alef/tav davar pilpul rassegna stampa notizie flash Qui Milano - L'identità professionale medica e l'etica ebraica L’identità professionale in sanità tra spesa e qualità della cura è stato il tema di un prestigioso convegno tenutosi il 12 maggio all'Assolombarda di Milano. Fra i molti interventi in programma anche una presenza di primo piano dell'Associazione Medica Ebraica. Il convegno ha visto l’apertura di Renato Botti di Confindustria Lombardia Sanità Servizi e gli interventi, nella prima parte, moderata da Maria Giulia Marini di Fondazione ISTUD e da Giorgio Mortara dell’Associazione Medica Ebraica Italia di Delia Duccoli (Fondazione ISTUD), Cesare Efrati (Ospedale Israelitico Roma), Giovanni Fattore (Presidente economisti sanitari italiani), Alberto Scanni (Fatebenefratelli Oftalmico Milano), Lorenzo Moja (Università Statale di Milano), Enrico Mairov (Associazione Monte Sinai). Nella seconda parte dell’incontro una tavola rotonda moderata da Giovanni Fattore e Sergio Harari, all’interno della quale sono intervenuti Walter Locatelli (Direttore Generale ASL Milano), Antonio Panti (Presidente Ordine dei medici di Firenze), Gianni Giorgi (medico e manager della sanità), Carlo Maria Terruzzi (FIMMG), Leonardo La Pietra (Direttore Sanitario IEO), Bruno Piperno (Presidente Ospedale Israelitico di Roma). Le conclusioni sono state affidate a Luciano Bresciani, Assessore alla Sanità Regione Lombardia. “Con la fondazione dell’Associazione Medica Ebraica - Italia nel 2004 - ha affermato nel corso dei lavori il presidente AME Giorgio Moratara - si è realizzata la fusione in un unico organismo nazionale delle diverse associazioni di medici ebrei già presenti da molti anni in numerose Comunità locali italiane (AME-Nord Italia, Gruppo Maimonide, Associazione Medica romana). Lo scopo era armonizzare la specificità delle esperienze individuali con il comune senso di appartenenza alle singole Comunità, nelle quali l’assistenza medica ed il volontariato sociale hanno sempre avuto un ruolo fondamentale. L’ebraismo, infatti, attribuisce uno straordinario valore alla vita: “Scegli la vita” (Deut. XXX, 19). L’attività dell’Associazione è poliedrica. Infatti l’AME ha come scopi statutari: promuovere incontri culturali e scientifici tra coloro che hanno interesse nell’approfondimento della tradizione, della cultura e dell’etica ebraica in campo sanitario; agevolare i rapporti con le Associazioni e le Istituzioni sanitarie in Israele, in Italia, in Europa e nel resto del mondo attraverso la partecipazione e l’organizzazione di convegni medici e di scambi culturali con particolare riguardo alla ricerca, alla bio-etica e alla medicina sociale; contribuire alla diffusione della cultura etica medica ebraica nella società italiana; dare sviluppo coordinato ad una “medicina di comunità” secondo le direttive dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’AME mette a disposizione di tutti un patrimonio di competenze professionali e di solidarietà umana e sociale che si propone di interagire in modo organico con le Istituzioni, con i Servizi Sociali e le Associazioni di Volontariato. “Secondo la nostra etica è indispensabile la presa in carico del paziente in senso globale che consideri l’unità bio-psico-sociale del paziente in contrapposizione ad una medicina settorializzata e super-specializzata. L’esistenza di figure professionali dedicate (psicologo, educatore..) non può infatti esimere gli altri operatori sanitari dall’attenzione alla relazione con il paziente. “L’aspetto relazionale non passa solo attraverso la parola, ma attraverso il prendersi cura che ha nel contatto fisico e nella visita medica al letto del paziente un ruolo importante. La parola, il contatto ma soprattutto l’ascolto permettono al medico e a tutto il personale sociosanitario di relazionarsi correttamente con il malato e instaurare un sodalizio, che è base indispensabile per la cura. “Ritengo - ha ripreso Mortara - che la società civile e le associazioni, quale l’AME , tra le prime in Italia a raggruppare insieme medici, psicologi e operatori della sanità, debbano interrogarsi su queste problematiche e sforzarsi di trovare delle risposte per migliorare la qualità dell’assistenza e il benessere della popolazione. Da qui il nostro interesse nel cercare non solo la migliore cura per ogni singolo malato, ma anche il sistema sociosanitario che meglio possa soddisfare le esigenze di tutta la popolazione tenendo conto del crescente costo della sanità. La ricerca del bene comune non è appannaggio esclusivo dell’azione politica. Tutte le componenti della società infatti ne sono responsabili. Per esempio, i medici non devono demandare ad altri i problemi dei costi della sanità, ma devono avere un ruolo sia nella gestione della spesa, sia nel garantire la qualità delle cure. Come potremo farlo? Puntando, in primo luogo, sull’appropriatezza dei percorsi diagnostici e dei trattamenti. “Veniamo ora al perché di questa nostra iniziativa. La difficoltà di trovare delle soluzioni soddisfacenti nei diversi modelli sanitari proposti ci ha portato alla necessità di riesaminare anche la nostra identità professionale di operatori sanitari per verificare come essa sia cambiata alla luce delle peggiorate condizioni socio-economiche e dei mutati scenari di riferimento in cui è inserita la professione medica, non solo in Italia ma in tutto il mondo. Alcuni dei temi che sentivamo la necessità di affrontare sono: il concetto di salute alla luce delle nuove indicazioni della O.M.S. (dal curare al prendersi cura del paziente); il rapporto duale medico-paziente viene sostituito dal rapporto triadico medico-paziente-controllore; lo sviluppo di un lavoro in equipe per produrre una miglior cura del malato ha evidenziato la necessità di creare da un lato un reale coordinamento tra i vari operatori e dall’altro la necessità di rapportarsi in modo unitario nei confronti dei pazienti; vantaggi e limiti delle linee guida e dei percorsi diagnostici-terapeutici versus un approccio personalizzato al paziente attraverso la diagnosi e la cura basata sulla “narrazione”. “Dobbiamo favorire l’equilibrio tra la dimensione scientifica della medicina e la dimensione antropologica, che intende il processo di malattia/cura come un’esperienza globale della persona; la necessità di integrare il mondo ospedaliero con la medicina generale soprattutto per i pazienti anziani e cronici; ho voluto coinvolgere in questo brain-storming medici e studiosi che potessero affrontare queste problematiche da diversi punti di vista: economico, sociologico, culturale ed etico. Affinché questa riflessione non rimanesse limitata alla nostra associazione o ad un salotto di addetti ai lavori ho chiesto la collaborazione di Sergio Harari, del prof Fattore del CERGAS di Maria Giulia Marini dell’ISTUD ed infine dell’Assolombarda sanità e servizi per aiutarmi a condividerla con i colleghi e con i responsabili delle strutture sanitarie pubbliche e private. L’auspicio è che da questo incontro nascano idee e vengano suggerite indicazioni per un uso etico delle risorse economiche, mantenendo al centro del proprio operare la persona”.