Prime pagine - Codice Edizioni

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Indice
VII
Prefazione
IX
Prologo
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Meraviglia n. 1
Abbandonando la terraferma
35
Meraviglia n. 2
Nane e giganti del mondo stellare
91
Meraviglia n. 3
Quando una stella esplode…
129
Meraviglia n. 4
Le pulsar: i cronometri dell’universo
163
Meraviglia n. 5
La gravità: il grande dittatore
217
Meraviglia n. 6
Illusioni dello spazio
261
Meraviglia n. 7
L’universo in espansione
317
Epilogo
337
Indice analitico
Le sette meraviglie del cosmo
Meraviglia n. I
Abbandonando la terraferma
Il giorno in cui vidi il Sole sorgere a ovest
Era un giorno d’inverno del 1963, il 14 dicembre a essere precisi,
quando vidi il Sole sorgere a ovest.
No, non vi sto affatto prendendo in giro.Andò proprio così. Ma,
per rendere credibile la mia dichiarazione di poco sopra devo raccontarne le circostanze. Ecco quindi tutta la storia…
Accadde su un Boeing 707 della British Airways diretto da
Heathrow a Chicago. Ero seduto accanto al finestrino, e di fianco a
me c’era l’astronomo David Dewhirst, dell’osservatorio della
Cambridge University. Stavamo andando a Dallas, in Texas, per un
simposio internazionale sul collasso gravitazionale e l’astrofisica relativistica.
Il cielo era terso, com’è naturale sopra i diecimila metri. Guardavo fuori dal finestrino, osservando le sfumature cremisi sull’orizzonte sud-occidentale: avevo appena visto tramontare il Sole. Un torpore post-prandiale mi stava invadendo quando, proprio mentre stavo
per addormentarmi, all’improvviso David Dewhirst mi scosse:
«Guarda, il Sole sta sorgendo di nuovo: eppure sono sicuro di averlo
visto tramontare sotto l’orizzonte pochi minuti fa.» Il tono normale
e disinvolto tradiva un’eccitazione soffocata.
Sbirciai fuori: non c’erano dubbi, il Sole stava spuntando all’orizzonte sud-occidentale. E, nei minuti successivi, sotto i nostri occhi
incollati al vetro si alzò visibilmente. Purtroppo quello spettacolo
unico non durò a lungo: il Sole interruppe il suo cammino e, alla
fine, tramontò mentre l’aereo virava verso sud. Quando iniziammo
la nostra discesa verso l’aeroporto O’Hare, era quasi buio.
Ecco lo spettacolo di cui David Dewhirst e io fummo testimoni
quella sera. Un’esperienza che non dimenticherò mai.
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Meraviglia n. 1
Perché il Sole era sorto a ovest?
La risposta a questa domanda non si richiama né a miracoli né a illusioni ottiche. Si tratta di un evento reale e del tutto naturale, che ha
una spiegazione assolutamente ragionevole: un esempio che dimostra quanto diverse possano essere le nostre esperienze non appena
si abbandoni la Madre Terra.
Prima di tutto, proviamo a capire perché, ogni giorno, vediamo il
Sole sorgere a est e calare a ovest. O, in altri termini, perché vediamo
le stelle muoversi nel cielo da est a ovest. Oggi persino gli alunni della scuola elementare ne conoscono il motivo: la Terra gira intorno al
suo asse nord-sud e, visto da questa piattaforma mobile, il cielo stellato sembra ruotare nella direzione opposta, proprio come quando su
una giostra vediamo case e alberi girare in direzione contraria. Se il
Sole e le stelle sembrano muoversi da est a ovest, è perché la Terra si
comporta come una giostra gigantesca che gira da ovest a est.
Semplice, vero? Con l’aiuto di una sfera chiunque può convincersi di una tale ipotesi; ma l’umanità ha impiegato millenni per accettare questa spiegazione. Apriamo una breve digressione, e diamo
un’occhiata fugace alla storia.
«Eppur si muove»
Oltre duemila anni fa i Greci, all’epoca la civiltà europea più sofisticata, credevano che la Terra fosse immobile e che il cosmo le girasse
intorno. Immaginate il cielo come una sfera con le stelle incastonate
sulla sua superficie interna, e la Terra al suo centro; si pensava che anche il Sole e i pianeti ruotassero intorno alla Terra, pur se a una distanza minore rispetto a quella delle stelle.
A un esame superficiale della nostra esperienza, è una teoria che
appare del tutto ragionevole. La Fig. 1-1 mostra le traiettorie circolari delle stelle fotografate da un apparecchio lasciato esposto per
un’intera notte. Notate che una stella tipica, in qualunque momento
la osserviate, appare come una sorgente di luce puntiforme: la sua posizione muta lentamente, e il tutto è difficilmente percepibile se la si
guarda solo per pochi minuti. Ma se si torna a osservarla dopo un
paio d’ore, quella stella, insieme alle altre, si sarà spostata. La macchina
fotografica ha catturato, nella Fig. 1-1, il percorso costante di ciascuna
Abbandonando la terraferma
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1-1. Le traiettorie circolari delle stelle nell’emisfero meridionale, con l’Anglo-Australian Telescope in primo piano. Se nel sud esistesse una stella polare, si presenterebbe come un punto al
centro di questi archi stellari (fotografia di David Malin © Anglo-Australian Telescope).
stella: perciò vediamo delle traiettorie circolari invece di punti luminosi. Confrontate questa figura con, ad esempio, la Fig. 1-2, che cattura le luci dei fari delle auto in movimento nel traffico cittadino.
Analogamente, durante il giorno vediamo il Sole muoversi lungo
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Meraviglia n. 1
1-2. I fari delle automobili mostrano traiettorie rettilinee nelle superstrade trafficate (confrontatele con le traiettorie stellari della Fig. 1-1).
una traiettoria circolare da est e ovest, solo che la sua luminosità è eccessiva per una macchina fotografica! Ecco il motivo per cui, per un
osservatore sulla Terra, era assolutamente naturale supporre che la
Terra fosse immobile e tutto il cosmo le ruotasse intorno.
Un filosofo greco, però, la pensava diversamente. Aristarco di
Samo (310-230 a.C. circa) sosteneva che quelle osservazioni potessero essere spiegate più facilmente partendo da un’altra premessa: che la
Terra ruotasse da ovest a est, mentre il cosmo rimanesse fisso.Aristarco, la cui opera andò perduta nell’incendio della celebre biblioteca di
Alessandria d’Egitto, riteneva inoltre che la Terra ruotasse intorno al
Sole, e non il contrario (vedi Fig. 1-3). Ma le sue idee non incontrarono un grande consenso, e per buone ragioni.Vediamo perché.
Prima di tutto ritorniamo all’esempio della giostra. Una persona
che vi si trovi sopra, sperimenta una forza che tende a trascinarla
lontana dal centro. È lo stesso effetto che sentiamo quando, in auto,
imbocchiamo una curva ad alta velocità e siamo spinti lontano dal
centro della curva. Dunque, stando sulla Terra che ruota, perché non
Abbandonando la terraferma
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1-3.Aristarco di Samo
(su gentile concessione
di Spiros Cotsakis, Samo).
siamo scagliati lontani dall’asse di rotazione? Questa domanda non
poteva ricevere una risposta al tempo di Aristarco.
In secondo luogo considerate il seguente, semplice esperimento:
in un parco, guardate un albero da una distanza di, diciamo, circa 50
metri. Poi, spostatevi lateralmente, rispetto all’albero, di una decina
di metri, e guardatelo di nuovo. La sua posizione rispetto agli alberi
sullo sfondo risulterà diversa.Analogamente, se guardiamo una stella
e poi la riguardiamo sei mesi dopo, la sua posizione risulterà diversa
rispetto alle stelle più lontane e ciò vorrà dire che la Terra, in quei sei
mesi, si è spostata dalla sua posizione originale.Aristarco si aspettava una
simile conclusione, e cercò di dimostrarla per convalidare le sue teorie, ma non vi riuscì.
8
Meraviglia n. 1
Le sue ipotesi fallirono su entrambi i fronti. Noi oggi sappiamo che,
nonostante queste obiezioni, Aristarco aveva ragione. Il motivo per
cui non veniamo spinti via dalla Terra in rotazione è che l’intensità
di questa forza è minima rispetto alla forza d’attrazione esercitata
dalla Terra su tutti noi, la forza di gravità. È grazie alla forza di gravità che restiamo attaccati alla superficie della Terra e tendiamo a ricadere quando proviamo a saltare in alto. È la forza che ci fa “sentire il
nostro peso”. Paragonata alla gravità, la forza centrifuga generata dalla rotazione della Terra è trascurabile: infatti è solo del 3 per mille all’equatore, e persino meno potente a latitudini maggiori.
Per quanto riguarda il secondo effetto,Aristarco aveva grossolanamente sottostimato la distanza dei corpi stellari, e i suoi calcoli sui
cambiamenti previsti nella direzione di una stella superavano di gran
lunga i valori reali. (Tornando al nostro esempio sull’osservazione
dell’albero sappiamo che, quando è questo lontano, la sua posizione
muta di poco al variare della nostra posizione, mentre quando è vicino il cambiamento è sensibile.) La posizione di una stella, inoltre, è
effettivamente diversa se la riguardiamo dopo sei mesi, ma molto,
molto meno di quanto pensasse Aristarco. I reali mutamenti nelle posizioni delle stelle sono troppo esigui perché fossero misurabili con le
tecniche disponibili all’epoca, basate su osservazioni a occhio nudo.
L’effetto che Aristarco si aspettava di vedere è oggi conosciuto
come parallasse, una grandezza che è stata misurata, con l’aiuto dei
moderni telescopi, per stelle relativamente vicine. La prima misurazione della parallasse stellare fu effettuata dall’astronomo tedesco
Friedrich Wilhelm Bessel nel 1838 per la stella 61 Cygni, più di duemila anni dopo Aristarco. Quant’era piccolo il cambiamento osservato? Se usiamo i gradi di un angolo, un’unità di misura a noi familiare, be’, il cambiamento osservato è di circa un decimillesimo di grado!
Ben al di là della capacità di misurazione degli antichi Greci al tempo di Aristarco. Non stupisce che i suoi contemporanei non rilevassero alcun cambiamento nella posizione stellare, come invece il filosofo sosteneva. Non è raro, nella storia della scienza, che uno studioso, con un’ipotesi corretta ma controcorrente e in anticipo sui
tempi, si sia ritrovato ad affrontare la derisione o l’oblio. L’ironia sta
nel fatto che, quando alla fine quelle idee vengono verificate e accettate, l’identità del loro creatore spesso è andata perduta nelle nebbie del tempo.
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