritmica decimale, siamo passati da 100 a 1000, semplicemente con lo scarto di 1 unità (da 2 a 3 appunto). Allo stesso modo potenze sonore
comprese tra 0.0000000001 watt e 10000 watt sono tutte "traducibili" in livelli di potenza
sonora compresi tra 20 e 160 dB. Il vantaggio, nella manipolazione dei numeri,
appare dunque evidente.
Rimangono allora definiti i seguenti livelli (espressi in dB = deciBel):
Livello di pressione sonora Lps = 10 x log10[(Pe / P0) 2] = anche a 20 x log10(Pe/P0)
dove P0= 2 x 10-5 Pascal
Livello di potenza sonora Lws = 10 x log10(W / W0 )
dove W0 = 10-12 Watts
Ricorda: attraverso le formule di cui sopra si può verificare facilmente che
a) un raddoppio o un dimezzamento della pressione sonora comportano un aumento o una
diminuzione di 6 dB del livello di pressione sonora
b) un raddoppio o un dimezzamento della potenza sonora comportano un aumento o una
diminuzione di 3 dB del livello di potenza sonora
Per dimostrare ciò occorre ricordare un’importante proprietà dei logaritmi:
log(axb)=loga + logb (da cui discende anche log(a2)= log(a x a)= loga + loga= 2 x loga)
Si ha allora: 10 x log10[(2Pe/P0)2] = 10 x log10[(Pe/P0)2] + 10 x log104 = 10 x log10[(Pe/P0)2] + 6
e 10 x log10(2W/W0) = 10 x log10(W/W0) + 10 x log102 = 10 x log10(W/W0) + 3
Un’altra proprietà dei logaritmi è la seguente: log(a/b)=loga - logb
Calcolo del livello di pressione sonora risultante dalla somma di più livelli
I livelli di pressione sonora, per come sono stati definiti, non sono sommabili algebricamente. Per farlo occorre fare il procedimento inverso, cioè passare dai livelli ai valori
delle grandezze cui gli stessi si riferiscono: cioè calcolare gli “antilogaritmi” dei livelli e
poi ricalcolare il livello totale.
Se b è il logaritmo di a in base 10, cioè b = log10a allora a è l’antilogaritmo di b in base10 e vale:
a = 10b
Se dunque abbiamo n livelli di pressione sonora Lpsn, ciascuna n-esima pressione efficace
Pe sarà data da:
n
14) Lpsn = 10 x log
2
[(Pe /P ) ]
10
n 0
da cui: 15) (Pen/P0)2=10Lpsn/10 = 100,1xLpsn
Il livello di pressione sonora totale, per la 14), è dato da:
16) Lpst = 10 x log
2
2
2
{(Pe /P ) + (Pe /P ) + .......... + (Pe /P ) }
10
1 0
2 0
n 0
Sostituendo nella 16) i valori della 15) si ha:
17) Lpst = 10 x log10 (100,1xLps1 + 100,1xLps2+ ............+100,1xLpsn)
Ricorda: la 17) è di importanza fondamentale, perchè con la stessa si calcola anche il
livello di pressione sonora risultante dai diversi livelli di pressione sonora di una sorgente
alle diverse frequenze normalizzate ISO in banda di ottava.
Se consideriamo 2 sorgenti di rumore caratterizzate dallo stesso livello di pressione sonora, dalla 17) si ha:
Lpst = 10 x log10 (100,1xLps1 + 100,1xLps2) =
= 10 x log10 (2x100,1xLps1) = 10 x log10(100,1xLps1) + 10 x log10 2=
= 10 x log10(100,1xLps1) + 3
Ricorda : Il livello sonoro complessivo prodotto da due sorgenti con livelli sonori uguali
è di soli 3 dB superiore a uno dei livelli sonori componenti.
Si può inoltre dimostrare che:
Ricorda : Quando si abbiano due livelli sonori la cui differenza sia uguale o superiore a
15 dB, il livello sonoro complessivo corrisponde al maggiore dei due.
Rapporto tra pressione sonora e potenza sonora
La 11) può scriversi:
18) ρ
raxW = Pe2 x r2 x 4π
Trasformando la 18) in rapporti logaritmici di livelli, si ha:
19) 10 x log10(W/W0) + 10 x log10(ρa/ρ0)= 20 x log10(Pe/P0) + 20 x log10 (r/r0) + 10 x
log10 4π
Poichè la resistenza acustica ρa coincide sempre con la resistenza acustica ρ0 di riferimento alla pressione P0 il rapporto ρa/ρ0 vale 1 e quindi il log(ρa/ρ0) vale zero.
Se inoltre poniamo r0=1 (raggio unitario o distanza unitaria dalla sorgente), la 19) può
scriversi:
20) Lws = Lps + 20 x log10 r + 11
Analogamente:
21) Lps = Lws - 20 x log10r - 11
Poichè, con il fonometro posizionato alla distanza r dalla sorgente si può misurare il relativo livello di pressione sonora Lps, la 20) consente di calcolare il livello Lws di potenza
sonora di una sorgente di rumore attraverso la misura della pressione sonora ad una certa
distanza dalla stessa. Siccome poi la potenza sonora non varia al variare della distanza, la
21) consente di calcolare il livello di pressione sonora Lps2 alla distanza r2 dalla sorgente, avendo misurato quello Lps1 alla distanza r1 dalla stessa.
Per la 20) si ha infatti:
Lps2 + 20 x log10r2 + 11 = Lps1 +20 x log10r1 + 11
da cui:
22) Lps2 = Lps1 +20 x log10r1 - 20 x log10r2 = Lps1 + 20 x log10(r1/r2)
Per le ipotesi fatte, la 22) si applica nei casi in cui la sorgente non influisce sulla forma
della propagazione, cioè in quei casi in cui la sorgente sia assimilabile ad una sorgente
puntiforme e l’onda sonora sia di tipo sferico. In tal caso la pressione sonora si ripartisce
uniformemente su ogni superficie sferica di raggio r, anche se, ovviamente, i suoi valori
diminuiranno al crescere della distanza dal centro della sfera (vedremo poi come).
Il caso della propagazione sferica si riscontra in pratica solo per aerei in volo, avvisatori
acustici montati su pali, altoparlanti montati su tralicci e simili.
Il caso di sorgenti di rumore poste al livello del suolo è molto più diffuso e dà luogo ad
una propagazione semisferica. Accade cioè che l’energia acustica, che tenderebbe a propagarsi in tutte le direzioni, trova nel suolo un mezzo con una densità molto più elevata di
quella dell’aria e ne viene riflessa. La quantità di energia riflessa dipende dal rapporto
rm) dei mezzi; per una variazione di densità maggiore si ha
delle resistenze acustiche (ρ
una minore trasmissione nel mezzo più denso e quindi una riflessione maggiore nel mezzo
meno denso.
Nel caso di una sorgente di rumore messa in prossimità del suolo, praticamente tutta l’energia acustica dell’emisfero inferiore viene riflessa e va a sommarsi a quella dell’emisfero superiore.
Avremo perciò un raddoppio delle intensità locali e quindi un incremento di 3 dB nel
livello di pressione sonora.
La 21) diventa dunque:
23) Lps = Lws - 20 x log10r -11 +3 = Lws - 20 x log10r - 8
In presenza di due superfici riflettenti, la 21) risulta, per gli stessi motivi, incrementata di
6 dB, e, nel caso di tre superfici riflettenti, di 9 dB.
Chiameremo i valori 3, 6 e 9 con il nome di fattori di riflessione.
Riepilogando risultano le tre equazioni:
24) Una sola superficie riflettente: Lps = Lws - 20 x log10r - 8
25) Due superfici riflettenti: Lps = Lws - 20 x log10r - 5
26) Tre superfici riflettenti: Lps = Lws - 20 x log10r - 2
I tre casi sono riassunti nella figura di pagina seguente.
A parità di potenza sonora Lws si vede che il livello di pressione sonora alla distanza r
dalla sorgente è tanto maggiore quante più sono le superfici riflettenti intorno alla sorgente.
Tuttavia si può verificare facilmente come la differenza tra due livelli di pressione sonora
alle distanze r1 e r2 dalla sorgente (con r1 < r2) valga ancora 20 x log10(r1/r2), cioè il
valore deducibile dalla 22).
Per r2 = 2r1 il valore di Lps2 vale Lps1 + 20 x log100,5 cioè: Lps2 = Lps1 - 6
Ricorda: il livello di pressione sonora diminuisce di 6 dB ogni raddoppio della distanza
dalla sorgente
+ 3
+
3 d
dB
B
+ 6
+
6 d
dB
B
+ 9
+
9 d
dB
B
Superfici riflettenti e fattori di riflessione
Nella pratica perchè il Ricorda di pagina precedente sia verificabile, occorre che la misura della pressione sonora venga effettuata ad una certa distanza dalla sorgente in modo da
evitare che lo strumento di misura sia influenzato dalle irregolarità del campo acustico
nelle immediate vicinanze della fonte di rumore (campo vicino). Infatti, nella realtà, le
sorgenti il più delle volte hanno forme irregolari e le loro superfici non vibrano tutte in
fase nè con la stessa ampiezza: una parte può dare luogo ad una compressione, un’altra
adiacente ad una decompressione; una parte può produrre una compressione molto forte,
un’altra una più debole.
Viceversa, se le misure vengono effettuate troppo lontano dalla sorgente, le riflessioni di
muri, pareti e di altri oggetti eventualmente presenti nell’intorno possono ostacolare sensibilmente l’esecuzione di misure corrette.
Questa zona viene chiamata campo riverberante.
Tra il campo riverberante e il campo vicino c’è (ma non è detto che ci sia sempre) il
campo libero, che può essere definito come quello spazio dove è nulla l’influenza del
campo vicino e di quello riverberante.
Ricorda: il campo libero può essere individuato verificando se, in quella zona, il livello di
pressione sonora diminuisce di 6 dB ad ogni raddoppio della distanza dalla sorgente di
rumore.
E’ possibile tuttavia che l’ambiente sia così riverberante o che lo spazio esterno sia così
piccolo da impedire la formazione di un campo libero.
In genere tuttavia, nella propagazione del suono all’esterno, è quasi sempre possibile individuare una zona abbastanza estesa di “campo libero” dove possano valere le equazioni
21), 24), 25) e 26).
Per la propagazione del suono all’interno, invece, laddove non si ravvisino condizioni
paragonabili al campo libero, la relazione tra pressione e potenza sonora è espressa da
un’altra formula, che tiene in buon conto, oltre che dell’ubicazione della sorgente tra una o
più superfici riflettenti e della distanza dalla sorgente, anche delle le caratteristiche
fonoassorbenti del locale.
Può anche accadere che, all’interno di un locale, il rumore riflesso prevalga su quello
diretto proveniente dalla sorgente. In tal caso il livello di pressione sonora è lo stesso in
ogni punto di misura e il campo sonoro prende il nome di campo sonoro diffuso.
Determinazione della potenza sonora di una sorgente di rumore
Sia che la sorgente sonora sia posizionata all’esterno che all’interno, i livelli di pressione
sonora attorno ad essa, in assenza di altre sorgenti, dipendono principalmente dal suo
livello di potenza sonora.
E’ la potenza sonora, grandezza fisica indipendente dalla distanza dalla sorgente, che
caratterizza il livello di rumorosità prodotto dalla sorgente medesima.
Per contro, non la potenza sonora, bensì la pressione sonora è la grandezza che meglio
caratterizza “il disturbo” arrecato da una sorgente sonora nel suo intorno.
La conoscenza della potenza sonora di una sorgente è tuttavia di fondamentale importanza, perchè, ove conosciuta, consente, già attraverso la valutazione analitica della pressione sonora a varie distanze dalla medesima, effettuabile con le 21), 24),25),26) e prescindendo in prima battuta da un più dettagliato esame del tipo di campo sonoro indotto, di
farsi un’idea della probabile “distribuzione del disturbo provocato da quella sorgente
sonora nell’ambiente circostante”.
D’altro canto la potenza sonora (ad es. di una macchina) non era, fino a ieri, ricavabile se
non con misure di pressione sonora eseguite con varie modalità, previste da apposite
norme ISO, nell’intorno della macchina medesima.
Attualmente le moderne tecnologie basate sull’intensimetria acustica consentono di calcolare la potenza sonora di una sorgente di rumore “direttamente” attraverso la misura dell’intensità sonora da essa prodotta, definita, secondo quanto già detto, come “la potenza
sonora per unità di superficie”.
Si può così prescindere dalle specifiche condizioni di campo sonoro richieste dalle norme
ISO, semplificando non solo la metodologia di determinazione della potenza sonora, ma
anche la ricerca di eventuali direttività del campo sonoro, come piu’ dettagliatamente spiegato in seguito.
Tuttavia, considerata la relativamente giovane età dell’intensimetria acustica, le ormai collaudate normative ISO per il calcolo della potenza sonora attraverso rilevazioni della pressione sonora vengono ancora applicate.
Non è difficile ipotizzare che anche per il calcolo della potenza sonora attraverso l’intensimetria acustica le relative norme andranno via via consolidandosi.
La propagazione del rumore all’aperto
I fattori che influiscono sulla distribuzione dell’energia sonora sonora all’esterno sono
molteplici. Fra i principali si riconoscono i seguenti:
a) distanza tra la sorgente sonora e il ricevitore [DSR]
b) assorbimento dell’energia sonora dovuto all’aria atmosferica [ATM]
c) effetti di assorbimento dovuti al terreno e agli alberi [TA]
d) presenza di eventuali barriere tra la sorgente e il ricevitore [BAR]
a) Il fattore DSR
In genere, per brevi distanze, comprese nei cento metri, ha importanza il fattore DSR.
Importanza notevole hanno pure la presenza di eventuali superfici riflettenti in prossimità
della sorgente, nonchè la direzionalità del segnale sonoro.
Il suono si trasmette infatti sotto due diversi modelli differenti di onde:
1) onde piane
2) onde sferiche
Un’ onda piana ha caratteri di “direttività”, si espande cioè in una direzione e, in un mezzo
ideale non dissipativo, la sua pressione acustica, la velocità di oscillazione e l’intensità
conservano ovunque lo stesso valore.
Un’ onda sferica invece si espande secondo superfici sferiche tra loro concentriche e la sua
pressione acustica decresce con l’inverso della distanza [vedi formula 13)], mentre la sua
intensità decresce con l’inverso del quadrato della distanza dal centro di propagazione,
come si può facilmente verificare sostituendo la 13) nella 8). Si può inoltre rilevare sperimentalmente che la direttività nella trasmissione di un suono si verifica normalmente
quando la lunghezza d’onda con cui vibra la sorgente è minore della dimensione della sorgente.
Se ad es. una lamiera di 1 m2 vibra con una frequenza di 4000 Hz cui, per la formula 3),
corrisponde una lunghezza d’onda λ pari a 344/4000 = 0,086 m, si può stare certi di una
direttività nella trasmissione del suono. Se la lamiera vibrasse a 125 Hz, cui, sempre per la
3), corrisponderebbe una lunghezza d’onda λ pari a 344/125 = 2,75 m, allora la propagazione sarebbe di tipo sferico.
Nella pratica si può rilevare come alcune frequenze di vibrazione (quelle caratterizzate da
una lunghezza d’onda inferiore alle dimensioni della sorgente) diano luogo, per la stessa
sorgente, a propagazioni di tipo piano, altre (quelle di lunghezza d’onda superiore alle
dimensioni della sorgente) diano invece luogo a propagazioni di tipo sferico.
Può così accadere che, nell’intorno di una macchina o di una qualunque altra sorgente di
rumore, la distribuzione della pressione sonora, ad una certa distanza dalla macchina o
dalla sorgente, non sia affatto omogenea, ma caratterizzata da zone di direzionalità.
Tali direzioni di disuniformità della pressione sonora sono dovute sia a sovrapposizioni
aleatorie di onde di pressione sferiche che a sovrapposizioni di onde sferiche con onde
piane originantesi per i motivi suddetti.
Gli effetti di una siffatta irregolarità del campo acustico si manifestano prevalentemente
nelle immediate vicinanze della fonte.
Di essi occorre tenere adeguatamente conto per “individuare” le direzioni critiche di propagazione del rumore intorno alla sorgente.
Poichè è però materialmente impossibile seguire a livello “microscopico” ogni singola
onda, si ricava il cosiddetto livello di pressione direzionale Lpsi inserendo nelle formule
21), 24), 25) e 26) l’incremento di pressione direzionale ∆psi (detto anche indice di
direzionalità e indicato anche con il termine I D ), per la qual cosa esse diventano:
21’) Lpsi = Lws - 20xlog10r + ∆psi - 11
24’) Lpsi = Lws - 20xlog10r + ∆psi - 8
25’) Lpsi = Lws - 20xlog10r + ∆psi - 5
26’) Lpsi = Lws - 20xlog10r + ∆psi - 2
dove ∆psi vale Lpsi - Lps cioè la differenza tra il livello di pressione sonora nella iesima direzione (Lpsi) alla distanza r dalla sorgente e il livello di pressione sonora media
(Lps) alla stessa distanza.
Si vede che se Lpsi = Lps per qualunque direzione i le 21’), 24’), 25’) e 26’) coincidono
con le 21), 24), 25) e 26).
La 21’), 24’), 25’) e 26’) costituiscono quindi una versione più raffinata delle 21),24), 25)
e 26) in quanto individuano anche la “direzionalità del rumore”.
La disponibilità sul mercato di strumenti per la misura dell’intensità sonora, soppianterà
probabilmente, a poco a poco, la ricerca della direzionalità di un rumore attraverso i normali strumenti di misura della sola pressione sonora.
Infatti l’intensità sonora non è altro che la potenza sonora per unità di superficie, la quale,
come abbiamo visto, è data dal prodotto della pressione sonora per la velocità delle particelle d’aria.
A differenza della pressione sonora la velocità è un vettore, oltre cioè ad un’modulo ha
anche una direzione e un verso.
Un’esame della superficie di inviluppo di una sorgente sonora attraverso una sonda intensimetrica consente dunque un’immediata caratterizzazione della eventuale direzionalità di
un campo sonoro.
Ricordiamo che la pressione sonora è legata all’intensità sonora dalla formula 12), pertanto, con questa formula, si può rapidamente risalire, nota l’intensità sonora, alla corrispondente distribuzione della pressione sonora e ricavare poi i valori ∆psi da inserire nelle formule 21’), 24’), 25’) e 26’).
Per quanto sinora detto queste formule consentono dunque, nota la potenza sonora di una
sorgente, la sua collocazione spaziale tra una o più superfici riflettenti e la conoscenza
della eventuale direttività del campo sonoro da essa prodotto, di ricavare per via analitica
il livello di pressione sonora al ricevitore, dovuto alla “sola distanza dalla sorgente sonora”.
b) Il fattore ATM
L’influenza dell’aria atmosferica è basata sul fatto che l’energia sonora, nell’attraversare
gli strati d’aria tra sorgente e ricevitore viene gradualmente convertita in calore per effetto
per una serie di processi molecolari che rientrano sotto la denominazione generale di
assorbimento atmosferico. Il fattore ATM tiene conto dell’assorbimento atmosferico ed è
dato da:
27)
ATM = α
a x D/100
[dB]
α = coefficiente di attenuazione atmosferica, espresso in dB per 100 m
dove a
D = distanza sorgente - ricevitore [m]
Il coefficiente α
a è riportato nella sottostante tabella in funzione della temperatura e umidità relativa dell’aria e della frequenza del segnale sonoro.
Dalla tabella si vede che, per piccole distanze, l’assorbimento atmosferico incide in
maniera trascurabile. Su distanze lunghe l’effetto è invece notevole. Ad es., per un suono a
1000 Hz, a 20 °C e 50% di umidità relativa, alla distanza di 3000 m, l’assorbimento
atmosferico raggiunge i 15 dB.
Coefficienti di assorbimento atmosferico α , in dB/100 m a livello del mare
0
c) Il fattore TA
-Alberi e foglie esercitano un limitato effetto barriera verso la trasmissione di energia
sonora. Per frequenze tra 0 e 500 Hz l’effetto è pressochè nullo, invece per frequenze tra
500 e 1000 Hz l’effetto di assorbimento può valutarsi in 1 dB per metro di distanza, fino
comunque ad un massimo di 10 dB. Al di sopra di 2000 Hz l’effetto barriera introdotto
dalle foglie è intorno a 1 dB per 10 metri, fino ad un massimo di 10 dB per distanze oltre i
100 m.
-Il terreno, specie se poroso e mosso, esercita un effetto di assorbimento dell’energia
sonora. Questo effetto si manifesta però quando la sorgente sonora si trova ad un’altezza
limitata, fino ad 1,5 ÷ 2 m e vale per frequenze comprese tra 250 e 1000 Hz. L’entità dell’assorbimento è contenuta in un massimo di 5 ÷ 7 dB per 100 ÷ 150 m di distanza se la
sorgente sonora è ad un’altezza di 1,5 m sul terreno. L’aumentare dell’altezza della sorgente riduce drasticamente l’effetto di assorbimento dovuto al terreno.
L’ attenuazione globale prodotta da alberi e terreno viene condensata nel termine TA.
d) Il fattore BAR
L’energia sonora sviluppata da una sorgente può essere attenuata con l’interposizione, tra
sorgente e ricevitore, di una barriera. L’effetto dovuto alla barriera (BAR) è quello di attenuare maggiormente l’energia sonora emessa alle alte frequenze, mentre è più limitata
l’attenuazione alle basse frequenze. Il software per la determinazione dell’efficacia acustica di una barriera antirumore sarà reso disponibile nella terza parte del manuale.
La determinazione, a seconda dei casi, di uno o più dei fattori di attenuazione sonora elencati (DSR, ATM,TA e BAR) consente di risolvere i seguenti problemi relativi alla propagazione del suono all’aperto:
1) Si conosce il livello di potenza sonora della sorgente, le principali caratteristiche locali
e di direzionalità del segnale, e si deve determinare il livello di pressione sonora che si
produce ad una distanza determinata dalla sorgente.
Questa medesima situazione può presentarsi in modo inverso: dato un valore limite di
pressione sonora in un certo punto, da non superare, risalire al massimo di potenza sonora
consentito per una sorgente che debba essere posta ad una distanza determinata dal punto
iniziale.
2) Si conosce il livello di pressione sonora della sorgente a una determinata distanza da
essa, insieme con le principali caratteristiche locali. Si deve determinare il livello di pressione sonora che si produce ad una certa distanza da essa.
La propagazione del suono negli ambienti chiusi
La propagazione del suono negli ambienti chiusi e i livelli sonori che ne risultano, costituiscono un fenomeno più complesso rispetto alla situazione che si verifica all’esterno.
In un locale chiuso, il rumore prodotto da una sorgente sonora, raggiunge l’ascoltatore in
due modi diversi:
1) rumore che proviene direttamente dalla sorgente sonora, in modo analogo a quanto
avviene all’aperto.
2) rumore riflesso dalle pareti circostanti, dal pavimento, dal soffitto, da mobili etc.
Il livello sonoro complessivo (o totale) in un ambiente chiuso è dato dalla somma del
rumore diretto con il rumore riflesso.
Se il rumore diretto prevale su quello riflesso, anche in un ambiente chiuso possono verificarsi condizioni paragonabili al campo libero. In tal caso il campo riverberante sarà
riscontrabile solo in prossimità delle pareti che delimitano l’ambiente.
Se invece è il rumore riflesso a prevalere su quello diretto allora il campo sonoro è del tipo
diffuso. In tale campo il livello di pressione sonora è lo stesso in ogni punto di misura e il
flusso di energia si propaga uniformemente in tutte le direzioni.
Il rumore diretto Lpsd lo si calcola ancora con le stesse formule 21), 24), 25) e 26). In
particolare si userà la 24) se la sorgente è posta a meno di un metro da una sola superficie
riflettente, la 25) se la sorgente è posta a meno di un metro dall’intersezione di due superficii riflettenti e la 26) se la sorgente è posta a meno di un metro dall’intersezione di tre
superfici riflettenti. Si userà la 21) negli altri casi (invero limitati nella pratica come abbiamo già avuto occasione di sottolineare).
Il livello di pressione sonora dovuto al solo rumore riflesso Lpsr può determinarsi con la
seguente equazione:
28) Lpsr = Lws - 10xlog10(A/(1-A/S)) + 6
dove A è l’assorbimento totale dell’ambiente [Sabin metrici] e S la superficie totale del
locale espressa in m2.
Se un certo locale chiuso è costituito da n pareti (compreso il pavimento e il soffitto) ciascuna di superficie Sn , caratterizzate ognuna da un certo coefficiente di assorbimento
a
α
n , l’assorbimento acustico A viene calcolato come:
α1xS1
29) A = ( a
α2xS2
+ a
a xS
+ ...............+ α
n n )
a di un materiale rappresenta la frazione di enerIl coefficiente di assorbimento acustico α
gia sonora che esso è in grado di non riflettere.
Il coefficiente di assorbimento si misura in due modi: diretto (a mezzo tubo ad onde stazionarie con misurazioni di riflessione) e indiretto (col metodo del locale a riverberazione). I due metodi saranno esaminati nella seconda parte del manuale. Col metodo del
locale di riverberazione si possono a volte verificare coefficienti di assorbimento di valore
superiore a 1. Per questo motivo è importante differenziare con chiarezza questa grandezza da altre ottenute con il metodo diretto, le quali raggiungono al massimo il valore 1.
I valori del coefficiente di assorbimento ricavati con il metodo diretto (sempre <1) sono
coerenti con la definizione di Sabin metrico, che è l’unità di misura del coefficiente di
assorbimento. Un Sabin metrico corrisponde a un metro quadro di superficie perfettaα = 1.
mente non riflettente, cioè con a
Quando un’onda sonora entra in un materiale poroso, l’ampiezza di vibrazione delle molecole d’aria
viene progressivamente smorzata per attrito contro le superfici delle fibre o delle particelle che formano
la struttura porosa. Questo attrito agisce come una resistenza acustica il cui valore è funzione della resistenza del materiale al flusso di aria diretta. La resistenza di flusso di un materiale assorbente è definita
come il rapporto tra la caduta di pressione in un campione del materiale e la velocità dell’aria che gli
passa dentro (è perciò espressa in dynexs/cm3). In generale, per ottenere il massimo valore di assorbimento, la resistenza di flusso deve stare entro certi limiti: se è troppo elevata le onde sonore non possono
entrare facilmente nel materiale e vengono quindi in buona parte riflesse, se è troppo piccola non incontra un sufficiente attrito che dissipi un valore significativo dell’energia sonora e la stessa sarà riflessa in
gran parte dal materiale fonoisolante posteriore di sostegno di quello fonoassorbente, o, in mancanza di
questo, lo attraverserà senza perdite apprezzabili.
La tabella seguente mostra alcuni valori del coefficiente α
a per pareti, pavimenti e finestrature più comunemente presenti in ambienti industriali.
α dipenda dalla frequenza dell’onda sonora inciSi vede come il valore del coefficiente a
a da inserire nella 29).
dente sicchè può sorgere il dubbio di quale sia il valore corretto di α
Volendo fare le cose per bene la risposta è “tutti”, cioè occorrerebbe calcolare per ogni frequenza l’assorbimento acustico A.
Ma, volendo sveltire i calcoli, senza commettere sensibili errori, è permesso il più delle
a alle diverse frequenze assumendo
volte di mediare tra i diversi valori che può assumere α
α a 500 Hz o il cosiddetto indice NRC (Noise Reduction Coefficient)
il solo valore di a
che esprime la media aritmetica dei coefficienti di assorbimento di un materiale alle frequenze di 250, 500, 1000 e 2000 Hz.
Una volta calcolato il valore di A con la 29) esso, per quanto detto, esprimerà il valore
dell’assorbimento prodotto da una superficie pari ad A di un ipotetico materiale con un
coefficiente di assorbimento pari ad 1.
Ricorda: in un ambiente l’assorbimento totale A dovrebbe avere un valore numerico compreso tra il 20 e il 50% della sua superficie totale.
Per ambienti con soffitti di altezza normale (2,5 ÷ 3 m) o dove il livello sonoro abbia valori contenuti, l’assorbimento totale può restare compreso tra il 20 e il 30%.
Invece, per locali di grandi dimensioni, o dove siano presenti sorgenti sonore di elevata
intensità, l’assorbimento totale sarà tra il 40 e il 50% della superficie totale.
Il risultato di questi accorgimenti è quello di ridurre il livello sonoro dovuto al rumore
riflesso a livelli accettabili.
Esempio: si abbia un locale di superficie totale S= 108 m2 caratterizzato da un assorbimento totale A dell’ambiente pari a 5,04 Sabin metrici. Si abbia in questo locale una sorgente sonora (es. una macchina utensile) posta nell’intersezione di due pareti e di potenza
sonora Lws nota e pari a 80 dB.
A 3 m di distanza dalla macchina c’è un operatore.
Il problema è quello di decidere se l’ operatore trarrebbe giovamento
da un intervento di correzione acustica del locale
Il livello di pressione sonora alla distanza di 3 metri dalla macchina, per il solo effetto del
rumore diretto, vale per la 25):
Lps = 80 -20xlog103 - 5 = 80 - 20 x 0,47 -5 = 65,6 dB
Il livello di pressione sonora dovuto al rumore riflesso, vale per la 28):
Lpsr = 80 - 10xlog10(5,04/(1-5,04/108)) + 6 = 80 - 10 x 0,7 + 6 = 79 dB
Poichè il livello di pressione sonora dovuto al rumore riflesso è sensibilmente maggiore di
quello dovuto al rumore diretto, un intervento di correzione acustica sarebbe auspicabile.
Il livello sonoro complessivo sarà dato dalla somma dei due livelli (diretto e riflesso) da
eseguire non algebricamente (sarebbe un gravissimo errore!) ma utilizzando la formula
che consente di effettuara la somma tra due o più livelli, cioè la 17).
Si ha: Lpst = 10 x log10(100,1x65,6 + 100,1x79) = 79,19
Si vede come il livello di pressione sonora totale che si ottiene coincide praticamente con
il maggiore dei due in accordo con il Ricorda di pag. 13.
La correzione acustica di un ambiente
La correzione acustica di un ambiente consiste nell’aumentare l’assorbimento totale A
attraverso il rivestimento di alcune delle pareti con materiali caratterizzati da coefficienti
di assorbimento più elevati o attraverso interventi di “bafflizzazione” del soffitto. Se chiamiamo con Ad l’assorbimento acustico totale dopo il trattamento, allora la riduzione ∆L
in dB del livello sonoro del rumore riflesso è data da:
30)
∆L = 10xlog10(Ad/A)
Ricorda: la correzione acustica degli ambienti, basata sull’aumento dell’assorbimento
delle superfici, ha effetto solo sul rumore riflesso, mentre non ha alcun effetto sul rumore
diretto
Pertanto, quando il ricevitore è sottoposto a rumore prevalentemente diretto, la correzione acustica risulterebbe inutile. Viceversa sarebbero da prendere in considerazione l’uso di schermi acustici tra la sorgente e l’ascoltatore, al fine di interrompere il rumore diretto. In generale, in un locale di medie e grandi
dimensioni, il rumore diretto prevale in prossimità delle sorgenti sonore. A distanze maggiori prevale
invece il rumore riflesso. Il personale in prossimità di fonti di rumore potrà usufruire di schermi acustici
o di cabine insonorizzate. Invece a distanza dalla fonte di rumore potranno ottenersi miglioramenti acustici applicando materiali assorbenti sulle pareti o sul soffitto.
In ultimo esaminiamo l’equazione che consente di risalire direttamente al livello sonoro
totale Lpst in un ambiente chiuso:
31) Lpst = Lws + 10x log10(Q/(4xπxr2) +4/R)
dove:
Lpst = livello di pressione sonora totale nell’ ambiente [dB]
Lws = livello di potenza sonora della sorgente [dB]
Q = fattore di riflessione (vale 2 per una parete riflettente, 4 per due pareti, 8 per tre)
r = distanza della sorgente [m]
R = costante ambientale data da R = αm x S /(1 - αm) = (A/S) x S/(1-A/S) = A/(1-A/S)
dove:
S = superficie totale dell’ambiente [m2]
αm = coefficiente di assorbimento medio dell’ambiente definito come:
αm = (α1x S1 + α2x S2 + ................+ αnx Sn)/S
S1, S2,..............Sn sono le singole superfici componenti l’ambiente
α1, α2..............αn sono i rispettivi coefficienti di assorbimento
Nella 31) il termine Q/(4xπxr2) è relativo al rumore diretto, mentre il termine 4/R è relativo al rumore riflesso. Se poniamo Q/(4xπxr2) = 0 allora la 31) diventa:
Lpst = Lws + 10x log10(4/R) = Lws + 10x log104 - 10x log10R= Lws + 6 -10x log10R =
Lws + 6 -10x log10(A/(1-A/S)
che è ancora la 28) con la quale abbiamo già valutato il livello di pressione sonora dovuto
al solo rumore riflesso.
Dimostrazione della 31)
La 31) vale per ognuna delle frequenze che caratterizzano la sorgente sonora. Scelta dunque una frequenza calcoliamo il coefficiente di assorbimento medio αm per quella frequenza. Esso è dato da:
αm = (α1x S1 + α2x S2 + ................+ αnx Sn)/S
Detta W la potenza acustica della fonte, la potenza riflessa sarà data da (1- αm )W. Tale potenza riflessa,
essendo il volume del locale chiuso, viaggerà sempre in un’area di propagazione costante, quindi l’intensità del campo riverberante si può considerare costante. Se si immagina poi che l’area unitaria che
“porta” l’intensità sonora del campo riverberante viaggia alla velocità del suono pari a 344 m/s, si può
arrivare facilmente al concetto di densità di energia D = I/c [J /m3] già espresso nella formula 9).
Se in questa equazione sostituiamo la formula 8), allora la densità di energia D riflessa può essere espressa come:
D=Pr2/(ρa c)
[J /m3]
Ricordando che ρa esprime la resistenza acustica dell’aria espressa dalla densità ρ moltiplicata la velocità del suono c, possiamo scrivere:
D=Pr2/(ρ c c) = Pr2/(ρ c2)
[J /m3]
Se il locale ha un volume pari a V m3, allora l’energia sonora totale riflessa al suo interno sarà pari a:
E=DV= [ Pr2/(ρ c2)] V [J ]
dove Pr è il valore efficace dell’incremento di pressione sonora dovuta all’energia riflessa, che quindi
varrà:
Pr = DVρ c2
Se, nell’ipotesi che il locale fosse totalmente impermeabile al passaggio verso l’esterno dell’energia
sonora e le sue pareti fossero completamente riflettenti, non ci sarebbe limite all’aumento di Pr, perchè la
fonte continuerebbe a fornire potenza acustica e il valore dell’energia riflessa aumenterebbe in continuazione. In realtà l’aumento di pressione riflessa continuerà solo fino a quando la pressione, e quindi la densità di energia in prossimità delle pareti, sarà tale da dissipare, per via dell’assorbimento totale dell’ambiente, costituito da pareti non completamente riflettenti, una potenza acustica pari a quella fornita dalla
fonte. Nella pratica parte dell’energia sonora fornita dalla fonte se ne va anche all’esterno, ma nelle
nostre ipotesi si ammette che l’energia venga dissipata solo per effetto dei coefficienti di assorbimento
delle pareti del locale. Una volta raggiunto questo stato di equilibrio, ad ogni riflessione verrà assorbita
un’energia pari a:
αmE = αm [ Pr2/(ρ c2)] V
Per calcolare l’energia assorbita in un secondo, cioè la potenza acustica Wd dissipata nell’unità di tempo,
occorre conoscere quante riflessioni si hanno in un secondo.
Si può dimostrare che un’onda che viaggi in un dato ambiente percorre, senza riflettersi, un cammino
libero medio pari a 4 volte il rapporto tra il volume dell’ambiente V e la sua superficie S, cioé pari a:
Cammino libero medio = 4 V/S
Se la velocità di propagazione dell’onda è di 344 m/s allora in un secondo essa percorrerà 344/(4V/S)
cammini liberi medi, cioè avrà 344/(4V/S) = 344 S /(4V) = c S / (4V) riflessioni. Ne consegue che l’energia assorbita dall’ambiente in un secondo, ovvero la potenza acustica dissipata Wd, sarà data da:
Wd = αmE x numero di riflessioni / s = αm [ Pr2/(ρ c2)] V c S / (4V) = αm Pr2/(ρ c) S / 4
da cui:
Pr2/(ρ c) = 4 Wd /(Sαm)
In regime stazionario, cioè a equilibrio energetico raggiunto, la potenza riflessa non può più crescere, ciò
vuol dire che la potenza dissipata Wd equivale in ogni momento a quella immessa nel campo riverberante, che vale, come detto all’inizio, (1- αm)W dove W è la potenza acustica della fonte.
Possiamo pertanto scrivere:
Pr2/(ρ c) = 4 W (1-αm) /(Sαm)
Ponendo R = Sαm / (1-αm) detta “costante ambientale” si può scrivere:
Pr2/(ρ
r c) = 4 W / R
Questa espressione stabilisce il rapporto tra la potenza sonora della sorgente W e l’incremento di
pressione sonora dovuta al campo riverberante.
La formula 18) si può scrivere:
Pe2/ρ a = W/(4πr2) dove Pe è il valore della pressione efficace in campo sonoro diretto
e, essendo come al solito ρ a = ρc, si ha:
Pe2/ρc = W/(4πr2)
Questa espressione stabilisce il rapporto tra la potenza sonora W della sorgente e la pressione sonora
dovuta al campo diretto nel caso di propagazione sferica. A parità di W, Pe sarà doppia nel caso di una
superficie riflettente, quadrupla nel caso di due superfici riflettenti e ottupla nel caso di tre superfici riflettenti. Possiamo allora introdurre il fattore di riflessione Q, che varrà rispettivamente 2,4 o 8 in corrispondenza dei casi citati. Si potrà quindi scrivere:
2
Pe2/ρ
rc = QW/(4πr )
Questa espressione stabilisce il rapporto tra la potenza sonora della sorgente W e la pressione sonora dovuta al campo diretto in funzione del numero di pareti riflettenti intorno alla sorgente sonora.
Trasformando l’ultima espressione in rapporti di livello, si può dimostrare come il termine Q diventi:
10log10Q
che per Q=2 dà 3, per Q=4 dà 6 e per Q=8 dà 9 ritrovando così i fattori di riflessione che sono alla base
delle formule 24), 25) e 26.
Sommando le due densità di energia si ottiene la formula che compendia l’intensità sonora del campo
diretto e di quello riverberante, in funzione della distanza dalla fonte e delle caratteristiche dell’ambiente,
riassunte nella costante ambientale R.
rc =W [ Q/(4πr2) + 4/R]
P2 / ρ
dove P è la pressione risultante dalla pressione diretta Pe e da quella dovuta al riverbero Pr.
Trasformando in rapporti di livello con un procedimento analogo a quello di pag.13 relativo alla trasformazione della formula 18) nella formula 19), si ottiene infine la formula 31):
Lpst = Lws + 10x log10(Q/(4xπxr2) +4/R)
Riverberazione
Il fenomeno della riverberazione consiste nella persistenza del segnale sonoro in ambiente
dopo che la sorgente è stata esclusa. La riverberazione è causata da una riflessione molto
rapida del segnale sonoro ed è naturalmente responsabile della crescita del livello sonoro
negli ambienti. Si definisce tempo di riverberazione il tempo richiesto affinchè, dall’attimo di spegnimento della sorgente sonora, il livello di pressione sonora in ambiente diminuisca di 60 dB. Il tempo di riverberazione può venir calcolato con l’equazione seguente:
32) T = 0,16 x V/A
dove:
T = tempo di riverberazione [s]
V = volume dell’ambiente [m3]
A = assorbimento totale ambiente [Sabin metrici]
Tempi di riverberazione accettati vanno da 0,5 s per piccoli ambienti a 2 s per grandi
ambienti. Di solito si preferiscono tempi di riverberazione più ridotti per la conversazione
che per la musica. Per l’intelligibilità della parola si preferiscono tempi di riverberazione
inferiori a 1,5 s in ogni ambiente, qualunque sia la cubatura. Tali tempi possono essere
presi come tempi di riferimento in ambiente industriale per una valutazione dell’assorbimento totale dell’ambiente.
Nella parte seconda del manuale sono riportate le caratteristiche dei materiali impiegati
per diminure il rumore riflesso e/o l’eventuale riverberazione. Nella parte terza del
manuale sono allegati i softwares per lo studio del rumore riflesso e dei tempi di riverberazione.
Ricorda:
Tutte le considerazioni sinora svolte sono state fatte partendo dall’esame di una “semplice
oscillazione” di una piccola porzione della superficie di una macchina in funzione.
Dall’esame di un fenomeno “semplice”, scorporato da un fenomeno “complesso”, siamo
nondimeno riusciti ad estrapolare delle equazioni di estrema utilità per l’esame “macroscopico” del fenomeno fisico del rumore, ricavandone utili procedure di calcolo per la
risoluzione “pratica” di molti problemi legati al fenomeno del rumore. Tali problemi
rispondono essenzialmente al quesito:
COME POSSO CONOSCERE GLI EFFETTI ACUSTICI
DI UNA SORGENTE DI RUMORE
NEL SUO INTORNO, VICINO E LONTANO,
E IN DIPENDENZA DELLA SUA UBICAZIONE?
Adesso dobbiamo affrontare due problemi:
1) identificare il livello di inquinamento da rumore, non come semplice dato numerico, ma relativamente alla possibilità di insorgenza di disturbo o danno
2) eseguire gli eventuali interventi di protezione acustica, scegliendo la soluzione tecnico-economica più valida
Il rumore relativamente alla possibilità di insorgenza di disturbo o danno
Ritornando alla nostra piccola superficie vibrante, se essa viene vista nel contesto di altre
piccole superfici attigue, che tutte insieme concorrono alla formazione di una macrosuperficie, allora occorre specificare che il fenomeno fisico del rumore appare in tutta la
sua complessità.
Di norma una superficie abbastanza estesa, è anche abbastanza elastica.
Se essa fosse perfettamente rigida, l’effetto di una sollecitazione meccanica periodica ,cioè
che si manifesta nella stessa maniera nel corso di uno stesso intervallo di tempo, chiamato
appunto periodo e indicato, come già abbiamo visto, con T, si tradurrebbe in una vibrazione periodica alla sua sola frequenza fondamentale.
In realtà, poichè raramente una superficie può cosiderarsi perfettamente rigida, essa
vibrerà anche a frequenze diverse, che sono multipli interi della frequenza fondamentale.
Queste frequenze sono dette armoniche. L’effetto delle armoniche è quello di alterare la
sensazione sonora dovuta alla frequenza fondamentale.
Quello che ne risulta è così un suono complesso, composto cioè dai diversi valori di pressione sonora relativi alle diverse frequenze che vengono generate dalla sorgente.
Se il suono complesso è di tipo periodico ed è costituito da componenti rigorosamente
armoniche (cioè multiple intere della frequenza fondamentale di vibrazione) la matematica ci insegna che è possibile ricostruire analiticamente lo funzione periodica rumore, cioè
“la descrizione di un evento sonoro lungo tutto l’arco del periodo T in cui esso si
manifesta”. Tale funzione esprime la variazione del livello di pressione sonora generata
dalla sorgente in funzione del tempo.
Lo sviluppo in serie di Fourier
E’ merito del matematico francese Fourier aver sviluppato la matematica per analizzare le
funzioni periodiche.
Si può dimostrare che una qualunque funzione periodica (cioè che si manifesta nella stessa maniera nel corso di un intervallo di tempo, chiamato periodo e indicato con T) è
riconducibile alla somma di più armoniche, di cui la prima coincide con la frequenza
fondamentale, la seconda con una frequenza doppia della fondamentale, la terza con
una frequenza tripla e così via.
Sommando più armoniche caratterizzate da diversi valori istantanei di pressione sonora, si
producono funzioni periodiche diverse. Viceversa funzioni periodiche diverse possono
essere scomposte in somme di armoniche di diversi valori istantanei di pressione sonora.
La figura della pagina seguente dimostra come si possa costruire un onda quadra con la
somma di sole tre armoniche.
Se dunque conoscessimo con esattezza a priori il periodo di un rumore periodico, essendo
T=1/f resterebbe subito definita la sua armonica fondamentale di frequenza f=1/T e basterebbe limitare la misura dei valori istantanei della pressione sonora alla sua armonica fondamentale (prima armonica) e sommare ad essi i valori istantanei di pressione sonora relativi alle altre armoniche (misurati cioè in corrispondenza delle frequenze doppia, tripla,
quadrupla etc. della fondamentale) per avere una ricostruzione completa della funzione
periodica rumore P(t), dove P è il valore istantaneo della pressione sonora totale.
P
1
2
3
t
P
1+2+3
t
Nella pratica un suono complesso di tipo periodico è costituito da innumerevoli componenti, armoniche e non, per la qual cosa una ricostruzione analitica dello funzione P(t) ,
così concepita, non è possibile.
E’ invece possibile, avvalendosi dei moderni strumenti di misura, determinare sperimentalmente il valore efficace Pe di P(t) convertendolo poi, ad uso del rilevatore, nel più
maneggevole Lps.
Se chiamiamo con Lps1 il livello di pressione efficace della prima armonica, con Lps2 il
livello di pressione efficace della seconda armonica e con Lps3 il livello di pressione efficace della terza armonica, essendo in ogni istante P(t)1 = P(t)2 + P(t)3, possiamo scrivere:
Lps1 = Lps2 + Lps3
Quindi il livello di pressione sonora globale di uno spettro può ottenersi come somma dei
livelli di pressione sonora relativi ad una serie di frequenze ciascuna doppia di quella precedente. Le frequenze nel campo dell’udibile, vanno da 16÷20 Hz fino a 16÷20 kHz.
Occorre dunque individuare, all’atto pratico, una serie di frequenze più significative (più
utili per descrivere la maggioranza dei fenomeni acustici) tale che ognuna di esse sia doppia di quella precedente.
Per semplificare le cose ci si accontenta, nella maggior parte dei casi, di rilevare il livello
di pressione sonora alle seguenti frequenze normalizzate:
63 - 125 - 250 - 500 - 1000 -2000 - 4000 - 8000 Hz
Il livello di pressione sonora relativo a tali frequenze normalizzate si misura con fonometri
a scansione di frequenza, dotati cioè di analizzatore di spettri.
E’ conveniente considerare questo procedimento come costituito da una serie di elementi
filtranti o filtri, che separano le componenti del segnale di rumore alle diverse frequenze
normalizzate come vagli diversi possono essere utilizzati per separare la ghiaia di diverse
dimensioni.
Il campo di frequenze, intorno a ciascuna frequenza normalizzata, che un singolo filtro
lascia passare, viene definito banda e l’analisi spettrale così concepita si chiama analisi
per banda d’ottava.
Le frequenze normalizzate sono tali che, come detto, ogni frequenza successiva è doppia
di quella precedente.
Ciò consente di ricomporre il valore globale della pressione sonora come se ogni fenomeno sonoro,
comunque complesso e con una moltitudine di componenti, armoniche e non, fosse riconducibile ad una
somma di livelli di pressione sonora corrispondenti ad una frequenza fondamentale di 63 Hz e a frequenze armoniche (per ciò stesso doppie) di 125 - 250 - 500 - 1000 - 2000 - 4000 -8000 Hz.
Ecco perchè, una volta noti i livelli di pressione sonora alle varie frequenze normalizzate si può ricomporre il valore globale della pressione sonora sfruttando le conseguenze, già viste, dello sviluppo in serie
di Fourier e utilizzare quindi l’importante formula 17).
Uno spettro sonoro espresso in funzione, non del tempo, ma delle frequenze normalizzate,
può ovviamente presentare in ordinata, in luogo del livello di pressione sonora, anche
un’altra delle grandezze caratteristiche che servono a descrivere compiutamente un fenomeno sonoro (ad es. l’intensità o la potenza sonora) ed è molto utile per pesare il contributo delle varie frequenze relativamente alla possibilità di insorgenza di disturbo o danno.
Quando il valore di pressione sonora associato ad un’armonica è chiaramente percepibile
nei confronti dei valori di pressione sonora associati alle armoniche contigue (superiori o
inferiori) siamo in presenza di un cosiddetto tono puro.
Ricorda: la presenza di uno o più toni puri nello spettro acustico di un rumore (cioè nella
“descrizione di un evento sonoro lungo tutto l’arco di frequenze interessate”) deve
specificatamente essere presa in considerazione, ai fini della valutazione del disturbo,
quando tali toni puri siano chiaramente percepibili. Sembra opportuno inoltre assimilare ai
toni puri i rumori a banda stretta, cioè quei rumori la cui energia sonora risulti concentrata entro una banda di frequenze molto limitata.
L’analisi completa delle più ricorrenti tipologie di rumore, sia per valutarne il disturbo che
per decidere avvedutamente le necessarie contromisure per contrastarlo, non può quindi di
norma prescindere dall’analisi delle frequenze che lo compongono e dei valori di pressione sonora ad esse associati. Tali valori influenzano anche “la sensazione sonora”.
Se un oboe e un violino in un’orchestra suonano la stessa nota, ad esempio un la, udiamo
suoni ben diversi. La ragione principale di questa differenza è che, sebbene sia il violino,
sia l’oboe producano vibrazioni alla frequenza di 440 Hz, ciascuno strumento produce
anche armoniche, le cui intensità relative dipendono dallo strumento e da come è suonato.
Se ciascuno strumento producesse solo la frequenza fondamentale di 440Hz, essi produrrebbero tutti lo stesso suono (un tono puro).
Quanto le armoniche influiscano sul timbro degli strumenti è evidenziato nella figura
seguente. Essa rappresenta il grafico della variazione di pressione in funzione del tempo
per un diapason, per un clarinetto e per una cornetta, che suonano tutti la stessa nota (stessa frequenza fondamentale).
diapason
clarinetto
cornetta
La forma d’onda prodotta dal diapason è quasi esattamente una pura onda sinusoidale, ma
quelle del clarinetto e della cornetta chiaramente non lo sono. La forma d’onda del diapason contiene solo la frequenza fondamentale. Quella del clarinetto contiene la frequenza
fondamentale e anche, in notevole quantità, la terza, la quinta e la settima armonica, in
aggiunta a minori quantità della seconda, della quarta e della sesta armonica. Per la cornetta c’è molta più energia nella terza armonica che nella frequenza fondamentale, come
dimostrato dalla figura seguente:
armoniche
armoniche
armoniche
Con il fonometro a scansione di frequenza è possibile costruire lo spettro sonoro di ogni
rumore o suono di tipo periodico. Il fonometro a scansione di frequenza consente quindi
l’analisi armonica del rumore cioè la pesatura del contributo che ogni singola armonica
dà al rumore periodico finale, proprio come nei grafici sopra illustrati.
La conoscenza dello spettro sonoro di un rumore è di importanza fondamentale per la
scelta dei materiali insonorizzanti e delle soluzioni tecniche adatti al suo contenimento,
così come una diagnosi medica precede sempre la scelta della medicina.
Bande di ottava
Come già detto viene definito banda il campo di frequenze, intorno a ciascuna frequenza
normalizzata (frequenza di centro banda), che un singolo filtro lascia passare. Quindi in
realtà non viene misurato il livello di pressione sonora relativo a una frequenza specifica
ma quello risultante anche dai contributi delle frequenze immediatamente superiori e inferiori alla frequenza di centro banda. Le bande di ottava sono definite dalla normativa per
ragioni pratiche: la frequenza nominale fn, di centro banda, costituisce la media geometrica fra le due frequenze limite della banda, che indicheremo con f1 e f2 , secondo la relazione:
33) fn = (f2 x f1) 1/2
Anche la frequenza limite superiore e la frequenza limite inferiore sono tra loro nel rapporto di 2:1. La tabella seguente riporta le bande normalizzate di ottava:
Dalla tabella si vede che quando si misura il livello di pressione sonora alla frequenza di
125 Hz, in realtà si raccolgono i contributi di tutte le frequenze comprese tra 90 e 180 Hz.
Si considera “filtro ideale” quello che ha una risposta uniforme per componenti con frequenze comprese nella banda desiderata, detta banda passante, e che non ha risposta per
componenti con frequenze fuori della banda. In realtà i filtri si avvicinano soltanto al filtro
ideale. La risposta nella banda desiderata è di solito sufficientemente uniforme per la massima parte degli scopi pratici. Occorre però specificare che la risposta oltre la banda desiderata non è zero; quindi i contributi energetici di frequenze oltre la banda desiderata contribuiscono al risultato della misura.
Ricorda : spesso il contributo energetico di frequenze “fuori banda” è trascurabile, ma se
c’è un segnale importante, la cui frequenza è vicina, anche se fuori dalla banda particolare,
tale contributo è significativo.
Terzi di ottava
Il terzo di ottava costituisce una ulteriore suddivisione delle bande di ottava normalizzate. Il terzo di ottava è un intervallo tra due frequenze f2 e f1 (con f2 > f1) ottenuto secondo
la relazione:
34)
f2/f1 = 21/3
La tabella seguente riporta le bande normalizzate per terzi di ottava:
La qualità di un’analizzatore nel separare i componenti secondo la loro frequenza può
essere giudicata da un diagramma della risposta dell’analizzatore in funzione della frequenza. Tale diagramma mostra quanto sia uniforme la risposta nella banda passante desiderata e fino a che punto l’analizzatore rifiuti componenti con frequenze fuori di essa.
La figura seguente mostra le caratteristiche di un tipico filtro a banda d’ottava:
I filtri incorporati negli analizzatori di banda d’ottava e negli analizzatori di banda di un terzo di ottava
sono stati normalizzati dall’Istituto Nazionale di Normativa Americano (AN SI) e dalla Commissione
Elettrotecnica Internazionale (IEC). L’ANSI specifica tre classi di filtri. I filtri di migliore qualità sono
definiti di classe II per ottave e di classe III per un terzo di ottava. I filtri di minore qualità sono classificati di classe I e di classe II, rispettivamente per ottave e per terzi di ottave. Gli analizzatori di spettro
fino a qualche tempo fa consentivano la lettura della pressione sonora relativa ad una frequenza per volta,
tra quelle normalizzate. Ciò poteva portare, nel caso di rumori variabili, a rilevare uno spettro non perfettamente rispondente alla realtà, causa il necessario intervallo temporale per passare da una lettura all’altra, mentre si produceva il fenomeno sonoro. Sono oggi disponibili sul mercato, ad opera delle maggiori
case costruttrici di fonometri, analizzatori di spettro in tempo reale, capaci cioè di evidenziare in un
display l’intero spettro di rumore della macchina nello stesso momento in cui il corrispondente fenomeno sonoro si manifesta nella macchina.
Perchè si è sentita la necessità di introdurre, accanto alla scansione in frequenza in banda
di ottava anche quella in terzi d’ottava? Essenzialmente perchè quest’ultima consente di
avere un’ informazione più dettagliata del fenomeno sonoro, come mostrato dai grafici
seguenti:
Classificazione dei diversi tipi di rumore
Oltre a spettri di rumore di tipo periodico (quindi scomponibili in serie di Fourier) si hanno anche spettri
con componenti parziali non armoniche, come nel caso di suoni emessi da membrane tese, piastre o altri
corpi vibranti eccitati contemporaneamente su più loro modi propri di vibrazione e spettri di tipo continuo. Questi ultimi si riferiscono a fenomeni acustici non periodici aventi carattere aleatorio. Due casi
importanti di rumore aleatorio sono il rumore bianco e il rumore rosa, usati in elettroacustica, nell’acustica architettonica e nella misura della caratteristiche fonoassorbenti e fonoisolanti dei materiali.
In particolare il rumore bianco è caratterizzato da una potenza acustica per unità di frequenza W/f
costante cioè W/f = costante. Quindi ad un dimezzamento della frequenza si ha un dimezzamento della
potenza sonora. Poichè un dimezzamento della potenza sonora comporta una diminuzione di 3 dB del
livello di potenza sonora, nel rumore bianco la potenza sonora diminuisce di 3 dB per ogni banda di ottava (dalla frequenza più grande a quella più piccola). Inoltre poichè la potenza sonora W è uguale all’energia E che si manifesta nell’unità di tempo, si può scrivere W=E/t. Se poniamo t=T allora W=E/T=Ef e
W/f=E. Quindi se W/f=costante anche E=costante. Pertanto nel rumore bianco l’energia sonora è costante
per ogni frequenza e costante è anche la pressione sonora essendo quest’ultima direttamente proporzionale all’energia.
dB
91
88
85
so
no
ra
82
a
Rumore bianco
Po
te
nz
79
76
73
70
63
125
250
500 1000 2000 4000 8000
Hz
Nel rumore rosa invece la potenza acustica per unità di frequenza W/f è inversamente proporzionale
alla frequenza cioè (W/f) x f = costante. Quindi W=costante per ogni frequenza. Poichè, come detto a
proposito del rumore bianco, W=Ef allora Ef = costante e quindi E risulta essere inversamente proporzionale alla frequenza. Ciò vuol dire che nel rumore rosa ad ogni raddoppio di frequenza l’energia sonora e
la pressione sonora diminuiscono di 6 dB.
dB
91
88
85
Potenza sonora
82
Rumore rosa
79
76
73
70
63
125
250
500 1000 2000 4000 8000
Hz
Per meglio inquadrare il fenomeno rumore, anche in relazione al tipo di danno prodotto o
potenziale, si ritiene opportuno proporre una classificazione dei vari tipi di rumore, basata
su alcune normative ISO.
La classificazione che segue fa particolare riferimento alle modalità di emissione del
rumore ed alle caratteristiche del suo spettro di frequenza.
E’ dunque possibile distinguere un rumore di tipo continuo, cioè un rumore che persiste
senza interruzioni per tutta la durata del tempo di osservazione, un rumore di tipo
discontinuo, cioè un rumore che subisce nel corso della sua emissione interruzioni di
durata apprezzabile e, comunque, non inferiori ad un secondo ed infine un rumore a
tempo parziale, che è il rumore erogato da una sorgente la quale funzioni per un tempo
limitato del periodo della giornata considerato (giorno, pomeriggio, sera o notte).
Ciascuno dei tipi di rumore elencati può poi a sua volta essere definto stazionario se il
suo livello sonoro, misurato con opportuna costante di tempo del fonometro subisce fluttuazioni trascurabili attorno ad un valore medio costante.
Qualora tale valore medio presenti variazioni lente e graduali nel tempo di entità non trascurabile, il rumore viene definito non stazionario.
Si classifica invece come fluttuante un rumore il cui livello sonoro, misurato con opportuna costante di tempo del fonometro, subisce fluttuazioni “rapide” di entità non trascurabile.
Un rumore viene definito aleatorio o casuale quando presenta una completa irregolarità
nelle sue modalità di emissione, sia per quanto riguarda i tempi di erogazione e le eventuali pause, sia per quello che concerne le sue specifiche caratteristiche di livello o spettrali durante i periodi di erogazione suddetti.
Un tipico esempio di rumore aleatorio è costituito dal rumore del traffico veicolare, che è
dovuto ad un gran numero di sorgenti tra loro non correlate.
Esistono inoltre rumori dotati di particolari caratteristiche, che richiedono specifiche
modalità di misura e di valutazione, quali i rumori impulsivi e i toni puri.
Tutta la problematica relativa ai vari tipi di rumore e alla loro misurazione secondo la
norme ISO vigenti è trattata nella parte seconda del manuale.
La sensazione acustica
Il livello di pressione sonora efficace è l’elemento principale che condiziona in maniera più rilevante la
sensazione acustica di un individuo. Un incremento di 3 dB del livello di pressione sonora è di norma
appena avvertito dal soggetto medio, un incremento di 5 dB è chiaramente avvertito, un incremento di 10
dB produce una evidente sensazione di forte aumento della rumorosità.
L’intensità soggettiva di un rumore non dipende però soltanto dal livello di pressione acustica incidente,
ma anche dalla composizione spettrale del fenomeno rumoroso preso in considerazione.
La sensibilità dell’orecchio, ai livelli di pressione sonora ridotti, diminuisce sensibilmente alle basse frequenze, si accentua alle frequenze medie e e torna a ridursi, ma in modo meno marcato, alle frequenze
più alte.
Invece, a livelli di pressione sonora più alti, la curva di sensibilità dell’orecchio tende ad appiattirsi.
Sulla base del comportamento dell’orecchio medio sono state realizzate delle curve di egual sensazione
sonora, in funzione della frequenza e del livello di pressione sonora, dette curve isofone.
Ciascuna curva rappresenta perciò un insieme di segnali sonori che in ogni punto produce sull’ascoltatore la medesima sensazione sonora. Tali curve sono ricavate empiricamente utilizzando gruppi di sperimentatori, opportunamente selezionati (soggetti in giovane età, 18÷25 anni, privi di difetti di udito).
L’unità di misura del livello di intensità soggettiva di un suono è il phon. Il phon rappresenta l’effetto
acustico di un decibel alla frequenza di 1000 Hz.
Queste curve isofone pongono il problema di una unità di misura dei livelli sonori che risulti significativa
per l’orecchio umano, che cioè sappia tener conto della sua caratteristica di sensibilità.
Risulta cioè necessario effettuare delle correzioni, o per meglio dire “ponderare” i livelli sonori di uno
spettro di rumore alle varie frequenze in modo da portare lo spettro sonoro a una condizione di analogia
con la curva di sensibilità dell’orecchio.
Questa ponderazione dello spettro sonoro viene effettuata attraverso una curva di ponderazione che approssima l’inverso della isofonica 40.
Essa prende il nome di curva di ponderazione A e si ottiene sommando algebricamente
determinati valori ai livelli sonori di ciascuna banda di ottava.
Tali valori sono riportati nella tabella seguente:
Il risultato che si ottiene, frequenza per frequenza, dopo aver eseguito la ponderazione A, è un nuovo
spettro pesato A, che conduce, attraverso l’utilizzo della formula 17), ad un livello globale della pressione sonora pesata A , che prende il nome di dB(A).
Oltre alla scala di ponderazione A esistono altre scale (B, C, D) utilizzate per livelli sonori più elevati. Di
queste la B è ormai caduta in disuso, mentre la curva D, utilizzata in un primo tempo quasi esclusivamente per la valutazione del disturbo derivante dall’esposizione al rumore aereonautico, viene sempre più frequentemente proposta come una valida e più efficiente sostituta della curva di ponderazione A.
Il grafico seguente mostra una comparazione tra le diverse “scale di ponderazione”.
La curva di ponderazione A rimane comunque al momento in posizione di netta supremezia nel confronto di tutte le altre in campo.
Le curve isofone ISO
La ISO ha elaborato una serie di curve isofone per il rumore che riprendono le premesse
(relative alla sensibilità dell’orecchio umano) delle curve isofone già viste.
Le curve isofone ISO si riferiscono a rumore a larga banda ( al cui valore globale contribuiscono più componenti a frequenze diverse e quindi privo di toni puri e non impulsivo).
Le curve sono contraddistinte da un numero NR (Noise Rating) che corrisponde al livello
di pressione sonora, in dB, toccato da ciascuna curva alla frequenza di 1000 Hz.
Non è raro il caso in cui si richieda che una sorgente sonora abbia uno spettro tutto sottesso da una certa curva isofona ISO, specificandone il relativo indice NR.
In altri casi si richiede invece che il livello di pressione sonora pesato A non superi un
certo valore.
Può tornare allora utile sapere che esiste una discreta corrispondenza tra numeri indice NR
e livelli sonori in dB(A):
35) valore in dB(A) = valore NR(ISO) + 5
36) valore NR (ISO) = valore in dB(A) - 5
Le curve NR, possono, con qualche cautela venir utilizzate per trattare anche rumori con toni puri e
impulsivi. In tal caso però il valore NR originale ottenuto deve essere aumentato di + 5 dB per tener
conto del maggior disturbo arrecato all’orecchio.
Curve isofone
di
NOISE RATING
(Secondo la standardizzazione ISO)
dB
Hz
Noise Criteria
Accanto alle curve isofone ISO sono state proposte e vengono usate altre curve atte a simulare la risposta
dell’orecchio umano al rumore. Ricordiamo tra tutte le curve Noise Criteria, messe a punto negli Stati
Uniti da parte dell’ASHRAE (American Society of Heating, Refrigerating and Air Conditioning
Engineers).
Esse si applicano soprattutto all’interno di ambienti (l’estensione della scala non supera gli 80 dB) e solo
per rumori costanti, caratterizzati da uno spettro continuo a larga banda, privo di toni puri.
Esiste una certa corrispondenza anche tra i valori di NC e i livelli di pressione sonora espressi in dB(A):
37)
Livello sonoro NC = Livello sonoro in dB(A) - (6 ± 2)
Cenni sulle costanti di tempo degli strumenti di misura
Secondo gli standard IEC le “costanti di tempo adottate per la misura di un fenomeno
sonoro” devono possedere le seguenti caratteristiche:
Slow: con tempo di integrazione di 1 s, decade di 10 dB in meno di 3 s dal momento in cui
cessa il segnale (il tempo di integrazione è il tempo relativamente al quale viene misurato
il valore efficace della pressione sonora che contraddistingue il segnale)
Fast: con tempo di integrazione di 125 ms , decade di 10 dB in meno di 0,5 s dal momento in cui cessa il segnale.
Il fonometro in modo Fast consente di ottenere una risposta rapida per seguire e misurare i
livelli sonori che non oscillano troppo rapidamente.
In modo Slow possono essere seguiti livelli sonori che oscillano con molta rapidità.
Non sempre ci troviamo difronte a rumori con spettro a larga banda di tipo stazionario i
cui spettri possano convenientemente essere misurati con il fonometro in modo Slow o
Fast, vuoi per ricavare il livello globale ponderato A, vuoi per essere sovrapposti alle
curve isofone ISO o alle Noise Criteria, per verificare la loro rispondenza ad un determinato indice NR o N C.
Nel caso di segnali acustici di durata molto breve, ovviando alla difficoltà di leggere con
eccessiva approssimazione i livelli indicati dallo strumento di misura quando il fenomeno
analizzato presenti ampie e brusche fluttuazioni, i moderni fonometri sono predisposti
anche per dare risposte secondo particolari costanti di tempo.
Se il rumore da misurare è caratterizzato da impulsi isolati o da rumori impattivi, allora, ai
fini di una corretta lettura del fenomeno sonoro, è possibile ridurre ancora il tempo di integrazione predisponendo il fonometro su
Impulse: con tempo di integrazione di 35 ms, decade di 3 dB/s
E’ inoltre disponibile anche la misura del valore di picco di un suono, indipendentemente
dalla sua durata
Peak: con tempo di integrazione di 0,02 s
Alcune normative prevedono infatti che si debba tenere in debito conto, ai fini della nocività del rumore,
anche dei valori di picco, altre dei valori di impulso.
Ulteriori e più approfondite considerazioni sono svolte nella parte terza del manuale.
Bisogna anche aggiungere che, nella pratica operativa, quando si debba commisurare un
segnale aleatorio o fluttuante (ad esempio il rumore generato dal traffico stradale o quello
derivante da macchine con cicli discontinui di lavoro), diviene difficile associare a questo
fenomeno acustico il corispettivo valore numerico.
Pertanto, soprattutto ai fini della valutazione del danno o del disturbo, sono stati introdotti
criteri particolari di misurazione basati sia sulla commisurazione del contenuto medio
energetico del fenomeno acustico sia sulla analisi statistica dell’evento .
Il livello continuo equivalente, gli indici statistici cumulativi, il SEL.
Sulla base della commisurazione del contenuto medio energetico del fenomeno acustico
sono stati messi a punto alcuni parametri di misura quali il Livello equivalente (Leq), utilizzato in special modo per la valutazione dei rumori di tipo industriale, ma che comunque
viene correttamente adoperato per la misura di rumori di intensità variabile ed in particolare di tipo aleatorio.
Il livello sonoro equivalente continuo (Leq) costituisce un indice dell’effetto globale di
disturbo dovuto ad una sequenza di rumore compresa entro un certo intervallo di tempo.
Esso cioè corrisponde al livello di rumore continuo e costante che, nell’intervallo di
tempo predetto, possiede lo stesso “livello energetico medio” del rumore originario.
Sulla base della analisi statistica dell’evento sono stati definiti i cosiddetti indici statistici cumulativi (L10, L50, L90) che rappresentano rispettivamente:
L10 = Livello di rumore superato per il 10% del tempo: è un indice rappresentativo delle
punte
L50 = Livello di rumore superato per il 50% del tempo: rappresenta il valore medio della
rumorosità
L90 = Livello di rumore superato per il 90% del tempo: è un indice rappresentativo del
rumore di fondo
La figura seguente mostra in maniera esaustiva quanto sopra descritto:
I più recenti fonometri sono predisposti con circuiti integratori capaci di fornire, oltre che i
livelli istantanei anche i livelli sonori equivalenti riferiti ad un prefissato o ad un progressivo tempo di riferimento. Analogamente essi possono integrarsi con analizzatori statistici
di livello in grado di fornire uno o più indici statistici del tipo di quelli descritti.
Definizioni
Il livello equivalente continuo di rumore Leq è il livello di pressione sonora di un segnale
continuo e costante per un determinato tempo T, avente lo stesso valore quadratico medio
di un suono la cui pressione sonora p(t) varia con il tempo, per cui:
38)
ovvero nel caso particolare di Leq in curva di ponderazione A:
39)
Qualora il rumore, anzichè essere descritto attraverso un livello sonoro variabile con continuità nel tempo, è rappresentato da una successione di livelli sonori Lp1, Lp2.....Lpn,
associati ad intervalli di tempo t1, t2 ......tn, in cui è suddivisibile l’intero periodo di osservazione T, il livello equivalente può essere calcolato la seguente formula:
40)
dove:
Ovviamente nelle 38), 39) e 40) il logaritmo (log) è il logaritmo in base 10. Il tempo T è il
tempo totale di misura e non va confuso con il periodo T di un fenomeno periodico.
E’ opportuno infine introdurre alcune definizioni, individuando certi parametri valutativi che vengono
utilizzati frequentemente per la caratterizzazione del disturbo da rumore in particolar modo nell’ambiente
abitativo e in quello esterno:
rumore ambientale = livello sonoro equivalente generato da tutte le sorgenti esistenti in un dato luogo e
durante un determinato tempo
rumore specifico = è il livello sonoro equivalente che può essere attribuito ad una determinata sorgente
rumore residuo = è il livello sonoro equivalente in assenza di specifiche sorgenti di rumore
rumore di fondo = è il livello sonoro superato nel 95% del tempo considerato (L95)
Quando si debba valutare in termini energetici l’entità dei singoli eventi sonori, possono
essere utilizzati altri eventi specifici come ad esempio il SEL (Single Event Level).
Il SEL è definito dalla seguente espressione:
41)
dove:
t o = 1 secondo
t 2 - t 1 = periodo di tempo durante il quale il livello sonoro LA è superiore al valore massimo dell’evento sonoro diminuito di 10dB
LA = livello sonoro ponderato con il filtro A.
La figura seguente mostra i parametri che intervengono nel calcolo del SEL.
Le grandezze fisiche, le raccomandazioni tecniche e le normative sinora esaminate, unitamente ad altre, specifiche di qualche paese, e che, per dovere di sinteticità, volutamente
ignoriamo, costituiscono le fondamenta per un approccio corretto al primo problema, che
ci siamo posti a pag. 30:
“identificare il livello di inquinamento da rumore, non come semplice dato numerico, ma
relativamente alla possibilità di insorgenza di disturbo o danno”
Un elenco più dettagliato di quanto previsto dalle varie istituzioni internazionali per la
valutazione del disturbo e del danno prodotto dal rumore sia in ambiente industriale che
abitativo è riportato e approfondito nella parte terza del manuale.
Il rumore relativamente agli interventi di protezione acustica
Esaminiamo adesso il secondo problema di pagina 30:
“eseguire eventuali interventi di protezione acustica, scegliendo la soluzione tecnico-economica più valida”
Quando si affronta questo secondo problema si dà per scontato che il primo sia già stato
affrontato in dettaglio.
Il ventaglio dei possibili interventi di protezione acustica è molto vasto e dipende essenzialmente dalla specificità del problema e dai risultati che si vogliono ottenere, spesso
condizionati dal problema economico. In ogni caso non ci stancheremo mai di ripetere che
l’approccio alla soluzione dei problemi di rumore deve essere sempre avvenire con la
“piena predisposizione mentale” a “capire” il fenomeno in esame.
Non essere mai precipitosi nella diagnosi e indagare a fondo il fenomeno fisico con cui ci
si confronta, può essere una buona base di partenza per risolvere con soddisfazione il problema. Fondamentale appare perciò sempre la conoscenza del tipo di spettro sonoro
della fonte di rumore. Ciò consentirà non solo di scegliere avvedutamente tra le diverse
soluzioni tecniche possibili, ma anche di orientarci nella scelta dei componenti basilari
dell’intervento di insonorizzazione.
Del coefficiente di assorbimento di un materiale abbiamo già abbondantemente parlato.
Per porre mano ad un intervento di incapsulaggio di una sorgente di rumore è però importante conoscere anche il potere fonisolante di un materiale.
La legge di massa
Il grado di isolamento, o potere fonoisolante di una parete verso il rumore che si propaga per via aerea è funzione della sua massa e della frequenza del segnale sonoro.
La relazione analitica per determinare la perdita di trasmissione sonora TL (Sound
Trasmission Loss, abbr. TL= 10xlog10(Lw1/Lw2) dove Lw1 è la potenza sonora incidente e Lw2 quella trasmessa all’aria dalla superficie opposta) di una parete omogenea di
massa m (espressa in kg/m2) è la seguente:
42)
TL = 20 x l og10 (f x m) - 48 [dB]
Questa relazione si chiama legge di massa e i materiali che la soddisfano sono identificati
come materiali che seguono la legge di massa.
Ricorda: dalla legge di massa si deduce che la perdita di trasmissione sonora aumenta di 6 dB con il raddoppiare della massa o con il raddoppio della frequenza. Più alta è la frequenza del suono incidente e la
massa della parete e maggiore è la perdita di trasmissione sonora.
Non tutti i materiali seguono perfettamente la legge di massa: vetro e cristallo seguono
molto da vicino questa legge, mentre le pareti in mattoni se ne discostano.
Sulla base di prove pratiche i materiali vengono perciò classificati secondo l’indice di
valutazione ISO, o classe di trasmissione sonora STC ( sound transmission class, abbr.
STC) che segue da vicino la caratteristica sensibilità dell’orecchio umano.
I materiali vengono provati in un campo di frequenze compreso generalmente tra 125 e
4000 Hz, in 16 bande da 1/3 di ottava, in modo da tracciare una curva di perdita di trasmissione sonora in funzione della frequenza.
La curva reale ottenuta dalle prove viene poi confrontata con la curva di riferimento (la
curva ISO viene abbassata fino a coincidere, entro determinate tolleranze, con la curva
reale del materiale in esame) e, secondo gli scostamenti sull’andamento tipico di quest’ultima, il materiale in prova viene identificato per un determinato valore di classe di trasmissione sonora.
Il numero con il quale il materiale viene identificato corrisponde alla perdita di trasmissione sonora (in dB) alla frequenza di 500 Hz.
Questo sistema offre un’indubbia praticità d’uso: con un solo numero infatti viene descritta la caratteristica perdita di trasmissione sonora (o isolamento) per ogni materiale in un
campo di frequenza che, seppur limitato, è abbastanza indicativo. A tale classe fanno perciò spesso riferimento i capitolati di appalto di lavori di insonorizzazione.
Tuttavia nel calcolo dell’ abbattimento di rumore ottenibile con pannelli fonoassorbenti e/o fonoisolanti,
tale procedura non è abbastanza raffinata e questo sistema semplificato può comportare errori di stima del
fonoisolamento effettivo ottenibile nella realtà. Ove disponibili sono dunque preferibili gli interi spettri di
fonoisolamento in funzione della frequenza, misurati almeno in banda di ottava.
E’ importante che un’isolamento acustico venga realizzato nella maniera più stagna possibile compatibilmente con le spesso necessarie aperture di ventilazione (che devono perciò
essere convenientemente insonorizzate). In caso contrario si produce uno scadimento del
potere fonoisolante, tanto maggiore quanto, a parità di superficie scoperta, più elevate
sono le caratteristiche fonoisolanti del materiale, come indicato nel grafico sottostante.
Il problema dell’abbattimento del rumore che fuoriesce da aperture, bocche di ventilazione, tubazioni di ammissione e scarico di macchine termiche e non, lo si affronta attraverso
chicanes insonorizzate e silenziatori di tipo dissipativo e/o risonante come indicato nella
terza parte del manuale.
La diffrazione del suono.
Se in una cabina insonorizzata si lascia un’apertura (non insonorizzata) il suono proveniente dall’interno della cabina, anche supposto originato da una sorgente puntiforme che
dia luogo ad un sistema di onde sferiche, non si propaga “tutto” radialmente fuori dalla
cabina.
Se l’ apertura è grande rispetto alla lunghezza d’onda del suono che la attraversa, allora la
deflessione del fronte d’onda non è apprezzabile e l’onda si propaga in lineee rette.
Ma se l’apertura è piccola rispetto alla lunghezza d’onda del suono che la attraversa allora
è come se sull’apertura fosse collocata un’altra sorgente puntiforme che causa un nuovo
sistema di onde sferiche, con la stessa lunghezza d’onda.
Questo fenomeneo fisico prende il nome di diffrazione.
Esso è applicabile anche alle barriere antirumore: se la lunghezza d’onda del suono che
impatta contro la barriera è piccola, allora la deflessione del fronte d’onda non è apprezzabile e l’onda si propaga in linee rette sopra la barriera. Invece se la lunghezza d’onda è
grande allora è come se in cima alla barriera fosse collocata un’altra sorgente puntiforme
che causa un nuovo sistema di onde sferiche, con la stessa lunghezza d’onda.
La diffrazione comporta quindi che gli effetti di un’apertura su una cabina insonorizzante
si ripercuotano anche in direzioni non allineate con l’apertura.
Per le barriere invece, il fenomeno della diffrazione comporta un miglior rendimento della
barriere alle alte piuttosto che alle basse frequenze. Ciò pone un limite alla massa della
barriera. Il favorevole effetto alle basse frequenze dovuto alla legge di massa viene infatti
in parte vanificato dal fenomeno della diffrazione.
Onde piane in un ondoscopio
incontrano un ostacolo con una
apertura più piccola della loro
lunghezza d’onda.
Onde piane in un ondoscopio
incontrano un ostacolo con una
apertura più grande della loro
lunghezza d’onda.
L’interferenza costruttiva e distruttiva
Quando due onde impulsive o impulsi in una corda si incontrano, esse si sommano (interferenza costruttiva) o si sottraggono (interferenza distruttiva) a seconda che siano capovolte o no l’una rispetto all’altra.
Interferenza costruttiva
Interferenza distruttiva
Anche per le onde sonore accade la stessa cosa:
Interferenza costruttiva: si ha quando le onde provenienti da
due sorgenti che oscillano alla stessa frequenza hanno una differenza di cammino pari ad una lunghezza d’onda
Interferenza distruttiva: si ha quando le onde provenienti
da due sorgenti che oscillano alla stessa frequenza hanno
una differenza di cammino pari a mezza lunghezza d’onda
L’interferenza distruttiva viene sfruttata nella lotta attiva contro il rumore, nel senso di
annullare gli effetti sonori di una sorgente con quelli prodotti da un’altra sorgente.
Risonatori
Il principio di un risonatore è semplice. Per certi versi esso può essere equiparato ad un
sistema massa-molla eccitato da una forza sinusoidale.
Tale sistema presenta una pulsazione naturale pari a ωn=(K/M)1/2
dove K = costante elastica della molla e M = massa della molla.
Se la forza sinusoidale eccitante ha una pulsazione ω = ωn allora le oscillazioni diventano per ampiezza, velocità e accelerazione molto grandi (senza viscosità diventerebbero
infinite).
Ebbene, a somiglianza del sistema massa-molla, il risonatore, il cui principio è illustrato in
figura, ha una frequenza di risonanza fr che è data da:
fr = [c/(2 x π)] x [S/(L x V)]1/2
43)
dove:
- c = velocità del suono
- S = sezione del collo di raggio r
- L = lunghezza equivalente del collo data da l’ +k x r/2 (dove k è un opportuno coefficiente)
- V = volume del risonatore
Se un’onda sonora di frequenza pari ad fr mette in oscillazione l’aria del risonatore, si
hanno oscillazioni sempre più grandi delle particelle d’aria (dal risonatore verso la sorgente), la cui ampiezza è limitata solo dai fenomeni di attrito proporzionali alla velocità di
oscillazione. In tal modo l’energia sonora viene convertita in calore. Se nella cavità del
risonatore è presente del materiale fonoassorbente, allora diminuisce l’assorbimento del
risonatore ma aumenta la banda di frequenze in cui lo stesso è efficace.
attenuazione
con materiale
fonoassorbente
nella cavità
0
V
l'
S
1
2r
fr
Hz
Un analogo funzionamento si ha per i pannelli vibranti. In tal caso la frequenza di risonanza è data da (con riferimento alla sottostante figura):
44)
fr = 600 x [1/Mx d]1/2
M = massa del pannello
d
In questa formula bisogna fare attenzione alle unità di misura: d è espressa in cm, M in
kg/m2
Conclusioni
I problemi pratici sono per lo più risolubili attraverso una buona padronanza applicativa
dei principi fisici e dei dati teorico-sperimentali che, per una materia complessa come l’acustica, ci siamo sforzati di condensare avendo cura di seguire un percorso didattico coerente e rivolto “all’essenziale”. Infatti, pensare di risolvere questi problemi nella maniera
tecnico-economica più valida vuol dire avere ben chiara almeno la genesi e la sostanza
delle leggi fondamentali e delle grandezze basilari dell’acustica.