CN. POMPEIUS MAGNUS

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MONETAZIONE IMPERATORIALE
Viene oggi indicata con il termine di monetazione imperiatoriale la serie delle monete coniate
dagli ultimi anni della Roma repubblicana al periodo che dà inizio alla nascita del principato.
Durante questa fase di guerre civili le monete furono emesse da diversi personaggi, ritratti per la
prima volta in vita, in lotta tra loro per l’imperium.
Sesto Pompeo fu il primo romano a utilizzare immagini dinastiche nella monetazione. Questo
passo fondamentale venne relizzato in un'epoca in cui il Senato e le tradizioni stavano perdendo
terreno a causa del culto della personalità. I signori della guerra, Mario, Silla, Crasso, Cesare, Sesto
Pompeo e suo padre Pompeo Magno, avevano beneficiato in modo enorme della forza del loro
carisma. Nel 42 a. C., quando furono battuti i primi aurei con ritratto, Antonio, Ottaviano, Lepido,
Bruto, Cassio, e Sesto Pompeo erano tutti in lotta per la supremazia. Sia Antonio che Ottaviano
avevavo fatto uso della monetazione per pubblicizzare il loro rapporto con l’assassinato Giulio
Cesare, una sorta di guerra pubblicitaria poi vinta da Ottaviano, nipote ed erede di Cesare.
***
CN. POMPEIUS MAGNUS
Fra le figure di spicco della tarda repubblica vi fu quella di Cn. Pompeo, meglio conosciuto come
Pompeo Magnus (il grande), titolo che ricevette nell'81 a. C. quando trionfò a Roma. Aveva
infatti partecipato con il padre, il console Cn. Pompeo Strabone, alla guerra sociale, dalla parte di
Silla, contro Mario e Cinna. Alla morte del padre, Pompeo ereditò ricchissimi latifondi nel Piceno,
arruolò, tra i suoi contadini e i suoi clienti, tre legioni mettendole a disposizione di Silla per la
riconquista d’Italia (83 a. C.). Da Silla, divenuto dittatore, aveva ottenuto il comando della
spedizione contro i sostenitori di Mario di Sicilia (Cn. Carbone) e di Africa (Cn. Domizio Enobarbo
e Iarba re di Numidia) e aveva riportato un successo strepitoso (82-80 a. C.). Questi risultati
positivi avevano messo in luce le sue possibilità d'indipendenza da Silla il quale dovette concedergli
il ritorno con l'esercito, il trionfo, e il riconoscimento ufficiale del titolo di «Grande» (Magnus)
datogli dai soldati sul campo. In alleanza con il signore della guerra Silla, Pompeo sfidò l'autorità
del Senato (come suo padre) il quale più volte gli chiese di sciogliere il suo esercito. Fu un
comandante valoroso: sconfisse le forze leali a Mario nel Nord Africa, combattè il ribelle Sertorio in
Spagna, schiacciò la rivolta guidata da Spartaco nel Sud Italia, lottò contro i pirati nel Mediterraneo
orientale che creavano gravi preoccupazioni nelle comunicazioni marittime, annullando, alla fine,
le loro scorrerie.1 Portò alla sconfitta finale Mitridate VI del Ponto, il grande nemico di Roma, in
Asia. Con abilissima politica, mediante un'alleanza con i Parti, riuscì a separare Tigrane d’Amenia,
che divenne vassallo dei Romani, da Mitridate. Pompeo, una volta sconfitto Mitridate annullò
dunque il regno seleucidico di Siria arricchendo Roma d'una fiorente provincia e
contemporaneamente sistemò anche gli stati che in qualche maniera dipendevano dalla Siria: la
Giudea e la Palestina (64-63 a. C.).
Rientrato a Roma (62 a. C.) nella speranza di essere accolto come il solo onesto fautore della
legalità sciolse le sue truppe commettendo un errore che fu decisivo per la sua carriera politica: il
Senato non voleva ricadere sotto la minaccia della sua potenza e il popolo non lo sosteneva più
come in passato a causa del nuovo influsso di Giulio Cesare.
Dopo i suoi grandi successi in Asia, Pompeo, nel 60 a. C., si unì a Crasso e Giulio Cesare per
formare il primo trimvirato durante il quale fu stabilito il rinnovo del comando per Cesare e il
consolato per Pompeo e Crasso. Durante il consolato, Pompeo costruì grandiosi edifici, fra i quali il
1
Con la legge Gabinia (67) Pompeo ottenne l'imperio proconsolare nel Mediterraneo e sulle coste per tre anni, con 500
navi, 20 legioni e 5000 cavalieri. In tre mesi riuscì a ridurre i pirati all'impotenza.
famoso teatro. Il triumvirato proseguì fino al 53 a. C. quando Crasso morì in battaglia nella guerra
contro i Parti. Ottenuto allora il comando delle forze repubblicane, Pompeo, rappresentante degli
optimates, si alleò con il Senato contro Cesare, rappresentante dei populares, che sconfisse a
Durazzo. Ma nel 49 a. C., attraversando il Rubicone con una legione, Cesare costrinse Pompeo, e i
suoi alleati, a fuggire verso la Grecia. L’anno successivo il conflitto si spostò sul suolo greco dove
Pompeo fu sconfitto nella famosa battaglia di Farsalo (48 a. C.) e fu poi costretto a riparare in
Egitto dove venne presto asassinato.
C. JULIUS CAESAR
Giulio Cesare (Roma 100/102 - ivi 44 a. C.) fu generale romano, triunviro e dittatore. Nato da
nobile famiglia romana, nipote di Mario e genero di Cinna, fu messo al bando da Silla. Morto Silla,
si mise in vista con processi clamorosi contro note personalità, poi si recò a Rodi a studiare
retorica. Appoggiò Pompeo e Crasso nella loro opera di demolizione della costituzione sillana. Fu
questore in Spagna nel 70 a. C., edile nel 65 a. C., pontefice massimo nel 63 a. C. Fu avverso
all'oligarchia dominante di cui ben conosceva la corruzione e disprezzava l'incapacità di governo.
Nel 62 a. C. fu pretore e poi propretore in Spagna dove si arricchì a spese dei sudditi non meno di
altri governatori di quel tempo e fu così in grado di pagare i debiti di cui anch'egli era oberato. Sulla
via ormai di divenire uno tra i più potenti uomini politici di Roma, nel 60 a. C. si accordò, nel
cosiddetto primo triunvirato, con due grandi personaggi, Pompeo e Crasso, i quali, per le loro
ricchezze e per il credito acquistato con le loro vittorie, aspiravano a una superiorità che era
contrastata da altri più ligi alle tradizioni repubblicane. I tre dominarono effettivamente, sebbene
illegalmente, la repubblica. Cesare fu eletto console per il 59 a. C. e fece approvare una legge
agraria che ordinava la distribuzione delle terre ancora disponibili. Mediante un plebiscito ebbe il
comando militare della Gallia Cisalpina e dell'Illirico, cui il Senato aggiunse la Gallia Narbonense.
Qui condusse diverse campagne militari, tutte vittoriose, giungendo alla totale conquista, vincendo
Vercingetorige che mandò prigioniero a Roma. Il triumvirato con Pompeo e Crasso si era sciolto
con la morte di Crasso (53 a. C.), e Pompeo, approfittando dell'assenza di Cesare, era di fatto
padrone di Roma. Quando Giulio Cesare, alla fine della guerra gallica, pose la candidatura al
consolato, Pompeo pretese che Cesare fosse presente a Roma dopo aver deposto l’imperium ma
Cesare, non volendo trovarsi in posizione di sudditanza, si preparò al conflitto armato. Varcò con il
suo esercito il Rubicone, il confine dell'Italia (genn. 49 a. C.), violando la legge che vietava la
presenza in Italia di magistrati investiti di imperium provinciale. In sostanza, Cesare voleva avere
sotto mano le sue fedeli legioni nell'atto di farsi deferire il consolato, mentre Pompeo, che mirava
ad assicurarsi una specie di principato legale, aveva le sue legioni lontane nella Spagna e si trovò
dunque in Italia disarmato di fronte a Cesare. Questi con una legione avanzò con tanta rapidità che
Pompeo vide impossibile ogni resistenza e si ritirò in Grecia. Occupata Roma e l'Italia, Cesare
conquistò l'alleata Marsiglia che, fedele al Senato, gli aveva rifiutato obbedienza. In Spagna domò
le legioni di Pompeo il quale intanto aveva organizzato in Oriente un esercito notevole ma non
agguerrito e omogeneo come quello di Cesare, sul quale ottenne la decisiva vittoria di Farsalo (48 a.
C.). Pompeo fu poi assassinato in Egitto dove Cesare pose Cleopatra sul trono. Lasciato Marco
Antonio magister equitum in Italia, Giulio Cesare sbarcò in Africa dove, nonostante l'inferiorità
delle forze, vinse a Tapso (46 a. C.) i sostenitori di Pompeo che si erano alleati a Giuba I di
Numidia, mentre Labieno, ex cesariano, e i figli di Pompeo fuggirono in Spagna. Una volta vinto
anche Gneo Pompeo a Munda (45 a. C.) lo stato era ormai sotto il suo controllo ed egli attese con
eccezionale sagacia di riordinare la cosa pubblica e, soprattutto, di consolidare nello stesso tempo
l'autorità centrale e le autonomie locali. La dittatura a tempo indeterminato, il consolato per cinque
anni, la tribunicia potestas a vita, la praefectura morum per tre anni, conseguite dopo la battaglia
di Farsalo e il titolo di imperator ricevuto dal Senato dopo la vittoria di Munda, erano una somma
di poteri civili e militari che facevano apparire il suo governo come una monarchia. Riordinò lo
stato con una serie di leggi, desideroso di pacificare gli animi, amnistiò i nemici, distribuì terre ai
suoi veterani, e adottò Ottavio, il futuro Augusto, atti che certamente compì perché intendeva
trasmettere a un successore la pienezza dell'autorità che era nelle sue mani. Ciò creava però un
contrasto con tutti coloro che per motivi diversi rimanevano legati alla tradizione della libertà
repubblicana. In una congiura di circa 60 senatori, capeggiati da Bruto e da Cassio, Giulio Cesare fu
quindi ucciso alle idi di marzo del 44 a. C. con 23 colpi di pugnale davanti alla statua di Pompeo
nella Curia Pompeia. Attraverso la concessione della cittadinanza ai Transpadani e l'avvio alla
piena integrazione dei Galli nel mondo Romano dopo la conquista (per es. esercito, vita pubblica),
egli mostrò i vantaggi che poteva avere Roma dall'abolizione dell'oligarchia senatoria alla quale si
doveva il malgoverno di cui soffrivano la città e l'Impero, e in tal modo agevolò al suo erede e
successore Ottaviano la via che lo condusse al principato.
M. LICINIUS CRASSUS
Marco Licinio Crasso fu uomo politico (114 circa - 53 a. C.) figlio di P. Licinio Crasso, console
nel 97. Divenne presto un principe del foro e sfuggito alla reazione di Cinna e Mario, partecipò alla
ripresa di Silla ed ebbe parte molto importante nella vittoria sillana di porta Collina. Nel 72 a. C.
ebbe il comando della guerra contro Spartaco che vinse in Lucania dopo che gli era stato associato
nel comando il rivale Pompeo, ma gli fu concessa soltanto l'ovazione. Dopo essersi accordato con
Pompeo, fu eletto console nel 70 a. C., lasciando che il collega svolgesse il suo programma di
restaurazione democratica. Censore nel 65 a. C., si servì della carica come fonte di ricchezza privata
e nel 60 a. C. formò con Pompeo e Giulio Cesare il cosiddetto primo triumvirato. Dopo alcune
controversie questo fu riconfermato nel 56 a. C. nell'accordo di Lucca per il quale gli fu attribuito il
consolato, con Pompeo. Nel 55 a. C. ebbe il comando della Siria per cinque anni e l'incarico della
guerra contro i Parti. Effettuò una prima avanzata nella Mesopotamia occupando alcune città e
quindi, tornò in Siria. Nel 53 a. C., con sette legioni di cavalleria inviate da Cesare ma senza gli aiuti
promessi dal re di Armenia, ripassò l'Eufrate ma si diresse a Oriente attraverso il deserto. I primi
contatti con i Parti comandati da Surena si ebbero a sud di Carre dove Crasso attaccò battaglia ma
il suo esercito fu facile bersaglio dei dardi dei Parti. Crasso venne poi ucciso in un tumulto dopo
essere stato convocato ed essere sceso nel campo partico per un colloquio. Crasso fu soprattutto
uomo d'affari e organizzatore, riuscendo ad accumulare grandi ricchezze; possedeva un
grandissimo numero di schiavi, abili e istruiti, che erano considerati la parte più preziosa del suo
patrimonio. Ebbe però scarso senso politico, e rimase figura di secondo piano rispetto a Giulio
Cesare e Pompeo.
M. JUNIUS BRUTUS poi Q. CAEPIO BRUTUS (dopo l’adozione)
Bruto fu uno degli uccisori di Cesare (85-42 a. C.). Ebbe un'elevata educazione retorica e
filosofica, che affinò ad Atene mentre la sua formazione politica risaliva allo zio Catone Uticense
che l’aveva guidato con idee oligarchiche. Parteggiò per Pompeo contro Cesare ma, dopo Farsalo,
ottenne il perdono di Cesare che gli concesse di ricoprire alte cariche pubbliche (47-45 a. C.). Non
contento del nuovo regime, sostanzialmente monarchico, Bruto fu attirato nella congiura contro
Cesare e ne divenne uno dei pugnalatori responsabili (15 marzo 44 a. C.). Tentò allora di trascinare
il popolo con la sua oratoria ma, non ascoltato, dovette fuggire da Roma. In Oriente preparò un
forte esercito che, unito a quello di Cassio, nel 42 a. C. si scontrò a Filippi con quello degli
appartenenti al secondo triumvirato: dopo il secondo scontro, quando le legioni che avevano
valorosamente combattuto, rifiutarono di continuare una battaglia ormai perduta, Bruto si uccise o
si fece uccidere.
C. CASSIUS LONGINUS
Cassio, con Bruto, fu l’animatore della congiura contro Cesare. Questore di Crasso nel 53 a. C.,
riuscì a limitare le conseguenze della sconfitta partica subita dal triumviro. Tribuno nel 49 a. C.,
nella prima guerra civile prese le parti di Pompeo e ottenne da lui il comando di una flotta. Dopo la
battaglia di Farsalo fu perdonato e beneficato da Cesare che lo accolse, pur con qualche diffidenza,
nella propria cerchia. Qui sembra che con la sua influenza Cassio sia riuscito a persuadere Bruto ad
unirsi ai congiurati assumendo con lui la guida dell'impresa. Ucciso il dittatore, non riuscendo a
dominare la reazione popolare, fu costretto a lasciare Roma per l'Oriente dove affrontò i nemici del
Senato sconfiggendo a Laodicea P. Cornelio Dolabella (43 a. C.). Cassio insieme a Bruto ottenne dal
Senato l'imperium maius per le province orientali, ma dopo il colpo di stato di Marco Antonio e
Ottaviano fu messo fuorilegge. Raggiunta la Tracia con il collega, fu battuto separatamente da
Antonio nel primo scontro di Filippi, si perse d'animo e si uccise sebbene la situazione generale non
fosse ancora disperata (42 a. C.). La sua decisione precipitosa determinò probabilmente la sorte
avversa delle armi repubblicane e di Bruto.
CN. DOMITIUS CALVINUS
Domìzio Calvino fu tribuno della plebe nel 59 a. C., oppositore di Cesare e console nel 53 a. C.
Insieme a Marco Valerio Messalla fece deliberare al Senato che i magistrati uscenti non potessero
assumere il governo d'una provincia prima che fossero trascorsi cinque anni. Divenuto cesariano,
ebbe importanti incarichi, partecipò alla guerra contro Farnace, costringendolo alla resa in Sinope,
nel 42 a. C. comandò la flotta dei triumviri che fu sorpresa e decimata dai repubblicani. Dal 39 al
36 a. C. combatté in Spagna meritando il titolo di imperator e il trionfo.
Q. LABIENUS
Labièno fu un generale romano (m. 45 a. C.) tribuno della plebe nel 63 a. C. e sostenitore di
Cesare. Legato di Cesare in Gallia, si segnalò nella lotta contro alcune tribù, e particolarmente nel
corso della rivolta scoppiata nella regione di Lutezia (52 a. C.). Nel 50 a. C. ebbe da Cesare il
governo della Gallia Cisalpina, ma passò in seguito dalla parte di Pompeo e fu uno dei più accaniti
avversari di Cesare. Dopo la battaglia di Farsalo (48 a. C.), fuggito in Africa e raccolto un nuovo
esercito, riorganizzò la resistenza repubblicana, riportando anche una vittoria sullo stesso Cesare
presso Ruspina (genn. 46 a. C.); fu sconfitto a Tapso e morì nella battaglia di Munda, dove con
un'errata manovra aveva determinato la sconfitta repubblicana (17 marzo 45 a. C.).
Suo figlio Quinto fu mandato da Bruto e da Cassio presso il re dei Parti, Orode, per ottenere aiuti
contro i triumviri; dopo la caduta dei repubblicani rimase presso i Parti e (41 a. C.) marciò con
l'esercito partico guidato da Pacoro in Asia Minore, ma fu vinto e ucciso in Cilicia (39 a. C.).
SEXTUS POMPEIUS MAGNUS PIUS
Sesto Pompèo (n. 75 - m. 35 a. C.) Figlio del triumviro Pompeo Magno, assistette all'uccisione del
padre, mentre lo accompagnava in Egitto, e assumendo per questa ragione il titolo di Pius da allora
si fece carico di vendicarlo. Combattè sfortunatamente in Africa e in Spagna e continuò la guerriglia
anche dopo la sconfitta di Munda. Morto Cesare non si unì a Bruto e Cassio, troppo diversi da lui,
ma sembrò al Senato l'uomo adatto per combattere sia Ottaviano che Antonio. Fu pertanto
nominato praefectus classis et orae maritimae quando si trasferì con una potente flotta a
Marsiglia. Alla costituzione del secondo triumvirato egli fu proscritto e a ciò rispose con la guerra
marittima. Occupò la Sicilia, la Sardegna e la Corsica, saccheggiando il litorale italiano e
impedendo i rifornimenti dall'Africa dato che il trattato di Miseno (39 a. C.) sanciva il predominio
di Pompeo sulle isole. Ottaviano fu vinto da Sesto Pompeo (38 e 37 a. C.), ma Agrippa, suo
ammiraglio, impose la sua superiorità nella battaglia di Nauloco (36 a. C.) e Sesto Pompeo fu
costretto a fuggire in Asia dove venne ucciso a Mileto.
M. AEMILIUS LEPIDUS
Lèpido, figlio del console del 78 a. C., fu uno dei triumviri del secondo triumvirato (m. 13 o 12 a.
C.). Pretore nel 49, provocò la nomina a dittatore di Cesare per il desiderio di vendicare la morte
del padre, vittima dell'aristocrazia. Nel 48 a. C. fu proconsole della Spagna, ebbe l'acclamazione a
imperator e il trionfo. Fu console nel 46 a. C. insieme a Cesare e suo magister equituum dal luglio
del 45 a. C. Dopo la morte di Cesare appoggiò Antonio ed ebbe come compenso la propria elezione
a pontifex maximus. Patrocinò la riconciliazione fra Sesto Pompeo e Antonio (43 a. C.) e suscitò le
ire di Cicerone per aver tentato di conciliare Antonio e il Senato. Poiché continuava a parteggiare
per Antonio, fu dichiarato nemico pubblico. Concluse con lui e Ottaviano il secondo triumvirato ed
ebbe il governo della Spagna e della Gallia Narbonese. Console nel 42 a. C., dette alcune legioni ai
colleghi per la guerra contro Bruto e Cassio. Fu però messo in disparte e, dopo aver partecipato con
Ottaviano alla lotta contro Sesto Pompeo, reclamò per sé l'Africa e la Sicilia. Abbandonato dai
soldati e sopraffatto da Ottaviano, fu escluso dal triumvirato (36 a. C.), conservò solo la carica di
pontefice massimo e si ritirò a vita privata. Aveva sposato Junia, sorella di Bruto, da cui ebbe un
figlio, Marco, che tentò di assassinare Ottaviano (30 a. C.): scoperto da Mecenate, fu ucciso.
MARCUS ANTONIUS
Marco Antonio (forse 82 a.C. - 30 a.C.) fu un buon uomo politico e un valente comandante, fu
stretto collaboratore di Cesare, che era suo parente, fu questore, e nel 50 a. C., augure e tribuno
della plebe. Oppose il veto alla deliberazione con la quale si voleva dichiarare Cesare nemico della
patria, partecipò alla battaglia di Farsalo (48 a. C.) e nel 47 a. C. quando Cesare venne nominato
dittatore, fu suo magister equituum. Console nel 44 a. C. con Cesare, alla morte di questo, mirando
alla successione, Antonio scese a compromessi con i cesaricidi: con un'abile mossa cercò il dialogo
proprio con il Senato e permise che questo concedesse l'amnistia ai congiurati votando la
concessione dei funerali di stato per Cesare. Durante le celebrazioni l'animo del popolo si rivolse
però contro gli assassini.
Il vuoto di potere causato dalla morte di Cesare lasciò la scena politica romana divisa tra tre
fazioni: quella dei cesaricidi, che con Bruto controllava la Gallia cisalpina e che godeva
dell'appoggio del Senato, quella che faceva capo ad Antonio, e quella dei veterani delle legioni di
Cesare, che avevano trovato una guida in Ottaviano, figlio adottivo di Cesare.
Antonio entrò dunque in conflitto con il legittimo erede, Ottaviano, il quale, volendo però evitare la
scissione del partito cesariano, dopo mesi di difficili negoziati fece in modo di promuovere un
accordo tra lui, Antonio e Marco Emilio Lepido. Nel novembre del 43 a.C. i tre uomini si unirono
nel secondo triumvirato rei publicae constituendae, ratificato dalla legge Titia, per un periodo di
cinque anni.
Ottenuta dai comizi la condanna dei cesaricidi, i triumviri diedero inizio ad una sistematica
persecuzione degli oppositori e Cicerone fu tra le vittime delle violenze perpetrate.
Nel 42 a. C., Marco Antonio mosse quindi contro Bruto e Cassio, e li vinse, con Ottaviano, a Filippi.
I triumviri procedettero alla spartizione delle rispettive sfere d'influenza: Lepido ottenne il
controllo dell'Africa, Ottaviano, al quale erano toccate le province occidentali, rimase in Italia per
garantire l'assegnazione di terre ai veterani ed Antonio ebbe le province orientali. Questi, partito
per sedare una rivolta in Giudea, legò il proprio destino a Cleopatra nel fallimentare obiettivo di
trasformare l'impero in una monarchia di stile orientale e suscitando di nuovo l'opposizione di
Ottaviano che poté facilmente farlo apparire nemico di Roma. Ad Azio (31 a. C.) la flotta egiziana fu
vinta da Ottaviano, e Antonio e Cleopatra si salvarono a stento. Quindi, caduta Alessandria,
Antonio si uccise.
LUCIUS ANTONIUS
Lucio Antonio è il fratello minore del triumviro Marco Antonio. Fu tribuno della plebe nel 44 a. C. e
console nel 41 a. C. Durante l’assenza di Marco Antonio e mentre Ottaviano doveva fronteggiare il
malcontento degli Italici danneggiati dalle assegnazioni di terra ai veterani, egli concepì l'ambizioso
disegno di salvare la posizione del fratello promovendo un movimento ostile al triunvirato e
facendosi difensore degli Italici. Raccolse intorno a sé molte forze: assediato in Perugia dalle forze
di Ottaviano, sostenne una dura lotta e dovette capitolare per fame. Ottaviano generosamente lo
mandò, suo rappresentante, in Spagna, nel 40 a. C.
CN. DOMITIUS AHENOBARBUS
DOMIZIO ENOBARBO Figlio del pompeiano Lucio Domizio, morto a Farsalo. Fu avversario di
Cesare, seguì le sorti di Bruto e Cassio, sconfiggendo duramente a Brundisium la flotta di Domizio
Calvino (42 a. C.). In seguito parteggiò per Antonio, il quale lo inviò come governatore in Bitinia.
Ebbe il consolato nel 32 a. C. con Gaio Sosio. Rimasto fedele lungamente ad Antonio, alla fine lo
abbandonò prima della battaglia di Azio. Accostatosi ad Ottaviano, morì pochi giorni dopo di
malattia.
C. JULIUS CAESAR OCTAVIANUS AUGUSTUS
Augusto, Caio Giulio Cesare Ottaviano (Roma 63 a. C. - Nola 14 d. C.). (dopo l'adozione da parte di
Cesare: C. Iulius Caesar Octavianus; dal 27 a. C. il nome ufficiale è Imp. Caesar Augustus).
Fondatore dell'Impero romano e primo imperatore, la sua opera chiuse definitivamente la crisi
della repubblica, ormai inadeguata a reggere lo stato attraverso l'oligarchia senatoria, sostituendo
un regime di tipo monarchico solidamente stabilizzato sull'esercito e sul dominio delle province.
Augusto effettivamente si trovò a raccogliere l'opera organizzata da Giulio Cesare ma volle evitare
riferimenti ad usurpazione e a dittatura, giustificando il suo regime dal punto di vista repubblicano.
L'imperatore derivava però il potere dal Senato anche se la sua autorità, le sue forze militari ed
economiche, ne erano in realtà indipendenti: un contrasto del principato che Augusto lasciò ai suoi
successori. Oltre alla soluzione costituzionale, l'opera veramente importante di Augusto fu la
realizzazione dell'unità dell'Impero, cioè la collaborazione armoniosa degli elementi eterogenei che
lo componevano, sotto un’unica guida che assicurava il benessere e la pace.
Nacque in Roma il 23 sett. 63 a. C. e adottato da Cesare nel 45 a. C., quando questi fu assassinato,
venne a Roma rivendicando i diritti di figlio. Marco Antonio rifiutò di riconoscerlo come erede del
dittatore e questo fatto permise di far riunire intorno alla sua persona tutte le forze che, alla morte
di Cesare, rappresentavano le antiche posizioni e che speravano di poter gestire meglio il
giovanetto Ottaviano che il potente Antonio. In tal modo si creò la singolare situazione per cui egli
ebbe al suo seguito veterani di Cesare e insieme il gruppo senatorio già avversario di Cesare.
Antonio, vinto in due battaglie riparò in Gallia mentre Ottaviano appoggiato dalla forza armata,
assunse il consolato. Giunto ad un accordo con Antonio, e costituito con lui e con Lepido il
secondo triumvirato (43 a. C.) per fronteggiare il pericolo dei repubblicani cesaricidi, a Filippi,
vinse Bruto e Cassio (42 a. C.). Mentre Antonio assunse il comando dell'Oriente, Ottaviano si prese
il compito delle assegnazioni ai veterani delle terre in Italia, ma dovette affrontare una guerra
civile, provocata tra gli Italici da Lucio Antonio (fratello del triumviro), che sconfisse a Perugia (40
a. C.). Rinnovato l’accordo con Antonio a Brindisi, combatté contro Sesto Pompeo che, dalla Sicilia
e dalla Sardegna, esercitava un pericoloso dominio sul mare e che venne definitivamente sconfitto
da Agrippa, suo ammiraglio, nella battaglia di Nauloco (36 a. C.). Eliminato anche Lepido al
comando dell'Africa, fu padrone dell'Occidente e poiché Antonio desiderava trasformare l'Impero
romano in una monarchia orientale, dichiarò guerra alla flotta di Cleopatra che sconfisse ad Azio
(31 a. C.) conquistando in questo modo anche l'Egitto. Nel 29 celebrò a Roma un triplice trionfo e
chiuse il tempio di Giano. L'era delle guerre civili era terminata.
Divenuto padrone dell'impero rivestì consecutivamente il consolato dal 31 a. C. al 23 a. C.,
l'imperium proconsolar, che gli consentiva il comando militare, e la tribunicia potestas (assunta
nel 23 a. C.) che, con il diritto di veto, gli conferiva una posizione dominante fra le altre
magistrature. Nel 27 a. C. il Senato lo insignì del titolo di Augustus, con il suo significato di onore e
venerazione (non di culto), e gli rimase anche quello di imperator, generale vittorioso. Nel 12 a. C.
fu fatto pontifex maximus e nel 2 a. C. ebbe anche il titolo di pater patriae. Attuò una grandiosa
riforma dell'organizzazione dello stato. L'amministrazione (a danno delle magistrature
repubblicane) fu messa nelle mani di funzionari dipendenti dall'imperatore, formando così una
nuova categoria di burocrati e determinando l'ascesa della classe equestre. Augusto prese su di sé la
cura dell'annona, delle vie, degli acquedotti e curò direttamente la monetazione in oro e in argento.
Divise le province in senatorie e imperiali, creò il fisco imperiale con i redditi delle province da lui
dipendenti e provvide all'istituzione del censo provinciale. Creò contingenti fissi di legioni (25
unità) per le zone di confine renane, danubiane e orientali, nonché in Egitto, Africa e Spagna.
Divise l'Italia in 11 regioni, riorganizzò l'amministrazione di Roma, che divise in 14 regioni, stabilì
le coorti urbane come guarnigione, le coorti dei vigili per la sicurezza e la difesa contro gl'incendi.
Furono da lui istituite le coorti pretorie e fissate nel numero di nove, di cui tre stabilite in Roma e le
altre sparse in Italia. Combatté il malcostume con una vasta legislazione che metteva le assocíazioni
sotto il controllo dello stato, puniva le malversazioni elettorali, tutelava la famiglia, ecc. Cercò di
ravvivare la religione tradizionale. A Roma (foro di Augusto, Campo Marzio, ecc.) e fuori svolse una
grandiosa attività edilizia. Fondò 28 nuove colonie. Nello stesso tempo dovette provvedere alla
tranquillità delle province periferiche con numerose campagne militari vittoriose. Augusto si
preoccupò a lungo della successione: prima fu designato il nipote Marcello, quindi Agrippa, poi
Gaio e Lucio Cesare e infine, essendo morto nel 9 a. C. anche Druso, unico erede possibile fu il
figliastro Tiberio, adottato nel 4 d. C.
Lèpido Pàolo, Lucio Emilio (lat. L. Aemilius Lepĭdus Paullus, o anche Paullus Aemilius Lepĭdus).
- Figlio del L. Emilio Lepido Paolo console nel 50 a. C., dapprima fautore dei cesaricidi, si accostò
poi a Ottaviano con il quale combatté nella guerra contro Sesto Pompeo; console suffetto nel 34 a.
C., ricostruì, come già il padre, la basilica Emilia; nel 22 fu censore.
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