Denaro

annuncio pubblicitario
Eliminiamo il denaro
E' uno schema mentale, un'illusione che in pochi decenni può essere superata". Come?
Lo spiega ad Affari Pierangelo Dacrema (Bocconi) su www.affaritaliani.it
23 settembre 2004
Da almeno duemilacinquecento anni, l’istituto del denaro esercita un potere che è
soprattutto simbolico, e sappiamo quale forza esprimano i simboli sull’uomo, l’animale
symbolicum per definizione. "Un asse hai, un asse vali", sentenzia brutalmente Petronio
nel "Satyricon". "Oggetto oscuro e ingovernabile, ossessione di sfruttati e sfruttatori", lo
considera Pierangelo Dacrema, professore ordinario all'università di Cosenza - insegna
Economia degli intermediari finanziari -, oltre che autore di un libro dal titolo provocatorio:
"La morte del denaro. Una rivoluzione possibile" (Christian Marinotti Edizioni, pagg. 236,
euro 15).
Pierangelo Dacrema
"Il denaro è antiquato quanto la clava, che dopo millenni l'uomo ha abbandonato, perché
gli appesantiva il passo e serviva solo a spaventare", spiega il professore ad Affari. "In
pratica è un fattore che non c’entra nulla con lo sviluppo e favorisce la disoccupazione.
Serve soltanto a operare una distinzione fra chi lo possiede e chi no".
Ma non sarà macchinoso eliminare il denaro?
"Il denaro è uno schema mentale, una grande illusione che in pochi decenni può essere
superata. La pretesa più fallace del denaro è quella di sostitursi all’uomo come misura di
tutte le cose - ribatte Dacrema -. Una semplificazione grave, che non corrisponde
all’economia. La matematica finanziaria dei pil e dei rating è elementare e non traduce
l’economia reale. La quale è scelta, gesto.".
Liberarci del denaro: non è una provocazione?
"Non semplicemente. La mia è una proposta che posso supportare con calcoli tecnici. Sta
per uscire un mio articolo, in cui parlerò specificamente agli addetti ai lavori, economisti,
analisti finanziari. Il dato di prima evidenza: un terzo del mondo si dedica alla contabilità aggiunge l'esperto bancario -, invece di fare produzione e buoni gesti. Il sistema è pieno di
difetti: troppo costoso, generatore di un clima ostile, di beni non necessari, le motivazioni
della produzione sono deviate. Quanto alla disoccupazione, questa in realtà è solo
apparente. Senza il denaro, l'economia avrà invece un ritmo più veloce, produrrà cose più
importanti. "
Qualcuno potrebbe giudicarla una visione pauperistica...
"No, è una visione oggettiva. Io voglio che il cuoco pensi a cuocere bene la mia bistecca
piuttosto che al suo stipendio. Ora noi tutti siamo specialisti dell'incasso, vince solo chi
massimizza la differenza fra incassi ed esborsi. Ma con la demitizzazione del consumo, il
valore delle cose avrà un senso, non un prezzo. Se a me chiedono quanti soldi vorrei per
entrare nella gabbia dei leoni, la mia risposta sarà diversa da quella di un domatore di
leoni, il cui lavoro ha un senso per lui. Siamo inondati di produzioni di cui si può fare a
meno, la tecnologia deborda di continue novità. Smettiamo di lavorare per guadagnare
soldi. Un disoccupato può essere molto ben occupato nel fare altro."
Qual è l’alternativa al denaro? Torneremo al baratto?
"Un’economia ricca può esistere anche in assenza dello strumento-denaro che è divenuto
un’ossessione. Si potrebbe produrre molto di più, dirottando alla produzione quel terzo di
persone , di norma professionalmente qualificate, oggi addette alla contabilizzazione, cioè
al nulla. Serve poi un’educazione diversa al consumo".
Una volta che i supermercati si svuoteranno, il mondo sarà più felice e onesto?
"No, non penso che si risolveranno i grandi contrasti, ricchi e poveri, sfruttatori e sfruttati.
Ci sarà comunque un clima di minore ostilità e l'esistenza potrà appropriarsi di nuovo dei
veri piaceri".
Concludendo. Nella premessa del libro, Dacrema riassume così la sua visione. "Il denaro
è una forma di velocità superabile - si legge -, oltre che una tecnica di misurazione
imprecisa e incongruente con la funzione che le è stata assegnata. Perché il valore è
insondabile e irrimediabilmente soggettivo... Il denaro è un fenomeno distributivo, non
produttivo, e il fatto che venga anteposto alla produzione è frutto di un ragionamento
economicamente infondato. La sua totale estraneità al gesto e alle conseguenze
dell’agire... allontana il denaro dall’evento economico e lo colloca al di fuori
dell’economia...
La colpa non è del capitale, del capitalista o di una multinazionale.
La disoccupazione è l’esclusione dal circuito della moneta, e non certo l’essere privi di una
mansione in un mondo dove tutto è ancora da fare. E sull’eventuale differenza fra un
imprenditore fallito e un operaio licenziato prevale la discriminazione subita da entrambi a
opera di uno strumento che distingue soltanto chi lo possiede da chi non lo possiede".
Su questo e su molto altro si mediterà, nel corso di una tavola rotonda, al Teatro Franco
Parenti di Milano, martedì 29 settembre (ore 18), Relatori Giorgio Galli, Giulio Giorello,
Edoardo Boncinelli, moderatore Armando Massarenti.
CHI È PIERANGELO DACREMA
Quarantasei anni, ha svolto fino al 1994 attività di operatore dei mercati finanziari. Poi si è
dedicato in via esclusiva all’insegnamento accademico, corredato da una vasta attività
saggistica e di studi: già docente presso le università di Siena e Bergamo, alla Cattolica e
alla Bocconi di Milano, è attualmente professore ordinario di Economia degli Intermediari
finanziari all’università di Cosenza. Tra le sue pubblicazioni principali ricordiamo: «L’
evoluzione della banca in Italia : profili storici e tecnici», Egea, 1997 e «Il
comportamento degli intermediari finanziari: elementi di teoria», Utet, 1992.
Le crisi economiche: perché nascono e come difendersi
A cura di Pieraldo Frattini*
Il mondo soffre permanentemente crisi monetarie,
e talvolta la crisi è così acuta da costringere il passaggio
da un sistema monetario sbagliato ad un altro.
(M.Rothbard)
I sistemi monetari in vigore oggi, basati sul rapporto tra monete che in sé non hanno valore
intrinseco (dollaro,euro,yen, etc) sono per loro stessa natura molto instabili. Secondo
Rothbard, l’unica cosa peggiore che poteva esistere erano tassi di scambio fissi tra le monete
senza valore intrinseco e l’intervento coordinato delle banche centrali per “correggere” questi
rapporti
quando
una
crisi
appariva
all’orizzonte.
I mercati sono fluidi e mutevoli, dunque in perenne contrasto con i tassi fissi imposti dalle
banche centrali. La storia degli sforzi compiuti per mantenere fissi i rapporti tra le monete
tramite accordi internazionali è costellata di fallimenti. Il potere dei governi non può nulla
contro la forza dirompente del mercato.
L’ERA DI BRETTON WOODS
Il dollaro fin dalla sua nascita si è comportato come un fanciullo pestifero, insofferente alle
regole del potere. L’accordo di Bretton Woods, in vigore dal 1944 al 1971, fu un sistema
basato su una forma di scambi fissi tra le monete orchestrato a livello mondiale; il dollaro era
definito 1/35 di oncia d’oro e tutte le altre monete avevano un tasso fisso di scambio col
biglietto verde. Il dollaro era l’unica moneta che poteva essere convertita in oro, non dai
cittadini statunitensi ma solo dai governi esteri.
Come ci si poteva aspettare, il governo statunitense, così come tutti gli altri governi sono
portati a fare, produsse dollari (processo inflazionistico). Il quantitativo d’oro rimase
ovviamente invariato, perché è facile stampare banconote, più difficile è eseguire lo stesso
processo con l’oro. Inevitabilmente, mentre i governi esteri iniziarono a scambiare i loro dollari
in oro, gli Stati Uniti si accorsero che i loro lingotti stavano diminuendo a vista d’occhio.
Ovviamente dovettero rompere l’accordo, atto che siglò l’allora presidente Nixon nel 1971. Il
nuovo accordo (l’Accordo Smitsoniano) tra le altre cose decretò una svalutazione del dollaro
dell’8%. Il tutto non fermò le ire del mercato, che, come un fiume in piena, ignorò qualsiasi
opera dell’uomo per contenerlo. Nel 1973 il dollaro fu nuovamente svalutato e l’accordo
stracciato. Da allora il dollaro è stato una moneta fluttuante senza valore proprio in quanto
slegato al valore dell’oro.
E L’EUROPA?
Neanche l’Europa è stata capace di costruire un sistema monetario durevole usando una
moneta senza valore intrinseco. I membri della comunità europea nel 1972 decisero che le loro
monete dovevano essere contenute entro rapporti fissi tra loro. Il sistema venne denominato
in modo colorito: “il serpente”. La pressione del mercato distrusse l’animale strisciante senza
pietà. Il passo successivo lo fecero nel 1979 con l’introduzione del Sistema Monetario Europeo
nel quale le monete dei vari paesi erano collegate all’unità di riferimento detta Ecu. Anche
questo sistema fallì miseramente e scomparì nel 1992. L’ultimo sistema creato, l’Euro, nacque
nel 1999; è ancora relativamente giovane e anche se non esistono tabelle relative all’età media
di una moneta senza valore intrinseco, la storia ha dimostrato più volte che è qualcosa di non
permanente.
LA CRISI DELLA TEQUILA DEL 1994-95
I sistemi monetari basati su tassi di scambio fissi tra monete sono perfetti per alimentare le
crisi economiche così come i combustibili prendono fuoco con il piccolo aiuto di un fiammifero e
distruggono tutta la casa.
Prima della crisi il Messico aveva legato la sua moneta, il pesos, al dollaro permettendogli di
oscillare entro un limite fisso. Il governo messicano doveva intervenire spesso sul mercato
perché la moneta non uscisse dai limiti. Nel 1994 il Messico accumulò un enorme deficit
commerciale indicante la possibilità che il pesos fosse sopravvalutato; inoltre enormi quantità
di moneta furono create negli anni precedenti la crisi. Come accade sempre a questi sistemi il
governo messicano non potè mantenere il valore del peso rispetto al dollaro nella banda di
oscillazione e la banca centrale dovette svalutarlo del 13%. Dopo soli quattro mesi il peso
perse il 50% del suo valore.
LA CRISI ASIATICA NEL 1997
Chi la può dimenticare? Sorse in Tailandia e si diffuse in tutto il sud-est asiatico – Malesia,
Indonesia, Filippine e Taiwan – riducendo fortemente il valore delle monete e diffondendo
instabilità su tutti i mercati mondiali e miseria tra la gente.
Prima della crisi la Tailandia aveva legato la sua moneta al dollaro. Il Thai, la sua moneta, si
indebolì sui mercati e gli investitori esteri la vendettero in cambio di dollari. La banca centrale
tailandese spese più di 20 miliardi di dollari per mantenere in vita il vincolo col dollaro ma alla
fine dovette gettare la spugna. In cinque settimane il thai perse più del 20% del suo valore. Gli
altri paesi asiatici fecero la stessa fine.
IL LEGAME DOLLARO-YUAN
Dovrebbe essere evidente che mantenere un legame tra monete non in armonia con le forze
mutevoli del mercato è la ricetta per un costoso disastro.
Per dieci anni la Cina ha mantenuto il tasso di scambio fisso col dollaro a 8,28 yuan. Gli Usa
sono grandi importatori di beni cinesi e grandi esportatori di dollari infatti nelle casse della
Banca cinese arrivano ogni mese circa 10 miliardi di dollari.
Questo andamento è insostenibile. Ad un certo punto la Cina dovrà smettere di acquistare
dollari con il tasso fisso attuale. Lo yuan è troppo poco valutato e la sua produzione è in atto a
ritmi esplosivi: il credito in Cina è nella fase del boom.
Non è dunque un caso che il mercato immobiliare sia infiammato, così come lo è la crescita
delle richieste di mutui per la casa. Le autorità cinesi non sono state in grado di mettere un
freno alla produzione della loro moneta.
Rendendo lo yuan così svalutato lo hanno messo nelle condizioni di essere sovrabbondante.
Il risultante boom artificiale dell’economia cinese non è positivo per i cinesi; infatti al boom
segue sempre la crisi che sembra arrivare come un fulmine a cielo sereno.
Se allo Yuan fosse consentito di oscillare liberamente ne seguirebbe un suo aumento di
valore e il flusso di yuan sul mercato rallenterebbe. Per la Cina comunque potrebbe essere
ormai troppo tardi; il suo governo sembra intenzionato a distruggere la propria moneta, così
come sta facendo quello americano, consapevolmente o no.
Potete segnare il fallimento del rapporto dollaro-yuan come un altro capitolo nella lunga saga
dell’inutile lotta dell’uomo per controllare il valore delle banconote. Il sogno irraggiungibile è
quello di fabbricarne a volontà a costo zero e allo stesso tempo di mantenerne il potere
d’acquisto nel mondo delle cose reali. Il dollaro dalla sua origine a oggi ha perso oltre il 90%
del suo potere d’acquisto.
L’UNICO SISTEMA FUNZIONANTE
Un economista scrisse: “ I governi non lo sanno, o non lo vogliono sapere, ma il solo
sistema di scambi fissi di successo si ebbe durante l’epoca dello standard aureo”. È facile
capirlo; funzionò perché le unità monetarie, come il dollaro, avevano un valore fisso rispetto
all’oro. L’oro deve essere estratto, non può essere creato dal nulla come le banconote.
I governi non amano l’oro perché lega loro le mani; non possono spendere liberamente in
quanto i debiti contratti devono essere sistemati in oro. Come giustificherebbero ai cittadini
l’azzeramento delle riserve auree? I governi sanno che l’oro ha valore e le banconote no, infatti
le banche non si sognano neanche lontanamente di svuotare i loro forzieri del prezioso metallo.
SQUILIBRIO MONDIALE
Le banche centrali hanno accumulato enormi riserve di dollari che fluiscono negli Stati Uniti
sotto forma di investimenti (azioni, obbligazioni,etc) per cui i debiti restano impagati. Questi
dollari hanno creato il boom sul mercato azionario statunitense e sul quello degli immobili;
inoltre hanno contribuito a mantenere basso il livello dei tassi di interesse statunitensi. Tutto
questo ha prodotto uno squilibrio mondiale negli investimenti che si manifesta in cicli di boom
e depressione in varie regioni del globo.
Si dice che ogni bolla abbia il suo ago; gli stranieri, soprattutto giapponesi e cinesi, hanno in
mano un ago molto affilato: nelle loro casseforti giacciono ben 9 triliardi di asset americani,
più che sufficienti per decretare con la loro vendita la parola fine all’esistenza del biglietto
verde.
Il dollaro è molto malato e con esso l’economia globale mentre l’oro viene accumulato
silenziosamente da alcuni anni per proteggersi dalla prossima grave crisi.
* Dr.Pieraldo Frattini
Consulente indipendente in investimenti finanziari
Autore del sito di controinformazione finanziaria:www.demetrainvestimenti.com
www.disinformazione.it
L’ECONOMISTA GALLONI: LA BASSA CRESCITA EUROPEA NON È CASUALE
ROMA, 3 giugno 2005 - AgenParl – Commentando i risultati del referendum sulla
costituzione europea svoltosi in Olanda, l’economista Nino Galloni ha detto all’AgenParl:
“La maggior parte dei francesi, dei tedeschi e degli olandesi sono per un ritorno alle
monete nazionali. Un risultato che non deve stupire. Le politiche economiche, monetarie e
di bilancio sono sbagliate perché fortemente condizionate dall'impossibilità di utilizzare la
normale leva monetaria quando ce n’è bisogno; vale a dire quando l'economia ristagna e i
privati non effettuano abbastanza investimenti anche se i tassi di interesse sono bassi.
Credo che stia cambiando il vento che venticinque anni fa ci ha portato fino alle attuali
secche. Le previsioni per il 2006 - bassa crescita e alti deficit pubblici - sono la classica
zappa sui piedi dei tecnocrati e dei politici miopi: sanno che la crescita sarà bassa perché
sono loro a volerla, in quanto non vogliono ritornare a meccanismi monetari flessibili e
controllabili da parte degli elettori. Nei prossimi mesi si deve solo vedere se le classi
dirigenti saranno capaci di impostare un profondo ripensamento delle politiche economiche
oppure se dovranno subire ulteriori e sempre più devastanti urti popolari”.
Intervista all’economista Nino Galloni*
Marcello Pamio - www.disinformazione.it
D: Il 6 aprile del 2005, la Camera ha approvato una mozione per una Nuova Bretton
Woods. Il sistema monetario deciso a Bretton Woods nel 1944 in pratica ha messo il
dollaro come moneta principale a livello mondiale. Nessuno però di questa mozione
ne ha parlato. Come mai? E cosa contiene?
R: La mozione ha l’obiettivo di recuperare la logica di incontro tra le varie realtà politiche del
pianeta al fine di arrivare ad accordi di natura valutaria, monetaria di politica economica
finalizzata allo sviluppo. Quindi, finanziare le grandi reti infrastrutturali, la ricerca ad altissimo
livello e la promozione di tutte quelle realtà che oggi si trovano in una condizione di
arretratezza, non tanto perché sia naturale che ciò avvenga, quanto perché le scelte di politica
economica maturate dopo la dichiarazione di non convertibilità del dollaro da parte di Nixon nel
1971, quindi gli anni ’70, ’80 e ’90 hanno condannato questi paesi, questi popoli e queste
realtà a subire una serie di svantaggi dal punto di vista delle relazioni economiche.
Ad esempio si parla molto dell’azzeramento del debito nei confronti dei paesi in via di sviluppo,
però non si parla abbastanza dei meccanismi che l’hanno determinato, perché se anche questo
debito si azzerasse, e poi non si intervenisse sui meccanismi che l’avevano determinato si
ricostituirebbe senza nessun risultato utile.
D: In una recente dichiarazione pubblicata dall’Agenzia Parlamentare per gli Studi economici e
politici lei ha detto che “lira, euro e valuta complementare non è questo il problema” ma
semmai chi emette la moneta. Penso si riferisse al poco famoso Signoraggio. Ci può spiegare
cos’è questo benedetto Signoraggio?
R: Il signoraggio è la differenza tra il valore facciale di una banconota e quello che è costato
produrla. Il punto è che noi stiamo parlando di moneta che ha corso legale, cioè che noi siamo
obbligati forzosamente ad accettare. Allora è chiaro che chi può emettere questa moneta ha un
grandissimo potere: il potere di creare un valore, perché poi questa moneta deve essere
accettata. La stessa cosa si può ottenere tra due persone che si emettano reciprocamente una
promessa di pagamento di un qualche cosa se poi nel frattempo questa invenzione reciproca di
valore trova conferma nell’ambito del circuito produttivo, perché con questa promessa di
pagamento, nel caso delle banche si chiama credito, faranno seguito degli atti di natura
economica, produttiva ecc. che generano reddito e consentono la restituzione della somma che
stiamo parlando. La banconota, la moneta, si parla di signoraggio, perché c’è una autorità che
emettendola si appropria di quella differenza tra il valore nominale e il costo di produzione. Ora
se questa autorità è lo stato nazionale è chiaro che non è la stessa cosa delle singole persone
che compongono la collettività, però se questo stato emette questa moneta per fare degli
investimenti produttivi, c’è una logica, se invece di essere gli stati (come sappiamo nel caso
europeo, che hanno rinunciato alla propria sovranità sia nei confronti delle banche centrali che
nei confronti nella banca centrale europea), accade che la popolazione non ha più alcun
vantaggio da questa grande invenzione dell’umanità che è la moneta.
D: Quindi se ho capito bene: la banca centrale stampa la moneta spendendo pochissimi
spiccioli tra carta e inchiostri e la vende allo stato al valore nominale, cioè a quel numerino
stampigliato sopra, giusto. Il signoraggio pertanto in termini economici è un guadagno
impressionante. Che viene incassato dalle banche centrali che sono private…
R: Sì, praticamente le banche centrali, così come la banca europea, sono organismi privati…
L’idea del signoraggio precostituisce il diritto da parte dei cittadini di vedersi restituite queste
somme. Ci sono della cause in corso in molti paesi, anche negli Stati Uniti, per ottenere questo
rientro da parte dei cittadini stessi. Quella che è stata una mia battaglia storica, fin dagli anni
’80 da quando ero nel Ministero dell’Economia, riguardava la possibilità dello stato di
mantenere il diritto a spendere quando si trattava di investimenti produttivi, di creare posti di
lavoro, ecc., perché ciò che lo stato spendeva anche in disavanzo per quelle attività che ho
citato, poi sarebbero rientrati, non erano soldi che andavano buttati all’aria. Nel momento in
cui si ridusse questa possibilità, crebbero gli tassi di interesse, perché poi la domanda di
moneta da parte dell’economia c’era, e si penalizzarono le imprese meno forti, i lavoratori, le
famiglie. Oggi siamo in una situazione pericolosissima perché le famiglie per mantenere il
proprio livello di consumi, si sono indebitate enormemente. Allora se il prodotto interno lordo,
ciascun anno per molti anni, cresce di meno dei tassi di interesse, che pure sono bassi (ma
sono più alti della crescita del Pil) è chiaro che nella media non c’è la possibilità di restituire
questi prestiti, e allora che cosa succederà?
D: Cosa mi dice delle recenti votazioni in Francia e Olanda sulla Costituzione europea?
R: Queste votazioni sono state un messaggio chiarissimo da parte di questi due paesi, nel
senso che la costituzione europea era un compromesso piuttosto alto e intelligente tra i bisogni
della popolazione, quindi l’Europa dei popoli che non si è fatta, e quella dei banchieri, della
finanza e dell’euro che si è fatta! Però questi popoli, francesi e olandesi, hanno detto
chiaramente che a loro questo compromesso non sta bene. Che loro vogliono un’altra cosa.
Quindi è un attacco chiaro all’Europa dei banchieri e della finanza. Questo però non significa
che bisogna uscire dall’euro e abbattere l’euro, non necessariamente significa questo. Il
problema è che anche a livello europeo proprio per andare dietro a quelli che sono gli interessi
e i problemi della popolazione bisognerebbe che l’Europa potesse battere moneta per fare
investimenti, costruire infrastrutture, creare lavoro, ecc. Questo è il punto: fare l’Europa dei
popoli.
Quindi se dobbiamo intervenire sulla competitività dobbiamo fare in modo che i vari sistemi
siano più compatibili, perché è chiaro che se ci sono dei paesi dove il costo del lavoro è
bassissimo, non si sono le assicurazioni sanitarie, dove non c’è rispetto dell’ambiente, ecc. è
chiaro che creiamo un discorso di concorrenza assolutamente insostenibile.
D: Ho sentito parlare di un 3° Polo indipendente che teoricamente dovrebbe presentarsi nel
2006 alle elezioni. Può dirci qualcosina di più?
R: Innanzitutto non dobbiamo confondere il Terzo Polo con il trasversalismo. Il trasversalismo
è per esempio quello che sta dietro la mozione della Nuova Bretton Woods che abbiamo detto
prima, consiste nel fatto di prendere idee e persone che stanno da una parte e dall’altra
rispetto al centro sinistra e centrodestra e farli convenire su qualche cosa che si condivide.
Questo è trasversalismo.
E’ una possibilità che ha la caratteristica di essere più culturale che politica. Il Terzo Polo è un
progetto di fare una cosa che non sia né centrodestra né centrosinistra, perché si ritiene che
sia il centrodestra che il centrosinistra tutto sommato, nell’ambito delle grandi scelte di politica
economia non si distinguono granché, e non abbiamo brillato granché, se vuole la mia opinione
di addetto ai lavori, perché essendo nella Pubblica Amministrazione ad alti livelli da tanti anni,
ne ho visto di tutti i tipi e devo dire che purtroppo si è passati dal centrosinistra al
centrodestra, dal punto di vista delle grandi scelte economiche, senza quasi accorgersene, e
questo è negativo secondo me.
Il Terzo Polo è il tentativo di presentarsi agli elettori con un programma nuovo, diverso, con un
programma alternativo, tanto alternativo da giustificare la nascita di una nuova coalizione.
Ovviamente con l’attuale sistema maggioritario questo è molto difficile da proporre agli
elettori…
D: Nel mondo ci sono oltre 5000 valute complementari. Secondo lei queste monete alternative
sono valide oppure no?
R: La valuta complementare si può intendere in molti modi, se per esempio a livello locale 50,
60 o 100 aziende si accordano per accettarla nei loro scambi, se pur parzialmente, questo può
consentire di far crescere le loro rendite e quindi la loro forza lavoro, perché chi spende
moneta locale compra moneta locale, mentre chi spende la moneta internazionale compra
prodotti internazionali. In certi tipi di comuni è chiaro che se vado a comprare la benzina, a
fare il pieno di benzina, lo debbo fare in euro, però se vado a comprare un chilo di pane o un
cassetta di pomodori prodotti localmente, posso pagare con la moneta locale (ovviamente se
viene accettata).
D: Ci sono in Francia, Germania, Giappone, le risultano anche in Italia?
R: In Italia c’è stato l’esperimento del Prof. Auriti, ma quello era più una valuta alternativa. La
valuta complementare è un qualche cosa che si affianca a quella ufficiale, non è che la
sostituisce completamente. Serve per creare nuovi posti di lavoro e correggere i danni della
cosiddetta globalizzazione.
D: Quello che è successo in Argentina?
R: In Argentina questa moneta popolare è stato l’unico rimedio vero nei confronti di una crisi
economica istituzionale che sennò sarebbe stata irreversibile. Non sono state certo le ricette
del Fondo Monetario Internazionale a tenere a galla l’’Argentina…
D: In qualità di economista onesto corretto e soprattutto senza peli nella lingua, qual è la sua
ricetta per uscire da questa crisi economica?
R: La ricetta per uscire dalla crisi in generale è non confondere i vincoli con gli obiettivi!
Nell’economia noi abbiamo dei vincoli, cioè uno non può fare un’impresa senza tener conto che
dovrà vendere prodotti per un valore superiore ai costi che deve affrontare per produrre.
Esistono vincoli anche nei bilanci pubblici, però non sono gli obiettivi.
Gli obiettivi sono nell’ambito dello sviluppo economico, nella protezione dell’ambiente, della
salute della popolazione, della felicità della popolazione soprattutto dei giovani, ecc. Allora per
questi obiettivi devo fare tutti gli sforzi possibili, non mi devo privare della flessibilità della
manovra di politica economica e monetaria come si è fatto in questi anni, in nome di un dio
euro. L’euro non è dio.
Se noi mettiamo sull’altare l’euro e pensiamo che l’altare sia sacro perché c’è sopra l’euro,
sbagliamo: confondiamo il vincolo con l’obiettivo. Certamente non è che nell’economia siamo
liberi di fare come ci pare, perché abbiamo tanti vincoli, ci sono delle leggi economiche da
rispettare, però nell’ambito di questi vincoli è possibile fare in modo molto diverso rispetto a
quello che si è fatto in questi anni. E questo ci potrà dare dei risultati migliori, che magari non
significa la pienissima occupazione, o che stiamo tutti benissimo, però significa fare molto
meglio di quello che è successo in questi venti-trent’anni
D: L’ultima domanda poi la lascio. Sento sempre più spesso parlare del crollo del dollaro USA a
causa di una economia indebitata fino all’osso. Ecco perché ogni 2 anni devono fare una
guerra. Le risulta una situazione allarmante del genere oppure no?
R: Arrivo subito alla risposta altrimenti dovrei fare dei discorsi di natura storico-economica
molto lunghi. Se Cina, India e Russia, che sono i principali detentori di dollari, li buttassero sul
mercato (per fare la cosa più razionale) per prendere una valuta più forte come l’euro,
succederebbe una crisi di tali proporzioni che saremo costretti a cercare di risolvere i problemi
con dei criteri e logiche che adesso sembrerebbero impensabili. Ci troveremo di fronte alla più
grande crisi finanziaria e valutaria nella storia dell’umanità, quindi loro non lo possono fare: se
li debbono tenere, e in cambio di questo cercano di avere dei vantaggi dagli Stati Uniti e
nell’ambito del sistema, facendo un tira e molla sulla competitività, sulla vendita dei loro
prodotti, e su altre cose.
Però è un sistema assolutamente instabile e non votato al successo, quello nel quale ci siamo
venuti a trovare. Quindi sicuramente si dovrà arrivare o a nuova Bretton Woods o a un grande
cambiamento di politica economica, o entrambi.
* Prof. Nino Galloni, economista tra i più affermati a livello nazionale, già Direttore del
Ministero del Lavoro e presidente del Centro Studi Monetari www.centrostudimonetari.org
Oggetto: Eliminiamo il denaro
Eliminiamo il denaro
E' uno schema mentale, un'illusione che in pochi decenni può essere superata". Come?
Lo spiega ad Affari Pierangelo Dacrema (Bocconi) su www.affaritaliani.it
23 settembre 2004
Da almeno duemilacinquecento anni, l’istituto del denaro esercita un potere che è
soprattutto simbolico, e sappiamo quale forza esprimano i simboli sull’uomo, l’animale
symbolicum per definizione. "Un asse hai, un asse vali", sentenzia brutalmente Petronio
nel "Satyricon". "Oggetto oscuro e ingovernabile, ossessione di sfruttati e sfruttatori", lo
considera Pierangelo Dacrema, professore ordinario all'università di Cosenza - insegna
Economia degli intermediari finanziari -, oltre che autore di un libro dal titolo provocatorio:
"La morte del denaro. Una rivoluzione possibile" (Christian Marinotti Edizioni, pagg. 236,
euro 15).
Pierangelo Dacrema
"Il denaro è antiquato quanto la clava, che dopo millenni l'uomo ha abbandonato, perché
gli appesantiva il passo e serviva solo a spaventare", spiega il professore ad Affari. "In
pratica è un fattore che non c’entra nulla con lo sviluppo e favorisce la disoccupazione.
Serve soltanto a operare una distinzione fra chi lo possiede e chi no".
Ma non sarà macchinoso eliminare il denaro?
"Il denaro è uno schema mentale, una grande illusione che in pochi decenni può essere
superata. La pretesa più fallace del denaro è quella di sostitursi all’uomo come misura di
tutte le cose - ribatte Dacrema -. Una semplificazione grave, che non corrisponde
all’economia. La matematica finanziaria dei pil e dei rating è elementare e non traduce
l’economia reale. La quale è scelta, gesto.".
Liberarci del denaro: non è una provocazione?
"Non semplicemente. La mia è una proposta che posso supportare con calcoli tecnici. Sta
per uscire un mio articolo, in cui parlerò specificamente agli addetti ai lavori, economisti,
analisti finanziari. Il dato di prima evidenza: un terzo del mondo si dedica alla contabilità aggiunge l'esperto bancario -, invece di fare produzione e buoni gesti. Il sistema è pieno di
difetti: troppo costoso, generatore di un clima ostile, di beni non necessari, le motivazioni
della produzione sono deviate. Quanto alla disoccupazione, questa in realtà è solo
apparente. Senza il denaro, l'economia avrà invece un ritmo più veloce, produrrà cose più
importanti. "
Qualcuno potrebbe giudicarla una visione pauperistica...
"No, è una visione oggettiva. Io voglio che il cuoco pensi a cuocere bene la mia bistecca
piuttosto che al suo stipendio. Ora noi tutti siamo specialisti dell'incasso, vince solo chi
massimizza la differenza fra incassi ed esborsi. Ma con la demitizzazione del consumo, il
valore delle cose avrà un senso, non un prezzo. Se a me chiedono quanti soldi vorrei per
entrare nella gabbia dei leoni, la mia risposta sarà diversa da quella di un domatore di
leoni, il cui lavoro ha un senso per lui. Siamo inondati di produzioni di cui si può fare a
meno, la tecnologia deborda di continue novità. Smettiamo di lavorare per guadagnare
soldi. Un disoccupato può essere molto ben occupato nel fare altro."
Qual è l’alternativa al denaro? Torneremo al baratto?
"Un’economia ricca può esistere anche in assenza dello strumento-denaro che è divenuto
un’ossessione. Si potrebbe produrre molto di più, dirottando alla produzione quel terzo di
persone , di norma professionalmente qualificate, oggi addette alla contabilizzazione, cioè
al nulla. Serve poi un’educazione diversa al consumo".
Una volta che i supermercati si svuoteranno, il mondo sarà più felice e onesto?
"No, non penso che si risolveranno i grandi contrasti, ricchi e poveri, sfruttatori e sfruttati.
Ci sarà comunque un clima di minore ostilità e l'esistenza potrà appropriarsi di nuovo dei
veri piaceri".
Concludendo. Nella premessa del libro, Dacrema riassume così la sua visione. "Il denaro
è una forma di velocità superabile - si legge -, oltre che una tecnica di misurazione
imprecisa e incongruente con la funzione che le è stata assegnata. Perché il valore è
insondabile e irrimediabilmente soggettivo... Il denaro è un fenomeno distributivo, non
produttivo, e il fatto che venga anteposto alla produzione è frutto di un ragionamento
economicamente infondato. La sua totale estraneità al gesto e alle conseguenze
dell’agire... allontana il denaro dall’evento economico e lo colloca al di fuori
dell’economia...
La colpa non è del capitale, del capitalista o di una multinazionale.
La disoccupazione è l’esclusione dal circuito della moneta, e non certo l’essere privi di una
mansione in un mondo dove tutto è ancora da fare. E sull’eventuale differenza fra un
imprenditore fallito e un operaio licenziato prevale la discriminazione subita da entrambi a
opera di uno strumento che distingue soltanto chi lo possiede da chi non lo possiede".
Su questo e su molto altro si mediterà, nel corso di una tavola rotonda, al Teatro Franco
Parenti di Milano, martedì 29 settembre (ore 1, Relatori Giorgio Galli, Giulio Giorello,
Edoardo Boncinelli, moderatore Armando Massarenti.
CHI È PIERANGELO DACREMA
Quarantasei anni, ha svolto fino al 1994 attività di operatore dei mercati finanziari. Poi si è
dedicato in via esclusiva all’insegnamento accademico, corredato da una vasta attività
saggistica e di studi: già docente presso le università di Siena e Bergamo, alla Cattolica e
alla Bocconi di Milano, è attualmente professore ordinario di Economia degli Intermediari
finanziari all’università di Cosenza. Tra le sue pubblicazioni principali ricordiamo: «L’
evoluzione della banca in Italia : profili storici e tecnici», Egea, 1997 e «Il
comportamento degli intermediari finanziari: elementi di teoria», Utet, 1992.
Bush non arriverà alla flat tax , ma cercherà di avvicinarsi il più possibile a questa formula
con una semplificazione del Tax Code che ne ridurrà la progressività e gli adempimenti,
quei sei miliardi di ore di lavoro cartaceo imposto annualmente ai contribuenti di cui il
presidente parla ormai in tutte le piazze della sua campagna elettorale.
«Sono più delle ore utilizzare per costruire ogni automobile, camion e aereo prodotti negli
Stati Uniti» nota Stephen Moore, economista del Cato Institute, una delle centrali del
pensiero liberista. Moore sostiene che un sistema semplificato senza più aliquote a strati,
farebbe crescere del 5-10% la ricchezza prodotta e che non c'è nulla di avventato nel
seguire tale modello, visto che anche la Cina, ispirandosi all'esempio di Hong Kong, va in
questa direzione. Mentre in Russia l'aliquota al 13% voluta da Putin, ha rilanciato l'attività
imprenditoriale e garantito un gettito tributario superiore a quello raccolto quando il
prelievo arrivava fino al 70%.
Scusate se insisto.
Lo so che questo e’ uno di quegli argomenti che sulle prime ti metti a scrutare
l’interlocutore per vedere se e’ matto.
Capita cosi’ a tutti coloro che avanzano proposte innovative.
Eppure in Svezia, per esempio, poiche’ dopo una certa fascia di reddito il fisco si prende il
98% degli introiti, invece che mortificare la libera iniziativa hanno riesumato il vecchio caro
baratto, sviluppando cosi’ una serie di attivita’ non profit ( non tassabili) che assomigliano
un poco alla nostrana iniziativa “La Banca del Tempo” dove la gente si scambia il tempo
come fosse denaro.
Perche’ una considerazione in fondo occorre farla: fin dai tempi della preistoria, l’Uomo
usciva di casa all’alba e dopo una giornata di lavoro, fatta di sudore e di pericoli, tornava a
casa al tramonto e riusciva a sbarcare il lunario.
Sono scomparsi l’arco e le frecce sostituiti da allevamenti e macelli eccelsi, e’ scomparso
l’aratro e la zappa, e’ scomparso il telaio a mano, ma l’Uomo esce sempre di casa all’alba
e torna al tramonto per poter sbarcare il lunario. Certo, adesso si compra pure il telefonino,
la play station per i figli, e puo’ rimanere due settimane all’anno senza lavorare, ma tutto il
progresso tecnologico e filosofico non sono riusciti a farci pensare una forma diversa di
uso del nostro tempo.
Che se andiamo poi a guardare com’e’ strutturata la nostra societa’, secondo Pierangelo
Da Crema, troviamo che la contabilita’ del danaro, le strutture che lo fanno aumentare, e le
holding che lo accumulano, piu’ consulenti affiancatori eccetera, rappresentano il 40 per
cento di tutta la struttura portante di questa societa’ post industriale.
Abbiamo vissuto cinquant’anni di guerra fredda nell’illusione che meta’ del mondo fosse
libero e nell’altra meta’ fossero tutti uguali, dimenticandoci che senza giustizia non si puo’
avere l’illusione ne’ di questo ne’ di quello.
Possibile che non ci sia un altro modo di pensare ad una sociata’ futura, libera fino ai
confini della liberta’ del nostro prossimo, equa e solidale quel tanto che ci permetta di
vivere pacificati con noi stessi e con gli altri?
Vuoi vedere che per un progetto di societa’ futura, ci vorra’ un economista e non un
filosofo?
Simbolismo esoterico nel dollaro statunitense?
di Marcello Pamio, pubblicato su "Nexus New Times" n. 43
Ce ne siamo giΰ occupati in passato!
La simbologia occulta nelle banconote, oramai dovrebbe essere ben nota ai lettori di Nexus:
ricordiamo infatti l’articolo pubblicato nel numero 40 nel quale Carmen Rettore ha dimostrato
inconfutabilmente come i marchi tedeschi recavano impressi dei numeri Maya! Numeri «fuori
luogo», che apparentemente non c’entravano nulla nel contesto, almeno per noi comuni
mortali, e che invece avevano una loro e sottile funzione subliminale!
Oggi invece analizzeremo una delle banconote piω conosciute e diffuse al mondo: il dollaro
statunitense.
Cercheremo di comprendere se anche in questa banconota esiste un «linguaggio» o dei
messaggi segreti che sfuggono al nostro controllo conscio. «The One Dollar», come viene
comunemente chiamato, fu adottato per la prima volta durante la presidenza di George
Washington, nell’anno 1794. Questo spiega come mai un lato della banconota - che per
comoditΰ chiameremo lato A - presenta proprio l’effige del primo presidente degli Stati Uniti
d’America.
Lato A del dollaro
Sulla figura storica di George Washington si potrebbe scrivere un intero libro, ma in questa
sede ci accontenteremo di una piccola parentesi storica, perchι colui che supervisionς la
costruzione della «White House»1[1] ha avuto strettissimi collegamenti con la massoneria
1[1]
1[2]
1[3]
1[4]
1[5]
www.whitehousehistory.org
“Il Corriere della Sera” on-line
www.mondadori.com/libri/yesterday/hiram/usa.html
«La Massoneria e la Rivoluzione francese» di Gian Pio Mattogno, ed. all’insegna del Veltro, Parma
«La psicologia di C.G. Jung» edizione Boringhieri
dell’epoca. Ufficialmente George Washington venne eletto il 30 aprile 17892[2], ma quello che
pochi ignorano θ che tale nomina fu voluta fortemente dal Gran Maestro (massone) di New
York, e che il giuramento presidenziale fu fatto addirittura sopra la «bibbia sacra» della
massoneria3[3]. Non θ certo una novitΰ questa per il giovane George, se consideriamo che
venne «iniziato» ai segreti esoterici prima di compiere ventuno anni; quindi ben prima della
sua candidatura.
A destra di Washington, sempre nel lato A, compare un cerchio di colore verde rappresentante
il simbolo del Dipartimento del Tesoro («Department of The Tresury»), e una data: il 1789.
Logo del Dipartimento del Tesoro e
data 1789
Logo della Riserva Federale di
Chicago
La data indica la nascita del Dipartimento del Tesoro statunitense ma coincide anche con la
Rivoluzione francese, «una rivoluzione in cui la massoneria - guarda caso - ha contribuito alla
sua preparazione intellettuale e ha svolto un ruolo determinante nelle agitazioni»4[4]. Il logo
ad una osservazione piω attenta, risulta pregno di simboli massonici: «scudo», «bilancia»,
«squadra», «chiave» e «tredici» punti. La «bilancia», lo «scudo» e la «chiave» sono facilmente
identificabili, mentre la «squadra» lo θ un po’ meno. Graficamente θ quella linea spessa di
colore verde con il vertice al centro della bilancia, che divide in due lo «scudo»: separa in
definitiva la «bilancia» dalla «chiave».
La «squadra», in cui sono disegnati «tredici» punti, rappresenta lo strumento principe del
«lavoro massonico»: un utensile che racchiude in sι il rigore morale e la perfezione, e con il
suo angolo sempre fisso puς essere usata come mezzo di riferimento. La «chiave» altro non θ
che la conoscenza esoterica - rigorosamente gnostica - che i fratelli massoni si tramandano, e
la «bilancia» indica l’equilibrio tra le forze opposte.
Non male come sigillo, vero? Almeno cinque simboli universalmente conosciuti in massoneria!
Se ci spostiamo a sinistra, sempre nel medesimo lato, troviamo il logo della Riserva Federale di
Chicago (Federal Riserve Bank of Chicago, Illinois).
Ad un occhio «esotericamente» allenato, colpisce immediatamente la lettera «G» maiuscola
stampata all’interno del cerchio. Lettera diffusissima in massoneria a tal punto che viene
considerata come uno dei simboli piω importanti.
Qual θ il suo significato? Ci sono cosμ tante interpretazioni che θ difficile integrare il vero
significato, almeno per coloro che non sono iniziati agli «insegnamenti nascosti»: iniziale della
parola «Gnosi» (conoscenza), «Geometria» (l’arte sacra della «costruzione»), «God» in
inglese, «Got» in tedesco: Dio, «Generazione», «G.A.D.U.» (Grande Architetto dell’Universo),
ecc.
E’ d’obbligo precisare, per non cadere nel ridicolo, che esistono altre serie della stessa
banconota che presentano invece della lettera «G» la lettera «H» o la «J», questo a seconda
della banca federale.
1[6] «Massoneria e sette segrete: la faccia occulta della storia», di Epiphanus ed. Ichthys
1[7] Idem
1[8] Idem
1[9] «I Tarocchi» di Oswald Wirth, ed. Mediterranee
1[10] Idem
1[11] «Warning» di Barry R. Smith, e «Massoneria e sette segrete: la faccia occulta della storia», di Epiphanus ed. Ichthys
1[12] Gorel Porciatti Umberto. Grande esperto di simbolismo e ritualistica massonica autore di numerosi saggi
1[13] «La psicologia di C.G. Jung» edizione Boringhieri
Perς θ altresμ vero che una simile coincidenza - per chi crede naturalmente nelle coincidenze θ molto interessante.
Giriamo a questo punto il dollaro e passiamo al lato B. A destra, dentro un cerchio, l’animale
per cosμ dire ufficiale degli Stati Uniti d’America: l’aquila calva o aquila romana.
Lato B del dollaro
Questa «ufficialitΰ» l’ha sicuramente reso l’animale piω diffuso in loghi e/o simboli governativi.
Senza nulla togliere agli altri animali, l’aquila per sua natura, θ forse piω «vicina» a Dio di
qualsiasi altro animale. Il significato quindi θ indubbiamente «divino». Essa infatti vola alta,
sfiorando il cielo e osserva tutto e tutti. Nulla le sfugge dall’alto.
Nel dollaro, l’aquila tiene nel becco un nastro con la scritta latina «E Pluribus Unum» (Out of
Many, One), composta da «tredici» caratteri, che significa: «Da Molti Uno». Il numero
«tredici», come vedremo meglio piω avanti, θ presente numerose volte nella banconota:
- le frecce che l’aquila tiene negli artigli della zampa a destra;
- le foglie del ramo nella zampa sinistra;
- le strisce dello scudo centrale che coprono il corpo;
- le stelle sopra la testa dell’aquila (che unite formano una stella a sei punte, sic!)
- i gradini della piramide;
- le lettere della scritta «E Pluribus Unum»;
- le lettere scritta «Annuit Coeptis»;
Aldilΰ dell’ovvio riferimento ai tredici stati che formarono la prima confederazione americana
(tuttora presenti come numero nelle tredici strisce bianche e rosse della bandiera
statunitense), il significato del «tredici» in numerologia potrebbe riempire tranquillamente una
intera enciclopedia. Nei 22 Arcani Maggiori dei Tarocchi θ raffigurato con la «Morte», intesa
come trasformazione, cambiamento e rinascita. Nella tradizione cristiana, in cui Giuda il
traditore θ legato al tredici (Gesω piω dodici apostoli), θ considerato il numero della gerarchia
infernale. Per alcuni studiosi dell'alfabeto ebraico il «tredici» θ simbolo di distruzione e morte.
Secondo invece Carmen Rettore, il tredici «oltre ad essere il numero cosmico del perdurare
della presenza θ anche il numero del “trasporto” e del “volo”». Cosa significa questo? «In
pratica con questo numero - continua Carmen Rettore - viene data alla banconota la
pulsazione di un movimento universale», della serie: un movimento di «circolazione» che
«perdura, trascende e resiste per l’eternitΰ». La conferma di quest’ultima affermazione, e cioθ
della «circolazione che perdura», sta nel fatto che il dollaro θ sicuramente la banconota che
circola maggiormente nel mondo e da tantissimo tempo.
Spostiamoci ora a sinistra, perchι adesso viene il bello. Preparatevi.
La Piramide del Potere
L'aquila calva
Le stelline sopra l'aquila formano il
Sigillo di Salomone (stella a sei
punte)
All’interno di un cerchio una piramide - o tronco di piramide - a base quadrata con un occhio al
vertice. Un simbolo affascinante e soprattutto intrigante, che vedremo di estrema importanza:
si tratta infatti del «Delta Luminoso», chiamato dagli amanti della cospirazione: «Piramide del
Controllo» o anche «L’occhio che tutto vede».
Talmente importante θ il suo «significato» che perfino Gustav Jung se n’θ occupato: «il
triangolo con dentro un occhio s’impone – sempre secondo il grande psichiatra svizzero immediatamente ad ogni osservatore (a livello inconscio) indipendentemente dal livello di
coscienza di chi lo sta guardando».5[5] Ciς significa che va a lavorare direttamente a livello
inconscio bypassando la parte consapevole.
Ma cosa ci comunica?
Lo scopo dell’«Occhio della Trinitΰ e dello Spirito Santo», come lo chiama la Rettore, θ quello di
ricordare che: «l’occhio di Dio ti vede sempre, ovunque tu sia!», mentre il triangolo va a
colpire direttamente i tre corpi: materia, sensi e mente, di cui θ composto l’uomo.
Molto interessante, ma andiamo avanti perchι non finisce qui. La piramide ha «tredici» gradini,
simbolo - per alcuni - del «percorso iniziatico rosicruciano»6[6], alla base della quale vi θ
incisa la data: «MDCCLXXVI» cioθ 1776, anno della fondazione degli Stati Uniti, ma anche
anno della nascita dell’«Ordine degli Illuminati»: la societΰ segreta fondata il 1° maggio da
Adam Weisshaupt, allora professore ventottenne di giurisprudenza dell’Universitΰ dei Gesuiti in
Baviera.
Sopra il vertice della piramide compare la scritta «Annuit Cœptis», anch’essa di «tredici»
caratteri il cui significato θ: «la provvidenza ha favorito il nostro impegno», «la divinitΰ ha
acconsentito» o anche «approva le cose iniziate». Sotto la base della piramide la scritta
«contenente un evidente errore ortografico affinchι la “divisa” «Novus Ordo Seclorum» risulti
composta di 17 lettere invece di 18».7[7] Effettivamente la scritta corretta dovrebbe essere
piω o meno cosμ: «Novus Ordo Secolorum». Perchι allora inserire volutamente ad arte un
errore? Cosa significherΰ mai il numero «diciassette»? Esso equivale alla «privazione della
perfezione celeste altrimenti rappresentata dal numero 18»8[8]. Il XVII Arcano θ
rappresentato da: «Le Stelle»9[9], ma indica anche la «perpetuazione» e
«realizzazione»10[10]. Come dire al mondo: «ecco a voi la realizzazione del Nuovo Ordine
Mondiale».
Un altro simbolo curioso θ invece la «farfalla» ai piedi della piramide. Per i greci la parola
«psiche» significa anche «farfalla», oltrechι naturalmente «anima». Quindi la piramide
«sovrasta» e «sottomette» l’anima-psiche che sta alla base.
Ma quand’θ che il «Delta luminoso» θ stato utilizzato per la prima volta?
I primi ovviamente furono i membri dell’Ordine degli Illuminati, mentre nel dollaro la decisione
di stamparlo fu presa solamente nel 1933 per volere del 31esimo presidente Franklin Delano
Roosevelt. Un «presidente - tanto per cambiare - massone del 33esimo grado»11[11].
Questo simbolo, modificato graficamente da renderlo ancora piω «illuminante» (l’occhio che
osserva e/o controlla il mondo intero), oggi viene usato anche dall’agenzia governativa per i
programmi della difesa statunitense: la D.A.R.P.A. (Defense Advanced Research Projects
Agency).
O meglio, veniva usato: dopo averlo scaricato dal sito ufficiale www.darpa.mil (vedi immagine)
sembra misteriosamente sparito dalle pagine web.
Questo sμ che θ vero occultismo!
Possiamo quindi affermare, senza paura di essere smentiti, che il dollaro statunitense
«veicola» cosμ tanti simboli esoterici e/o massonici che pensare a semplici coincidenze fortuite
θ sinceramente un’offesa al buon senso e alla comune intelligenza.
Sicuramente per qualcuno queste affermazioni potranno sembrare semplici forzature, qualcun
altro troverΰ il tempo di sorriderci sopra, ma θ bene sempre ricordare due cose: primo che
«nulla in massoneria θ ritualmente superfluo…»12[12] e secondo di non sottovalutare il
«simbolo», perchι come disse Jung: «puς trasformare la natura stessa dell’uomo»13[13].
Chi ha orecchie per intendere…intenda!
Marcello Pamio
Le nuove monete fai-da-te
Alessandra Retico - La Repubblica 09/10/2002
Dilagano le monete fai-da-te: alternative allo yen, servono per barattare beni e servizi.
E hanno i nomi piω disparati.
Giappone, per spesa e babysitter bastano pochi spiccioli d'"amore"
L'obiettivo θ far riprendere l'economia e rinsaldare le relazioni sociali
di ALESSANDRA RETICO
L'AMORE, dicono, non si compra coi soldi. Ma con l'amore si possono comprare: scarpe, lezioni
di inglese, riso, una bella orata. Vale tanto l'amore. Ma solo in Giappone, a Yamato City (vicino
Tokyo), dove "Rabu", appunto "amore" in giapponese, non θ fatto di colpi al cuore e rintocchi
di campane, ma di metallo o carta come gli altri soldi. L'"amore" θ infatti la piω recente delle
monete che negli ultimi anni circolano con sempre maggiori consensi in ben 130 comunitΰ
giapponesi accanto allo yen e alle carte di credito.
Ed θ ben piω di una moneta in senso stretto: θ una sorta di cambiale, un "pagherς" che
somma un valore oggettivo e un altro, diciamo cosμ, spirituale. L'"amore", come la "nocciolina"
e il "grazie" in altre comunitΰ cittadine del Sol Levante, θ anzi soprattutto un messaggio: di
scambio, di comunicazione, di reciproca benevolenza e assistenza. Come anticamente il
baratto, con queste monete si scambiano servizi e beni. L'ambizione, ridare "corpo" al denaro
che assegni, carte di credito et similia che hanno reso volatile e astratto. Vorrebbero, "amore"
e spiccioli vari, soprattutto spingere la gente a riallacciare e "riscaldare" i legami sociali che le
cittΰ, col loro carico di alienazione, hanno rinfiacchito.
Sarebbe ingenuo negare uno scopo piω prosaico nella diffusione di queste "valute" che le
stesse amministrazioni comunali promuovono: in un Giappone "depresso" dalla recessione
economica questa θ una via alternativa alla ripresa dei consumi. E l'obiettivo θ centrato specie
in quelle cittΰ dove la popolazione θ piω anziana: la "moneta baratto" invoglia i pensionati a
spendere molto di piω che non lo yen, una tesserina di plastica e, figuriamoci, una transazione
via Internet.
A dire dell'"iper-significato" di monete simili, i loro nomi: mentre a Yamato City "amore" ha
conquistato come una freccia di Cupido ben 90 mila tra commercianti e residenti, i cittadini
delle isole di Okawa comunicano con tanti "grazie" (nel dialetto locale "dan dans") e a
Tamagawa city mettono mano ai locali "bamboo". A Takurazuka con 1000 "zuka", moneta
lanciata due anni fa da un'organizzazione di volontariato, si possono comprare 30 minuti di
giardinaggio, di babysitteraggio o di consigli.
Lo scorso anno Kamagasaki, Osaka, dove c'θ la piω alta percentuale di homeless in Giappone,
ha introdotto il kama: durante il festival estivo della cittΰ le autoritΰ hanno pagato con questa
moneta - che puς essere usata per comprare birra - in cambio della raccolta di lattine vuote. A
Chiba la gente lavora per guadagnarsi "noccioline", moneta che ha preso il nome dal prodotto
locale piω famoso.
E' chiaro, ce ne vuole per sgranocchiare "noccioline". Come gli altri, il sistema monetario delle
"noccioline" θ ridotto in scala ma sta crescendo molto negli utlimi tempi. "Lo scorso mese 540
residenti e 50 negozi hanno adottato le "noccioline" e nell'ultimo anno gli utenti sono
raddoppiati" racconta al Guardian Mitsuya Katsushi, membro del Community-Building Support
Centre. I negozianti si dicono soddisfatti facendo i conti in cassa con una crescita del 5% delle
vendite in tre anni, cioθ dall'introduzione della nuova moneta. Ma il guadagno maggiore,
assicurano in cittΰ, θ nella conviviualitΰ perchι tra le regole del buon uso della moneta c'θ
quella di scuotere le "noccioline" tra le mani e dire "amigo" (in spagnolo) ogniqualvolta si fa
una transazione.
Per il Sawayaka Welfare Centre, un gruppo di volontari che sta promuovendo la diffusione delle
monete regionali, il successo di questo tipo di denaro riflette un cambiamento sociale molto
forte. Alla perdita di intimitΰ nelle comunitΰ urbane e dunque alla vergogna di chiedere favori,
"questo genere di monete rispondono stimolando le persone a condividere servizi e stringere
piω profonde relazioni", secondo Yasushi Inose, portavoce del gruppo.
Ma non θ tutto oro quello che luccica. Se "amore" vorrebbe "sostituirsi completamente e
definitivamente allo yen", come confessa Tomoyuki Akiyama, sostenitore del "rabu", per gli
economisti l'avanzata di questi sistemi monetari misti θ segno di una sfiducia delle autoritΰ
municipali nella struttura finanziaria del Paese. "Si tratta di una sorta di fuga dei capitali" per
Noriko Hama del Mitsubishi Research Institute. Senza parlare del fatto che "amore",
"noccioline" e "grazie" mentre dicono di volerla combattere, conducono a una nuova e ulteriore
estraneitΰ della gente rispetto ai soldi. E a imprevedibili inconvenienti e imbarazzi: come dire
ad esempio a qualcuno "dammi amore" se quello sta solo comprando sushi?
Dall'ultimo eccezionale libro di Domenico de Simone: "Un Altra Moneta. I Titan, la rivoluzione
della finanza"
scaricabile gratuitamente nel sito dell'autore: www.domenicods.tk
Il fallimento del monetarismo
Nonostante la produzione del mondo sia stata in sostanziale crescita, il tenore di vita medio
delle popolazioni θ rimasto stabile se non si θ
ridotto negli ultimi dieci anni. Il risparmio, un tempo motore dell’economia poichι determinante
per gli investimenti, si θ ridotto se non azzerato per effetto delle difficoltΰ crescenti delle
famiglie a fare fronte con i propri redditi alle spese correnti.
Anche in altri periodi della storia del capitalismo moderno ci sono stati momenti in cui il
risparmio non si riusciva a creare, periodi in cui la crescita ristagnava o era negativa. Nei
periodi in cui la produzione nazionale cresceva, invece, corrispondeva anche una crescita del
risparmio e questo confortava le teorie di allora.
Invece, da circa un decennio, in tutto il mondo occidentale assistiamo ad una caduta del
risparmio unita ad una caduta dei redditi, nonostante il prodotto nazionale continui a salire.
Per la veritΰ, in alcuni paesi fortemente industrializzati, come il Giappone ad esempio, la
crescita del sistema da molti anni sembra essersi arenata poichι oscilla tra momenti di
stagnazione ed altri di lieve recessione.
In Europa e negli Stati Uniti, invece, i dati statistici danno una complessiva crescita del PIL,
decisamente piω marcata nel continente americano, e allo stesso tempo una grave crisi della
formazione del risparmio.
Negli USA, il risparmio θ da anni diventato negativo, nonostante tassi di crescita che per
effetto della new economy hanno superato il tasso del 6% all’anno, mentre in Europa il
risparmio si θ di molto ridimensionato fino a raggiungere la crescita zero in alcuni paesi.
Che cosa θ successo? Gli occidentali sono diventati improvvisamente scialacquatori, e dopo
aver ottenuto la sicurezza alimentare spendono tutto quello che guadagnano in consumi?
Questa non sembra essere la risposta corretta, poichι in effetti anche la domanda di beni di
consumo ristagna o cresce in misura ridotta da molti anni. Oltretutto, θ notorio che le famiglie
dal principio degli anni novanta hanno visto ridurre il proprio reddito ed hanno difficoltΰ
crescenti a sostenere il peso delle spese correnti. Nello stesso periodo le famiglie povere sono
aumentate e quella che sembrava una societΰ opulenta per tutti (e oggettivamente lo θ ancora
rispetto al tenore di vita medio del XIX secolo), θ diventata estremamente opulenta solo per
pochi.
Altro dato noto, θ che larghe fasce di classe media stanno scivolando verso il basso in
condizioni di crescente difficoltΰ.
Le difficoltΰ della domanda di beni di consumo, ovviamente si riflettono sulla domanda di beni
strumentali e le politiche fiscali adottate in occidente non sembrano avere alcuna efficacia.
Politiche diversissime tra di loro se, mentre in Europa si aumentavano in maniera sostanziosa
le imposte e si spingeva la gente a fare sacrifici, negli USA θ stata adottata la politica opposta
di ridurre le imposte e liberalizzare il piω possibile il sistema economico.
Ebbene, sia in Europa che negli USA, con una certa sfasatura temporale dovuta alle differenti
condizioni economiche e politiche dei due continenti, l’economia ha dapprima rallentato e poi,
con l’inizio del nuovo millennio, θ entrata in una crisi di grave portata e dall’esito
assolutamente incerto, sia per il profilo economico che per quello politico.
Questa situazione non si riesce ad affrontare efficacemente con i tradizionali strumenti di
intervento elaborati dal pensiero e dalla pratica economica e finanziaria dopo Keynes. La
sensazione sempre piω diffusa θ che gli strumenti di intervento abbiano del tutto perduto la
loro capacitΰ di incidere sull’economia.
Da un lato, la spesa pubblica θ fortemente ridotta in Europa dai limiti imposti dall’accordo di
Maastricht che impone ai paesi aderenti di raggiungere il pareggio di bilancio entro una data
prefissata e comunque di tenere in costante ribasso il deficit annuale.
Negli Stati Uniti, dopo due anni straordinari di gestione in avanzo di bilancio, a seguito di una
congiuntura favorevole, che ha visto la riduzione delle spese pubbliche sommarsi ad una
stagione eccezionale di guadagni borsistici e di crescita dell’economia, il deficit ha ripreso a
salire e con esso il debito pubblico, nι questo θ valso a far riprendere l’economia statunitense.
D’altra parte, sull’economia americana grava un pesante disavanzo della bilancia dei
pagamenti alimentata anche dalla scarsa competitivitΰ delle merci statunitensi per effetto della
debolezza dell’euro.
Gli interventi sui tassi delle banche centrali europea ed americana, non hanno parimenti
prodotto alcuni risultato tangibile. Negli USA, il Presidente della FED, Alan Greenspan, ha
tagliato i tassi in rapida successione portandoli dal 6,5% del gennaio 2000 all’1,50%
dell’ottobre 2002. Nonostante ciς, l’economia non solo non si θ ripresa, ma continua a dare
segni sconfortanti agli operatori finanziari ed economici e ad aggravare il clima di sfiducia che
si θ creato circa la ripresa dell’economia e intorno alle sue istituzioni.
Le peggiori previsioni sull’andamento dei corsi borsistici si sono realizzate nello sconforto
generale, e non sembra affatto che si sia raggiunto il fondo della discesa.
Insomma, nι gli interventi monetari, nι le iniezioni di liquiditΰ possibili per effetto della spesa
pubblica in deficit, hanno portato ad alcun risultato tangibile.
La BCE, per sostenere il deprimente corso dell’euro, ha tenuto i tassi ad un livello decisamente
piω elevato del dollaro, e anche questo, oltre ai vincoli portati dall’accordo di Maastricht non ha
favorito la ripresa dell’economia europea che ogni anno viene rinviata a quello successivo, tra
l’imbarazzo (si fa per dire) delle autoritΰ responsabili, lo sconforto degli operatori economici, e
l’irritazione crescente della gente comune, che comincia seriamente a dubitare dell’attendibilitΰ
di governi, economisti e persino di istituzioni tradizionalmente attendibili come l’ISTAT.
L’effetto piω evidente della crisi θ proprio quello della debolezza cronica della domanda. Cosμ
come nel ’29, le aziende hanno i magazzini pieni, ma mancano i soldi per acquistarle,
nonostante le favorevoli condizioni cui molte merci sono offerte.
In molti settori dell’economia di produzione si sta verificando una situazione di grave
deflazione, insieme ad una accelerazione dei prezzi di altri beni, in genere di beni durevoli o di
investimento come gli immobili.
Gli investimenti in borsa, dopo la sbornia speculativa dell’inizio del secolo, hanno subito un
drastico ridimensionamento in tutto il mondo che in alcuni settori ha assunto la dimensione del
crollo.
Insomma chi ha i soldi se li tiene o al piω li investe in immobili, con questo contribuendo al
rallentamento della velocitΰ di circolazione della moneta.
Ogni tanto si assiste a fiammate speculative in un settore o in un altro, ovvero da un paese
all’altro, subito seguite da rapidissime fughe degli investitori speculatori. Alla fuga, segue il
disastro economico del settore o del paese.
E’ una nuova specie di quella trappola della liquiditΰ che fu lucidamente analizzata da Keynes. I
soldi ci sono, ma non vengono spesi e il clima di sfiducia che genera la mancanza di
investimenti produce altra sfiducia ed altra tesaurizzazione con conseguente aggravamento
della crisi.
Ovviamente la liquiditΰ esistente θ concentrata in poche mani ed θ essenzialmente generata
nel debito, poichι lo strumento principale per la creazione di moneta nel nostro sistema θ
appunto il debito.
La situazione θ apparentemente senza via d’uscita. Da un lato le autoritΰ monetarie non
possono creare troppa moneta perchι questa genererebbe un’ondata di inflazione, e dall’altra
senza denaro in circolazione le imprese non possono fare investimenti e creare nuova
ricchezza. Il denaro esistente o viene “bruciato” in attivitΰ speculative che si risolvono in una
brusca caduta dei prezzi degli strumenti finanziari (come in borsa) oppure alimenta ondate
inflattive gonfiando i prezzi in determinati settori dell’economia14 [24] . Senza gli investimenti le
imprese sono costrette a ridimensionarsi e a ridurre il personale e questo produce una ulteriore
contrazione della domanda ed aggrava la crisi economica.
15[24] Come nel settore immobiliare o in quello dell’energia, dove si assiste a violenti rialzi di
prezzi non giustificati dal mercato.
Tratto dall'ultimo libro di Domenico de Simone: "Un Altra Moneta. I Titan, la rivoluzione della
finanza", scaricabile gratuitamente.
I tuoi soldi? Non esistono!
Ecco perchι il "nostro" denaro (che nostro non θ) non vale piω (quasi)
nulla
di Sebbone - [email protected]
Qualche giorno fa, mentre frugavo tra le tasche della giacca mi sono ritrovato in mano una
vecchia, cara, banconota da 10.000 lire. Guardandola attentamente perς mi stupisce una cosa,
quella scritta piccola piccola che dice "pagabile a vista al portatore": allora prendo subito un
pezzo da 10 euro e... cosa scopro ? Sugli euro quella misteriosa dicitura manca
completamente.
Il fatto merita di essere approfondito, e dopo un po' di ricerche vengo a sapere che tutti i
contanti che abbiamo, che stiano in tasca, a casa o in banca... non sono nostri ma della Banca
Centrale Europea ! Infatti un tempo il denaro rappresentava il diritto di riscuotere presso la
banca una determinata quantitΰ di oro, e perciς questi pezzi di carta presero il nome di "note
di banco" (poi divenuto "banconote"). Tutto andς avanti cosμ per molto tempo: le banconote
non erano mai tue, erano della banca che le aveva emesse, perς potevi comunque pretendere
una quantitΰ di oro determinata in cambio della moneta. Poi, nel 1944, con gli accordi di
Bretton-Woods, si decise che solo le banche centrali, passando tramite il cambio in dollari,
potevano fare quest'operazione: gli USA diventavano cosμ gli unici a potere effettuare il
cambio diretto cartamoneta-oro (e il dollaro acquisiva quindi un potere enorme). Il 15 agosto
1971 perς c’θ stato un incredibile cambiamento.
I paesi dell'OPEC avevano deciso che il loro petrolio non doveva piω esser pagato in dollari; no,
i verdoni non li volevano piω, ora volevano esser pagati direttamente in oro. Poco male, direte
voi, tanto sono equivalenti e reciprocamente convertibili, no ? E invece no !
Infatti a Fort Knox (il forziere statunitense dove sono custodite le riserve auree ufficiali) gli
USA avevano solo una briciola dell'oro necessario per convertire tutti i bigliettoni nel prezioso
metallo: cosa diavolo era successo ? In soldoni gli americani avevano stampato dollari dal
nulla, come fossero figurine ! Ora perς il giocattolo si era rotto, gli arabi si erano impuntati, ed
erano pure abbastanza incazzati, il caldo di ferragosto era appiccicoso e il presidente Nixon
doveva trovare al piω presto una soluzione: decise che gli USA avrebbero sospeso
definitivamente la convertibilitΰ del dollaro in oro. Morale della favola, "pagabile a vista al
portatore" dal 1971 non ha piω alcun significato, e ora quello che ci rimane sono solo dei
miseri pezzi di carta che non valgono nulla se non il valore che noi stessi gli attribuiamo, e
restano tutti di proprietΰ della BCE. E allora ? Una risposta chiara l’ha data un esperto della
incredibile "truffa monetaria", il prof. Giacinto Auriti: "Allora θ giusto che se il denaro viene
stampato senza riserva, i proprietari siano coloro che accettano la valuta per convenzione. Chi
crea il valore siamo noi", e conclude lanciando una proposta rivoluzionaria: "Insomma, noi
diciamo che la moneta all'atto della sua emissione deve essere accreditata e non addebitata
agli Stati e ai suoi cittadini". Come dimostrato anche dal controeconomista Domenico de
Simone, θ oggi possibile, giusto e necessario “regalare” ad ogni cittadino del denaro (senza
gravare sulle casse dello Stato!) a titolo di Reddito di Cittadinanza Universale, una somma
mensile (se iniziassimo domani potrebbe essere inizialmente di circa 200 euro) che venga
attribuita a tutti per il sol fatto di accettare la moneta, un reddito che garantisca davvero il
diritto alla vita anche a chi non riesce, non puς o non vuole elemosinare un’occupazione
imposta, liberando finalmente le forze creative dell'umanitΰ dalla schiavitω del lavoro forzato.
Un denaro diverso θ possibile. Subito.
Bibliografia:
- Domenico de Simone – Un’altra moneta (Malatempora, 2003) ( il
libro θ copyleft, quindi si puς scaricare gratuitamente) http://www.openeconomy.org/tiki-list_file_gallery.php?galleryId=2
- Ezra Pound, "L'abc dell'economia" (ed. Bollati Boringhieri, 1994, ISBN
8833908526) http://itabol.com/bol/main.jsp?action=bolscheda&ean=978883390852
- Bernard Lietaer, "The future of money"
http://www.amazon.co.uk/exec/obidos/ASIN/0712699910/ref=sr_aps_books_
1_1/202-1004430-5261413
Linkografia:
- Il rivoluzionario progetto “Banca del Movimento”
http://it.geocities.com/domenicods/utopia.htm
- Il gruppo “Open Economy” (laboratorio per dar vita alla Banca del Movimento
ed alla FAZ) http://www.open-economy.org
- Il sito personale di Domenico de Simone http://www.domenicods.tk
- Tutto su Giacinto Auriti http://www.riflettori.net
- Come abolire la fiscalitΰ tradizionale http://www.afimo.it
Terrore a Wall Street
Marcello Pamio
Avete denaro da investire? Volete approfittare di internet per giocare in borsa, e magari
guadagnare qualche soldino extra?
Bene, l'ultima trovata Made in USA θ il "gioco" - che purtroppo gioco non θ - denominato
"Borsa del terrore".
L'idea geniale, uscita dalla mente abbastanza contorta dell'ammiraglio John M. Poindexter (ex
consigliere di Reagan imputato per lo scandalo Iran-Gate, e oggi capo del D.A.R.P.A., l'agenzia
che si occupa di ricerche avanzate nel campo della difesa, sic!) θ stata quella di creare - con la
modica cifra di 8 milioni di dollari (1) - una sorta di luogo virtuale dove chi ha denaro lo puς
investire su un evento terroristico, o meglio ancora, sull'assassinio di un leader politico, la
caduta di un regime, su di un missile che precipita in un centro abitato, o su qualsiasi altra
nefandezza legata a catastrofi e/o omicidi.
La vicenda θ talmente seria che fino a due giorni fa sulle pagine del sito
www.policyanalysismarket.org (www.policyanalysis.org) erano visibili i vari tipi di eventi (2) su
cui si poteva puntare: come per esempio "Arafat assassinated 1st 04", nel primo trimestre del
2004, o "Nord Korea missile attack 4th 03", nel secondo trimestre del 2003 (3). Sμ, perchι per
"vincere" bisogna pure azzeccare il momento giusto; non basta indovinare il bersaglio.
Talmente preoccupante θ la notizia che ieri, i vertici di Washington hanno vissuto momenti
poco felici (4), l'amministrazione statunitense, travolta da una valanga di polemiche, ha dovuto
compiere una immediata retromarcia.
Il merito di questo dietrofront θ del senatore democratico Ron Wyden, che assieme al deputato
Byron Dorgan hanno pubblicamente denunciato questa malsana idea, definendola appunto
"ripugnante e grottesca" (5)
L'ammiraglio Poindexter, che va ricordato anche per l'eccezionale proposta - fortunatamente
bocciata - per la schedatura di tutti i cittadini statunitensi, non ha pensato (o forse ne era
perfettamente consapevole), che in un simile gioco "i terroristi sono di fatto incoraggiati a
entrare in quel mercato per ottenere un vantaggio finanziario scommettendo sui loro stessi
progetti o per fuorviare l'attenzione delle autoritΰ americane scommettendo su progetti che
non hanno nessuna intenzione di mettere in pratica" (6)
"Si sono spinti un po' troppo lontani con la fantasia" sono le laconiche parole del
sottosegretario alla Difesa (il piω estremo dei "falchi") Paul Wolfowitz, il quale all'indomani
dell'attentato dell'11 settembre andava proclamando: "Liquidare tutti gli stati che appoggiano il
terrorismo, dovunque e in ogni momento".(7)
Bene...visto la proposta inequivocabilmente di "appoggio" al terrore, del suo ammiraglio
Poindexter, perchι non iniziare con il liquidare se stessi immediatamente?
Fonti:
(1) Franco Pantarelli "La bomba speculativa" - "Il Manifesto" 30 luglio 2003
(2) "Pentagono rinuncia alle scommesse sugli attentati" - "La Padania" del 30 luglio 2003
(3) Roberto Zanini: "Mercato Fatale" - "Il Manifesto" del 30 luglio 2003
(4) "Scommesse" sul terrorismo, il Pentagono fa marcia indietro - Leggo del 30 luglio 2003
(5) Franco Pantarelli "La bomba speculativa" - "Il Manifesto" 30 luglio 2003
(6) Ron Wyden (senatore democratico) e Byron Dorgan (deputato democratico) in una lettera
inviata all'ammiraglio Poindexter
(7) "Chi comanda in America" di Maurizio Blondet, ed. Effedieffe
«Progetto anni ‘80»
disintegrazione controllata dell’economia mondiale
Estratto dal libro «ONU gioco al massacro» di Franco Adessa, ed. Civiltΰ
«L’umanitΰ ha la sensazione che sia venuto il momento di chiedere ai potenti del mondo un
atto di leadership. Essa vuole che qualcuno (…) si levi al di sopra della mischia e la guidi verso
situazioni in cui essa possa orientarsi, dicendole chiaramente qual θ il prezzo, il sudore, i
sacrifici e, magari, le lacrime e il sangue che essa deve pagare per uscire dal malpasso
attuale»
(Aurelio Peccei, ex presidente del «Club di Roma»)
La risposta a questo atto di leadership dei potenti della mondo fu il «Progetto per gli anni ‘80»,
ovvero «la disintegrazione controllata dell’economia mondiale», lanciato dal Consiglio delle
Relazioni Estere (CFR), un’istituzione privata americana di stampo massonico che controllava
l’intera amministrazione Carter.
Questo “progetto”, curato dall’ex Segretario di Stato Cyrus Vance, e che ci concluse nel 1979
con la presentazione di ben 30 volumi, venne definito come: «Il piω grande singolo sforzo,
negli ultimi 55 anni di storia (…). Esso ha lo scopo di definire il modo col quale le tendenze
mondiali possano essere convogliate verso un particolare e desiderabile obiettivo futuro».
Questi volumi divennero, immeditamente, la “Bibbia” per l’Amministrazione Carter che, in gran
parte, era formata da membri della Commissione Trilaterale.
Un anno dopo, con lauti finanziamenti, provenienti dalle Fondazioni Rockefeller, Ford, Mellon e
Thyssen, vennero formalmente istituzionalizzate le sessioni per il «Progetto per gli anni ‘80» e
creati gruppi di studio per esplorare aree specifiche.
La strategia proposta si articolava nei seguenti obiettivi immediati:
12-
3-
Imporre un regime economico, su scala mondiale, di «disintegrazione controllata»;
Imporre a tutto il settore in via di sviluppo il «modello cambogiano», o quello
«iraniano» per la distruzione delle cittΰ;
Ripristinare l’antico mondo, stile coloniale, con la dottrina della sovranitΰ limitata;
4-
Formare un’alleanza tra la Cina e l’Occidente, per attuare questo piano nei paesi in
via di sviluppo
5-
Obbligare l’Unione Sovietica a scegliere tra un Trattato di limitazione dello sviluppo
scientifico e tecnologico e la guerra termonucleare;
67-
Sviluppare «politiche alternative» per raggiungere gli obiettivi strategici;
Condurre una politica estera americana con lo scopo di obbligare le altre nazioni a
scegliere tra queste «politiche alternative».
Gli obiettivi strategici del «progetto per gli anni ‘80» non originavano dal conflitto tra
«capitalismo» e «socialismo», o quello tra Est e Ovest, ma dalla guerra tra Nord e Sud, tra
paesi
ricchi
e
quelli
poveri!
Cosμ, viene posta la questione da Richard Ullman, uno tra i principali leaders del progetto: «Le
relazioni politiche ed economiche tra i paesi ricchi e quelli poveri sembrano rimanere il tema
centrale sull’agenda internazionale per un futuro indefinito. Il “Progetto per gli anni ‘80” ha
dedicato un’attenzione particolare alle soluzioni possibili e desiderabili per queste relazioni
(…)».
Quando Aurelio Peccei ordinς il primo modello del «Club di Roma» fu solo per suscitare “nuove
concezioni” e “nuove strategie politiche”. Dopo aver introdotto queste idee col rapporto “I limiti
dello sviluppo”, il Club di Roma passς alla fase successiva. Con questa nuova fase, il Club di
Roma ottenne il suo secondo obiettivo, quello di far adottare principi maltusiani nella politica
dei singoli Stati. Il «Progetto per gli anni ‘80» si collocava in questa fase intermedia di studi
scientifici, in attesa di un nuovo studio che chiarisse il vero scopo delle “soluzioni possibili e
desiderabili”: il genocidio! e che fosse finalizzato alla creazione di nuove istituzioni, capaci di
pianificare questo genocidio su scala mondiale!
Dhana: la moneta dei popoli della Terra
di Domenico de Simone
Lunedμ sera, dal grande palcoscenico di Striscia la notizia, la sig.ra Cheti Franceschi ha
raccontato a milioni di spettatori stupiti che il dollaro non vale niente che siamo a rischio di un
crollo delle monete e dell’economia mondiale, ma che la panacea di tutti i mali θ nelle sue
mani ed in quelle preziosissime del suo mentore Rodolfo Marusi Guareschi, padre padrone del
gruppo Avatar S.p.A., societΰ capitalizzata per la bellezza (udite, udite!) di ben 300.000
miliardi di vecchie lire.
La panacea sarebbe costituita dal Dhana, ovvero la moneta dei popoli della terra che il buon
Marusi Guareschi mette generosamente a disposizione di tutti dall’alto dell’enorme ricchezza
(?) delle sue societΰ.
Peccato che dietro queste mirabolanti cifre e progetti non ci sia nulla se non qualche trucchetto
contabile che nemmeno alla Parmalat hanno mai osato mettere in pratica, e che ha attirato da
tempo l’attenzione della Guardia di Finanza e di qualche solerte magistrato che hanno voluto
andare a fondo nella vicenda. Anche perchι nel frattempo, le societΰ del Guareschi, e
segnatamente 452 societΰ di recentissima costituzione, tutte facenti capo alla Maguro S.p.A.,
altro caposaldo dell’impero di Guareschi e tutte con lo stesso amministratore unico (in tutti i
sensi!), avevano chiesto finanziamenti per oltre 6000 miliardi di lire alla Comunitΰ Europea,
fondando le proprie ambiziose iniziative proprio sulla capitalizzazione record ottenuta
attraverso la Avatar S.p.A..
Alla fine un mandato di cattura per tutti, dalla Procura di Lecce in primis per la tentata truffa in
danno delle istituzioni, e dalla Procura di Palermo per una tentata truffa telematica da mille
miliardi in danno del Banco di Sicilia e da quella di Parma per i trucchi contabili delle societΰ in
questione.
E non poteva essere altrimenti visto che dietro le fantasmagoriche cifre agitate nelle societΰ
fantasma del Guareschi non c’θ nulla e nessuno. Nessuna attivitΰ industriale, nessuna attivitΰ
di servizi, nessuna creazione di ricchezza, solo pezzi di carta che girano vorticosamente tra
societΰ e che creano denaro fasullo come e peggio di quello dei bilanci truccati della Parmalat.
Ora che il dollaro non valga nulla θ vero, ed allo stesso modo non vale niente l’euro. I soldi di
tutti noi sono a rischio serio cosμ come θ a rischio l’economia in Europa e nel mondo. Ma
l’alternativa non sta nei magheggi di un signore che si autoproclama presidente della
Repubblica della Terra, bensμ nel lavoro e nella attivitΰ dei milioni di persone che in tutto il
mondo stanno sperimentando ed adoperano monete alternative a quelle del potere finanziario.
I Lets anglofrancesi, gli Ithaca americani, le monete dell’amore giapponesi, i Creditos
argentini, sono monete alternative che hanno consentito a milioni di persone di uscire dalla
crisi e generare nuova ricchezza. Guardando alle monete alternative dobbiamo partire da
queste esperienze concrete e non dalle invenzioni in odore di truffa. Anche perchι si rischia di
fare tutt’erba un fascio e di scambiare per truffa tutte le monete alternative, mentre invece la
vera truffa θ nell’appropriazione da parte delle banche del meccanismo di creazione di moneta
che sarebbe ora di spiegare alla gente nella sua realtΰ effettiva.
E’ quello che vogliamo fare al piω presto sugli schermi di Emilitv, per spiegare la crisi, la
truffa della moneta, l’enorme debito pubblico e quello ancora piω grande delle imprese
private e capire come se ne puς uscire fuori. Perchι le alternative ci sono e sono ben
concrete e praticabili, da ora e subito.
Nel frattempo agli amici di Striscia la Notizia una tiratina di orecchie e l’invito ad informarsi
meglio prima di presentare servizi come quello di lunedμ sera sul Dhana. Si rischia di fare
disinformazione e confusione ed θ proprio quello che vuole il potere finanziario per restare
in piedi. Eh no, eh no, eh no! Domenico de Simone
Il potere del dollaro nero
Tratto da: «Il crollo economico del 2006-2007»
ORDINA IL LIBRO
Di seguito ho riportato un modo diverso di vedere quello che sta accadendo a proposito del
dollaro e dell’euro. Il piω delle volte, il modo migliore per tentare di capire questioni di tipo
monetario θ di analizzarle piω volte secondo diverse angolazioni.
Provate a seguire la spiegazione seguente, θ semplice come un libretto degli assegni. Θ stata
elaborata da un valente scrittore ambientalista australiano per fare comprendere a tutti la
posizione dell’euro.
«Fate finta di essere sommersi dai debiti ma ogni giorno fate assegni per milioni di dollari che
non avete: l’ennesima auto di lusso, una casa di vacanze sulla spiaggia, il giro attorno al
mondo che avete sempre sognato.
I vostri assegni non dovrebbero valere niente ma continuano a permettervi di comperare cose
perchι i vostri assegni non arrivano mai in banca! Avete un accordo con i proprietari di una
cosa che tutti vogliono, per esempio benzina o metano, e secondo quest’accordo loro sono
tenuti ad accettare solo i vostri assegni come pagamento. Ciς significa che tutti devono fare
incetta dei vostri assegni cosμ possono usarli anche per comperare altre cose. Staccate un
assegno per comperare un televisore, il proprietario del negozio scambia il vostro assegno con
benzina o metano; quell’esercente lo usa per acquistare della verdura dal fruttivendolo, il
fruttivendolo lo passa per comperare pane, il fornaio lo usa per comperare la farina e cosμ di
seguito, senza fermarsi, ma non ritorna mai alla banca.
Avete un debito nei libri contabili, ma finchι l’assegno non arriva alla banca, non dovete
pagare. In realtΰ, avete avuto il televisore per niente. Questa θ la posizione di cui gli USA
hanno goduto per oltre 30 anni: hanno sfruttato il commercio mondiale per tutto questo
tempo. Hanno ricevuto un enorme sussidio da tutti quanti. Poichι il debito ha continuato a
crescere, hanno dovuto emettere piω soldi (staccare piω assegni) per continuare a fare affari.
Non c’θ da stupirsi se θ una potenza economica.
Finchι un giorno, un benzinaio dice che accetterΰ anche gli assegni di qualcun altro; altri
pensano che potrebbe essere una buona idea. Se la tendenza prende piede, non ci sarΰ piω la
corsa ai vostri assegni che fileranno dritti diritti in banca. Visto che in banca non avete
abbastanza soldi per onorare tutti gli assegni, vi ritroverete immersi nei guai fino al collo!
I dollari emessi dagli Stati Uniti, gli “assegni” staccati, inizieranno a essere presentati per il
pagamento, grattando via l’illusione di valore che li sosteneva. La situazione economica reale
degli Stati Uniti naviga in acque profonde; sono la nazione piω indebitata della terra, devono
pagare circa 12.000 dollari per ogni singolo individuo dei suoi 280 milioni di uomini, donne e
bambini. Si trovano in una posizione peggiore dell’Indonesia quando un paio di anni fa implose
economicamente, o in quella piω recente dell’Argentina».
Attenti alle manifestazioni di panico
A questo punto non ci vuole molta fantasia per capire che il petrolio quotato in euro θ molto
piω pericoloso per gli Stati Uniti di tutte le armi di distruzione di massa magicamente svanite
che, a quel che si dice, Saddam sarebbe stato sul punto di usare contro gli americani. Alla luce
di questi fatti, molti europei sostengono animatamente che la “vera” ragione che ha spinto
Bush a invadere l’Iraq θ il petrolio. Chi puς dire che si sbagliano? Bush, l’erede di una dinastia
di petrolieri? Cheney, la cui ricchezza personale deriva dal petrolio?
Come non puς essere per il petrolio? L’occupazione di Baghdad farΰ sμ che l’Iraq ritorni a usare
il dollaro. Un giunta irachena “democraticamente” formata e appoggiata dall’America
permetterebbe
agli Stati Uniti di infischiarsene della produzione dell’OPEC e del cartello per i prezzi del
petrolio. Poichι l’Iraq possiede la seconda riserva di petrolio del mondo ed θ in grado, con
ulteriori investimenti, di pompare circa 7 milioni di barili di petrolio al giorno, l’Iraq θ secondo
solo all’Arabia Saudita come bene immobiliare piω prezioso del mondo. Gli Stati Uniti possono
incrementare la produzione di petrolio dell’Iraq a livelli che vanno ben oltre le quote dell’OPEC
e far scendere i prezzi a livello mondiale. Oppure, possono quotare i prezzi del petrolio in
dollari e sostenere il valore del “petrodollaro” per molti anni a prescindere dall’euro.
Prima dell’invasione, la situazione in Iraq era la seguente: l’Iraq aveva iniziato a vendere
petrolio in euro in novembre 2000 quando l’euro valeva circa 82 centesimi. All’epoca, questa
decisione fu considerata un insolito atto di provocazione politica, ma in realtΰ fu un’astuta
decisione finanziaria. Nel 2001, l’euro guadagnς circa il 25% sul dollaro. Per l’Iraq fu un vero e
proprio guadagno finanziario.
L’Iran ha dato segni di voler adottare l’euro come valuta per le contrattazioni del suo petrolio e
nel 2003 il Venezuela, un importante produttore di petrolio, sta adottando misure per passare
alle quotazioni in euro. Molto probabilmente gli altri paesi dell’OPEC seguiranno lo stesso
esempio. Alla conferenza dell’OPEC tenutasi in Spagna il 14 aprile 2002, i paesi membri hanno
discusso
della
possibilitΰ
di
quotare
le
varie
qualitΰ
di
greggio.
Il controllo degli Stati Uniti sul petrolio iracheno renderebbe vana qualsiasi azione dell’Iran e
forse il Venezuela da solo non avrebbe abbastanza influenza sul resto del mondo. Ma se l’intera
produzione dell’OPEC fosse quotata in euro, sul dollaro ci sarebbero forti pressioni. A meno
che… A meno che la dinastia saudita, che a quanto si dice possiede azioni statunitensi per un
valore di circa mille miliardi di dollari e le riserve di petrolio piω grandi del mondo, mantenga i
suoi
prezzi
in
dollari
insieme
all’Iraq.
Θ questo che ha in mente la Fazione imperiale? Θ questo che in realtΰ aveva in mente Osama
bin Laden? L’Arabia Saudita, allora, θ l’obiettivo finale di al-Qaeda, movimento in gran parte
controllato
dai
radicali
sauditi?
In maggio 2004, l’Unione Europea si allargherΰ ad altri 10 paesi. In quel momento, l’Unione
consumerΰ circa il 33 percento in piω di petrolio degli Stati Uniti. Al fine di stabilire rapporti
commerciali reciproci, gli europei potrebbero esercitare sempre maggiori pressioni sull’OPEC
per
commerciare
in
euro.
Visto che l’area euro sarΰ il maggiore cliente dell’OPEC con la valuta piω stabile e piω
apprezzata del mondo, molte delle nazioni dell’OPEC troveranno la proposta allettante. Se
l’OPEC, o anche solo alcuni dei paesi membri, dovessero passare all’euro per le transazioni
petrolifere, ci sarebbe un cambiamento alquanto veloce dei valori relativi del dollaro e
dell’euro, a prescindere dagli eventi che si sono verificati da allora ad adesso.
Se la Fazione imperiale dovesse lasciarsi sfuggire dalle mani il controllo sul petrolio saudita e
iracheno, cosa altamente possibile, prima o poi il dollaro crollerebbe. In sostanza, le nazioni
consumatrici di petrolio eliminerebbero pian piano i dollari dalle riserve della banca centrale
per sostituirli con gli euro. Secondo alcuni analisti il dollaro potrebbe subire un ribasso anche
del 40 percento in un anno se tutti i paesi dell’OPEC decidessero contemporaneamente di
quotare i prezzi in euro.
Il prestito senza interessi - e le valute a interesse negativo
In Svezia la Banca JAK ha piu' di 20.000 clienti che non sono soggetti a tasso d'interesse
e pagano soltanto le spese amministrative.
Il trucco sta nei "punti di risparmio": non sono dati solo dalla somma di denaro presente sul
conto, ma anche dal tempo di permanenza, e sono misurati in euro/mese (corone/mese in
Svezia). Normalmente si puo' chiedere un prestito solo fino alla cifra di euro/mese che si e'
riusciti a risparmiare. Ma si puo' ottenere fino a otto volte di piu' se si continua a
risparmiare mentre si restituisce il prestito. Gli euro/mese risparmiati devono corrispondere
a quelli restituiti: in questo modo si costruisce un fondo che dev'essere alimentato fino alla
restituzione totale del prestito. Questo equilibrio tra prestiti e risparmi isola sia la Banca
JAK sia i suoi clienti dalle crisi del mercato monetario. Non si e' toccati in alcun modo dal
tasso di interesse praticato a livello nazionale.
Il movimento JAK nacque in Danimarca negli anni Venti e le banche JAK hanno
aumentato la prosperita' in tutti i luoghi in cui sono state introdotte. Le banche tradizionali
fanno di tutto per eliminarle, perche' il movimento minaccia la sorprendente concessione
che la societa' fa alle banche: quella di creare denaro e tenere per se' gli interessi. Ma la
banca svedese JAK ha escogitato una formula che si sta diffondendo e che il sistema
difficilmente riuscira' a fermare.
Ma cosa succede se ampliamo gli orizzonti? Dopotutto questo libro ha criticato duramente
l'interesse. Bernard Lietaer, considerato il maggior commerciante di valute del mondo,
suggerisce che servirebbe non una valuta a interesse zero, ma addirittura a interesse
negativo: quest'ultima potrebbe aumentare di molto il giro d'affari.
La nostra valuta, su cui grava l'interesse, obbliga le imprese a fare investimenti di breve
periodo; se non si ha bisogno di un prodotto fino all'anno successivo non lo si mette in
produzione: il valore del denaro cresce piu' in fretta del tasso di inflazione.
Grazie all'attualizzazione dei flussi di cassa, una tecnica usata da tutti i promotori
finanziari, un onere ripartito su dieci anni costa un terzo della cifra che costerebbe oggi. Se
un'impresa decide di essere coscienziosa, investendo per il futuro, qualche sciacallo avido
di beni la fagocitera'. L'aumento di valore della valuta porta alla speculazione, non
all'investimento in beni reali. Ma se una valuta perde costantemente valore (valuta a
interesse negativo) e' vero il contrario. Per esempio, se siete convinti che i dispositivi
fotovoltaici o le celle a combustione avranno molto mercato tra dieci anni, prima avviate
un'industria e meglio e'. Farlo vi costera' molto di piu' tra qualche anno, perche' la vostra
valuta si sara' svalutata. Quindi la valuta a interesse negativo favorisce gli affari e la
programmazione a lungo periodo, incoraggiando le persone a mantenere la loro proprieta',
e non puo' essere usata per la speculazione.
Un tempo il sistema monetario soddisfava i bisogni commerciali delle grandi industrie. Ma
oggi meno del 5% del commercio riguarda il mondo reale di beni e servizi: il resto e'
speculazione valutaria, che cresce a un ritmo del 15% annuo e non e' neppure tassata! (e'
stata proposta la Tobin Tax, ma una valuta a interesse negativo la renderebbe inutile).
Nazioni, industrie e banche sono impotenti di fronte a questa speculazione. Si basa
sull'instabilita', altrimenti il meccanismo non produrrebbe profitto. La speculazione
valutaria, una sorta di cancro al cuore del nostro sistema. Prevedibilmente, le grandi
imprese non amano commerciare in queste valute instabili, quindi un quarto del
commercio mondiale ha gia' riscoperto il baratto.
La Pepsi, per esempio, si fa pagare i profitti del mercato russo con la vodka; la Francia
costruisce centrali nucleari in cambio di petrolio. Questo ritorno al baratto e' certamente
un'ammissione della sconfitta degli economisti fanatici ed e' tempo che essi comincino a
pensare a meccanismi che siano utili al mondo reale.
Le valute a interesse negativo in passato sono state utili a civilta' fiorenti, come la Dinastia
Ming, l'Antico Egitto, l'Europa dei secoli X-XIII (l'epoca delle cattedrali) e oggi e' piuttosto
probabile che le imprese ricerchino la stabilita' di una valuta a interesse negativo per
sfuggire al carosello degli speculatori.
Quando lo Stato esercitava la sovranitΰ monetaria: biglietti di Stato a corso legale
Tratto da: “La banca, la moneta e l'usura", di Bruno Tarquini, ed. Controcorrente
La rinuncia dello Stato alla sovranitΰ monetaria
Visto su http://saba.fateback.com/articoli/bigliettidistato.html
Contrariamente a quanto accade nel rapporto tra Stato e cittadini con l'emissione dei titoli
fruttiferi, in quello che viene a stabilirsi tra Stato e la Banca Centrale, con l'emissione della
moneta bancaria (banconota), si coglie in tutta la sua drammaticitΰ la rinuncia da parte
dello Stato alla sovranitΰ monetaria ed al conseguente esercizio del potere di "battere
moneta"; si avverte sopratutto la stranezza di una situazione che poteva trovare una valida
giustificazione in altri tempi, quando la moneta aveva un proprio valore intrinseco perchι
costituita da pezzi coniati in metalli pregiati, o quando essa, pur rappresentata da simboli
cartacei, aveva tuttavia una copertura nelle riserve auree o argentee delle banche: allora
era frequente che il re o il principe (cioθ lo Stato), non avendo a propria disposizione
risorse finanziarie (metallo pregiato) per sostenere, ad esempio, le spese di una guerra,
ricorresse ai banchieri per ottenere i necessari prestiti. Ma nell'attuale momento storico, in
cui la moneta θ costituita soltanto da supporto cartaceo, privo di qualunque copertura
aurea o valutaria, non si comprende la ragione per la quale lo Stato debba richiedere ad
un apposito istituto bancario privato il mutuo, sempre oneroso, di banconote create dal
nulla e prive quindi di ogni valore intrinseco, trasferendogli in tal modo, con la sovranitΰ
monetaria, non solo il potere di emettere moneta, ma anche il governo di tutta la politica
monetaria, attraverso il quale, come si θ giΰ esposto, non puς non influirsi in maniera
assolutamente determinante su tutta la politica economico-sociale del governo nato dalla
volontΰ popolare. Per ricorrere ad una esemplificazione estrema, ma, comunque sia,
idonea a far comprendere l'entitΰ del problema, non si capisce perchι non possa essere
posta in circolazione moneta statale (biglietto di Stato) anzichι moneta bancaria
(banconota), dal momento che, tanto, sia l'una che l'altra non sono garantite da alcuna
riserva aurea o valutaria.
Peraltro θ bene sapere che lo Stato, oggi, per mezzo dei propri stabilimenti della Zecca,
provvede alla creazione ed alla messa in circolazione di tutta la monetazione metallica, del
cui ammontare (anche se di modestissimo valore rispetto a tutto il circolante cartaceo di
banconote) esso non θ debitore di nessuno, tanto meno della [ndt: privata] Banca d'Italia.
Cosμ come, fino a pochi anni fa, provvedeva, nello stesso modo, alla creazione ed alla
messa in circolazione di carta moneta di cinquecento lire e, prima ancora, anche di mille
lire [1], neanche in relazione delle quali ovviamente sorgeva in capo allo Stato alcuna
obbligazione di restituzione nι di pagamento di interessi, poichι di esse lo stesso Stato non
si indebitava, provvedendo direttamente alla loro creazione ed alla loro immissione in
circolazione.
Questo dimostra, dunque, che lo Stato avrebbe i mezzi tecnici per esercitare in concreto il
potere di emettere moneta e per riappropriarsi quella sovranitΰ monetaria che gli
permetterebbe di svolgere una politica socio-economica non limitata da influenze esterne,
ma soprattutto liberandosi di ogni indebitamento [2]. E' questo, senza alcun dubbio, il piω
grave problema che il mondo, al di lΰ e al di sopra di ogni divisione politica, deve affrontare
e risolvere; ma intanto si sarebbe giΰ fatto un grande passo avanti, se esso prendesse
coscienza di questo problema e ne comprendesse la decisivitΰ; dalla scelta, consapevole
e meditata, tra una soluzione e l'altra del problema della sovranitΰ monetaria, dipenderΰ la
sorte della nostra civiltΰ [3].
Note:
[1] Di questa carta-moneta riproduciamo nella pagina seguente querlla da cinquecento lire:
come si vede, essa, diversamente dalle banconote, porta l'intestazione della "Repubblica
Italiana", θ denominata "Biglietto di Stato a corso legale", non risulta "pagabile a vista", θ
firmata da funzionari statali (il Direttore Generale del tesoro ed il Cassiere speciale) e reca
il visto della Corte dei Conti.
[2] Che esistano in circolazione due tipi di moneta θ dimostrato dal fatto che nelle stesse
tabelle della Banca d'Italia relative al denaro in circolazione, viene contabilizzata solo la
"moneta del settore non statale", vale a dire la moneta del settore bancario, cioθ il volume
di banconote emesse in prestito allo Stato.
[3] Ci sarΰ pure un motivo perchι in Italia circolino due tipi ("settori") di moneta: da una
parte quella metallica (e fino a qualche anno fa i biglietti da mille e cinquecento lire), che lo
Stato crea e mette in circolazione senza indebitarsene, e dall'altra, quella costituita dalle
banconote, creata e messa in circolazione dalla Banca d'Italia e di cui lo Stato (il popolo) si
indebita. Il lettore θ forse giΰ in grado di comprendere tale motivo, ma giΰ θ molto che egli
sia portato a conoscenza della singolare bipartizione. [ndt: con la truffa della riserva
frazionaria, si ha un ulteriore signoraggio sottratto allo Stato, quello scritturale: quello dei
depositi "a vista" e delle aperture di credito]
Scarica